Diavolo per capello - Cenacolo Bolognese di Cultura e Società

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Diavolo per capello - Cenacolo Bolognese di Cultura e Società
COMUNICATO STAMPA
UN DIAVOLO PER CAPELLO
dalla sfinge a Warhol
Arte acconciature società
A cura di Pietro Bellasi e Tulliola Sparagni
Comitato scientifico: Jadranka Bentini, Paola Giovetti, Paola Goretti, Gualtiero
Harrison, Uliano Lucas, Marinella Marchesi, Cristiana Morigi Govi, Daniela
Picchi. Allestimanto a cura di Italo Grassi
Bologna, Museo Civico Archeologico, Via dell'Archiginnasio 2
Periodo: 7 aprile – 2 luglio 2006
Per informazioni: telefono 051-27.57.211; fax 051-266516; e-mail: [email protected],
www.comune.bologna.it/museoarcheologico
Orario: tutti i giorni 10-18,30; lunedì chiuso (tranne lunedì 10 e 17 aprile)
Biglietto d’ingresso: € 6,00 intero, € 4,00 ridotto, € 2,00 scuole di ogni ordine e grado
Catalogo Edizioni Gabriele Mazzotta
Formato 22x24, 250 pagine, 100 illustrazioni a colori e 150 b/n
Conferenza stampa di apertura: giovedì 6 aprile ore 12
Inaugurazione: giovedì 6 aprile ore 18
Il Museo Civico Archeologico di Bologna e la Fondazione Antonio Mazzotta di Milano, su iniziativa di
Wella - che celebra con questa evento 125 anni di storia nel mondo della cosmesi - presentano la prima
grande mostra dedicata al tema dell’acconciatura indagato da diversi punti di vista: artistico, archeologico e
antropologico.
Presso il Museo Civico Archeologico di Bologna saranno esposte circa 300 opere: quasi 100 reperti
archeologici, comprendenti opere scultoree, oggetti da toilette e monete; una trentina di ritratti
sei/settecenteschi (Ceresa, Fra’ Galgario), incisioni settecentesche, monete e medaglie emesse tra il XV e il
XVIII secolo; 30 fotografie di autori italiani e stranieri; oggetti e documenti di interesse etnograficoantropologico; oggetti da toilette oppure legati al mondo dell’acconciatura di varie epoche; serigrafie e
fotografie di Andy Warhol.
Le opere provengono per la massima parte dalle più prestigiose collezioni museali pubbliche e private
italiane, svizzere e americane, mentre 60 reperti sulla storia della cosmesi dei capelli sono stati selezionati
fra gli oltre 3000 presenti al Wella Museum di Darmstadt.
Il percorso è diviso in sezioni che affrontano, ognuna nel proprio ambito, il vasto universo dell’acconciatura
e dei suoi significati simbolici: dalla bellezza al potere, dall’ultraterreno alla morte, dall’autorità alla
ribellione. Ogni sezione sarà caratterizzata dall’accostamento di momenti storici, zone geografiche e
materiali assai lontani tra loro, nel tempo e nello spazio - accomunati dalla stessa passione per le
acconciature elaborate e stravaganti - che renderanno l’allestimento, curato dallo scenografo Italo Grassi,
particolarmente suggestivo e accattivante per lo spettatore.
La mostra, curata da Pietro Bellasi e Tulliola Sparagni, si avvale di un comitato scientifico composto da
Jadranka Bentini, Paola Giovetti, Paola Goretti, Gualtiero Harrison, Uliano Lucas, Cristiana Morigi Govi,
Marinella Marchesi, Daniela Picchi.
1. Sezione archeologica-etnografica: dai faraoni agli Indiani d’America
La mostra prende le mosse dal presupposto che la capigliatura, effimero e fastoso ornamento della testa, dai
tempi più remoti fino ai nostri giorni e universalmente presso tutte le popolazioni del globo, è stata
considerata e trattata come la parte più nobile del corpo; potenzialmente la più carica di simbolicità. Tutte le
civiltà antiche hanno così elaborato una cultura della capigliatura e dell’arte dell’acconciatura. Già
nell’antico Egitto l’acconciatura, che spesso implica l’uso di parrucche e di extension, costituisce un
importante elemento identificativo e simbolico. Le statue, i rilievi e le pitture egiziani mostrano una
ricchissima varietà tipologica di acconciature che si differenziano a seconda delle epoche storiche, dei ruoli
sociali, del sesso e dell’età dei personaggi raffigurati.
E così anche nel mondo romano l’ornamento dei capelli assume una straordinaria valenza, esemplificata
dalla molteplicità e talora dalla stravaganza e ricchezza delle acconciature soprattutto femminili. Se in età
repubblicana le capigliature, ancora sobrie e semplici, sono una ben riconoscibile espressione
dell’appartenenza ad un gruppo sociale, in epoca imperiale esse diventano elemento fondamentale della
moda che, partendo dalle donne della famiglia imperiale si diffonde, attraverso il ritratto, agli strati più alti
della società. Il raffronto con il materiale etnografico (una testina mummificata brasiliana dalla folta
capigliatura o i diademi da sciamano di piume dell’america meridionale) permette così di esemplificare
questo primo importante concetto basilare della mostra.
Tuttavia i documenti e gli oggetti etnografico-antropologici non saranno concentrati dall’allestimento in un
luogo deputato e specifico ma si insinueranno quasi furtivamente, invasivamente, lungo tutto il percorso a
disturbare e a rompere facili e tediose cronologie; così, ad esempio, una elaboratissima ascia da guerra degli
indiani dell’America settentrionale con uno scalpo di capelli “nemici” potrà irrompere di fronte ad un dipinto
sei o settecentesco raffigurante Sansone e Dalila.
Ulteriori approfondimenti iconografici sono resi possibili alla selezione di monete e medaglie che offrono
una straordinaria documentazione di capigliature e di acconciature attraverso i secoli.
Il materiale esposto proviene in gran parte dalle collezioni egiziane, greco-romane numismatiche del Museo
Archeologico di Bologna, accompagnato da significativi prestiti nazionali provenienti da Roma, Firenze e
Napoli. Il materiale antropologico-etnografico proviene dai Musei Nazionale Archeologico-Etnografico
Pigorini e dal Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma.
2. L’arte dell’acconciatura dal XV al XIX secolo
Il percorso non vuole essere solo l’espressione di un itinerario sulla storia dell’acconciatura, ma rappresenta
anche una significativa campionatura di interesse storico, artistico e sociale, del ritratto tra Cinquecento e
Settecento e dei significati assunti dall’arte dell’acconciatura in questi secoli. I dipinti e le stampe in mostra
assegnano infatti all’acconciatura un ruolo preminente e una descrizione meticolosa che segue l’evoluzione
del gusto e del costume.
La sezione inizia così con le “capigliature" cinquecentesche e termina con le monumentali elaborazioni
settecentesche in cui la parrucca è assoluta protagonista, fino ai limiti estremi della caricatura.
Per sottolineare l’importanza sociale della capigliatura nella cultura europea del periodo e il ruolo preciso
dell’acconciatura all’interno della ritrattistica del Sei-Settecento è stata delineata un’articolazione interna che
presenta magistrati, bambini, uomini d’arme, gentildonne, gruppi di famiglia etc., evidenziando così varianti,
fantasie e tipologie delle acconciature.
Le opere pittoriche sono creazioni dei più accreditati ritrattisti italiani (tra cui Ceresa e Fra’ Galgario), ma
anche stranieri, come Anthons Mor. Le incisioni, acquerellate a mano, sono creazioni francesi del terzo
quarto del XVIII secolo e raffigurano le diverse tipologie di acconciatura in voga presso le corti, di uso
corrente oppure di destinazione teatrale e fantastica.
Accompagna la fastosa raccolta di dipinti e stampe un curioso ed interessante viaggio nella storia della
“toilette” dei capelli attraverso il materiale proveniente dal Wella Museum di Darmstadt.
Una selezione di 60 reperti scelti fra i 3000 oggetti d’arte raccolti dal Wella Museum a partire dal 1952, offre
una chiave di lettura emblematica e appassionante dell’evoluzione della cosmesi dei capelli e dello sviluppo
della professione del parrucchiere. Questa storia, che abbraccia diverse epoche e civiltà, si intreccia con
quella più ampia della cultura estetica: dalla cura del corpo e dei capelli, all’arte dell’acconciatura con le sue
aree di specializzazione; dalla rasatura di barba e capelli, a cosmetici profumi ed essenze, ed anche – da una
prospettiva moderna - alcune tra le più singolari rappresentazioni di accessori per parrucchieri. Tra le rarità,
spiccano in mostra cimeli di capelli come il “ricciolo” di Napoleone, che lo stesso imperatore francese, poco
prima di morire, donò al suo medico come ricordo. Piccole sculture di porcellana, illustrazioni, libri e oggetti
evidenziano l’importanza della parrucca dal 1600 al 1800, mentre specchi, pettini e fermagli nelle forme e
nei materiali più diversi, stravaganti e preziosi, provenienti anche da Africa e Asia, testimoniano
l’evoluzione del costume e della moda attraverso i tempi.
3. Un mondo di Pierini Porcospini moderni: tra neotribalismo e trasgressione underground
La “naturalità selvaggia” dei capelli li promuove a segnale privilegiato di signorilità, raffinatezza, bellezza e
rango come si è visto), ma anche, al contrario di trasandatezza e sporcizia, di anticonformismo e di
ribellione, individuale e collettiva. Gli hippies e i punk sono tutti parenti dello Struwwelpeter (Pierino-
Porcospino), un vecchio racconto per bambini, archetipo censorio infantile del perbenismo mitteleuropeo
d’inizio Novecento.
Oppositore della società perbenista degli anni Sessanta e anticipatore della cultura trasgressiva che avrebbe
caratterizzato gli ultimi due decenni del secolo, il movimento punk rappresenta un momento centrale e
altamente simbolico nella storia delle acconciature nella società di massa. In un’ambigua dialettica tra
trasgressione e nuovo conformismo, esprime una cultura che ha segnato e interpretato il nostro tempo, una
cultura musicale e artistica che ha visto nella manipolazione del proprio corpo e delle proprie “teste” lo
strumento più radicale per esprimere il desiderio di rottura e l’imperativo di libertà propri del Ventesimo
secolo. Accanto ai reportage giornalistici di fotografi che rispondono alla curiosità suscitata dal movimento
fotografando i ragazzi punk come modelli in posa o i loro bivacchi ai concerti e in strada, si pongono gli
scatti di autori, come Paola Coletti, che hanno invece vissuto assieme ai giovani underground
condividendone la cultura e interpretandola nelle proprie fotografie.
A chiusura della mostra una serie di opere di Andy Warhol si concentrano sull’immagine che di sé dà
l’artista attraverso la sua parrucca. Profondamente insoddisfatto del suo aspetto e soprattutto dei suoi capelli,
Warhol sin dagli anni Sessanta si nascose, letteralmente, dietro una parrucca che diventa protagonista nei
suoi autoritratti, ma anche nelle fotografie fatte a Warhol da altri fotografi.
L’artista icona, e sovrano del mondo underground newyorkese esprime il suo anticonformismo non solo sul
piano personale attraverso artificiose parrucche che non sono copie di capelli naturali, ma reale
camuffamento, ma anche dedicando un’attenzione particolare ad un’altra figura, quasi la sua “controfigura”,
che fa della parrucca, del trucco, dell’artificiosità dell’acconciatura il suo segno distintivo, ossia la dragqueen. Nello stesso tempo la riflessione di Warhol sulla vanità che muove mondo si trasforma nel tempo in
una tragica riflessione sulla Vanitas, un colloquio con la morte, in cui l’artista in prima persona abbandona i
tratti del divo per diventare L’ombra (titolo di uno dei suoi autoritratti in mostra).
Il catalogo, edito da Mazzotta, contiene i saggi dei curatori e del comitato scientifico e riproduce a colori
tutte le opere esposte.
Si ringrazia per la collaborazione: MediaSport&Arts, Arteria e Assicurarte – Divisione AON S.p.A.
Uffici Stampa
- Fondazione Antonio Mazzotta, Alessandra Pozzi, tel. 02.878380, [email protected]
- Wella, G&G Relazioni Pubbliche, Gloria Berté, tel. 02.4986697, [email protected]
- Museo Civico Archeologico, Marinella Marchesi, tel. 051.2757233,
[email protected]