05 Prostitutzione reportage Repubblica

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05 Prostitutzione reportage Repubblica
www.repubblica.it 16.2.201
LA FABBRICA DELLE LUCCIOLE
Settantamila ragazze, una su due straniera e una su 5 minorenne, 9 milioni di
clienti, un giro d'affari di 5,6 miliardi di euro all'anno. Sono i numeri
dell'industria della prostituzione in Italia. Dietro c'è una costellazione di mafie
internazionali che modificano continuamente flussi, piazze e sistema di alleanze.
IL REPORTAGE/1
di ENRICO BELLAVIA e VLADIMIRO POLCHI
Schiave del sesso, un business da cinque miliardi di euro l'anno
A Cipro o in Serbia ci sono le "scuole" dove vengono addestrate alla prostituzione
le ragazze che vengono dall'Estremo Oriente, dai Paesi dell'ex Unione sovietica o
dall'Africa. Poi le "aste" per aggiudicarsele e "piazze-stage" per testarne la capacità
di guadagno. E infine un controllo capillare delle mafie che prevede anche dei
chip sottopelle per evitarne la fuga.
ROMA - Paesi "scuola" dove le schiave vengono parcheggiate e preparate al
marciapiede. Paesi "stage" per testarne la capacità di guadagno. Cellulari e
microchip per controllare il movimento dei corpi in vendita. Organizzazioni
criminali transnazionali specializzate nello sfruttamento della prostituzione.
Nuove piazze del sesso a pagamento: dalla strada ai night club, passando per i
centri massaggi, fino alle sale Bingo. La fabbrica delle lucciole non si ferma mai,
lavora a ciclo continuo adattandosi alle richieste del mercato, alle leggi e perfino
alle ordinanze dei sindaci. Cambiano le rotte, ma il business non si arresta. Quali
sono i Paesi di transito? Dove si trovano i centri di smistamento? Quale il giro
d'affari?
Outdoor e indoor Gli analisti distinguono così il sesso a pagamento da
marciapiede da quello tra quattro mura. "Le ordinanze approvate dai Comuni a
partire dal 2008 - spiega Vincenzo Castelli, presidente di "On the road",
associazione di sostegno alle vittime della tratta - hanno indotto le
organizzazioni criminali a spostare le ragazze dalle strade agli appartamenti".
Tanto da far registrare un boom di annunci di prostituzione su Internet ma anche
di opuscoli allegati a riviste con offerte di lavoro e immobiliari. Tra i nuovi
"luoghi chiusi" le cronache raccontano di un ritorno ai cinema e la novità delle
sale Bingo, mentre i centri relax sono da anni una realtà consolidata con un
primato di cinesi e tailandesi. Per le associazioni che si occupano delle vittime
della tratta questa non è una buona notizia. "La strada è più controllabile -
sostiene Castelli - perché è difficile contattare le ragazze sfruttate negli
appartamenti".
In strada restano per lo più nigeriane, romene e trans sudamericane, spesso
anche minori. Lavorano di più e guadagnano meno, come conferma anche una
severissima ricerca economica che ha il timbro dell'Università di Chicago e della
Columbia University. E, almeno in Italia, rischiano parecchio. Altrove, come per
esempio in Austria, secondo i dati di Transcrime, l'indice di violenza è
decisamente più elevato in casa.
Ma nel mercato del sesso i cambiamenti non si fermano qui. Si abbassano i
prezzi delle prestazioni: "Abbiamo registrato casi di ragazze nigeriane e cinesi,
che occupano il gradino più basso dello sfruttamento, che accettano di
prostituirsi anche per cinque euro". E ancora: aumenta il numero di prostitute
"consapevoli" di cosa verranno a fare in Italia. "Soprattutto tra le nigeriane e le
romene", puntualizza Castelli. I guadagni "facili" restano però un miraggio: il
debito con le organizzazioni criminali non si estingue mai e le violenze sono
all'ordine del giorno.
Al contrario, sperava in un lavoro e in una famiglia, Nike Favour Adekunle,
partita da Benin City a 19 anni e morta a 20 nelle campagne di Misilmeri, paese
alle porte di Palermo. Il suo corpo carbonizzato ha meritato un trafiletto in
cronaca nel quale il suo nome non compariva. L'hanno cercata le amiche e i
volontari del "Pellegrino della Terra", guidati da un nigeriano che prova a
strappare dalla strada le sue connazionali. L'hanno cercata raccogliendo l'appello
del fidanzato palermitano che le aveva regalato l'anello risparmiato dalle fiamme
e che è servito a riconoscerla. Nike batteva nel parco della Favorita a Palermo ma
voleva uscire dal giro. E così, accanto ai sospetti che convergono su un cliente
abituale, si affaccia l'ipotesi di una punizione esemplare voluta dai suoi
sfruttatori.
Un business da 5 miliardi Quante siano le prostitute in Italia nessuno lo sa. Si
va dalle stime più prudenti dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni
(da 19mila a 26mila vittime di tratta nel nostro Paese), a quelle di Transcrime
(che parlano di un giro d'affari che va dai 2,2 ai 5,6 miliardi annui), fino ad
arrivare alle cifre ben più consistenti del Gruppo Abele che parla di 70mila
prostitute (non tutte vittime di sfruttamento), per metà straniere e nel 20% dei
casi minorenni. Dati in linea con quelli di Escort Italia, gruppo che si batte per la
regolarizzazione delle prostitute. Nove milioni i clienti.
Ma al di là delle stime una cosa è ormai certa: la tratta di esseri umani, stando alle
analisi del Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza, "alimenta un
mercato illegale" che nel volume d'affari "è dietro solo al traffico di stupefacenti e
di armi". Un mercato in continua evoluzione. "In tempi rapidi cambiano i
soggetti, i flussi, i mezzi, le destinazioni", ha spiegato al Parlamento già nel 2008,
Sandro Calvani, direttore dell'Istituto delle Nazioni Unite per la Ricerca sul
Crimine.
Artiste da circo, badanti, clandestine...
Tutti i modi per farle entrare in Italia
Sono i gruppi etnici a gestire gli arrivi delle regazze, ma poi nei Paesi di
destinazione si creano alleanze funzionali tra clan di diversa origine. Tra le gang
che gestiscono il traffico la più nota è la "Banda del Miliardario", sede a
Rotterdam e un giro di oltre tremila prostitute.
I gruppi La caratteristica principale è la transnazionalità. Gruppi etnici
gestiscono partenze e arrivi, ma nei Paesi di destinazione delle ragazze, si creano
alleanze funzionali e imprevedibili tra clan di diversa origine. Albanesi e romeni
lavorano spesso insieme, come documentato da un'inchiesta sulla prostituzione
intorno a Lago di Garda. E così italiani e cinesi. I russi, al crocevia dei flussi
provenienti dal Sud-est asiatico e dalla Cina, vendono al migliore offerente e
fanno ottimi affari nel Nord-Est italiano. Sono in crescita le cosche moldave, in
partnership con romeni e italiani, mentre i nigeriani tendono all'autogestione.
Anche per gli esperti della Dna sono proprio gli africani ad aver raggiunto "elevati
standard organizzativi e gestionali". Gli investigatori che studiano i flussi hanno
documentato che "la maggior parte delle vittime proviene dagli Stati del Sud della
Nigeria (soprattutto Edo, ma anche Delta e Lagos), ed è di etnia Bini". Si è
appurato così che a seconda dei clan cambiano le destinazioni. "Nel traffico, i
cittadini dello Stato di Edo monopolizzano la tratta verso i Paesi Schengen; gli
Yoruba e gli Igbo, invece, preferiscono Gran Bretagna e Stati Uniti". Le rotte
ricalcano quelle dell'immigrazione tradizionale: in aereo o attraverso estenuanti
viaggi via terra fino all'Algeria, la Libia o il Marocco per l'ultima tappa, in mare, in
direzione Spagna o Italia.
I profitti Quale il giro d'affari della prostituzione nigeriana? Le verifiche delle
rimesse attraverso il circuito dei money transfer condotte da Bankitalia hanno
permesso di avere un'idea del denaro che segue il percorso inverso. In soli tre
mesi oggetto dell'indagine, condotta nel 2009, sono partiti per la Nigeria 13,3
milioni di euro. E la quota maggiore, il 20 per cento, proveniva dalla Campania.
In testa alla lista dei comuni con il più alto indice di transazioni "le località in cui
si concentra il traffico di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione di
matrice nigeriana". L'area è quella compresa tra Caserta e Napoli, con una quota
rilevante, quasi la metà del totale, rappresentata dal denaro spedito da
Castelvolturno, dove l'Organizzazione internazionale per le migrazioni ha
stimato almeno 500 ragazze nigeriane in pianta stabile. Qui operava Helen
Uwaigboe, una delle madame più attrezzate. Le sue ragazze, all'arrivo, avevano
da riscattare, lavorando sul litorale domizio, un debito da 50mila euro ciascuna.
Tempo medio per affrancarsi: due anni.
Priscilla Omonfoma, anche lei nigeriana, è stata invece indicata come uno dei
pezzi da novanta di un clan nigeriano che aveva basi in Campania e in mezza
Europa. Per lei è scattata una condanna per associazione mafiosa, resa possibile
anche dalle dichiarazioni di un connazionale al quale è stato applicato lo status di
collaboratore di giustizia.
"Scuole" e "stage". Tra le bande criminali molto nota è "la "Banda del
Miliardario" con sede a Rotterdam in Olanda, che da sola gestisce circa 3mila
ragazze per la prostituzione forzata attraverso una rete internazionale che va
dalle Filippine alla Thailandia, passando per Cipro - si legge nello studio di don
Fredo Olivero della pastorale dei migranti di Torino, riportato da Giuseppe
Carrisi in "La fabbrica delle prostitute" (Newton Compton, 2011) - Ci sono Paesi
che fungono da transito per chi parte dal Sud-Est asiatico. La piattaforma girevole
nonché luogo di transito è Cipro, dove vengono "posteggiate" le ragazze finché
non sono pronti i loro documenti. Nel frattempo vengono preparate al duro
lavoro che toccherà loro, spezzandone la volontà. È la "scuola elementare" della
schiavitù sessuale. Cipro è un Paese con 600mila abitanti, con oltre 100 night club
("bouzouki") nei quali vengono presentati "show internazionali". Di qui passano
filippine, tailandesi e romene, bulgare, polacche, ungheresi, ucraine. Il luogo di
smistamento è Rotterdam in Olanda, base del traffico delle prostitute. Grande
peso ha attualmente la Russia, dove le organizzazioni criminali coordinano parte
dei traffici e che funge da Paese di "stage" ("prima scuola di schiavitù sessuale")".
Le porte d'accesso al mercato della prostituzione sono agenzie turistiche e di
collocamento, hanno verificato gli investigatori italiani. "Un ruolo importante spiegano alla Dna - hanno i circhi di Stato esistenti in molti Paesi dell'ex Unione
sovietica". Predispongono i documenti che attestano la frequenza di corsi da
artista indispensabili per ottenere i visti di ingresso dalle ambasciate dei Paesi di
destinazione.
Per i flussi che provengono dai Paesi dell'Est Europa, Romania in testa, il luogo di
transito sarebbe invece la Serbia, dove le ragazze sono spesso vittime di violenze
e stupri. Da lì vengono trasferite in Kosovo e battute ad aste che generalmente
vedono in prima fila la mafia albanese.
Del resto la prostituzione è un gigantesco network. A Milano, la Procura, ha
disegnato la mappa di un traffico che aveva base a Mosca dove russi e moldavi
reclutavano ragazze da spedire in Europa e in Israele, con visto rilasciato
dell'ambasciata francese. Il terminale italiano era costituito da albanesi, che
avevano il compito di rivendere le donne ad altri gruppi. Anche la sanatoria per le
badanti, come ha scoperto la Procura di Trento, è stata utilizzata per spedire via
Russia ragazze cinesi in Italia.
I microchip Come vengono controllate le ragazze? Da Bergamo è rimbalzata la
notizia di prostitute romene che sarebbero state trovate con dei microchip
sottopelle nelle mani, inseriti da trafficanti albanesi per controllarne meglio i
movimenti. E' l'ultima frontiere della tratta. Ma per Mirta Da Pra Pocchiesa,
responsabile del progetto prostituzione e tratta del Gruppo Abele, le
organizzazioni criminali "non hanno certo bisogno di microchip vista la loro
presenza ormai capillare sul territorio". Il Gruppo Abele ha infatti notato come
"negli ultimi anni non appena un'unità di strada si ferma accanto a una ragazza,
squilla il cellulare, lei risponde e tranquillizza la persona che l'ha chiamata.
Significa che gli sfruttatori sono lì a presidiare la piazza, vedono tutto e
controllano via telefono che nessuno fermi il loro business".
Il problema è che "lo Stato negli ultimi tempi ha disinvestito nella lotta allo
sfruttamento e ha chiuso le 14 postazioni locali del numero verde antitratta". Non
solo. Il Dossier Caritas/Migrantes 2011 denuncia "lo stallo in cui si trova la lotta
alla tratta in Italia" e il crollo del numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai
sensi dell'articolo 18 del Testo unico sull'immigrazione (protezione sociale per le
vittime di sfruttamento), scesi dagli 810 del 2009 ai 527 del 2010. "Si è così
permesso che i gruppi criminali rialzassero la testa - sostiene la Da Pra - e
curassero i propri affari con una grande varietà di interventi, che vanno dalle
torture alla cooptazione di prostitute ai piani alti dell'organizzazione". Una buona
notizia arriva dal Dipartimento pari opportunità ed è l'annuncio che entro il 2012
sarà pronto il Piano nazionale antitratta, ma nel frattempo si continuano a
registrare casi paradossali: "Accade anche che nei centri di identificazione ed
espulsione - racconta la responsabile del Gruppo Abele - gli sfruttatori ingaggino
sul luogo le ragazze". Insomma, dalle porte girevoli delle "non prigioni" le ragazze
entrano clandestine per uscirne schiave.
IL CASO di CLAUDIA BRUNETTO
La storia di Nike, bruciata a vent'anni per essersi ribellata al clan dei nigeriani
Una catena di sfruttamento segreta e feroce, fondata sui riti voodoo, che pretende
un riscatto tra i sessanta e i centomila euro per smettere il mestiere. E'
l'organizzazione che Nike Favour Adekunle, innamorata e decisa a sposarsi, ha
provato invano a sfidare nella Palermo del 2011.
Debiti da estinguere, riti voodoo e vessazioni. C'è tutto questo dietro la
prostituzione delle nigeriane, che a Palermo regge la metà del giro, almeno quello
visibile, quello che si consuma in strada. Un esercito di 500 ragazze appena
maggiorenni. Spesso anche al di sotto dei diciotto anni. Arrivano tutte dalla
stessa città, Benin City, che negli ultimi anni è diventata una sorta di capitale del
sesso da esportazione della Nigeria del sud. Volti anonimi relegati in poche righe
di cronaca solo quando accade il peggio. Come nel caso di Nike Favour Adekunle,
ritrovata carbonizzata a vent'anni nelle campagne di Misilmeri il 21 dicembre del
2011.
Anche lei era arrivata a Palermo un anno fa, con il sogno di un lavoro e di una
famiglia. Per finire nel parco della Favorita a prostituirsi. Pochi giorni prima di
morire, aveva acquistato un biglietto per Roma con il suo fidanzato palermitano,
per richiedere il nulla osta alla sua ambasciata e sposarsi. Un progetto, insieme a
quello di lasciare per sempre la strada, probabilmente non gradito a chi aveva
comprato la sua vita per sfruttarla e ricavarci un cospicuo guadagno. Perché le
ragazze nigeriane sono costrette a pagare tutto e fin dall'inizio. Sulla loro testa
pesa un debito enorme. Che va da 60 a 100mila euro. Quello di Adekunle
ammontava a 65mila euro. In preda alla disperazione, la ragazza aveva promesso
alle sue protettrici che avrebbe trovato il modo di pagarlo comunque. Ma questo
non è bastato a salvarla.
Più la ragazza è bella, più il suo debito aumenta, così come gli anni per
estinguerlo. Chi lavora bene riesce a restituire tutti i soldi alla protettrice anche
in quattro anni. Ma fino a quel momento le ragazze sono legate alla "madam",
alla "zia", quasi sempre una connazionale ex prostituta, più raramente un uomo,
che anticipa i soldi del viaggio dalla Nigeria all'Italia. Un legame rafforzato da un
rito voodoo, officiato in patria da uno stregone, prima della partenza. Basato su
ciuffi di capelli, peli di ascelle e pube, pezzi di unghie e una bevanda scura con
sangue di gallina, il rito vincola per sempre la futura prostituta alla sua
protettrice. Si tratta di un patto, un giuramento indissolubile per la religione
animista, almeno fino all'estinzione del debito, pena conseguenze terribili per i
parenti in Nigeria. Con il rito gli aguzzini comprano tutto: la persona, i suoi
documenti, il suo silenzio e la sua riduzione in schiavitù.
Anche la famiglia di origine è coinvolta in questo giuramento. Garantisce, infatti,
che la ragazza nel tempo coprirà tutte le spese anticipate dalla protettrice, a
cominciare da quelle per il viaggio della speranza: arrivo in Libia e poi in mare su
un barcone fino a Lampedusa, per raggiungere una postazione alla Favorita, in via
Messina Marine, in via Lincoln o in qualche vicolo del centro storico. Anche per
quel posto le ragazze pagano. Devono guadagnare abbastanza per affrontare le
spese della casa in cui vivono, del cibo, dei vestiti e appunto, anche della
postazione per esercitare la prostituzione.
In cambio nessuna libertà. Soltanto chi riesce a guadagnarsi la fiducia della
"madam" con il successo delle sue prestazioni, ha qualche ora di tempo per lo
shopping o per una passeggiata fuori dall'orario di lavoro. Le ragazze che non
guadagnano abbastanza subiscono violenze, torture fisiche e minacce che tirano
in ballo sempre l'incolumità dei parenti. Ma la catena dello sfruttamento della
prostituzione nigeriana è molto più complessa. Anche le protettrici sono solo un
anello di una catena che riconduce sempre a una mano mafiosa. Per questo è
molto difficile che le ragazze trovino il coraggio di ribellarsi e di denunciare gli
sfruttatori. Ma a Palermo, in questi anni, alcune ce l'hanno fatta, grazie al
supporto di associazioni come il "Pellegrino della terra", attiva sul territorio dal
1995, nella sede confiscata alla mafia di via Oreto.
"Fino a oggi - dicono i responsabili dell'associazione - più di 250 ragazze sono
uscite dal giro. Sono percorsi lunghi e delicati. Le ragazze chiedono un lavoro
alternativo, spesso hanno anche dei figli al seguito che devono mantenere. Per
questo nella sede della nostra associazione proponiamo corsi di taglio e cucito e
di economia domestica. Un'alternativa alla strada per un futuro dignitoso". Chi
denuncia, infatti, come prevede la legge, ottiene il permesso di soggiorno e viene
inserito in un programma di protezione sociale che per prima cosa include
un'occupazione. Nei mesi scorsi, l'associazione, era entrata in contatto anche con
Nike Favour Adekunle. "Era - raccontano i volontari - una ragazza solare e
sorridente con una grande voglia di vivere. L'ultima volta è stata vista alla
Favorita, come sempre, prima di sparire per tre giorni e morire brutalmente.
Anche lei poteva salvarsi, ma qualcuno ha deciso di non darle questa
opportunità". Adesso la comunità nigeriana di Palermo chiede giustizia per
Adekunle e per tutte le ragazze come lei private delle libertà.
I NUMERI
In Italia 70mila prostitute
per nove milioni i clienti
Il mercato del sesso nel nostro Paese: sono da 19 a 26mila le vittime della tratta
delle donne in Italia. E il giro d'affari oscilla tra i 2 e i 6 miliardi di euro
70mila le prostitute in Italia
20% La percentuale di minorenni tra le prostitute
19-26mila le vittime della tratta in Italia
2,2-5,6 il giro d'affari annui della prostituzione, in miliardi di euro
9 I milioni i clienti
80% La percentuale di clienti che chiede rapporti non protetti