Università degli studi di Trieste - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

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Università degli studi di Trieste - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
Università degli studi di Trieste
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA
Corso di laurea magistrale in ingegneria clinica
Tesi di laurea in complementi di strumentazione biomedica
ASPETTI PROGETTUALI NELL’IMPLEMENTAZIONE DI UN
PROTOCOLLO PER MAMMO-CT CON LUCE DI
SINCROTRONE
Relatore:
Laureando:
Prof. Renata Longo
Marco Prenassi
Correlatore:
Dott. Diego Dreossi
Anno accademico 2014-2015
Sommario
1.
2.
3.
4.
5.
Introduzione ............................................................................................................................................... 1
1.1.
SYRMA-CT ........................................................................................................................................ 2
1.2.
Mammografia convenzionale .............................................................................................................. 3
1.3.
Motivazioni mediche alla mammografia e sviluppi verso tomosintesi e breast CT ........................... 4
1.4.
Tomosintesi mammografica digitale – Digital Breast Tomosynthesis (DBT) .................................... 5
1.5.
Luce di sincrotrone .............................................................................................................................. 7
1.6.
Raggi-X a contrasto di fase ................................................................................................................. 7
1.7.
Rilevatore a Single Photon counting ................................................................................................. 10
Progetto SYRMA ..................................................................................................................................... 12
2.1.
Descrizione della linea SYRMEP ..................................................................................................... 13
2.2.
Sistema di sicurezza della linea ......................................................................................................... 21
2.3.
Barriere luminose .............................................................................................................................. 22
Normativa di riferimento.......................................................................................................................... 27
3.1.
Normativa di riferimento correntemente in atto sulla linea .............................................................. 27
3.2.
CEI 62-5 EN 60601-1:2007 Apparecchi elettromedicali .................................................................. 28
Performance meccaniche del lettino per tomografia ................................................................................ 35
4.1.
Rilievo topografico presso la linea SYRMEP ................................................................................... 35
4.2.
Analisi dell’immagine con fantoccio ................................................................................................ 44
Protocollo per Mammo-CT ...................................................................................................................... 53
5.1.
Dispositivi aggiuntivi dedicati all’esame di Breast-CT previsti dal protocollo: ............................... 53
5.2.
Protocollo proposto ........................................................................................................................... 57
5.3.
Riduzione dello stress per la paziente ............................................................................................... 58
5.4.
Acquisizione delle proiezioni per l’esame ........................................................................................ 59
5.5.
Procedura d’esame ............................................................................................................................ 60
5.6.
Comitato etico ................................................................................................................................... 66
5.7.
Direttiva Europea 2007/47/CE – Valutazione clinica ....................................................................... 68
5.8.
Informativa alla paziente ................................................................................................................... 69
6.
Conclusioni .............................................................................................................................................. 70
7.
Bibliografia .............................................................................................................................................. 71
1. Introduzione
Scopo di questa tesi è l’analisi di alcuni aspetti progettuali relativi l’adeguamento della stazione di
mammografia con luce di sincrotrone ad Elettra per la realizzazione del nuovo programma clinico di
mammo-tomografia. La stazione si trova presso la linea di luce SYRMEP (SYnchrotron Radiation for
MEdical Physics) ed è già stata utilizzata per uno studio clinico di mammografia planare.
Questa tesi si inquadra nell’esperimento SYRMA-CT (SYnchrotron Radiation MAmmography –
Computerized Tomography) finanziato dall’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) con la
collaborazione del Sincrotrone – Elettra S.C.p.A. e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Ospedali Riuniti
Trieste”.
Nel primo capitolo di questa tesi si presenteranno le più recenti tecniche 3D di imaging tomografico
(tomosintesi e cone-beam CT), le caratteristiche della luce di sincrotrone e delle tecniche di imaging in
contrasto di fase, che sfruttano la coerenza del fascio di luce di sincrotrone. Particolare attenzione viene data
alla applicazione di queste alla mammografia, sia per le sue motivazioni specifiche che quanto riguarda lo
studio clinico già svolto. Verranno inoltre presentato il detector a conversione diretta e conteggio di fotoni
che è uno degli aspetti innovativi dell’esperimento.
Nel capitolo successivo viene descritta in dettaglio la linea SYRMEP e si illustreranno i principi di
funzionamento dei sistemi di sicurezza e di protocollo utilizzati per lo studio clinico già svolto; 71 pazienti
che hanno effettuato l’esame mammografico planare con luce di sincrotrone tra il 2006 ed il 2010.
Il capitolo 3 richiama la normativa vigente in materia sicurezza da applicare al caso del sistema di
mammografia ad Elettra.
Il capitolo 4 presenta le misure fatte in questo lavoro di tesi per studiare le caratteristiche del lettino mobile
porta paziente in planarità e velocità di rotazione; caratteristiche fondamentali per l’applicazione tomografica
con luce di sincrotrone (la quale richiede una rotazione oltre alla normale traslazione) non monitorate per la
precedente applicazione di mammografia planare.
Nel capitolo 5 si discuterà il nuovo protocollo in sviluppo per la breast-CT, particolare attenzione sarà
dedicata agli aspetti di sicurezza della paziente e degli operatori, tenendo conto del rivelatore utilizzato.
Saranno inoltre presentate delle soluzioni originali relative alla immobilizzazione dell’organo durante
l’esame e alla sincronizzazione durante l’esame dell’apertura e chiusura degli shutter nelle diverse fasi di
spostamento della paziente.
1
1.1. SYRMA-CT
Presso la linea di luce SYRMEP, fin dal 1996, sono stati svolti studi di mammografia con fantocci ad hoc e
tessuti in vitro, sfruttando le potenzialità della luce di sincrotrone. Questa radiazione consente l’acquisizione
di immagini utilizzando la tecnica a contrasto di fase [2].
I risultati di questi studi si sono rivelati soddisfacenti, per cui nel 2000 è stato varato il primo progetto in vivo
col nome di SYnchrotron Radiation MAmmography (SYRMA). Questo esperimento aveva lo scopo di
risolvere quei casi diagnostici la cui la semplice mammografia convenzionale dava una diagnosi dubbia.
All’interno della linea non era però possibile eseguire esami clinici poiché l’intera struttura di Elettra era
stata progettata per non permettere al personale umano di subire contaminazione da radiazioni. Per
consentire l’accesso alla paziente, quindi, il sistema di sicurezza che limitava il funzionamento della linea in
presenza di persone nell’area irradiata doveva essere riadattato. [3].
L’inizio della vera e propria sperimentazione clinica è incominciato, quindi, dopo un lungo iter burocratico
conclusosi nel 2004 con l’autorizzazione del Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di
Trieste, e la conseguente creazione del protocollo di arruolamento pazienti [4]
La prima mammografia al mondo con luce di sincrotrone è stata compiuta nel 2006 e nei quattro anni
successivi sono state sottoposte alla procedura 71 pazienti di età compresa tra i 41 e 82 anni.
Gli studi ottenuti con le pazienti nel progetto SYRMA hanno dato risultati eccellenti [1] e l’interesse ora si è
rivolto verso la breast-CT.
I primi studi nati per indagare le tecniche tomografiche si sono svolti con un rilevatore digitale denominato
Phase Imaging for Clinical Application with Silicon detector and Synchrotron radiatiOn (PICASSO), un
prototipo creato per sfruttare la tecnica del Phase Imaging con luce di sincrotrone, ma costruito con
particolare riguardo per l’utilizzo in tomosintesi e tomografia [5].
Da questo è nato SYRMA-CT, il cui obiettivo dichiarato è mantenere la leadership italiana nella
mammografia in contrasto di fase estendendo il programma clinico della linea SYRMEP alla tomografia
della mammella, la quale sfrutta meglio gli effetti di fase, non ottenibili con le attuali apparecchiature di
Cone-Beam Breast-CT.
Nel 2014 l’obiettivo era lo studio di fattibilità per la CT clinica con luce di sincrotrone e preparazione della
documentazione per richiesta di autorizzazione al comitato etico.
Nel 2015 si definisce e si implementa protocolli e iter di ottenimento delle certificazioni ed autorizzazioni.
Il rivelatore utilizzato è il Pixirad, illustrato nella sezione 2.7.
2
1.2. Mammografia convenzionale
La mammografia convenzionale è una tecnica radiologica dedicata allo studio della mammella mediante
l'impiego di apparecchi radiografici detti "mammografi".
L’esame viene eseguito, in stazione eretta, appoggiando una mammella per volta su un tavolo regolabile. Per
permettere una visualizzazione completa di tutto l’organo è necessaria una distensione che viene ottenuta
comprimendo la mammella per mezzo di un piatto di materiale plastico detto “compressore” (Figura 1) [6].
In asse con il tavolo regolabile e il seno si trova un tubo radiogeno per l’emissione di raggi X e in posizione
opposta (incassato nel tavolo) un rivelatore digitale o una pellicola sensibile; la radiazione, passando
attraverso il seno compresso, è assorbita in maniera eterogenea in base al tipo di tessuto attraversato,
producendo un’immagine planare delle strutture interne.
Vengono solitamente due radiografie per ciascuna mammella con ripresa dall’alto verso il basso (proiezione
assiale) e dall’interno all’esterno (proiezione laterale). Eventuali proiezioni aggiuntive sono eseguite su
giudizio del medico radiologo.
Figura 1: Esame mammografico, compressione Cranio Caudale.
La mammografia convenzionale si divide in analogica (ovvero quella che utilizza pellicole sensibili ai raggi
X) e quella digitale, per la quale si usano i rivelatori digitali; l’accuratezza diagnostica dei due metodi è
simile, ma la mammografia digitale è più accurata nelle donne sotto i 50 anni e quelle con seni
radiograficamente densi [7].
Grazie all’impiego di moderne apparecchiature utilizza bassissime dosi di raggi X e pertanto non espone le
pazienti a rischi significativi permettendo di ripetere l’esame anche una volta all’anno [6].
3
1.3. Motivazioni mediche alla mammografia e sviluppi verso tomosintesi
e breast CT
1.3.1. Motivazioni mediche alla mammografia
Il cancro al seno è la tipologia principale di cancro riscontrabile nelle donne in tutti i paesi europei (Figura
32) di cui è anche la principale causa di morte associata a questa patologia (Figura 2). La diminuzione, però,
della mortalità causata dal tumore al seno nella maggior parte dei paesi dell’unione negli anni ’90 è riportato
da molti studi [8] [9]. La causa di questa riduzione è sia una più ampia diagnosi preventiva (grazie allo
screening e alla sensibilizzazione verso di esso), sia grazie ai vari miglioramenti nell’ambito della terapia
[10].
Figura 2: Incidenza per cancro stimata delle donne in Europa, 2012
Figura 3: Mortalità per cancro stimata delle donne in Europa, 2012
Risulta importante perciò seguire le linee guida per lo screening perché il cancro al seno, tipicamente, non
produce sintomi quando il tumore è piccolo e generalmente trattabile.
Lo strumento principe dello screening non invasivo è la mammografia convenzionale, che per più di 30 anni
si è affermata come il “gold standard” per la rivelazione del cancro al seno non diagnosticabile tramite
palpazione e gioca un ruolo fondamentale nello screening di questa patologia [11]. La riduzione della
mortalità conseguentemente a questi screening è oramai un fatto accertato [12]. La sensibilità della
4
diagnostica tramite mammografia, però, è limitata a causa delle strutture anatomiche interne al seno che,
tramite la compressione effettuata durante l’esame, vengono a sovrapporsi e possono oscurare lesioni
sospette, soprattutto in seni densi [11].
Le metodologie usate per migliorare la diagnosi di queste strutture dense senza sovrapporle si basano o su
tecniche di tomosintesi oppure utilizzando modalità di tomografia dedicata.
1.4. Tomosintesi mammografica digitale – Digital Breast Tomosynthesis (DBT)
Utilizzando un rilevatore generalmente fisso e una sorgente a raggi X che si muove su un arco limitato
intorno al seno si ottengono delle proiezioni acquisite su diversi angoli. Ricostruendo le proiezioni così
ottenute tramite algoritmi specifici è possibile ottenere una sezione tridimensionale; essa permette di
smascherare tumori e lesioni normalmente oscurati nella mammografia convenzionale.
Figura 4: Schema di funzionamento della tomosintesi mammografica digitale
L’esame viene solitamente presentato per la refertazione come una serie di immagini (slice) dell’intero seno
in una modalità simile alla CT o MRI. Come queste ultime, inoltre, una normale slice ricostruita può essere
alta anche solo 0,5 mm, per questo le singole immagini sono solitamente composte da una sovrapposizione
di più slice; questa tecnica consente una migliore caratterizzazione e visualizzazione delle lesioni, soprattutto
quelle non calcificate [13].
Uno studio del 2013 compara i risultati di uno screening effettuato solo con la mammografia convenzionale
2D con uno che associa la convenzionale e la tomosintesi (2D+3D). I risultati ottenuti dimostrano un
aumento del 30% sulla rilevazione dei tumori quando si utilizza anche la tomosintesi in concerto con la
mammografia convenzionale; le tipologie di cancro rilevate grazie all’aiuto della tomosintesi, inoltre, sono
perlopiù di tipo invasivo.
Per quanto riguarda la dose rilasciata sul paziente, sebbene eseguire una mammografia convenzionale e una
tomosintesi corrisponda ad aumentare la dose di più del doppio (un fattore di 2,2 rispetto alla sola dose di
una mammografia convenzionale), essa può essere ridotta considerevolmente (arrivando a un fattore di 1,2)
sintetizzando le immagini planari da quelle ricavate tramite la tomosintesi [14].
5
Tomografia computerizzata alla mammella - Breast Computerized Tomography
La Breast-CT è una tecnologia più recente rispetto alla tomosintesi, da essa differisce poiché le proiezioni
sono acquisite su 180° o 360°. Lo sviluppo di questa metodologia si avvale principalmente di un tomografo
Cone-Beam dedicato che gira intorno al sito con la paziente in posizione prona e la mammella pendula non
compressa.
Uno studio comparativo dimostra come, utilizzando la
tecnica della Cone Beam Breast Computed Tomography
(CBBCT) e comparata alla mammografia convenzionale
2D a due viste, quest’ultima si riveli più imprecisa
rispetto alla prima. In particolare [15] rileva, in un totale
di 85 masse tumorali analizzate da questo studio, 45
erano maligne (BI-RADS 6, lesione maligna sicura,
tramite biopsia) e 40 erano benigne (confermate sempre
tramite biopsia). La variabilità delle diagnosi è del
23,5% per i tumori maligni e del 27,3% per le lesioni
benigne utilizzando la CBBCT mentre l’analisi classica
a due viste mammografica riporta 29,6% per i primi e
54,4% per i secondi (p value < 0.01, con test di
Wilcoxon). La variabilità è stata calcolata rispetto alla
diagnosi per biopsia (BI-RADS 6 tumore maligno certo)
Figura 5: Breast-CT Konig
e si dovrebbe attestare sul 0% se gli strumenti di
imaging consentissero una diagnosi totalmente priva di errore.
La CBBCT si rivela più attendibile della mammografia bidimensionale convenzionale [15].
Progetti di ricerca e sviluppo attualmente in essere hanno l'obiettivo di realizzare sistemi capaci di [16]:
1. Una ricostruzione Full 3D
2. Una buona differenziazione del tessuto molle
3. Alta risoluzione isotropica di circa 100 µm
4. Bassa dose paziente con una AGD (Average Glandular Dose) sotto i 5 mGy
5. Comfort della paziente
6. Basso costo
6
1.5. Luce di sincrotrone
In fisica classica, l’accelerazione di una carica elettrica provoca l’emissione di un’onda elettromagnetica.
I raggi-X sono radiazioni la cui lunghezza d’onda rientra nell’ordine dei nanometri, per generarli si
accelerano degli elettroni a velocità prossime a quelle della luce generando degli effetti relativistici. Per
ottenere questi effetti si liberano gli elettroni dai legami con gli atomi e li si fanno scorrere in tubi a vuoto, in
questo modo si può accelerarli con più facilità alle velocità richieste. I suddetti effetti, inoltre, producono
un’emissione elettromagnetica per l’osservatore (laboratorio) di angolo inversamente proporzionale a
: c è la velocità della luce e v la velocità della carica in movimento;
come si vede in Figura 6, producendo un raggio molto collimato.
Figura 6: Emissione della radiazione di sincrotrone nel sistema del laboratorio e spettro da magnete curvante
(come nel caso della linea di luce SYRMEP).
1.5.1.1.
I vantaggi e svantaggi della luce di sincrotrone:
La luce di sincrotrone si caratterizza con un altissimo numero di fotoni distribuiti su un ampio e continuo
spettro di energie e questo consente, grazie a un monocromatore a monte del fascio, di selezionare bande di
frequenza precise e ottenere comunque un sufficiente flusso di fotoni da permetterne l’uso per applicazioni
radiologiche, fornendo a valle una sorgente luminosa con coerenza sia spaziale che temporale.
La produzione però ha vari svantaggi, il fascio prodotto può essere solo planare e non conico, inoltre per
produrlo serve un sincrotrone di raggio sufficiente, questo comporta sia costi molto elevati, un accesso
limitato alle strutture e l’impossibilità, abbastanza critica nell’ambito di questa ricerca, di ruotare la sorgente
luminosa [17].
1.6. Raggi-X a contrasto di fase
La luce di sincrotrone, con la sua grande coerenza temporale e spaziale, consente di sfruttare le proprietà
ondulatorie del fascio incidente con particolari tecniche, dette tecniche di fase, particolarmente adatte per
esaminare oggetti con bassi contrasti di assorbimento dei raggi X.
7
Figura 7: Contrasto di fase, esempio schematico.
L’indice di rifrazione per raggi-x è generalmente così espresso:
n =1- d + i b
Indice di assorbimento
Indice di spostamento di fase
Come si vede dalla Figura 7 sfruttando un raggio molto coerente in concomitanza della frontiera di due
materiali (aria/oggetto in questo esempio) le differenti proprietà ottiche agiranno sull’onda cambiando in
maniera eterogenea l’indice di rifrazione sia come assorbimento sia come spostamento di fase.
L’indice di assorbimento si può approssimare a:
m=
4pb
l
»
1
E3
E : energia.
Esso decresce in maniera inversamente proporzionale al cubo dell’energia, mentre per quanto riguarda
l’indice di rifrazione:
d » E-2
Ovvero decresce in maniera inversamente proporzionale al quadrato dell’energia.
Questo significa che al crescere della frequenza l’attenuazione causata dall’assorbimento è minore rispetto al
mutamento dell’indice di rifrazionFigura 8e.
A valle del fascio, quindi, si genereranno delle figure d’interferenza apprezzabili distintamente a una
distanza sufficientemente lontana dall’oggetto. Disponendo di un rivelatore con una risoluzione spaziale
8
Figura 8: Decremento dell’indice di spostamento di fase () e dell’indice di assorbimento () del tessuto della mammella (ICRU-44)
rispetto all’energia dei fotoni incidenti. [22]
abbastanza elevata da distinguere i picchi della figura di interferenza (Figura 7) è possibile ottenere
un’immagine con i bordi delle strutture evidenziati con maggior dettaglio (edge-enhancement).
Tenendo quindi conto che i tessuti mammari presentano un basso contrasto (Figura 9) di solo assorbimento
(energie dell’ordine dei 10-100 keV), questa tipologia di tecniche è indicata particolarmente per essere usata
in campo senologico [18].
Figura 9: Figure comparative, a destra normale mammografia planare, a sinistra mammografia con contrasto di fase [19]
9
1.7.
Rilevatore a Single Photon counting
Il progetto SYRMA-CT prevede l’utilizzo di un sensore di raggi-X a Single Photon Counting sviluppato da
PIXIRAD S.r.l. uno spin-off del INFN.
Il rilevatore Single Photon Counting permette di contare il numero dei fotoni che incidono su ciascun pixel.
Ogni fotone che incide sul materiale del detector e che deposita un’energia (o una carica) superiore a una
certa soglia produce un conteggio. La possibilità di selezionare queste soglie permette, quindi, di eliminare il
rumore e perciò si ha un aumento del rapporto segnale rumore e del range dinamico [20].
L’utilizzo clinico dei sistemi di imaging tomografico basati sui detector single photon counting hanno delle
particolarità costruttive: poiché funzionino si deve implementare la discriminazione del segnale e la logica di
conteggio in ogni singolo elemento dell’immagine, questo porta una elevata complessità a livello di
microelettronica se si vuole ottenere un’area larga con elevata granularità.
Le maggiori problematiche riscontrate sono la frequenza di conteggio non sufficientemente alta dei sensori e
dell’elettronica in lettura, degli artefatti d’immagine dipendenti dall’intensità associati a difetti nei cristalli
CZT e CdTe e una limitata risoluzione energetica associata all’hole trapping e a correnti di leakage nei
cristalli.
1.7.1.1.
PIXIRAD-8
Il detector Pixirad è un rilevatore di raggi-X basato su una tecnologia a conteggio di fotoni cromatica ed è
prodotto dalla PIXIRAD Imaging Counter s.r.l., una spin-off dell’INFN. Questo detector consiste in un layer
di semiconduttori (CdTe) elettricamente connesso tramite metodologia flip-chip su una logica CMOS ASIC
(Application Specific Integrated Circuit). Il sensore CdTe è un diodo di tipo Schottky di 650 m con pixel
pitch a 60 m orizzontale e 51,96 m verticale, i pixel come si vede in Figura 10 sono di forma esagonale. Il
singolo modulo (degli 8 di cui è composto) è caratterizzato da un’area di circa 30,7x24,8 mm2 (512 x 476
pixel).
Figura 10: Particolare del sensore Pixirad, pixel esagonali
10
Il sensore presenta un voltaggio negativo sul pixel per collezionare elettroni e una bassa corrente di
dispersione a 300-400 V quando operato a basse temperature (-20°). Il sensore PIXIRAD-8, il modello
utilizzato, è composto da un’unità di 8 sensori con 2 mega pixel e un’area attiva di 250x25 mm2 [21].
Figura 11: Sensore Pixirad-8, comprendente 8 moduli allineati.
Questo detector è basato su una logica a discriminazione, le particelle che interagiscono con il sensore e
hanno i giusti requisiti energetici producono un conteggio. Tali requisiti vengono configurati con una soglia
singola o con una finestra modificabile di energia per pixel. Solitamente la carica depositata dalla radiazione
che passa in un sensore viene amplificata da un preamplificatore che produce un impulso. Questo impulso
viene, successivamente, comparato con due soglie da due discriminatori. Il dato, rappresentato dal conteggi
registrati sui pixel, viene accumulato in due contatori a 15 bit per ogni pixel (uno ogni discriminatore).
PIXIRAD è un sensore a pixel ibridi e ogni cella ha un circuito di lettura indipendente, e la soglia settata è, di
conseguenza, trasmessa a tutti i pixel. La differenza, quindi, di soglia per ogni pixel può essere data dal
voltaggio di soglia dei transistor locali e da scompensi di corrente, oppure da effetti globali come cali di
potenza sul chip. Per avere, quindi, un livello di soglia uniforme su tutti i pixel bisogna operare
un’operazione di auto-calibrazione (auto-zero) del circuito la quale è stata implementata per ogni pixel [22].
11
2. Progetto SYRMA
Il sincrotrone ELETTRA di Trieste utilizza come particelle elettroni di energia pari a 2,0-2,4 GeV che
percorrono un condotto quasi circolare di 260 m di circonferenza [23]; esso è sede di 24 linee di luce le quali
hanno la funzione di portare il fascio di luce prodotto dai magneti curvanti nell’anello alle postazioni di
sperimentazione. La luce di sincrotrone “bianca” ha le caratteristiche spettrali riportate in Figura 12.
Figura 12: Distribuzione energetica del flusso di fotoni prodotto a 2 GeV
La linea di luce SYncrothron Radiation for MEdical Physics (SYRMEP) è dedicata all’imaging medico; essa
è sede dell’esperimento SYRMA-CT presentato nel paragrafo 1.1. La linea è lunga circa 30 m e la sorgente
ha dimensioni dell’ordine di qualche centinaio di micrometri [24].
12
2.1. Descrizione della linea SYRMEP
La linea riceve il fascio da un tubo in vuoto ultra alto per poi incontrare una finestra in berillio, spessa 2 mm,
la quale separa la sezione a vuoto con la sezione in aria. La finestra provoca un’attenuazione non voluta della
radiazione con energia inferiore a 8 keV [4]. Le strutture successive sono illustrate in Figura 13.
SLITS1
MONOCH
BS4
SHG
IPS
FLT
CON1
I1A
SHA
SHB
BED
I1B
CON2
I2
PRO
BH
SS
SP
SR
Figura 13: schema della linea SYRMEP
Il fascio entra dalla Beamline Hutch (BH) sulla sinistra e si dirige verso la Sala Radiologo (SR) sulla destra.
2.1.1. Hutch Beamline
In seguito si entra nel beamline Hutch (BH), dove un dispositivo beamstopper (BS4) si occupa di
interrompere il fascio se necessario. Nella BH viene operata la selezione della banda di energia tramite il
monocromatore a monte del beamstopper (BS4). L’operazione consiste nel far incidere il fascio su un
monocromatore (MONOCH) a doppio cristallo; cambiando l’angolo di incidenza su di esso si seleziona dal
fascio di luce di sincrotrone un’energia tra gli 8 e i 40 keV con una risoluzione energetica di circa 0,2% [25].
In seguito il fascio può essere attenuato da una serie di 6 filtri (FLT) di alluminio di spessore crescente
(0.125 mm fino a 4 mm), il cui inserimento è comandato elettronicamente.
Il fascio uscente dalla Beamline Hutch è sagomato dalle slits (SLITS1) site all’inizio della sala sperimentale
con un’apertura di circa 3 mm con una sezione laterale in corrispondenza della mammella (BED) di circa
210x3.4 mm2. Il flusso con i filtri non inseriti è nell’ordine dei 108 fotoni/ (s mm2) [25].
13
Figura 14: schema della Beamline Hutch
2.1.2. Sala Sperimentale (SS)
Questa sala esplicita una doppia funzione, sia ospitare esperimenti con campioni e fantocci (non pazienti) di
dimensioni contenute, sia ospitare i dispositivi dedicati alla sicurezza e alla misurazione del fascio che
arriverà in sala paziente.
Questi dispositivi, visibili in Figura 15 comprendono due camere a ionizzazione e tre shutter, due ridondanti
usati come semplici otturatore per l’imaging e uno shutter a ghigliottina di sicurezza di sicurezza.
Figura 15: Camere a ionizzazione e shutter di sicurezza in sala sperimentale
2.1.2.1.
Camere a ionizzazione (IOC1 e IOC2):
Le camere a ionizzazione sono state sviluppate e costruite per questa applicazione e sono ad alta precisione,
sono dedicate a una geometria del fascio di tipo laminare e calibrate dall’ENEA. Il raggio entra
perpendicolare agli elettrodi e la finestra di entrata definisce l’area sensibile di dimensioni 234 x 20 mm2. Le
IC sono poste a circa 27 metri dalla sorgente e a circa 3 metri dal paziente. La prima camera (IOC1) viene
usata per monitorare il fascio quando l’otturatore è ancora chiuso appena prima dell’acquisizione, mentre il
paziente si sta posizionando.
14
Durante l’esame, entrambe le camere (IOC1 e IOC2) sono utilizzate come controllo dose, la consistenza tra
le due misurazioni è uno dei meccanismi di sicurezza [25]. Una descrizione del loro funzionamento è
presentata nella sezione relativa al “DoseControl” (Sezione 2.2.1).
2.1.2.2.
Slits regolabili
Una fessura (A) e due paratie mobili (B1 e B2) permettono la regolazione della geometria del fascio.
La prima fessura si muove in altezza (rispetto al piano del suolo) tramite un sistema elettromeccanico che ne
consente la regolazione in maniera teleguidata, mentre un nonio con vite micrometrica ne permette la
regolazione fine manuale; questo per permettere la centratura del fascio entrante in altezza. Le dimensioni
della fessura sono fisse, non è possibile, quindi, aumentarne l’area di ingresso ma solo la posizione.
A valle di essa ci sono due paratie orizzontali spostabili tramite pistoncini teleguidati che possono essere
usate per regolare la dimensione del fascio (e la sua centratura) sull’asse orizzontale perpendicolare al fascio
(Figura 16).
Figura 16: Slit regolabili
2.1.2.3.
Shutter
Gli shutter in sala esperimento sono 3, uno veloce di sicurezza basato su una tecnologia elettroidraulica e due
rotativi elettromeccanici
SHG:
L’SHG è uno “shutter a ghigliottina”, esso è composto da una barra di acciaio inox di spessore adeguato
posta perpendicolare al fascio. Per passare in posizione aperta essa viene sollevata da un sistema idraulico ad
aria fino a un’altezza adeguata al passaggio dell’intera radiazione, nel raggiungere la posizione essa
comprime delle molle. Un microswitch meccanico (un piccolo interruttore) che agisce da finecorsa, indica al
15
sistema di pompaggio di fermarsi e togliere pressione al dispositivo poiché esso ha raggiunto la posizione
corretta, contemporaneamente avviene un passaggio di corrente in due elettromagneti a contatto con la barra,
che impediscono la ridiscesa.
Un sistema ridondato composto da due coppie di sensori fotoelettrici e di Hall controllano che la barra sia in
posizione, la filosofia dietro a questa tecnologia permette di avere un doppio controllo: quando una coppia
(Hall e fotoelettrico) rileva posizione d’apertura, l’altra coppia rivela se la barra è in posizione di chiusura.
Due AND con i due segnali negati fra loro assicurano la coerenza della posizione (una coppia deve riportare
la barra in posizione aperta e una coppia deve segnalare che non ci sia nulla in posizione chiusa e viceversa,
qualsiasi altro stato genera un errore e la chiusura forzata del meccanismo).
In caso di emergenza e/o di interruzione della corrente, i due elettromagneti perdono corrente e l’effetto delle
molle (e, in piccola parte, della gravità) fa scattare la barra di metallo che si porta in posizione di chiusura,
interrompendo il fascio in circa 15 ms.
Lo shutter è chiuso in un involucro di plexiglass trasparente, questa accortezza permette di osservarne
l’interno garantendo l’impossibilità di inserirci dita o oggetti che potrebbero causare del rischio per
l’operatore o la non completa chiusura dello shutter.
Figura 17: Shutter SHG, SHA e SHB
16
SHA e SHB:
L’elemento dedicato a bloccare la radiazione in questi due shutter è un cilindro nel quale è stata praticata una
fessura della forma approssimativa del fascio. Due attuatori a solenoide si dedicano alla rotazione di questo
cilindro, in fase di apertura il cambiamento dell’asse del cilindro porta la fessura praticata a essere in asse
con il fascio, permettendone il passaggio di quest’ultimo. Una molla è dedicata al riposizionamento del
cilindro in posizione di chiuso nel caso di interruzione della corrente, la tensione di questa molla è diversa
per SHA e SHB.
SHB ha una molla con tensione maggiore, poiché esso è un sistema di sicurezza dose ridondato con SHG. La
tensione maggiore, garantendo un più veloce ritorno (40 ms nel caso di interruzione della corrente) però
garantisce un’apertura più lenta, per questo, lo shutter di imaging principale (SHA) presenta una molla con
una tensione leggermente minore che ne garantisce una maggiore mobilità. Anche questi due shutter hanno
una coppia di sensori (fotoelettrico e con effetto Hall) che ne garantiscano la corretta lettura dello stato.
Questi sistemi sono alimentati da normali alimentatori, essi sono progettati, come già detto, per essere
normalmente chiusi in caso di interruzione di corrente.
2.1.2.4.
KeySafe
Il “KeySafe” è il dispositivo integrato con il sistema informatizzato di Elettra che permette il ritiro delle
chiavi al solo personale autorizzato, come si vede dalla Figura 18, è composto da delle serrature capaci di
Figura 18: KeySafe
inibire il prelevamento delle chiavi. Il pannello centrale consente di inserire il codice per sbloccare la chiave
relativa, l’utente in possesso del codice, quindi, può prelevare quella corrispondente. In caso che la chiave
non venga riposta durante la giornata il sistema informatizzato avvisa i responsabili tramite e-mail.
17
2.1.3. Sala Paziente
Sala Paziente è il luogo dove avviene l’esame vero e proprio e quindi dove ha sede il lettino con annesso il
sistema di movimentazione, il detector e tutti i dispositivi di sicurezza e monitoraggio dedicati.
Nella sala paziente, facendo riferimento alla Figura 19, si trova:
Figura 19: Schema semplificato della Sala Paziente (non in scala)
1) La slit dove passa il raggio proveniente dalla Sala Esperimento che si dirige verso il lettino
2) Il lettino con annesso tutto il sistema di movimentazione
3) Il detector di raggi-x montato in una culla mobile su tre assi posta un supporto fisso e annesso, se
necessario, sistema di raffreddamento.
4) Barriere Laser che monitorano la presenza di corpi estranei nell’area di movimentazione lettino, del
fascio e nell’intera sala paziente
5) Monitor non medicale con braccio montato a parete per aiutare l’operatore presente in sala paziente
prima e dopo l’esame a controllare ed operare i dispositivi presenti.
6) Una saletta con tendina dedicata alla preparazione della paziente.
7) Il sistema con inserimento chiavi e bottone Patient Access Control System (PaCS) per terminare la
ronda e rendere sicura la stanza prima dell’irradiazione.
8) La scaletta per permettere al paziente di salire agilmente sul lettino.
La saletta inoltre presenta una finestra di radioprotezione (ovvero capace di schermare dalle radiazione
ionizzanti dannose, il costruttore garantisce 2.1 mm di piombo di schermatura) visibile nello schema che
permette la visione del lettino e annesso paziente dalla sala radiologo e una porta, anch’essa dotata di vetri
18
schermati, a due ante con sistemi di interruttori magnetici che verranno discussi approfonditamente, insieme
al resto della sicurezza, nel capitolo apposito. In concomitanza della slit, non indicati in figura, vi sono dei
laser per l’allineamento che puntano in direzione del fascio e vicino al muro della saletta di vestizione c’è
anche un comando a filo per l’eventuale spostamento del lettino da parte dell’operatore in sala, un interfono
per comunicare con il paziente quando l’operatore è in sala radiologo e dei pulsanti di STOP di emergenza
sulle delle due pareti parallele al fascio.
2.1.4. Sala Radiologo
Nella sala radiologo si trovano i computer con l’interfaccia di controllo del lettino e acquisizione, la
centralina con le chiavi, le spie e gli interruttori principali (compreso un pulsante di stop di emergenza) del
sistema PACS e l’allarme sonoro, oltre agli interruttori per la ventilazione e le luci della sala. Vicino alla
stazione di controllo c’è anche un interfono per comunicare con il paziente. La sala radiologo ospita gli
operatori durante l’irradiazione del paziente.
2.1.5. Sala Dispositivi
Sita al primo piano della beamline e accessibile tramite delle scale esterne alle stanze appena presentate in
questa zona vengono ospitate sia tutte le PLC (Programmable Logic Control) dedicate alla sicurezza e alla
movimentazione del lettino, sia i computer (server e client) dedicati al controllo e alla supervisione di tutta la
beamline. Sono presenti anche degli schermi collegati alle telecamere presenti nelle stanze non accessibili
durante l’irraggiamento (Hutch e Sala Esperimenti) e banchi per la preparazione di phantom e campioni.
2.1.6. Lettino mobile
Il letto mobile che si trova in sala paziente è una delle maggiori criticità dell’esame tomografico, esso è stato
creato per essere inizialmente per l’esame mammografico planare ma con accortezze (come la possibilità di
ruotare su se stesso) per una futura implementazione in tecniche CT.
Il letto è stato prodotto dalla CINEL S.p.A. e piazzato al centro della stanza su una struttura che permette il
livellamento tramite supporti con viti micrometriche.
19
Figura 20: Lettino per Breast-CT e mammografia planare
Il letto vero e proprio è un tavolo ergonomico in fibra di carbonio della lunghezza di 2,10 m e larghezza di
0,80m. Il foro presente nell’asse di rotazione usato per inserire la mammella della paziente è di 25 cm di
diametro e l’intorno è creato appositamente per un posizionamento ideale. Il tavolo è sostenuto da 4 colonne
connesse tramite dei pattini a distanze regolari dal centro di rotazione. Il motore che permette la rotazione è a
lato e agisce sulla grande corona dentata, fissata al lettino e in asse con il centro di rotazione, per darne il
movimento rotatorio, con essa interagisce anche un encoder per il monitoraggio della posizione angolare. Il
tavolo può roteare quindi liberamente per angoli superiori a 360°. Un secondo sistema di motori consente la
traslazione sui due assi, la traslazione verticale fino a 200 mm (da 1120mm a 1320 mm) e la traslazione
orizzontale (Asse X) di circa ± 70 mm.
Una PLC (Programmable Logic Controller) fornita dalla CINEL S.p.A. e prodotta dalla Union Controlli s.r.l.
permette il controllo tramite le console CON 1 e CON2 (Figura 13).
Sotto il lettino si trova una rotaia per il posizionamento della culla del detector, come indicata in Figura 20
con “supporto sensore”.
20
2.2. Sistema di sicurezza della linea
2.2.1. Sistema di sicurezza dose (DoseControl)
Il DoseControl è il sistema che monitora intensità dal fascio in sala paziente con l’obiettivo di garantire dosi
superficiali sull’organo esaminato predefinite e comunque nei valori limite. Il controllo è affidato a sistemi
PLC di sicurezza e adeguata categoria costruiti dalla Pilz GmbH & Co. KG. Questi sistemi sono sempre
attivi. Le inibizioni e gli allarmi generati da essi vengono effettivamente attuati solo nella modalità paziente
(MP) con gli shutter aperti in modo da permettere in modalità esperimento (ME) l’esecuzione dei test su
fantocci (phantom) o campioni senza avere restrizioni sulla dose. La modalità paziente e la modalità
esperimento verranno presentate nel capitolo successivo dedicato alle barriere luminose e al sistema PaCS.
Il sistema, qui riassunto e già illustrato a livello di componentistica nella descrizione della Sala Esperimenti,
è composto, seguendo la direzione della freccia, indicante la direzione della radiazione:
I1A
SLIT
SHG
SHA
SHB
I1B
BED
S 21: Schema di principio del sistema di sicurezza dose (DoseControl)
Figura
1. Le fessure sagomate di entrata del fascio (SLIT) descritte in Sezione 2.1.2.2
2. Una camera a ionizzazione (I1A)
3. Uno shutter di sicurezza ad alta velocità di chiusura (SHG)
4. Due shutter di sicurezza ridondanti per l’imaging normale di funzionamento
(SHA e SHB)
5. Un’altra camera a ionizzazione (I1B)
6. Il lettino paziente (BED)
SLIT: non partecipano direttamente alla sicurezza dose se non nella definizione della geometria del fascio,
essendo parte del sistema sono state segnalate.
Camere a ionizzazione I1A e I1B: la radiazione di sincrotrone è caratterizzata, come tutte gli altri tipi di luce,
dalla cessione di energia alla materia. Le camere a ionizzazione sfruttano questo effetto per misurare i fotoni
che transitano al loro interno. Nelle camere alcuni fotoni cedono energia agli atomi del gas contenuto al loro
interno provocandone la ionizzazione, le particelle cariche prodotte in presenza di un campo elettrico si
muovono fino a gli elettrodi si ha un passaggio di una corrente. La corrente viene misurata dal circuito della
camera ed è proporzionale al numero di fotoni incidenti. La corrente, quindi, può essere usata per misurare la
radiazione del fascio sull’organo.
La lettura dei valori di corrente delle camere in due istanti noti di campionamento permetterà, quindi, di
calcolare il valore della dose superficiale.
21
Se questi valori superano il limite di sicurezza predefinito, il sistema andrà a chiudere lo shutter a
ghigliottina (SHG) che è il più veloce in chiusura (circa 15 ms) e per ulteriore tutela anche SHA e SHB, ovvero
quelli di imaging (risposta di circa 40 ms).
2.3. Barriere luminose
Le due barriere laser indicate in Figura 19 servono a rilevare la presenza di una persona o oggetti estranei
alla linea. I due dispositivi sono prodotti dalla SICK (quello vicino all’ingresso della sala) e dalla
SCHMERSAL (nel lato opposto).
Esse hanno due mappature, la prima, denominata “profilo R”
(radiologico) è attiva quando vi è fascio in sala paziente e serve
per proteggere gli operatori e i pazienti da un rischio di
esposizione a irradiazione. La seconda, “profilo M”, serve a
tutelare le persone dal pericolo di schiacciamento e
intrappolamento dato dalla movimentazione del lettino in sala
paziente, essa è stata disegnata per lasciare lo spazio a un
operatore nel lato vicino al comandi di movimentazione manuale
presente in sala.
I due profili hanno, a livello di progettazione e implementazione,
due particolarità, il profilo “R” è progettato per lanciare solamente
vere e proprie condizioni di allarme a tutta la linea, se qualche
persona (ad esclusione del paziente) o oggetto non previsto si
trovano in sala paziente durante l’irradiazione il sistema lo rileva
come un’anomalia grave e inibisce gli shutter avvertendo i sistemi
Figura 22: Laser scanner Schmersal
che registreranno una “condizione di allarme”.
Il profilo “M” invece, è sempre attivo ogni volta che si entra ed esce dalla sala o quando si fa qualsiasi
operazione come il posizionamento paziente; la sua attivazione quindi non è una condizione di “allarme”
vera e propria bensì si configura come un sistema di protezione per il quale la messa in moto degli elementi
mobili non sia possibile fintanto che l’operatore può raggiungerli, come specificato nella Dir. Macchine
89/392/CEE e 91/368/CEE 1.4.3 (allegato I).
Quindi si assicura la protezione impedendo (e fermando) qualsiasi movimento nel momento in cui il “profilo
M” indichi la presenza di una persona.
Profilo “R” – schema:
Le zone 1 e 2 di Figura 23 sono quelle mappate dai due sensori ad un’altezza di 1310 mm da terra, appena
sotto la soglia di movimentazione del lettino, qualsiasi oggetto la cui sezione intersechi quella zona viene
rilevato e farà partire il blocco del sistema e la chiusura degli shutter.
22
I perimetri delle zone di allarme sono sagomati in modo che non intercettino la rotaia del rivelatore e lo
stesso (la zona a righe oblique).
Queste problematiche saranno discusse nel capitolo dedicato al protocollo CT.
Figura 23: Profilo "R”.
Profilo “M” - schema:
Il “profilo M” (Figura 24) lascia lo spazio all’operatore di comandare il lettino tramite comando in sala
paziente, il comando è posizionato nella zona ritenuta più sicura secondo la normativa macchine. Questo
profilo, come già indicato in precedenza, prevede lo stato di “presenza persona” nel suo normale ciclo di
funzionamento poiché esso è sempre attivo durante le normali operazioni in sala paziente (entrata/uscita e
posizionamento paziente.
23
Figura 24: Profilo "M”.
Sistema di controllo accessi alla camera pazienti (PaCS)
Il PaCS è il sistema di controllo degli accessi con l’obiettivo dichiarato di controllare l’accesso alla Sala
Pazienti quando le condizioni sono sicure. Anch’esso realizzato tramite PLC, di categoria 4, e presenta due
modalità: Modalità Esperimento (ME) e Modalità Paziente.
BeC
Figura 25: Centralina per accesso alla sala paziente e sperimentale
24
La Figura 25 illustra la centralina principale del sistema PaCS:
1) Nella figura si identificano le spie che rilevano lo stato degli Shutter (se sono entrambe accese,
chiuse e aperte, si segnala uno stato di allarme).
2)
La spia per il consenso apertura della porta che permette l’entrata in sala paziente
3) Le chiavi B e C e le relative serrature (il loro funzionamento è spiegato nella sessione successiva).
4) Gli indicatori di modalità: ME e MP presentate nella sessione successiva: se sono entrambi accesi vi
è una situazione di allarme, se sono entrambi spenti si entra in modalità “ibrida” ovvero lo stato in
cui la linea si trova in fase di re-inizializzazione completa (sistemi di sicurezza da spenti ad accesi).
5) Il pannello della modalità radiologo, con il pulsante e la serratura “R”, illustrata nella
Sezione 2.3.1.2.
6) Il pulsante dello stop di emergenza, illustrato nelle sezioni successive.
Oltre ai dispostivi segnalati con la etichette si nota anche la spia di iniezione in corso, spia che si accende
nella fase di iniezione e accelerazione iniziale degli elettroni nell’anello del sincrotrone e la serratura che
consente l’apertura dell’intera centralina (in centro a destra).
2.3.1.1.
Modalità esperimento (ME)
In questa modalità, per aver accesso alla sala pazienti o alla sala esperimenti, bisogna prelevare la chiave “B”
dal “Keysafe” e inserirla nell’apposita serratura nel pannello chiavi “B/C/R” (Figura 25), questa operazione
permette di prelevare la chiave “C”.
Grazie a questa chiave è possibile aprire le porte della sala pazienti che sblocca la serratura elettromagnetica.
Una volta terminate le operazioni si effettua la “Ronda”, ovvero chiudendo la porta in sala paziente ci si
assicura che non ci sia più nessuno e che niente che possa interferire con le barriere luminose sia fuori posto,
successivamente si inserisce la chiave “C” nel pannello di Search in sala paziente ruotando la chiave e
premendo contemporaneamente il pulsante (Figura 26). Una volta effettuata questa operazione si ha 30
secondi per uscire e riporre la chiave “C” nella serratura della centralina PaCS, se questo non avviene scatta
l’allarme (anche sonoro).
2.3.1.2.
Modalità paziente (MP)
La modalità paziente permette la presenza di una persona stesa sul lettino (il paziente) durante l’esame
radiografico per cui, vista la natura dell’operazione ad un grado più elevato di rischio, essa presenta una
procedura particolare. Si preleva la chiave “B” dal “Keysafe” e si inserisce nel pannello chiavi “B/C/R”
estraendo la chiave “C”, come in modalità esperimento. In questa fase, a differenza da prima, si inserisce la
chiave “R” e si preme contemporaneamente il pulsante di conferma (similmente alla ronda già illustrata ma
presente sul pannello in sala radiologo, Figura 25) portando il sistema in Modalità Paziente.
La possibilità di prelevare la chiave R, data la particolare condizione di rischio che porta la modalità
paziente, è data ad un numero limitato di persone.
25
Da qui seguono due fasi:
La preparazione all’esposizione con il relativo posizionamento del paziente, ovvero nella sala oltre alle
attrezzature si troverà sia la paziente sia il tecnico/radiologo, sia una terza persona qualificata (un altro
tecnico radiologo o un infermiere) che aiuteranno la paziente a sistemarsi, uno per lato lungo del letto. In
questa fase gli shutter sono chiusi e la mappatura dei laser scanner è solo quella relativa alla movimentazione
lettino. In uscita del tecnico radiologo la fase di ronda si riduce alla sola pressione del pulsante “Search”
(Figura 26), una volta premuto si hanno 10 secondi per uscire dalla stanza.
L’esposizione (prescansione e scansione) prevede solo la paziente distesa sul lettino, la porta di accesso alla
sala paziente è chiusa ma non è interdetta all’apertura per permettere al personale di accedervi in caso di
emergenza. L’apertura della porta porterà il sistema in condizione di “forzatura porta” e quindi bloccherà il
fascio agendo sugli shutter come già illustrato.
Se il paziente si muove troppo o scende da lettino entrando nella mappatura dei laser scanner viene attivato
l’allarme “presenza persona” e ci sarà uno stop del fascio.
Figura 26: Comandi di ronda e stop in sala paziente
2.3.1.3.
Ripartenza della PLC
All’accensione ed alla riaccensione la PLC si porta nello “stato ibrido” (essenzialmente nè ME nè MP): tutte
le uscite si trovano nello stato di sicurezza e, in particolare, gli shutter sono chiusi e ne è disabilitata
l’apertura; inoltre le luci indicanti la modalità di lavoro (gialla-ME, blu-MP) sono spente.
Il ripristino del funzionamento si ottiene portando il sistema o in ME (pulsante di “search” più chiave C) o in
MP (pulsante R più chiave R) ed eseguendo le azioni previste nei due casi.
26
3. Normativa di riferimento
La linea è stata adattata per ospitare pazienti e per la sua costruzione ci si è riferiti a una serie di normative in
vigore. Il sistema contempla rischi di natura diversa individuabili principalmente nel pericolo di irradiazione,
nel pericolo meccanico associato alla movimentazione del lettino e nel rischio generato dai dispositivi
programmabili (SEMP) utilizzati.
La messa in sicurezza della struttura, quindi, comporta la considerazione dei rischi su un sistema
diagnostico-medicale totalmente nuovo. Un normale dispositivo di TAC ospedaliero è costruito con
accortezze del tutto diverse dalla macchina in esame, questo fa sì che una valutazione del rischio effettuata
su di essa può prendere spunto in maniera limitata da esperienze su dispositivi simili. Di seguito saranno
elencate le normative di riferimento che la linea che allo stato attuale implementa.
3.1. Normativa di riferimento correntemente in atto sulla linea
Per quanto riguarda il lettino si fa riferimento alle seguenti normative:
1) CEI 62-5, “Apparecchi elettromedicali. Parte 1: Norme generali per la sicurezza”, Gennaio 1991
2) Norme particolari e collaterali della CEI 62-5
3) CEI 62-81 EN60601-1-4 “Apparecchi elettromedicali”, Parte 1: Norme generali per la sicurezza,
Parte 4: Norma collaterale: Sistemi elettromedicali programmabili
Per quanto riguarda l’impianto elettrico si fa riferimento alle seguenti normative:
4) CEI 64-13 “Guida alla Norma CEI 64-4: Impianti elettrici in locali adibiti ad uso medico” Prima
edizione, Ottobre 1994
5) CEI 64-4 “Impianti elettrici in locali adibiti ad uso medico” Terza Edizione, Dicembre 1990
6) CEI 64-4; V1 “Impianti elettrici in locali adibiti ad uso medico” Variante, Gennaio 1994
In generale si fa riferimento anche alle seguenti normative:
7) EN 418, “Dispositivi di arresto d’emergenza, aspetti funzionali. Principi di progettazione”,
Giugno 1994
8) EN 954-1, “Sicurezza del macchinario. Parti dei sistemi di comando legate alla sicurezza.
Principi generali per la progettazione”, Dicembre 1998
Di seguito saranno illustrati i rischi rilevati sulla linea, le loro criticità e soluzioni adottate secondo le varie
normative in vigore. Questa parte comprende anche delle accortezze per l’implementazione del sistema di
Breast-CT e sranno proposte soluzioni.
27
3.2. CEI 62-5 EN 60601-1:2007 Apparecchi elettromedicali
Si presenteranno alcune considerazioni messe in atto per conformare il sistema secondo le prescrizioni della
norma CEI EN 60601-1:2007, la quale tratta gli apparecchi elettromedicali. La versione qui presentata
incorpora anche le prescrizioni alla tecnologia dell’informazione, le quali sono state allineate con i contenuti
della norma specifica CEI EN 60950-1 con l’aggiunta di prescrizioni specifiche per includere il processo di
analisi del rischio.
La norma contempla tutti e tre i rischi indicati in precedenza, ovvero quello relativo all’irradiazione, quello
di natura meccanica e quello dovuto a dispositivi programmabili (SEMP).
3.2.1. Rischi meccanici
I rischi meccanici della linea sono rappresentati principalmente dalla movimentazione del lettino e
dall’altezza su cui il paziente si trova a sostenere l’esame. Il particolare protocollo d’esame tomografico
prevede uno spostamento del paziente più complesso e più prolungato nel tempo e questi rischi aumentano.
La riduzione del rischio meccanico diventa quindi fondamentale. Le due tipologie sono il rischio da
intrappolamento e il rischio da caduta, entrambi possono provocare danni da frantumazione e urto.
1) Zona di intrappolamento
La norma 60601-1 riporta:
“Una ZONA DI INTRAPPOLAMENTO non costituisce un PERICOLO MECCANICO quando le distanze che
separano l’OPERATORE, il PAZIENTE e le altre persone dalle ZONE DI INTRAPPOLAMENTO sono
superiori ai valori specificati nella ISO 13852. Le distanze vengono misurate dalle posizioni previste
dell’OPERATORE, del PAZIENTE e delle altre persone vicine all’APPARECCHIO EM nell’USO
NORMALE o nell’uso improprio ragionevolmente prevedibile”.
La sala paziente presenta spazi relativamente angusti e il movimento del lettino tipico dell’esame
tomografico (lo spostamento angolare) presenta il rischio maggiore.
La zona in alto nella Figura 27, tenuto conto dello spostamento di 200 mm sull’asse perpendicolare al fascio
e parallelo al suolo, è ampia solo 130 mm con il lettino ruotato nella posizione più vicina a quella parete.
La zona più vicina alla sorgente del fascio invece si trova a 420 mm e quella in basso 520 mm.
28
Secondo la normativa le due zone da 130 mm e 200 mm sono da considerarsi zone d’intrappolamento del
corpo, esse, infatti, sono inferiori a 500 mm, valore riportato nella documentazione. Queste zone sono però
tutelate sia dalle barriere luminose come già illustrato nel capitolo a loro dedicato.
Figura 27: Zone di intrappolamento in sala paziente
Un’altra zona di possibile intrappolamento, soprattutto nell’esame tomografico, è quella visibile in
Figura 28: La zona evidenziata con la freccia presenta un pertugio con lato inferiore a 120 mm.
Figura 28: Zona di possibile intrappolamento, sezione verticale del lettino
29
L’operatore e soprattutto la paziente potrebbe inserirvi il braccio durante il movimento rotatorio del lettino,
considerando che i quattro pattini e il motore sono solidali con esso si creerebbe una leva sull’arto con
conseguente danno.
Si propone quindi la copertura di quel pertugio con una barriera fissa non rimovibile.
3.2.2. Schiacciamento tra lettino, rotaia e rivelatore
Un altro punto, anche se meno critico del precedente, è la possibilità che ci sia uno schiacciamento tra il
lettino e il rivelatore. Il rilevatore non dovrà mai essere posizionato nella zona sottostante al lettino poiché si
crea una zona di intrappolamento
3.2.2.1.
Rischio di caduta
La movimentazione paziente, data l’altezza della struttura del lettino, l’ampiezza totale della scaletta di
accesso o rampa di accesso non permetterebbe la movimentazione di un paziente parzialmente o totalmente
non collaborante poiché servirebbero spazi adeguati per ospitare almeno due operatori a un’altezza tra il
piano e il letto di massimo 800 mm (IEC 601-2-38). Il letto, da terra, è alto 1320 mm nella posizione più alta.
Il lettino presenta una conformazione con dei bordi ergonomici tali da non costituire un rischio di caduta per
un paziente totalmente collaborante e la velocità di traslazione e rotazione non genera spostamenti
apprezzabili anche di oggetti di grandezza, superficie e massa molto inferiori a quella del paziente.
Il rischio di caduta in questa posizione quindi, assicurato anche dall’ergonomicità del letto, si suppone
trascurabile.
La criticità maggiore per il rischio di caduta è individuata quindi nell’operazione di salita/discesa della
paziente sul lettino vero e proprio. La scala di accesso è conforme in parte come dimensioni dei gradini e
materiali alla EN ISO 14122-3:2010 (Accesso macchine: scale e parapetti).
La base sporgente del lettino non permette la completa aderenza di tutto il piano scale alla macchina, questo
fa sì che ci siano dei buchi dove la paziente o l’operatore potrebbero infilarci un piede cadendo
accidentalmente. La progettazione di una copertura per evitare questo rischio è consigliata.
Il parapetto, ricorda la normativa, deve essere alto almeno 1 metro e le scale devono essere fatte di un
materiale antiscivolo, questi disposizioni sono state regolarmente implementate tramite parapetti mobili a
lato lettino, che permettono alla paziente di sedersi.
Il rischio di caduta aumenta se a cadere si impatta su spigoli o bordi affilati, la stanza paziente in condizioni
di uso normale è priva di spigoli raggiungibili con un inciampo o caduta del paziente o operatore.
30
3.2.3. Pulsanti di STOP
Per limitare tutti i tipi di rischi si sono implementati dei pulsanti di arresto di emergenza, questi chiudono il
fascio e inibiscono il movimento del lettino. Questi pulsanti si trovano in 4 posizioni chiave:
-
In sala radiologo
o Vicino alla pannello chiavi PaCS, il quale è posizionato vicino alla porta e la finestra vetrata,
quindi permette al tecnico di osservare sia cosa avviene in sala paziente sia avere nel campo
visivo il pulsante d’arresto.
o Nel lato opposto della porta rispetto al pannello chiavi PaCS, vicino alla stazione di
acquisizione.
-
In sala paziente
o Vicino ai comandi di ronda e al comando per la movimentazione del lettino manuale.
o Sotto il lettino paziente, per raggiungerlo bisogna accucciarsi.
o Sulla parete vicino alla scaletta che permette la salita del paziente sul lettino.
Questi pulsanti, visibili sia in Figura 25 e in Figura 26 sono conformi alla normativa poiché sono:
a) Azionabili con una singola azione
b) Facilmente accessibili all’operatore
c) Non introducono un fattore di pericolo supplementare.
d) Sono essere muniti di un azionatore di colore rosso, concepito in modo da essere distinto ed essere
facilmente identificabile rispetto ad altri comandi.
e) […] Riportare la parola STOP.
3.2.4. Rischio Radiologico
Il rischio radiologico legato alla dose somministrata al paziente non viene analizzato in questa sede, in
quanto sono già state illustrate le modalità di protezione legate al sistema “DoseControl”. Per quanto
riguarda la sicurezza degli operatori, oltre al sistema di DoseControl, la dose è tenuta sotto controllo da un
monitore gamma presente in sala radiologo, intercettante il fascio in uscita visibile in Figura 29.
Il monitore di dose gamma della linea fornisce una misura locale del rateo di dose e della dose integrata
presso la linea stessa. Il rateo di dose viene misurato secondo per secondo e poi mediato sul minuto e
sull’ora; le misure sono disponibili localmente nel display del monitore e remotamente su di un PC in Sala
Controllo Anello, dove vengono registrate 24 ore su 24.
Visibile in Figura 29 vi è anche un piccolo contenitore blu contenete dei dispositivi per la rilevazione della
dose integrata nel tempo, essi vengono cambiati e letti a intervalli regolari.
31
Figura 29: Monitore gamma in sala radiologo.
Il monitore di dose gamma fornisce, in uscita, 3 segnali digitali che rappresentano:
1. Buon Funzionamento
2. Pre-allarme
3. Allarme.
Il “Buon Funzionamento” viene meno nel caso di guasto del monitore. Il “Pre-allarme” viene attivato dal
superamento di un limite di pre-allarme fissato sul rateo di dose o dal superamento di un limite di preallarme
fissato sulla dose integrata. L‟allarme viene attivato dal superamento di un limite di allarme fissato sul rateo
di dose. I limiti impostati sono riportati nella tabella seguente.
Limite sul rateo di dose
Limite sulla dose integrata
Pre-allarme
3 µSv/h per almeno 360 s
2 µSv in 4 ore
Allarme
6 µSv/h per almeno 180 s
Il D.Lgs. 17 Marzo 1995, n. 230 definisce i lavoratori in zona radiologo come non esposti tutti i soggetti
sottoposti, in ragione dell'attività lavorativa svolta per conto del datore di lavoro, ad una esposizione non
superiore ad uno qualsiasi dei limiti fissati per le persone del pubblico.
32
Questi limiti sono, in un anno solare: 1 mSv per esposizione globale o di equivalente di dose efficace, 15
mSv per cristallino, 50 mSv per la pelle, mani, avambracci, piedi e caviglie. Gli operatori che lavorano in
modalità sperimentale e in sala paziente, visti i dispositivi di sicurezza in atto, rientrano tutti in questa
categoria.
3.2.5. Rischio dovuto a Sistemi Elettromedicali Programmabili (SEMP)
La norma 60601-1 all’articolo 14 riporta questa definizione per l’implementazione di dispositivi
programmabili, il cui impiego nella linea, considerato che tutto il sistema di inibizione e allarme si basa su
PLC e su algoritmi creati ad hoc, risulta un passo essenziale nella messa in sicurezza del sistema.
La norma riporta: “I computer vengono sempre più impiegati negli APPARECCHI EM, spesso in ruoli
critici per la sicurezza; l’impiego delle tecnologie informatiche ha aumentato il loro livello di complessità.
Questa complessità comporta che i guasti sistematici possano sfuggire ai limiti pratici delle prove. Di
conseguenza il presente articolo va oltre le prove e le misure tradizionali dell’APPARECCHIO EM completo
e include le prescrizioni relative ai PROCESSI con i quali è stato sviluppato. Le prove sul prodotto finito, di
per se stesse, non sono adeguate a verificare la sicurezza di un APPARECCHIO EM PROGRAMMABILE”.
Risulta, quindi, impossibile definire e seguire un processo con elementi specifici. L’adeguamento segue un
approccio simile a quello della serie ISO 9000.
La presente norma, ovvero, richiederà l’applicazione di un processo di gestione del rischio conforme alla
ISO 14971 (Medical devices -- Application of risk management to medical devices) e consiglia il costruttore
di seguire un sistema di gestione della qualità conforme alla ISO 13485 (Medical devices -- Quality
management systems -- Requirements for regulatory purposes). Una volta individuato il processo per la
minimizzazione della fonte di rischio del sistema complesso quale è un SEMP si dovrà produrre tutta la
documentazione per ogni sua fase ed essere annessa nella documentazione di gestione del rischio.
La norma, inoltre, tiene a ribadire testualmente: “Dato che la conformità con l’art. 14 avviene con esame a
vista e valutazione per assicurare che la documentazione richiesta sia stata prodotta, la qualità e la precisione
di questi documenti è importante”, ponendo quindi la massima priorità a questo aspetto.
La linea mammografica presenta un documento di descrizione dei processi, la norma raccomanda che anche
nella nuova versione riguardante la Mammo-CT ogni parte delle fasi di creazione e implementazione degli
algoritmi e dei sistemi SEMP siano correttamente documentate.
Categorie dei sistemi di controllo programmabili
Le “Categorie” dei sistemi di controllo sono state definite dall’uscente EN 954-1:1996 (ISO 13849-1:1999).
Tuttavia, anche adesso, vengono spesso usate per descrivere i sistemi di controllo di sicurezza e rimangono
parte integrante di EN ISO 13849-1, come già detto nella sezione introduzione alla sicurezza funzionale dei
sistemi di controllo. Le PLC utilizzate in SYRMA sono prodotte dalla Pilz ltalia S.r.l.. La categoria di queste
PLC è la 4, ovvero la più resistente ai guasti (le categorie vanno dalla 1 alla 4, in ordine di resistenza al
guasto).
33
Tutte le PLC in commercio che appartengono alle 4 categorie devono avere delle caratteristiche contenute
nella norma ISO 13849-2, la quale riguarda qualunque sistema di controllo, che si tratti di sicurezza o meno.
Di seguito sono elencate le principali caratteristiche di carattere generale:
1. Corrette operazioni di selezione, combinazione, configurazione, assemblaggio ed installazione
(secondo le istruzioni del costruttore);
2. Compatibilità dei componenti con tensioni e correnti;
3. Resistenza alle condizioni ambientali;
4. Uso del principio di diseccitazione;
5. Soppressione dei transitori elettrici;
6. Protezione contro l'avviamento accidentale;
7. Fissaggio sicuro dei dispositivi di ingresso (ad es. montaggio degli interblocchi);
8. Protezione del circuito di controllo (secondo IEC 60204-1);
9. Corretto collegamento equipotenziale di protezione;
Per le PLC di categoria 4, oltre alle indicazioni generali sopra riportate, si richiede che un singolo guasto, in
una qualunque delle sue parti, non comporti la perdita della funzione di sicurezza.
Il singolo guasto deve anche essere riportato al momento della successiva richiesta d’intervento del sistema
di sicurezza o, se possibile, prima. Se questo rilevamento non è possibile, un accumulo di guasti non deve
portare alla perdita della funzione di sicurezza. Quest’ultima caratteristica la differenzia dalla categoria 3
[26].
Considerazioni riguardo alla progettazione di questi sistemi:
Il sistema, soprattutto per la parte riguardante i dispositivi SEMP, è stato realizzato cercando di utilizzare
dove possibile componenti di livello 4, quindi resistenti al guasto.
Quando questo non è stato possibile si è cercato di ricorrere al concetto di “ridondanza”. Si utilizzano più
sistemi che concorrono all’attuazione delle modalità di sicurezza e rilevano la singola emergenza con
metodologie e dispositivi eterogenei. Per quanto riguarda i sensori e gli attuatori si è adottata la tecnica della
duplicazione e, se possibile, la diversità tecnologica.
L’unica nota che potrebbe essere fonte di problemi è data dalla velocità di esecuzione della messa in
sicurezza, benché 15 ms nel caso della dose sia completamente accettabile, se si dovesse agire su un sistema
in movimento la velocità media di una PLC di ultima generazione comunque si attesta nell’ordine del
millisecondo, oltre al tempo di risposta dei sistemi di monitoraggio e blocco, questo potrebbe comportare dei
danni all’utente in caso di malfunzionamento dei sistema dei motori (in particolare la rotazione). La velocità
(rilevata anch’essa con un sistema ridondante) dev’essere tenuta sotto controllo per evitare accelerazioni
fuori controllo [27].
34
4. Performance meccaniche del lettino per tomografia
Il lettino, come già illustrato nella Sezione 2.1.6, era stato progettato per includere anche funzioni di
tomografia ma non ne è mai stata testata la precisione di spostamento angolare. Per controllarne la precisione
e l’accuratezza con il nuovo protocollo mammo-CT, quindi, sono state disposte delle misurazioni. Le prime
campagne di misura sono state affrontate con l’aiuto del personale e della strumentazione di Elettra S.C.p.A.
dedito agli allineamenti e rivelano la stabilità del lettino in posizione, ma non forniscono informazioni sulla
stabilità in velocità. La seconda campagna di misura si concentrerà sulla creazione di fantocci progettati per
rilevare la stabilità sia in velocità sia in posizione del lettino, in questa tesi si sono indagati dei primi
prototipi e sarà presentata una metodologia di misura basata sui primi test effettuati.
4.1. Rilievo topografico presso la linea SYRMEP
Le operazioni di rilievo topografico sono state effettuate il giorno 20 Gennaio 2015 presso la linea
Syrmep/Elettra Sincrotrone Trieste con laser tracker Leica AT401.
L’accuratezza della misura e la sua incertezza viene definita come la deviazione tra la coordinata misurata e
quella nominale del punto. L’incertezza è fornita come una funzione della distanza tra il laser tracker e il
punto da misurare.
Figura 30: Laser Tracker LEICA AT401 e treppiede.
35
La Leica Geosystem [28] assicura che la precisione del sistema sia di ± 15 µm + 6 µm/m sotto le seguenti
condizioni:
-
Si usano i riflettori da 1.5 pollici “Red Ring” forniti con il laser
-
Si effettuano delle misure di almeno 2 secondi per punto
-
Le misurazioni devono essere effettuate nella zona compresa tra 1.5 fino a 80 metri con un angolo
verticale (nel caso di laser montato parallelo al suolo) pari a ± 45 gradi.
-
Sotto le stabili condizioni ambientali indicate:
o Polvere o acqua: IP54 (IEC 60529)
o Temperatura compresa fra: 0˚C to +40˚C
o Umidità relativa di massimo 95% (senza condensa)
o Altitudine di: -700 to 5500 m
Considerando i dati forniti del produttore, le misure di prova compiute e l’esperienza degli allineatori si è
stimata l’accuratezza reale rispetto alle condizioni ambientali della linea di ±100 µm.
4.1.1. Procedura delle misurazioni:
Sul lettino si è posizionato un riflettore Leica da 1.5 pollici, opportunatamente fissato alla struttura sul lato
più lontano dal centro di rotazione del lettino, come illustrato in Figura 31.
In questa posizione (a circa 1,5 m dal centro) è possibile apprezzare maggiormente un’eventuale
inclinazione. Per esempio, uno spostamento verticale di 0,1 mm ai piedi del lettino porterebbe uno
spostamento di 0,01 mm sul bordo del foro d’esame (250 mm).
Il rilievo è stato eseguito mantenendo la porta chiusa e il flusso d’aria della climatizzazione portato in off,
questo per evitare possibili sbalzi di temperatura e presenza di flussi d’aria indesiderati.
Figura 31: Posizione del riflettore nel lettino.
36
Si è eseguita, poi, una prima campagna di misura, facendo ruotare il lettino a step di10 gradi, mantenendolo
alla quota Z = 0 di partenza.
In Figura 32: Schema della prima campagna di misura con rotazione del lettino a 10 gradi. si riporta lo
schema della prima campagna di misura con rotazione del lettino a step di 10 gradi. In essa è evidenziata la
posizione dell’asse fascio segnata da una freccia con una linea tratteggiata; il punto misurato a 180 gradi si
trova nella posizione di ingresso del fascio (IN) e il punto misurato a 360 gradi si trova nella posizione di
uscita (OUT).
Figura 32: Schema della prima campagna di misura con rotazione del lettino a 10 gradi.
Il primo rilievo ha come piano di coordinate quello del pavimento della stanza, misurato tramite 3 punti fissi
al suolo, 2 in sala paziente e uno in sala radiologo. Per il secondo si è deciso di prendere un nuovo sistema di
coordinate, relativo a un piano creato mediando i vari punti del primo rilievo.
Tutti i grafici che seguono si riferiscono al piano di partenza raddrizzato in orizzontale.
La terna di riferimento si trova al centro del cerchio, indicata in Figura 32.
La coordinata Y è trasversale al fascio aumenta a sinistra dello stesso; la coordinata Z è di quota
(perpendicolare al terreno) e va a salire verso l’alto.
Il grafico in alto della Figura 33 riporta le differenze dal raggio medio. Il quale è stato calcolato calcolando la
media della distanza euclidea a 3 dimensioni tra il centro del piano che corrisponde al centro di coordinate
illustrato in Figura 32 e i punti rilevati ogni 10 gradi.
37
Figura 33: In alto: scarto dal raggio medio calcolato di 1465,80 mm. In basso: differenza sulla quota media (Z).
Il grafico che si trova in basso, sempre relativo alla Figura 33, riporta le differenze con la quota media di
ogni punto, calcolata grazie all’ausilio della sola coordinata Z rilevata per ognuno di questi punti.
Da questi grafici si può notare come a Z = 0 il raggio cambi di poco, ben sotto l’accuratezza stimata di
100 µm, mentre si rileva un apprezzabile cambio di quota ad andamento sinusoidale con dei picchi di
differenza di 600 µm ± 100 µm, essi denotano un abbassamento sull’asse passante per gli angoli 40°-220°,
mentre un innalzamento sull’asse 140°-320°. L’inclinazione calcolata si attesta a 0,27 ± 0,07 milliradianti nel
caso peggiore (40°-220°), in altre parole sul bordo del foro (250 mm) si ha uno spostamento in Z di 0,08
mm. Rilevato questo dato si sono effettuate altre campagne di misura, effettuando rotazioni del lettino ogni
30 gradi. Una volta completato l’angolo giro ci si è spostati lungo la coordinata Z di 40 mm, ripetendo
l’operazione fino a raggiungere la quota di z = 200 mm.
Il centro delle coordinate non è stato ricalcolato per ogni altezza. Si è preso il centro di coordinate di
riferimento visibile in Figura 32 e lo si è traslato lungo il suo asse Z con step di 40 mm.
38
In appendice (allegato A) si possono trovare tutti i grafici relativi alle campagne di misura, in questa sezione
però si riportano le due serie, finale e iniziale (Z = 0 e Z = 200 mm) per far notare un elemento importante
emerso dalle misurazioni.
Figura 34: Differenza del raggio per la misura a Z=40 (in alto) a Z=200 (in basso)
Nella Figura 34 sono riportati i grafici riguardanti lo scarto dal raggio medio per le coordinate del centro pari
a Z = 40 mm e Z = 200 mm. Come si nota dai due grafici nella posizione più alta del lettino (Z = 200 mm) vi
è una leggera deformazione del raggio sull’asse 0°-180° gradi, mentre a Z = 40 mm si ha uno scarto sotto
l’accuratezza stimata del rilevatore quindi non rilevabile. Le misurazioni intermedie denotano una crescita
costante di questa tendenza per ogni quota fino a raggiungere Z = 200 mm.
39
Il lettino ha una rigidità elevata e quindi si suppone non deformabile in maniera apprezzabile, lo scarto
quindi è stato attribuito alla non corretta inclinazione dell’asse Z del centro a coordinate 0. Lo scostamento
del reale asse Z per Z = 200 mm è di 1,2 mm, pari a un angolo di 6 milliradianti, il quale causa questo
fenomeno di precessione delle misure.
Le differenze in quota, riportate nella Figura 35 indicano che l’inclinazione rilevata nella prima campagna di
misura a 10° si mantiene stabile con una escursione ancora pari a 600 µm ± 100 µm confermando la stabilità
del lettino in quota.
Figura 35: Differenze di quota media a Z = 40 mm (in alto) e Z = 200 mm (in basso)
40
Si è deciso, poi, di misurare la posizione con un carico permanente di 72 chili distribuito qualitativamente
secondo la distribuzione di massa di una paziente (il peso maggiore in corrispondenza dello stomaco-petto);
restando in posizione Y = 0 e Z = 0 con rotazione angolare di 30 gradi.
Figura 36: Disposizione del carico sul lettino sotto forma di 4 contenitori d'acqua di 18 kg ciascuno.
Figura 37: Differenze dal raggio medio a Z = 0 senza carico (in alto) e con carico (in basso)
41
Nei grafici in Figura 37 si nota come con il carico non ci siano deformazioni apprezzabili, ovvero sono tutte
sotto la soglia di accuratezza pari a 100 µm. Si nota che in posizione 90 e 120 gradi non ci siano dati a causa
della posizione del carico.
Nei grafici in Figura 37 si nota come il carico abbia influenzato la quota Z di tutto il sistema, ma tale
compressione è uniforme e non deforma ulteriormente la configurazione.
Figura 38: Differenze nella rotazione senza carico (in alto) e con carico (in basso).
Si è misurato, infine, l’accuratezza del lettino rispetto al sollevamento in un’altra configurazione di
centratura rispetto al fascio, ovvero muovendo il motore che nel nostro sistema di riferimento si occupa dello
spostamento sull’asse Y (nel protocollo, tale asse, è riferito come X), ma che nel protocollo è indicato come
X. A coordinata Y = 100 mm si sono effettuate escursioni di altezza a gradini di 10 mm, da quota Z = 0 fino
a quota Z = 200.
42
L’accuratezza, non apprezzabile dalla figura, rimane comunque entro quella stimata di 100 µm.
Figura 39: Differenze dal raggio e dalla quota media a Z = 200 mm e Y = 100 mm con carico.
Figura 40: Quota assoluta per Y = 100 mm, angolo 0 gradi con carico. L'Offset di misura riguarda il sistema di riferimento
traslato di -350 mm sull'asse Z.
43
Nella Figura 39 si nota come a Z = 200 mm (la posizione più critica) non ci siano differenze apprezzabili tra
Y = 0 mm e Y = 100 mm sia per quanto riguarda il raggio medio sia per quanto riguarda la quota rilevata.
4.2. Analisi dell’immagine con fantoccio
Per la misura della stabilità in velocità è stato testato un metodo basato sull’acquisizione di una tomografia
su un fantoccio creato ad hoc posto nel foro intercettante il fascio e un rilevatore per l’acquisizione delle
proiezioni. L’obiettivo è creare un algoritmo che rintracci un elemento di posizione e grandezza nota. Se si
verifica che la sua posizione (e quindi il “percorso” che traccia sul sinogramma) si attesta sui valori previsti
allora il lettino ha una accuratezza accettabile.
In Figura 41 è illustrato il primo prototipo di fantoccio (senza il supporto e i fori usati per fissarlo). Per
realizzarlo si è utilizzato un tubo in PVC in cui si è posta una sfera, usata solitamente nei cuscinetti
meccanici di alta precisione costruttiva, di acciaio inox. Essa è stata fissata tramite interferenza a caldo della
plastica del cilindro. La sfera di metallo è estremamente radioopaca e costituirà il nostro elemento da seguire.
Figura 41: Schema del fantoccio, senza supporto ne fori di fissaggio allo stesso.
A rilevare il raggio vi è un detector HAMAMATSU della serie C10650 [29] con funzionamento di tipo TDI
(Time Delay and Integration) CCD (coupled charged device). Il detector presenta 128 righe e 4096 colonne
44
di elementi fotosensibili, il pixel pitch è di 48 µm. La tecnologia TDI CCD presenta multiple righe sensibili
ai fotoni nel detector, queste linee possono traslare le loro misure parziali alle righe adiacenti in maniera
sincronizzata rispetto alla velocità del moto dell’immagine attraverso l’array permettendo una maggiore
sensibilità di un normale CCD a linea singola. Oltre alla modalità TDI il sensore è in grado di simulare un
Area Mode (ovvero vengono acquisite tutte le linee senza integrazione generando un’immagine ad area ).
4.2.1.1.
Procedura:
Il fantoccio è stato inserito su un supporto in asse con il foro del lettino. Il lettino è stato alzato in modo che
il fascio intercetti la parte inferiore della sferetta. Il fantoccio viene fatto ruotare a velocità fissa simulando
un’acquisizione tomografica (di una sola fetta) irradiandolo con un’energia di 38 keV.
La prima acquisizione è stata eseguita con il detector in modalità pura TDI, ottenendo un’immagine le cui
singole righe sono le singole proiezioni, si può apprezzare in Figura 42. Il cilindro presentava una leggera
inclinazione, visibile in Figura 42, la geometria della sfera, però, rende questo fatto trascurabile.
Figura 42: Immagine del fantoccio in corrispondenza della sfera creata facendo ruotare il lettino. Le linee
tratteggiate indicano le proiezioni relative agli angoli indicati.
45
Si è poi passati all’acquisizione in Area Mode simulata, acquisendo 720 proiezioni di area 4096x128 pixel
con un tempo di esposizione pari a 320 ms e un tempo di pausa tra due successive acquisizioni di 80 ms
(introdotto a causa del ritardo di scrittura di questa modalità in acquisizione); una di queste è visibile in
Figura 43, dove si può notare chiaramente il profilo d’assorbimento della sferetta, al centro tendente a
sinistra, e i bordi del cilindro, ai lati.
Le proiezioni verranno ricomposte per creare un sinogramma: un’immagine per cui ogni riga è una singola
Figura 43: Singola proiezione acquisita in Area Mode.
proiezione del fascio sul rilevatore; queste righe sono relative all’integrazione dei fotoni incidenti sul
rivelatore mentre il soggetto ruote tra due particolari angoli. L’ampiezza tra i due può essere calcolata
conoscendo la velocità angolare del lettino e moltiplicandola per la frequenza di riga nel caso della modalità
TDI pura, oppure dividendola per il tempo di esposizione nel caso dell’Area Mode simulata, la loro
posizione si rileva in base all’angolo assunto dal lettino.
Nel sinogramma si potrà seguire il “percorso” della sfera che, data la sua particolare posizione e geometria,
sarà ricondubile a una sinusoide, come si vede in Figura 42.
Per testare se questo andamento sinusoidale ha degli scostamenti significativi si è creato un algoritmo basato
sul linguaggio Matlab, riportato in allegato B, e testato sulle prime acquisizioni già illustrate.
La procedura si riassume in 3 fasi principali:
1) Ricostruzione del sinogramma.
2) Estrazione dei punti per trovare i parametri di una sinusoide approssimante i punti al centro della
sfera.
3)
Confronto tra la funzione trovata e i singoli punti del sinogramma, per evidenziarne caratteristiche o
portare a termine misurazioni quantitative.
La fase 1:
Per l’immagine in TDI e quella in Area Mode la prima fase di ricostruzione cambia:
-
TDI: si hanno tre immagini di equale grandezza, una, che chiameremo “Image” ottenuta facendo
ruotare l’oggetto rispetto al fascio (come si vede dalla figura Figura 42), un’altra ottenuta rilevando
il fascio senza nessun oggetto che ne provochi l’attenuazione, che chiameremo “Flat”, e infine una
ottenuta a fascio spento, chiamata “Dark”. Con queste si è creato un’immagine (I), di grandezza
eguale alle precedenti, in cui si è svolta l’operazione:
-
Area Mode: si sono selezionate due righe delle 720 immagini e si sono composti, con queste, due
differenti sinogrammi. Il primo (Imriga45) è stato ottenuto utilizzando la riga numero 40 (la 1 si
46
trova in alto) corrispondente a un buon profilo della sferetta con un alto contrasto.
Il secondo (Imriga55) è stato ottenuto da un'altra riga, la 55, dove il contributo dell’assorbimento
della sfera è quasi nullo ma quello del cilindro resta visibile. Le due proiezioni scelte sono state
elaborate in un’immagine finale (I) di righe pari al numero delle proiezioni (720) applicando per
ogni pixel (quindi ogni elemento della matrice dell’immagine) questa formula:
Questo per ridurre, quanto più possibile l’effetto del cilindro di PVC isolando la sola sferetta.
La Fase 2 è uguale per tutte e due le modalità ed è divisa da fasi subordinate distinte, agenti sulla immagine I
creata precedentemente:
a) Si ritaglia l’immagine con uno strumento di selezione rettangolare per permettere all’utenti di
escludere punti dell’immagine non chiari.
b) Si traspone la matrice dell’immagine, per una trattazione più canonica, ovvero subisce
semplicemente una rotazione oraria.
c) Si applica una soglia e si crea un’immagine binaria in cui tutti gli elementi sotto quella data soglia
(quindi con intensità bassa, relativa al profilo d’assorbimento della sferetta) vengono posti a 1, gli
altri a 0.
d) Con questa immagine binaria si applica una trasformata distanza, ovvero per ogni punto (di valore 1)
viene moltiplicato per la distanza euclidea del punto posto a 0 più vicino, si crea quindi un’immagine
di ugual grandezza con la precedente.
e) Si eliminano i punti con distanze troppo piccole, per consentire un’operazione di approssimazione ai
minimi quadrati più precisa e soprattutto più rapida.
f) Si ricavano da quest’ultima immagine 3 vettori, due relativi agli indici delle coordinate dei punti
diversi da zero, che chiameremo X e Y, e uno dei pesi, ovvero con i valori della distanza dei singoli
punti, che chiameremo W.
g) Si effettua un’approssimazione ai minimi quadrati pesata (grazie a W) utilizzando l’algoritmo di
Levenberg-Marquardt su una funzione sinusoidale nella forma della prima armonica di Fourier
Si trovano quindi i parametri in forma più canonica per una sinusoide grazie a una semplice
trasformazione matematica
Ricavando A, e
e
otteniamo
e a0 otteniamo tutti i parametri della nostra sinusoide.
47
La Figura 44 mostra come, da una parte d’immagine binaria del sinogramma, ricavata applicando una soglia
opportuna, si siano estratte i punti e il loro peso per trovare i parametri della sinusoide.
Si fa notare che l’approssimazione ai minimi quadrati allo stato attuale non necessiti della matrice dei pesi.
Essa però può essere utilizzata per rimuovere alcuni punti non voluti ed effettuare delle operazioni di analisi
della soglia.
Y [Pixel]
X [Pixel]
Figura 44: Immagine binaria ricavata tramite l’applicazione della soglia e grafico con i punti (in blu) e la sinusoide
approssimante (in rosso)
48
La 3° fase utilizza i parametri della sinusoide ricavata dalla seconda fase per sovrapporla al sinogramma di
partenza, utilizzandola come un percorso da cui selezionare dei punti a intervalli regolari fra loro.
Questi punti saranno il centro di segmenti perpendicolari alla tangente (vincolata ai punti stessi) della
sinusoide di partenza. Essi hanno un’estensione di 200 pixel (quindi 9,6 millimetri).
Figura 45: Particolare del sinogramma con sovrapposti i segmenti perpendicolari alla sinusoide ricavata. Il passo selezionato è 25
pixel, è stata usata una mappa di colore per rendere più distinta la figura.
I pixel sovrapposti a questi segmenti visibili in Figura 44 vengono, poi, salvati riga per riga (una riga è un
segmento) in una nuova immagine. Se il lettino fosse idealmente stabile e il contrasto della sfera infinito si
avrebbe una linea retta scura con i bordi continui e piatti.
Figura 46: Immagine ricavata posizionando i pixel intercettati dalle linee ricavate nella fase 3 con l'immagine originale.
49
Il miglior risultato dei primi test è quello in Figura 46 nella quale però sono riportati anche gli artefatti
rilevati con questa metodologia, relativo all’immagine in Area Mode.
L’immagine acquisita in puro TDI si è rivelata troppo dipendente dall’artefatto 1 (molto più accentuato) per
poter essere utilizzata.
Gli artefatti rilevati in figura sono qui riassunti:
Figura 47: Artefatti trovati in figura.
1) Il cilindro, quando la sfera si trova nella posizione più lontana dal centro, ha un profilo di
assorbimento molto marcato che si somma a quello della sfera provocando un allargamento del
profilo, una statistica insufficiente (l’assorbimento è pressoché totale nel nostro esperimento) e il
Soglia applicata
Figura 48: Schema concettuale del primo artefatto e profilo di
assorbimento.
centro di massimo assorbimento non corrisponde più al centro della sfera ma si sposta verso
l’interno. La Figura 48 illustra questa problematica, il profilo d’assorbimento è quello relativo
all’immagine acquisita in TDI.
50
2) Il rilevatore dell’HAMAMATSU in Area Mode ha generato dei problemi di temporizzazione
nell’acquisizione delle sequenze, aggiungeva un ritardo che aumentava linearmente ogni 24
acquisizioni e tornava a zero alla 25 facendo ripartire il ciclo, questo ha provocato un artefatto a
dente di sega non dovuto alla stabilità del lettino.
3) Il rilevatore, inoltre, non ha acquisito delle proiezioni, risultando nei “tagli” illustrati visibili in
Figura 48.
Sono, quindi, necessari nuovi test con un fantoccio dotato di una sferetta su un supporto molto meno
radioopaco e di sezione minore per poter evitare l’artefatto 1. Vanno risolte, inoltre, anche le problematiche
legate al malfunzionamento del rivelatore che genera gli artefatti 2 e 3.
Le misure si concludono, per ora, mediando i contributi significativi, ovvero i contributi con una intensità
inferiore a una soglia indicata in Figura 47 per ogni riga estratta.
È riportata in Figura 49 la media nella zona indicata in Figura 48, nella quale si possono vedere i contributi
dell’artefatto 2 all’immagine.
Nel grafico in Figura 49 si vede chiaramente i picchi provocati dalla temporizzazione non uniforme del
sensore HAMAMATSU, questo artefatto non consente l’analisi locale della stabilità in velocità, ma
prendendone l’estensione massima (circa 9 pixel) e moltiplicandola per il pixel pitch (0,048 mm) si ottiene
0, 432 mm come misura di massima oscillazione.
Figura 49: Area considerata per l'interpolazione con la retta. Dalla x = 380 alla x = 570.
51
Figura 50: Media dei contributi significativi per le singole linee estratte dall’algoritmo.
Le performance meccaniche del lettino d’interesse per la mammografia rilevano, nel caso della planarità
statica, uno scostamento dell’asse. Questo effetto è dovuto alla non perfetta planarità del lettino con il suolo,
modificabile semplicemente riallineando i supporti dello stesso. La stabilità in velocità e rispetto alle
vibrazioni non ha dato risultati della accuratezza ricercata a causa degli artefatti proposti, ma con un
fantoccio che permetta di ridurre l’artefatto 1 e un rilevatore in grado di non generare gli artefatti 2 e 3 è
possibile scendere ai 0,1 mm di accuratezza previsti.
Sono state acquisite, in seguito sezioni di fantocci standard, che confermano una qualità dell’immagine già in
parte rilevabile con i test effettuati. Quello in Figura 51 è una sezione di un fantoccio test rilevato con
Pixirad.
Figura 51: Fantoccio acquisito con rivelatore Pixirad.
52
5. Protocollo per Mammo-CT
In questo capitolo si discuteranno gli aspetti connessi a un possibile protocollo per mammo-CT. Si
discuteranno i dispositivi implementabili per renderne l’applicazione possibile. Si ripercorrerà poi l’intero
iter che operatori e pazienti seguono per eseguire un esame clinico vero e proprio.
Si presenteranno le varie fasi d’esame partendo dai test di calibrazione e controllo prima dell’ingresso dei
pazienti per poi concentrarsi su tutto i percorsi che seguiranno sia il paziente sia gli operatori per un corretto
svolgimento dell’esame.
Nell’ultima sezione di questo capitolo si definirà il protocollo clinico secondo la direttiva europea
2007/47/CE che tratta i dispositivi medici. Si definirà anche il comitato etico, organo con cui confrontarsi per
l’approvazione della sperimentazione con pazienti, secondo il decreto del ministero della salute dell’8
febbraio 2013 e precedenti.
5.1. Dispositivi aggiuntivi dedicati all’esame di Breast-CT previsti dal protocollo:
In questa sezione presenteremo i dispositivi aggiuntivi che saranno implementati e usati dal protocollo, sarà
indicata la loro funzione e la disposizione nella linea di mammografia e delle indicazioni sulla loro
progettazione.
5.1.1. Semicoppa per l’immobilizzazione della mammella (SIM):
La semicoppa per l’immobilizzazione della mammella è un dispositivo creato tramite stampa 3D con
materiali radiotrasparenti. Esse devono essere di grandezza e forma corrispondenti alle misura e tipologia di
seno, devono inoltre presentare un’iscrizione millimetrata che permette la centratura della zona d’esame.
Figura 52: Immagine concettuale di possibile semicoppa di
immobilizzazione (SIM) e dispositivo di fissaggio
53
Un buon materiale usato per crearne un primo prototipo si è dimostrato essere l’Acrilonitrile butadiene
stirene (ABS), modellabile grazie a stampante 3D. Tra gli altri requisiti necessari sono il facile montaggio sul
lettino anche con la paziente già in posizione, per permettere un cambio veloce in caso di misura non
corretta. Per ridurne le vibrazioni si è proposto di testare anche l’avvolgimento della mammella (o, nei primi
test, di un fantoccio che la simula) e della coppa con fogli elastici di materiale radiotrasparente usa e getta.
In sala radiologo ci dev’essere un contenitore di facile accesso per consentire il recupero delle semicoppe.
Su ogni semicoppa, inoltre, dovrà essere posta un’etichetta che ne indichi la dimensione.
5.1.2. Sensori di posizione “a orologio”
Il sistema possiede un encoder rotativo posto sulla corona dentata che rileva la velocità angolare (e la
posizione) del lettino. Questo sensore però non ha un sistema ridondante e quindi non è sempre possibile
rilevarne un mal funzionamento. L’esigenza di implementare il dispositivo che presenteremo in questa
sezione nasce dalla necessità, a livello di sicurezza del sistema, di ridondare con sistemi eterogenei la
funzione dell’encoder rotativo durante l’irradiazione.
Il sistema qui proposto è una corona circolare formata da due parti, una mobile, stabile rispetto al tavolo del
lettino, e una montata sulla parte fissa (le colonnine e la copertura dell’ingranaggio a corona in asse con il
foro del letto). Questa corona circolare contiene, a intervalli di 45 gradi, una serie di sensori fotoelettrici e ad
effetto Hall che rilevano il passaggio di speciali tacche (specchi e barrette di materiale conduttivo) posti sul
lettino mobile. Ogni coppia dei sensori ha un corrispettivo sullo stesso asse passante per il centro, questo
A esame iniziato la PLC dedicata a questo sistema controlla:
Figura 53: Schema della corona con i sensori a orologio. Si noti che la corona è posizionata sotto
il lettino, non sopra.
54
1. La velocità del lettino, che sia stabile e che abbia raggiunto il valore predefinito.
2. Il passaggio attraverso il primo sensore (quello fotoelettrico). Quando questo avviene lo
shutter SHA viene aperto (l’SHB è stato aperto in fase di accelerazione del lettino).
3. Si controlla che il secondo sensore, ad effetto hall, vicino a quello fotoelettrico, risponda in
tempo coerente, che ci sia una traslazione sull’asse Z uguale a 0 e che il detector sia in
acquisizione.
4. Si controlla che le tre coppie successive diano segnali coerenti fra loro e con un intervallo in
linea con la velocità del lettino.
Quando la coppia di sensore (sia fotoelettrico che Hall) si attiva si chiuderanno lo shutter SHA e SHB. Come
si può notare dalla descrizione e dalla Figura 54 (non tiene conto dei tempi di risposta dei sensori e del
sistema, si presuppongono trascurabili a velocità non elevate), questo procedimento apre il fascio per un
angolo appena superiore di 180° a causa dall’occupazione fisica di questi sensori (si sono supposti 2 gradi),
questo per permettere di avere comunque il numero di proiezioni corretto; per minimizzare la dose, una
scelta corretta di un sensore di piccole dimensioni è un requisito importante.
Figura 54: Stati logici dei sensori nel tempo. Si è ipotizzato che le coppie di sensori relativi
all’asse nello stesso angolo siano stati posti a 2 gradi di differenza fra loro.
In caso di segnale non coerente, si introduce un “Time Out” regolato sulla velocità ipotetica del lettino a ogni
passaggio dei sensori, inoltre, l’encoder rotativo, posto aderente alla corona dentata in asse con il foro del
lettino, permette il controllo della ridondato della velocità, e quindi della posizione.
55
5.1.3. Fascia di immobilizzazione:
Questa fascia ha il compito di assicurare il paziente al letto per evitare movimenti che possano portare alla
caduta, sia per fermarne le braccia in modo che non vadano oltre la base del lettino, interrompendo l’esame e
intercettando il raggio.
Ha due configurazioni possibili, può essere o riposta a lato del lettino, tra due ganci, per consentire al
paziente di salire e non intercettare meccanismi o la mappatura laser della barriera di sicurezza; la seconda
configurazione è quella trasversale al letto, ovvero nella posizione di immobilizzazione paziente.
La fascia ha lunghezza regolabile dall’operatore tramite uno strap in velcro.
La fascia non è uno strumento di costrizione, muovendo i soli avambracci, il paziente è in grado di
rimuoverla facilmente, in caso di emergenza.
La Figura 55 illustra una possibile cintura prodotta dalla DeRoyal e usata per evitare cadute ai pazienti con
problemi di movimento.
5.1.4. Maniglie antiscivolo:
Due maniglie antiscivolo che servono sia ad avere una presa più salda sia a indicare una posizione sicura alla
paziente durante il posizionamento saranno poste ai due lati del lettino, non si analizza in questa sede il
corretto posizionamento delle maniglie.
5.1.5. Pedana di sicurezza:
Questa pedana avrà il compito di assicurare la discesa del paziente nel caso che il lettino si blocchi in
posizione non conforme alla posizione di discesa. Sarà posta esterna alla linea, dovrà essere spostabile
facilmente da una persona e operabile negli spazi della sala paziente, dovrà inoltre essere stabile, di altezza
superiore a 500 mm (altezza massima di operabilità dei lettini paziente è di 800 mm, il letto, nel suo
Figura 55: Cintura di schiuma con ganci e chiusura a loop, prodotta dalla
DeRoyal, modello M5172
56
massimo, si estende fino a 1320 mm [IEC 601-2-38]). Dovrà avere almeno 3 gradini e dovrà essere in grado
di sopportare carichi (secondo la normativa macchine) pari a 3 persone (gli operatori più il paziente).
5.2. Protocollo proposto
In questa sezione si analizzeranno tutte le fasi dell’esame, dalle fasi preliminari come l’individuazione del
sito, gli accorgimenti per ridurre lo stress della paziente e la modalità vera propria di acquisizione. La
sezione terminerà illustrando il posizionamento e le procedure degli operatori con la paziente nella stazione
di Mammo-CT.
5.2.1. Individuazione del sito
Nel caso dell’esame di mammografia convenzionale la mammella è vista in compressione, questo porta uno
spostamento della massa in esame rispetto alla procedura tomografica che presuppone un volume non
forzatamente compresso.
Studi effettuati [35] hanno portato alla creazione di un modello simulato tridimensionale della mammella che
permette di stimare la posizione di lesioni relativa a vari stadi di compressione della mammella.
Il modello, che si avvale di una simulazione a elementi finiti non lineare delle caratteristiche meccaniche del
seno, è stato validato confrontando 10 immagini di mammografia planare prelevate da 6 pazienti con
altrettante prelevate sempre agli stessi pazienti tramite risonanza magnetica. Lo spostamento delle lesioni è
concorde con il modello simulato con una precisione di 14 mm o inferiore.
Questo giustificherebbe la scelta del sito d’esame pari a 50 mm, considerando che si voglia creare il volume
tomografico di una lesione centrandola in altezza, una precisione di ± 14 mm consentirebbe, nel caso
peggiore, la visione completa di lesioni o cluster di lesioni con raggio inferiore ai 12 mm. Questo permette la
visione completa di qualsiasi lesione concernente tumori di stadio 1a e 1b (raggio massimo dello stadio 1a e
1b: 10 mm).
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Figura 56: Spostamento del sito di calcificazioni nel caso di mammografia (a sinistra) e tomografia (a
destra) [15]
5.3. Riduzione dello stress per la paziente
Lo stress del paziente dev’essere minimizzato quanto più possibile, in questa sezione saranno presentati
alcuni aspetti progettuali e di procedura per tenere conto di questo aspetto.
Gli aspetti individuati sul confort del paziente:
1. Le tempistiche dell’esame: aspettare è causa di stress [31], minimizzare il tempo dell’esame permette
di aumentare la comodità del paziente, la procedura quindi deve tenere conto del flusso del paziente
e degli operatori per fare in modo che ogni operazione sia svolta nel tempo minimo, senza però
inficiare l’esito dell’esame e la sicurezza dei soggetti.
2. La comunicazione radiologo/paziente: uno studio [32], anche se compiuto su un campione esiguo,
conferma che i pazienti si sentono più rassicurati se il radiologo spiega le procedure in maniera che
essi possano capirle e che supervisioni il loro benessere durante le procedure. Per permettere questa
interazione, quando il paziente e il radiologo sono separati dal vetro durante l’irradiazione, si utilizza
l’interfono indicato in Figura 19. Si lascia alla preparazione e all’esperienza del tecnico/radiologo la
gestione di quest’aspetto; nella procedura saranno solamente indicate le interazioni minime che
possono aumentare il comfort paziente e aiutare a minimizzare i rischi fungendo da “avvisi sonori”.
3. Un ambiente confortevole e distrazioni positive aumentano la piacevolezza dell’ambiente d’esame
per il paziente e dallo staff [33]. Un ambiente pulito e ordinato, oltre a ridurre il rischio aumenta la
comodità. La natura, inoltre, come può essere una pianta o un paesaggio rappresentato in foto,
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costituisce una distrazione positiva e diminuisce lo stress percepito dal paziente [34]. Piante o
paesaggi, dati gli spazi angusti, sono un rischio e un intralcio in sala paziente, ma in sala radiologo,
una volta posizionati tutti i dispositivi necessari, si dovrebbero individuare alcune zone in cui sia è
possibile posizionarli con un rischio e ingombro accettabile.
5.4. Acquisizione delle proiezioni per l’esame
Durante l’esame vero e proprio e in fase di acquisizione del fantoccio di prova si utilizzerà la procedura di
acquisizione descritta in questa sezione.
L’esame acquisisce proiezioni ruotando il lettino su un piano che individua le sezioni (multislice). Le
proiezioni acquisite su questo piano saranno ricostruite con tecnica tomografica. Durante le accelerazioni si
apre lo shutter SHB. Una volta stabile in velocità e appena incrocia uno dei sensori ad orologio si controlla
che la traslazione in Z sia nulla. Se le condizioni sono tutte positive viene mandato il segnale di apertura allo
shutter SHA. Il paziente ruota attorno all’asse con centro la mammella compiendo mezzo giro, una volta
terminato intercetterà il sistema di sensori a orologio opposto a quello di partenza. Il sistema darà segnale di
chiusura fascio. I sensori, come descritto nell’apposita sezione (Sezione 6.1.2), sono posti in modo da
effettuare un giro appena maggiore di 180° per garantire che sia stato compiuto realmente il mezzo giro, ma
senza esporre la paziente a dosi superiori all’accettabile.
Il Detector PIXIRAD, essendo un Single Photon Counting si considera pressoché privo di rumore (le soglie
di conteggio impostate eliminano il rumore di fondo). Questo permette di utilizzare una tecnica d’esame
particolare, per utilizzarla bisogna:
1. Stimare la ghiandolarità della paziente (operazione fatta dal medico radiologo visionando la
mammografia planare fornita e, se presenti, altri dati)
2. Misurare il diametro massimo della sezione della mammella da analizzare
3. Misurare il flusso di fotoni che attraversa la camera a ionizzazione IOC1
Con questi tre dati, conoscendo l’energia (si è fissata, per ora a 38 keV) e la dose ghiandolare media con cui
si vuole irraggiare la singola sezione (slice) della paziente, è possibile ricavare la velocità di rotazione del
lettino. Il detector Pixirad, mentre il paziente viene irradiato e il lettino ruota, acquisisce a velocità costante
30 proiezioni per secondo. Più il lettino è veloce prima finirà l’esame. Se il flusso si mantiene costante, ci
saranno meno fotoni assorbiti dall’organo della paziente e quindi la dose tenderà ad abbassarsi, ma se il seno
è particolarmente denso ci saranno pochissimi fotoni a incidere sul rilevatore. Se è sotto una certa statistica
non si potrà ricostruire la sezione. La pressoché totale assenza di rumore del rivelatore, però, consente, nel
caso di conteggi meno elevati, di sommare a gruppi le singole proiezioni fra loro. Questo permette lo
svolgersi della ricostruzione tomografica, anche se con un numero minori di proiezioni disponibili.
59
5.5. Procedura d’esame
Di seguito sarà illustrata una procedura d’esame vera e propria basata sul protocollo proposto. Illustra
operazioni e posizionamento di operatori e paziente.
5.5.1. Definizioni degli attori coinvolti in procedura:
-
Tecnico di linea è l’addetto all’allineamento del fascio e al controllo della struttura.
-
L’operatore A è il medico responsabile dell’esame.
-
L’operatore B è un tecnico radiologo o un infermiere, aiuta nel posizionamento paziente e deve
ridurre il rischio di caduta del paziente durante questa fase.
-
La Paziente (P) è colei che deve sostenere l’esame.
5.5.2. Definizione dei dispositivi contemplati in procedura:
-
CON1: Terminale radiologo (terminale CON1 indicato in Figura 13)
-
CON2: Comando manuale lettino (indicato in Figura 13)
-
Coppa IM: coppa per l’immobilizzazione della mammella (cit.)
Per la definizione delle altre strutture fare riferimento alla Figura 19.
5.5.3. Fasi preliminari
Prima di ricevere i pazienti, generalmente la mattina, si eseguiranno delle operazioni sulla linea:
In modalità esperimento si effettuerà una calibrazione del fascio agendo sul monocromatore per regolarne
l’energia e portarla a 38 keV. Si agirà poi sulla geometria delle slit e sulla culla del detector per verificare
che il fascio sia geometricamente centrato sul rivelatore. Questa operazione si compie controllando il profilo
del fascio senza oggetti davanti che ne provochino una attenuazione non omogenea. Si agisce anche
sull’orientamento della culla del detector perché esso intercetti correttamente il fascio.
Il flusso complessivo dei fotoni viene regolato sia tenendo sotto controllo le camere a ionizzazione IOC1 e
IOC2, sia controllando l’uniformità del fascio sul detector.
La seconda fase preliminare consiste poi nel passare alla modalità paziente simulando un esame con dei
fantocci che ricreino le diverse ghiandolarità e diverse dimensioni. L’esito delle immagini generate con
questi fantocci ci darà una verifica qualitativa delle prestazioni della macchina, simulando inoltre il
funzionamento di tutti i dispositivi dell’esame con paziente.
60
5.5.4. Entrata del paziente e degli operatori dell’esame:
Per prevenire cadute accidentali della paziente durante le fasi di posizionamento si ricorre all’aiuto di due
operatori dedicati ad accompagnare il soggetto su il lettino mobile.
Entrambi gli operatori devono essere formati sui rischi specifici della linea e i dispositivi di emergenza, il
corretto protocollo d’esame e devono essere in grado di movimentare la paziente in caso di emergenza, sia a
livello di formazione che a livello di fisicità, ricordando che il lettino, senza l’ausilio della scala, si trova a
un’altezza superiore ai 1320 mm.
5.5.5. Percorso della procedura:
1) L’operatore A entra in sala radiologo seguito dalla paziente e dall’operatore B. L'operatore B preleva
la semicoppa relativa alla paziente dal Deposito Semicoppe.
2) L’operatore A verifica che le spie riguardanti gli shutter SHA e SHB indichino la loro chiusura (e
che quelle riguardanti la loro apertura, per ridondanza, siano spente).
3) L’operatore A, dotato di chiave “R” e “B”, inserisce la seconda nella corretta fessura della centralina
PaCS, la ruota ed estrae la chiave “C”. Sempre l’operatore A, poi, inserisce la chiave “R” nella
serratura dedicata premendo contemporaneamente il pulsante di conferma. La spia della modalità
paziente deve accendersi.
4) L’Operatore A apre la porta della sala paziente ed entra in sala seguito dalla paziente e
dall’operatore B.
Figura 57: Fase 4 e 5. Posizione operatori.
61
5) L’operatore B passa la semicoppa all’operatore A il quale controlla l’etichetta (per verificarne la
misura) e la applica nella sua sede del lettino.
6) L’Operatore B invita la paziente a cambiarsi nella saletta di preparazione, la paziente si presenterà a
torso nudo.
a. Se la paziente non ha scarpe comode (scarpe da ginnastica, sandali o simili) si consiglia la
presenza di calzari sostitutivi nell’area di vestizione. Tacchi alti o simili potrebbero essere
rischiosi durante la salita sul lettino.
b. Se la paziente ha pantaloni o gonne con lembi ampi, sarà chiesto di rimuoverli.
c. Se la paziente ha capelli molto lunghi (maggiori di un metro) non raccolti bisognerà fornire
una cuffia o una fascetta perché non raggiungano la parte di movimentazione e fascio del
lettino.
7) L’Operatore A spiega alla paziente come posizionarsi sul lettino, questo avviene in 3 fasi:
a. Breve descrizione della geometria del lettino rispetto alle parti anatomiche del paziente
(ovvero si dovrà dire di stendersi prona, che la testa andrà rivolta verso la parte più larga del
lettino e che il torace e la relativa mammella dovrà essere posizionato i relazione al foro del
lettino) e posizione che assumeranno gli operatori.
La posizione di questi serve per assicurare la paziente in caso di caduta della stessa.
b. Ascesa della scaletta, rimozione del parapetto e posizione seduta sul lettino.
c. Disposizione delle mani sul lettino (nei due bordi rispetto alle maniglie antiscivolo) per
garantirne la sicurezza nella manovra effettuata di dispone prona sul lettino.
8) L’operatore A si colloca a bordo della scala, invita la paziente a salire, assicurandone l’ascesa.
L’operatore B si dispone in attesa sull’altro lato lungo del lettino assicurandosi che il paziente non si
sbilanci verso di lui mentre essa si pone prona sul tavolo. Sarà poi rimosso dall’operatore A il
parapetto mobile della scala e la paziente fatta sedere sul lettino.
9) La paziente viene fatta stendere prona sul lettino. L’operatore A passa la fascia di blocco paziente
all’operatore B che la assicura e la regola mettendo in sicurezza il paziente. L’operatore A si muove
nell’altro lato, dove è posto l’operatore B, si accuccia e verifica che la mammella corretta sia
esposta, assicurandosi che la paziente sia in una posizione comoda e la semicoppa sia corretta.
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Figura 58: Fasi 7, 8, 9. Posizionamenti operatori e fissaggio fascia (in rosso).
10) L’operatore A si reca ai comandi manuali del lettino, accende i laser di puntamento e alza (asse Y)
63
del lettino fino a raggiungere la quota d’esame prestabilita, allineandola con i riferimenti nella coppa
paziente.
11) L’operatore A verifica che non ci siano oggetti o persone anomale nella stanza, preme il pulsante di
“Search” posto a lato della saletta vestizione e si reca in sala radiologo sull’apposito terminale di
controllo. L’operatore B chiude la porta all’uscita e verifica tramite le vetrate l’assenza di persone od
oggetti anomali, e vigila sullo stato della paziente.
Figura 59: Fase 10 e 11. Posizionamento operatori
64
5.5.6. Fasi di scansione
12) L’operatore A, tramite interfono, informa la paziente che il procedimento di scansione ha inizio, e
che inizierà a roteare, le consiglia di chiudere gli occhi.
L’esame avviene come descritto in Sezione 6.4.
13) L’operatore A, tramite interfono, informa la paziente che la procedura è andata a buon fine e di
rimanere in posizione finché l’operatore A e B andranno ad aiutarla.
5.5.7. Fase post-esame
14) L’operatore A ripete la procedura di accesso alla sala paziente (punto 3) e si colloca a lato del letto,
l’operatore B, invece si colloca nella posizione a bordo del lettino già occupata nel punto 8.
15) L’operatore A rimuove con cura la semicoppa verificando che durante l’esame il fissaggio sia
rimasta inalterata, la passa poi all’operatore B che la ripone nella unità di deposito semicoppe in sala
radiologo, per poi riposizionarsi a bordo letto.
16) L’operatore A si dispone nella posizione a bordo letto vicino alla scaletta come nel punto 7, una
volto collocato l’operatore B rimuove la fascia al paziente, passando il lembo all’operatore A che la
accompagna in posizione di sicurezza.
17) L’operatore A informa la paziente che non ha più restrizioni, le indica la posizione già assunta prima,
ovvero dove porre le mani per rialzarsi e riportarsi sulla scaletta. La paziente, mentre esegue queste
operazioni, è sotto stretta sorveglianza dei due operatori, i quali, come prima, devono evitare
sbilanciamenti o instabilità del soggetto, e guidarla verso la posizione eretta nella piattaforma della
scaletta.
18) L’operatore A guida la paziente verso la sala di preparazione, perché si rivesta.
19) L’operatore B riaccompagna la paziente in sala radiologo. L’operatore A controlla la saletta di
preparazione perché non ci siano oggetti personali e la sala paziente perché non ci siano persone o
oggetti anomali.
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20) L’operatore A preme il pulsante “Search” e esce dalla sala paziente, l’operatore B scorta la paziente
fuori dalla sala radiologo mentre l’operatore A chiude la porta.
21) L’operatore A estrae la chiave “R”, ripone la chiave “C” nella serratura sulla centralina PaCS, e ne
estrae la chiave “B” e verifica che tutte le spie siano nella posizione corretta (Shutter chiusi e
modalità ME inserita).
L’esame si può quindi concludere, il paziente può essere accompagnato fuori dalla struttura e il successivo
ammesso nella linea, ripetendo l’intera procedura qui presentata.
5.6. Comitato etico
In Italia non è possibile condurre alcuna sperimentazione su soggetti umani senza che prima sia stata valutata
e approvata da un Comitato etico.
Il Comitato etico è un organo di consultazione e di riferimento per qualsiasi problema di natura etica che si
possa presentare in una struttura sanitaria, nella pratica clinica e in ricerca biomedica. Esso rappresenta
l’organo che darà l’approvazione per la sperimentazione su paziente del progetto SYRMA-CT. L’obiettivo,
secondo il decreto del ministero della sanità dell’8 febbraio 2013 è:
“I comitati etici […] hanno la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della
sicurezza e del benessere delle persone in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia
di tale tutela.”
Il comitato etico deve essere un organismo indipendente, formato da personale sanitario e non. Esso tutela e
garantisce pubblicamente i diritti, la sicurezza e il benessere dei soggetti partecipanti alle sperimentazioni
cliniche, garantendo pubblicamente questa tutela. La legge stabilisce che un Comitato etico deve essere
formato da esperti in materie scientifiche, cliniche, mediche, legislative, etico-morali, provenienti da diversi
ambiti, sia tecnici sia laici (cioè rappresentanti del mondo non tecnico-scientifico), comprendendo anche il
campo infermieristico e quello dell’assistenza e del volontariato.
La struttura attuale è gerarchica: esiste un Comitato nazionale di bioetica che fornisce orientamenti generali e
risolve le controversie, alcuni Comitati etici regionali che svolgono funzione di Comitato etico unico o di
comitato di riferimento e supervisione e molti Comitati etici locali.
Il portale delle aziende ospedaliere Ospedali Riuniti Trieste definisce [30] il Comitato Etico Regionale Unico
(CERU): è un organismo indipendente, costituito in conformità al Decreto del Ministero della Salute del
12/05/06 "Requisiti minimi per l'istituzione, l'organizzazione e il funzionamento dei Comitati etici per le
sperimentazioni cliniche dei medicinali", alla legge 189/2012 – articolo 12 comma 10 – al Decreto del
Ministero della Salute 8/2/2013 “Criteri per la composizione e il funzionamento dei comitati etici” e alla
DGR Friuli Venezia Giulia 1148/2013 “Dl 158/2012, art 12, comma 10: riorganizzazione dei comitati etici
sul territorio della regione Friuli Venezia Giulia”.
66
Il Comitato Etico ha la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei
soggetti coinvolti in qualsiasi sperimentazione clinica (di medicinale, non medicinale, di metodiche
diagnostiche, di terapie non farmacologiche, di procedure chirurgiche, con dispositivi medici o con impiego
di materiali biologici), in studi osservazionali o in altre procedure legate ai servizi erogati e di fornire
pubblica garanzia di tale tutela.
La competenza del CERU può riguardare, oltre alle sperimentazioni cliniche dei medicinali, “ogni altra
questione sull’uso dei medicinali e dei dispositivi medici, sull’impiego di procedure chirurgiche e cliniche, o
relativa allo studio di prodotti alimentari sull’uomo generalmente rimessa, per prassi internazionale, alle
valutazioni dei comitati” a norma dell’articolo 12, comma 10 lettera c della legge 189/2012.
Il CERU opera applicando la normativa vigente in materia, con particolare riguardo alle disposizioni del
Ministero della Salute contenute nei citati D.M. del 12/05/06 e dell’8/2/2013, e i pareri formulati dallo stesso
sono vincolanti per la realizzazione di ogni sperimentazione sull'uomo.
Il CERU, inoltre, può proporre iniziative di formazione di operatori sanitari su temi in materia di bioetica. Ai
fini della valutazione delle ricerche biomediche il CERU si ispira ai criteri riconosciuti in campo
internazionale, enunciati nella Dichiarazione di Helsinki dell'Associazione Medica Mondiale (1964 e
successive revisioni), nella Convenzione sui diritti umani e la biomedicina del Consiglio d'Europa (Oviedo,
1997) recepita con Legge 28/03/01 n. 145, nelle Norme per la buona pratica clinica dell'Unione Europea,
concordate nell'ambito dell''International Conference on Harmonization (1996) e recepite dall'ordinamento
italiano con il D.M. 15/07/97 n. 162, nella Direttiva 2001/20/CE concernente l’applicazione della buona
pratica clinica nell'esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico recepita con D.lgs.
24/06/03 n. 211 e nella Direttiva 2005/28/CE recante principi e linee guida dettagliate per la buona pratica
clinica relativa ai medicinali in fase di sperimentazione a uso umano, nonché requisiti per l'autorizzazione
alla fabbricazione o importazione di tali medicinali recepita con D.lgs. 06/11/07 n. 200.
Prima che il paziente venga coinvolto, il Comitato etico valuta:
1) La valenza clinica del protocollo (cioè la novità apportata dallo studio, la sua necessità e opportunità
a fronte delle prove e delle incertezze esistenti all’inizio dello studio, le modalità con cui viene
condotto, gli obiettivi, etc);
2) La fattibilità della sperimentazione nel contesto dell’ospedale in questione;
3) Il rispetto delle leggi e delle normative nazionali ed europee;
4) Gli aspetti di tutela etica per il paziente, in particolare quelli che riguardano il tipo e la qualità delle
informazioni fornite al paziente (il cosiddetto verbale di consenso informato) e la tutela della
sua privacy (riservatezza e confidenzialità dei dati).
Durante le fasi della sperimentazione, il Comitato etico locale ha l’obbligo di controllare lo stato di
avanzamento delle ricerche, monitorare gli eventi gravi che possano verificarsi (eventi avversi attribuibili
67
alle procedure della sperimentazione) e mantenere rapporti con tutti gli organismi pubblici che per legge
devono essere informati dell’esistenza e dello stato di avanzamento degli studi.
Il Comitato etico locale deve inoltre garantire, secondo il Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n. 211, (di
solito attraverso una segreteria costituita ad hoc) che il paziente abbia un’adeguata copertura assicurativa,
non sia esposto ad alcuna spesa aggiuntiva nel caso decidesse di entrare come volontario in uno studio e che
eventuali rimborsi e compensi siano congrui.
5.7. Direttiva Europea 2007/47/CE – Valutazione clinica
Nell’allegato X della norma 2007/47/CE che modifica la 93/42/CE riguardante i dispositivi medici, si indica
come deve essere svolta la valutazione clinica di un nuovo dispositivo medicale.
Nelle disposizioni generali si fa notare questo punto di nostro interesse:
“[...] la valutazione degli effetti collaterali e dell’accettabilità del rapporto rischi/benefici [...] devono
basarsi, in linea di principio, su dati clinici. “
Considerando che la tomografia computerizzata alla mammella con luce di sincrotrone non è stata mai testata
di maggiore interesse si pone il paragrafo successivo:
“La valutazione di tali dati, di seguito denominata valutazione clinica, che tiene conto ove necessario delle
eventuali norme armonizzate pertinenti, deve seguire una procedura definita e metodologicamente valida
fondata alternativamente su:
1.1.1. Un’analisi critica della letteratura scientifica pertinente attualmente disponibile sui temi della
sicurezza, delle prestazioni, delle caratteristiche di progettazione e della destinazione d’uso del dispositivo,
qualora sia dimostrata l’equivalenza tra il dispositivo in esame e il dispositivo cui si riferiscono i dati, e i
dati dimostrino adeguatamente la conformità ai requisiti essenziali pertinenti;
1.1.2. Un’analisi critica di tutte le indagini cliniche condotte;
1.1.3. Un’analisi critica dei dati clinici combinati di cui ai punti 1.1.1 e 1.1.2. 1.1 bis. […]”
Quindi effettuare un’analisi su tutte le indagini cliniche che si basano su tecnica similare, gli articoli citati nel
Capitolo 1 e gli studi precedenti del progetto SYRMA sui pazienti.
I punti successivi indicano la documentazione relativa agli esiti della valutazione clinica da allegare alla
documentazione tecnica e l’ultimo punto, l’1.2. è dedicato alla riservatezza del dato:
“1.2. Tutti i dati devono rimanere riservati, conformemente al disposto dell’articolo”.
Le considerazioni di ordine etico del documento riguardanti le indagini cliniche si rifanno alla dichiarazione
di Helsinki del 1964, stilata durante la 18° Assemblea medica mondiale, già citata in sede del comitato etico,
svoltasi nell’omonima città finlandese, poi in seguito aggiornata dalle assemblee successive.
68
I punti che trattano le metodologie per svolgere indagini cliniche che riguardano da vicino il protocollo
SYRMA-CT riguardante il personale che segue l’iter sono il 2.3.6:
“Le indagini sono svolte sotto la responsabilità di un medico specialista o di un’altra persona in possesso
delle necessarie qualifiche e debitamente autorizzata in un ambiente adeguato. Il medico specialista o la
persona debitamente autorizzata ha accesso ai dati tecnici e clinici riguardanti il dispositivo.”
La relazione scritta viene citata nel punto 2.3.7:
“La relazione scritta, firmata dal medico specialista o dalla persona debitamente autorizzata, presenta una
valutazione critica di tutti i dati ottenuti nel corso delle indagini cliniche.”
La documentazione è quindi importantissima per l’approvazione di un protocollo clinico.
5.8. Informativa alla paziente
Prima dell’arrivo nella struttura si fornirà il paziente di una informativa per prepararlo al meglio all’esame e
far sì che si presenti abbigliato nella maniera opportuna:
-
Una descrizione dell’esame con parole semplici di uso comune è consigliata, come descritto nella
sezione concernente il comfort.
-
Nell’informativa alla paziente si consiglia di portare indumenti e calzature comode durante l’esame,
se si presenteranno con tacchi o scarpe particolarmente elaborate, o con gonne o pantaloni con lembi
troppo ampi sarà chiesto di toglierli. I capelli molto lunghi (superiori al metro, calcolato dalla cute)
andranno portati raccolti per evitare che si impiglino durante la rotazione.
-
Si ricorda, anche se non discusso in questa trattazione, l’eventuale modulo corredato di informativa
sul trattamento dei dati personali e il consenso informato.
L’operatore sanitario che consegna questa informativa e il consenso deve assicurarsi che il paziente l’abbia
letta e capita.
69
6. Conclusioni
Data la natura sperimentale del progetto SYRMA-CT, che ha l’obiettivo di realizzazione il primo nuovo
programma clinico di mammo-tomografia in contrasto con luce di sincrotrone,
le proposte avanzate in questa tesi rimangono di carattere prototipale.
Nella prima parte del lavoro di tesi sono state valutate sperimentalmente le caratteristiche del lettino mobile
porta paziente in planarità e velocità di rotazione; caratteristiche fondamentali per l’applicazione
tomografica. Dagli studi sulla planarità del lettino è emersa la sua compatibilità con la tecnica di mammoCT. La leggera inclinazione rilevata rispetto al piano del fascio di luce (Capitolo 5) è correggibile regolando
il piano, già predisposto a una calibrazione tramite viti micrometriche. La stabilità in velocità dev’essere
ancora sede di test rigorosi, questa tesi ha permesso però di affinare una metodologia per la sua misurazione.
In particolare riguardo alle specifiche per la costruzione di un nuovo oggetto test che se utilizzato con un
rivelatore privo di artefatti permettere di svolgere test in grado di misurare la stabilità con l’accuratezza
voluta.
I primi test effettuati con fantocci contenenti campioni di tessuti biologici non hanno, dal punto di vista
qualitativo, dimostrato particolari artefatti, confermando la possibilità di fare acquisizioni tomografiche
utilizzando il lettino per la movimentazione della paziente.
Per quanto riguarda il protocollo di esame sono inoltre state proposte soluzioni e modifiche al percorso di
paziente e operatori, basate sulle normative vigenti, che permettono di diminuire il rischio dei soggetti e in
parte rendere più confortevole l’esame per la paziente.
L’ambiente è dedicato principalmente alla sperimentazione, per cui l’adattamento a struttura clinica non è
banale, ma la selezione dei pazienti (totalmente collaboranti e senza particolari impedimenti) permette
comunque di lavorare con un rischio accettabile e la supervisione del comitato etico garantisce un
monitoraggio all’intera procedura.
Sono inoltre state proposte delle soluzioni originali relative alla immobilizzazione dell’organo durante
l’esame e alla sincronizzazione durante l’esame dell’apertura e chiusura degli shutter nelle diverse fasi di
spostamento della paziente.
Per concludere, in base alle modalità d’esame discusse fino ad ora, ho proposto un protocollo di
acquisizione, i percorsi del personale e le integrazioni al lettino esistente.
Alla luce del lavoro sperimentale di verifica delle caratteristiche meccaniche, e, in base alla valutazione del
rischio svolta a partire dalla stazione allo stato attuale, ho verificato la possibilità del passaggio all’esame
tomografico.
Il sistema dovrà comunque subire delle modifiche e integrazioni, alcune delle quali sono state proposte in
questa tesi.
70
7. Bibliografia
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73
ALLEGATO A
Rilevamenti intermedi sul lettino: Z = 80 mm e Z = 120 mm.
1
ALLEGATO B
MainTest.m: si occupa di ricostruire il sinogramma per le acquisizioni in Area Mode, come indicato in
capitolo 4. Le proiezioni sono contenute in una cartella nella PATH e il nome è
“Sferette_proiezioni_720_320m_XXX.tif”, dove XXX è il loro numero di progressione.
%MainTest:
j=1;
for i=40:15:55
img{j}=proj2sinogram('Sferette_proiezioni_720_320ms_',1,720,i,200);
j=j+1;
end
fprintf('Projections Retrieved for rows: 40, 55\n');
imgDef{i}=(img{1}./(img{2}));
fprintf('Image Created\n');
%image show:
figure;
imagesc(imgDef{i});
pause
close all
La funzione proj2sinogram.m permette la creazione del sinogramma estraendo le singole righe da ogni
proiezione:
%Proj2Sinogram:
function [ sinogram ] = …
proj2sinogram(filename,inizioProiezioni,fineProiezioni,line,crop)
%first image reading
img = imread(strcat(filename,'001','.tif'));
%Image initialization
sinogram=zeros(fineProiezioni-inizioProiezioni,numel(img( …
line,crop:end-crop)));
j=0;
%filename sequence counter string creation:
for i=inizioProiezioni:fineProiezioni
if(i<10)
counterProiezioni = strcat('00',int2str(i));
elseif(i<100)
counterProiezioni = strcat('0',int2str(i));
else
counterProiezioni = int2str(i);
end
%projection reading
1
img = imread(strcat(filename,counterProiezioni,'.tif'));
j = j + 1;
%row by row sinogram creation
sinogram(j,:) = img(line,crop:end-crop);
end
end
Per terminare si riporta la funzione “sinusTest” che approssima la sinusoide e ne estrae le linee
perpendicolari di grandezza pari a 200 pixel, creando in uscita un’immagine che raccoglie tutti i pixel, riga
per riga (da sinistra verso destra) le cui linee intersecano:
%SinusTest:
Image: output image with the lines
ImageInv: inverted output image with normalization
Img: original image
Threshold: maximum intensity for the creation of the binary image
minimumDistance: minimal distance to be considered in the distance
transform.
Step: step of the x value to consider when creating the perpendicular
lines
function [ Image ImageInv ]=sinusTest(img,threshold,minimumDistance,step)
%Threshold operation
imgBW = im2bw(img',threshold);
%binary image crop
[imgCrop cropRect] =imcrop(imgBW);
%distance transform
imgDist = bwdist(imgCrop);
%elimination of distances too small
imgDist(imgDist<minimumDistance)=0;
%Plot 1
figure(1)
imshow(imgDist);
%Creation of vectors of points, x and y
[y x] = find(imgDist);
%Sine approx.
xdata = 0;
ydata = 0;
[fittedmodel, gof] = createFit(x,y)
disp('Report of sine approximation:');
gof
% Plot fit with data.
figure(2);
h = plot( fittedmodel, x, y );
xlabel('Theta[proiezioni]');
ylabel('Line[mm]');
legend( h, 'y vs. x with w', 'Fourier Fit', 'Location', 'NorthEast' );
grid on
% Sine parameters (phase and gain)
phi = atan(fittedmodel.a1/fittedmodel.b1);
Gain = fittedmodel.a1/sin(phi);
text = sprintf('A*sin(w*x+phi)+a0');
2
disp(text);
text = sprintf('A:%f w:%f phi:%f a0:%f'…
,Gain,fittedmodel.w,phi,fittedmodel.a0);
disp(text);
% Creation of vectors of points of the sine function
xdata = [1:size(img,1)-1];
ydata = Gain.*sin(fittedmodel.w*(xdatacropRect(1))+phi)+fittedmodel.a0+cropRect(2);
figure(10);
colormap bone;
hold off
imagesc(img');
hold on
scatter(xdata,ydata);
hold off
% Line perpendicular to the sine creation
mat = im2double(img');
j = 0;
size(img,1)
%Normalization of mat3
mat3 = mat/max(max(mat));
%Main loop of the perpendicular lines
for i = 31:step:size(xdata,2)-31
j = j+1;
theta = atan2(xdata(i)-xdata(i-1),ydata(i)-ydata(i-1));
%
theta = pi/2; (with theta pi/2 the inclination of the lines is
parallel to the projections)
thetaPi = theta+pi/2;
rho1 = linspace(-30,30,200); %200 pixel line width selection
x1 = rho1*cos(pi/2-thetaPi)+xdata(i);
y1 = rho1*sin(pi/2-thetaPi)+ydata(i);
w = zeros(size(x1,2),1);
%Fitting of the lines calculated in a discrete matrix
for i = 1:size(x1,2)
w(i,1) = mat(round(y1(i)),round(x1(i)));
end;
mat2(j,:) = w';
mat3(sub2ind(size(mat),round(y1),round(x1)))=1;
end;
figure(3);
colormap bone;
%image with superimposed the lines
imagesc(mat3);
%image created with the lines extracted
figure(4);
colormap bone;
imagesc(mat2');
%Returned output, with imageInv: inverted and normalized image;
Image = mat2';
ImageInv = max(max(Image))./Image;
ImageInv = ImageInv./max(max(ImageInv));
pause
close all
end
3