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IMPRESE DI IMMMIGRATI E DISTRETTO INDUSTRIALE: UN’INTERPRETAZIONE
DELLO SVILUPPO DELLE IMPRESE CINESI DI PRATO*.
Stato e Mercato, n.98, agosto 2013, pp.171-203.
Gabi Dei Ottati – Università di Firenze
e-mail: [email protected]
1. Introduzione
Il numero delle imprese di immigrati nelle economie sviluppate è molto cresciuto negli ultimi
decenni, anche in conseguenza dei cambiamenti economici, sociali, tecnologici e politicoistituzionali avvenuti in molte parti del mondo. Questo fenomeno più di recente ha interessato anche
l’Italia dove, in poco tempo, ha assunto una dimensione di rilievo, se si considera che a fine 2011
l’imprenditoria straniera rappresentava poco meno del 10% del totale dei titolari registrati presso le
Camere di Commercio italiane (Unioncamere 2012, p.346). In Italia, come altrove, le imprese di
immigrati non si distribuiscono uniformemente né sul territorio, né fra i settori. Dal punto di vista
territoriale, si concentrano sia nelle grandi aree urbane, sia nelle aree manifatturiere, soprattutto se
caratterizzate da agglomerazioni di piccole e medie imprese come nei distretti industriali. Mentre
nelle aree urbane le imprese di stranieri svolgono per lo più attività terziarie ad elevata intensità di
lavoro poco qualificato, nei distretti industriali le imprese di immigrati svolgono generalmente
attività di subfornitura nel settore di specializzazione del distretto. 1
Fra le imprese di immigrati nei distretti industriali sono particolarmente diffuse quelle di immigrati
cinesi. Diversamente dagli immigrati di altre nazionalità, molti cinesi immigrati in Italia tra gli anni
Novanta e Duemila hanno avviato laboratori nei settori dell’industria leggera tipica dei distretti
italiani 2 . Fra questi ultimi Prato costituisce forse il distretto più noto, essendo stato a lungo il caso
di studio privilegiato di Giacomo Becattini (e dei suoi collaboratori), studioso a cui si deve la
riscoperta e lo sviluppo del concetto di distretto industriale, anche grazie alle ricerche svolte a Prato
(Becattini 1979 e 2000; Dei Ottati 2003). Dopo qualche decennio di notorietà legata allo sviluppo
delle sue imprese tessili, da qualche tempo Prato ha attratto sempre più l’attenzione, soprattutto dei
media, a causa del moltiplicarsi delle imprese di abbigliamento di immigrati cinesi Difatti, a Prato
le imprese di immigrati cinesi non sono al massimo qualche centinaio come in altri distretti della
moda (Intesa Sanpaolo 2010, pp.111-16), ma diverse migliaia, tanto da collocare Prato di gran
lunga al primo posto fra le province italiane come quota di imprese straniere (23%) sul totale di
quelle registrate (Unioncamere 2012, p.357).
Nonostante la crescente attenzione dell’opinione pubblica su questo eccezionale sviluppo delle
imprese cinesi 3 , esso resta per lo più incomprensibile e, talvolta, viene anche indicato come causa
della crisi del distretto tessile pratese. Avendo dedicato molto del mio tempo allo studio di
quest’ultimo, il principale obiettivo della presente ricerca è stato quello di riuscire a comprendere
l’enigma cinese di Prato.
A tale scopo, oltre alle conoscenze personalmente accumulate sul distretto pratese, ho utilizzato
tutte le ricerche sui cinesi di Prato che sono state pubblicate e alcuni documenti amministrativi di
cui ho potuto avere la disponibilità. Inoltre, per le informazioni relative all’evoluzione quantitativa
dell’immigrazione cinese a Prato ho fatto ricorso principalmente ai dati del Comune per la
popolazione, e a quelli della Camera di commercio per quanto riguarda le imprese. Tuttavia,
* Per aver letto e commentato precedenti versioni di questo articolo ringrazio Giacomo Becattini. Ringrazio anche i
referees della rivista che con le loro osservazioni mi hanno indotto a esplicitare meglio l’interpretazione del caso
oggetto di questo articolo. Infine, il mio ringraziamento va a tutti coloro che con la loro disponibilità hanno contributo
alla raccolta di informazioni senza le quali questa ricerca non sarebbe stata possibile.
1
Sull’imprenditoria straniera in alcuni distretti italiani si veda Barberis 2008.
2
Nel 2007 le imprese di immigrati cinesi nei distretti italiani erano oltre 9.000 e costituivano il 31% del totale di quelle
nei settori dei beni per la persona (abbigliamento, pelletteria, tessile) localizzate nei distretti italiani (Lombardi et al.
2011, pp. 7-8).
3
Per una raccolta di saggi sui cinesi a Prato si veda Johanson et al (2009)
1
sapendo che i dati quantitativi non sarebbero stati sufficienti, non tanto a causa dell’immigrazione e
del lavoro irregolare, quanto perché non forniscono alcuna informazione sui rapporti fra le imprese
dei pratesi e quelle dei cinesi e, soprattutto, sui rapporti economici e sociali fra immigrati, parte
essenziale della ricerca sono state 24 interviste in profondità fatte a testimoni privilegiati (fra i quali
9 cinesi) in un arco di tempo che va dall’ottobre 2009 a luglio 2011 4 .
Il complesso delle informazioni quantitative e qualitative raccolte ed elaborate è stato presentato in
occasione di vari seminari a Prato e a Firenze e in alcuni convegni 5 . Per l’interpretazione mi sono
avvalsa della letteratura sull’imprenditoria immigrata. Tuttavia, poiché nessuno dei diversi approcci
mi sembrava capace di spiegare completamente l’enigma cinese di Prato, come precisato nel
paragrafo 2, dopo qualche iniziale titubanza, ho integrato uno degli approcci presenti in letteratura
col concetto di distretto industriale. Questo perché la concentrazione territoriale e settoriale delle
imprese di immigrati cinesi che si era formata a Prato verso la fine del secolo scorso, insieme alla
trasformazione di una parte di questi immigrati da subfornitori in imprenditori finali di pronto
moda, ha dato luogo alla formazione di un sistema produttivo integrato e dinamico in cui, come nel
distretto industriale, elementi di mercato e di comunità combinandosi fra loro si sostengono a
vicenda. Diversamente dai distretti italiani dei decenni scorsi, tuttavia, l’ispessimento localizzato
delle relazione economiche e sociali del sistema cinese di Prato ha un’estensione transnazionale,
caratteristica che assume un particolare valore in tempi di globalizzazione.
2. Imprese di immigrati: cenni ai principali approcci interpretativi e al concetto di distretto
industriale
Come accennato sopra, la formazione di imprese di immigrati nelle società sviluppate costituisce un
fenomeno in espansione, pertanto esso è stato oggetto di numerosi studi. Malgrado ciò, a causa della
complessità del fenomeno migratorio e della varietà delle sue manifestazioni, ancora oggi è difficile
comprendere come alcuni gruppi di immigrati, anche in mancanza di un’istruzione adeguata e
perfino della conoscenza della lingua del paese di accoglienza, possano diventare imprenditori e
magari anche aver successo, come nel caso degli immigrati cinesi di Prato oggetto di questo
articolo.
Pertanto, prima di soffermarsi sulla sintetica ricostruzione della immigrazione cinese a Prato negli
ultimi venti anni (§.3) e sulla sua spiegazione (§ 4), di seguito si accenna ai principali approcci
interpretativi dell’imprenditoria immigrata emersi dalla letteratura 6 . Nonostante la ricchezza e la
varietà degli spunti interpretativi presenti nelle ricerche sull’argomento, nessuno da solo è sembrato
in grado di dar conto in modo soddisfacente del caso qui analizzato, senza considerare
specificatamente anche il tipo di organizzazione produttiva formata da questi immigrati e, in
particolare, di come in essa “le forze sociali cooperano con le forze economiche” (Marshall 1972,
p.396).
Così, incoraggiata dalle considerazioni di Rath e Kloosterman (2000, pp.669-70) che invitano a
estendere l’approccio teorico in tema di imprenditoria immigrata verso altre tradizioni di ricerca che
4
Le interviste, registrate e trascritte, hanno coinvolto oltre a 6 imprenditori di pronto moda cinesi, testimoni
significativi del mondo delle istituzioni e dell’economia fra cui: 4 tra amministratori e funzionari del Comune con
responsabilità nell’ambito dell’immigrazione, 1 funzionario della prefettura, 2 presidenti di associazioni imprenditoriali,
1 sindacalista, 1 lavoratore dipendente cinese, 2 commercialisti, 1 consulente aziendale, 1 direttore di banca, 1
mediatore culturale, 1 ricercatore del centro per l’immigrazione, 1 responsabile di un’associazione ci cinesi di seconda
generazione, 1 responsabile della Caritas, 1 esponente della Diocesi di Prato.
5
Fra i convegni in cui parte dei risultati della ricerca sono stati presentati si ricordano la China in the World Conference
organizzata dalla Monash University il 22-23 settembre 2011 a Prato; l’International Conference Zhejiang and Veneto,
organizzata dall’Università Ca’ Foscari, il 2 dicembre 2011 a Venezia, la Conferenza internazionale su Large
emerging countries: threats and opportunities for European firms organizzata dalla rivista Economia e Politica
Industriale presso l’Università di Parma il 18-19 giugno 2012 e The third Wenzhouese diaspora symposium,
organizzato dalla Wenshou University a Wenzhou il 17-18 ottobre 2012.
6
Per una rassegna della letteratura sull’imprenditoria immigrata si veda Ambrosini 2011, pp. 107-136 e Barberis 2008
2
possano dimostrarsi fruttuose, ho utilizzato il concetto di distretto industriale 7 nella spiegazione del
caso pratese, integrandolo con l’approccio che tiene conto congiuntamente dei fattori dal lato della
domanda (condizioni di mercato e istituzionali nel contesto di accoglienza al momento
dell’immigrazione) e dell’offerta (caratteri socio-culturali del gruppo di immigrati).
Da un rapido esame della letteratura sulle imprese e il lavoro autonomo degli immigrati nelle
società sviluppate si possono individuare tre filoni di ricerca principali, concettualmente distinti
anche se con sovrapposizioni.
Un primo filone di ricerca sottolinea come fattori esplicativi dell’imprenditorialità i caratteri socioculturali del gruppo di immigrati (offerta) che, specialmente in contesti di accoglienza ostili,
favoriscono il formarsi di comunità etniche connotate da forte solidarietà fra i membri. Questo, a
sua volta, permette la mobilitazione e l’uso efficiente delle risorse interne al gruppo e quindi il
successo imprenditoriale, soprattutto in attività di intermediazione (Bonacich 1973). Ancora la
solidarietà e le reti sociali interne al gruppo di immigrati, in particolari circostanze (Light, Sabagh,
Bozorgmehr e Der-Martirosian 1994) danno luogo alla formazione di economie di enclave (Wilson
e Portes 1980) le quali generano per gli immigrati che ne fanno parte opportunità di promozione
economica e sociale, altrimenti non disponibili (Portes 1995, pp.27-38; Zhou 2004).
Un secondo filone di ricerca sulle imprese di immigrati pone l’accento sui fattori strutturali o di
domanda di lavoro autonomo nelle economie sviluppate. Questo non solo come effetto della
successione ecologica negli strati inferiori del lavoro autonomo abbandonati dagli autoctoni
(Aldrich e Reiss 1976), o come ripiego perché la discriminazione impedisce l’accesso a occupazioni
ritenute migliori, ma anche come conseguenza dei cambiamenti economici, sociali, demografici e
politico istituzionali verificatisi negli ultimi decenni. Questi cambiamenti, in buona parte collegati
ai processi di globalizzazione e liberalizzazione dei mercati e alla riduzione dell’intervento pubblico
nell’economia, hanno infatti creato opportunità imprenditoriali per gli immigrati, soprattutto nelle
grandi aree urbane (Sassen 1991; Engelen 2001).
Un terzo filone interpretativo è quello che collega fra loro tre diversi aspetti: le opportunità
derivanti dalle trasformazioni delle economie sviluppate, l’assetto regolativo-istituzionale dei
diversi contesti di immigrazione, i caratteri socio-culturali degli immigrati. In ordine di tempo, il
primo contributo di questo filone è il cosiddetto modello interattivo (Waldinger, Altrich, Ward
1990). Questo modello individua come fattori esplicativi dell’imprenditorialità immigrata da una
parte la specifica struttura delle opportunità con la quale gli immigrati si confrontano nella società
di accoglienza, e dall’altra i tratti socio-culturali degli immigrati dai quali in gran parte dipendono le
risorse disponibili per realizzare i progetti imprenditoriali. Il modello interattivo, pur sottolineando
il ruolo dell’etnicità e limitandosi ad accennare agli aspetti della regolazione politica, costituisce un
significativo avanzamento nella comprensione dell’imprenditorialità degli immigrati. Uno sviluppo
successivo di tale modello è quello della cosidetta mixed embeddedness (Kloosterman, van der Leun
e Rath 1999; Kloosterman e Rath 2001) in cui un ruolo esplicativo essenziale è attribuito agli aspetti
regolativi formali (leggi e regolamenti) e informali (prassi delle associazioni di categoria ad
esempio) del contesto di accoglienza. Inoltre, in un contributo più recente. Kloosterman (2010) fa
fare un ulteriore passo avanti allo schema interpretativo della mixed embeddednes, articolandolo dal
lato dell’offerta e da quello della domanda. In particolare, dal alato dell’offerta introduce la
variabile “capitale umano” fra le risorse individuali dell’aspirante imprenditore, consentendo in
questo modo di tener conto dei nuovi flussi di immigrati con elevati livelli di istruzione e della
diversa accessibilità dei mercati. Dal lato della domanda, la struttura delle opportunità viene
suddivisa in base al “potenziale di crescita” dei mercati, distinguendo i mercati con domanda in
7
Il concetto di distretto industriale, derivato dagli scritti di Alfred Marshall, è stato riscoperto da Giacomo Becattini
(1979) e successivamente sviluppato da lui e da altri studiosi italiani per dar conto dello sviluppo industriale della
cosiddetta Terza Italia (Bagnasco 1977): sviluppo caratterizzato da concentrazioni territoriali e settoriali di piccole e
medie imprese specializzate. Tra le raccolte di contributi sul concetto di distretto industriale di studiosi italiani si
vedano Becattini 1987; Brusco 1989; Dei Ottati 1995.
3
crescita da quelli con domanda che si riduce, così da poter fare delle previsioni sull’evoluzione nel
tempo delle imprese di immigrati nei diversi contesti economici.
Come già accennato, i fattori considerati dalle ricerche del terzo filone interpretativo sopra
richiamato si sono dimostrati utili anche per spiegare l’avvio del flusso migratorio dei cinesi di
Prato e la formazione dei loro laboratori di subfornitura. Tuttavia, con la trasformazione di parte
delle imprese cinesi da subfornitrici a committenti e la conseguente crescita della concentrazione
territoriale e settoriale delle imprese e della popolazione cinese si è venuta a formare
un’organizzazione socio-economica peculiare che presenta i caratteri essenziali del distretto
industriale. Questo perché come nel distretto industriale vi è compresenza in un’area
territorialmente circoscritta di una comunità di persone e di una popolazione numerosa di piccole
imprese specializzate che tendono ad interpenetrarsi a vicenda (Becattini 1989 p.112). Inoltre, come
nel distretto industriale vi è divisione del lavoro fra le imprese per lo più di uno stesso settore e la
crescita economica avviene attraverso la nascita di nuove imprese. Ancora, la divisione del lavoro
fra le imprese viene integrata grazie all’ispessimento localizzato delle relazioni economiche e
sociali fra le persone che vi operano. Tali relazioni sono caratterizzate da competizione perché, a
causa delle basse barriere all’entrata e dell’aspirazione a mettersi in proprio, in ogni fase vi sono più
imprese in concorrenza fra loro; allo stesso tempo tali relazioni sono anche caratterizzate da
cooperazione reciproca perché le persone hanno consapevolezza di appartenere ad uno stesso
gruppo sociale con valori, aspirazioni e norme di comportamento condivise (Dei Ottati 1986);
consapevolezza che la crescita economica per moltiplicazione di imprese fra loro interdipendenti e
lo sviluppo istituzionale rafforzano, così riproducendo imprenditorialità e concorrenza da un lato e
solidarietà e integrazione dall’altro.
A conclusione di questo breve inquadramento concettuale occorre notare che vi è una differenza fra
il modello del distretto industriale come teorizzato per spiegare la industrializzazione della
cosiddetta Terza Italia e il caso dei cinesi di Prato. Grazie alla densità delle relazioni sociali ed
economiche con parenti ed amici rimasti in Cina ed emigrati altrove - favorite dalle nuove
tecnologie e dalla globalizzazione - il sistema produttivo locale dei cinesi di Prato ha un’estensione
transnazionale (Sassen 1995).
3. Immigrazione cinese nel distretto di Prato e formazione di un sistema transnazionale del
pronto moda.
Prato come distretto industriale si è affermato nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale
quando la sua industria laniera si sviluppò in modo straordinario non solo in termini quantitativi, ma
ciò che più sorprendeva, perché tale sviluppo era avvenuto a seguito della crisi delle imprese
verticalmente integrate, sostituite dalla moltiplicazione di piccole imprese specializzate. Dopo circa
un trentennio di crescita praticamente ininterrotta, verso la metà degli anni Ottanta, la domanda di
tessuti cardati di lana rigenerata (tipico prodotto pratese) diminuì e il sistema produttivo locale
attraversò un periodo di alcuni anni di crisi dal quale uscì all’inizio degli anni Novanta con un
struttura ridimensionata nel numero delle imprese (soprattutto di subfornitura) e degli addetti tessili,
trasformato nel tipo di prodotti (da tessuti di lana rigenerata di qualità medio-bassa a tessuti di lana
e di altre fibre, di qualità medio-alta) e in parte nell’organizzazione (impiego di semilavorati
prodotti all’esterno del distretto, non di rado all’estero) (Dei Ottati 1995, pp.149-183).
Negli anni della grande crescita, accanto alla produzione di tessuti cardati di lana rigenerata, si era
sviluppata la maglieria, settore che pur essendo stato ridimensionato dalla crisi degli anni Ottanta,
contava ancora oltre un migliaio di imprese alla fine di quel decennio. Con la ripresa produttiva
degli anni Novanta, i maglifici di Prato incontravano sempre più difficoltà a trovare lavoranti a
domicilio e subfornitori autoctoni disposti a cucire i capi di maglieria.
È allora che iniziano ad arrivare a Prato i primi cinesi. Si trattava di immigrati già presenti in
Toscana e in particolare a Campi Bisenzio, dove immigrati provenienti da Wenzhou nella provincia
4
del Zhejiang si erano inseriti come lavoratori autonomi nella pelletteria fin dall’inizio degli anni
Ottanta (Tassinari 1994).
La città di Wenzhou si trova in un’area prevalentemente montagnosa caratterizzata da
un’agricoltura povera. Pertanto i suoi abitanti, per integrare il magro raccolto, storicamente si erano
dedicati all’artigianato e al commercio dei manufatti locali, anche in aree lontane (Liu A. 1992).
Questo aiuta a comprendere perché all’indomani della riforma economica da parte del governo
cinese, in questa zona, fin dai primi anni Ottanta, si ha, da un lato, la nascita di numerose microimprese nei settori dell’industria leggera e, dall’altro, la ripresa dell’emigrazione alla ricerca
dell’affermazione economica attraverso un lavoro autonomo (Wu 2009).
Prato si presentava quindi come un contesto favorevole per questi immigrati, in quanto a chi
disponeva di competenze semplici (come saper azionare una macchina da cucire), di una modesta
somma di denaro (per acquistare qualche macchina da cucire usata) e della capacità di lavoro di
familiari o amici, permetteva di realizzare subito l’aspirazione di avviare un’attività in proprio. È
così che in appena un decennio il numero dei cinesi a Prato cresce considerevolmente: i cinesi
residenti nel Comune di Prato passano da poco più di un centinaio nel 1990 a 4.806 nel 2001. Nello
stesso periodo, in Provincia di Prato le imprese di immigrati cinesi registrate alla Camera di
Commercio diventano 1.499 8 (fig.1).
Per tutto il primo decennio l’immigrazione cinese a Prato non ha incontrato ostacoli. In primo luogo
perché andava a colmare una domanda di lavoro a domicilio e di subfornitura nella maglieria e poi
sempre più nell’abbigliamento che altrimenti sarebbe rimasta insoddisfatta. In secondo luogo,
perché gli immigrati cinesi che avviavano un laboratorio di cucitura affittavano o acquistavano da
ex-artigiani tessili i capannoni 9 rimasti vuoti a seguito della ristrutturazione industriale o del
mancato ricambio generazionale, contribuendo così ad aumentare significativamente il reddito di
questi ex-artigiani. Tutto ciò, insieme alla positiva esperienza dell’immigrazione dal centro e dal
sud Italia verificatasi a Prato nei decenni del grande sviluppo (Giovani, Leonardi, Martelli 1996) e
ad istituzioni locali non ostili 10 ha fatto sì che gli immigrati cinesi a Prato fossero inizialmente
percepiti come una risorsa.
Pertanto, per tutti gli anni Novanta il loro inserimento nel distretto di Prato è facile e in gran parte
simile a quello avvenuto in altri distretti industriali (Bigarellli 2012). Caratteri socio-culturali
specifici di questi migranti (aspirazione al lavoro autonomo, importanza dei legami familiari, etica
del lavoro e del risparmio) si combinano con opportunità che si aprono nella struttura produttiva
locale, dando avvio al processo di nascita dei laboratori cinesi e alle conseguenti catene migratorie
(Waldinger, Aldrich e Ward 1990). Vi sono tuttavia delle differenze che preludono agli sviluppi
successivi. La prima differenza riguarda l’inizio e la consistenza del fenomeno migratorio: a Prato
l’immigrazione cinese inizia alla fine degli anni Ottanta, in anticipo rispetto a gran parte degli altri
distretti italiani e si sviluppa in concomitanza con la ripresa produttiva degli anni Novanta
(Becattini e Dei Ottati 2006). Di conseguenza l’agglomerazione di imprese cinesi che si forma a
Prato è notevolmente più grande di quella che si forma negli altri distretti (Intesa Sanpaolo 2010,
pp.111-116). Un’altra differenza riguarda il fatto che a Prato i cinesi non si inseriscono
nell’industria principale del distretto (il tessile), bensì in un settore secondario (la maglieria) allora
in crisi, e favoriscono lo sviluppo di un nuovo modo di produzione, il “pronto moda”, praticamente
assente a Prato prima del loro arrivo, e di un settore, l’abbigliamento, trascurato dagli imprenditori
locali.
8
Trattandosi di dati ufficiali è probabile che sottostimino l’effettiva entità del fenomeno migratorio
Questi capannoni si concentrano per lo più in un’area urbana a ridosso del centro storico, denominata “città-fabbrica”,
perché caratterizzata dalla compresenza di residenze e spazi produttivi.
10
In particolare gli Amministratori comunali, rendendosi conto della rilevanza e della complessità di questo nuovo
flusso di immigrazione, fin dal 1994, istituiscono presso l’Assessorato delle Politiche sociali, un Centro di ricerca per
l’immigrazione diretto da docenti universitari esperti di sinologia, affiancati da mediatori culturali e consulenti, con lo
scopo di studiare il fenomeno, oltre a quello di offrire servizi agli immigrati. Sulla politica di immigrazione a Prato
negli anni Novanta si veda Campomori (2005). Sull’attività di ricerca del Centro si vedano Ceccagno 2003 e 2004;
Ceccagno e Rastrelli 2008.
9
5
Prima dell’arrivo dei cinesi, i maglifici e le allora poche imprese di confezioni di Prato lavoravano
in “programmato”, cioè secondo un calendario produttivo in cui l’ideazione del campionario
avveniva diversi mesi in anticipo rispetto alla produzione e alla vendita. A partire dalla seconda
metà degli anni Ottanta la crescente variabilità e frammentazione della domanda di abbigliamento,
soprattutto femminile, ha portato ad un progressivo accorciamento delle serie produttive e dei tempi
intercorrenti fra l’ideazione e la vendita, fino a giungere al cosiddetto “pronto moda”, ossia ad un
modo di produzione in cui i tempi di progettazione, fabbricazione e vendita sono così ridotti da
tendere a sovrapporsi. Quest’ultima modalità produttiva si sviluppa a Prato, prima nella maglieria e
poi sempre più nell’abbigliamento, con l’arrivo dei cinesi e la moltiplicazione dei loro laboratori, in
cui si lavora anche di notte e il fine settimana. Così alla fine degli anni Novanta a Prato si era
formata la più grande agglomerazione di imprese cinesi (di cui oltre l’80% nell’abbigliamento) e la
più numerosa (dopo quella di Milano) comunità d’immigrati cinesi d’Italia, la stragrande
maggioranza dei quali provenienti da Wenzhou.
Parte di questi immigrati sono in Italia da oltre un decennio e risiedono a Prato da diversi anni, dove
lavorano come subfornitori di imprese prevalentemente locali, ma in qualche caso anche di altre
regioni italiane. Durante questi anni essi hanno imparato le competenze necessarie a svolgere le
diverse fasi della produzione di abiti pronto moda, e in qualche caso hanno anche instaurato
relazioni che consentono loro di avviare i primi rapporti diretti con la distribuzione (Colombi 2002,
p.32). A questo punto, alcuni imprenditori, grazie all’ esperienza acquisita e al loro inserimento nel
contesto di immigrazione, in aggiunta alle relazioni economiche e sociali nell’ormai numerosa
comunità cinese di Prato, fanno un salto imprenditoriale e si trasformano da subfornitori a
produttori in proprio di pronto moda (Kloostermann e Rath 2001). Si tratta di una trasformazione
importante per lo sviluppo delle imprese cinesi di Prato, perché avere rapporti diretti col mercato
consente guadagni ben superiori a quelli ottenibili come subfornitori, in particolare quando, come in
questo caso, vi è asimmetria contrattuale fra le parti a sfavore dell’ imprenditore immigrato. Inoltre,
questa trasformazione alimenta il processo di moltiplicazione di nuove imprese cinesi.
Così, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo secolo, nascono a Prato le prime imprese
finali (cioè specializzate nella realizzazione dei modelli e nella commercializzazione dei prodotti) di
pronto moda di proprietà di immigrati cinesi. L’esempio dei pionieri è presto imitato da altri
immigrati cinesi che dispongono dell’esperienza e delle relazioni necessarie per effettuare un
analogo salto imprenditoriale.. Questa trasformazione non cambia solo le prospettive di sviluppo
economica degli imprenditori che la realizzano, ma anche quelle del sistema di cui fanno parte.
Difatti, negli anni successivi alla formazione delle imprese finali cinesi si verifica una vera a propria
esplosione di imprenditorialità , fra i cinesi di Prato: in un decennio il numero delle loro imprese in
Provincia di Prato passa da poco più di mille a quasi 5000. Questo non solo perché la nascita delle
imprese finali cinesi favorisce la moltiplicazione dei laboratori di subfornitura cinesi,
nell’abbigliamento, bensì perché lo sviluppo economico e demografico innescato dal boom del
pronto moda promuove la formazione di imprese anche in altri settori. Da una parte, il crescente
numero di immigrati cinesi, richiamati a Prato dalla possibilità di trovare lavoro ed eventualmente
di diventare imprenditori, genera una domanda di beni e servizi di consumo che apre nuove
opportunità imprenditoriali nel commercio al dettaglio, nella ristorazione, nei servizi alla persona,
in quelli di trasporto, di telecomunicazione e così via. D’altra parte, il boom dei pronto moda
produce una domanda di attività ausiliarie sia di tipo manifatturiero, come la tintura dei capi di
abbigliamento, sia terziarie come i servizi professionali, o quelli di riparazione e compra-vendita di
macchine da cucire e, soprattutto, il commercio all’ingrosso e l’importazione di prodotti tessili e
dell’abbigliamento (tab. n. 1).
6
Fig. 1. Numero di imprese di immigrati cinesi in Provincia di Prato nell’abbigliamento e in tutti i
settori: 1992-2010
5000
4500
4000
confezione
tutte
3500
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
anni
Fonte: Nostra elaborazione dati Camera di Commercio di Prato
Tab. 1. Numero di imprese di immigrati cinesi per settore di attività in Provincia di Prato: 2001,
2005, 2010
Settori
Tessile
Abbigliamento
Articoli in pelle
Mobili
Altro manifattura
TOTALE MANIFATTURA
Costruzioni
Alimentari e bevande
Commercio
ingrosso
import/export
Commercio al dettaglio
Altro commercio
Ristorazione
Bar
Transporti/ Agenzie di viaggio
Comunicazioni/Money transfers
Agenzie immobiliari
Credito e assicurazioni
Servizi informatici
Servizi Professionali e tecnici
Altro servizi
TOTALE SERVIZI
Altro
Totale generale
2001
%
2005
%
% var. 20052001
2010
%
% var.
2005-2010
% var.
2001-2010
68
1.201
26
9
/
1.304
4,54
80,12
1,73
0,60
/
86,99
163
1.688
45
/
48
1.944
6,68
69,15
1,84
0,00
1,97
79,64
139,71
40,55
73,08
-100,00
/
49,08
243
3.364
92
44
49
3.792
5,02
69,50
1,90
0,91
1,01
78,35
49,08
99,29
104,44
/
2,08
95,06
/
/
13
0,53
/
26
/
/
10
0,41
/
/
0,54
0,00
-100,00
/
50
3,34
197
8,07
294,00
406
106,09
712,00
76
/
15
9
/
/
8
/
/
/
/
158
37
1.499
5,07
/
1,00
0,60
/
/
0,53
/
/
/
/
10,54
2,47
100,00
147
/
22
11
6
22
33
/
6
6
/
460
24
2.441
6,02
/
0,90
0,45
0,25
0,90
1,35
/
0,25
0,25
/
18,85
0,98
100,00
82,99
/
540,91
-100,00
33,33
-100,00
130,30
/
250,00
383,33
/
117,82
-16,67
98,28
253,95
/
840,00
-100,00
/
/
850,00
/
/
/
/
534,17
-45,95
222,88
93,42
269
/
6
46,67
141
22,22 /
/
8
/
/
312,50
76
/
10
/
21
/
29
/
36
1.002
191,14
-35,14
20
4.840
62,84
8,39
5,56
0,12
2,91
0,00
0,17
0,00
1,57
0,21
0,43
0,60
0,74
20,70
0,41
100,00
257,35
180,10
253,85
388,89
/
190,80
100,00
Fonte: nostra elaborazione dati Camera di Commercio di Prato
7
Difatti, poco dopo l’avvio dei primi pronto moda nascono anche imprese di commercio all’ingrosso
e di importazione-esportazione gestite da cinesi. Questa ulteriore trasformazione degli imprenditori
cinesi è favorita dalle relazioni che essi intrattengono con parenti e amici rimasti in Cina; relazioni
che permettono loro di individuare facilmente a chi rivolgersi per acquistare o far fare i prodotti di
cui vi è domanda in Italia e in Europa, e viceversa. Allo stesso tempo, però, le relazioni che essi
hanno con gli imprenditori cinesi di Prato e con grossisti e altri acquirenti italiani ed europei
permettono loro di trovare con facilità gli acquirenti delle merci importate. Così il loro inserimento
nel contesto di immigrazione e i frequenti rapporti col luogo di origine permettono ad una parte di
questi immigranti di diventare imprenditori transnazionali.
La nascita delle imprese finali cinesi determina un cambiamento organizzativo nel sistema delle
imprese di questi immigrati. Si sviluppa considerevolmente la divisione del lavoro fra le imprese, in
quanto le imprese finali cinesi si avvalgono delle imprese di parenti e compaesani, prima come
subfornitori e poi, via via che nascono nuove attività gestite da cinesi, anche come grossisti,
importatori, contabili, tintori, trasportatori o agenti immobiliari. Ogni impresa finale commissiona
la produzione a una pluralità di subfornitori di fiducia. Spesso, questi ultimi, a loro volta, si
avvalgono di altre imprese di loro fiducia specializzate in fasi diverse del processo produttivo: dal
taglio alla cucitura, alla rifinizione e allo stiro. Tutte queste imprese sono per lo più localizzate
vicine alla impresa committente perché i tempi del pronto moda sono così stretti che spesso la
consegna avviene entro le 24-48 ore dall’ordine. Una tale organizzazione produttiva, basata sulla
divisione del lavoro fra le imprese integrate fra loro da rapporti stretti e frequenti, generalmente si
accompagna all’agglomerazione territoriale delle imprese che ne fanno parte. E’ così che la crescita
degli immigrati cinesi di Prato e delle loro attività si concentra nell’area dove essi hanno avviato i
laboratori fin dall’inizio degli anni Novanta: la vecchia “città fabbrica” si trasforma nella nuova
Chinatown di Prato.
La concentrazione territoriale di piccole imprese in cui imprenditori e lavoratori, quando non sono
parenti. provengono per lo più dalla stessa città e condividono una cultura ed un’esperienza
migratoria comune, unita alla divisione del lavoro fra imprese che svolgono in prevalenza attività
simili e complementari, intensifica i rapporti fra questi immigrati e favorisce la consapevolezza di
appartenere ad uno stesso sistema economico, oltre che ad uno stessa comunità di persone. Questo
perché la divisione del lavoro fra le imprese, da una parte, accresce l’ispessimento localizzato delle
relazioni economiche e sociali necessarie per coordinare le varie attività svolte da imprese diverse,
per lo più appartenenti alla stessa filiera produttiva. D’altra parte, lo sviluppo economico per
moltiplicazione di imprese specializzate, aprendo nuove opportunità agli aspiranti imprenditori,
riproduce sia l’imprenditorialità, sia la solidarietà fra le persone appartenenti a tale sistema.
Oltre all’intensificazione dei rapporti fra immigrati cinesi promossa dall’ organizzazione produttiva
da essi formata, la crescita della concentrazione economica e demografica di questi immigrati
favorisce anche la formazione di istituzioni informali come un insieme di norme implicite condivise
e formali, come associazioni di vario tipo. Difatti, fra i cinesi di Prato si sviluppano diverse
associazioni: la più importante è quella che riunisce gli imprenditori originari di Wenzhou, ma ve ne
sono anche altre, come l’associazione degli immigrati provenienti dal Fujian, o l’associazione
generale del Commercio Italo-Cinese. Trattandosi di associazioni di imprenditori, una parte
importante delle loro attività riguarda la promozione degli affari, ma sempre di più queste
associazioni svolgono anche un ruolo di collegamento con le autorità politiche ed economiche del
luogo di provenienza di questi immigrati Tali associazioni svolgono inoltre attività di interesse
generale per la comunità cinese, come la gestione di scuole. In aggiunta alle associazioni di
imprenditori si sono formate anche diverse associazioni religiose. In breve, lo sviluppo dei pronto
moda non ha generato solo una crescita quantitativa della collettività cinese di Prato, ma ha prodotto
anche un cambiamento qualitativo nella sua organizzazione, rafforzando e intrecciando i legami
economici e sociali al suo interno.
Diversamente dai primi anni Novanta, all’inizio del nuovo secolo gli immigrati cinesi a Prato
costituiscono una realtà economica, sociale e demografica di rilievo che non può passare
8
inosservata. Il loro numero è molto aumentato e la loro presenza si è concentrata in alcune zone
della città, trasformandole al punto da renderle estranee alla popolazione che vi abita da sempre.
Inoltre, l’evoluzione organizzativa del sistema delle imprese cinesi conseguente alla nascita delle
imprese finali di pronto moda ha comportato insieme ad un infittirsi e rafforzarsi delle relazioni
interne al sistema cinese a Prato e nelle sue propaggini esterne (in Cina e nei luoghi della diaspora
cinese), una contemporanea riduzione delle relazioni con l’economia e la società di accoglienza.
Questo perché la nascita delle imprese finali di pronto moda cinesi ha comportato una forte
riduzione dei rapporti di subfornitura con committenti locali, essendo generalmente preferite le
relazioni interne al sistema cinese. Inoltre, poiché i tessuti prodotti dalle imprese pratesi sono di
qualità e prezzo elevati (rivolgendosi a segmenti di mercato medio-alti), mentre gli abiti prodotti
dagli immigrati cinesi sono per lo più di basso prezzo (rivolgendosi prevalentemente a fasce basse
di mercato), anche i rapporti di compravendita di tessuti fra pronto moda cinesi e produttori di
tessuti pratesi, nel complesso, restano limitati. Questo anche perché con la nascita delle imprese
cinesi di importazione e commercio all’ingrosso, gran parte dei tessuti utilizzati dai pronto moda di
Prato sono importati da tali imprese, soprattutto dalla Cina 11 .
La straordinaria crescita dei cinesi di Prato che fa seguito alla nascita delle imprese finali e alla
trasformazione organizzativa sopra tratteggiata si realizza proprio negli anni in cui la locale
industria tessile, cuore dell’economia e della stessa identità pratese, soffre una crisi prolungata e
profonda. Questo, insieme ai problemi generati in una città relativamente piccola come è Prato dalla
presenza di decine di migliaia di immigrati con una lingua e una cultura così diverse (i cinesi
residenti nel Comune di Prato a fine 2012 superano i 15.000 su una popolazione di 190.000), muta
la percezione che i pratesi hanno di questi immigrati e delle loro imprese (Rastrelli 2003, pp.70-79).
In sintesi, lo sviluppo straordinario per quantità e qualità delle imprese degli immigrati cinesi di
Prato, avvenuto contemporaneamente all’acuirsi della crisi del sistema tessile locale ha determinato
un ribaltamento nella rappresentazione di questi immigrati da parte dei pratesi, passando “da risorsa
a emergenza” (La nazione, Prato, 4-4-2002). Così, mentre nei primi anni Novanta gli immigrati
cinesi venivano generalmente percepiti come “produttori” e quindi come soggetti da promuovere,
successivamente si afferma sempre più la loro rappresentazione di persone che, per arricchirsi,
violano sistematicamente la legge, e, pertanto,come soggetti da contrastare e reprimere.
4. Cause dell’eccezionale sviluppo dei cinesi di Prato
Dopo aver ripercorso lo straordinario sviluppo degli immigrati cinesi di Prato ed aver accennato al
ribaltamento nella percezione di questi immigrati da parte della società di accoglienza, di seguito si
analizza il complesso dei fattori alla base di tale sviluppo. Prima, però, è necessario almeno
menzionare quelle che comunemente vengono ritenute le principali cause del successo economico
degli imprenditori cinesi di Prato, e cioè l’impiego di connazionali immigrati clandestinamente, e
l’economia sommersa.
I controlli effettuati specialmente negli ultimi anni dalla polizia nei laboratori dei cinesi di Prato
hanno accertato – come prevedibile - che essi impiegano anche immigrati irregolari. Tuttavia,
l’immigrazione irregolare non è un fenomeno nuovo e, soprattutto, non riguarda solo gli immigrati
cinesi, né solo Prato, bensì anche gli immigrati che hanno un diverso luogo di provenienza e di
immigrazione, in Italia e all’estero 12 . Nonostante ciò, lo sviluppo economico degli immigranti
cinesi di Prato non ha uguali, né in Italia, né in Europa, pertanto, l’impiego di connazionali
11
A titolo indicativo si fa notare che il valore delle importazioni di prodotti tessili dalla Cina in Provincia di Prato nel
corso del primo decennio del nuovo secolo passa da 61 milioni di euro nel 2002 a 170 milioni di euro nel 2010,
rappresentando rispettivamente il 10% delle importazioni tessili della provincia nel 2002 e il 34,5% nel 2010 (dati della
Camera di Commercio di Prato)
12
Secondo le stime dell’ISMU ( Iniziative e Studi sulla Multietnicità), nel 2005 gli immigrati cinesi irregolari presenti
in Italia erano l’11,4% del totale, corrispondenti a circa 19.300 persone, ma nello stesso anno gli immigrati irregolari
provenienti dall’Ukraina erano il 22,4% corrispondenti a 40.300 persone e quelli provenienti dal Marocco erano il
14,2% corrispondenti a quasi 57.000 clandestini ((Fasani 2009, pp.104-5) .
9
immigrati irregolarmente non sembra sufficiente a spiegare la grande espansione di questa
comunità.
L’altro fattore spesso sottolineato come causa del successo dei cinesi di Prato è l’economia
sommersa, ossia la pratica di svolgere attività economiche senza osservare le norme vigenti nel
paese di immigrazione in materia di rapporto di lavoro, di previdenza sociale, di fisco e di contributi
locali. I controlli effettuati nelle imprese cinesi di Prato hanno confermato che l’economia
sommersa è praticata da tali imprese, pertanto una graduale emersione è necessaria. Malgrado ciò,
poiché l’economia sommersa non è una caratteristica solo delle imprese cinesi di Prato, bensì
costituisce una pratica diffusa in numerose economie etniche 13 ed è presente anche nell’economia
generale, in particolare in Italia e soprattutto nelle regioni meno sviluppate 14 , sembra difficile
attribuire la rapida crescita dei cinesi di Prato solo o principalmente alle pratiche informali e
all’economia sommersa.
Se il lavoro di immigrati irregolari e l’economia sommersa non bastano a spiegare lo sviluppo dei
cinesi di Prato, perché altrimenti le aree in cui più diffusa è l’illegalità sarebbero le più prospere
anziché le meno sviluppate, allora bisogna cercare altri fattori, meno evidenti, ma importanti per
comprendere il dinamismo di questi immigrati. Come si è visto, inizialmente i cinesi sono stati
attratti a Prato dalla possibilità di inserirsi come lavoratori autonomi per la cucitura di capi di
maglieria. L’inserimento come subfornitori delle locali imprese di maglieria, settore nel quale il
numero delle imprese diminuiva nonostante l’utilizzo dei laboratori cinesi, non avrebbe però
permesso l’eccezionale sviluppo di questi immigrati, se il lavoro autonomo dei cinesi con la loro
velocità di consegna e i bassi compensi non avesse favorito la diffusione a Prato di un nuovo modo
di produzione e di un nuovo settore: l’abbigliamento pronto moda, caratterizzato da prodotti alla
moda, rapidità di consegna e prezzi contenuti. Il mercato degli abiti pronto moda era infatti in
espansione, non solo per i prezzi convenienti, ma anche per il cambiamento degli stili di vita nelle
società sviluppate, nelle quali la crescente variabilità della domanda, in particolare di
abbigliamento, induceva grossisti e catene di negozi ad effettuare acquisti sempre più frazionati e a
richiedere consegne sempre più veloci. Pertanto, la crescita delle imprese cinesi è dovuta, prima allo
sviluppo a Prato di un nuovo modo di produzione (il pronto moda) e di un nuovo settore
(l’abbigliamento), e, successivamente, alla capacità di una parte di questi immigrati di trasformarsi
da subfornitori a imprenditori finali di pronto moda, inserendo così le loro imprese e,
indirettamente, il sistema delle imprese cinesi di Prato in un mercato in crescita.(Kloosterman 2010,
pp.35-36). Difatti, gli abiti pronto moda delle imprese cinesi di Prato non riforniscono solo gli
ambulanti, i grossisti e sempre più anche le catene di negozi dell’Italia, ma anche quelli di altri
paesi europei, come Spagna, Francia, Germania e in particolare dei paesi dell’Europa dell’est. Non
mancano inoltre contatti commerciali anche in paesi più lontani come gli Stati Uniti o il Giappone.
L’accesso degli imprenditori cinesi al mercato del pronto moda non è stato possibile solo per le
caratteristiche dei loro laboratori e per lo spirito di iniziativa di alcuni imprenditori maggiormente
inseriti nel contesto di immigrazione, bensì grazie anche alle specifiche caratteristiche del contesto
pratese (Toccafondi 2005). Questo perché il distretto di Prato, essendo un centro reputato nel
mondo per i suoi prodotti tessili “made in Italy”, è abitualmente frequentato da molti acquirenti e
operatori della moda, italiani ed esteri. Pertanto, la localizzazione a Prato ha contribuito al successo
dei pronto moda cinesi, favorendo, prima l’apprendimento delle conoscenze produttive, e poi
l’accesso ai mercati rilevanti (Kloosterman e Rath 2001). Inoltre, la struttura delle opportunità
presente nel contesto pratese ha favorito anche l’accesso a competenze essenziali altrimenti non
disponibili. Per operare con successo nel pronto moda bisogna saper individuare i modelli che sono
più richiesti dal mercato ed essere anche in grado di replicare abiti simili a quelli che incontrano il
13
Per il caso degli imprenditori islamici in Olanda, si veda Kloosterman et al. 1999.
Secondo le stime dell’Istat, in Italia nel 2009 gli occupati irregolari erano oltre 2.600.000, corrispondenti al 10,5%
dell’occupazione complessiva. Inoltre, sempre secondo l’Istat le unità di lavoro irregolare in Italia nel 2008 costituivano
in media l’11,9% del totale, ma con forti variazioni fra le diverse regioni, andando da un’incidenza percentuale minima
dell’8,5% in Emilia Romagna ad un massimo di 26,6% in Calabria (www.istat.it)
14
10
favore dei consumatori, velocemente e a basso costo. Per fare ciò è cruciale disporre delle
competenze per disegnare un campionario e per realizzare i prototipi. A Prato, gli imprenditori
cinesi hanno potuto facilmente acquistare tali competenze, difficili da apprendere in poco tempo,
ma indispensabili per avviare le imprese finali di pronto moda, rivolgendosi a stilisti e modellisti
italiani, la cui qualificazione è nota e apprezzata nel mondo. Difatti, mentre la manodopera
impiegata nei laboratori è costituita da immigrati cinesi, le imprese finali di pronto moda utilizzano
solitamente italiani come stilisti e modellisti, oltre che nella commercializzazione, soprattutto a
causa della insufficiente padronanza della lingua, (Marsden, Caserta 2010, pp. 21; 25-26).
L’accesso al mercato dell’abbigliamento pronto moda ed alle competenze stilistiche necessarie per
operarvi costituiscono certo fattori importanti, ma da soli non sembrano sufficienti a spiegare
l’eccezionale sviluppo dei cinesi di Prato, senza tener conto anche dei caratteri della loro
organizzazione produttiva e della sua estensione transnazionale.
Come si è visto, con lo sviluppo del pronto moda e la moltiplicazione dei laboratori cinesi, in
relativamente pochi anni a Prato si era formata una notevole concentrazione di imprese cinesi, per
lo più operanti nel settore dell’abbigliamento (fig.1). E’ a questo punto che alcuni immigrati cinesi
con più esperienza e con più relazioni, sia nella comunità di immigrati, sia nel contesto di
accoglienza, effettuano il salto imprenditoriale da subfornitori a imprenditori finali. Come già
sottolineato, questa trasformazione accelera il processo di formazione di nuove imprese, sia di
quelle specializzate nelle diverse attività relative alla produzione e alla vendita di abiti pronto moda,
sia di quelle che vanno a soddisfare una domanda di beni e servizi proveniente da una popolazione
di imprese e di persone in rapida crescita.
In particolare, con la nascita delle imprese finali di pronto moda cinesi si sviluppa la divisione del
lavoro fra le imprese di questi immigrati. I lavoratori dipendenti che sono immigrati regolari ed
hanno acquisito competenze ed esperienza sufficienti avviano un proprio laboratorio, grazie alle
risorse finanziarie accumulate lavorando e all’aiuto di familiari e amici. Questi ultimi sono inoltre
utilizzati come lavoratori nelle nuove imprese che si aggiungono a quelle già esistenti, alimentando
le catene migratorie. In questo modo l’agglomerazione di imprese e di persone cresce
considerevolmente e si articola al suo interno. Difatti, ogni impresa finale generalmente si rivolge a
più subfornitori (in genere fra 5 e 10) ed ogni subfornitore può lavorare per più committenti. Le
imprese di subfornitura non di rado appartengono a qualche membro della stessa famiglia del
committente (Marsden e Caserta 2010, p.17) o ad altri immigrati di fiducia. Committenti e
subfornitori, così come datori di lavoro e lavoratori, sono uniti dalla consapevolezza di appartenere
ad uno stesso gruppo sociale; la comune appartenenza comporta un vincolo di solidarietà che
l’esperienza migratoria, specialmente se il contesto d’immigrazione è ostile, contribuisce a
rafforzare 15 (Portes e Sensenbrenner 1993, pp. 1328-31).
La struttura produttiva derivante dal processo di moltiplicazione delle imprese e di divisione del
lavoro fra di esse dà luogo al progressivo infittirsi ed estendersi delle relazioni economiche fra le
imprese e le persone. D’altra parte, il fatto che i rapporti economici avvengano per lo più tra
familiari e immigrati dello stesso gruppo fa sì che le relazioni economiche interagiscano
sistematicamente e inestricabilmente con rapporti sociali che, essendo fra membri della stessa
15
A proposito del rapporto fra imprenditore e lavoratore nelle imprese cinesi di Prato Ceccagno scrive : “Con il passare
del tempo, diventa evidente come la nicchia produttiva cinese sia anche il risultato di una visione condivisa fra datori di
lavoro e operai, una visione che implica sfruttamento e autosfruttamento ma che include anche accordi interni negoziati
ed è percepita come favorevole per entrambi. Infatti, sia gli imprenditori che gli operai percepiscono questa
organizzazione del lavoro come la migliore e più rapida strada verso il raggiungimento del successo. I lavoratori sono
disposti a lavorare molte ore, non solo perché spesso non sono nelle condizioni di fare altrimenti o perché il mercato
richiede disponibilità di questo tipo, ma anche perché aspirano a raggiungere essi stessi la posizione di datore di lavoro.
Perciò percepiscono lo sfruttamento e l’autosfruttamento temporaneo come la via più rapida disponibile verso la
realizzazione dei propri obiettivi (anche se in realtà questa strada non è accessibile a tutti)…..Perciò si rischia una
lettura parziale e inattuale del fenomeno se si percepisce solo la relazione paternalistica, di sfruttamento e di
dipendenza tra i datori di lavoro e gli operai,, senza notare il patto di mutuo interesse che li lega (per un periodo di
tempo che percepiscono limitato soltanto ad alcuni anni). (Ceccagno, 2008, pp.87-88, enfasi aggiunta)
11
comunità, implicano solidarietà reciproca. Così, l’infittirsi delle relazioni economiche conseguente
alla divisione del lavoro e moltiplicazione delle imprese, intrecciandosi con le relazioni sociali
esistenti fra le persone che vi operano forma un tessuto, invisibile ma tenace, che unisce in un
sistema integrato e dinamico tutte le attività economiche da essi svolte.
Si tratta di un sistema integrato perché l’ispessimento localizzato delle relazioni economiche e di
quelle sociali a cui si è fatto riferimento sopra facilita la circolazione delle informazioni e riduce i
costi di ricerca di partners in affari, e quelli di contrattazione ed esecuzione dei contratti fra questi
immigrati. Questo perché i rapporti economici vengono per lo più conclusi con persone appartenenti
alla stessa comunità nella quale vigono delle norme implicite di comportamento condivise il cui
mancato rispetto è sanzionata dai membri della comunità (Portes e Sensenbrenner 1993, pp.133237) 16 . Questa particolare struttura produttiva in cui vi è divisione del lavoro verticale e orizzontale
fra le imprese e basse barriere all’entrata, combinandosi con rapporti sociali fra appartenenti ad una
stessa comunità, rende possibile una forma speciale di integrazione della divisione del lavoro dentro
le imprese e soprattutto fra le imprese: una forma di integrazione in cui l’efficienza economica
dipende più da rapporti di reciprocità che di autorità, come avviene nella forma di integrazione
verticale tipica delle organizzazioni gerarchiche. Si tratta di una forma di integrazione in cui i bassi
costi di transazione (a causa dei legami sociali e della interdipendenza economica) consentono di
superare i limiti delle piccole imprese familiari, i cui confini si confondono nel fitto intreccio delle
relazioni che le uniscono, e grazie alle quali informazioni, prodotti finiti e semilavorati, lavoro e
denaro si muovono con grande fluidità. In questo modo la scala produttiva da cui dipende
l’efficienza economica diventa quella dell’intero sistema, invece di quella della singola impresa. E
poiché tale scala è rilevante le imprese di questo sistema, benché piccole, in quanto integrate fra
loro sono in grado di competere con quelle più grandi nel mercato generale 17 .
Un altro elemento distintivo di tale sistema è il suo dinamismo. Questo perché esso è caratterizzato
dalla continua nascita di nuove imprese familiari che si aggiungono o sostituiscono quelle
esistenti 18 . La nascita di nuove imprese in parte è conseguenza dell’aspirazione di queste persone
alla mobilità economica attraverso il lavoro autonomo. La nascita di nuove imprese dipende però
anche dalle opportunità che si aprono nell’ambiente in cui le persone si trovano. In proposito,
poiché la struttura produttiva è caratterizzata dalla divisione del lavoro fra le imprese, le barriere
all’entrata per gli aspiranti imprenditori si mantengono basse. Inoltre, l’intreccio dei rapporti
economici e sociali, da un lato, favorisce l’apprendimento per esperienza lavorando nelle imprese di
familiari e compaesani e, dall’altro, facilita sia la possibilità di venire a conoscenza delle
opportunità che si aprono, sia la possibilità di ottenere il sostegno materiale e immateriale di cui
l’aspirante imprenditore ha bisogno per tentare l’avventura 19 . Tutto ciò fa sì che la struttura
produttiva di questo sistema di imprese cresca per così dire orizzontalmente e si adatti ai
cambiamenti esterni, soprattutto a quelli dal lato della domanda, in modo tale che il sistema nel suo
complesso si mantenga vitale, proprio attraverso il rinnovamento delle sue imprese e, assieme ad
esse, attraverso la continua ridefinizione dell’intreccio dei rapporti che le uniscono.
Prima di accennare agli effetti economici delle relazioni che gli immigrati intrattengono con parenti
e conoscenti rimasti in Cina ed emigrati altrove, è opportuno chiarire che i vantaggi in termini di
efficienza e, quindi, di potenziale di sviluppo complessivo e di mobilità economica dei suoi membri
(anche se non di tutti) evidenziati sopra non riguardano qualsiasi agglomerazione di imprese di
persone di uno stesso gruppo sociale, né tanto meno le imprese di immigrati che sono relativamente
disperse in un ambiente estraneo. Tali vantaggi si producono solo in quei casi nei quali un gruppo
16
Sull’importanza delle norme implicite nel funzionamento del distretto industriale si veda Dei Ottati 1986 e Brusco
2007.
17
Sulla divisione del lavoro caratteristica del distretto industriale e la sua integrazione si veda Becattini 1989; Dei Ottati
1995.
18
Sull’elevato numero di iscrizioni e di cancellazioni delle imprese cinesi di Prato si veda Marsden e Caserta 2010, p.2.
19
Sull’apprendimento per esperienza e il percorso tipico di mobilità economica e sociale nel distretto industriale si veda
Brusco 1995, pp.60-61.
12
abbastanza numeroso di persone con una identità distinta dia luogo ad una rilevante concentrazione
territoriale e settoriale di imprese specializzate, integrate fra loro attraverso un fitto intreccio di
relazioni che sono insieme di mercato e di comunità. Lo straordinario sviluppo dei cinesi di Prato,
dunque, oltre che all’accesso ad un mercato in espansione e all’ innovazione in esso rilevante, è
dovuto al formarsi di un’organizzazione la cui efficienza e vitalità, più che dalle singole imprese,
dipende dalle relazioni che le tengono insieme, relazioni che, come nel distretto industriale, sono
insieme di concorrenza e di cooperazione.
Come già notato, questi immigranti non intrattengono relazioni economiche e sociali frequenti solo
con i connazionali presenti nel luogo di residenza, ma hanno relazioni regolari anche con parenti e
amici emigrati altrove, e soprattutto con quelli che sono rimasti nel luogo di origine (Marsden e
Caserta 2010, pp.16-17). Queste relazioni non si limitano all’invio di modeste somme di denaro per
migliorare le condizioni di vita dei propri cari rimasti a casa, o allo scambio di informazioni
riguardanti la vita personale, come normalmente avviene per qualsiasi migrante. Come si è visto, a
seguito dell’accelerata crescita del numero delle imprese cinesi di Prato, alcuni di questi immigrati
sono diventati imprenditori transnazionali. Questa ulteriore trasformazione, anche se ha riguardato
un numero relativamente ristretto di imprenditori, ha avuto conseguenze di rilievo non solo per
coloro che l’hanno attuata. Ad esempio, gli immigrati che sono diventati importatori di tessuti
fabbricati in Cina, o quelli che hanno investito in imprese localizzate nel luogo di origine, grazie al
loro doppio inserimento, collegano le potenzialità di domanda nel luogo di immigrazione con quelle
di offerta nel luogo di origine. Questo in genere ha aumentato i guadagni ed il prestigio di tali
imprenditori, ma le loro attività transnazionali hanno anche avuto effetti più generali. I frequenti
contatti da essi intrattenuti per condurre i propri affari hanno mantenuto vive le relazioni col luogo
di origine. Quando tali relazioni economiche e sociali sono numerose e regolari, esse di fatto
collegano il luogo di origine di questi imprenditori col sistema di cui fanno parte nel luogo di
immigrazione (Sassen 1995, pp.111-113). Tale circostanza aumenta significativamente le
prospettive di sviluppo del luogo di origine degli immigrati: coloro che sono divenuti importatori
nel paese di immigrazione, privilegiando le imprese del luogo di origine come fonte di
approvvigionamento, ne favoriscono una crescita trainata dalle esportazioni 20 ; d’altra parte, tale
crescita a sua volta favorisce gli investimenti di questi imprenditori nel luogo di origine.
Il collegamento tra il luogo di origine degli immigrati e il sistema di imprese di cui fanno parte nel
luogo di immigrazione ha un impatto rilevante anche sullo sviluppo di quest’ultimo. Questo perché
l’infittirsi delle relazioni economiche e sociali, alimentato dalle attività degli imprenditori
transnazionali, estende la circolazione di informazioni, persone, merci e denaro dal sistema nel
luogo di immigrazione all’economia e alla società nel luogo di origine 21 . L’estensione
transnazionale delle reti di relazioni economiche e sociali che questi immigranti intrattengono col
luogo di origine, a cui si aggiungono le relazioni con parenti e conoscenti emigrati in altre parti
d’Italia, di Europa e del mondo, moltiplicano le occasioni di scoprire nuove opportunità d’affari;
allo stesso tempo, l’estensione della cerchia di relazioni con soggetti inseriti in contesti diversi
aumenta anche la possibilità di mobilitare le risorse necessarie per cogliere le nuove opportunità.
Infine, gli effetti dell’inserimento in un più ampio sistema di rapporti transnazionali sono
fortemente accresciuti dai recenti cambiamenti del contesto internazionale, più o meno direttamente
riconducibili alla cosiddetta globalizzazione e al progresso delle tecnologie di comunicazione. In
proposito, per il caso in esame un importante cambiamento è costituito dall’ascesa economica della
Cina 22 . L’ascesa della Cina come potenza economica mondiale, in particolare dall’inizio del nuovo
20
Per il caso dello sviluppo di Wenzhou, si veda Wu 2009.
L’ammontare delle rimesse che annualmente dalla Provincia di Prato sono dirette verso la Cina può dare un’idea della
dimensione del sistema cinese di Prato e della rilevanza delle sue relazioni con la madrepatria. Tale ammontare non a
caso è considerevolmente aumentato nel corso degli anni Duemila, raggiungendo un massimo di 464,3 milioni di Euro
nel 2009 per poi ridursi a 173,7 milioni nel 2010 e a 226,8 milioni nel 2011. (Statistiche Banca d’Italia, rimesse per
l’estero degli immigrati in Italia)
22
Sull’economia della Cina contemporanea si veda Musu 2011
21
13
secolo, ha notevolmente aumentato le opportunità dei cinesi emigrati all’estero di diventare
imprenditori transnazionali. Questo, sia importando e commercializzando nel paese di
immigrazione merci fabbricate in Cina, come nel caso degli importatori di prodotti tessili e
dell’abbigliamento di Prato, sia investendo in imprese localizzate in Cina, generalmente nel luogo
di origine, per estendere il proprio giro di affari, come è il caso di diversi pronto moda di Prato. Le
relazioni economiche transnazionali dei cinesi emigrati all’estero – in Cina comunemente
denominati cinesi d’oltremare – sono inoltre favorite dalle autorità pubbliche della Cina che, a
seguito della cosiddetta politica delle porte aperte, hanno manifestato un crescente interesse al
coinvolgimento dei cinesi di oltremare nello sviluppo della Cina. L’attenzione degli amministratori
locali, specialmente nelle aree a più forte emigrazione, si manifesta attraverso il sostegno alle
associazioni dei migranti (Liu H. 1998). Ad esempio, a Wenzhou, la città da cui proviene la
maggior parte degli imprenditori cinesi di Prato, il governo locale ha fondato l’Associazione dei
cinesi di oltremare che svolge diverse attività, tra cui quella di promuovere investimenti produttivi e
donazioni per realizzare infrastrutture e altre opere pubbliche da parte degli Wenzhouesi residenti
all’estero 23 . Le autorità politiche locali dei luoghi di origine dei cinesi di oltremare cercano di
attrarre gli investimenti dei cittadini emigrati sostenendo, anche finanziariamente, gli incontri
internazionali delle associazioni a base territoriale che questi imprenditori hanno costituito
all’estero. In questo modo i legami economici e sociali fra il luogo di immigrazione e quello di
origine si infittiscono e si rinsaldano, non solo per effetto delle relazioni economiche e sociali
intrattenute dagli imprenditori transnazionali, ma anche come conseguenza delle attività svolte da
queste associazioni che, pertanto, costituiscono la base istituzionale di questi legami. I ricorrenti
incontri internazionali delle associazioni degli imprenditori provenienti da uno stesso luogo e
residenti nelle più diverse parti del mondo svolgono anche un’altra funzione: tali incontri
consentono d’instaurare nuovi contatti fra imprenditori con una comune origine ed esperienza
migratoria, ma operanti in contesti economici e istituzionali differenti. Tutto questo permette di
instaurare una rete di relazioni transnazionali che, in particolare nell’attuale economia globalizzata,
costituisce un vantaggio non trascurabile (Lever-Tracy 2008).
In sintesi, l’eccezionale sviluppo dei cinesi di Prato è essenzialmente il risultato di un complesso di
fattori che comprendono, da un lato, l’accesso ad un mercato in crescita e all’innovazione in esso
rilevante grazie all’ inserimento nel contesto pratese, e, dall’altro, il formarsi di un’organizzazione
produttiva in cui come nel distretto industriale “le forze sociali cooperano con le forze economiche”
(Marshall 1972, p.396). Inoltre, nel caso analizzato, l’intensità delle relazioni transnazionali
consente al sistema locale dei cinesi di Prato di avere un’estensione transnazionale.
5. Conclusioni
Si è visto che nel corso degli anni Novanta il flusso di immigrati cinesi a Prato è stato consistente e
il loro inserimento nella struttura produttiva locale è stato favorito, all’inizio, dalla scarsa offerta di
lavoro a domicilio per la cucitura di capi di maglieria da parte degli autoctoni e, successivamente,
dall’introduzione e crescita dell’abbigliamento pronto moda. In questa prima fase si è trattato di un
inserimento in posizione subordinata, a vantaggio di una parte minoritaria (i maglifici)
dell’imprenditoria locale che, invece, per lo più produceva ancora con profitto (sebbene utilizzando
sempre più semilavorati importati) tessuti e filati di varie fibre.
Si è visto anche che le conoscenze produttive e le relazioni acquisite lavorando nel distretto pratese,
combinandosi con le risorse disponibili grazie alle relazioni con parenti e connazionali, hanno
consentito ad una parte di questi immigrati di trasformarsi da subfornitori a imprenditori finali di
pronto moda, a partire dall’inizio degli anni Duemila. Inoltre, si è messo in evidenza come questa
trasformazione e la crescita del numero degli immigrati e delle loro imprese che ne è seguita
abbiano prodotto un cambiamento qualitativo nell’organizzazione di questi immigrati, dando vita ad
23
L’8% degli imprenditori cinesi intervistati nell’indagine della Camera di Commercio di Prato afferma di aver
contribuito a finanziare opere pubbliche in Cina. (Marsden e Caserta 2010, p.17).
14
un sistema ed una specializzazione produttiva largamente indipendenti dal sistema tessile pratese.
Contemporaneamente all’affermazione del distretto cinese del pronto moda, l’industria tessile
pratese ha cominciato a perdere competitività, come testimoniato dalla progressiva riduzione del
valore delle sue esportazioni e del numero di imprese24 . Il perdurare della crisi del sistema tessile,
dovuto soprattutto alle difficoltà di adattamento al mutato contesto della globalizzazione (ma in
parte anche alla possibilità di ottenere redditi certi dall’affitto degli immobili agli immigrati cinesi,
invece di fare investimenti rischiosi nelle imprese) ha eroso la fiducia al suo interno e ridotto
l’efficacia delle sue istituzioni, formali e informali, il cui buon funzionamento è indispensabile per
l’integrazione e il rinnovamento del sistema stesso (Dei Ottati 2009b).
Diventa allora comprensibile come, di fronte all’aggravarsi della crisi del sistema tessile pratese,
l’apparentemente inspiegabile successo degli imprenditori cinesi abbia determinato nella società di
accoglienza un’ostilità crescente nei confronti di questi immigrati, al punto da far pensare di essere
arrivati ad una situazione senza via di uscita. Tuttavia, riflettendo meglio sui cambiamenti avvenuti
negli ultimi decenni nel contesto internazionale e in quello locale, uno sbocco positivo per il futuro
di Prato e dei suoi abitanti, di qualsiasi origine essi siano, appare possibile e praticabile, se i
soggetti interessati ne sono consapevoli e lo vogliono.
Una via di uscita appare possibile perché, dopo oltre un ventennio dall’arrivo a Prato dei primi
cinesi, sono maturate le condizioni per un nuovo e più sostenibile cambiamento nell’incorporazione
di questi immigrati nel contesto pratese. In primo luogo, dopo circa due decenni di rapida crescita,
l’immigrazione cinese in Italia e a Prato sembra stabilizzarsi (Fonazione Ismu 2012). Questo come
conseguenza dei cambiamenti avvenuti sia nel contesto di provenienza, sia in quello di
immigrazione. In quest’ultimo la dimensione della collettività cinese ha raggiunto una soglia critica,
mentre nelle campagne attorno a Wenzhou sembra esaurirsi la riserva di giovani disposti ad
emigrare, anche a causa dello sviluppo nel frattempo avvenuto in Cina e della perdurante
stagnazione economica europea. In secondo luogo la trasformazione di una parte significativa degli
immigrati cinesi da subfornitori a imprenditori finali ed un parziale spostamento verso attività
terziarie (tab.1) rendono il successo economico di questi immigrati sempre meno dipendente
dall’economia sommersa. Da ultimo ma non per importanza, i cinesi a Prato costituiscono ormai
una realtà sociale ed economica rilevante 25 e in buona parte radicata, perché formata da persone
che risiedono qui da anni dove hanno realizzato la propria aspirazione di mobilità economica, o da
soggetti che sono nati in Italia (30% dei residenti). In particolare questi ultimi rappresentano una
parte non trascurabile dei giovani di Prato, hanno frequentato o frequentano la scuola italiana e
quindi conoscono la lingua e la cultura italiana.
L’insieme delle suddette considerazioni rende oggi (2013) possibile un nuovo tipo di inserimento di
questi immigrati nel contesto pratese: un inserimento che non sia più subordinato come negli anni
Novanta, né relativamente separato dall’economia e dalla società di accoglienza come nel nuovo
secolo, bensì interdipendente con esse. Questo perché, da un lato, la crisi del vecchio distretto
tessile richiede un rinnovamento profondo delle sue basi economiche e sociali per essere superata.
D’altra parte, i cinesi che si sono stabiliti a Prato non hanno voglia di tornare in Cina, se non per
fare affari e, soprattutto, i loro figli sono di fatto pratesi (anche se è difficile immaginare che nella
situazione attuale si possano sentire tali), perché nati o cresciuti qui, dove hanno acquisito
conoscenze e relazioni e maturato aspirazioni ben diverse da quelle dei loro genitori. Pertanto,
anche il sistema dei cinesi di Prato è molto probabile che incontri difficoltà a riprodursi come in
passato nei prossimi anni.
24
Il valore delle esportazioni tessili della provincia di Prato dal 20001 al 2009 si dimezza, passando da 2,1 miliardi di
euro a 1 miliardo di euro. Nello stesso periodo di tempo le unità locali tessili passano da 4.976 a 2.926 e gli addetti
tessili da 32.218 a 18.431. (ISTAT: censimento dell’industria 2011 e archivio ASIA 2009). Si veda anche Dei Ottati
2009°.
25
I cinesi residenti nel Comune di Prato costituiscono quasi l’8% della popolazione complessiva e le imprese di
proprietà di immigrati cinesi nella Provincia di Prato sono oltre il 40% di quelle attive nella manifattura (fonte: Comune
di Prato e Camera di Commercio di Prato)
15
I tempi sono dunque maturi per costruire un nuovo rapporto fra le imprese degli immigrati cinesi e
quelle dei pratesi, un rapporto basato su relazioni di concorrenza e di cooperazione, così da
integrare i due sistemi ed i rispettivi settori di specializzazione con reciproco vantaggio, soprattutto
in prospettiva. Aumentare gli scambi con i pratesi aiuterebbe gli imprenditori cinesi a spostarsi da
una produzione prevalentemente basata sulla concorrenza di prezzo ad una produzione basata sulla
qualità e l’innovazione. D’altra parte maggiori scambi con gli immigrati cinesi che hanno relazioni
economiche e sociali col paese di origine aiuterebbero gli imprenditori pratesi, oltre che a
completare la filiera (obiettivo così spesso auspicato ma finora non realizzato), ad
internazionalizzare la produzione e la distribuzione nei paesi emergenti dell’Asia, obiettivo assai
difficile da raggiunger per imprese prive sia di capitali finanziari adeguati, sia di capitale sociale
adatto a questo scopo.
Infine si fa notare che un’integrazione del tipo di quella sopra prospettata appare possibile, anche
perché come si è visto in questo articolo, pratesi e immigrati cinesi hanno più elementi in comune di
quanto sembri a prima vista. In proposito, preme tuttavia sottolineare che una tale integrazione non
può attendersi dal semplice operare delle forze di mercato. Di contro essa deve essere voluta e
pazientemente costruita dai gruppi sociali interessati che, anche col contributo delle relative
istituzioni, acquistano sempre più consapevolezza della necessità di dare vita ad un nuovo e più
ampio sistema locale capace di integrare le attuali differenze. Difatti, considerando che il 26% dei
giovani con meno di 30 anni residenti a Prato non è di nazionalità italiana, la rivitalizzazione
dell’economia e della società locale non potrà avvenire senza l’inclusione di questi nuovi pratesi.
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