Il Business Plan - IISS Giulio Cesare
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Il Business Plan - IISS Giulio Cesare
Tecniche di gestione d’impresa : Il Business Plan In un sistema competitivo e di libero mercato, estremamente complesso ed evoluto qual è quello attuale attivare e sviluppare con successo un’idea imprenditoriale richiede l’adozione di un approccio razionale,finalizzato allo studio di tutte quelle variabili economiche interne ed esterne all’organizzazione aziendale. Per ottenere un simile risultato, che tenga conto del continuo mutare delle condizioni e dello scenario economico-aziendale,assume un peso rilevante l’attività di pianificazione non più come in passato basata sul mero “ intuito imprenditoriale ”, ma intesa come definizione delle strategie e delle procedure operative. Strumento di questa condotta manageriale è il “ business plan ”. Il Business Plan, o anche Piano economico – finanziario,è dunque lo strumento alla base del processo di pianificazione strategica operativa. La triplice finalità del Business Plan Il business plan si prefigge tre obiettivi principali : 1. Valutazione del rischio dell’investimento 2. Ricerca fonti di finanziamento esterne 3. Strumento di controllo strategico operativo Il BP deve infatti consentire all’imprenditore di : valutare la propria idea imprenditoriale, soppesarne i rischi, stimarne, con ragionevole prudenza, gli eventuali costi e ricavi, determinare l’eventuale fabbisogno finanziario e prevedere il ricorso a capitale di terzi, convincere i soggetti esterni all’impresa ( Banche, Società Di Venture Capital , Privati Finanziatori ) della validità del progetto e dell’opportunità di investire o finanziare l’iniziativa, programmare sulla base di stime verosimili il rientro dell’investimento. Il BP deve infine fornire all’imprenditore uno strumento di guida nel percorso imprenditoriale intrapreso,deve cioè rappresentare un documento strategico operativo in grado di supportare lo staff manageriale non soltanto nella fase di start up ma anche e soprattutto in sede di entrata a regime del progetto. La Struttura Del Business Plan Al di là della forma che può assumere,peraltro lasciata alla discrezionalità del redattore,il Business Plan si compone di due parti o macro-aree di lavoro : la parte iniziale, descrittiva , e quella successiva, contenente i dati economico – finanziari del progetto. La parte descrittiva,imprescindibile per introdurre il lettore alla esposizione dei dati presenti nella seconda parte del piano,oltre alla presentazione dell’impresa e del progetto,si compone di tutte quelle opportune analisi necessarie alla corrente comprensione del mercato,della concorrenza,del prodotto/servizio offerto,del piano strategico operativo. Inoltre,sempre a livello descrittivo deve essere esposto il piano di finanziamento che,ove redatto per tale fine,evidenzi le ragioni alla base della eventuale richiesta di finanziamento e l’esposizione delle modalità e (soprattutto) della capacità di rimborso dell’azienda alla luce dei calcoli e delle previsioni esposte nella seconda sezione. La finalità della parte economico-finanziaria,che deve necessariamente seguire quella descrittiva,è quella di fornire uno strumento che consenta di interpretare i dati raccolti nella prima parte del business plan,disponendoli in una serie di prospetti che guidino il lettore nella valutazione del progetto e che al contempo conferiscano allo studio una veste accurata e altamente professionale. In realtà non esiste una struttura obbligatoria e vincolante per la redazione di un Business Plan,potendosi utilizzare la forma espositiva ritenuta da redattore più confacente all’iniziativa in questione,purchè tuttavia si evidenzino nel piano quelle informazioni fondamentali per una concreta valutazione dell’investimento.Utilissimo in tal senso è l’approccio delle c.d. “parole chiave”, da tenere sempre in evidenza allorquando ci si appresta a redigere un piano economico finanziario che sia esaustivo ed efficace: chi cosa perché dove come quando quanto Al fine di sviluppare l’idea imprenditoriale nella maniera più professionale possibile, si propone alla pagina successiva uno schema tipo di business plan: PARTE I - DESCRITTIVA I Pagina Introduzione e definizione dell’obiettivo 1. DESCRIZIONE DEL BUSINESS 1.1. Analisi dell’azienda 1.2. Analisi del prodotto/mercato Descrizione del prodotto/servizio Descrizione del mercato e della domanda Definizione delle aree strategiche d’affari 1.3. Analisi del settore 1.4. Definizione delle strategie Sociali Competitive Organizzative 2. PIANO OPERATIVO 2.1. Localizzazione 2.2. Produzione 2.3. Piano di marketing 2.4. Struttura dell’impresa 2.5. Servizi esterni 2.6. Licenze e autorizzazioni 3. RISORSE DI FINANZIAMENTO 3.1. Determinazione fabbisogno finanziario 3.2. Fonti interne (Capitale proprio) 3.3. Fonti esterne (Capitale di terzi) PARTE II - ECONOMICO-FINANZIARIA Ipotesi alla base dell’esposizione dei dati 1. AREA FINANZIARIA 1.1. Budget e materiale di supporto all’analisi di cash-flow Piano delle vendite Costi di start up Costi variabili Costi fissi o spese correnti 1.2. Determinazione del fabbisogno finanziario 1.3. Proiezione di cash-flow 1.4. Break-even finanziario del ritorno dell’investimento 2. AREA ECONOMICA 2.1. Costruzione dei bilanci prospettici 2.2. Break-even operativo 2.3. Analisi dei principali indicatori di bilancio ALLEGATI CURRICULUM VITAE SITUAZIONE PATRIMONIALE CONTRATTI DOCUMENTAZIONE LEGALE SOCIETARIA PLANIMETRIE PARTE I – DESCRITTIVA Introduzione e definizione dell’obiettivo Essendo per sua natura il business plan, oltre che uno strumento di valutazione e controllo interno, anche un documento di presentazione dell’azienda e della sua attività, la parte introduttiva deve esporre con chiarezza ed immediatezza l’idea del progetto imprenditoriale che si intende realizzare e la eventuale richiesta cui è finalizzato il documento. Deve contenere, cioè, l’obiettivo prefisso dall’azienda, definendo il tipo di prodotto/servizio e il mercato di riferimento. Naturalmente è prassi che questa parte introduttiva venga redatta per ultima, successivamente all’analisi di tutte le variabili del caso e alla attenta pianificazione delle varie fasi di sviluppo dell’investimento, soltanto, cioè, dopo aver acquisito una chiara visione dell’intero progetto imprenditoriale . 1. DESCRIZIONE DEL BUSINESS 1.1. Analisi dell’azienda Qualora l’azienda rappresenti una realtà già avviata e operativa, già presente sul mercato da diverso tempo, è opportuno introdurre cenni sulla sua storia: nascita, forma legale e compagine sociale, area tipica di attività, situazione economia e finanziaria corrente. Diversamente, qualora l’impresa sia una nuova attività,dovranno essere illustrati gli stadi di sviluppo dell’iniziativa in corso, le fasi completate, quelle da completare o ancora da avviare perché la nuova impresa possa divenire operativa a tutti gli effetti. 1.2. Analisi del prodotto/mercato 1.2.1. Il Prodotto/Servizio: Occorre delineare e definire l’attività svolta dall’impresa, in termini di prodotto e/o servizi. È però importante non limitarsi ad una superficiale individuazione dei prodotti attraverso una classificazione fisica degli stessi, va definita invece la tipologia di beni e servizi offerti attraverso la funzione che essi assolvono nei confronti del mercato, o ancora meglio, del consumatore. Non va dimenticato infatti che descrivere un prodotto in funzione dell’utilità percepita dal consumatore consente di individuare anche lo specifico target di mercato cui ci si rivolge. 1.2.2. Analisi del mercato e della domanda: La validità intrinseca di un progetto, in termini di potenzialità e prospettive, può essere compresa solo ed esclusivamente dopo un’attenta analisi del mercato di riferimento. È la risposta attesa dal mercato in termini di successo, che giustifica l’onere economico e finanziario di una nuova iniziativa o di un progetto di ampliamento/ristrutturazione di una impresa già esistente, e per prevedere tale risposta nella maniera più realistica possibile è fondamentale conoscere il mercato in ogni suo aspetto. A livello metodologico occorre quindi: individuare il mercato nelle sue linee essenziali (caratteristiche geografiche e demografiche), considerare il livello di segmentazione della domanda sulla base di variabili socioeconomiche (dati sul reddito e stile di vita forniti da fonti statistiche), focalizzare l’attenzione su gruppi omogenei di consumatori per determinare il target di riferimento. 1.2.3. Definizione delle aree strategiche di affari: Una volta definiti i gruppi omogenei di consumatori si dovrà preferibilmente scomporre l’attività di impresa in una serie di sotto-categorie definite aree d’affari che rappresentano in sostanza una combinazione di prodotto/mercato. Ad esempio: ipotizziamo una società che intenda aprire un laboratorio di pasticceria e gelateria artigianale, con bar annesso, in un centro turistico con forte affluenza giovanile di tipo scolastico-universitario, supponiamo che le aree strategiche d’affari (ASA) siano costituite dalla vendita al dettaglio (ASA1) e dalla fornitura ad alberghi e ristoranti (ASA2), la stessa dopo opportune ricerche e indagini di mercato, non necessariamente commissionate ad apposite società di servizi, potrà costruirsi una tabella (vedi fig. 1) che illustri, schematicamente e per le singole aree d’affari, il profilo del consumatore, la significatività del mercato, l’accessibilità del mercato, le motivazioni di acquisto Canale di vendita Profilo del consumatore Significativit à del mercato Accessibilità del mercato Motivazioni di acquisto Prodotto DETTAGLIO (ASA 1) Bambini da 3 a 18 anni N.4 scuole nelle vicinanze Forte traffico pedonale mattina e pomeriggio Impulso Gelato DETTAGLIO Giovani 18-26 anni Campus universitario Traffico pedonale serale Amicizia, compagnia DETTAGLIO Professionisti 27-36 anni Forte presenza di uffici nell’area Forte traffico pedonale mattina e pomeriggio Pausa, compagnia, servizio DETTAGLIO Famiglie e Anziani Area residenziale Vicinanza area residenziale Tempo libero, compagnia,. Amicizia Gelato Pasticceria Caffè Bevande Pasticceria Gelato Caffè Bevande Gelato Pasticceria Caffè Ristoranti, Alberghi e Bar Numerosissim i alberghi e ristoranti nella zona con possibile sviluppo del mercato Mercato in ascesa per la crescita del flusso di turisti e universitari Servizio, qualità, prezzo Gelato Pasticceria RISTORAZIONE (ASA 2) (fig.1) L’azione competitiva dell’impresa viene quindi scomposta e definita operativamente dalle singole azioni direttamente riferite alle diverse unità di affari individuate. Questo approccio consente di affrontare le sfide della concorrenza in un’ottica strategica, evitando di operare azioni indistinte e generali verso target di consumatori che hanno in realtà esigenze e priorità differenti. 1.3. Analisi del settore A livello di definizione, il settore è costituito da quel gruppo di imprese che svolgono la medesima attività economica in un certo ambito geografico più o meno ampio. L’analisi settoriale, realizzabile attraverso l’utilizzo di dati e rilevamenti diretti o messi a disposizione da Istituti di ricerca, Associazioni di categoria e Camere di Commercio, è utile sotto due punti di vista. In primo luogo, per capire le caratteristiche dell’offerta, studiare i concorrenti esistenti e potenziali, individuare i canali distributivi e di approvvigionamento e comprendere pienamente il ruolo e il posizionamento dell’impresa nel settore; in secondo luogo, per cogliere le insidie e le opportunità di business legate ai cambiamenti del settore in chiave prospettica. Occorre quindi: 1. Individuare in quale stadio si trova il settore (Nascita, Sviluppo, Maturità, Declino) al fine di coglierne le opportunità e le prospettive future; 2. Analizzare le caratteristiche dell’offerta, ovverosia individuare i competitori e valutarne il comportamento in relazione a variabili come: La specializzazione, Il livello del prodotto/servizio, Le caratteristiche dimensionali, La localizzazione, I canali distributivi utilizzati, Le fonti di approvvigionamento, Il know-how tecnologico, Le politiche di marketing adottate, tutto questo al fine di verificare l’esistenza di territori o aree di intervento non ancora inflazionate o, al contrario, di barriere all’entrata che rendano difficoltoso l’ingresso nel settore di nuove iniziative produttive. Volendo visualizzare, ad esempio il posizionamento più competitivo nel settore sulla base delle due variabili Qualità/Prezzo, si potrebbe utilizzare la seguente rappresentazione grafica (fig.2): La società alfa dovrebbe cioè posizionarsi nel segmento di mercato non ancora inflazionato cercando, ove possibile, di operare una politica di differenziazione basata su un elevato standard qualitativo a prezzi mediamente concorrenziali. 1.4 Definizione delle strategie Alla luce della peculiarità del settore e del posizionamento strategico dei vari concorrenti, l’impresa deve approntare le proprie strategie e verificarne la validità. Le strategie dovranno naturalmente essere adeguate e tali da garantire il successo dell’azienda, interpretato sia in senso sociale ( strategie sociali ) che reddituale ( strategie competitive ed organizzative ). Strategie sociali: Sarà compito del management creare, a livello interno all’impresa, una struttura che valorizzi il personale, eviti la spersonalizzazione dei rapporti e coinvolga in maniera attiva il singolo lavoratore nella vita dell’azienda; a livello esterno, una rete di rapporti commerciali ispirati alla massima correttezza miranti all’instaurazione nel lungo periodo della reciproca fiducia con gli interlocutori economici e sociali ( clienti, banche, fornitori, enti pubblici). Strategie competitive: le strategie competitive sono quei piani d’azione che determinano il modo di operare nell’ambito del mercato e del settore. Gli studiosi generalmente individuano tre strategie competitive di base : la leadership di costo la differenziazione focalizzazione La prima è perseguita da quelle aziende che all’interno di un settore mirano ad ottenere i costi di produzione più bassi, creando le condizioni per una competizione basata sul prezzo. La strategia della differenziazione è invece mirata all’assegnazione al prodotto/servizio di un valore che non abbia pari nella concorrenza , in termini di caratteristiche tecniche o anche soltanto a livello di immagine. La strategia della focalizzazione, infine, mira a soddisfare le esigenze di una precisa categoria di consumatori mediante la specializzazione in determinati prodotti/servizi. Strategie organizzative: Le strategie organizzative attengono alla definizione della struttura aziendale adeguata al mercato sia a livello organico (qualità e quantità delle risorse umane) che a livello di organizzazione delle attività (procedure interne, definizione dei ruoli). Sulla base della tabella già illustrata in fig.1, possiamo, ad esempio, definire le strategie competitive definite per aree d’affari. (fig.3) Canale di vendita DETTAGLIO (ASA1) Profilo del consumatore Prodotto Impulso Gelato Giovani da 18 a 26 anni Amicizia, compagnia Gelato Pasticceria Caffè Bevande DETTAGLIO Professionisti 27-36 anni Pausa, compagnia, servizio Pasticceria Gelato Caffè Bevande DETTAGLIO Famiglie e anziani Tempo libero, compagnia, amicizia Gelato Pasticceria Caffè RISTORAZIONE (ASA2) Ristoranti, Alberghi e Bar Servizio, qualità, prezzo Gelato Pasticceria DETTAGLIO Bambini da 3 a 18 anni Motivazioni di acquisto Strategia di risposta Vetrina gelato visibile dalle zone di passeggio. Iniziative promozionali nelle scuole. Messaggio ai genitori: “Prodotto naturale”. Cono gelato formato mini per i bambini Prezzi accessibili. Locale confortevole con tavolini all’aperto. Pubblicità sul giornale universitario. Messaggio: “ Prodotto naturale”. Musica Locale confortevole con tavolini all’aperto. Ordini telefonici e consegne negli uffici di zona. Accordi con le aziende e buoni pasto. Locale confortevole con tavolini all’aperto. Messaggio: “Prodotto naturale” Proposte per feste e ricevimenti Ampia gamma di prodotti e possibilità di personalizzazioni. Fornitura di contenitori da esposizione e servizio al tavolo. Messaggio: “Prodotto naturale”. Elevata qualità degli ingredienti. Prezzo accessibile 2. IL PIANO OPERATIVO 2.1 La Localizzazione Di fondamentale importanza è la localizzazione dell’impresa tanto con riferimento alla commercializzazione quanto alla produzione. Per quanto concerne la commercializzazione, in genere, se l’impresa opera nel mercato dei beni di consumo, la localizzazione di vendita è critica dal punto di vista della domanda; al contrario, qualora sia rivolta al mercato dei beni industriali, fattore critico diviene la logistica di distribuzione. Invece, per quanto concerne la scelta dell’area di produzione, occorre legarla alle esigenze di approvvigionamento e alla disponibilità di manodopera. In sintesi la localizzazione dipende dalle aree strategiche di affari, cioè dal tipo di mercato a cui l’impresa si rivolge con la sua offerta. 2.2 La Produzione È opportuno in questo paragrafo del business plan soffermarsi brevemente sulla descrizione dell’attività produttiva, illustrando per grandi linee le varie fasi del processo, i macchinari e le competenze utilizzate. Tutto questo, possibilmente, con un occhio al controllo di qualità tanto nella sua componente interna all’azienda ( qualità del prodotto e del processo ) quanto nella sua componente esterna ( servizio al cliente e “ customer satisfaction” ). 2.3 Il Piano di marketing La redazione del piano di marketing è forse la fase più delicata nella stesura del business plan: dopo la pianificazione della produzione e lo studio dell’organizzazione aziendale, l’imprenditore/manager deve delineare le strategie che di fatto guideranno l’impresa negli anni successivi. È naturalmente fondamentale aver chiari gli obiettivi ( implementare il volume delle vendite, migliorare qualitativamente il prodotto/sevizio offerto, creare o riposizionare l’immagine di un marchio ecc. ) perché la strategia dovrà per forza di cose essere elaborata sulla base degli obiettivi stessi. Infatti se una tale impresa intende realizzare un prodotto di alta gamma, molto costoso e per tanto destinato ad un particolare segmento di mercato, dovrà necessariamente attuare una politica di nicchia ( ad esempio: creazione di un’immagine di status ). Definiti gli obiettivi e predisposte in linea di massima le strategie, è necessario predisporre un piano delle vendite ( o budget delle vendite ) ovverosia una ragionevole e concreta previsione di quelle che saranno le vendite in termini economici e quantitativi. I dati utilizzati nella predisposizione del documento dovranno naturalmente derivare non già da semplici congetture bensì da indagini di mercato, tecniche e rilevazioni statistiche basate su estrapolazione storica e trend settoriali, stime e pareri di esperti, esperienza diretta. È importante sapere, infine, che il piano delle vendite in questione potrà essere perseguito solo facendo leva sugli strumenti di marketing coerenti con gli obiettivi imprenditoriali. Le componenti del c.d. marketing mix, dette anche leve di marketing, sono essenzialmente quattro: Product (Prodotto) Price (Prezzo) Promotion (Pubblicità/Promozione) Place (Canali di vendita) 1. 2. 3. 4. Prodotto: vanno valorizzate le caratteristiche alla base della motivazione d’acquisto (qualità, utilità, componenti estetiche, funzionalità, packaging) Prezzo: nella determinazione del prezzo vanno considerati attentamente elementi esterni come la elasticità/rigidità della domanda e la percezione della componente prezzo da parte dei consumatori, va infine analizzata con estrema precisione la struttura dei costi (costi fissi e costi variabili) per la concreta determinazione del costo variabile totale e cioè il limite di prezzo al di sotto del quale l’impresa non dovrebbe mai operare. Pubblicità/Promozione: il fine ultimo di questi strumenti è quello di influenzare le attitudini al consumo e far conoscere il prodotto/azienda da una clientela sempre più vasta. Va ponderata la scelta tra i diversi canali di pubblicità diretta (media) e indiretta (sponsorizzazione di eventi) e tra le diverse formule di promozione (sconti, campioni gratuiti, fidelity cards). Canali di distribuzione/vendita: nella scelta tra i diversi canali di vendita o distribuzione è di cruciale rilevanza la corretta definizione della clientela target del prodotto, è infatti interesse dell’imprenditore focalizzare la sua strategia commerciale verso quei canali frequentati dai consumatori di riferimento al fine di massimizzare l’efficacia della sua azione. Predisposto il Piano delle Vendite e stimati i costi fissi e variabili il redattore del business plan sarà in grado di determinare il c.d. break-even operativo, sarà in grado cioè di stimare il punto di pareggio tra costi totali e ricavi di vendita espresso in termini di fatturato o volumi di vendita. 2.4 Struttura dell’impresa In sede di pianificazione, riveste una particolare importanza l’organizzazione della struttura aziendale e, al suo interno, delle risorse umane. Le fasi attraverso cui passa la definizione del sistema-azienda sono tre: 1. Scelta della forma legale: implica valutazioni di ordine giuridico (responsabilità dei soci), fiscale (differente regime impositivo) e gestionale-organizzativo (diversi obblighi e adempimenti) 2. Costruzione di un organigramma: occorre una precisa regolamentazione dei compiti e delle funzioni non solo a livello del personale dipendente ma anche a livello dirigenziale; 3. Individuazione delle caratteristiche delle risorse umane: va definito con criterio il numero e il profilo (competenze) delle persone che dovrebbero essere impiegate nell’impresa. Presidente e amministratore Responsabile Marketing Responsabile produzione Assistente di produzione Addetto alle consegne Collaboratori nel locale Responsabile ristrutturazione Avvocato Commercialista 2.5 Servizi esterni Una particolare sezione del business plan va dedicata alla breve presentazione dei servizi professionali esterni di cui si avvale l’impresa, con particolar riferimento alla consulenza esterna legale e fiscale, oggi irrinunciabile per un impresa che intenda confrontarsi con il mercato e con il complesso sistema normativo italiano. 2.6 Licenze e autorizzazioni L’ultima (non per importanza) considerazione, da farsi in sede di redazione del piano operativo, è quella relativa alla verifica dell’esistenza e del grado di accessibilità delle licenze. In caso di avvio di un attività regolamentata da licenze e autorizzazioni, lo studio mirato alla comprensione delle norme legislative è, infatti, uno dei primi passi che l’imprenditore deve compiere per valutare la fattibilità di un investimento. 3.RISORSE DI FINANZIAMENTO Ogni attività per sussistere deve naturalmente essere finanziata. Per finanziamento si intende il totale del capitale investito, dunque tanto il capitale apportato dai soci dell’impresa (Capitale proprio) quanto il capitale di debito fornito da terzi finanziatori (Banche, Privati, Enti). Sia in fase di avvio, quando la ricerca delle fonti di finanziamento è conditio sine qua non per realizzare l’investimento, che nel caso di un’azienda già operante sul mercato, la scelta delle tipologie di capitale necessario, o del corretto mix delle stesse, costituisce un delicatissimo momento di pianificazione. Determinazione del fabbisogno finanziario Redatto il piano delle vendite, qualificati i costi di avvio e stimati i costi di funzionamento (fissi e variabili), si potrà elaborare una prima bozza di Cash-flow (o budget di tesoreria), vale a dire una previsione di quelli che saranno i probabili flussi di cassa in entrata e in uscita . Dall’analisi dei flussi di cassa l’imprenditore/manager potrà facilmente desumere il fabbisogno finanziario dell’impresa e di conseguenza valutare, al di là della fattibilità dell’investimento, le diverse possibilità di ricorso al finanziamento esterno. Fonti interne (Capitale proprio) La più classica forma di finanziamento interno all’azienda è ovviamente il versamento in c/capitale da parte dei soci; non è trascurabile, peraltro, la soluzione del prestito dei soci che, pur costituendo comunque un esborso da parte degli stessi, rispetto al conferimento si contraddistingue per una maggiore snellezza e flessibilità (nessuna delibera assembleare, può essere erogato a tempo indeterminato ecc..) Con l’entrata a regime dell’iniziativa, anche l’accantonamento a riserva di utili conseguiti nei vari esercizi e non distribuiti costituisce un fondo di capitale cui attingere nei momenti di difficoltà finanziaria. Fonti esterne (Capitale di terzi) Quanto alle fonti esterne di finanziamento l’azienda ha diverse opportunità di scelta, da valutare con criterio in relazione alle proprie esigenze: Finanziamento commerciale Banche e istituti finanziari Collocamenti azionari e obbligazionari Leasing e pagamenti rateali Fondi pubblici e agevolazioni finanziarie e/o fiscali La scelta, dettata comunque dalle necessità aziendali, dovrà essere ponderata con estrema attenzione poiché andrà ad incidere in maniera rilevante sugli equilibri finanziari dell’impresa e, nella maggior parte dei casi, sul risultato dell’esercizio. PARTE II ECONOMICO-FINANZIARIA Ipotesi alla base dell’esposizione dei dati Come nella parte descrittiva, si ipotizzi una società che intende aprire un laboratorio di pasticceria e gelateria artigianale, con servizio bar, in un centro turistico con forte affluenza giovanile di tipo scolastico e universitario, si supponga altresì che le aree strategiche d’affari (ASA) siano costituite dalla vendita al dettaglio (ASA 1) e dalla fornitura ad alberghi e ristoranti (ASA 2). 1. AREA FINANZIARIA Le fasi procedurali saranno le seguenti: Costruzione dei budget e dei prospetti di sintesi: Piano delle vendite Costi di start up e immobilizzazioni Costi variabili, nel caso in questione: materie prime Costi fissi o spese correnti Prima ipotesi di cash-flow e determinazione del fabbisogno finanziario Proiezioni di cash-flow nel triennio di riferimento Determinazione del Break-even finanziario del ritorno dell’investimento 2. AREA ECONOMICA Costruzione dei bilanci prospettici: Calcolo ammortamenti Conto economico riclassificato per i costi fissi e costi variabili Break-even operativo Prospetti di Stato Patrimoniale e Conto Economico 2.2 Analisi dei principali indicatori di bilancio