La Formazione del consulente di Bilancio di Competenze all`interno

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La Formazione del consulente di Bilancio di Competenze all`interno
La Formazione del consulente di Bilancio di Competenze
all’interno del Centro per l’Impiego: una sperimentazione dal
CPI di Cassino
The training on skills balance for consultants within an
Employment Help Center: an example of application by the
Employment Help Center of Cassino
Maria Teresa Serranò1 – Valeria Verrastro2
Riassunto
La crisi economica che attraversa l’Italia ha generato dati estremamente preoccupanti
in termini di occupazione ed inserimento nel mondo del lavoro. In base ai dati ISTAT,
nel 2013 l’occupazione in Italia è diminuita di 478 mila unità, con un calo del 2,1%
rispetto al 2012. La crescita dei disoccupati prosegue anche nell’ultimo anno, anche se
a ritmi meno sostenuti e continua a rimanere su livelli elevati nei primi tre mesi del
2014: al netto degli effetti stagionali infatti, a marzo 2014 ha raggiunto quota 3 milioni
248 mila unità. In un contesto come questo diviene necessario individuare luoghi e
strumenti capaci di guidare il singolo nel mercato del lavoro, di affiancarlo
psicologicamente e tecnicamente attivando percorsi di self marketing professionale.
Tale compito può essere assolto dai Centri per l’Impiego – CPI – i cui operatori sono
costantemente impegnati nell’individuare strumenti atti a valutare e valorizzare le
competenze di ciascun individuo.
Uno strumento importante a sostegno del lavoro dei CPI è il Bilancio di competenze. Il
presente articolo descrive una sperimentazione svolta all’interno del CPI di Cassino
con l’obiettivo di formare, personale proveniente dai differenti CPI d’Italia, all’utilizzo
del Bilancio di Competenze.
Parole chiave
Centro per l'impiego, lavoro, abilità, competenze, bilancio di competenze.
Abstract
The economical crisis that has been striking Italy for the last years caused a alarming
contraction of the labour market in terms of total number of employed people and new
entries in the labour market. According to ISTAT, 2013 has been characterized by a
reduction in employment of 478 thousands units, corresponding to a contraction of
2.1% with respect to 2012. The number of unemployed people continues to arise even in
2014, even if the rate is slightly slower: without considering the seasonal effects, in fact,
the number of unemployed reached 3 millions and 248 thousands units.
In such a framework, it is key to identify structures and tools capable of assisting and
leading the person looking for an employment to properly move within the current
labour market and, at the same time, provide technical and psichological support
aiming at stimulating proper self-marketing strategies.
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This task can be successfully accomplished by Employment Help Centers whose
operators are trained to efficiently search for tools required to evaluate and promote
the skills of each candidate.
One of the most effective tools in such a task is the skills balance. This paper aims at
describing the research carried out at the Emplyment Help Center of Cassino with the
goal of training operators coming from different Employment Help Centers across Italy
on the use of the Skills Balance techniques.
Keywords
Employment service, job, skills, skills balance.
La società della flessibilità: i lavoratori della conoscenza
Il termine flessibilità è divenuto ormai parte integrante della vita di ciascun individuo e
viene sempre più utilizzato in riferimento a concetti quali il lavoro flessibile, il tempo
flessibile, le competenze flessibili.
Lo scenario odierno è quello di una società in continuo mutamento e frammentata, in
cui il singolo si trova a dover affrontare continui rischi (Beck, 1986) e continue
incertezze (Bauman, 1999) ed in cui spetta quasi esclusivamente all’impegno
individuale (Bauman, 2002) la realizzazione di processi di sviluppo quali l’avvio di start
up d’impresa e la valorizzazione delle proprie abilità.
“All’alienazione da ruotine e all’oppressione della monotonia tipiche del lavoro
industriale, si sono sostituiti l’ansia da variabilità, lo stress da competizione
individualizzata, permanente e senza legami e la frenesia da lavorismo”(Zucchetti,
2005 p.63)
Questa flessibilità ricade sull’individuo modificandone abitudini, stili di vita, relazioni
interpersonali, tempo libero e ruolo lavorativo (contenuti, processi, tempistiche,
motivazioni, etc.). In particolare, di fronte ad una crisi economica globale e ad un
mercato in cui domanda ed offerta non risultano essere più bilanciate, il lavoratore è
chiamato a mettere in campo strategie in grado di renderlo “appetibile” nei confronti
delle imprese.
E’ per questo che si è sempre più diffuso il concetto di learning society per indicare una
“società a sistema aperto finalistico rispetto alla propria missione. Una concezione di
sistema in cui la dimensione strutturale si interseca sempre più con la valorizzazione
delle così dette “risorse immateriali dei sistemi” il cui cuore sono le risorse umane”
(Alberici, 2002, p.7).
In base al Rapporto Annuale Istat La situazione nel Paese presentato nel 2014, il
mercato del lavoro italiano ha risentito pienamente della fase recessiva attraversata
dall’economia italiana, con un consistente calo dell’occupazione. In precedenza,
l’indebolimento dell’attività economica aveva causato soprattutto una diminuzione delle
ore lavorate. Già nella seconda parte del 2012 e lungo l’arco dell’anno, la fuoriuscita di
occupati dal sistema produttivo ha assunto dimensioni ragguardevoli. Secondo i dati
della rilevazione delle forze di lavoro, nel 2013 l’occupazione è diminuita di 478 mila
unità, con un calo del 2,1% rispetto al 2012.
La crescita dei disoccupati prosegue anche nell’ultimo anno, anche se a ritmi meno
sostenuti e continua a rimanere su livelli elevati nei primi tre mesi del 2014: al netto
degli effetti stagionali, a marzo 2014 raggiunge quota 3 milioni 248 mila unità.
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Fig.1 Occupati e Tasso di disoccupazione Anni 2009-2014 (dati mensili, valori in
migliaia e percentuali)
Fonte Istat, Rilevazione sulle forze lavoro
I più colpiti dalla crisi del mercato del lavoro sono i giovani, molti dei quali non
riescono a portare a termine il processo di transizione studio-lavoro incrementando la
popolazione dei NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero di quella
quota di under 30 privi di occupazione e non inseriti in nessun percorso di istruzione o
formazione. Con riferimento ai dati relativi al 2013, i NEET ammontano a 2 milioni e
439mila unità, pari al 26% della popolazione di quella fascia di età.
In questa situazione di scarsità di opportunità, le fasce giovanili in particolare sono
divenute sempre più disponibili ad accettare lavori meno qualificati, con una
conseguente crescita del fenomeno dell’over education. Si registra, inoltre, una
considerevole riduzione dello stipendio dei ragazzi che fanno il loro ingresso nel
mercato del lavoro ed il conseguente aumento dei cosiddetti working poors, ossia i
lavoratori a basso salario. Fino a poco tempo fa, era opinione condivisa che l’istruzione
rappresentasse l’elemento determinante per la crescita della capitale individuale e che,
pertanto, fosse un investimento redditizio in vista del collocamento professionale.
Oggi, in un contesto in cui il titolo di studio è sovradimensionato rispetto al lavoro
realmente svolto, investire in istruzione non sembra essere, per i giovani, così allettante.
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Fig.2 Tasso di disoccupazione fascia d’età 15.65 anni (medie annue e
percentuali)
Fonte CNEL/Dati Istat, Rapprto sul mercato del lavoro 2012-2013
valori
La ricerca di una nuova occupazione interessa anche le politiche di genere con il
coinvolgimento di molte donne che si attivano per entrare nel mondo del lavoro per la
prima volta o per rientrarvi. Spesso, però, riscontrano notevoli difficoltà nel trovare
un’occupazione e, nei casi fortunati in cui vi riescono, si tratta generalmente di
professioni poco qualificate. Situazione, questa, che continua ad alimentare i dislivelli
in termini di pari opportunità tra i generi riguardo l’attività lavorativa (Rapporto CNEL,
2013).
E’ questa la fotografia che CNEL e ISTAT forniscono rispetto all’economia italiana:
un’immagine ormai nota ma, per alcuni aspetti, ancora allarmante, soprattutto nei
confronti delle richieste che questa società ha verso i suoi cittadini che devono
impiegare sempre più sforzi ed energie per districarsi nelle dinamiche di mercato e
trovare il proprio ruolo professionale.
I lavoratori di oggi sono quelli che lo studioso americano Peter Drucker nel 1959, nel
suo libro Landmarks of Tomorrow additò come knwoledge worker, lavoratori del
sapere, ovvero lavoratori capaci di specializzarsi continuamente per capitalizzare la
conoscenza.
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E’ la “conoscenza” – intesa come sapere, saper fare e saper essere – ad aver intriso la
società in tutte le sue dimensioni (economia, politica, cultura, etc.). Il lavoratore della
conoscenza è colui che padroneggia contenuti e processi e trasferisce capacità
intellettuali, cognitive, relazionali, linguistiche, esperienziali ed emotive all’interno
della propria prestazione lavorativa rendendola unica ed altamente personalizzata.
La conoscenza è un bene comune, un’entità aperta a tutti e cui tutti possono accedere
per promuovere, nel tempo, il personale apprendimento. Per questo occorre che la
società rispetti due importanti criteri: la libertà di acquisizione e apprendimento di
conoscenza e la libertà di circolazione della conoscenza stessa.
Dal punto di vista dell’azienda, il capitale umano rappresenta il core value di ogni
processo e il principale investimento per produrre profitto e rispondere alle sfide della
competizione globale. Il potere economico e produttivo di organizzazioni, imprese ed
enti risiede infatti, maggiormente nelle capacità intellettuali e di servizio della propria
forza lavoro più che negli elementi materiali. Oggi infatti, il valore della maggior parte
dei prodotti e dei servizi dipende da elementi come know how tecnologico, il design, la
creatività individuale e le strategie di comunicazione e promozione attraverso cui ci si
rapporta con i propri clienti/utenti.
Il percorso di trasformazione dell’economia industriale può essere riassunto in tre tappe
che possono essere considerate tre tentativi di nuova organizzazione delle forze
produttive, sia in campo economico, sia in quello sociale, che in quello culturale. Queste
tappe sono state sintetizzate da Enzo Rullani con i concetti di new economy, net
economy e knowledge economy (Rullani, 2001, p.10).
Il nuovo modello di economia si sviluppa intorno alla diffusione dell’Information
Technology ed è una economia più aperta, globale che punta sul ruolo della
comunicazione e dell’innovazione tecnologica.
L’economia è “economia della conoscenza”, contesto la cui risorsa strategica è la
capacità di trasformare la conoscenza e l’informazione in risorsa economica. Mentre
nella produzione fordista la conoscenza era più incorporata nelle macchine, oggi essa è
requisito indispensabile per caratterizzare la prestazione lavorativa ed è prerogativa cui
sono dedicati gli sforzi dei singoli in un’ottica di formazione permanente e strategica.
La conoscenza è un processo dinamico che avviene tramite un percorso individuale che
il soggetto sviluppa nel corso della propria vita, attraverso esperienze, percorsi
formativi, ruoli professionali e relazioni. Il lavoratore della conoscenza è libero di
esprimersi e far riconoscere il proprio talento sul posto di lavoro ma vive, però, la
solitudine della precarietà occupazionale e quindi in condizioni di precarietà di reddito e
delle prospettive di vita/esistenziali.
Tornando ai dati occupazionali nel Paese non si può non soffermarsi sull’analizzare i
nuovi rapporti contrattuali orientati alla flessibilità che caratterizzano l’attività
lavorativa e alimentano “gli affanni” dei lavoratori verso l’illusione di una maggiore
stabilità solo apparente.
Sempre secondo il Rapporto CNEL/ISTAT (CNEL, 2013), l’entità delle perdite
occupazionali è stata contenuta in Italia dalla riduzione delle ore lavorate per ciascun
occupato e dalla flessione della produttività del lavoro. La diminuzione delle ore
lavorate è determinata da alcuni fattori, tra cui l’aumento del ricorso alla CIG (Cassa
Integrazione Guadagni), la riduzione delle ore di straordinario e, soprattutto, l’aumento
negli ultimi anni del ricorso al part-time.
Il risvolto preoccupante, soprattutto legato a quest’ultimo elemento, è che la maggior
parte dei lavoratori part-time è di carattere involontario: si tratta, cioè, di lavoratori che
hanno accettato questa modalità contrattuale perché non sono riusciti a trovare altro
impiego.
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Il trend crescente di questi ultimi anni, dovuto prevalentemente al protrarsi della crisi,
ha portato inoltre le imprese a privilegiare le diverse forme occupazionali flessibili,
come ad esempio la partita IVA o i contratti a progetto. Anche in questi casi, la maggior
parte di questi occupati a termine sono involontari.
Riassumendo, la nuova composizione sociale del paesaggio lavorativo si definisce
pertanto attorno ad alcuni fattori: compresenza all’interno della stessa organizzazione di
persone con contratti di lavoro differenti ma che, spesso, svolgono lo stesso tipo di
lavoro con tempistiche similari, la convivenza di figure professionali vecchie e nuove,
le discrepanze di genere e la compresenza assieme ai lavoratori italiani di diverse
popolazioni straniere ognuna portatrice di aspettative e culture del lavoro differenti.
Tutto questo genera una pluralizzazione dei significati del lavoro e della precarietà
intesa non solo per contratto ma come impossibilità di perseguire progetti di vita, sogni
e desideri (Gosetti, 2012).
Quanto emerso impone una riflessione sull’attuale condizione del mercato del lavoro e
su quali possano essere i mezzi più adeguati per supportare il capitale umano. Diviene
indispensabile fornire supporto e orientamento ai lavoratori. Si tratta di mettere a
disposizione servizi capaci di guidare il singolo nel mercato del lavoro, di affiancarlo
psicologicamente e organizzare con lui percorsi efficaci ed efficienti di self marketing
professionale.
Il ruolo dei centri per l’impiego nell’inserimento professionale
In Italia, il ruolo cruciale del lavoro nella vita di ciascun individuo è sancito dalla
Costituzione che all’art. 1 cita L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul
lavoro e all’art. 4 dichiara La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro
e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il
dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una
funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Nel nostro Paese, a partire dalla metà seconda metà del XX secolo, diverse riforme
hanno profondamente modificato le regole relative al mercato del lavoro come, ad
esempio, la prima delle leggi Bassanini – la n. 59 del 15 marzo 1997 – che ha mutato il
sistema di collocamento pubblico.
E’ con il D. Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, attuativo della legge 59/1997, che sono stati
istituiti i Centri per l'impiego, destinati ad essere regolati dalla legislazione regionale.
Oggi le Regioni, in attuazione del D. Lgs. n. 469/1997, art. 4, istituisco i propri servizi
regionali per l'impiego, definiti dal Decreto semplicemente con il termine di Centri per
l'Impiego – CPI – facendo si che, nelle varie Regioni, tali realtà assumono
denominazioni differenti: Centri Regionali per il Lavoro, Centri Regionali per
l'Impiego, Centri Servizi per il Lavoro, etc. I CPI dipendono delle Regione ma operano
a livello provinciale al fine di rendere il servizio su un bacino di circa 100.000 abitanti
(art. 4, comma 1, lett. a) del D. Lgs. n. 469/1997). Per le Regioni a Statuto speciale,
ovvero Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna e per le Province
Autonome di Trento e Bolzano si fa riferimento a specifiche disposizioni statutarie.
Oggi, pertanto, grazie a questi uffici la pubblica amministrazione riesce ad intervenire
nel collocamento dei lavoratori presso le aziende private, nell’avviamento e nella
formazione dei lavoratori vincitori di concorso pubblico (tranne quelli delle
Amministrazioni statali centrali), nell’ inserimento lavorativo obbligatorio dei disabili
in base alla L. 68/1999, nella promozione dell’occupazione femminile e nell’avvio di
tirocini e stage professionalizzanti.
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Nonostante negli ultimi anni molto sia stato fatto per chiarire e programmare al meglio
le attività di collocamento, come dimostra lo sviluppo dei CPI sul territorio, i repentini
mutamenti del mercato e la crisi economica che attraversa il Paese, rendono
indispensabile promuovere ancora di più l’offerta dei servizi pubblici atta ad orientare i
cittadini nel mondo del lavoro. Le dinamiche del lavoro sono espressione delle
dinamiche economiche pertanto, per ben rispondere alle richieste sociali, è necessario
sapere collegare ed interpretare le une e le altre. Ne deriva che tanto le politiche attive
(orientamento, counseling, matching, bilancio di competenze, formazione, microimprenditorialità e avvio di start up) quanto quelle passive (indennità, mobilità, etc.)
devono incrociarsi necessariamente con le politiche dello sviluppo per rispondere
adeguatamente alle richieste della globalizzazione.
In tale contesto, i servizi pubblici per l’impiego si trovano a giocare un ruolo
fondamentale. In più di dieci anni di riforma del collocamento pubblico, i CPI hanno
cambiato faccia e la percezione di essi stessi presso l’utenza. Molto si è fatto e si sta
ancora facendo per offrire servizi di qualità più elevata che possano soddisfare il
cliente/utente (Marconi, 2008).
La qualità di un Centro per l’Impiego può essere valutata in relazione al portafoglio
servizi che offre ai suoi utenti, alla professionalità dei suoi operatori e all’efficienza e
tempestività di adeguamento ai bisogni del territorio di riferimento.
E’ in questi termini che sono state promosse e realizzate le “Carte dei Servizi”:
documenti atti a sancire per iscritto l’impegno, in termini di qualità dell’offerta, che
l’ente attua con i suoi utenti nella realizzazione di percorsi di dialogo tra cittadino ed
impresa. Molte sono anche le attività di aggiornamento e formazione rivolte agli
operatori del CPI per meglio essere pronti a gestire le mutevoli esigenze dell’utenza.
Elemento essenziale per gli operatori, al fine di guidare nella maniera corretta i cittadini
alla scelta del servizio più rispondente alla personale esigenza, è Colloquio di
orientamento primo livello che permette all’utente di comprendere quali siano i servizi
offerti, le modalità di erogazione, i tempi e quindi di comprendere, motivare e decidere
per l’utilizzo o meno di qualche attività (Isfol, 2006).
Il centro per l’impiego è chiamato a supportare “i lavoratori della conoscenza”
nell’acquisizione di quelle competenze distintive necessarie per la collocazione
professionale. Con il termine competenze si fa riferimento all’insieme di conoscenze ed
abilità pratiche necessarie al professionista per lo svolgimento del proprio lavoro. A
questo Sapere e Saper Fare è necessario aggiungere anche un Saper Essere rintracciabile
nelle capacità comunicative, relazionali, di problem solving e creative del singolo.
Ogni tipo di lavoro richiede competenze per essere svolto, ma i lavori della società della
flessibilità richiedono competenze di livello elevato rispetto al passato e con confini che
rimandano alla complessità. I professionisti dell’economia basata sulla conoscenza, non
a caso, sono diplomati e laureati, molto spesso in possesso di specializzazioni
professionali acquisite dopo lunghi percorsi formativi e continui aggiornamenti. Se
l’attuale società richiede competenze così elevate e la maggior parte dei cittadini è
disposta ad investire in formazione, perché si verifica il fenomeno dell’over education e
dei working poors? La risposta è, in prima battuta, senz’altro da riferirsi alla profonda
crisi globale che il mondo sta attraversando e, in seconda analisi, all’incapacità dei
singoli di riuscire a valutare e rivalutare le competenze acquisite nell’esperienza. Ai CPI
è sempre più richiesta l’abilità di supportare il cittadino in questo processo.
I CPI rappresentano, infatti, un’antenna privilegiata sul territorio in grado di captare gli
orientamenti del mercato del lavoro ed indirizzare l’utente verso gli sbocchi più
adeguati alle sue competenze. Al fine di svolgere questo ruolo, i CPI si trovano sempre
più ad agire in stretto contatto con scuole, università, istituzioni, sindacati, associazioni,
cooperative ed aziende.
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L’obiettivo fondamentale di un CPI è soddisfare le esigenze dei suoi interlocutori,
aziende e utenti, bilanciando le rispettive richieste e producendo valore economico e
sociale. Il lavoro per obiettivi è pertanto la modalità di operare propria delle figure
professionali interne ad un CPI, che sempre più spesso sentono la necessità di formarsi
per svolgere in maniera sempre più professionale il proprio ruolo. Oggi, all’interno dei
CPI è possibile trovare figure professionali altamente specializzate e competenti, quali
orientatori, Formatori, Psicologi del lavoro, a garanzia dei percorsi formativi dedicati
agli operatori dei Centri.
La riqualificazione e la formazione degli operatori in servizio è stata, dunque, la strada
obbligata per trasformare al tempo stesso gli uffici, i dipendenti ed i servizi da offrire al
pubblico.
Politiche efficaci per il lavoro e per lo sviluppo non sono oggi applicabili senza una rete
capillare, accessibile ed informatizzata di servizi per l’impiego. Serve continuare sulla
strada tracciata dalle riforme del 1997 e promuovere un’azione energica che finanzi in
modo strutturale i servizi per il lavoro e il wellfare territoriale per l’inclusione, tutti
componenti determinanti per un’azione di riforma che promuova il lavoro di qualità,
l’emersione dall’illegalità e la mobilità sociale (Benini, Patriarca, 2006).
La formazione degli operatori di un cento per l’impiego: una sperimentazione del
centro per l’impiego di Cassino
L’obiettivo generale su cui è stata strutturata la formazione degli operatori dei Centri
per l’impiego – CPI – che si è svolta nell’ottobre 2013 presso il CPI di Cassino è stato
quello di ottimizzare l’attuale prestazione dei CPI affinché possano rispondere in
maniera sempre più completa e flessibile ai bisogni dell’utenza, in particolare adottando
strategie e strumenti, come il Bilancio di Competenze, adeguati a gestire le attuali
dinamiche del mondo del lavoro.
L’intervento realizzato è stato il frutto di una metodologia partecipata tra istituzione CPI - e Università a testimonianza del ruolo di formazione continua del lavoratore e
orientamento di cui, da sempre, questi enti sono espressione.
L’attività è stata coordinata dal dott. Antonio Massaro, responsabile del CPI di Cassino
e dal prof. Filippo Petruccelli, professore associato di Psicologia dello Sviluppo presso
l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale.
Il percorso è stato strutturato in due fasi: una prima fase di formazione intensiva in aula
di 8 ore ed una seconda caratterizzata da un attento monitoraggio via mail e via telefono
in cui consulenti esperti di bilancio hanno guidato e supportato gli operatori CPI
nell’applicazione diretta dello strumento.
Tale modalità di azione è stata ritenuta adatta in relazione alle specifiche caratteristiche
dei corsisti:
• personale esperto sulle attività di orientamento;
• conoscenza pregressa dell’approccio teorico alla base del Bilancio di
Competenze (B. di C);
• necessità di sperimentazione pratica delle schede operative di cui si compone il
percorso di B. di C.;
• esistenza di interrogativi su tempistiche e modalità di azione di un B. di C. (ad
esempio: in quali situazioni utilizzare il Bilancio? Come strutturare un percorso
di Bilancio?, etc.).
Sono interrogativi come questi ultimi, in particolare, che hanno rappresentato il fulcro
dell’analisi dei bisogni condotta dai consulenti di Bilancio e che hanno guidato la
realizzazione del progetto.
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La formazione ha coinvolto 15 operatori CPI provenienti da differenti centri presenti
nella Provincia Laziale e che, in relazione all’organizzazione interna di ciascun Centro
per l’Impiego, svolgono ruoli differenti ma pur sempre a diretto contatto con gli utenti
in cerca di lavoro.
L’incontro intensivo di Bilancio è stato strutturato in una primo momento teorico per
comprendere a pieno le origini di questo strumento e la modalità di applicazione ed un
secondo momento pratica in cui sono state presentate ai corsisti schede ed esempi di
esercitazioni da poter mutuare per la strutturazione dei propri incontri di bilancio.
Tale metodologia ha previsto l’utilizzo di:
• un colloquio individuale, quale strumento utile per accompagnare l’utente nel
percorso e che, nella presente azione, è stato sperimentato grazie all’adozione di
simulazioni in aula;
• lavoro di gruppo, sperimentato grazie ad attività di role playing, che nel progetto
si è focalizzato sull’individuazione delle competenze trasversali.
In generale, ogni percorso di B. di C. può essere articolato in tre fasi: una prima fase di
accoglienza, una successiva seconda fase in cui si sviluppa la dinamica di bilancio ed
una terza fase conclusiva e restituiva.
In ogni fase è stato possibile individuare elementi di riflessione quali, ad esempio:
• la temporalità del percorso (numero di incontri, durata, tempistica tra un
incontro ed il successivo);
• il ruolo degli incontri di gruppo;
• le caratteristiche dell’utente a cui proporre il B. di C.;
• la necessità di divulgazione del servizio all’utenza del CPI;
• la formazione dell’operatore di Bilancio (a cui, nel presente lavoro, è dedicato
un apposito paragrafo).
Temporalità
La prima criticità emersa è stata quella legata alla temporalità del percorso. È apparso,
infatti, necessario stabilire degli step capaci di salvaguardare le esigenze di urgenza
professionale e ricollocamento di coloro che si rivolgono al CPI, modulandole con le
tempistiche di conduzione di un percorso di B. di C. inteso come analisi e sviluppo delle
competenze dell’individuo.
Al fine di trovare un equilibrio tra queste esigenze, si è ritenuto efficace strutturare,
all’interno di un CPI, dei percorsi di bilancio composti da 4 incontri individuali di
durata compresa tra 1 ora e mezza e 2 ore, estendibili in relazione alle caratteristiche
dell’utenza e/o modulabili con incontri di gruppo qualora se ne avesse la possibilità.
Lavoro di gruppo
L’organizzazione di incontri di gruppo è stata ritenuta, un valore aggiunto rispetto ai
tradizionali servizi erogati dai CPI, in quanto permette la sperimentazione diretta di
dinamiche relazionali e comunicative utili in qualsiasi ruolo o profilo professionale
desiderato.
Organizzare attività di gruppo non è semplice e richiede un notevole sforzo di
pianificazione e di logistica da parte degli operatori CPI tuttavia risulta determinante per
l’individuazione delle caratteristiche individuali di ciascuno.
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INCONTRO DI
ACCOGLIENZA
1
INCONTRO
OPERATIVO
INDIVIDUALE
2
INCONTRO
OPERATIVO
INDIVIDUALE
3
INCONTRO
OPERATIVO
INDIVIDUALE
4
INCONTRO
OPERATIVO
INDIVIDUALE
COMPILAZIONE
SCHEDA ANAGRAFICA;
PRESENTAZIONE
ATTIVITA’ E PATTO DI
ADESIONE AL B. DI .C.
ANALISI DELLE
ESPERIENZE
PREGRESSE
ANALISI DELLE
COMPETENZE
TRASVERSALI
STRUTTURAZIONE STEP
OPERATIVI ED
ASSEGNAZIONE
COMPITI
INCONTRO
CONCLUSIVO CON
RESTITUZIONE
1:30 – 2 H
1:30 – 2 H
1:30 – 2 H
1:30 – 2 H
1:30 – 2 H
ULTERIORE AGGIUNTA DI INCONTRI DI GRUPPO SULL’ANALISI DELLE
COMPETENZE TRASVERSALI E O DI COLLOQUI INDIVIDUALI DI
APPROFONDIMENTO DELLA DURATA 1:30 – 2 H
Tabella 1 Nella Tabela è rappresentato lo schema di base individuato quale guida per il
B. di C.
La prima fase di ogni percorso di B. di C. riguarda la presentazione dello strumento e
l’accoglienza dell’utente. L’obiettivo è stato quello di far sperimentare ai corsisti più
che un approccio prettamente informativo, tipico del CPI, uno stile di tipo consulenziale
adatto ad accompagnare l’utente nel tempo e capace di indirizzarlo verso le scelte
professionali più adatte alle specifiche esigenze.
Sul piano pratico, i corsisti hanno avviato il percorso con una scheda socio-anagrafica
adatta a catalogare l’utenza in relazione a specifiche caratteristiche. È in questa fase che
il consulente inoltre, ottiene, grazie alla firma del “patto di adesione” l’impegno
dell’utente di attivarsi per acquisire informazioni utili a fotografare il/i settore/i
professionale/i di interesse e a rispettare le modalità in cui si struttura il percorso di B.
di C.
Caratteristiche dell’utente
Altra criticità emersa durante la formazione, è stata quella della catalogazione del target
e la necessità di tracciare delle linee guida sul profilo dell’utente tipo di un bilancio.
Tale esigenza è stata segnalata dall’esperienza pregressa dei corsisti stessi, i quali hanno
immaginato che il B. di C. possa essere maggiormente efficace sul alcune tipologie di
utenza. Tra le caratteristiche individuate, ad esempio, troviamo un’età compresa tra i 30
e i 45 anni e l’aver maturato un minimo di due anni di esperienza professionale.
Riguardo la formazione, invece, si è immaginato il possesso del diploma di scuola
superiore o la laurea, mentre non sono state indicate differenze riguardo al sesso dei
partecipanti.
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Promozione del bilancio
Una riflessione interessante espressa dai corsisti è stata l’esigenza di promuovere la
conoscenza del servizio di bilancio sui territori di competenza di ogni CPI. In tale
direzione, si è ritenuto auspicabile l’avvio di un’azione informativa e comunicativa sulle
peculiarità del bilancio di competenze rispetto ai più tradizionali servizi di orientamento.
Al fine di motivare l’utenza si ritenuto determinante offrire la possibilità di
comprendere e riflettere sulle potenzialità di questo strumento prima di rivolgersi al CPI
ed affidare ai consulenti, in fase di accoglienza, solo un’azione di approfondimento
della dinamica di bilancio.
Tale esigenza risulta azionata da due fattori: da una parte la necessità di informare
l’utente sulle possibilità e sui servizi offerti dal CPI al fine di scegliere il servizio più
consono alla sua specifica realtà, dall’altra il poter rispondere ad una domanda di lavoro
improntata sull’auto-candidatura del soggetto che desidera “mettersi in gioco” per
rispondere alle richieste del mondo delle professioni.
La seconda fase di un percorso di bilancio, come detto, è quella della “dinamica di
bilancio”, i cui obiettivi possono essere riassunti come:
• analizzare in maniera critica e costruttiva il proprio percorso;
• stimolare la riflessione sul proprio obiettivo/i professionale;
• definire le attuali competenze e quelle necessarie per il ruolo desiderato;
• sperimentarsi nel ruolo e nelle competenze desiderate (attività efficace
nell’incontro di gruppo)
• aumentare la self efficacy, il decision making e il locus of control individuale.
Gli strumenti utilizzati nel percorso sono stati una serie di schede volte ad indagare:
• formazione individuale (percorso di studi, esperienze di stage e tirocinio, corsi di
approfondimento);
• esperienza professionale svolta (analisi delle aziende con cui la persona ha
collaborato, analisi dei ruoli e delle mansioni ricoperte, analisi delle dinamiche
comunicative);
• esperienza professionale desiderata (il/i ruoli desiderati, gli interessi, analisi e
ricognizione territoriale di casistiche di riferimento);
• analisi delle competenze (cognitive, trasversali e realizzative);
• strutturazione del portfolio e degli step operativi dell’utente.
In tale contesto è risultato utile proporre ai consulenti delle schede atte a simulare le
aree di indagine e da cui trarre spunto per la strutturazione di analoghi strumenti per i
propri CPI.
L’analisi delle competenze presentata durante l’attività formativa si è basata
sull’utilizzo di esercitazioni proposte in una sperimentazione sul bilancio di
Competenze svolta a Latina (Petruccelli et.al. 2012).
Elemento aggiuntivo ad altri progetti di settore è stata la possibilità offerta ai corsisti di
usufruire di un supporto via mail e via telefono da parte di esperti di bilancio di
competenze da utilizzare nel momento di erogazione del servizio di bilancio presso i
propri CPI.
In generale, tale azione è stata accolta con interesse dai corsisti ed alcuni hanno
contattato i consulenti per ottenere monitoraggio e feedback rispetto al lavoro realizzato.
Descrivere l’esperienza del CPI di Cassino vuole rappresentare occasione per
promuovere un confronto tra operatori del settore dei servizi affinché si possa discutere
insieme sulle potenzialità degli strumenti di orientamento ed in particolare del bilancio
di competenze quale mezzo di politica attiva al servizio del cittadino.
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Infatti, il bilancio di competenze può rappresentare, al di là delle specifiche potenzialità,
uno strumento di più ampio respiro all’interno di azioni capaci di accompagnare in
totale la persona nell’inserimento e reinserimento lavorativo.
Affiancare il bilancio di competenze ad altri strumenti di orientamento professionale
riesce a fornire al soggetto un quadro completo rispetto al proprio presente
professionale ed a stabilire gli step del percorso lavorativo più adatto alle specifiche
caratteristiche.
Disporre di una tale “cassetta degli attrezzi” risulta indispensabile per fronteggiare
l’attuale situazione di crisi socio-occupazionale in cui versa il nostro Paese.
Bibliografia
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in Quaderni di Sociologia, Torino: Rosenberg & Sellier Editori.
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5. lavoro - a cura di Massimiliano Bonanni. Monografie sul Mercato del lavoro e le
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Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Cassino
Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Cassino
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