SECONDO EPISODIO GRATUITO scaricalo ora

Transcript

SECONDO EPISODIO GRATUITO scaricalo ora
1
JOHN D. SMITH
BLACK JACK
SECONDO EPISODIO
LO SPIN-OFF
DI
WARCHESS
2
BLACK JACK SECONDO EPISODIO
www.warchess.it
Proprietà letteraria riservata
Copyright 2015 riservato a John D. Smith
Illustrazioni di copertina di Livia De Simone
Di questa serie:
Black Jack Primo Episodio
Black Jack Secondo Episodio
Ogni riproduzione, totale o parziale, e ogni diffusione non espressamente autorizzata dall’autore è da
considerarsi come violazione del diritto d’autore.
Questo libro è un’opera di fantasia.
Nomi, personaggi, luoghi o avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore.
Qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone reali è del tutto casuale.
3
BLACK JACK 2
CAPITOLO UNO
«Svegliati, siamo arrivati.»
Marco aprì gli occhi a fatica e il dolore lo tormentò, erano diversi giorni che dormiva sul sedile del
furgone. Dopo l’incontro con Valdindin a casa di Eric erano partiti per raggiungere Midnight, il
maestro di Tarma e David. Con loro c’era Ayilina, una glover dall’aspetto sciupato ma con ancora
molta forza. Credeva che il viaggio sarebbe stato un disastro, invece dopo un primo momento
imbarazzante le cose erano andate meglio, anche perché aveva dormito la maggior parte del tempo a
differenza dei suoi compagni. David in sella alla sua moto aveva fatto strada, si erano fermati
spesso per fare una sosta ma ogni volta gli unici a mangiare erano Aylina e lui. I due Guardiani oltre
a rimanere a digiuno non avevano dormito nemmeno pochi minuti in tutti questi giorni di viaggio.
«Marco» disse Tarma.
«Sono sveglio.»
«Questo è il monastero di Midnight.»
La lunga galleria finì in un parcheggio dove c’era in sosta solo una Pontiac Firebird Trans Am
nera.
Il portone in legno era di grosse dimensioni, marrone scuro e intagliato nei minimi dettagli con
arabeschi e spirali che rappresentavano radici rampicanti. Ai lati spuntavano delle grosse fasce di
metallo per sorreggere il suo peso. Il muro di cinta alto cinque metri, costruito con grosse pietre
grigie impediva di vedere l’interno da quella posizione.
«Dove siamo?» chiese Marco.
«Cina, Henan precisamente, non lontano dal monte Songshan» fece David togliendosi il casco e
avvicinandosi all’ingresso insieme a loro.
Aylina portava la sacca dov’erano contenute le sue cose.
I versanti delle montagne erano come un grosso scivolo dalla forma circolare. C’era un leggero
filo di vento che diventava più forte nella parte alta dove terminavano i picchi rocciosi.
L’interno era molto spazioso, due grandi costruzioni attiravano l’attenzione. Gli edifici erano alti
tre piani e su ognuno di essi, il tetto laterale aveva una forma appuntita che si rivolgeva verso l’alto.
I colori che li caratterizzavano erano il rosso, per le pareti e il tetto, e dorato per i decori che
brillavano sotto le grandi lanterne cinesi appese a ogni finestra.
Una siepe verde alta un metro e mezzo, puntellata da piccoli fiori bianchi e gialli, univa questi due
edifici ad altri due simili che si trovavano un po’ più lontani, formando nel complesso un quadrato.
Superata la siepe si aprì una piazza con al centro una fontana che zampillava acqua verso l’alto
con un gorgoglio rilassante. Era l’unico suono del posto.
Nella piazza c’erano circa cinquanta monaci vestiti con tunica arancione e con la testa calva. Erano
chini a terra come se stessero pregando.
«Questo posto ti ricorderà molto i monaci Shaolin ma non credere che sia così…» spiegò Tarma.
Marco lo fermò subito. «So come sono i monaci e questi ci somigliano molto, bassi, tonaca
arancione, Midnight dev’essere un po’ come Gandhi.»
«Benvenuti, io sono Midnight.»
«Tarma, sei sicuro che sia lui il tuo maestro?» chiese Marco sottovoce.
«Certo che è lui.»
Lo guardò nel suo chimono arancione. «Ma è nero e ha i capelli afro!»
«Sono anche alto 1,97 metri e sembro un armadio per le mie spalle larghe, questo è un problema?»
disse Midnight avvicinandosi.
Marco scosse la testa non riuscendo a dire nulla. Era più spaventoso delle montagne che
circondavano il monastero.
«Su ragazzo, stavo scherzando!» Midnight gli diede una pacca sulla spalla e per poco Marco non
perse l’equilibrio. «Venite nei miei alloggi vi offro un tè caldo, così potete riposare per il lungo
4
viaggio. Questi fratelli che vi hanno aperto l’ingresso sono i miei consiglieri, i più anziani dei miei
allievi, che condividono come tutti noi l’amore per la conoscenza e la saggezza» indicò i tre monaci
che fecero un inchino con le mani giunte. «In ordine sono il divino Sakamoto san, pittore e artista,
l’onorabile Hibiroshi sensei, poeta e scrivano, il poderoso Yamazuma, musicista e curatore di
bonsai e infine Franco, un fratello italiano.»
Salutarono di nuovo con un inchino e il gruppo dei Black Jack proseguì per il piazzale lasciando
che i monaci si unissero alla meditazione.
«Loro sono i miei allievi» spiegò Midnight vedendo lo sguardo interessato di Marco. «Vedi questi
due zucconi?» prese David e Tarma sottobraccio. «Non sono così tanto bravi a fare il loro lavoro. Il
Guosen-tinsen che crea la barriera per tenere gli shofen sotto controllo può essere usato per un
massimo di sei volte su un essere umano, altrimenti si rischiano danni al cervello. Noi ci siamo
imposti che è vietato usarlo per più di una volta ma questi due zucconi nei loro anni di carriera
hanno usato il Guosen-tinsen due volte su queste persone, per questo motivo, per precauzione sono
state portate qui in modo che da una parte non vengano più sottoposti a quel trattamento e dall’altra
non spifferino che hanno visto degli shofen venire sulla Terra.»
«Ho notato che ci sono quattro costruzioni che delimitano la piazza» disse Marco.
«Sono le meraviglie della Terra che noi studiamo ogni giorno, per noi stessi e la nostra forza
interiore, per farci crescere come esseri viventi e come persone» indicò le due all’ingresso. «Quelle
sono Natura, dove ci prendiamo cura delle piante e dei fiori, da cui ricaviamo il cibo e col quale
accresciamo il nostro legame con la Terra; e quell’altra è Corpo, dove approfondiamo le conoscenze
delle arti marziali, della meditazione e del combattimento» poi indicò le due costruzioni che
avevano di fronte. «Questa invece è Arte e Lettura dove le nostre menti traggono nutrimento e
conoscenza. E infine c’è la parte più importante» fece una pausa per risaltare le sue parole.
«Chiamata Super Mario Bros, dove ci divertiamo a giocare ai giochi del famoso idraulico.»
«Cosa? Avete dei videogiochi qui nel monastero?» chiese Marco incredulo.
«Certo figliolo e devi vedere che partite a Mario kart 8 che ci facciamo!»
«Dev’essere un monastero molto antico viste le sculture e le rifiniture così pregiate» Marco era
affascinato dai particolari orientali che abbellivano ogni cosa.
«Ho iniziato tutto questo da solo, sin dalle prime pietre fino alle tegole più alte, ho costruito questa
fortezza con un unico scopo: difendere quello che più amo» lanciò uno sguardo a Tarma e David.
«Non può averla iniziata lei…»
«Non gli avete ancora detto niente, zucconi che non siete altro?» Midnight si avvicinò a Marco e
Tarma tirandogli una sberla in testa. «Non gli avete ancora detto chi siamo in realtà, oltre al fatto
che siamo dei Guardiani?»
5
CAPITOLO DUE
«Quando me ne avevate parlato per telefono, credevo che gli aveste detto tutto» disse Midnight.
«Sono stati dei giorni un po’ movimentati» provò a scusarsi Tarma.
«Avete il telefono?» chiese Marco.
«Siamo nel ventunesimo secolo, ragazzo, cosa credevi, che comunicassimo ancora con i piccioni?»
fece Tarma.
«Questo ti sembrerà un monastero, ma la tecnologia qui fa parte delle nostre usanze. Guarda lì.»
Erano giunti davanti a una porta che dava su un grosso salone. All’interno c’erano televisioni,
consolle, e molti altri oggetti.
«Ogni mese io e i miei fratelli scendiamo in paese per organizzare un mercato. Vendiamo frutta
fresca, fiori e opere d’artigianato che realizziamo noi, sculture e quadri. L’arte è importante,
figliolo. Con il ricavato prendiamo ciò che ci occorre.»
«Questo luogo è davvero fantastico» disse Marco.
«Abbiamo anche un furgoncino nell’officina meccanica e una macchina, l’hai vista fuori nel
parcheggio, è con quella che ho insegnato ad Aylina a guidare.»
La glover accennò un cenno con la testa.
«Quello che non capisco è perché Mario Bros?» chiese Marco.
«Prima di tutto perché è un gioco fantastico in tutti i suoi titoli e poi perché oltre al divertimento
adesso con le partite in multiplayer fino a quattro giocatori si stimola la collaborazione, il lavoro di
squadra e si finisce sempre per scoppiare dalle risate» spiegò Midnight.
Tarma scosse la testa e il maestro lo notò subito.
«Ancora con questa storia?» gli disse.
Tarma non rispose.
«Cosa succede?» chiese Marco.
«Quello zuccone lì non è mai stato d’accordo con noi sul fatto che i giochi di Super Mario siano i
migliori del mondo.»
«Perché non lo sono» fece lui.
Midnight scosse la testa. «Non immagini quante volte l’ho beccato a giocare a Metal Slug. In ogni
punto e a ogni ora anche della notte. Non dormiva più e non mangiava più pur di giocare ancora una
partita e un’altra ancora. E ripeteva sempre che era il gioco migliore.»
«La vostra generazione non ci ha mai capiti a noi amanti di Metal Slug» protestò Tarma.
«Dimmi la verità, ti fai ancora di partite? Fammi vedere gli occhi e le mani!» Midnight inseguì
Tarma dentro l’edificio.
David mise una mano sulla spalla di Marco. «Quei due sono fuori di testa, lasciali perdere.»
«Ma lo sanno che esistono i giochi in 3D?»
«Ragazzo, il divertimento non ha dimensioni.»
«Tu non sei amante dei videogiochi?»
«A me datemi una chiave inglese e un’auto e io sarò felice in eterno» sorrise quando iniziarono a
salire le scale seguiti da Aylina. «Dai andiamo, ora ti spiegheremo chi siamo davvero.»
La stanza aveva un tavolo centrale e le pareti ricoperte di quadri e librerie. La finestra più grande
si apriva sul lungo balcone e si affacciava su tutta la piazza da dove era possibile vedere gli allievi
che meditavano.
«Sedetevi tutti» li invitò Midnight. Si avvicinò a un fornello e mise a scaldare una teiera
preparando gli infusi e delle tazze che prese dalla credenza lì vicino. «Secondo me la prima cosa da
chiarire è chi siamo, siete d’accordo?»
Tarma e David annuirono.
«Dopodiché ti spiegheremo come funziona questo» tirò fuori il suo medaglione, che era uguale a
quello di Tarma e David, che lo mostrarono a loro volta. «E infine saprai la nostra storia e cosa più
importante di tutte, vi parlerò di Valdindin.»
6
La teiera iniziò a fischiare e Aylina si avvicinò subito per andare ad aiutarlo. La glover abbassò la
voce per non farsi sentire. «Dobbiamo parlare di Everest il prima possibile.»
Lui annuì. «Lascia che prima parli con i ragazzi.»
Posarono i due vassoi sul tavolo e il maestro iniziò a versare l’acqua bollente. «Marco, immagino
che ti sarai già chiesto come mai né Tarma né David dormano o mangiano, vero?»
«Sì, me lo sto chiedendo anche adesso, perché avete preparato solo due tazze per il tè?»
«Una per te e una per Aylina» fece Midnight. «Il motivo è semplice ed è collegato a ciò che vi ha
detto Valdindin: tu sei l’ultimo rimasto in vita. Noi tre Black Jack siamo morti.»
7
CAPITOLO TRE
Marco dovette ripensare a quello che aveva appena sentito. «Siete degli zombie?»
«Certo che no» rispose Tarma.
«Siete fantasmi?» chiese Marco con cautela.
«Nemmeno» David sorrise.
«Allora siete dei vampiri, lo sapevo.»
«Lascia che ti spieghi» lo fermò Midnight. «Vedi il talismano? Si chiama Iride. E ha in sé una
doppia funzione, la prima è quella di contenere la nostra anima e la seconda è che può nascondere il
nostro vero aspetto. Sta a guardare» il maestro strinse il ciondolo che s’illuminò. Il suo volto sparì e
rimase solo il teschio, le braccia divennero ossa e di lui rimase solo lo scheletro avvolto dai vestiti.
«Noi siamo questo, scheletri. Non siamo umani.»
Tarma e David avevano stretto il loro medaglione mostrando la medesima cosa.
Marco non aveva parole. «Come è possibile?»
Il maestro strinse di nuovo il ciondolo e lo scheletro lasciò il posto alla sua pelle scura. «Non so
dirti esattamente da dove veniamo, ma a un certo punto della nostra vita sentiamo la Chiamata e il
nostro istinto ci porta dal Black Jack più vicino, com’è capitato a te. Da quel giorno qualunque
momento è buono per trasformarsi in un Guardiano, ma l’unica cosa che permette questo passaggio
è la tua morte.»
«Devo morire per diventare un Black Jack?» chiese preoccupato.
Annuirono tutti insieme.
«Volete dire che sto per morire?»
«Non esattamente» disse Tarma.
«Tu sì che sai rassicurarmi.»
Midnight continuò: «Non esiste un lasso di tempo entro cui morirai e non possiamo sapere come
succederà, io per esempio morii nel 1040 durante la guerra dei cinque villaggi contro il tiranno che
ci voleva togliere la libertà, e da quel momento sono così, mi è apparso l’Iride e sono diventato a
tutti gli effetti un Guardiano. Duncan, il primo di noi, mi ha spiegato tutto perché la Chiamata mi ha
portato da lui».
Marco cercò conferma nello sguardo dei due amici.
«Io sono morto nel 1914 nella guerra, ero un soldato inglese e venni fucilato dopo giorni di torture»
spiegò David.
Tarma si passò una mano tra i capelli. «A me successe nel 1998. E sono morto cadendo le scale.»
David scoppiò a ridere. «Fa ridere esattamente come la prima volta che me l’hai raccontata.»
Tarma alzò gli occhi e non disse nulla.
«Devo precisare una cosa» continuò Midnight. «Prima di diventare Black Jack c’è questa fase in cui
ti trovi te in questo momento che viene chiamata l’Attesa, perché ha un tempo indecifrabile. Mi
spiego meglio. Tarma è nato nel 1814 quindi al momento della sua dipartita aveva cento anni.
David invece ne aveva 416.»
«Cosa volete dirmi, che in questo momento sono immortale?» chiese Marco sorpreso.
«In un certo senso, diciamo che la tua vita potrebbe continuare fino allo Shomazzu, la fine del
mondo, ma può anche finire in ogni momento e quando succederà apparirà sul tuo collo l’Iride che
racchiuderà la tua anima e ti assicurerà il nostro aspetto.»
Marco non sapeva più cosa dire, era confuso. Da quando aveva sentito la Chiamata era diventato
tutto sempre più strano e non riusciva a capire se era un’illusione o era una realtà a lui sconosciuta.
Eppure gli elementi sembravano combaciare, il Guosen-tinsen per cancellare ogni loro traccia o
degli shofen, il digiuno e il fatto che non dormissero. Guardò il tè che aveva davanti notando che
ormai era freddo. «Per questo nel parcheggio mi avete portato sei brioche, voi non mangiate. Posso
rivederlo un’altra volta?» chiese al maestro.
8
Midnight glielo mostrò di nuovo. «È come se l’Iride imprimesse sul tuo scheletro l’ultima
immagine che avevi al momento della morte per lasciarti in quello stato per sempre. È utile per non
farsi scoprire. La gente impazzirebbe sapendo che degli scheletri se ne vanno in giro per il mondo.»
«È per questo che io e David andiamo sempre in giro con felpe munite di cappuccio perché se ci
dovessimo trasformare saremmo meno visibili» spiegò Tarma.
«Nella casa di Eric, in quel momento vi siete alzati il cappuccio e stavate usando il ciondolo, poi è
arrivata Aylina» disse Marco.
«Esatto» confermò David. «Mantenere questo aspetto umano consuma parte dell’energia dell’Iride
e allo stesso tempo inibisce la nostra forza, ci blocca.»
«Se ora noi “disattiviamo” l’Iride la nostra forza aumenta rendendoci dei combattenti ancora più
potenti» aggiunse Midnight.
«Questo spiega perché stavate per farlo quando eravamo circondati da tutti quegli shofen» disse
Marco.
I presenti gli lasciarono il tempo di riflettere.
«Ricordate la morte, o almeno la sua iconografia» disse Marco.
«Ma non ne abbiamo nulla a che fare» disse David.
Marco si chiuse di nuovo nel suo silenzio e Midnight vedendo che lo fissava decise di
sdrammatizzare.
Si toccò il cranio con le dita scheletriche. «Io avrei tanto voluto essere come Brooke di One Piece.»
«Volevi che i capelli afro ti restassero, vero?» chiese Marco.
«No, volevo essere un grande cantante» Midnight scoppiò a ridere e con lui anche gli altri. «A parte
le battute questo è ciò che siamo e ciò che sarai.»
Anche Tarma commentò. <<Io avevo proposto di cambiare il nome da Black Jack a Skeletonerd,
sai, perché siamo degli scheletri ma anche dei nerd infondo, ma a nessuno piaceva.>>
«Ovviamente anche noi possiamo morire se veniamo colpiti con armi come le Black Jack o le
spade della Dinastia Rossa» aggiunse David.
«Certo, anche i nomi sono inventati» disse Marco. «Tarma è uno dei protagonisti di Metal Slug che
a te piace tanto, David avrà a che fare con le moto Harley Davidson» lui confermò. «E Midnight
invece… non mi viene in mente nulla.»
«È solo un momento importante della mia vita che non dimenticherò mai» disse lui guardando la
glover. «Poi c’è Duncan che ha preso il nome da Duncan Macleod, l’highlander.»
«Anche Valdindin è uno scheletro?»
«È come noi, ma lui fa parte di un altro gruppo, dei Red Jack. Ti spiego subito tutta la storia.»
9
CAPITOLO QUATTRO
Midnight rimase in piedi. «C’è una casa a New Orleans, la chiamano il Sole Nascente, ed è stata la
rovina…»
«Aspetta un momento» lo interruppe subito Marco. «Questo è l’inizio di una canzone degli
Animals, The House of Rising Sun.»
David e Tarma scoppiarono a ridere non riuscendo più a trattenersi.
«Stavo scherzano» disse Midnight. «Dai, ora ti racconto la vera storia» si sedette e il tono divenne
serio. «Si dice che il primo di noi, Duncan, sia nato insieme alla scacchiera all’Inizio dei Tempi e si
vocifera che fosse nato già morto o che la sua vita fosse stata brevissima. Poco dopo si è unito a lui
Appa che lo aiutò a difendere la Terra dagli shofen. Ben presto ì due divennero grandi amici e si
facevano chiamare Black Jack e Red Jack.»
«Come mai questi nomi?» chiese Marco.
Midnight rispose: «Jack era l’appellativo che gli avevano dato i mortali perché credevano che il
loro lavoro di eliminare ombre fosse stato ordinato da Dio.»
«E il colore?»
«Quello dipende solo dal mantello. Duncan lo aveva nero quindi veniva chiamato Black Jack
mentre Appa lo aveva rosso, quindi Red Jack.»
«Tutto qui? Mi aspettavo qualcosa di più.»
«È così che nascono i nominativi, da un particolare» disse Tarma.
Midnight proseguì: «Nella prima Era non c’era bisogno di nascondersi perché sulla Terra
vivevano, oltre agli esseri umani, tutte quelle creature che ora si credono solo leggende, quindi
vedere degli scheletri combattere era normale come vedere demoni, minotauri o draghi per esempio.
Entrambi sconfiggevano gli shofen e durante la prima Era nacquero William, un altro Black Jack, e
Valhel, Pamien, Rotika e Alanem dei Red Jack. Re Emlo non aveva ancora riconquistato il suo
trono e quando il gruppo iniziò a conoscersi meglio incontrarono le tre Dee e ciò fu la loro rovina.
Loro uccisero con l’inganno William e Rotika, che erano i più giovani, e misero il resto dei
Guardiani uno contro l’altro e così nacquero ufficialmente i Black Jack e i Red Jack iniziando allo
stesso tempo la guerra dei Guardiani, con la conseguente morte di Pamien in uno scontro
successivo. Fu allora che Valhel cambiò il suo nome in Valdindin che nell’antica lingua significa
sterminatore di Black Jack. Sulla Terra nel frattempo, Emlo riconquistò il suo trono e presto
scoppiò la Prima Grande Guerra con la conseguente sconfitta di Necropilos e la divisione dei
mondi. Fu in quel periodo che io e Aylina ci lasciammo.»
«Voi due stavate insieme?» chiese Marco.
«È stato molto tempo fa» disse il maestro prendendo la mano della glover.
«Yuvi ci fece rimanere sulla Terra in segreto, nascondendo così la nostra esistenza agli altri mondi
e raccomandando Duncan di celarci anche alla vista degli uomini, che dopo la guerra riiniziavano a
muovere i primi passi come civiltà. Nella seconda Era nacquero David e Tarma e mentre si
svolgeva la Seconda Grande Guerra nel mondo dei demoni Valdindin trovò me, e ci fu una vera e
propria battaglia in cui Trogloyo, un Red Jack, morì sotto le mie lame. Da qual momento Valdindin
giurò sul suo onore che mi avrebbe ucciso e poi sterminato il resto dei Black Jack. Ora sei apparso
tu, Marco, e siamo giunti ai giorni nostri.»
«Quindi Valdindin si trova da solo contro sei Black Jack?» chiese Marco.
Midnight annuì. «Eppure da quanto mi avete detto il suo potere è maggiore ai nostri e le sue abilità
sono diventate troppo pericolose. Inoltre, ora che sa della tua esistenza può ricominciare la sua
missione e sconfiggerci.»
«C’è una cosa che non capisco in tutta questa storia» continuò Marco. «Come possiamo morire se
siamo già morti?»
Il maestro si alzò e avvicinandosi a un armadio in ebano nero prese uno scrigno di legno largo
quanto le sue spalle. Lo poggiò sul tavolo e lo aprì mostrando tre pietre di colore diverso. «Queste
10
che vedi sono le tre Pietre Divine che da ciò che narra la leggenda sono quelle usate per costruire la
scacchiera. Attrio per le pedine, una roccia dal colore grigio indistruttibile; Ennio dal colore
marrone, e Stantite beige con la quale furono fatte le caselle della scacchiera. È per merito
dell’Ennio che possiamo uccidere gli shofen.»
«L’ogiva del proiettile viene sfregata su questa pietra dandogli la capacità di sconfiggerli» aggiunse
David. «Così come avviene per le spade che vengono affilate su queste pietre.»
«Perché voi le chiamate spade della Dinastia Rossa?» continuò Marco.
«Prima di tutto perché gli dà un’aria prestigiosa e poi perché questo monastero è l’unico luogo al
mondo in cui è custodito l’Ennio ed è qui che in passato venivano costruite alcune delle spade che
ora sono nelle leggende, quelle con cui si uccidono i mostri. Dinastia Rossa era il nome della
famiglia che vive qui, un nome che Midnight si era fatto per dare prestigio a questo monastero nel
periodo in cui lo costruì.»
«Aggiungerei un’ultima cosa, ben presto inizierai anche tu a fare battute come noi, stupide, nei
momenti meno appropriati e che spesso non capisce nessuno a parte te.»
«Ha già iniziato» commentò David. «Quando scoprimmo il nome di Valdindin, Tarma si mise a
ridere per quanto gli sembrasse buffo e in seguito quando Aylina ci disse il suo significato,
sterminatore di Black Jack, tu stesso, Marco, hai detto queste parole: adesso non ti fa più tanto
ridere, vero?»
«Quindi stai già iniziando a diventare pazzo come noi.»
«E ben presto diverrai un malato di serie tv» aggiunse Tarma.
Dall’esterno della finestra si sentirono urla e schiamazzi e i presenti uscirono.
«Cosa succede?» chiese Marco.
I monaci uscivano dal salone sottostante e invadevano la piazza portando uno di loro sulle spalle
cantando e danzando.
«Maledizione» disse Midnight. «Franco ha vinto il torneo di stasera a Mario Kart. Quel farabutto ha
quasi raggiunto il mio record e il primato in classifica.»
«Giocate tutte le sere?»
Tarma era appoggiato alla ringhiera. «Per chi lo vuole due sere a settimana, altre due sere ci
dedichiamo alle serie tv e due per gli anime, mentre la domenica film.»
«Di giorno il lavoro e di sera il relax» disse Midnight.
Marco non riuscì a trattenersi. «Io amo questo posto.»
«Adesso andate tutti nelle vostre stanze, domani mattina inizieremo gli allenamenti, Marco, loro ti
hanno insegnato a sparare ma io ti insegnerò a combattere… e a non morire ovviamente, per poco
dimenticavo che tu sei ancora vivo.»
11
CAPITOLO CINQUE
David uscì sul balcone. «E così Aylina e il vecchio Midnight una volta stavano insieme» Tarma era
appoggiato alla ringhiera chiuso nei suoi pensieri. Guardava Aylina vicino alla fontana e poi
guardava Midnight che si allenava nella parte sud della piazza mentre i monaci svolgevano la loro
meditazione poco lontano.
«È questo che ti tormenta?» continuò David non ricevendo risposta. «Quando l’hai vista per la
prima volta ti è subito piaciuta… mi stai ascoltando?»
«Lo so a cosa stai pensando davvero» Tarma lo prese per le spalle fissandolo negli occhi. «Tu credi
che questa storia d’amore tra me e lei diventi come il triangolo amoroso tra Edward-Bella-Jacob in
Twilight ma io non lo permetterò mai. Nessun vampiro riuscirà a ispirare una sola parte della mia
vita!» continuò stringendo i pugni. Poi si voltò verso la piazza vedendo che la glover osservava gli
allenamenti dei monaci in tunica arancione. «Conquisterò Aylina prima che se ne accorga.»
«Non ha molto senso detto così» disse David. «Secondo me dovresti iniziare a toglierti quel
giubbotto in jeans con sopra la toppa degli AC/DC e altri gruppi.»
Iniziò a toglierselo. «Forse hai ragione.»
«Così va meglio.»
«Mi sento già più attraente e ho un aspetto più serio. Ora posso conquistarla.»
David lo vide allontanarsi. Sulla schiena della felpa aveva cucito un’altra toppa degli AC/DC. Si
sbatté una mano sulla fronte sorridendo. «Chissà cos’altro avrà in mente.»
David passò la giornata in garage riparando il furgone che Aylina aveva usato per entrare nella
casa di Eric. Nonostante il forte impatto il parabufali in acciaio aveva limitato i danni alla
carrozzeria e solo i due fanali davanti erano da sostituire. Rimanere chiuso nella sua officina lo
faceva stare bene. Da quando la Chiamata l’aveva portato da Midnight lui gli aveva insegnato tutto
e gli aveva concesso ogni libertà. Non essendo molto attratto dalla meditazione o dalla floricoltura,
si era subito buttato nella meccanica e da allora non l’aveva più lasciata. Quando era in vita faceva
il falegname e credeva che fosse quello il suo lavoro, perché era ciò che faceva suo padre e il nonno
prima di lui. Quando è deceduto ha capito che poteva essere tutto ciò che voleva e così aveva
provato altri lavori e trovato la sua occupazione, che divenne in seguito la sua vita.
Aveva fissato il nuovo parabufali lavorato con l’Ennio, perché sapeva che d’ora in avanti sarebbe
servita una protezione in più, vista la presenza di Valdindin e il suo potere di comandare molti
shofen. Quando finì si accorse che era già passata l’ora di cena e tornò alla costruzione. Vide le luci
accese e dentro c’erano tutti i monaci che guardavano Raising Hope. Tra loro c’era anche Aylina
che si divertiva con le battute. David stava per andarsene quando un monaco lo chiamò
bisbigliando.
Si sedette vicino a lui, quasi vicino alla glover. «Cosa c’è?»
«David, sono io.»
Lo guardò meglio nella penombra della stanza. L’abito arancione, i sandali ai piedi e una cuffia
sulla testa per simulare la calvizia. «Tarma, ma come ti sei conciato?»
«Le piacciono i monaci, allora diventerò come loro.»
«Potevi almeno metterti una cuffia rosa, sono tutti pelati e tu hai in testa una cuffia nera!» Poi
guardò meglio. «Ti sei cucito la toppa degli AC/DC anche sulla tunica?»
I giorni seguenti passarono in fretta. Aylina aveva iniziato a partecipare alle sessioni di
meditazione dei monaci e Tarma era lì vicino a lei ogni volta, Marco e Midnight continuavano gli
allenamenti e fecero pratica con le pistole, le spade e le altre armi. Ogni tanto David andava ad
assistere.
«Quello che non capisco è come sia possibile che rimaniamo in questo stato in eterno,
l’immortalità mi sembra un concetto impossibile» stava dicendo Marco.
12
Midnight gli mostrò il movimento delle braccia e delle gambe per sfruttare al meglio il lancio dei
coltelli e lui ripeté i gesti.
«La vera immortalità la possiede solo Eric» sussurrò Midnight quasi tra sé. Poi si rivolse al
giovane. «Tu conosci i fiori, vero? Ne esistono di moltissimi tipi, tra questi ci cono i fiori di
Hibiscus. Questi fiori incantevoli hanno una vita che arriva fino a un giorno. Se potesse parlare ti
direbbe che la tua vita giunta a ventuno anni è per lui impossibile e la chiamerebbe immortalità
perché contiene quasi ottomila giorni.»
«Vuoi dire che è tutto relativo.»
Il maestro gli spostò appena il piede e gli fece ripetere il movimento. «Voglio solo dire che gli
uomini hanno il vizio a volte di inventare ciò che non conoscono. Pensa all’universo, per quanto ne
sappiamo è immortale perché ipotizziamo della sua nascita e non sappiamo quando finirà. In sintesi
un fiore vive un giorno, un umano cento anni e la Terra per esempio milioni di anni. La natura
stessa ci mostra che la durata della vita è differente per ogni cosa nel cosmo quindi quella che gli
uomini chiamano immortalità è relativa. La stessa Aylina vive da milioni di anni, è immortale? No,
è solo la durata di vita della sua razza. C’è un proverbio che recita così: ciò che il bruco chiama fine
del mondo, il resto del mondo chiama farfalla. Questa la chiami immortalità o ciclo dell’esistenza?»
13
CAPITOLO SEI
Marco si svegliò all’improvviso. Sentiva qualcosa, una sensazione oscura ma reale, vicina. Si alzò
preoccupato e andò a chiamare Tarma ma la camera era vuota, anche quella di David lo era, corse
giù per le scale e li trovò in cortile.
«Lo senti anche tu?» gli disse Midnight quando lo vide arrivare.
«Stai iniziando a sviluppare la capacità di vedere gli shofen» aggiunse David.
«Guarda lassù, ce n’è proprio uno tra le rocce» indicò tra la parete. Era fermo e immobile.
«Cosa sta facendo?» chiese Marco vedendo i suoi occhi bianchi.
Era seduto come se stesse guardando tutti loro, come se li stesse osservando senza fare nulla.
«Io non capisco.»
«Quello è un livello due» spiegò Tarma. «E sta solo aspettando.»
«Ma cosa?»
«L’arrivo di tutti gli altri shofen.»
Il giorno successivo gli shofen erano diventati tre e quello seguente sette. Midnight era sempre
stato chiaro con i suoi monaci e gli aveva spiegato tutto, quindi fu facile calmarli e spiegargli cosa
stava succedendo. Quando le ombre furono ormai una decina, fece una riunione nella piazza
assicurando che il monastero era protetto ventiquattro ore su ventiquattro da uno Guosen-tinsen a
bassa frequenza, impercettibile agli umani e che non recava alcun danno. Lo aveva fatto installare
da William giusto qualche settimana prima, durante la sua ultima visita. Si era avvicinato alla
fontana e con un gesto aveva disattivato il Guosen-tinsen e poi l’aveva riattivato mostrando il lampo
di luce che si fermava a mezz’aria e descriveva una cupola intorno alle costruzioni. «Gli shofen non
possono entrare finché questo sarà attivo» aveva anche mostrato il suo orologio, dicendo che poteva
azionare o disattivare i dispositivi anche a distanza. Fece la dimostrazione e ben presto i monaci
tornarono alle loro attività. Ma quando rimase solo con i Guardiani le domande si moltiplicarono.
Perché si stavano riunendo tutti qui? Cosa aspettavano? Faceva tutto parte di un piano di
Valdindin?
Dodici giorni dopo tutto il versante che circondava il monastero era ricoperto dagli shofen.
Rimanevano lì immobili senza fare nulla a osservare con i loro occhi bianchi, come se fossero
bestie in un’arena.
Presto le domande lasciarono il posto a un unico quesito: il Guosen-tinsen li stava proteggendo o li
stava intrappolando?
14
CAPITOLO SETTE
«Svegliati Marco, stanno attaccando il castello.»
Marco si alzò in fretta e si vestì in un attimo. Si mise la felpa che Midnight gli aveva regalato alla
fine dell’addestramento dicendo che oramai era pronto. Si precipitò giù per le scale. Era prima
mattina. Si sarebbe aspettato un attacco notturno, invece il cielo era azzurro e sebbene il sole non
era visibile da lì, dovevano essere le sei.
«Vieni qui» disse Midnight. «Prendi le armi e preparati.»
Marco andò in posizione e guardò i compagni. Lui e i monaci erano intorno alla fontana e ai loro
piedi c’erano pistole, caricatori proiettili e alcune spade. Aylina, Midnight, David e Tarma erano sui
quattro lati del monastero, dove finiva la siepe alta un metro e mezzo. Era in quel punto che finiva
l’effetto del Guosen-tinsen. Gli shofen erano lì a tentare di andare avanti ma erano fermati dalla
barriera. Tutto lo spazio tra la siepe e le mura era pieno di ombre. E all’esterno era ancora peggio,
non si distingueva nemmeno una roccia per quanto i mostri fossero numerosi. I tre Guardiani
impugnavano le pistole e i caricatori erano già pronti nei giubbini, indossavano tutti la felpa nera
con il cappuccio e in quella di Tarma risaltava la toppa degli AC/DC. Aylina invece impugnava
solo la sua spada, non amava quei giocattolini e così era molto più veloce.
«Qual è il piano?» chiese Marco.
Midnight si voltò con cautela pronto a ogni evenienza. «Stanno per arrivare due shofen di livello
cinque, che serviranno ad abbattere la barriera, a quel punto inizieremo a sparare e continueremo
con le spade, dobbiamo evitare che si avvicinino ai monaci ma soprattutto a te.»
«Ora li sento anche io» confermò Marco. Prese le due automatiche che gli diedero i monaci
vedendo che c’erano anche archi, maceti, fionde e balestre.
«Siamo cinque combattenti e una manciata di monaci contro quasi ottomila shofen di livello due»
disse Marco.
«Vedo che hai perfezionato il tuo potere» fece Tarma.
«Eccoli!» Midnight indicò due ombre che volteggiarono nell’aria sui picchi. Tra loro c’era
Valdindin.
«Sono qui solo per parlare con voi» urlò Valdindin con il megafono.
«Se volevi solo parlare potevi chiamare, sarebbe stato più intimo, non credi?» gli rispose Tarma.
Il Red Jack lo ignorò. «Consegnatemi il ragazzo e ce ne andremo lasciandovi in pace.»
Tarma continuò: «Ho le chiamate gratis o se vuoi ci sentiamo con WhatsApp».
Valdindin fece un gesto e i due shofen alati sfrecciarono contro la barriera, distruggendola.
L’ondata di ombre si spostò verso il centro mentre i monaci e Marco spararono dardi e proiettili
contro i due volatili. Il primo sparì subito in un imbuto di luce e il secondo si avvicinò a pochi metri
da loro quando venne sconfitto.
«Ottimo lavoro» David scaricava i suoi colpi sulle ombre che gli giungevano davanti. Il suo era il
compito più arduo perché era di fronte all’ingresso principale in legno da dove si accalcavano gli
shofen all’esterno delle mura che non riuscivano ad apparirne all’interno.
Marco cambiò i caricatori. Sia lui che i monaci miravano sulle rocce e sui versanti per eliminare
anche quelli più lontani. «C’è una cosa che non capisco, perché le ombre non appaiono anche qui
nella piazza ma solo intorno a noi?»
Midnight indietreggiò di qualche passo. «Caricatori.»
I monaci si avvicinarono a lui e mentre due sparavano in avanti gli altri riempivano di rifornimenti
il Guardiano. «Le pietre di questa piazza sono formate in parte con l’Ennio. Ho costruito questo
castello nel miglior modo possibile e ne ho anche messo una cassa nel vostro furgone» sorrise e
quando fu pronto ricominciò a sparare e i monaci tornarono al loro posto preparandosi per il cambio
successivo.
«Caricatori» questa volta fu Tarma a urlare e il rifornimento fu altrettanto veloce. «Come sta
andando Marco? Questo sì che è un ottimo modo per iniziare a lottare contro gli shofen, finalmente
15
si fa sul serio. Io odio quei duelli in cui si lotta, ci si ferma a parlare e poi si lotta di nuovo, è una
noia, così è molto meglio» tornò nella sua posizione.
Poco dopo anche David fece il cambio. Aylina era l’unica che se la cavava da sola. Le spada era
velocissima e lei si muoveva con una tranquillità rassicurante. Uno dopo l’altro le ombre venivano
annientate e più ne arrivavano e più lei diventava forte e abile, come se fosse una cosa naturale. A
un certo punto era così in vantaggio che si addentrò fra loro spingendoli più indietro, non facevano
nemmeno in tempo ad avanzare che lei li aveva già uccisi.
Gli shofen di livello due non erano molto abili ma era il loro numero a dargli la forza di avanzare
piano piano verso il centro.
Su uno dei picchi Valdindin osservava in silenzio lo svolgersi della battaglia. Il suo obiettivo era
quel giovane, ora che aveva anche appreso il potere di vedere gli shofen era pronto per morire e
diventare a tutti gli effetti un Black Jack. Era questo il suo scopo e fino ad allora lui non poteva
sfruttare il potere dei loro Iride. Ogni tanto faceva apparire dei livello cinque e li lanciava come i
precedenti, come se per lui fosse solo uno svago, una battaglia da vedere e che poteva ravvivare
quando voleva.
«Qui mi serve una mano» urlò David.
Dal portone principale iniziarono a entrare dei livello tre. Essendo molto più veloci e abili degli
altri, potevano saltare come cavallette e colpirli richiedeva qualche attimo in più che facilitava
l’avanzata degli altri.
Tarma si portò al suo fianco, Midnight prese il suo posto e i monaci occuparono il lato dove si
trovava prima il loro maestro, che essendo quello più a nord era anche occupato solo da livello due.
«Caricatori!» urlarono Tarma e David insieme.
Il cambio per entrambi fu velocissimo e ripresero subito le loro postazioni. Midnight aveva
addestrato i suoi allievi nel migliore dei modi. Sapevano esattamente cosa fare e lo facevano con
una velocità impressionante. Più la battaglia andava avanti e più sembrava che Midnight conoscesse
cosa doveva fare o almeno che avesse previsto come muoversi in caso di attacco.
«Molto bene, mi state davvero facendo divertire» urlò Valdindin con il megafono. «Ma il livello
due è facile da sconfiggere, vediamo come ve la cavate con i livello quattro e questi cari livello
cinque» alle sue spalle c’erano una decina di shofen alati e sparsi tra la folla apparvero i nuovi
arrivati, più grossi, più forti e più difficile da sconfiggere. I volatili planarono sul gruppo e ci
rotearono sopra senza attaccare, in attesa dell’ordine del loro padrone.
«Guardiani, trasformazione!» urlò Midnight.
16
CAPITOLO OTTO
«Dovremmo inventare una frase tutta nostra quando ci trasformiamo» disse Tarma.
«Sì, qualcosa come potere del cristallo d’argento? Come Sailor Moon? Ma smettila e continua a
lottare» lo rimproverò Midnight.
Bastò stringere il medaglione e divennero subito degli scheletri. La battaglia cambiò all’istante.
Per quanto quella folla di ombre fosse minacciosa, vedere degli scheletri incappucciati che
sparavano era ancora più spaventoso. In questo stato potevano muoversi più velocemente e la loro
capacità di percepire gli shofen era impressionante. Non c’era nemmeno il tempo di prendere la
mira che il colpo era già a destinazione. Se prima i monaci rifornivano dopo alcuni minuti ora
dovevano farlo quasi incessantemente. E ci volle poco per eliminare tutti i livello due e i livello tre
all’interno delle mura. A un certo punto Tarma mise le pistole nelle fondine e impugnando la spada
si fece strada tra le ombre dirigendosi verso il portone. Liberò anche lo spazio dei parcheggi e tra le
rocce circostanti.
Nell’intera costruzione non c’erano più shofen e i Guardiani tornarono nelle loro postazioni
iniziali. Vedere i tre scheletri che impugnavano la spada e la volteggiavano nell’aria era spaventoso.
«Si sono ritirati?» chiese Marco osservando la calma.
Tarma si voltò verso di loro. «C’è solo una cosa da dire in questi casi: MISSION COMPLETE» fece il
gesto della pace.
«Smettila di scherzare, tutto questo non mi piace affatto» lo riprese Midnight.
Era tutto deserto, perfino sulle rocce esterne non era rimasta nessuna ombra.
«Dove è finito Valdindin?» chiese Aylina.
«Sono qui» disse lui, era al fianco di Marco e gli puntava una pistola alla testa.
«Maledetto. Era tutto un diversivo per distrarci» tuonò Midnight avvicinandosi con la spada tesa.
«Lascialo subito andare» Tarma e David erano intorno a lui con le pistole puntate.
«Questa non è una delle vostre pistole» spiegò il Red Jack. «A me basta un solo colpo per ucciderlo
mentre voi dovete colpirmi diverse volte con quelle per farmi sentire qualcosa.»
I due Guardiani riposero le armi e prepararono le spade.
«Aylina è tutto inutile, la tua magia non funziona sulla Terra degli uomini» Valdindin scosse la
testa divertito. «Puoi provarci quanto vuoi ma non riuscirai a fare nulla con la magia, sai bene che è
stata “disattivata”, per il momento.»
«Non puoi scappare, siamo quattro contro uno» ringhiò lei.
«È vero, ma qui dentro sono l’unico che vuole la morte di questo giovane.»
«Anche se lo uccidi non avrai il tempo di scappare, ti finiremmo in un attimo» gli disse Tarma.
«È per questo che ho ancora degli amichetti qui con me» fece un gesto e cento shofen volanti
circondarono la costruzione. «Cosa ne dite? Ce ne è uno per ogni monaco e ne avanzano ancora per
voi. Salverete quei poveri umani o lascerete che porti il giovane con me? Vi ricordo che se un
livello cinque divora l’anima di un uomo vivo aumenta di livello e Duncan dovrebbe avervi
insegnato cosa c’è oltre il livello sei.»
«Cosa stai dicendo? Non esiste un livello sette» fece Tarma.
«Midnight, non lo sanno? Dovreste essere un gruppo e condividere tutte le informazioni, altrimenti
così è troppo facile per me» lo canzonò Valdindin.
Il maestro non rispose stringendo i denti per la rabbia.
«Non sono certo qui per spiegarvi le cose. Non sapete cos’è un livello sette perché, solo sapere che
esiste è di per sé pericoloso» il Red Jack scoppiò in una fragorosa risata. «Buon divertimento.»
Gli shofen alati si fiondarono sui monaci ma le frecce e i proiettili servirono a ben poco, solo le
spade potevano ferirli.
Le ombre erano così veloci che i monaci vennero afferrati e dilaniati. I Guardiani usando le loro
capacità potevano saltare e colpirli in aria, ma erano troppi e i livello cinque si cibarono
trasformandosi in cani infernali che diventando ancora più forti erano la minaccia maggiore.
17
«Il livello sei. Fermate il livello sei a tutti i costi» urlò Midnight.
Difendere i monaci spaventati divenne impossibile e concentrarsi a sconfiggere i cani lasciava
spazio ai volatili di cibarsi e trasformarsi a loro volta. Ci vollero solo pochi minuti prima che i
monaci morissero tutti e i cani ombra si lanciassero contro i Guardiani.
Il maestro si era avvicinato ad Aylina e a David e gli aveva sussurrato qualcosa prima di
riprendere la lotta.
Le ombre grainirono tutta la loro rabbia e la battaglia non concedeva un attimo di sosta.
«Dov’è finito Midnight?» Tarma uccise due cani e si difese da un altro alle spalle.
«Non lo vedo» fece David, che ora impugnava due spade e lottava con sei ombre.
Tra la confusione Valdidndin era uscito dal monastero e giunto sul picco era pronto ad andarsene
ma Midnight lo fermò. «Tu non vai da nessuna parte.»
«Mi serve il ragazzo, sai bene quanto sia importante e a cosa serva.»
«Lascialo andare e io ti dirò dove puoi trovare il Mao-sho-ido» il maestro vide che il suo sguardo
divenne prudente ma interessato e sperava di convincerlo. Marco era troppo prezioso per finire nelle
sue mani.
«Solo se mi dici l’esatta posizione dell’Hangar 6.»
Nel castello le ombre erano state distrutte e i due Guardiani e la glover saltarono oltre le mura e
raggiunsero il picco da dove era scappato Valdindin e trovarono Marco a terra con la nuca
sanguinante.
«Qui non c’è nessuno, è scappato» David aveva esaminato nelle vicinanze.
«Come sta?» chiese Aylina preoccupata.
«Gli ha dato una botta in testa» rispose Tarma.
«Prova a buttargli questa addosso, è acqua e poi fagli bere un sorso.»
Lui annuì e il giovane si riprese a fatica.
«Cos’è successo? Dove sono andati?» chiese Tarma.
Si alzò. «Midnight si è fatto catturare al mio posto.»
«È impazzito?» protestò Tarma.
«Mi ha scambiato con due cose» continuò Marco. «Il Mao-sho-ido.»
«Cosa sarebbe?» chiesero David e Tarma all’unisono.
Marco allargò le braccia. «Non lo so.»
Aylina spalancò gli occhi per lo stupore, non si fece vedere dagli altri e cambiò subito argomento.
«Cos’altro?»
Marco proseguì. «L’esatta posizione dell’Hangar 6.»
Tarma e David si scambiarono un lungo sguardo, poi Tarma afferrò il giovane per la maglia. «Sei
davvero sicuro che abbia detto Hangar 6?»
«Certo» Marco si liberò dalla presa. «Cosa sarebbe?»
Tarma strinse i pugni. «Dobbiamo partire subito!»
«Non mi hai risposto.»
«È il luogo in cui sono custoditi tutti i segreti dei Black Jack.»
LEGGI ANCHE LA SAGA PRINCIPALE
WARCHESS 1- LA MOSSA DEL DRAGO
WARCHESS 2- GUERRIERI ETERNI
E VISITA IL NOSTRO SITO WWW.WARCHESS.IT
18