5 Dicembre 2006 - Alessandro Carretta
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5 Dicembre 2006 - Alessandro Carretta
Compliance e cultura bancaria di Alessandro Carretta1 Nell’importante documento Compliance and the compliance function in banks, pubblicato dal Comitato di Basilea nell’aprile del 2005, si afferma che “La compliance parte dal vertice aziendale. Essa si dimostrerà più efficace se collocata in una cultura bancaria che privilegi standard di onestà ed integrità. La compliance dovrebbe essere parte della cultura di un’organizzazione” Il tema della compliance o meglio del rischio di non compliance, inteso come il rischio di sanzioni legali o regolamentari, di perdite finanziarie rilevanti, o infine di una perdita di reputazione nelle quali un intermediario finanziario può incorrere a seguito della sua incapacità di essere appunto compliant, cioè in regola, con leggi, normative secondarie, regole, standard aziendali e codici di condotta applicabili alla propria attività, è sicuramente importante e suscita con riferimento al richiamo alla cultura aziendale contenuto nel documento del Comitato di Basilea almeno tre interrogativi. Perché si cita la cultura aziendale a proposito della compliance ? Tra gli addetti ai lavori sta emergendo una sorta di paradosso della compliance e cioè che quest’ultima serva in realtà a chi non è compliant. Osservando, ad esempio, le sentenze sulla 231 (commentate nel precedente numero di Facts&News) è facile rilevare che ciò che i giudici richiedono non è in astratto l’adeguatezza del modello organizzativo (se è adeguato, cioè in ultima analisi compliant, nessuno se ne accorgerà!) ma la volontà effettiva delle persone e dell’organizzazione di prevenire i reati considerati dalla legge. Il modello organizzativo deve essere cioè non solo idoneo ma anche concretamente adottato ed efficacemente attuato, divenendo la compliance una componente del funzionamento dellìorganizzazione. In effetti, la cultura, secondo una definizione poco scientifica ma sicuramente molto suggestiva, è proprio “quello che faccio in azienda e come lo faccio quando non ci penso”. La cultura aziendale può essere considerata un elemento importante, ancor oggi poco conosciuto ed esplorato, per la comprensione del funzionamento delle organizzazioni, una sorta di missing link, che orienta i comportamenti delle persone in azienda. In definitiva la compliance sarà recepita in azienda se e quando essa diviene parte della cultura aziendale. Quando la cultura “incorpora” la compliance ? Una risposta sintetica potrebbe essere “quando funziona”, cioè quando atteggiamenti orientati alla compliance si rivelano una modalità efficiente ed efficace per risolvere i problemi esterni ed interni dell’organizzazione e delle persone che ci lavorano, tanto da costituire esempi da trasmettere ai nuovi membri dell’organizzazione. In sostanza la compliance diventa parte del modo di comportarsi “quando conviene” anche a livello individuale. Ci vogliono tempi lunghi e risultati ottenuti consistenti per divenire parte della cultura aziendale e occorre coerenza di comportamenti specie nel vertice aziendale. Non a caso il Comitato di Basilea 1 Professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari nell’Università di Roma Tor Vergata Dicembre 2006 1 nel documento già citato rileva anche che l’orientamento alla compliance si rivelerà più efficace nelle organizzazioni laddove “the board of directors and senior management lead by example”. Come sviluppare una cultura della compliance ? Lo sviluppo di una cultura della compliance e quindi il “vero” recepimento della compliance in azienda richiedono una pluralità di strumenti, da utilizzare in un’ottica sistemica. Al riguardo gli strumenti più efficaci hanno caratteristiche soft. Gli strumenti “duri” quali ad esempio l’inserimento di funzioni apposite nella struttura organizzativa, l’introduzione di procedure e processi precedentemente non previsti, incidono poco sulla cultura aziendale e dunque sullo sviluppo di una cultura della compliance. Una adeguata “accoglienza” della compliance nei meccanismi operativi aziendali, volta ad assicurare la coerenza tra questi e comportamenti compliant è sicuramente più efficace, anche se certo più difficile nel breve da realizzare. Due domande, a titolo di esempio: i sistemi di incentivazione del personale tengono nel dovuto conto la compliance e si premiano dunque concretamente i comportamenti compliant ? Il peso effettivo della funzione compliance nel potere organizzativo dell’azienda è adeguato ? Se la risposta ai due interrogativi non è, almeno timidamente, positiva, perché i sistemi incentivanti sono orientati al breve termine e spingono le persone a comportamenti opportunistici e la funzione preposta alla compliance è confinata ai margini dell’organizzazione, allora nessun intervento hard su strutture e procedure potrà mai assicurare la diffusione di una cultura della compliance. Verso la compliance della cultura Sembra un gioco di parole, ma in realtà la diffusione di una cultura della compliance passa anche attraverso una compliance della cultura, cioè una crescente compatibilità culturale tra i soggetti vigilati e gli organi di controllo. La supervisione bancaria sta rapidamente mutando ruoli e attività e va decisamente verso forme di regolamentazione consensuale, testimoniate ad esempio dal diffuso ricorso, un tempo impensabile, a strumenti di consultazione dei soggetti vigilati, e verso la divulgazione delle migliori pratiche alle quali gli intermediari finanziari debbono ispirarsi, in un’ottica quasi consulenziale. Per fare ciò sono necessarie, fra l’altro, un’intensa attività di comunicazione e l’adozione di linguaggi comuni. Nel 2004, l’allora Segretario generale del Comitato di Basilea ha pubblicato un articolo dal titolo “Basilea 2- Verso un nuovo linguaggio comune” nel quale si sottolinea come proprio la nuova regolamentazione sul capitale abbia avviato un processo per lo sviluppo di un linguaggio comune tra le diverse banche e tra le banche e gli organismi di controllo, che possa facilitare il dialogo e rendere più efficace l’adozione di un complesso di norme così articolate ed innovative. In effetti diverse verifiche empiriche effettuate dal Dottorato in banca e Finanza dell’Università di Roma Tor Vergata con strumenti avanzati di analisi del linguaggio mettono in evidenza che la cultura delle banche, quella della Banca d’Italia e quella del Comitato di Basilea presentano ancora alcune differenze significative ma anche una significativa tendenza alla convergenza, certamente utile alla compliance delle culture, che costituisce anch’essa un importante elemento per la diffusione di una cultura della compliance. 2