Un`economia per l`1%

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Un`economia per l`1%
210 OXFAM BRIEFING PAPER
SINTESI DEL RAPPORTO
18 GENNAIO 2016
Tondo slum a Manila, Filippine, 2014. Foto: Dewald Brand, Miran per Oxfam
UN’ECONOMIA PER L’1%
Come privilegi e potere in campo economico generano estrema
disuguaglianza, e come è possibile spezzare questa spirale.
La crisi della disuguaglianza globale sta raggiungendo valori estremi
mai toccati prima. L’1% più ricco della popolazione mondiale
possiede più risorse del resto del mondo.
Potere e privilegi sono strumenti usati per condizionare il sistema
economico e allargare il divario tra chi è ricco e chi non lo è.
Una rete globale di paradisi fiscali consente inoltre ai più ricchi di
occultare 7.600 miliardi di dollari. Non si può vincere la sfida contro
l’ingiustizia della povertà finché non si pone rimedio alla crisi della
disuguaglianza.
www.oxfam.org
SINTESI DEL RAPPORTO
UN’ECONOMIA PER L’1%
Il divario tra ricchi e poveri sta raggiungendo valori estremi mai toccati
prima d’ora. Credit Suisse ha recentemente reso noto che l’1% più ricco
della popolazione mondiale possiede attualmente più ricchezza del resto
del mondo1, e ciò è accaduto con un anno di anticipo rispetto alle
previsioni di Oxfam pubblicate e ampiamente riprese dai media alla vigilia
del Forum Economico Mondiale dell’anno scorso. Al tempo stesso la
ricchezza posseduta della metà più povera della popolazione mondiale si
è ridotta di 1.000 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni, a ulteriore
riprova del fatto che viviamo in un mondo afflitto da livelli di
disuguaglianza mai visti da oltre un secolo.
“Un’economia per l’1%’” analizza come e perché ciò sia stato possibile e
presenta nuovi dati scioccanti che dimostrano come la crisi della
disuguaglianza sia ormai fuori controllo.
Oxfam ha calcolato che:
• Nel 2015 appena 62 persone possedevano la stessa ricchezza di 3,6
miliardi di persone, ossia la metà più povera della popolazione
mondiale. Solo nel 2010 erano 388.
• La ricchezza delle 62 persone più ricche è aumentata del 44% dal 2010
ad oggi, con un incremento pari a oltre 500 miliardi di dollari ($ 542),
arrivando a 1.760 miliardi di dollari.
• Nello stesso periodo la ricchezza della metà più povera della
popolazione mondiale si è ridotta di poco più di 1.000 miliardi di dollari,
–una contrazione del 41%.
• Dall’inizio del secolo ad oggi la metà più povera della popolazione
mondiale ha ricevuto soltanto l’1% dell’incremento totale della
ricchezza globale, mentre il 50% di tale incremento è andato all’1% più
ricco.
• Il reddito medio annuo del 10% più povero della popolazione mondiale
è cresciuto di meno di 3 dollari all’anno nell’arco di quasi un quarto di
secolo, ovvero meno di un centesimo al giorno.
La crescente disuguaglianza economica nuoce a tutti in quanto pregiudica
la crescita e la coesione sociale; per i più poveri del mondo, tuttavia, le
conseguenze sono ancora più gravi.
I fautori dello status quo sostengono che l’allarme disuguaglianza è
alimentato dalla “politica dell’invidia” e citano spesso la riduzione del
numero di persone in estrema povertà quale prova del fatto che la
disuguaglianza non è un problema prioritario. Così facendo, però, gettano
fumo negli occhi. Oxfam, la cui mission è proprio incentrata sulla lotta alla
povertà, riconosce in modo inequivocabile gli enormi progressi che dal
1990 al 2010 hanno contribuito a dimezzare il numero di persone al di
sotto della soglia di estrema povertà. Tuttavia, se nello stesso periodo non
2
62 PERSONE
Possedevano nel 2015 la
stessa ricchezza dei 3,6 miliardi di persone più povere del
mondo.
542 miliardi di $
L’incremento di ricchezza, dal
2010 ad oggi, dei 62 individui
più ricchi.
1.000 miliardi di $
In meno nelle mani dei 3,6 miliardi di persone più povere del
mondo dal 2010 ad oggi.
1%
Dal 2000 ad oggi la metà più
povera della popolazione mondiale ha ricevuto soltanto l’1%
dell’incremento della ricchezza
globale.
50%
Quota di incremento della ricchezza globale dal 2000 ad
oggi ricevuta dall’1% più ricco.
3$
Aumento annuale del reddito
medio del 10% più povero
della popolazione mondiale.
fosse peggiorata la disuguaglianza all’interno dei Paesi, altri 200 milioni di
persone si sarebbero affrancati dalla povertà; e tale cifra sarebbe potuta
salire a 700 milioni se i poveri avessero beneficiato della crescita
economica più dei ricchi.
Grafico: Incremento del reddito globale nel periodo 1988–2011 distribuito
fra i decili della popolazione mondiale: il 46% dell’incremento totale è
andato al 10% più ricco2
7.000
miliardi di $ (2005 PPP)
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Decili della popolazione mondiale per reddito percepito
Incremento del reddito 1988-2011 in mld di $
Top 1%
7.600 miliardi di dollari
di ricchezza individuale
(più dei PIL di Regno
Unito e Germania messi
insieme) sono
attualmente custoditi
offshore.
È innegabile che i maggiori vincitori nel contesto dell’economia globale
sono le persone più ricche: il nostro sistema economico è infatti
fortemente sbilanciato a loro favore e lo sarà sempre più. Invece di
diffondersi gradualmente verso il basso, reddito e ricchezza sono
risucchiati verso il vertice della piramide ad una velocità allarmante. Un
complesso sistema di paradisi fiscali e un’industria di gestione
patrimoniale in ascesa permettono a queste risorse di rimanere
intrappolate in alto, fuori della portata della gente comune e senza
ricaduta alcuna per le casse pubbliche degli Stati. Secondo una recente
stima3, 7.600 miliardi di dollari di ricchezza individuale (più dei PIL di
Regno Unito e Germania messi insieme) sono attualmente custoditi
offshore.
3
Grafico: La ricchezza delle 62 persone più ricche continua ad aumentare
mentre quella della metà più povera della popolazione mondiale è in
stagnazione4
3000
Ricchezza globale in mld di $
(Current FX, Money of the Day)
2500
2000
1500
Ricchezza del 50% più povero
(mld $)
Ricchezza delle 62 persone più
ricche (fonte Forbes, mld $)
1000
500
0
La crescente disuguaglianza economica inasprisce anche le altre forme di
disuguaglianza. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha recentemente
rilevato che nei Paesi con un alto livello di disuguaglianza economica
esiste tendenzialmente anche un maggiore divario tra uomini e donne in
termini di condizioni di salute, livelli di istruzione, partecipazione al
mercato del lavoro e rappresentanza nelle istituzioni (per esempio a livello
parlamentare)5. Anche il divario retributivo di genere è più ampio nelle
società connotate da maggiore disuguaglianza È interessante notare che
53 delle 62 persone più ricche del mondo sono uomini.
Oxfam ha inoltre recentemente dimostrato che mentre le popolazioni più
povere vivono nelle aree del mondo maggiormente esposte agli effetti del
cambiamento climatico la metà più povera della popolazione mondiale è
responsabile di appena il 10% delle emissioni globali6. In media,
l’impronta di carbonio dell’1% più ricco risulta essere 175 volte superiore a
quella del 10% più povero.
Invece di creare un’economia che operi per la prosperità di tutti, delle
generazioni future e del pianeta, abbiamo creato un’economia a tutto
vantaggio dell’1%. Come è potuto accadere, e perché?
Uno dei fattori chiave che favorisce quest’enorme concentrazione di
ricchezza e reddito è il crescente divario tra la remunerazione del capitale
e i redditi da lavoro. In quasi tutti i Paesi ricchi, e nella maggior parte di
quelli in via di sviluppo, si è ridotta la quota di reddito nazionale attribuita
ai lavoratori, il che significa che questi ultimi beneficiano di una parte
sempre meno consistente dei proventi della crescita. I possessori del
capitale, al contrario, hanno beneficiato di un aumento dei propri guadagni
(riscossione di interessi, dividendi, profitti accumulati) ad un tasso di
crescita più veloce di quello dell’economia. Il ricorso a pratiche diffuse di
abuso fiscale da parte dei detentori del capitale e la riduzione delle
imposte sulle rendite da capitale hanno ulteriormente contribuito a tali
4
guadagni. Come notoriamente dichiarato da Warren Buffett, egli paga
meno tasse di chiunque altro nel suo ufficio, compresi il personale delle
pulizie e la sua segretaria.
Anche nel mondo del lavoro il divario tra lavoratore medio e dirigenti è
rapidamente aumentato. Mentre la retribuzione di molti lavoratori è in
stagnazione, quella dei top manager è aumentata enormemente.
L’esperienza di Oxfam ci insegna che le lavoratrici di tutto il mondo, dal
Myanmar al Marocco, riescono a malapena a sopravvivere percependo
salari di sussistenza. Le donne costituiscono la maggioranza dei lavoratori
sottopagati e la presenza femminile si concentra nei lavori precari. Al
tempo stesso, però, le retribuzioni degli amministratori delegati (AD) sono
salite alle stelle. Ad esempio, nelle principali aziende statunitensi tali
retribuzioni sono più che raddoppiate (+54,3%) dal 2009 ad oggi, mentre i
salari dei lavoratori sono rimasti pressoché invariati. L’AD della più
importante ditta indiana nel settore informatico guadagna 416 volte di più
rispetto ad un suo impiegato medio. Solo 24 donne rivestono la carica di
AD nelle aziende della lista Fortune 500.
In tutti i settori dell’economia globale, aziende e singoli individui usano
spesso il proprio potere e la propria posizione per assicurarsi un guadagno
economico. I cambiamenti economici e politici degli ultimi 30 anni (tra cui la
deregolamentazione, le privatizzazioni, il segreto bancario e la
globalizzazione, specialmente quella del settore finanziario) hanno
iperalimentato la secolare abilità dei ricchi e dei potenti nello sfruttare la
propria posizione per arricchirsi sempre più. Tale agenda politica è stata
guidata essenzialmente da ciò che George Soros ha definito
“fondamentalismo del mercato”, e che sta alla base di larga parte della crisi
della disuguaglianza a cui oggi assistiamo. Ne consegue che molto spesso
i guadagni di cui pochi beneficiano non sono rappresentativi di un efficiente
ed equo sistema di remunerazione.
Un esempio eloquente di sistema economico adulterato per servire gli
interessi dei potenti è rappresentato dalla rete globale dei paradisi fiscali
associata all’industria dell’elusione fiscale, che ha prosperato negli ultimi
decenni. Tale sistema ha ricevuto una vera e propria legittimazione
intellettuale da una visione del mondo improntata al fondamentalismo del
mercato, secondo la quale bassi livelli di imposizione fiscale a carico dei
ricchi e delle imprese sono necessari per stimolare la crescita economica
e sono quindi vantaggiosi per tutti noi. Quest’idea è sostenuta da
un’ingegnosa schiera di professionisti ben retribuiti operanti nel settore
bancario privato, in quello delle compagnie di consulenza legale e di
revisione dei bilanci d’impresa e nel settore dei servizi di investimento.
Sono proprio le persone e le compagnie più ricche, cioè quelle che
dovrebbero fornire il maggiore gettito fiscale, a potersi permettere il ricorso
a questi servizi e a questa architettura globale per evitare di pagare
quanto dovuto. Indirettamente, questo sistema induce anche i governi dei
Paesi fuori dalla rete dei paradisi fiscali a ridurre le tasse sui redditi
d’impresa e sui redditi degli individui più ricchi, in un’inesorabile “corsa al
ribasso”.
5
A causa degli ammanchi dovuti a pratiche diffuse di abuso fiscale, i
governi si ritrovano con l’acqua alla gola: da qui la necessità di tagliare
servizi pubblici essenziali e il sempre più frequente ricorso alle imposte
indirette, come l’IVA, che gravano in misura sproporzionata sui soggetti
meno abbienti. L’elusione fiscale è un problema in rapido peggioramento.
•
Oxfam ha analizzato 200 imprese, tra cui le più grandi del mondo e
i partner strategici del Forum Economico Mondiale, scoprendo che
9 su 10 sono presenti in almeno uno dei paradisi fiscali.
•
Nel 2014 gli investimenti societari in tali paradisi fiscali sono stati
quasi il quadruplo rispetto al 2001.
I meccanismi di elusione fiscale utilizzati a livello globale sottraggono
energia vitale al sistema dello stato sociale nei Paesi industrializzati e
privano i Paesi poveri delle risorse necessarie a combattere la povertà,
mandare i bambini a scuola e impedire che i propri cittadini muoiano per
malattie facilmente curabili.
Quasi un terzo (30%) del patrimonio degli africani ricchi, per un
ammontare complessivo di 500 miliardi di dollari, è custodito offshore nei
paradisi fiscali. Si stima che ciò costi ai Paesi africani 14 miliardi di dollari
all’anno sotto forma di mancato gettito fiscale, una cifra sufficiente a
coprire la spesa sanitaria che salverebbe la vita di 4 milioni di bambini e
ad assumere abbastanza insegnanti da mandare a scuola tutti i bambini
del continente.
L’elusione fiscale è stata giustamente definita dall’International Bar
Association (la più grande organizzazione mondiale di professionisti del
settore legale, di associazioni forensi e di avvocatura) una “violazione dei
diritti umani”7, e dal Presidente della Banca Mondiale come “una forma di
corruzione che nuoce ai poveri”. Non si potrà mai sanare la crisi della
disuguaglianza finché i leader mondiali non metteranno fine una volta per
tutte all’era dei paradisi fiscali.
Le società operanti nel settore delle industrie estrattive usano il proprio
potere in molti modi diversi per mantenere un ruolo dominante; tali
manovre hanno un costo enorme per l’economia e garantiscono loro
profitti di gran lunga superiori al valore aggiunto che apportano alla vita
economica delle comunità in cui operano. Queste società svolgono attività
di lobbying per assicurarsi sussidi governativi e agevolazioni fiscali al fine
di impedire l’affermarsi delle alternative “verdi”. In Brasile e Messico le
popolazioni indigene subiscono enormi danni dalla devastazione delle loro
terre allorché le foreste vengono abbattute per fare spazio alle attività
estrattive o all’agricoltura intensiva su larga scala. In caso di
privatizzazione, dall’oggi al domani si generano fortune spropositate
concentrate nelle mani di pochi individui, come è accaduto per esempio in
Russia dopo la caduta del comunismo.
Il settore finanziario è quello che ha registrato la crescita più rapida negli
ultimi decenni. Nel mondo, un miliardario su cinque deve la sua fortuna
proprio ad attività in ambito finanziario. E’ in questo settore che si registra
il divario più ampio tra salari e compensi e l’effettivo valore aggiunto per
l’economia. Un recente studio dell’OCSE8 ha rivelato che i Paesi con un
6
Quasi un terzo (30%)
del patrimonio degli
africani ricchi, per un
ammontare
complessivo di 500
miliardi di dollari, è
custodito offshore nei
paradisi fiscali. Si stima
che ciò costi ai Paesi
africani 14 miliardi di
dollari all’anno sotto
forma di mancato gettito
fiscale, una cifra
sufficiente a coprire la
spesa sanitaria che
salverebbe la vita di 4
milioni di bambini e ad
assumere abbastanza
insegnanti da mandare
a scuola tutti i bambini
del continente.
settore finanziario sovradimensionato sono maggiormente affetti da
instabilità economica e disuguaglianza. Quel che è certo è che la crisi del
debito pubblico provocata dalla crisi finanziaria, dai salvataggi delle
banche e dalle conseguenti politiche di austerità ha colpito più duramente
i soggetti meno abbienti. Il settore bancario resta al centro del sistema dei
paradisi fiscali: la maggior parte delle ricchezze custodite offshore è
gestita da appena 50 grandi banche.
Nel settore dell’abbigliamento le imprese approfittano della propria
posizione dominante per continuare a imporre salari miseri. Tra il 2001 e il
2011 si è verificata una riduzione in termini reali delle retribuzioni
percepite dai lavoratori dell’industria dell’abbigliamento in quasi tutti i 15
Paesi maggiori esportatori al mondo in questo settore. La possibilità di
pagare salari più bassi alle donne è stata citata come uno dei fattori
chiave di maggiore redditività. Nell’aprile del 2013 l’insostenibile
situazione dei lavoratori nelle fabbriche di vestiario in Bangladesh ha
attirato l’attenzione del mondo intero allorché 1.134 di essi sono morti nel
crollo di una fabbrica all’interno del Rana Plaza. Tante vite vanno perdute
perché le imprese tentano di massimizzare i profitti trascurando le
necessarie misure di sicurezza. Nonostante tutta l’attenzione e la retorica
che questa vicenda ha suscitato, le attività di questo settore sono ancora
dominate dagli interessi finanziari a breve termine degli acquirenti, mentre
si continuano a rilevare inadeguate normative e misure antincendio e di
sicurezza.
La disuguaglianza è ulteriormente aggravata dal fatto che alcune imprese
possono abusare di posizioni di monopolio e dei diritti di proprietà
intellettuale per influenzare e distorcere il mercato a proprio favore,
escludendo da esso i propri concorrenti e facendo lievitare i prezzi pagati
dalla gente comune. Nel 2014 le società farmaceutiche hanno speso più
di 228 milioni di dollari per attività di lobbying a Washington. Quando la
Thailandia decise di introdurre una licenza obbligatoria per una serie di
medicinali essenziali, sulla base di clausole che consentono ai governi la
possibilità di produrre localmente le medicine ad un prezzo di gran lunga
inferiore e senza il permesso del titolare del brevetto internazionale, le
industrie farmaceutiche fecero pressione sul governo degli Stati Uniti
riuscendo a far inserire la Thailandia in una lista di Paesi assoggettabili a
sanzioni commerciali.
Questi sono tutti esempi di come e perché il nostro attuale sistema
economico, un’economia per l’1%, non funzioni né per la maggior parte
delle persone né per il pianeta. Non vi è alcun dubbio che stiamo oggi
vivendo una crisi della disuguaglianza: il FMI, l’OCSE, il Papa e molti altri
concordano su questo punto. Adesso però è giunto il momento di fare
qualcosa per cambiare la situazione. La disuguaglianza non è inevitabile.
L’attuale sistema non si è creato per caso: è il risultato di scelte politiche
deliberate, del fatto che i nostri leader assecondano l’1% e i suoi
sostenitori anziché agire nell’interesse dell’intera collettività. È giunto il
momento di dire basta a questo modello economico malfunzionante.
Nel mondo la ricchezza non scarseggia; non ha alcun senso dal punto di
vista economico, e tanto meno da quello morale, che così pochi individui
possiedano così tanto. Per Oxfam l’umanità ha tutte le potenzialità per
7
costruire un mondo migliore. Abbiamo il talento, la tecnologia e una
visione per farlo. Si può edificare un’economia più umana in cui l’interesse
della collettività e il bene comune vengano prima di tutto. Un mondo che
offraa tutti un lavoro dignitoso, un mondo in cui uomini e donne siano
uguali, dove i paradisi fiscali esistano soltanto nei libri di storia e i ricchi
paghino la loro equa parte contribuendo così ad un sistema che operi
realmente a beneficio di tutti.
Oxfam fa appello ai leader mondiali affinché si attivino per dimostrare che
stanno dalla parte della collettività e per imprimere una battuta d’arresto
alla crisi della disuguaglianza. Da salari dignitosi a una regolamentazione
più efficace delle attività nel settore finanziario, sono molte le azioni che i
decisori politici possono mettere in campo per porre fine all’economia
dell’1% e iniziare a costruire un sistema dal volto più umano che vada a
vantaggio di tutti:
• Pagare ai lavoratori un salario dignitoso e colmare il divario con
gli stipendi dei manager aumentando i salari minimi fino a livelli
dignitosi; garantendo la trasparenza riguardo ai divari retributivi;
tutelando il diritto dei lavoratori a organizzarsi in sindacati e a
scioperare.
• Promuovere la parità economica delle donne e i loro diritti
ricompensando il lavoro di cura non retribuito; ponendo fine al divario
retributivo di genere; riconoscendo alle donne pari diritti di successione
e di proprietà fondiaria; migliorando la raccolta di dati per valutare
l’impatto di genere delle politiche economiche.
• Tenere sotto controllo l’influenza delle élite istituendo registri
pubblici obbligatori dei lobbisti e regole più severe sul conflitto
d’interessi; garantendo accesso pubblico e gratuito ad informazioni
qualitativamente rilevanti in materia di procedure amministrative e di
bilancio ; riformando il quadro normativo, in particolare per quanto
attiene alla trasparenza dell’azione di governo; assicurando che vi sia
piena trasparenza sui finanziamenti privati ai partiti politici;
introducendo norme che impediscano il fenomeno delle “porte girevoli”
che permettono un continuo interscambio tra grandi società e governi.
• Cambiare il sistema globale di ricerca e sviluppo (R&S) e di
determinazione dei prezzi dei medicinali affinché tutti abbiano a
disposizione prodotti adeguati a prezzi accessibili attraverso un
nuovo trattato globale su R&S, maggiori investimenti in sanità che
conducano anche ad un abbattimento dei costi dei medicinali
attraverso il ricorso a famaci generici a prezzo contenuto,, l’esclusione
dai trattati commerciali delle norme relative alla proprietà intellettuale,
maggiori investimenti pubblici in R&S per spezzare il monopolio delle
aziende farmaceutiche nella definizione degli ambiti di ricerca
farmacologica e nella determinazione dei prezzi dei medicinali.
• Dividere equamente il carico fiscale per dare pari opportunità a
tutti trasferendo il carico fiscale dal lavoro e dai consumi verso la
ricchezza, il capitale e il reddito da essi generato; aumentando la
trasparenza sugli incentivi fiscali; istituendo tasse patrimoniali nazionali.
• Usare la spesa pubblica per combattere la disuguaglianza dando
priorità alla definizione di politiche volte a favorire l’aumento dei
8
finanziamenti per servizi pubblici gratuiti e di qualità in ambito sanitario
ed educativo, al fine di combattere la povertà e la disuguaglianza a
livello nazionale; astenendosi dall’applicare alla sanità e all’educazione
pubblica riforme di mercato non collaudate e non praticabili;
potenziando il settore pubblico piuttosto che rafforzare il ruolo di quello
privato per quanto riguarda la fornitura di servizi essenziali.
Come priorità su tutte, Oxfam chiede ai leader mondiali un’azione
coordinata per porre fine all’era dei paradisi fiscali.
È necessario che i leader mondiali si impegnino in un’azione più efficace
per eliminare i paradisi fiscali e i regimi fiscali dannosi, ivi compresi quelli
non preferenziali. È giunto il momento di porre fine alla corsa al ribasso
nella tassazione dei redditi d’impresa. Tutti i governi - inclusi quelli dei
Paesi in via di sviluppo cui va attribuito lo stesso potere di rappresentanza
- devono concordare la creazione di un comitato intergovernativo per la
riforma della fiscalità internazionale, allo scopo di garantire che i sistemi
fiscali nazionali non abbiano impatti negativi sugli altri Paesi.
9
NOTE
1
Credit Suisse (2015) ‘Global Wealth Databook 2015’. Ricchezza totale netta a tasso di cambio
costante (miliardi di dollari) http://publications.creditsuisse.com/tasks/render/file/index.cfm?fileid=C26E3824-E868-56E0-CCA04D4BB9B9ADD5
2
Fonte: Calcoli di Oxfam sulla base del database (2013) Lakner-Milanovic World Panel Income
Distribution (LM-WPID) database (2013). Vedere Grafico 1.
3
G. Zucman, Taxing Across Borders: Tracking Personal Wealth and Corporate Profits, Journal of
Economic Perspectives, 2014, http://gabriel-zucman.eu/files/Zucman2014JEP.pdf
4
Fonte: calcoli di Oxfam, vedere Grafico 4.
5
C. Gonzales, S. Jain-Chandra, K. Kochhar, M. Newiak and T. Zeinullayev (2015) ‘Catalyst for
Change: Empowering Women and Tackling Income Inequality’. IMF.
http://www.imf.org/external/pubs/ft/sdn/2015/sdn1520.pdf
6
T. Gore (2015), Disuguaglianza Climatica, Oxfam, http://www.oxfamitalia.org/wpcontent/uploads/2015/12/mb-disuguaglianza_clima_021215-IT.pdf
7
M. Cohn, Tax Avoidance Seen as a Human Rights Violation, Accounting Today, 2013
http://www.accountingtoday.com/news/Tax-Avoidance-Human-Rights-Violation-68312-1.html
8
OCSE, OECD Employment Outlook 2012, OECD Publishing, 2012, cap. 3, “Labour losing to capital:
what explains the declining labour share?” http://www.oecd.org/els/employmentoutlookpreviouseditions.htm
10
© Oxfam International - Gennaio 2016
Questo rapporto è stato scritto da Deborah Hardoon, Sophia Ayele e Ricardo FuentesNieva. La sintesi è stata redatta da Max Lawson. Il titolo originale in inglese è “An Economy
for the 1%”. Oxfam ringrazia Branko Milanovic per aver fornito i dati 2011 LM-WPID e
Branko Milanovic e Maro Lilla per i loro utili commenti sulla metodologia di ripartizione del
reddito globale. Desideriamo inoltre ringraziareTony Shorrocks per averci fornito i dati del
Global Wealth Databook 2014 nonché per i suoi preziosi contributi relativi alla metodologia
di redazione del Global Wealth Report di Credit Suisse. Gli autori desiderano ringraziare
Anna Coryndon per l’eccellente consulenza editoriale e Ana Arendar, Jaime Atienza e Katy
Wright per il loro aiuto durante il processo di redazione.
Molti colleghi dell’intera confederazione Oxfam hanno contribuito alla stesura di questa
analisi: tra essi ricordiamo Jon Slater, Francesca Rhodes, Rachel Wilshaw, Mohga Kamal
Yanni, Uwe Gneiting, Alison Holder, Claire Godfrey e Susanna Ruiz.
La traduzione in italiano è a cura di Cristina Diamanti.
L’adattamento è stato curato da Federica Corsi e Mikhail Maslennikov.
Questo rapporto fa parte di una serie di documenti miranti a informare l’opinione
pubblica su temi inerenti alle politiche umanitarie e di sviluppo.
Per ulteriori informazioni sui temi trattati in questa pubblicazione rivolgersi all’indirizzo email: [email protected]
Questa pubblicazione è soggetta a copyright ma il testo può essere usato gratuitamente
a fini di attività di sostegno, campagne di opinione, formazione e ricerca, a condizione
che venga citata integralmente la fonte. Il titolare del diritto d’autore chiede che ogni
utilizzo gli sia notificato ai fini della valutazione di impatto. Per la copia sotto diverse
modalità, l’utilizzo in altre pubblicazioni, la traduzione o l’adattamento deve essere
richiesta un’autorizzazione e può essere chiesto un contributo. E-mail
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stampa.
Pubblicato da Oxfam GB per Oxfam International - ISBN 978-1-78077-993-5 nel mese di
gennaio 2016.
Oxfam GB, Oxfam House, John Smith Drive, Cowley, Oxford, OX4 2JY, UK.
L’adattamento in italiano è stato realizzato con il contributo finanziario dell’Unione Europea
nell’ambito del progetto ‘Mobilizing European Citizens to place inequality and tax justice at
the heart of the European development agenda during EYD 2015 and beyond’.
Il contenuto della pubblicazione è responsabilità degli autori e in nessun caso può essere
considerato come espressione del punto di vista dell’Unione Europea.
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