IL MURO DELL`ANORESSIA DAL SINTOMO AL

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IL MURO DELL`ANORESSIA DAL SINTOMO AL
IL MURO DELL’ANORESSIA
DAL SINTOMO AL DISTURBO E RITORNO: RIPENSARE L’ANORESSIA MENTALE
Per Kraepelin il soggetto è staccato dalla malattia di cui è portatore, e in qualche modo
deresponsabilizzato rispetto al problema della sua causa; invece, Freud rimette il soggetto al
cuore della malattia di cui è portatore facendo di essa un suo enigma, responsabilizzandolo nel
suo dire attorno a ciò che l’ha causata.
La nozione di “sintomo” è stata ripresa da Freud dal lessico della medicina ma reinventata alla
luce della psicoanalisi. Infatti, la clinica dell’anoressia mentale è situata tra una Clinica del
Disturbo ed una Clinica del Sintomo, come costruzione singolare e della sua soggettivazione da
parte di colui che ne patisce, propria delle psicoterapie dinamiche ed in particolare del discorso
e della pratica della psicoanalisi. Scegliere la via della psicoanalisi significa individuare
l’anoressia come sintomo e non come entità. Infatti, l’anoressia risulta come un processo di
costruzione inconscia in cui il soggetto che ne patisce è implicato, anche se non lo sa e rifiuta
di riconoscerlo, come di solito accade nelle pazienti con questo disturbo. E’ un tentativo di
soluzione, che si produce nelle ragazze durante il periodo puberale - adolescenziale e riguarda
il rapporto del soggetto con l’immagine di sé e del proprio corpo, la sua posizione nel legame
sociale e la sua esperienza della soddisfazione libidica con quanto di traumatico essa comporta.
Queste tesi si compongono di tre corollari:
- Singolarità del sintomo anoressico, l’anoressia può essere intesa solo in relazione al
soggetto che ne è portatore e alla sua storia singolare, irriducibile ad altre;
- Pluralità differenziale di forme del sintomo anoressico;
- Dimensione enigmatica dell’anoressia come sintomo soggettivo, fattore che contrasta
con la fenomenologia spontanea della condizione anoressica.
La forma dell’anoressia definita RESTRICTER, in cui la paziente, rinunciando al cibo e a
soddisfare l’appetito, si vive come padrona del proprio sintomo, illudendosi di esercitare un
controllo ferreo su di esso, e gode narcisisticamente di tale padronanza rispetto alla propria
spinta pulsionale verso l’oggetto. Queste sono caratteristiche che pongono la diagnosi e la
cura.
Nel ’63 vi era l’epoca delle mosche bianche, ovvero le pazienti anoressiche si incontravano
ancora raramente negli ospedali, e ancor meno negli studi privati di psicoanalisti e
psicoterapeuti. In netta prevalenza donne e adolescenti all’esordio del sintomo, presentavano
un’anoressia di natura quasi esclusivamente restrittiva, senza pratiche evacuative.
Nel ’78, Bruch definiva l’epoca dell’anoressia come malattia d’elezione delle ragazze di buona
famiglia nel mondo occidentalizzato. La diffusione del fenomeno dell’anoressia mentale a un
livello quasi edipico. La psichiatra americana sottolinea la connotazione sociale di questo
fenomeno: “un’affezione del genere colpisce le figlie delle famiglie benestanti, colte e
affermate, non solo negli stati uniti ma in molti altri paesi sviluppati. Raramente e quasi mai
colpisce i poveri”. In nove casi su dieci colpisce le donne, per lo più nel passaggio puberale –
adolescenziale, infatti si configura come una malattia prettamente femminile. Secondo la
Bruch, la diffusione di tale malattia è data da fattori socio-psicologici, tra i quali particolare
rilevanza assume l’effetto dei media, in particolare della moda e della televisione, sul rapporto
delle giovani col proprio corpo, in particolare rispetto all’ideale della magrezza femminile.
Negli anni ’80 e ’90 l’anoressia mentale verrà riconosciuta dalla psichiatria ufficiale come una
sindrome culturalmente caratterizzata nel DSM-IV. Il consumo sregolato della sostanza
alimentare occupa il centro della scena; vuoi nella sua versione bulimica di riempimento e
svuotamento del corpo, quasi solo nelle donne e con esordio per lo più puberale; vuoi nella
divo razione senza evacuazione che caratterizza l’obesità e la sua impressionante diffusione,
sia tra le donne sia tra gli uomini, e spesso con esordio infantile, negli ultimi decenni.
All’avvio del secondo millennio assistiamo ad un indebolimento del paradigma della
monosintomaticità e ad una diffusione progressiva del fenomeno della comorbilità, del
poliabuso di sostanze e delle patologie correlate. E’ sempre più diffuso incontrare pazienti
bulimiche che al contempo abusano di sostanze stupefacenti, di cocaina e di alcol, e che
dunque non trovano più nella sua patologia alimentare un ormeggio compensatorio sufficiente
a trattare la loro angoscia e il loro disagio.
Spesso la paziente anoressica, diligentissima studiosa fin da bambina, a un certo punto
abbandona in tronco lo studio per dedicarsi integralmente alla coltivazione del proprio sintomo;
ciò viene definita crisi del mito d’intelligenza dell’anoressica.
Inoltre, possiamo assistere ad un processo di globalizzazione del sintomo anoressico-bulimico
che travalica gli steccati dei paesi del mondo capitalistico avanzato.
Infine, assistiamo ad una trasformazione che tocca il rapporto tra anoressia e realtà virtuale e
che si sta sviluppando attraverso l’impiego del canale di internet. Si tratta di un fenomeno in
linea con gli sviluppi più avanzati delle tecnologie applicate ai media, che pone nuovi problemi
sia a livello clinico, ma anche a livello politico-sociale: la nascita della comunità virtuali di
anoressiche e bulimiche. Quindi si può parlare dell’epoca dell’anoressia-bulimia come comunità
virtuale identitaria. Sono siti, definiti PRO-ANA che si rivelano come un agente autosegregativo
distruttivo, quindi non finalizzato ad una lotta contro il sintomo, ma al contrario a un
rafforzamento collettivo ed esclusivo della passione per il sintomo come via alternativa al
legame sociale.
La sostanza che fa godere l’anoressica si presenta come invisibile. Possiamo considerare
l’enigma del godimento anoressico come il filo conduttore di questo nostro lavoro e come un
altro modo di dire ciò che incontriamo quando ci imbattiamo nel muro impermeabile
dell’anoressia mentale. Lacan afferma che l’anoressica non è colei che rifiuta il cibo, ma il
soggetto mangia un oggetto inaudito: il niente. E tale operazione le restituisce un godimento
pieno a cui non è disposta a rinunciare a nessun prezzo.
Infatti, possono esserci utili due definizioni che sono state coniate in questi ultimi anni:
• Disincanto feticistico, questa formula traduce la degradazione simbolica della parola e la
sfiducia verso l’Altro; inoltre, pone l’accento sulla spinta a un godimento cieco
dell’oggetto in posizione immaginaria di feticcio condensatore del godimento;
• Autoterapia superegoica, il soggetto trova attraverso l’innesco del sintomo una propria
soluzione autonoma a una condizione esistenziale che non riesce a sostenere, facendo a
meno del passaggio attraverso l’Altro della parole, in modo tale da curarsi da sé in
modo auto terapeutico.
L’anoressia e la bulimia si caratterizzano per il fatto di essere state dei trattamenti e delle
soluzioni; ovviamente, si tratta di soluzioni che conducono alla morte , suicidi non violenti.
Inoltre, l’anoressia e la bulimia si sono presentate per il soggetto come unica risposta possibile,
si tratta di una soluzione inconscia, che il soggetto ha prodotto senza saperlo per trattare una
difficoltà insormontabile emersa nel suo rapporto con l’Altro.
L’anoressia e la bulimia si scatenano nel periodo puberale, quando il corpo dell’adolescente si
rierotizza e installa il soggetto in una posizione di genere adulta. Inoltre, l’egosintonia maligna
che l’anestesia anoressica si porta con sé si manifesta in modo evidente negli effetti classificati
anche dal DSM-IV come disturbi che compongono il quadro della sindrome: l’amenorrea, la
perdita radicale di peso, la percezione alterata dell’immagine corporea (dismorfopercezione).
Le anoressiche durante questo loro periodo hanno un compagno che non si configura come un
partner di desiderio, ma come un complemento narcisistico, un supporto, un sostegno nella
malattia, in sostanza come un partner di appoggio, in posizione anaclitica.
Cosa molto importante è stata di mettere il sintomo tra parentesi; operazione necessaria a
dare la parola al soggetto che del sintomo e della sua sofferenza è portatore. Infatti, non
bisogna intervenire direttamente sul sintomo, ma invitare il soggetto anoressico a dire di sé e
della sua vita al di là del suo sintomo, ciò è finalizzato ad una premessa, ovvero che il sintomo
abbia uno statuto metaforico, simbolico, inconscio, che il soggetto ignora e il cui valore può
emergere solo se viene iscritto in una catena associativa, prodotta nel discorso del paziente,
relativa alla sua storia singolare.
Il sintomo anoressico potrebbe avere due vie da seguire, elenchiamole:
• Dimensione nirvanica, si trovano fenomeni clinici classicamente presenti nel lavoro con
le nostri pazienti; infatti, lungo questo sentiero il reale del sintomo si presenta come
qualcosa che addormenta, che spegne, come un estetico mortifero micidiale;
• Dimensione perturbante, questa è una via che risveglia, ovviamente non sarà un
risveglio felice, ma si tratterà di un risveglio sgradevole, effetto dell’incontro con
qualcosa di straniero che al contempo incarna quanto c’è di più intimo per il soggetto e
da cui si è tenuto lontano. Senza questo risveglio traumatico il soggetto non potrà
avviare un effettivo cambiamento della propria condizione.
DAL DEFICIT DELL’IO AL RIFIUTO DELL’ALTRO: BRUCH, PALAZZOLI E IL NUCLEO
DELL’ANORESSIA MENTALE
Durante gli anni ’60, Bruch e la Palazzoli affermeranno un’eziologia psicogenetica dell’anoressia
centrata sulla problematica dell’identità, del narcisismo, del rapporto del soggetto con
l’immagine del proprio corpo, e della sua posizione all’interno del sistema familiare, in
particolare in relazione alla madre.
Infatti, il loro lungo lavoro ha avuto due grandi obiettivi di critica comune che hanno finito per
l’affermarsi nel campo degli studi sull’anoressia mentale. In primo piano, hanno messo in
questione la natura organica della patologia; in secondo piano, trattano il trattamento analitico
dell’anoressia mentale.
Queste autrici hanno effettuato delle critiche che si possono riassumere in tre punti chiave:
• Opposizione a una psicoanalisi fondata su un’idea lineare della causalità psichica, su un
determinismo psichico che si formula sullo sviluppo della personalità e delle sue
produzioni sintomatiche;
• Ermeneutica del significato fantasmatico inconscio, riguarda la forma che struttura il suo
discorso e la modalità d’interazione fondamentale che ne caratterizza la posizione;
• Centralità dell’interpretazione semantica da parte dell’analista, che si produce a partire
da una posizione di sapere sulla verità inconscia della sofferenza della paziente.
La prospettiva di Bruch si concentra sui deficit di sviluppo della personalità che si producono
nel quadro delle interazioni primarie del soggetto per una insufficienza interna al processo di
apprendimento e di trasmissione; quindi, la logica del sistema viene integrata nella sua teoria
dello sviluppo della personalità all’interno di un’analisi della struttura dell’interazione
madre/bambino nel processo di apprendimento.
Per questa autrice l’anoressia mentale in adolescenza ruota attorno a tre funzioni psicologiche
perturbate: il disturbo patognomonico della percezione dell’immagine e del concetto del proprio
corpo, la mancanza di un’accurata percezione e interpretazione degli stimoli del corpo, tra cui
in particolare la sensazione di fame e di sazietà, e infine il senso paralizzante di inefficacia e di
impotenza che sta sotto il negativismo indiscriminato della condotta anoressica conclamata.
La forma di anoressia vera viene definita, da Bruch, anoressia tipica o primitiva ed è
caratterizzata dall’ossessione per la magrezza che sostiene il rifiuto del cibo da parte della
ragazza. Infatti, l’anoressia si sviluppa come lotta disperata a partire da un bisogno di dominio,
è una lotta per l’autonomia, per un senso d’identità, di competenza e di efficacia, portato
avanti da un soggetto caratterizzato da un deficit dell’Io, da una fragilità narcisistica. Quindi
bisogna condurre la paziente anoressica, durante la cura, ad un’adesione maggiore al principio
di realtà e a una correzione delle proprie cognizioni e percezioni distorte, ciò è un obiettivo
centrale nell’impostazione terapeutica che permane durante il lavoro di trasformazione che
riguarda la personalità nel suo complesso.
Invece, la Palazzoli si dichiara totalmente d’accordo con l’autrice precedente. La dimensione
primaria del rifiuto prende la forma del rinnegamento del corpo come meccanismo
fondamentale su cui si fondano gli effetti secondari dei disturbi dispercettivi corporei focalizzati
da Bruch. Il rinnegamento poggia su un materialismo di base dell’anoressica, dove il corpo è il
luogo, il punto d’incontro indispensabile dei rapporti con gli altri. Rifiutare il corpo significa
rifiutare la socialità, la solidarietà col mondo, la responsabilità. L’anoressica rinnega il proprio
corpo in quanto strutturalmente iscritto nel campo dell’altro; il suo materialismo basale
consiste nel non voler perdere nulla del godimento primario che il dominio autistico sul proprio
corpo le produce e a cui dovrebbe in qualche misura rinunciare se accettasse la sua iscrizione
nel legame sociale, la sua sottomissione alle leggi del significante.
Questa autrice descrive che la posizione dell’anoressica non è quella di suicido, anzi di una
“anti-morte”. Infatti, ha sottolineato il vitalismo paradossale, sul filo della morte, con cui
l’anoressica si mantiene aggrappata alla vita, realizzando un olocausto della pulsione orale.
Inoltre, si afferma che è una vita senza l’Altro ciò che l’anoressica difende, infatti l’Altro
familiare dell’anoressica è un Altro rifiutante.
La Palazzoli, al riguardo si esprime in tal modo:
“il rifiuto dei messaggi altrui è, nella famiglia della paziente anoressica, la modalità di massima
frequenza; infatti, ben raramente un membro conferma quanto l’altro sta dicendo, e come si
definisce nella relazione. Tale rifiuto colpisce il messaggio in sé, sia nel suo livello di contenuto
che in quello di definizione della relazione”.
Per Lacan, se l’anoressica ha una percezione alterata del rapporto con la realtà del proprio
corpo, con l’immagine esterna così come con le sensazioni propriocettive provenienti
dall’organismo, è perché qualcosa non ha funzionato nel processo di costituzione significante
della ragazza; in altri termini, il grado di alterazione dell’io è effetto strutturato di una
problematica iscrizione significante del corpo del soggetto che diverrà anoressico.
TRA NARCISISMO E DIPENDENZA: L’ANORESSIA NELLA PEDOPSICHIATRIA PSICODINAMICA
FRANCESE E NELL’APPROCCIO KLEINIANO-BIONIANO DELLA TAVISTOCK
Nel ’72 Kestemberg e Decobert hanno pubblicato un loro lavoro, “la fame e il corpo”, che
introduce lo spostamento della questione anoressica dalla dimensione stadiale – pulsionale alla
dimensione narcisistica.
La clinica dell’anoressia mentale si presenta, per questi autori, come una clinica del narcisismo
primario e della relazione speculare, tra la figlia e il desiderio materno. La madre tende a
configurarsi nelle fantasmatizzazioni della figlia come oggetto onnipotente e tendenzialmente
asessuato, mentre il padre si presenta come “maternizzato”; quindi la coppia si presenta
spesso come fusa, non differenziata al suo interno, dunque non in grado di rappresentare per
la figlia l’articolazione della differenza tra i sessi.
In quest’opera vi è un altro punto principale che si affronta, quello della dimensione perverso feticistico. Il soggetto anoressico non si presenta come pietrificato nel passato, ma esercita un
diniego del passato ed è proiettato in avanti; non vede la gravità della sua condizione corporea
e si proietta in prestazioni intellettuali e fisiche, da cui trae una soddisfazione narcisistica.
L’anoressia consiste in una scissione sia dell’io ma anche del corpo; scissione tra un corpo
ideale, investito narcisisticamente come un feticcio, ed un corpo reale, corpo abitato dalla
spinta al piacere pulsionale, rifiutato e sottoposto a un diniego forsennato.
Il rifiuto anoressico viene chiamato “orgasmo della fame”; è un’esperienza in cui si ha un
godimento che si fonda sul rifiuto del cibo, infatti questo tipo di orgasmo è l’effetto di
un’erotizzazione massiva del rifiuto del cibo e del piacere di funzionare in questo rifiuto. Per
quanto riguarda, il disgusto del cibo esprime il rifiuto anoressico del cibo irriducibile al disgusto
isterico per il cibo, legato metaforicamente al desiderio sessuale del soggetto e al suo rapporto
col desiderio dell’Altro che lo dona.
Brusset definisce l’anoressia come tossicomania endogena, infatti, la posizione anoressica di
rifiuto delle soddisfazioni incarna un’attitudine controtossicomaniaca che si realizza in
un’appetenza tossicomanica, mentre dall’altra parte si realizza un godimento particolare e
ricercato dove l’aumento delle endorfine e l’effetto euforizzante che ciò produce in seguito alla
pratica del digiuno protratto e che egli definisce come tossicomania endogena.
L’approccio all’anoressia formulato da Williams si focalizza sul tema del rifiuto della dipendenza
dell’altro; essa è orientata sul rapporto tra bambino e madre, il meccanismo dell’identificazione
proiettiva che lo caratterizza, nonché il passaggio dalla posizione schizoparanoide alla posizione
depressiva. Bion descrive lo svolgimento di tale passaggio con un’analogia del campo di
alimentazione: la madre gioca il ruolo chiave in quanto ha la funzione di accogliere,
metabolizzare e restituire predigeriti al bambino quei vissuti frammentati, caotici e
disorganizzati che lo attraversano e non è in grado da solo di metabolizzare. Bion formula
elementi beta che sono costituiti da contenuti bizzarri, caotici, frammentati e disgreganti che
attraversano il bambino e che egli dirige verso la madre. Quest’ultima ha il compito di
accogliere tali elementi beta dentro di sé, e qui si situa la sua funzione di contenitore psichico
delle angosce di frammentazioni del bambino. Mentre attraverso la funzione alfa la madre ha il
compito di trasformare tali elementi bizzarri in elementi metabolizzabili e di restituirli al
bambino in una forma digeribile del suo pensiero.
Inoltre, Williams identifica la funzione di divieto d’accesso che svolge la funzione difensiva di
bloccare l’ingresso ad ogni imput sentito potenzialmente come intrusivo e persecutorio. Invece,
ciò che si realizza nella bulimia è che il corpo del soggetto viene invaso dalle proiezioni, frutto
di genitori che proiettano angoscia invece di contenerla.
LA RISPOSTA LACAN: IL PARADIGMA STRUTTURALE DELL’ANORESSIA MENTALE
Lacan non ha mai dedicato un suo scritto a questo disturbo, anoressia; ma possiamo trovare i
principali riferimenti in tre snodi precisi che si possono riassumere nel paradigma psicogenetico
regressivo, nel paradigma dialettico isterico e in quello causativo strutturale.
Nel paradigma psicogenetico regressivo, il riferimento all’anoressia si delinea attorno a 4 nodi:
• Svezzamento, trauma psichico, anoressia mentale, l’anoressia si presenta come trauma
psichico, è il rifiuto dello svezzamento;
• Imago materna, appetito di morte e anoressia, l’imago si trasforma da “salutare
all’origine” ad “fattore di morte”;
• Anoressia, tossicomanie, nevrosi gastriche: suicidi non violenti, l’anoressia col suo
sciopero alla fame si presenta con l’avvelenamento lento delle tossicomanie orali e con
il regime di carestia della nevrosi gastrica;
• Anoressia e declino dell’imago paterna, l’anoressia porterà il soggetto a ripetere
all’infinito lo sforzo del distacco della madre.
Nel paradigma dialettico isterico troviamo altri nodi:
• Anoressia, bisogno e desiderio;
• Anoressia e confusione genitoriale delle cure con il dono dell’amore, i genitori
rispondono al soggetto somministrandogli accuratamente le cure e gli oggetti dl
bisogno, ma rimanendo cieco dinanzi alla domanda fondamentale che anima il suo
desiderio, la quale è domanda d’amore;
• Anoressia, rifiuto e desiderio, l’anoressica fa funzionare il suo rifiuto come una domanda
inconscia e muta che interpella l’altro per ottenere il segno dell’amore;
• Anoressia, magrezza e fallo: il sogno della bella macellaia, la rinuncia della protagonista
di mangiare il suo cibo preferito è dato dal mantenere il proprio corpo magro. Qui viene
fatta valere l’equivalenza corpo magro = fallo;
• L’anoressia e il nutrirsi di niente, il niente di cui l’anoressica si nutre incarna la
strutturale metonimia del desiderio umano;
• Anoressia mentale, sapere e mangiare niente: l’uomo delle cervella fresche, il sintomo
chiave portato da questo paziente era quello di una grande inibizione a pensare
qualcosa di proprio, legata all’idea fissa di essere un plagiatore; si tratta di una sua
ossessione, infatti esso risponde con un acting: uscito dallo studio di Kriss, si precipita
al ristorante a mangiare il suo piatto preferito le cervella fresche. Questo caso mette in
evidenza la dimensione mentale dell’anoressia come rifiuto di pensare in proprio.
Laurent definisce questa forma di anoressia un’anoressia di alienazione, in quanto
l’effetto sul soggetto è ad ogni modo un effetto di alienazione.
• Bulimia e frustrazione della domanda d’amore, Lacan formula una definizione possibile
della bulimia, come compensazione, laddove parla di una soddisfazione di ripiego,
ottenuta attraverso il cibo, di una frustrazione della domanda d’amore del bambino.
Nel paradigma causativo strutturale, il riferimento di Lacan all’anoressia si situa in 4 nodi
essenziali:
• L’anoressia e il niente come oggetto (a) prodotto dallo svezzamento nel tempo della
separazione, la costituzione del soggetto presuppone la separazione dall’oggetto (a)
come organo, che Lacan definisce questo oggetto, il niente in quanto il soggetto si
svezzò da qualcosa che da subito non è niente per lui. Inoltre, Lacan afferma che lo
svezzamento è qualcosa che il bambino mette in atto, non qualcosa che subisce;
• Il bambino anoressico mangia il niente, il mangiare niente del bambino anoressico
mostra l’irriducibilità dell’oggetto (a) al campo del significante;
• Il mangiare il niente anoressico e l’oggetto dello svezzamento funzionante come
privazione al livello della castrazione, attraverso il rifiuto di mangiare cibo, l’oggetto
niente viene trattenuto nella bocca vuota e positivizzato come godimento reale in atto;
• L’anoressica, il fantasma della propria sparizione e la questione che incarna nell’enigma
del desiderio dell’altro parentale: può perdermi?, la minaccia di sparizione che
l’anoressica agisce col corpo rifiutando il cibo, è la manovra che punta a mettere alla
prova l’amore dell’altro fino al rischi della propria morte.
SVILUPPI DELL’ORIENTAMENTO LACANIANO SULL’ANORESSIA
Lacan pone al centro della questione anoressica il problema del legame familiare, articolando il
rapporto del soggetto con l’altro di cui i genitori, in particola modo la madre, sono la prima
incarnazione concreta.
Invece, Menard mette al centro della sua ricerca la “struttura significante dell’anoressia” e il
problema del godimento anoressico come questione cruciale della teoria e della cura. Inoltre, il
problema essenziale nel tempo della frustrazione è la mancanza stessa che è mancata; cioè il
soggetto anoressico nel tempo della frustrazione cerca, attraverso il rifiuto del cibo, di
provocare nel desiderio dell’altro ciò che non riesce a trovarvi: il dono di un segno d’amore per
lui.
Per quanto riguarda, la cura dell’anoressia consiste nel permettere al soggetto di compiere il
passaggio dal tempo logico della privazione al tempo della castrazione, passaggio che ha eliso
con la costruzione del sintomo.
Recalcati è stato il direttore scientifico dell’ABA (associazione per lo studio e la ricerca
sull’anoressia, la bulimia e i disordini alimentari); Soria, invece, sviluppa la sua ricerca sul
quadro di un gruppo di lavoro sull’anoressia e bulimia dell’Istituto Clinico de Buenos Aires
(ICBA).
La ricerca di Recalcati può essere riassunta in due scansioni; la prima è costituita
dall’elaborazione di una teoria dell’anoressia e della bulimia radicata nell’insegnamento di
Lacan, in grado di orientare il lavoro clinico con le pazienti anoressiche e bulimiche; l’altra
scansione, si caratterizza per lo sviluppo del paradigma di ricerca sulle nuove forme del
sintomo, includendo l’anoressia al loro interno, in linea con l’indicazione di Miller.
Recalcati tratta dell’”inclinazione olofrastica”, cioè il discorso anonimo del soggetto anoressicobulimico riguardo il peso, al cibo e ad il corpo, che testimonierebbe il desiderio debole; inoltre,
egli tratta anche lo “stadio dello specchio”, che riguarda il rapporto dell’anoressica col proprio
corpo.
Soria, invece, presenta il suo lavoro come uno scandaglio focalizzato sulla clinica anoressica e
della bulimia; infatti, mette in evidenza, nell’anoressia, un fallimento dell’equazione del corpo
= fallo, la quale è in contraddizione con la spinta a essere il fallo per l’altro, spinta che sta al
cuore dell’identificazione isterica.
Il quadro dell’anoressia si presenta con alcune caratteristiche peculiari: esprime l’attaccamento
di un soggetto al proprio sintomo, manifesta in modo estremo la potenza del rifiuto, non solo
del cibo ma anche di qualsivoglia cura; in essa il soggetto non domanda niente, il potere
simbolico della parola è nullo.
La risposta terapeutica dell’anoressia è l’ospedalizzazione, in quanto solo ciò permetterà di
ritrovare un rapporto autentico con la parola e l’emergere successivamente di una domanda di
psicoterapia o di psicoanalisi in buonissime condizioni.
La clinica dell’anoressia mentale è una clinica dell’angoscia, quest’ultima sarà sempre presente
nel quadro clinico in una forma speciale, quella dell’angoscia per l’altro.
Per concludere, tutto ciò lo riassumiamo in poche riga:
“l’anoressia non ha alcun rapporto con la bulimia, salvo se ci si sbaglia sui mezzi per prenderla
in carico. La bulimia è indotta nell’anoressica dalle pressioni esercitate, dalla suggestione
ripetuta, dal peso elevato come criterio ultimo e come l’ultima la parola del sintomo. L’aumento
di peso viene vissuto come una catastrofe, che lascia il soggetto in una solitudine ancora più
difficile da sopportare per lui e che attualizza il rischio di suicidio. Manteniamo la definizione di
Lacan: L’ANORESSICA E’ COLEI CHE MANGIA IL NIENTE!.”
LE QUATTRO FUNZIONI DEL RIFIUTO NELL’ANORESSIA MENTALE
L’obiettivo che ci poniamo è quello di definire in modo specifico lo statuto del rifiuto nella
clinica dell’anoressia mentale; queste ragioni possono essere riassunte in 4 punti fondamentali:
• Evidenza fenomenologica, riguarda il rifiuto del cibo, del corpo femminile, della
sessualità, del legame sociale. La Sagna ha affermato: “in quanto clinici, quello con
cui ci confrontiamo, quando incontriamo l’anoressica, è per l’appunto la potenza del
rifiuto”.
• Funzione del suo statuto affermativo o positivo di soluzione, in questa
fenomenologia il rifiuto anoressico si presenta come una presa di posizione presso
l’altro.
• Elevare il rifiuto anoressico dal mero statuto di comportamento della dimensione
simbolica, questo ci conduce ad individuare il cuore della posizione anoressica al di
là della dimensione narcisistico - speculare, considerandolo un rapporto del soggetto
con l’altro ed il godimento.
• Infine, indagare la funzione del rifiuto nella clinica dell’anoressia mentale permette
di rivelare le varie modalità di godimento.
-FUNZIONI DEL RIFIUTO NELL’ANORESSIA ISTERICA:
1. Il rifiuto come condizione del desiderio, Lacan mette in evidenza che l’isterica attraverso la
pratica del rifiuto tratta del desiderio umano. Miller considera l’anoressia un paradigma
strutturale del desiderio umano come desiderio di niente, come rifiuto che crea quel vuoto
d’essere, infatti, il soggetto rifiuta il cibo quando vuole trasmettere che ciò che gli manca in
quel momento è l’altro;
2. Rifiuto come metafora della domanda d’amore: domanda inconscia di rettifica della
posizione soggettiva dell’altro verso il soggetto, Lacan afferma che i genitori confondono
nel rapporto con la figlia le cure con il dono dell’amore. Infatti, l’anoressica orchestra il suo
rifiuto come un desiderio, insegnandoci così che rifiutare è il modo di domandare, la forma
della domanda che ritroviamo nell’anoressia isterica, in versione paradigmatica e radicale;
3. La minaccia di sparizione nel transfert analitico: la spinta all’interruzione della cura e il suo
versante simbolico, durante il transfert dall’analista al paziente anoressico si può
presentare un rifiuto del trattamento, la minaccia d’interruzione, e l’aggravamento
sintomatico;
4. Il rifiuto come domanda inconscia d’interpretazione, nelle anoressiche nevrotiche il rifiuto
del trattamento acquista il valore di una domanda inconscia rivolta all’altro (= durante la
cura è incarnato dall’analista), per poter verificare il desiderio che quest’ultimo immette nel
lavoro che sta conducendo col paziente.
-IL RIFIUTO COME DIFESA:
a) Il rifiuto del cibo come difesa, il rifiuto dell’anoressico nei riguardi del cibo viene visto
come una difesa dall’appetito; infatti, gli autori, come Decobert e Kestemberg, alla base
di tale rifiuto individuano che vi è un orgasmo della fame, dove il piacere si concentra
nella sua muta ebbrezza della fame ricercata, inseguita e ritrovata. Lacan afferma che
l’anoressica non è che non mangi, anzi ella mangia, ma mangia il nulla/niente;
b) Rifiuto dell’immagine del corpo allo specchio: fallimento parziale dello stadio dello
specchio e difesa dal ritorno del reale in anamorfosi, accanto al rifiuto del cibo vi è
anche quello della dismorfopercezione, ovvero l’anoressica pur vedendo il suo corpo allo
specchio osserva un troppo grasso nell’immagine del proprio corpo e questo le permette
di non guardare l’immagine di se reale;
c) Rifiuto come difesa della pulsione: il rifiuto del godimento, si tratta nell’avere non solo
un rifiuto del cibo e di un rapporto alterato con l’immagine del proprio corpo ma anche
di un rapporto particolare con la sessualità; infatti, si ha un’amenorrea, che è
accompagnata da una sparizione della vita sessuale;
d) Rifiuto dell’altro, nuove forme del sintomo e anoressia, di solito il soggetto anoressico si
presenta senza storia e senza memoria, infatti il nostro obiettivo sarà quello di far
emergere dal suo discorso la possibilità di una riapertura.
-IL RIFIUTO COME GODIMENTO:
• Mangiare il niente, positivizzazione libidica del rifiuto anoressico, il rifiuto del cibo
diviene una pratica affermativa di godimento che ruota attorno a un oggetto speciale
inaccessibile allo sguardo, che Lacan definisce “niente”;
• Godimento cannibalico del rifiuto: tra anoressia e melanconia, un cannibalismo
dell’oggetto niente, che lo sostiene a livello libidico della pulsione orale; più rifiuta il
cibo, più l’anoressica gode senza limite divorando il proprio oggetto niente, che non
evacua dalla sua bocca e non esce, non si stacca dal suo corpo.
LINEE DI ORIENTAMENTO NELLA CURA DELL’ANORESSIA MENTALE
Un problema importante è la diagnosi. Per poterla effettuare bisogna isolare tre livelli di
funzionamento del soggetto: un livello descrittivo essenziale della sintomatologia, un livello che
inerisce la struttura della personalità ed infine un livello che riguarda la posizione del soggetto.
Lacan tratta della diagnosi di struttura, che punta ad isolare sia il rapporto dominante del
soggetto con l’altro e sia il rapporto dominante del soggetto con il godimento. In anzi tutto
l’Altro deve essere inteso come rapporto del linguaggio, con la propria storia, con la legge e
con il significante; e non deve essere inteso come rapporto con un simile.
E’ importante individuare le caratteristiche sintomatologiche dell’anoressia mentale, in quanto
orientano la diagnosi in positivo, inoltre, da ciò possiamo individuare anche il grado del legame
del soggetto col proprio sintomo.
Fin dal primo incontro clinico s’impongono due punti nodali nella rilevazione diagnostica: le
condizioni del corpo, e la posizione del soggetto portatore della malattia. Essi sono due
indicatori clinici fondamentali, che sono dati dal grado di egosintonia e dal livello di
soggettivazione della condizione patogena.
Quando il soggetto fa l’ingresso nell’anoressia mentale e avvia la così detta LUNA DI MIELE
con l’anoressia, il suo grado di egosintonia rispetto ad essa è massimo ed il livello di
soggettivazione della sua condizione patogena è minimo se non del tutto assente, perché il
soggetto mette in atto un misconoscimento fondamentale della malattia.
Se i valori fisiologici della paziente, in primo luogo l’indice di massa corporea è al disotto della
soglia oltre la quale essa è a rischio di sopravvivenza, ed è addirittura controproducente
avviare o continuare un lavoro psicoterapeutico, e l’indicazione terapeutica necessaria è il
ricovero in ospedale in un reparto di nutrizione clinica.
L’indicazione di ricovero è importante, non solo per quello che abbiamo accennato
precedentemente, ma anche per tre ragioni clinici essenziali:
1. Eclissi del soggetto, il soggetto scompare, la sua parola è completamente svuota di
valore, il suo valore con gli altri diventa inesistente, la sua posizione è fuori discorso
rispetto a quanto accade intorno a lui;
2. Ipnosi a rovescio, a volte non solo l’anoressica, ma anche i genitori di ella cercano di
convincere l’analista che la parola sia meglio di un ricovero;
3. Sostenere il ricovero, in quanto tale ricovero possa rivelarsi l’incontro con un argine
simbolico, oltre che un intervento che la mantiene in vita.
Inoltre, cosa fondamentale è individuare che cosa il soggetto domandi attraverso il rifiuto e a
chi lo domandi. Infatti, bisognerà individuare che rapporto sussista tra la paziente ed i familiari
e quale funzione rivesta la malattia della figlia all’interno dell’economia dei rapporti familiari.
Inoltre, la famiglia dell’anoressica fatica a funzionare come dispositivo simbolico che interdice
producendo così un deficit di separazione simbolica da parte dei suoi membri, in particolare
della figlia che diviene anoressica.
Il primo passo fondamentale dell’anoressica è quello di incontrarsi allo specchio e di poter
osservare il suo corpo scheletrico col suo sguardo pieno d’angoscia. Cosa importante il
soggetto può articolare una domanda d’aiuto al medico, tale domanda sarà data da tre
elementi:
1. La compliance desoggettivata, quando il soggetto accetta di curarsi;
2. Ambivalenza della domanda, il soggetto domanda di essere curato;
3. Pervasività del godimento, il soggetto domanda un riequilibrio delle condizioni
fisiologiche del proprio corpo.
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