resoconto stenografico - XIV Legislatura

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RESOCONTO STENOGRAFICO
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIER FERDINANDO CASINI
La seduta comincia alle 15,05.
LUCIANO DUSSIN, Segretario, legge il
processo verbale della seduta dell’11 aprile
2005.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi
dell’articolo 46, comma 2, del regolamento,
i deputati Abbondanzieri, Alemanno, Angioni, Aprea, Armosino, Baccini, Ballaman,
Berlusconi, Berselli, Buttiglione, Cicu,
Contento, Cordoni, Delfino, Dell’Elce,
Dozzo, Fini, Gasparri, Kessler, Manzini,
Maroni, Martinat, Martusciello, Marzano,
Matteoli, Micciché, Possa, Prestigiacomo,
Ramponi, Rosso, Saponara, Scarpa Bonazza Buora, Sospiri, Spina Diana, Stefani, Tanzilli, Tremaglia, Urbani, Valducci,
Valentino, Viceconte e Vietti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente
in missione sono quarantacinque, come
risulta dall’elenco depositato presso la
Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all’Assemblea
saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Sull’ordine dei lavori (ore 15,08).
LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, intervengo a nome dei gruppi parlamentari dell’Unione. La Camera è oggi
riunita per esaminare provvedimenti che
richiedono un diretto e stretto confronto
con il Governo; mi riferisco, in particolare,
alla discussione della mozione a mia
prima firma sulla crisi del comparto tessile e dell’abbigliamento, con la quale si
intende impegnare il Governo a tenere
determinati comportamenti in sede europea, nonché al seguito dell’esame del testo
unificato delle proposte di legge in materia
di caccia, sul quale vi è un confrontoscontro tra opposizione e maggioranza. Su
quest’ultimo tema, fra l’altro, è importante
conoscere quale sarà l’atteggiamento che
intende tenere il Governo.
Signor Presidente, i nostri lavori sono
complicati dall’attuale situazione politica:
il Governo ha « perso » un Vicepresidente
del Consiglio dei ministri; uno, anzi due
partiti della maggioranza hanno ritirato le
proprie delegazioni dall’esecutivo e, proprio oggi, il Capo dello Stato ha rinviato la
convocazione del Consiglio supremo di
difesa, individuando – credo – in questo
la mancanza delle condizioni necessarie
per avviare un confronto sui temi delicati
di cui si occupa tale organo. A tutto ciò si
deve anche aggiungere la grave situazione
in cui versa il paese. Credo pertanto che
si possa affermare che l’Italia sia al limite
della sopportazione per lo stato dei conti
pubblici e la situazione delle imprese e
delle famiglie.
Signor Presidente, è in atto in seno al
Governo un’evidente crisi politica, la cui
soluzione conosceremo soltanto tra poche
ore, dopo l’incontro del Presidente del
Consiglio dei ministri con il Capo dello
Stato. Ritengo sia responsabilità di tutti, di
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lei, Presidente, e anche nostra, evitare che
una crisi politica diventi crisi istituzionale
e crisi democratica.
Se il Presidente del Consiglio dei ministri riesce a ricomporre la propria coalizione ed a governare, è un suo diritto
farlo: ci sono i numeri per farlo, ed è stato
votato per questo. Qualora però non ce la
facesse, lo stesso ha il dovere di dimettersi
e di favorire – diciamo cosı̀ – la riconsegna della parola al paese. In ogni caso,
come il Presidente Casini sa bene, in una
Repubblica parlamentare le crisi di Governo di queste dimensioni si affrontano
in Parlamento. Riteniamo quindi che non
si possa procedere nei nostri lavori come
se nulla fosse accaduto. È assolutamente
prioritario che il paese sappia, attraverso
il rapporto Parlamento-Governo, che è un
rapporto fisiologico normale, se ha un
Governo e se lo stesso è in grado di
affrontare i problemi del paese.
Signor Presidente, le chiediamo quindi
di valutare l’opportunità di rinviare
l’esame dei provvedimenti all’ordine del
giorno ad una data successiva e di convocare, quando lei lo riterrà, la Conferenza dei presidenti di gruppo per fissare
la data nella quale il Presidente del Consiglio dei ministri si presenti, qui alla
Camera, per riferire su come intenda superare la crisi che sta attraversando il suo
Governo.
Noi guardiamo con rispetto a questa
crisi; sappiamo che si tratta di vicende che
possono accadere nella vita politica di una
coalizione, ma certamente il paese non
può attendere oltre. Le due richieste che le
rivolgiamo sono quindi queste appena richiamate. Noi riteniamo assolutamente
prioritario, in particolare, che il Presidente
del Consiglio dei ministri riferisca qui alla
Camera prima di affrontare altri temi. In
ogni caso, non tanto per esercitare una
pressione, quanto per una questione di
coerenza politica, qualora, Presidente, si
ritenesse di procedere egualmente, i deputati dei gruppi parlamentari dell’Unione
non prenderanno parte alle discussioni
generali previste per oggi, perché riteniamo che non vi siano le condizioni
perché possa svolgersi un confronto con il
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Governo proprio a causa delle condizioni
politiche in cui versa lo stesso attualmente
(Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L’Ulivo, della Margherita, DL-L’Ulivo e di Rifondazione comunista).
ELIO VITO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, capisco
le perplessità alla base delle richieste
avanzate dai colleghi dell’opposizione; tuttavia, pur comprendendo che ci troviamo
in una particolare fase politica, non mi
pare sussistano, dal punto di vista formale,
ragioni per accogliere quanto meno la
prima delle due richieste formulate dall’onorevole Violante, cioè quella di sospendere i lavori parlamentari odierni.
Il Governo è regolarmente e, direi,
autorevolmente rappresentato dal viceministro Urso e dal sottosegretario Boniver,
i quali hanno competenza sui provvedimenti all’ordine del giorno. Peraltro, si
tratta di argomenti il cui inserimento
all’ordine del giorno è stato chiesto dall’opposizione e sui quali non dobbiamo
procedere a votazioni, ma soltanto a discussioni sulle linee generali.
Pertanto, signor Presidente, credo che
la Camera, proprio per non creare crisi
istituzionali che precedano eventuali crisi
politiche, allo stato non verificatesi, debba
proseguire normalmente i suoi lavori.
Per il resto, signor Presidente, lei valuterà se vi sono le condizioni per convocare la Conferenza dei presidenti di
gruppo. Sulla base dell’esperienza compiuta in questi anni di lavoro, desidero
dire una sola cosa: il Governo – e, personalmente, il Presidente Berlusconi – non
si è mai sottratto, quando richiesto, al
dibattito in aula; questo Governo e, personalmente, il Presidente Berlusconi, ha
sempre mantenuto un rapporto ampio,
corretto e profondo con le Camere ed è
stato protagonista, decine di volte, di interventi, di comunicazioni e di dibattiti su
tutti gli argomenti di maggiore attualità,
dalla situazione internazionale, al dibattito
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politico, alla situazione economica, a differenza di quanto è accaduto nelle precedenti legislature.
Naturalmente, il Presidente Berlusconi
avrà modo di discutere con il Parlamento,
con la Camera dei deputati e con il Senato
della Repubblica, anche in questa occasione.
PIERO RUZZANTE. Mercoledı̀, al question time ... !
ELIO VITO. Credo, però, che ciò debba
avvenire nei tempi che, istituzionalmente e
politicamente, sono ritenuti più corretti.
PRESIDENTE. Se non vi sono altri
interventi su questo argomento, onorevoli
colleghi, desidero anzitutto precisare che,
allo stato, non è pervenuta alla Presidenza
della Camera alcuna comunicazione circa
eventuali modifiche nella posizione del
Governo, anche per quanto concerne le
dimissioni di alcuni ministri e sottosegretari. Peraltro, secondo quanto risulta, nel
pomeriggio, il Presidente del Consiglio riferirà al Capo dello Stato.
Ho ascoltato gli interventi degli onorevoli Violante ed Elio Vito e vorrei trarre le
necessarie conclusioni alla luce dei principi del nostro ordinamento e considerando che siamo di fronte ad una situazione politica in evoluzione.
Non essendovi ostacoli di ordine regolamentare allo svolgimento dei nostri lavori nella seduta odierna, e considerato
che sono previste unicamente discussioni
sulle linee generali, ritengo che si possa
procedere alla discussione degli argomenti
all’ordine del giorno, in ciò tenuto anche
conto del numero degli iscritti a parlare e
dei tempi residui a contingentamento.
Invito, pertanto, se mi è consentito, i colleghi dell’opposizione a partecipare a questa
discussione generale, anche se, avendo
ascoltato le parole dell’onorevole Violante,
so che l’orientamento sarebbe diverso.
Domani mattina, anche in considerazione di quanto fatto presente da diversi
colleghi circa le difficoltà nei collegamenti
aerei, non terremo seduta. Sarà cosı̀ possibile, per i gruppi, disporre del tempo
necessario per ogni valutazione sulla si-
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tuazione politica. La seduta inizierà nel
pomeriggio, alle 16, con i punti già previsti,
cui si aggiunge la discussione sulle linee
generali dei disegni di legge di conversione
trasmessi dal Senato (vertenti su sentenze
contumaciali e tutela dell’ambiente), salvo,
naturalmente, che l’evoluzione della situazione politico-istituzionale richieda diverse
determinazioni.
A tal proposito, aderisco all’invito a
convocare la Conferenza dei presidenti di
gruppo questa sera stessa o domani, in
mattinata, per valutare l’andamento dei
nostri lavori alla luce degli esiti dei colloqui istituzionali previsti per oggi pomeriggio (I deputati dei gruppi parlamentari
dell’opposizione abbandonano l’aula).
Discussione del disegno di legge: Incremento del contributo obbligatorio dello
Stato italiano alla Corte penale internazionale, con sede a L’Aja (5084) (ore
15,15).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca
la discussione del disegno di legge: Incremento del contributo obbligatorio dello
Stato italiano alla Corte penale internazionale, con sede a L’Aja.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il dibattito è
pubblicato in calce al vigente calendario
dei lavori dell’Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali
– A.C. 5084)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la
discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari
esteri e comunitari) si intende autorizzata
a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Pacini, ha facoltà
di svolgere la relazione.
MARCELLO PACINI, Relatore. Signor
Presidente, considero un fatto estremamente positivo che i lavori possano procedere regolarmente, anche perché il provvedimento in esame dimostra una certa di-
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strazione da parte di tutti noi nei confronti
di una grande istituzione quale la Corte
penale internazionale con sede a L’Aja:
stiamo per provvedere, infatti, con ritardo
di almeno un anno, all’approvazione di un
contributo che attiene all’anno 2004.
Poche parole saranno sufficienti per
illustrare ciò su cui dovremo deliberare.
La Corte penale internazionale è stata
istituita nel 1998. L’Italia ha giocato un
ruolo molto importante. Infatti, lo statuto è
stata adottato a Roma e firmato da 139
Stati, 93 dei quali lo hanno già ratificato, ed
è entrato in vigore il 1o luglio 2002. L’insediamento formale della Corte è avvenuto
nella primavera del 2003 con l’elezione di
giudici, tra cui figura anche un italiano.
La Corte (è noto a tutti, ma forse vale
la pena sottolinearlo) ha giurisdizione penale sui più gravi crimini che interessano
la comunità internazionale: genocidi, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e,
in futuro, anche casi di aggressione (quando le Nazioni Unite avranno definito la
fattispecie di reato).
Per la prima volta, con la Corte penale
internazionale dell’Aja i singoli individui
diventano soggetti da perseguire. Si tratta
di un enorme passo in avanti. Precedentemente, infatti, i soggetti del diritto internazionale erano soltanto gli Stati.
La Corte ha sede all’Aja ed il suo
finanziamento è assicurato dagli Stati aderenti sulla base di quote versate dagli
stessi all’ONU, ricalcolate alla luce delle
minor numero degli Stati aderenti. L’Italia
deve contribuire ai costi con una percentuale maggiore (circa il 10 per cento).
L’Italia è il quarto paese contributore ed il
suo contributo è in linea con quello che
pagano i grandi Stati europei. La quota
contributiva viene rivista ogni anno dall’Assemblea degli Stati membri, in funzione dell’attività della Corte (essa verrà
deliberata, stabilita e programmata dall’Assemblea degli Stati membri).
Vi sono diversi motivi che rendono
doveroso ed urgente l’approvazione di
questo provvedimento. In primo luogo,
perché stiamo deliberando l’approvazione
di un contributo che riguarda ormai
l’anno trascorso. In secondo luogo, perché
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l’Italia è stata protagonista nella concezione, nella messa a punto e nell’approvazione del Trattato istitutivo della Corte
e siamo di fronte ad un problema di
coerenza politica. In terzo luogo, perché la
lotta ai crimini contro l’umanità è stato ed
è uno degli assi portanti della nostra
politica, e tale deve rimanere.
A tale istanza ideale dobbiamo far
seguire i fatti. Quindi, dobbiamo prontamente approvare questo disegno di legge
di iniziativa governativa.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il
rappresentante del Governo.
MARGHERITA BONIVER, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor
Presidente, il relatore ha spiegato in maniera ineccepibile i motivi per i quali
chiediamo l’approvazione di questo disegno di legge. Purtroppo, siamo inadempienti per la quota del 2004-2005. Alla
relazione dell’onorevole Pacini vorrei aggiungere che per la prima volta, qualche
giorno fa, alla Corte penale internazionale
è stata avanzata la richiesta di esaminare
i casi di eventuali crimini contro l’umanità
commessi da cittadini del Darfur. Con
questo atto la Corte entra nella pienezza
dei suoi poteri.
Il fatto che l’Italia sia uno dei paesi che
non soltanto ha sottoscritto, ma anche
ospitato lo statuto fondativo di questo
importantissimo organismo di giustizia internazionale, rende assolutamente urgente
e necessario ovviare al più presto a questa
nostra mancanza dal punto di vista del
pagamento delle quote.
PRESIDENTE. Non sono presenti gli
iscritti a parlare e pertanto dichiaro
chiusa la discussione sulle linee generali.
Il seguito del dibattito è rinviato ad
altra seduta.
Discussione della mozione Violante ed altri n. 1-00436 sulla crisi del comparto
tessile e abbigliamento (ore 15,18).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca
la discussione della mozione Violante ed
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altri n. 1-00436 sulla crisi del comparto
tessile e abbigliamento (vedi l’allegato A –
Mozioni sezione 1).
Avverto che sono state altresı̀ presentate le mozioni D’Agrò e Volontè n. 100444 e La Russa ed altri n. 1-00445 (vedi
l’allegato A – Mozioni sezione 1), che
vertono sullo stesso argomento della mozione all’ordine del giorno. La discussione,
pertanto, si svolgerà anche su tali mozioni.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al
vigente calendario dei lavori dell’Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la
discussione sulle linee generali delle mozioni.
Constato l’assenza dell’onorevole Lulli,
iscritto a parlare: s’intende che vi abbia
rinunziato.
Constato, altresı̀, l’assenza dell’onorevole Frigato, iscritto a parlare: s’intende
che vi abbia rinunziato.
Constato, inoltre, l’assenza dell’onorevole Delmastro Delle Vedove, iscritto a
parlare: s’intende che vi abbia rinunziato.
Non vi sono altri iscritti a parlare e
pertanto dichiaro chiusa la discussione
sulle linee generali delle mozioni.
(Intervento e parere del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il
viceministro delle attività produttive, onorevole Urso, che esprimerà altresı̀ il parere
sulle mozioni all’ordine del giorno.
ADOLFO URSO, Viceministro delle attività produttive. Signor Presidente, avendo
con me soltanto il testo della mozione
Violante ed altri n. 1-00436, mi riserverei
di intervenire non appena gli uffici mi
consegneranno i testi degli altri due atti
presentati.
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PRESIDENTE. Viceministro Urso, se
intende intervenire deve farlo in questa
fase; proprio ora gli uffici le trasmetteranno copia delle altre mozioni in discussione.
ADOLFO URSO, Viceministro delle attività produttive. Signor Presidente, la mozione Violante ed altri n. 1-00436 affronta
alcune tematiche cruciali per quanto riguarda il settore tessile, abbigliamento e
calzature e la politica commerciale che
l’Italia e l’Unione europea stanno perseguendo in questi ambiti. L’atto parlamentare sottolinea alcuni impegni che il Governo italiano ha, invero, già assunto,
nonché alcuni obiettivi che lo stesso ha già
indicato (e, peraltro, in alcuni casi, già
raggiunto).
In modo particolare, la mozione in
questione chiede di « attivarsi perché si
acceleri in sede di Unione europea la
pubblicazione delle linee guida riguardanti
la “clausola di salvaguardia” ». Ciò, nella
persona del sottoscritto, è stato già fatto
dal Governo italiano, con efficacia, circa
un mese fa: il 6 aprile – quindi, pochi
giorni addietro – si è ottenuta detta pubblicazione. Si tratta del documento che la
Commissione ha adottato per l’applicazione della clausola speciale di salvaguardia verso i prodotti tessili originari della
Cina.
Inoltre, anche alla luce delle forti pressioni esercitate dagli Stati membri – tredici paesi membri dichiaratisi sulle nostre
stesse posizioni e che, con noi, sono guidati dalla Francia –, il 25 aprile, tra pochi
giorni, il commissario Mandelson dovrebbe
finalmente annunciare l’apertura di talune
inchieste per l’applicazione della clausola
speciale per alcune categorie di prodotti
nei confronti della Cina.
Tengo a sottolineare che, su iniziativa
sempre del Governo italiano e di quello
francese, poche ore prima della riunione
dei ministri del commercio con l’estero
che si terrà a Lussemburgo domenica 24
prossimo, si svolgerà una riunione tra i
paesi che hanno sollecitato l’adozione di
tali misure. Ciò, per predisporre un documento tale da poter fare pressione sulla
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Commissione affinché immediatamente si
attivino le misure di salvaguardia previste
nelle linee guida e nel trattato sulla clausola medesima.
Il secondo aspetto sul quale si chiede
l’impegno del Governo riguarda il limite
massimo, per i prodotti tessili, del 10 per
cento per la gradazione ovvero l’esclusione
dai benefici del sistema delle preferenze
generalizzate in favore dei paesi in via di
sviluppo. Anche in tal caso, il Governo si
è già attivato, e con successo; rappresentato dal sottoscritto, infatti, il nostro paese
ha già sostenuto tale posizione in sede di
Consiglio Affari generali e relazioni
esterne, tenutosi a Bruxelles il 16 marzo
scorso. Il presupposto politico del nuovo
regolamento SPG è, infatti, quello di beneficiare i piccoli paesi in via di sviluppo
realmente più bisognosi, escludendo invece
quei grandi paesi in via di sviluppo che
hanno già raggiunto un grado di competitività in molti settori, ed in modo particolare in quello ora considerato.
Per quanto riguarda infatti il settore
tessile, il Governo italiano, insieme con
quelli di altri paesi membri preoccupati
per l’attuale situazione del settore tessile,
ritiene che esso sia un comparto particolarmente sensibile, specie dopo la fine
dell’accordo Multifibre, che ha eliminato
le quote di importazione a partire dal 1o
gennaio di quest’anno.
Per tale motivo, tutti questi Stati membri hanno richiesto una soglia di applicazione del beneficio daziario solo per quei
paesi in via di sviluppo la cui quota di
esportazione nel mercato comunitario sia
inferiore al 10 per cento. In questo modo,
secondo i dati attuali, tali benefici non
verrebbero accordati a due grandi paesi in
via di sviluppo, che sono anche grandi
esportatori di prodotti del settore tessileabbigliamento, come la Cina e l’India, in
quanto le loro esportazioni superano il 10
per cento. Tali paesi, infatti, in materia
tessile si dimostrano molto competitivi e
dinamici.
Il Governo ritiene, quindi, che i grandi
paesi esportatori non debbano beneficiare
del sistema di preferenze generalizzate e
sottrarre, cosı̀, quote di mercato a quei
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piccoli e più deboli paesi in via di sviluppo
che, proprio dal 1o gennaio 2005, si sono
visti ridotti gli spazi esportativi in Europa
proprio a vantaggio degli stessi grandi
paesi esportatori.
Pertanto, anche per il secondo punto
del dispositivo della mozione Violante ed
altri n. 1-00436 possiamo dire che ciò è
stato già fatto e, allo stato, con successo,
dato che la Commissione europea, nella
riunione tenutasi il 16 marzo ultimo
scorso, ha successivamente ritirato la propria proposta, la quale escludeva soltanto
la Cina dal sistema di preferenze generalizzate.
Per quanto riguarda il terzo punto del
dispositivo della mozione Violante ed altri
n. 1-00436, che chiede al Governo di adottare iniziative specifiche affinché sia riservato un posto speciale ai prodotti del
tessile ed abbigliamento provenienti dal
Mediterraneo, introducendo la denominazione d’origine « paneuromed », vorrei osservare che, anche in questo campo, l’esecutivo italiano è stato il primo ad attivarsi.
Infatti, per quanto riguarda la cooperazione euromediterranea, il Governo italiano, nel corso della riunione dei ministri
del commercio estero Euromed del 7 luglio 2003, proprio sotto la Presidenza
italiana dell’Unione europea, ha rilanciato
la proposta di introdurre un « cumulo
diagonale d’origine » per la zona « paneuromed ».
Tale proposta, avanzata per l’appunto
dall’esecutivo italiano, è stata adottata dai
paesi del bacino del Mediterraneo ed è
attualmente in fase di realizzazione. Appena completate le opportune procedure
d’intesa bilaterale tra i paesi dell’area –
vale a dire la sostituzione dell’attuale protocollo sulle regole di origine con un
protocollo « paneuromed », da recepire nei
singoli accordi sia tra l’Unione europea ed
i paesi partner, sia tra i paesi della sponda
sud del Mediterraneo –, tale misura entrerà in vigore, costituendo un indubbio
vantaggio per l’economia della zona euromediterranea.
Pertanto, anche per quanto concerne il
terzo punto del dispositivo della mozione
Violante ed altri n. 1-00436, possiamo af-
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fermare che il Governo italiano è stato
protagonista e che ha raggiunto con successo l’obiettivo prefissato.
Per quanto riguarda il quarto punto del
dispositivo della mozione Violante ed altri
n. 1-00436 (che chiede al Governo di attivarsi affinché siano migliorati nettamente lo strumento del monitoraggio sulle
importazioni extracomunitarie e l’efficacia
dei relativi controlli), occorre sottolineare
che, proprio per far fronte alla situazione
derivante dalla completa liberalizzazione
avviata a partire dal 1o gennaio 2005,
nonché per arginare il rischio di invasione
incontrollata di prodotti provenienti dai
paesi terzi, la Comunità europea e gli Stati
membri hanno tempestivamente introdotto, recependo una richiesta avanzata,
anche in tal caso, dal Governo italiano –
e, in particolare, dal sottoscritto, il quale
ha presentato una proposta in tal senso
nel corso del vertice euromediterraneo sul
tessile, tenutosi a Tunisi nel settembre
dello scorso anno –, attraverso il regolamento n. 2200/2004 del 22 dicembre 2004,
un sistema di monitoraggio delle importazioni tessili.
Tale monitoraggio è di tipo preventivo
sui prodotti tessili più sensibili, di origine
cinese, e doganale (dunque, successivo) sui
prodotti più sensibili originari da tutti gli
altri paesi terzi. Il citato regolamento
comunitario introduce, pertanto, un doppio sistema di sorveglianza. Il sistema
preventivo si basa sul rilascio di un documento di vigilanza, senza il quale non è
possibile introdurre i prodotti cinesi all’interno dell’Unione europea; il sistema
doganale, invece, si basa sul monitoraggio
di quanta merce sia effettivamente entrata
nella Unione europea.
I dati sono evidenti e sono pubblicati,
in tempo reale, sul sito della Commissione
europea. Da tali dati si può facilmente
desumere ciò che tutti stanno comprendendo, vale a dire che, rispetto alla prima
parte dello scorso anno, nella prima parte
dell’anno corrente si è registrato un aumento straordinario di prodotti cinesi per
quanto riguarda sia il settore tessile-abbigliamento (per il quale, dal 1o gennaio di
quest’anno, è in vigore il sistema di mo-
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nitoraggio), sia le calzature (per le quali è
in vigore dal 1o febbraio il sistema di
monitoraggio). Nel contempo, si è manifestata una riduzione sensibile, tale da
poter configurare dumping, per quanto
concerne il prezzo unitario dei prodotti
sdoganati.
Anche in questo caso, la proposta è del
Governo italiano e l’obiettivo è stato raggiunto. Lo si può desumere da ciò che ho
detto in precedenza.
Per quanto riguarda il punto successivo, in cui si chiede, riguardo al dumping
sociale ed ambientale, che, prima di concedere agevolazioni doganali, siano sottoscritte le convenzioni relative al rispetto
delle regole sociali e del lavoro e alla
conservazione dell’ambiente da parte dei
paesi interessati, va rilevato che – anche
in tal caso – il Governo italiano è stato
protagonista, soprattutto durante il semestre di Presidenza italiana dell’Unione europea. Come è noto, il tema della clausola
sociale ed ambientale non venne – purtroppo – inserito nei temi del round di
Doha, pur essendo stato richiesto con
forza dall’Unione europea, poiché a Doha
non si trovò il necessario consenso, a
causa della netta opposizione dei paesi in
via di sviluppo.
Peraltro, l’Unione europea ha utilizzato
in passato tale clausola nel sistema di
preferenze generalizzate, proprio per garantire ai paesi in via di sviluppo più
attenti a tali temi migliori benefici, anche
se il nuovo regime elaborato successivamente dal panel WTO, in cui l’Unione
europea è stata sconfitta dall’India, propone criteri più obiettivi e sostituisce i tre
regimi incentivanti: droga, ambiente e tutela del lavoro.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 15,30)
ADOLFO URSO, Viceministro delle attività produttive. Il nuovo regime, denominato « SPG+ » rappresenta, quindi, la possibilità di esportare sul mercato comunitario molti prodotti, anche sensibili, a
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dazio zero. Perché ciò sia possibile, tuttavia, sarà necessario che i paesi richiedenti abbiano ratificato, ed applichino
nelle rispettive legislazioni, una serie di
convenzioni internazionali: sui diritti dell’uomo, in materia di tutela del lavoro,
ambientali, lotta alla droga, eccetera.
I paesi che presentano già i requisiti
richiesti e quelli che hanno le procedure di
ratifica in via di completamento sono
Bolivia, Colombia, Costarica, Ecuador,
Honduras, Guatemala, Georgia, Nicaragua,
Panama, Perù, Sri Lanka e Moldavia. Rispetto ai paesi beneficiari dei precedenti
regimi, resterebbe escluso il Pakistan, che
non ha mai ratificato due importanti convenzioni sui diritti dell’uomo.
Per quanto riguarda le tematiche più
generali, ossia l’inclusione dei problemi
sociali nel round negoziale del WTO, rilevo
che durante il semestre di Presidenza
italiana dell’Unione europea e, quindi, nel
corso dell’elaborazione della piattaforma
europea, in preparazione della V conferenza mondiale di Cancun, l’Unione europea – e, di conseguenza, la Commissione
europea – ha nuovamente reclamato l’inserimento di tale tematica nel round negoziale del WTO e, comunque, la sua
sottoposizione all’attenzione dello stesso
WTO. Anche riguardo a tale impegno,
possiamo dire: « già fatto », e proseguiremo
in tal senso.
Per quanto riguarda l’impegno di sostenere la necessità di introdurre regole
che identifichino la provenienza di prodotti – la tracciabilità – in entrata ed in
uscita dall’Unione europea, possiamo affermare che le tematiche in discussione
nell’Unione europea sono state, anche in
questo caso, proposte dal Governo italiano.
Tra le priorità individuate dal Governo
italiano a tutela del consumatore europeo
e per ristabilire una posizione di reciprocità nelle condizioni di accesso ai mercati,
l’Italia ha infatti richiesto, sin dal 7 luglio
2003, in sede comunitaria, durante la
riunione dei ministri del commercio con
l’estero, tenutasi a Palermo durante il
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semestre di Presidenza italiano, l’obbligo
di etichettatura d’origine sulla merce proveniente dai paesi terzi.
La Commissione sta ultimando un’analisi ed ha avviato, nei giorni scorsi, una
consultazione pubblica via Internet. Si
tratta dell’ultima fase, che prelude all’avvio dell’iter legislativo della proposta regolamentare. Siamo, quindi, in dirittura
d’arrivo, dopo due anni di impegno in sede
europea. Il Governo si sta pertanto adoperando in tutte le opportune sedi per
assicurarsi le necessarie alleanze e maggioranze utili all’approvazione di tale misura.
Si deve constatare che, attualmente, a
livello comunitario, la posizione di molti
Governi risulta – anche inspiegabilmente
– contraria: è necessario pertanto mantenere sempre un elevato livello di attenzione su questo dossier, cercando di intervenire su tutti i soggetti potenzialmente
interessati, in modo da far coincidere la
loro volontà con quelle di quei rispettivi
Governi ancora dimostratisi contrari alle
misure.
Siamo, però, fiduciosi che, nelle prossime settimane, si raggiunga anche tale
obiettivo, ancora una volta – lo sottolineo
– proposto dal Governo italiano.
Per quanto riguarda l’ultimo impegno,
ossia stimolare la Commissione europea in
sede WTO a perseguire la reciprocità delle
tariffe doganali ed il superamento delle
barriere burocratiche, possiamo affermare
– anche in questo caso – che il Governo
italiano è stato protagonista, sia per il
vertice di Doha, sia per quello di Cancun,
sia – infine – per quanto riguarda il
round negoziale.
Il mandato negoziale conferito dal Consiglio alla Commissione prevede, infatti,
che i negoziati debbano essere basati « su
un approccio ampio che tenda a riduzioni
tariffarie sostanziali e all’eliminazione dei
picchi tariffari (dazi uguali o superiori al
15 per cento). I negoziati dovrebbero avere
come effetto l’armonizzazione e la semplificazione delle strutture tariffarie di
tutti i membri del WTO per tutti i prodotti
non agricoli, senza esclusione di alcun
prodotto ». Ho citato la conclusione del
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DISCUSSIONI
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SEDUTA DEL
Consiglio dell’Unione europea dell’ottobre
del 1999, successivamente sempre confermata.
In linea con gli impegni assunti nelle
diverse risoluzioni del Parlamento, il Governo italiano, in accordo con l’Unione
europea, rimane convinto della necessità
di una formula singola, ambiziosa e armonizzante.
Inoltre, per quanto riguarda l’approccio
settoriale, si dovranno individuare nella
prossima fase negoziale alcuni settori nei
quali alcuni membri del WTO dovrebbero
realizzare tagli più profondi delle loro tariffe per portarle ad una comune fascia di
protezione quanto più possibile vicina allo
zero. Purtroppo, questa norma non è obbligatoria per tutti i paesi del WTO, ma sarà
attuata su base volontaria, per cui la più
ampia partecipazione a tali negoziati rappresenta per noi un obiettivo prioritario.
Per quanto riguarda l’eliminazione degli ostacoli burocratici, la decisione di
Ginevra del 2004 indica che tra i quattro
temi iniziali di Singapore, come ampiamente previsto alla vigilia, solo le facilitazioni al commercio riescono ad approdare alla fase negoziale. Gli altri tre temi
(commercio e investimenti, trasparenza
negli appalti pubblici e commercio e concorrenza), sui quali la Commissione europea e, con essa, i Governi europei e
certamente tra questi l’Italia si sono impegnati, sono stati estromessi dal round
negoziale del WTO e restano quindi nel
rango delle materie di approfondimento
del WTO senza poter compiere alcun progresso.
Le facilitazioni al commercio sono una
materia comunque importante in quanto
mirata a velocizzare il movimento, lo svincolo e lo sdoganamento dei beni nelle aree
doganali, comprese quelle di transito. Il
sistema multilaterale, che già permette
controlli di tipo amministrativo, tecnico e
sanitario – che quindi possono essere
applicati alle esportazioni e alle importazioni nell’ambito del WTO – dovrà essere
migliorato al fine di rendere più agevole il
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commercio, specie per i paesi in via di
sviluppo e per una loro migliore integrazione nell’economia globale.
Quindi, anche per quanto riguarda
quest’ultimo dispositivo, il Governo italiano si è impegnato sempre ed è stato
protagonista affinché nel round negoziale
del WTO fosse inserito l’obiettivo della
riduzione e dell’armonizzazione delle tariffe e quello della rimozione degli ostacoli
non tariffari. Speriamo di poter conseguire tali obiettivi nella prossima Conferenza mondiale che si terrà a Hong Kong
nel dicembre di quest’anno e, comunque,
all’interno del round negoziale di Doha.
Nel contempo, per quanto riguarda le
altre tematiche, ossia gli altri temi di Singapore per il momento esclusi dalle trattative,
il Governo italiano non intende demordere
e, con esso, ovviamente anche l’Unione europea e la Commissione europea.
In conclusione, per quanto riguarda la
mozione Violante n. 1-00436, che ci impegna a realizzare interventi rispetto ai
quali il Governo italiano è già impegnato
da protagonista e ha presentato le sue
proposte in sede di Commissione europea,
che, in alcuni casi, sono state già conseguite o, in altri, sono in dirittura di arrivo
e che sono comunque importanti per il
nostro settore tessile e dell’abbigliamento,
ovviamente esprimiamo parere favorevole
perché i suoi obiettivi sono pienamente
conformi alla politica che il Governo ha
realizzato e intende realizzare su questa
tematica in sede europea e commerciale.
Per quanto riguarda la mozione La
Russa n. 1-00445, che impegna a continuare la politica finora intrapresa e ad
attivarsi affinché venga potenziato il sistema dei controlli doganali, in modo da
acquisire ogni eventuale informazione su
tutti i tipi di turbativa del mercato italiano
ed europeo, siamo ovviamente pienamente
d’accordo e invitiamo a votarla favorevolmente.
Per quanto riguarda la mozione D’Agrò
e Volontè n. 1-00444, il primo capoverso
del dispositivo in merito all’etichettatura è
conforme a quanto richiesto dal dispositivo della mozione Violante ed altri n. 1-
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SEDUTA DEL
00436 ed in linea con quanto proposto dal
Governo. Il secondo capoverso riguarda il
sistema di monitoraggio: anche questo è in
sintonia con quanto il Governo italiano sta
realizzando e ha già richiesto in sede di
Commissione europea. Il terzo capoverso
riguarda l’impegno per le clausole sociali e
per gli standard di tutela del lavoro e dei
lavoratori: ciò è conforme a quanto il
Governo italiano ha fatto ed intende fare.
Il quarto capoverso riguarda i fondi strutturali dell’Unione europea per processi di
riconversione delle imprese del settore
tessile. A tale proposito vorrei far presente
che il Governo italiano, in sede di Consiglio europeo, ha proposto che i fondi
strutturali 2006-2013 siano utilizzati anche per la riconversione del settore tessile.
Secondo l’impegno che la Commissione
europea ha preso con il Governo italiano,
verosimilmente una quota significativa – si
parla di circa il 5 per cento – dei fondi
strutturali 2006-2013 dell’Unione europea
saranno destinati, appunto, al settore tessile per le necessarie opere di rilancio e di
riconversione industriale, in qualunque
parte del territorio siano localizzate le
imprese interessate. Si tratta di un obiettivo importantissimo di politica industriale
perché consentirebbe a tale settore chiave
dell’industria italiana di disporre dei fondi
europei necessari per rilanciare la propria
politica industriale e per costruire cosı̀
quel futuro che riteniamo possibile anche
per l’industria del tessile, punta di diamante del nostro made in Italy.
Pertanto, il Governo accetta anche la
mozione D’Agrò e Volontè n. 1-00444.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è
rinviato ad altra seduta.
Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge Stefani;
Massidda; Bono; Onnis ed altri; Onnis
ed altri; Benedetti Valentini; Gasperoni
ed altri; Serena; Pezzella; Bellillo ed
altri; Cirielli ed altri; Tucci: Modifiche
alla legge 11 febbraio 1992, n. 157,
recante norme per la protezione della
fauna selvatica omeoterma e per il
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prelievo venatorio (27-291-498-14171418-2016-2253-2314-3533-3761-48044906) (ore 15,45).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca
il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge d’iniziativa
dei deputati Stefani; Massidda; Bono; Onnis ed altri; Onnis ed altri; Benedetti
Valentini; Gasperoni ed altri; Serena; Pezzella; Bellillo ed altri; Cirielli ed altri;
Tucci: Modifiche alla legge 11 febbraio
1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e
per il prelievo venatorio.
Riprendiamo la discussione sulle linee
generali, iniziata nella seduta del 17 marzo
scorso.
(Ripresa discussione sulle linee generali
– A.C. 27 ed abbinate)
PRESIDENTE. Riprendiamo, dunque,
la discussione sulle linee generali.
Constato l’assenza degli onorevoli Bandoli, Bellillo, Preda, Ruggieri, Rossiello e
Borrelli, iscritti a parlare; si intende che vi
abbiano rinunciato.
È iscritto a parlare l’onorevole Bellotti.
Ne ha facoltà.
LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, le
modifiche alla legge n. 157 del 1992 sono
state inserite nel programma elettorale
della Casa delle libertà, quindi oggi ci
accingiamo a dare compimento a ciò che
gli italiani in termini di contesto venatorio
hanno di fatto chiesto. Solo in questa
legislatura sono state presentate ben 12
proposte di modifica della legge n. 157,
sottoscritte anche da molti esponenti dell’opposizione, evidenziando il carattere
non più rinviabile del cambiamento. Si
tratta di una legge approvata nel 1992 in
coda alla legislatura, sotto la pressione
incalzante dei Verdi sul Governo DC, in un
contesto sociale, nazionale e parlamentare
più rivolto verso gli avvisi di garanzia del
tribunale di Milano che attento a soppesare gli effetti di una norma complessa per
le molteplici implicazioni sociali coinvolte.
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SEDUTA DEL
Già allora insigni esponenti della sinistra e
del Governo dichiararono che si sarebbe
reso necessario un rapido adeguamento
nella successiva legislatura.
Sappiamo bene che successivamente
tale legge è stata considerata un totem
dalla sinistra ambientalista, tale da non
poter minimamente essere posta in discussione, nemmeno nelle parti dove esistono
chiare mancanze, lacune ed omissioni e
nemmeno laddove l’Europa è intervenuta
con le proprie direttive richiamando i
singoli paesi europei a doverosi adeguamenti. Per il centrosinistra la legge n. 157
del 1992 è sinonimo di legge intoccabile:
non si sono accorti che le situazioni nel
mondo venatorio sono decisamente cambiate anche nel nostro paese. Basti pensare che nel 1992 i cacciatori erano oltre
un milione e 500 mila mentre oggi non
raggiungono le 750 mila unità.
Tornando all’obiettivo del provvedimento in esame, possiamo dire che certamente esso non è quello di smantellare
la legge n. 157 del 1992, per favorire
un’impostazione rivolta più ai cacciatori
che agli ambientalisti (una sorta di rivincita del mondo venatorio). Anzi, il vero
spirito, con il quale si è affrontato questo
percorso legislativo in questi due anni e
mezzo di stop and go, di approfondimenti
di tutti i tipi e di discussione in Commissione, è stato proprio quello di salvaguardare i principi contenuti nella legge
n. 157, riconoscendone i meriti, che costituiscono un fermo punto di partenza dal
quale costruire una normativa adattata ed
adeguata alla nuova realtà sociale, ambientale e costituzionale ed alle nuove
normative europee.
Fornire adeguati strumenti per favorire
una corretta gestione del patrimonio faunistico e degli habitat naturali: questo è
stato l’obiettivo dei parlamentari del centrodestra in Commissione agricoltura. Ciò,
a differenza di molti esponenti del centrosinistra, i quali – come purtroppo si è
visto nei fatti – non hanno perso l’occasione per una pregiudizievole ed anticipata
ostilità nei confronti di qualsiasi modificazione della legge n. 152 del 1992, ap-
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profittando del momento per la demonizzazione, ancora una volta, del mondo
venatorio.
L’obiettivo è quindi quello di creare le
migliori ed ottimali condizioni ambientali
per generare fauna e per migliorare le
condizioni di contorno, e credo sia doveroso sottolineare che i cacciatori, per
primi, hanno questa volontà. Semmai,
deve essere fatto uno sforzo culturale per
capovolgere quanto sinora abbiamo sempre sentito affermare dall’ambientalismo e
dall’animalismo culturalmente chiuso di
sinistra, atto a negare l’evidenza. I cacciatori sono infatti i primi che amano e
rispettano l’ambiente. In questi ultimi
anni, invece, vi è sempre stata una vera
« caccia » mediatica ai cacciatori, quasi
fossero degli « untori » dell’ambiente e
quasi fossimo in presenza di chissà quale
categoria perversa. Abbiamo assistito ai
peggiori attacchi alla categoria, mentre le
cose stanno esattamente all’opposto.
Questo momento di discussione di un
provvedimento che è molto sentito dal
mondo venatorio e che è seguito da quello
ambientalista deve costituire l’occasione
per cambiare atteggiamento nei confronti
di chi esercita l’attività venatoria. Deve
essere anche l’occasione per affermare che
è l’uomo a dover essere posto al centro del
mondo, e non altro: un uomo che rispetti
la flora e la fauna, un uomo consapevole
del ruolo insostituibile dell’ecosistema che
lo circonda, un uomo responsabile. E non
invece come nella visione di un certo
ambientalismo verde e di diversi movimenti animalisti, dove l’uomo come individuo è considerato a volte ingombrante
nel territorio e volto solamente a peggiorarne le condizioni.
No, questa non è la nostra visione.
L’ambientalismo estremo e l’animalismo
sono una sorta di disumana religione moderna, praticata spesso da chi ormai da
tempo ha perso ogni rapporto con i fatti
naturali, basata su un’immagine falsa e
idilliaca della natura, dove invece tutto è
conflitto, a volte cruento e dove la vita
nasce dalla morte continuamente, in un
perpetuo rinnovarsi. A parte ogni considerazione, la caccia è etica quando non
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costituisce spreco, insensato consumo e
gratuita crudeltà. La normativa introdotta
rispetta tutto ciò. Nessuna delle grandi
confessioni proibisce la caccia. Semmai
maggiori sono le distanze con l’animalismo, una filosofia che per innalzare i
diritti degli animali riduce quelli degli
uomini. Oggi è in corso, a tutti i livelli, un
recupero dell’identità nazionale ed europea. È in corso un’azione di recupero della
storia e delle tradizioni di tutto ciò che,
nel corso dei secoli, ha contribuito a
formare la cultura italiana e la caccia; o
meglio, le tipologie di caccia appartengono
a pieno titolo alle secolari tradizioni italiane ed ognuno di noi ha il dovere di
contribuire alla loro salvaguardia, perché
anche nell’attività venatoria si legge la
storia e l’evoluzione del nostro paese.
Nel merito del provvedimento, che andremo a discutere, è stata posta grande
attenzione verso il mondo dell’agricoltura,
che rappresenta l’interfaccia dell’attività
venatoria. In questa direzione, sono stati
evitati pregiudizi latenti ed introdotte misure di reciproco rispetto e di sinergia. Per
esempio, si prevede che le regioni possano
costituire fondi di risarcimento dei danni
causati alle produzioni agricole ed agli
allevamenti della fauna selvatica, non solo
quella cacciabile. Inoltre, viene vietata l’attività venatoria nei terreni in attualità di
coltivazione, cosı̀ come individuati dalle
regioni.
In breve, per capitoli, la normativa in
discussione risulta necessaria per adeguare
la legge nazionale alle modifiche del Titolo
V della Costituzione. La « vecchia » legge
n. 157 del 1992 prevede infatti che siano
in capo allo Stato talune competenze, che
oggi invece spettano alle regioni, a seguito
appunto delle modifiche al Titolo V della
Costituzione ed anche a seguito dell’intervento, nella legislatura precedente, della
riforma Bassanini, approvata dal centrosinistra.
Inoltre, risulta urgente adeguare le
norme europee, contenute nella direttiva
n. 79/409/CE, definita « direttiva uccelli »,
a successive interpretazioni del marzo
scorso, norme, peraltro, presentate alla
Comunità europea su richiesta del nostro
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paese e condivise dagli altri paesi europei.
Ciò, anche per disinnescare meccanismi
contravventori nei confronti del nostro
paese per non aver applicato determinate
norme e direttive comunitarie (tali norme
erano semplicemente tradotte in legge, ma
non applicate, come nel caso della « caccia
in deroga »). Per questo, il nostro paese è
stato multato per ben due volte dalla
Comunità ed era in procinto di esserlo
nuovamente.
Nel merito sono state previste alcune
innovazioni: si introduce, con l’adeguamento alla normativa europea, il concetto
della caccia per periodo e per specie (gli
uccelli migratori devono essere protetti nel
periodo della dipendenza ed a partire
dall’effettivo inizio del viaggio di ritorno
verso i luoghi di nidificazione e di produzione) e si prevedono periodi di caccia
limitati nel tempo. A differenza della vecchia legislazione, si prevede che l’esercizio
della caccia, come indicato dalle regole
comunitarie, sia strutturato per periodi e
per specie ed abbia inizio nella prima
decade di settembre per concludersi nella
terza decade di febbraio.
È prevista una diversa gestione dell’utilizzo dei richiami vivi della caccia da
appostamento, con l’eliminazione dell’obbligo dell’anello inamovibile, causa di pesanti maltrattamenti agli animali; si tratta
di una modifica indispensabile per non
provocare sofferenze all’animale stesso.
È garantita una diversa gestione tra
caccia stanziale e caccia migratoria: per la
caccia stanziale è previsto un rigido legame tra cacciatore e territorio, con una
mobilità limitata nell’ambito della regione.
Con riferimento alla sola caccia alla fauna
migratoria, per i cacciatori non residenti le
regioni consentiranno l’accesso agli ambiti
territoriali per un numero massimo di 15
giornate complessive a livello nazionale
nell’arco di ogni annata venatoria.
È prevista la trasformazione di sanzioni penali in sanzioni amministrative,
almeno per le violazioni meno gravi. Evitare di doversi rivolgere ai tribunali, magari per la mancanza di compilazioni,
credo sia buonsenso.
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È contemplato poi un adeguato rapporto tra sanzioni ed infrazioni: ciò non
significa coprire il bracconaggio né tantomeno favorirlo, anche perché rimangono
le sanzioni penali per le violazioni gravi,
ad esempio, per le specie superprotette o
la caccia nei parchi o nelle zone protette.
Ciò è perfettamente compatibile con le
indicazioni europee, ad esempio, con l’introduzione delle specie in deroga che il
Parlamento ha approvato con legge n. 221
del 2002, che prevede che l’applicazione
del regime in deroga non possa entrare in
vigore se non si ha l’assenso della comunità europea. Allora ottenemmo l’assenso
preventivo e lo stesso identico procedimento è stato fatto per questo provvedimento.
Concludendo, si tratta di un provvedimento elaborato con assoluto senso di
responsabilità e senso etico, in un quadro
europeo senza pregiudizi ideologici, ma
fondato su basi pratiche necessarie ed
indispensabili per la caccia, per l’ambiente
e per l’ecosistema, in grado di recuperare
il carattere di popolarità di questa attività
nata con l’uomo e che ci auguriamo possa
essere recepita con il giusto equilibrio
(Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare, a
titolo personale, l’onorevole Schmidt. Ne
ha facoltà.
GIULIO SCHMIDT. Signor Presidente,
preannunzio la mia contrarietà ed il mio
dissenso nei confronti di questo testo
unico. Non è una posizione pregiudiziale,
ma una posizione che si basa su alcune
questioni fondamentali che riguardano il
diritto costituzionale ed il diritto comunitario.
Dirò, in primo luogo, che non esiste un
diritto alla caccia, ma una concessione alla
caccia da parte dello Stato, nel rispetto dei
principi e delle norme della legge n. 157
del 1992 che ha recepito la direttiva europea cosiddetta « uccelli ».
La prima questione da considerare è
che la fauna selvatica è un patrimonio
indisponibile dello Stato e, pertanto, come
tale va difeso.
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La fauna selvatica, inoltre, è tutelata
nell’interesse non solo di una singola nazione, ma di una comunità europea ed
internazionale.
La fauna selvatica è un patrimonio
genetico che non appartiene né all’Italia
né all’Europa, ma sia all’Italia sia all’Europa, dunque sostanzialmente all’umanità.
Noi siamo cittadini italiani ma, nello
stesso tempo, siamo cittadini europei e
cittadini planetari. Dobbiamo quindi riflettere su ogni azione diretta ad accontentare interessi di parte e di singole
nazioni rispetto ad un argomento e ad un
valore di interesse sovranazionale.
L’Italia è un paese membro dell’Unione
europea, che dunque può legiferare in
armonia con le direttive europee. Può
modificare la propria legislazione – come
recita la direttiva comunitaria « Uccelli » –
in senso più restrittivo, ma non in senso
più estensivo. Lo stesso principio vale per
il provvedimento, approvato da questa
maggioranza nel 2002, che prevedeva il
recepimento dell’articolo 9 della direttiva
comunitaria, vale a dire il recepimento
delle deroghe che, comunque, sono in
sintonia con i principi comunitari. Infatti,
non possono esistere deroghe estensive,
ma eventualmente deroghe riduttive. Laddove è stato applicato il principio di estensione, è intervenuto il TAR che, giustamente, ha bloccato qualsiasi azione di
estensività regionale.
La proposta in esame, che nei primi
articoli mantiene lo spirito e il dettato
della legge n. 157 del 1992, nella successiva modifica dei vari articoli stravolge
pezzo per pezzo lo spirito, i principi e i
contenuti della suddetta legge n. 157 che,
dopo i referendum, aveva determinato la
riappacificazione tra chi era favorevole
alla caccia e chi era abolizionista.
Avevamo raggiunto un punto di equilibrio fortemente condiviso; infatti, la legge
n. 157 non parla di caccia, ma di prelievo
venatorio in funzione di un bene superiore, vale a dire la salvaguardia della
fauna selvatica. Questo è il principio fondante della direttiva « Uccelli » e della
legge n. 157 del 1992.
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Attraverso una serie di norme comprese nel presente articolato, si stravolge
tale principio, ponendo in primo piano
non tanto il prelievo venatorio, quanto
l’attività venatoria intesa come caccia, che
non è diretta alla salvaguardia della fauna
selvatica, essendo fine a se stessa.
Dunque, il presente provvedimento non
si configura come una proposta tesa a
garantire un prelievo venatorio ecocompatibile, ma come un testo che ci fa compiere
un balzo indietro, riportandoci al testo
unico del 1939, che attribuiva alla fauna
selvatica lo stato giuridico di res nullius.
Esistono fondati motivi di incostituzionalità, che si fondano su due osservazioni.
Intanto, varie norme comprese in questo testo unificato contravvengono all’articolo 10 della Costituzione, in cui si
afferma che la giurisprudenza italiana si
conforma ai princı̀pi costituzionali e ai
vincoli comunitari ed internazionali.
Non vi è dubbio che la proposta in
oggetto disattende e contrasta i vincoli
comunitari, cosı̀ come chiaramente esposto e segnalato dalla Commissione politiche Unione europea e dalla Commissione
affari costituzionali che, pur esprimendo
un parere di principio favorevole, ha formulato una serie di osservazioni e condizioni tali da vanificare i vari punti teoricamente innovativi rispetto alla legge
n. 157 del 1992. Tali norme, in realtà, non
innovano bensı̀ smentiscono i contenuti
primari della legge suddetta.
Vorrei ricordare che il documento firmato dalle federazioni europee della caccia e da Birdlife International nell’ottobre
del 2004, sotto la tutela del commissario
Wallstrom, ha affermato senza ombra di
dubbio che la direttiva « Uccelli » è ancora
oggi di estrema attualità ed è assolutamente impensabile modificarne il contenuto e lo spirito. Quello resta sempre e
comunque il punto di riferimento.
Per quanto riguarda i fondamenti costituzionali, è evidente che il progetto di
legge in oggetto pregiudica nel suo insieme
la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema
che lo Stato garantisce in base al riformato Titolo V, articolo 117. In proposito
non vi è alcun dubbio che la fauna è un
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elemento costitutivo ed essenziale dell’ecosistema; si tratta di un patrimonio statale
e, quindi, la Repubblica deve assicurarne
la tutela su tutto il territorio nazionale,
tenendo conto anche della sua azione nel
contesto europeo ed internazionale.
Inoltre, il progetto di legge va in direzione opposta rispetto alle numerosissime
sentenze della Corte costituzionale. Tralasciandone il vasto panorama, vorrei solo
ricordare che la Corte ha qualificato la
caccia come uso ragionevole delle risorse
naturali, se inquadrata in un contesto che
garantisce la sopravvivenza e la capacità
riproduttiva della fauna. Questo progetto
di legge, a mio avviso, non dà alcuna
garanzia di uno standard minimo di salvaguardia valido su tutto il territorio nazionale.
Inoltre, va sottolineato che il testo unificato in oggetto, di fatto, depotenzia l’Istituto nazionale della fauna selvatica in
quanto organo tecnico-scientifico dello
Stato alle dipendenze della Presidenza del
Consiglio. Tale istituto viene sostituito da
altri organi, che introducono differenti
procedure di analisi tecnico-scientifiche
sullo stato di conservazione della fauna
selvatica, contravvenendo ad un principio
sancito dalla Corte costituzionale, in cui si
afferma che l’istituto in questione è titolare del bene « fauna selvatica » in quanto
tale.
Per quanto riguarda la depenalizzazione dei reati venatori, il provvedimento
in oggetto ha ricevuto il parere contrario
della II Commissione (Giustizia), non soltanto a causa della scarsa presenza dei
membri delle maggioranza, ma anche
perché le premesse poste in ambedue le
proposte di parere presentate erano praticamente uguali.
Inoltre, l’allargamento delle specie cacciabili ed il prolungamento dei tempi di
caccia, a seconda delle specie, pongono
l’Italia in un evidente stato di infrazione
delle direttive comunitarie.
Concludo con un’ulteriore osservazione. In primo luogo, la legge n. 157
risale al 1992: si sostiene che è una legge
vecchia. Certo, lo è, ma nel senso contrario
rispetto ai presupposti sui quali si vor-
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rebbe modificarla estensivamente. Infatti,
lo stato della fauna selvatica, come risulta
da tutti i rapporti scientifici, non è migliorato, ma è peggiorato, e alcune specie
che nel 1992 erano registrate in stato di
sofferenza e pericolo hanno abbandonato
il nostro paese e sono divenute specie in
via di estinzione. Sarebbe stato quindi
opportuno inserire una norma che rendesse più dinamica la disciplina, prevedendo di stabilire ogni anno, su base
scientifica, le specie cacciabili e il relativo
periodo.
Contesto, infine, che il programma elettorale della Casa delle libertà del 2001 –
sfido chiunque a dimostrare il contrario –
contenga la revisione della legge n. 157 del
1992. Semmai, sui muri di tutta Italia
erano affissi manifesti della dimensione di
sei metri per quattro in cui si affermava:
più rispetto e più amore per la natura. Si
continua a sostenere che ci siamo impegnati: probabilmente qualche parlamentare si è impegnato in sede locale, ma la
revisione della legge n. 157 del 1992 non
è contenuta nel programma della Casa
delle libertà sottoscritto da tutti i leader e
non rappresenta una priorità per il Governo.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti
a parlare e pertanto dichiaro chiusa la
discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo
– A.C. 27 ed abbinate)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il
relatore, onorevole Onnis.
FRANCESCO ONNIS, Relatore. Signor
Presidente, mi vedo costretto a replicare
dai contenuti, dall’impostazione, dal taglio
e dal tono degli interventi di alcuni autorevoli colleghi, che perpetuano – mi si
consenta di affermarlo – una politica a
mio avviso senza senso e senza costrutto,
strumentale e pretestuosa, talvolta –
spiace dirlo – faziosa. Replicherò con
moderazione, misurando le mie parole con
il metro della ragione e del buonsenso, con
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intenti costruttivi e con spirito di attenzione per le posizioni confliggenti, se venissero concretizzate in iniziative e contributi seri ed effettivi in vista del miglioramento del testo (tuttavia, purtroppo,
fino ad oggi l’opposizione nulla ha fatto in
questa direzione). Ciò, al fine di ricercare
ancora e di trovare un approdo di mediazione e di equilibrio.
L’ipotesi di modifica sottoposta all’attenzione dell’Assemblea è assolutamente
rispettosa dell’impianto, dei principi, della
filosofia e delle previsioni strutturali della
legge n. 157 del 1992. Di tale legge si
presuppone la congruenza e, nonostante i
tredici anni trascorsi dalla sua approvazione, avvenuta in tempi squilibrati per
un’oculata protezione della fauna, anche
in vista di un prelievo venatorio compatibile, se ne riconosce la perdurante, anche
se zoppiccante, attualità.
Non si pongono certo in discussione le
innovazioni centrali della legge quadro,
laddove si è prevista la programmazione
venatoria, attraverso l’azione degli ambiti,
o si è sancito che la fauna selvatica è
patrimonio indisponibile dello Stato, tutelato nell’interesse della comunità nazionale e internazionale, e che tale fauna può
essere oggetto di prelievo venatorio solo se
il prelievo non contrasti con l’esigenza
primaria di conservazione e di tutela della
fauna stessa. Né si intende incrinare il
rapporto di simbiosi tra mondo agricolo e
mondo venatorio; anzi, si vorrebbero introdurre norme volte a rinsaldare quel
rapporto, favorendo l’agricoltura e gli agricoltori. Tantomeno è volontà dei proponenti o del relatore abbassare la guardia
di fronte alle condotte venatoriamente illecite, che vanno prevenute e represse con
rigore e con fermezza.
Ecco perché è fuori campo, fuori misura ed appeso al nulla il rilievo critico
mosso dall’onorevole Marcora, cosı̀ come
da altri deputati, secondo cui il progetto di
modifica costituirebbe un tentativo di
eversione della legge n.157 del 1992. Si
sono voluti chiudere gli occhi di fronte ai
contorni ed al perimetro della modifica,
ispirata dalla volontà di dotare l’Italia di
una legge al passo con i tempi, con la
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normativa comunitaria, con l’attuale contesto socio-economico italiano e con le
regole costituzionali, per dare ai cittadini
cacciatori, ferma l’esigenza primaria di
proteggere la fauna e di incrementarne la
presenza, uno statuto e delle regole di
uguaglianza e, ancora, per restituire all’Italia, anche in questo campo, dignità
almeno pari a quella degli altri Stati della
Comunità.
Ora, i cortesi contraddittori sanno bene
– non possono ignorarlo, attesa la loro
esperienza e la loro intelligenza parlamentare – di collocarsi fuori dal seminato,
ignorando la dimensione politica del provvedimento e la volontà sottesa ai suoi
contenuti ed alla sua elaborazione, quando
assumono, nel tentativo poco accorto di
evidenziare i pretesi limiti e la debolezza
della proposta normativa, che il mondo
agricolo, il mondo venatorio ed il mondo
della scienza avrebbero manifestato il loro
dissenso, che la stessa maggioranza sarebbe divaricata e non unitariamente favorevole, mentre il centrosinistra sarebbe
compatto nel respingere la modifica, e che
si prevedrebbero, poi, l’aumento delle specie cacciabili e, sempre in violazione dei
« paletti » comunitari e delle risultanze
scientifiche, l’ingiustificata dilatazione dei
tempi di caccia.
Si addebita, ancora, alla maggioranza
la volontà di introdurre un apparato sanzionatorio inadeguato, che agevolerebbe
chi violasse la legge, a scapito della tutela
della fauna, e di voler trasformare la
caccia da attività popolare in attività di
élite. Si sostiene, inoltre, che il testo sarebbe stato azzoppato dai pareri negativi
delle Commissioni II (Giustizia) e XIV
(Politiche dell’Unione europea) e che presenterebbe, comunque, profili di incostituzionalità e sarebbe stato indebolito dai
rilievi di altre Commissioni. Di tutti questi
pareri e rilievi il relatore – cosı̀ si è
sostenuto – si sarebbe lavato le mani.
Ebbene, queste critiche sono tutte infondate e preconcette, ignorano lo stato
dell’arte dei lavori e delle vicende parlamentari, sono dissonanti rispetto ai dati
raccolti e vagliati in Commissione. Inoltre,
sono smentite dai documenti acquisiti, che
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dimostrano, anzitutto, che le associazioni
venatorie, Federcaccia in testa (che rappresenta il 65 per cento dei cacciatori
italiani), sono assolutamente favorevoli. È
contraria solo l’Arcicaccia, un’associazione
che fa solo politica e molto rumore per la
sinistra ideologicamente ambientalista, ma
conta il 5 per cento (e forse neanche ci
arriva). Dunque, almeno il 95 per cento è
favorevole, mentre il 5 per cento è contrario.
Inoltre, le associazioni degli agricoltori,
Confagricoltura in primo piano, sono nella
stragrande maggioranza favorevoli.
All’interno della coalizione di centrodestra, poi, se si esclude una frangia
isolata e preconcetta in Forza Italia e
altrove qualche isolato ideologo, il fronte è
compatto e quasi totalitario. L’onorevole
Marcora lo nega, ma il trasversalismo
responsabile è presente e attivo nei banchi
dell’opposizione. Alcune proposte di legge
sovrapponibili nei contenuti a quelle del
centrodestra sono state presentate e sottoscritte da esponenti della Margherita, dei
Comunisti italiani e degli stessi Democratici di sinistra.
Sapete, colleghi, perché nel testo unificato erano comparse per errore, tra le
varietà cacciabili, tre specie di oche ?
Perché l’inserimento delle oche era stato
previsto dalla proposta dell’onorevole
Rizzo (poi ritirata), che non mi pare
aderisca ad una delle componenti della
maggioranza.
Ora, per rispondere in termini puntuali
alle altre censure, che mi pare siano
ingenerose e forzate perché privilegiano
finalisticamente un dato formale e dimenticano la dimensione politica, debbo compiere un passo indietro e richiamare in
poche battute gli sviluppi ed il percorso
della vicenda parlamentare.
Al testo base, unificato in vista dell’esame in Commissione, erano stati presentati dalla maggioranza, in particolare
dal relatore, non pochi emendamenti, mirati ed univoci. Gli onorevoli Sedioli, Marcora, Zanella e Schmidt non ne ignorano
certo i contenuti. Ebbene, l’esame in Commissione ha riguardato i primi sette articoli del testo: l’esame dell’articolo 8, ini-
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ziato, non è stato concluso. L’esame degli
altri articoli non ha avuto luogo a causa
dell’ostruzionismo dell’opposizione, lecito
e corretto, ma spinto e pervicace, e perché
incombeva, con tempi allora ravvicinati, la
calendarizzazione in Assemblea.
Ecco perché non sono stati esaminati
gli altri emendamenti del relatore, quelli
che disegnavano, dando concretezza anche
politica, la volontà e le intenzioni di modifica della legge quadro dei proponenti e
della maggioranza. Dunque, costituiscono
un fatto parlamentare, oltreché politico,
dal quale non si può prescindere, che non
si può cancellare e dimenticare.
Si tratta di un passaggio obbligato ed
inevitabile, proprio perché l’inevitabile interruzione dell’iter in Commissione non
avrebbe lasciato e non ha lasciato alternativa diversa dalla ripresentazione in
aula di quegli stessi emendamenti. Allora,
si rincorrono le farfalle, pretestuosamente
sfruttando un momento solo formale per
chiudere gli occhi alla realtà politica dei
contenuti, quando si pretende di criticare
l’iniziativa di modifica evocando l’aumento
di specie cacciabili o la dilatazione indiscriminata dei tempi di prelievo, quando si
stigmatizza una pretesa ed inopportuna
depenalizzazione o si introduce cervelloticamente la categoria della caccia d’elı̀te
che scalzerebbe la caccia popolare; ovvero
quando ancora, facendo finta di ignorare
che i pareri negativi sono la risultante
dell’assenza occasionale e fortuita della
maggioranza nelle due Commissioni, si dà
per assodato che non si sia tenuto conto
delle valutazioni, dei rilievi e dei pareri di
tutte le Commissioni.
Colleghi, concludendo, gli emendamenti
datati e noti, riproposti in aula, spengono
ogni fervore critico dell’opposizione,
perché riducono le specie cacciabili (le
riducono a 48, colleghi !), mentre la legge
n. 157 del 1992 all’entrata in vigore ne
prevedeva 57, escludendo anche quelle
sulle quali si sono concentrate le censure,
come ad esempio le oche.
Tali emendamenti prevedono ancora
che siano le regioni a modulare per specie
e per decadi, e sempre nel rispetto delle
regole comunitarie, i tempi di prelievo;
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introducono la sanzione penale per ben
otto ipotesi di condotte illecite, con ciò
andando controtendenza rispetto alla ventata di depenalizzazione che attraversa il
nostro ordinamento giuridico, e ciò in un
sistema di sanzioni, compresa la revoca o
sospensione automatica della licenza, ben
più rigido ed efficace dell’attuale regime
previsto dalla legge n. 157 del 1992, stabilendo la possibilità di accesso in altre
regioni, sia pure per quindici giornate
all’anno per la sola caccia ai migratori,
con ciò rendendo l’attività venatoria molto
più giusta e popolare, in quanto l’accesso
è previsto come gratuito (lo hanno dimenticato gli onorevoli Sedioli e Marcora).
Quanto ai rilievi delle Commissioni –
rilievi dei quali sono grato, poiché contribuiscono al miglioramento del testo –
sono convinto che la ruvidità della politica
e dello scontro parlamentare faccia salva
la buona fede in ognuno di noi e che i
critici ad oltranza non si siano resi conto
che con gli emendamenti si è data una
risposta diretta, concreta e precisa ai problemi sollevati, traducendo in modifiche al
testo le indicazioni preziose provenienti
dalle stesse Commissioni; cosı̀ come si è
spiegato punto per punto – è sufficiente
leggere le considerazioni integrative della
relazione, pubblicate a pagina 139 del
resoconto della seduta del 17 marzo 2005
– si è acconsentito, quasi sempre, ai
suggerimenti formulati e alle riserve avanzate.
Spero che il quadro possa essere più
chiaro e a questo punto che possa essere
meglio individuata l’effettiva e seria materia del contendere. Non si può ragionare,
non ci si può misurare su un terreno volutamente solo virtuale. Se si metteranno i
piedi per terra, se – come io ancora auspico
da cocciuto ottimista – la stagione della
contrapposizione preconcetta cederà il
passo a quella delle proposte fatte di contenuti e non solo di invettive, allora ho motivo
di ritenere che dal dialogo, assistito dal
buon senso e dallo spirito di moderazione,
possa nascere un risultato condiviso, il migliore che il Parlamento possa conseguire:
obiettivo da raggiungere per una tutela
sempre più attenta dell’ambiente, per una
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protezione sempre più valida della fauna
selvatica e, perché no ?, per un esercizio
sempre più responsabile e prudente dell’attività di caccia.
Se si ascoltano il cervello ed il cuore, e
non solo il fegato, e si vogliono tutelare le
nostre tradizioni, la nostra cultura, il bene
e l’equilibrio sociale, il rapporto anche
spirituale con la natura e con il creato, se
vogliamo tutelare questi e tanti altri valori
e interessi, anche economici, allora dobbiamo concludere che anche la caccia non
è certo tra gli ultimi problemi di cui debba
farsi carico il Parlamento italiano.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il
rappresentante del Governo.
GIANPAOLO DOZZO, Sottosegretario di
Stato per le politiche agricole e forestali.
Signor Presidente, oggi l’Assemblea ha discusso del testo unificato delle proposte di
legge con cui si intende modificare la legge
11 febbraio 1992, n. 157. Quello della
caccia è un tema che, per le questioni che
sottende, interessa, in maniera trasversale,
sia gli schieramenti politici, sia i parlamentari, sia i cittadini. Ed è per questo
motivo che il Governo si è sempre astenuto dal presentare un proprio disegno di
legge di modifica della legge n. 157 del
1992.
Se, da un lato, le molte iniziative dei
parlamentari, sia del centrodestra sia del
centrosinistra, hanno posto in evidenza
che la citata legge n. 157 era una normativa di compromesso e, come tale, andava
modificata, dall’altro, vi sono ancora nel
paese cittadini che raccolgono firme per
l’abrogazione totale della caccia. Tutto ciò
sta a significare che il problema della
caccia non è stato risolto. Mi auguro,
comunque, che il buon senso, che ha
sempre pervaso la Commissione agricoltura e l’Assemblea della Camera dei deputati, consenta di ottenere, alla fine, un
esito positivo in questa problematica.
Signor Presidente, nel corso dei due anni
e mezzo di discussioni e di incontri svoltisi
nelle varie Commissioni, il Governo si è
sempre tenuto al di sopra delle parti, proprio perché non era sua intenzione entrare
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specificatamente nel merito della questione; e intende fare altrettanto nel prosieguo dell’esame di questo testo unificato, per
far sı̀ che tutti i parlamentari abbiano il
diritto di esprimere liberamente la propria
opinione e, se del caso, proporre modifiche
migliorative al testo unificato.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è
rinviato ad altra seduta.
Modifica nella composizione della Commissione parlamentare d’inchiesta concernente il « dossier Mitrokhin » e l’attività d’intelligence italiana.
PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data 13 aprile 2005,
ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare d’inchiesta concernente il « dossier Mitrokhin » e l’attività
d’intelligence italiana il senatore Guglielmo
Castagnetti, in sostituzione del senatore
Giampaolo Bettamio, dimissionario.
Ordine del giorno
della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l’ordine del
giorno della seduta di domani.
Martedı̀ 19 aprile 2005, alle 16:
1. – Seguito della discussione del progetto di legge:
S. 1432-1533-2493-2645-2663-3009 –
D’iniziativa dei senatori MANZIONE ed
altri; NIEDDU ed altri; D’INIZIATIVA DEL
GOVERNO; d’iniziativa dei senatori PASCARELLA ed altri; FLORINO ed altri;
PESSINA: Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace,
nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare (Approvati, in
un testo unificato, dal Senato) (5433-A)
e delle abbinate proposte di legge: SPINI;
CARBONI; CARBONI; LAVAGNINI; MIN-
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NITI ed altri; PISA ed altri; PERROTTA
(258-527-534-576-2807-2866-5443).
— Relatori: Guido Giuseppe Rossi (per
la II Commissione) e Gamba (per la IV
Commissione), per la maggioranza; Bonito
(per la II Commissione) e Molinari (per la
IV Commissione), di minoranza.
2. – Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 1184 – D’iniziativa dei senatori
MEDURI ed altri: Delega al Governo per la
disciplina dell’ordinamento della carriera
dirigenziale penitenziaria (Approvata dal
Senato) (5141-A)
e dell’abbinata proposta di legge: MOLINARI e RUGGERI (3346).
— Relatore: Zanettin.
3. – Seguito della discussione del disegno di legge:
Incremento del contributo obbligatorio dello Stato italiano alla Corte penale
internazionale, con sede a L’Aja (5084-A).
— Relatore: Pacini.
4. – Seguito della discussione delle
mozioni Violante ed altri n. 1-00436,
D’Agrò e Volontè n. 1-00444 e La Russa
ed altri n. 1-00445 sulla crisi del comparto
tessile e abbigliamento.
5. – Seguito della discussione del disegno di legge:
Norme sulla libertà religiosa e abrogazione della legislazione sui culti ammessi (2531-A/R)
e delle abbinate proposte di legge: SPINI
ed altri; MOLINARI (1576-1902).
— Relatore: Paoletti Tangheroni.
6. – Seguito della discussione del testo
unificato delle proposte di legge (previo
esame e votazione delle questioni pregiudiziali presentate):
STEFANI; MASSIDDA; BONO; ONNIS ed altri; ONNIS ed altri; BENEDETTI
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VALENTINI; GASPERONI ed altri; SERENA; PEZZELLA; BELLILLO ed altri;
CIRIELLI ed altri; TUCCI: Modifiche alla
legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante
norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio
(27-291-498-1417-1418-2016-22532314-3533-3761-4804-4906-A).
— Relatore: Onnis.
7. – Seguito della discussione delle
mozioni Cè ed altri n. 1-00412, Cima ed
altri n. 1-00411, Biondi ed altri 1-00430 e
Landi di Chiavenna ed altri n. 1-00435
sull’embargo europeo alla vendita degli
armamenti verso la Cina.
(al termine delle votazioni)
8. – Discussione del disegno di legge
(per la discussione sulle linee generali):
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 febbraio 2005,
n. 17, recante disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna (Approvato dalla Camera e modificato dal
Senato) (5650-B).
9. – Discussione del disegno di legge
(per la discussione sulle linee generali):
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 febbraio 2005,
n. 16, recante interventi urgenti per la
tutela dell’ambiente e per la viabilità e per
la sicurezza pubblica (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (5640-B).
La seduta termina alle 16,25.
IL CONSIGLIERE CAPO
DEL SERVIZIO RESOCONTI
ESTENSORE DEL PROCESSO VERBALE
DOTT. FABRIZIO FABRIZI
Licenziato per la stampa alle 19.