INZIA L`ETA` DELLA CATASTROFE: la Grande Guerra

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INZIA L`ETA` DELLA CATASTROFE: la Grande Guerra
INZIA L’ETA’ DELLA CATASTROFE:
la Grande Guerra
Ginevra Manca
IIIB
Istituto Comprensivo San Pietro Vernotico
Ringraziamenti
Desidero ringraziare i miei professori per questi tre anni fantastici di crescita intellettuale e maturazione;
per le chiare lezioni e gli indimenticabili insegnamenti di vita, che mi accompagneranno in un lungo
cammino appena iniziato.
Un grazie a tutti i miei compagni di classe, che con la loro allegria hanno reso le giornate scolastiche più
leggere e divertenti.
Infine, un ringraziamento speciale alla mia famiglia, che mi ha sempre sostenuta e incoraggiata . E non
posso dimenticare mia nonna, una persona eccezionale su cui poter contare in ogni momento.
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Indice
La Grande Guerra
4
Ungaretti e San Martino del Carso
16
Alimentazione nella Prima Guerra Mondiale
20
“Scemo di guerra” (Shell Shock o Shock da bombardamento)
24
Remembrance Day
26
Futurismo
27
Le Pont Mirabeau
30
Les Droits des enfants
30
Canti del fronte
31
Pallacanestro
34
3
La Grande Guerra
La Prima Guerra Mondiale inaugura il periodo denominato “ l’ Età della Catastrofe”, il lasso di tempo compreso tra la
dichiarazione di guerra alla Serbia da parte dell’Austria il 28 Luglio 1914, ela resa senza condizioni del Giappone il 14
Agosto 1945, fine della Seconda Guerra Mondiale.
In questo lavoro focalizzeremo i nostri interessi sul Primo Conflitto Mondiale che raggiunse dimensioni mai toccate
prima e inaugurò l’età dei massacri.
Secondo molti storici il Novecento cominciò con circa un decennio di ritardo, infatti la Prima Guerra Mondiale
rappresenta lo spartiacque tra la fine del mondo Ottocentesco e l’inizio di quello che E. J. Hobsbawm definirà “ il
Secolo Breve“.
I contemporanei infatti, videro nella Grande Guerra la fine di un mondo come denunciato da K. Kraus nel dramma Gli
ultimi giorni dell’umanità. E’ questa la storia di un’ età iniziata col crollo e la catastrofe, il contrasto col passato fu così
drammatico che molti in quella generazione si rifiutarono di scorgere una qualche forma di continuità col periodo
precedente, caratterizzato da cinquant’anni di pace e progresso.
Cinquant’anni erano stati necessari per costruire l’Europa, cinque giorni bastarono per farla esplodere. Due colpi di
pistola segnarono l’inizio di una guerra che terminò con un’ armistizio, quattro anni più tardi.
Poco prima del mezzogiorno di domenica 28 Giugno 1914 una grande folla era riunita a Sarajevo, la capitale della
Bosnia, una delle provincie dell’Impero Austriaco, per assistere alla visita dell’ Arciduca Francesco Ferdinando erede
al trono austriaco e di sua moglie Sofia. Improvvisamente un giovane studente bosniaco, Gavrilo Princip, saltò sul
bordo dell’auto reale e fece fuoco con una pistola uccidendo Ferdinando e sua moglie.
L’ Austro-Ungheria sospettò che la piccola Serbia avesse appoggiato il complotto per uccidere Ferdinando, per questo
un mese dopo dichiarò guerra. Cominciò così un conflitto essenzialmente europeo tra la Triplice Intesa (Francia, Gran
Bretagna e Russia) su un versante e i cosiddetti Imperi Centrali (Germania e Austria-Ungheria) sull’altro.
CAUSE DELLA GUERRA
Se il motivo scatenante fu l’assassinio dell’Arciduca Ferdinando, molte furono le cause che contribuirono allo scoppio
della Prima Guerra Mondiale, come l'espansione del nazionalismo, il sistema delle alleanze militari, la competizione
per le colonie e per altri territori e l’uso della diplomazia segreta. Tutto questo portò ad una colossale tragedia che
provocò la morte di 9 milioni di soldati e di 5 milioni di civili.
Nazionalismo
Con la Rivoluzione Francese del 1789 si affermò quell’insieme di idee, dottrine e movimenti che sostennero
l’importanza del concetto di Nazione, come comunità depositaria dei valori tipici e del patrimonio culturale. Le
popolazioni che parlavano l’italiano, il tedesco, il francese o altre lingue, avvertivano la necessità di avere un governo
nazionale dove ognuno parlasse la stessa lingua e avesse lo stesso patrimonio culturale. Purtroppo il congresso di
Vienna ridisegnò i confini d’ Europa seguendo gli interessi delle potenze vincitrici, separando, così, popoli della stessa
nazionalità in diversi Stati. Queste decisioni furono vissute da alcuni popoli come atti di violenza e scatenarono
risentimenti. Per esempio la vittoria della Prussia nella Guerra Franco-Prussiana portò nel 1871 all’annessione delle
province dell’Alsazia e della Lorena, scatenando
l’ostilità franco-tedesca e diventando il simbolo della divisione politica dell’Europa fino alla Seconda Guerra
Mondiale. Scontri tra opposti nazionalisti si verificarono tra l’Austria-Ungheria che aveva occupato la BosniaErzegovina e la Serbia, sia per motivi di appartenenza etnica slava che per lo sbocco sul mare. Anche l’Italia
rivendicava dall’Austria i territori a maggioranza italiana del Trentino e di Trieste. Così Cechi e Slovacchi aspiravano
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all’indipendenza dall’Impero Austro-Ungarico. In Russia molte popolazioni di diversa nazionalità come Estoni, Finnici,
Lituani, Lettoni e Polacchi rivendicavano l’indipendenza. Nella Penisola Balcanica -- spesso definita la polveriera
d’Europa per le numerose guerre locali -- Bulgari, Greci, Rumeni e Serbi lottavano per la loro sovranità contro
l’Impero Ottomano. Inoltre l'Austria-Ungheria e la Russia si sfidavano su questi territori sperando di ampliare la loro
sfera di influenza nella regione.
Alcuni Stati avevano il culto della guerra e lanciavano provocazioni o effettuavano azioni di propaganda contro
popoli confinanti che reagivano a questi atti di la sfida. Vari leader germanici spingevano vigorosamente verso
un’espansione commerciale e politica di livello mondiale e in particolare verso Est (Drang nach Osten).
Il Sistema delle Alleanze
Le alleanze militari furono un’altra fondamentale causa della Prima Guerra Mondiale. Dopo che il cancelliere tedesco
Otto von Bismarck era riuscito a riunificare la Germania e a creare nel 1871 l’Impero tedesco, la sua fame era stata
saziata; da quel momento l’idea dominante in lui fu quella del consolidamento e non dell'espansione. Nonostante nel
1868 avesse riassunto la sua filosofia politica nella frase: “ il debole è stato fatto per essere divorato da chi è forte “.
Per tutte queste ragioni aveva operato per isolare la Francia privandola di amici e sostenitori, garantendosi il
disimpegno relativo di Russia (attraverso un “trattato segreto di rassicurazione“) e Gran Bretagna (appoggiando la
sua politica). Per di più nel 1879 aveva stretto un’alleanza difensiva con l’Austria, poi nel 1882 allargata all’Italia: la
Triplice Alleanza. Purtroppo con la salita al trono nel 1888 del nuovo Kaiser Guglielmo II, Bismarck fu allontanato e i
suoi successori con la loro politica allarmarono la Russia, che strinse un’alleanza con la Francia che da quel momento
usci dalla “quarantena”. Inoltre l’espansione commerciale, l’aumento dell’influenza politica in tutto il mondo
esercitata dalla Germania e soprattutto il riarmo navale con il potenziamento della flotta da guerra, aumentarono gli
attriti con la Gran Bretagna, spingendo quest’ultima ad abbandonare la tradizionale politica isolazionistica per
raggiungere nel 1904 l’Entente Cordiale con la Francia, un accordo che appianava le tradizionali controversie coloniali.
Nel 1907 la Gran Bretagna raggiunse un’intesa anche con la Russia. Questo nuovo accordo legava Francia, Russia e
Gran Bretagna in un patto che fu chiamato Triplice Intesa. Da quel momento l’Europa era divisa in due blocchi armati
contrapposti. Ogni blocco attraeva un certo numero di alleati. Qualunque questione tra due Stati contrapposti si
sarebbe allargata a sei potenze.
Un importante disputa riguardò il Marocco “la perla del Nord Africa”. Tra il 1905 e il 1912, a più riprese Francia e
Germania giunsero sull’orlo della guerra per il controllo di questo territorio ampio e ricco. Un’altra situazione a
rischio si verificò in Bosnia-Erzegovina. L’Austria aveva occupato queste provincie turche nel 1878 e formalmente
annesse nel 1908. La Russia promise di non opporsi all’annessione in cambio chiedeva il permesso per le sue navi da
guerra di avere libero accesso allo Stretto del Bosforo. Invece la Russia non riuscì ad ottenere il consenso al suo piano
da parte delle altre potenze. Cercò, così, di “salvare la faccia” insistendo per un congresso internazionale per
favorire l’azione diplomatica dell’Austria. Quando l’Impero Austriaco rifiutò l’ accordo si sfiorò la guerra. Mentre la
Francia non fu pronta a supportare la Russia nella questione balcanica, la Germania sostenne l’Austria. Così la
Russia finalmente rinunciò alla conferenza ma incoraggiò le mire della Serbia sulla Bosnia-Erzegovina.
Poi vennero le Guerre Balcaniche del 1912 e 1913, favorite dall’indebolimento dell’Impero Ottomano in seguito alla
rinuncia alla Libia, dopo la vittoriosa conquista Italiana . Gli stati balcanici inizialmente si scontrarono coni Turchi per
la conquista di nuovi territori e successivamente tra di loro sempre per questioni territoriali. Le conseguenze
portarono ad un ulteriore indebolimento dell’Impero Ottomano che aveva rapporti d’amicizia con la Germania
mentre la Serbia, rivale dell’Austria, raddoppiò la propria superficie. Questo aumentò il risentimento tra i due ultimi
stati esacerbando la Questione Balcanica .
Competizione per le Colonie
Buona parte della storia mondiale tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 coinvolge la competizione per la conquista di
nuovi mercati e l’ampliamento dei commerci. Le grandi potenze aumentarono il loro livello di industrializzazione e
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avevo necessità di incrementare la vendita e lo scambio delle loro produzioni. Spesso erano in contrasto per il
controllo delle fonti di materie prime. Cercavano territori nei quali investire denaro e vi era competizione per nuove
fonti alimentari, per nuove regioni da colonizzare e posti in cui stabilire basi di rifornimento per le loro proprie navi. I
Britannici erano particolarmente contrariati dall’espansione coloniale tedesca. Il potenziamento della marina tedesca
metteva a rischio la supremazia britannica sui mari. Mentre la Russia sperava di allargare la sua sfera di influenza nei
Balcani.
Diplomazia Segreta
A quel tempo non esisteva nel mondo un’organizzazione internazionale che aiutasse a risolvere le dispute tra stati. A
volte ministri dello stesso governo non venivano messi a conoscenza di accordi segreti stretti da loro colleghi con altri
stati; tanto meno venivano informati i parlamenti. Per esempio nel 1912, il ministro degli esteri britannico dell’epoca
non informò il parlamento della promessa di aiuto navale alla Francia in caso di guerra. Situazioni simili si ripeterono
prima dell’entrata in guerra dell’Italia.
Queste tensioni internazionali portarono l’ambasciatore tedesco in Francia, W. von Schoen a sottolineare nel 1914:
“la pace rimane alla mercé di un accidente” . E l’incidente avvenne il 28 Giugno 1914.
Uomini, fronti di guerra e strategie
All’inizio della Prima Guerra Mondiale Francia e Germania avevano gli eserciti più importanti. Gli Imperi Centrali
ottennero inizialmente maggiori successi. Ma, gli Alleati ebbero dalla loro tempo e risorse e vinsero la battaglia
finale. La Germania aveva pianificato di sconfiggere la Francia e poi con l’aiuto dell’Austria-Ungheria sbaragliare la
Russia gli Alleati avevano pianificato di sconfiggere gli Imperi Centrali colpendoli da Est e da Ovest.
Uomini Sotto le Armi
All’inizio della guerra, la Germania aveva le forze armate più grandi e meglio equipaggiate in Europa. Le sue truppe
erano quelle addestrate meglio e disponevano dell’artiglieria migliore. Gli imperi centrali formavano un solido
blocco territoriale, erano circondati dagli stati nemici ma nessuno di questi si interponeva. Così potevano
rapidamente rifornire i fronti. Inoltre la Germania aveva sviluppato un sistema ferroviario di tipo strategico perché
studiato dallo stato maggiore germanico. Gli Imperi Centrali giunsero a mobilitare quasi 23 milioni di uomini e donne.
Gli Alleati disponevano di un più grande numero di uomini e di risorse materiali rispetto agli avversari. Essi riuscirono
a mobilitare gli eserciti più lentamente della Germania , ma raggiunsero una forza preponderante. Questi
richiamarono in servizio più di 42 milioni di uomini e donne durante la guerra..
L’ esercito francese aveva un’eccellente spirito di corpo e un buon equipaggiamento, ma non erano addestrati alla
guerra moderna. La Russia aveva l’esercito più numeroso ma peggio equipaggiato e malamente comandato.
L’esercito britannico, anche se con numero ridotto di effettivi, era un’eccellente macchina da guerra. La Gran
Bretagna, tuttavia, non riuscì a reclutare abbastanza uomini per sostenere una guerra totale fino al 1915. Francia e
Gran Bretagna ebbero grosse difficoltà ad aiutare la Russia perché gli Imperi Centrali tagliavano le vie di
collegamento. Grazie alla marina militare britannica gli Alleati ottennero il controllo dei mari così poterono ricevere
rifornimenti per via navale. Secondo gli studiosi, è questo forse, la causa principale della vittoria degli Alleati.
Fronti di Guerra
Molte battaglie si combatterono su fronti sparsi a Est a Ovest e a Sud. Il fronte occidentale nel suo massimo sviluppo
raggiunse la lunghezza di circa 1000 km, e andava dal Canale della Manica fino ai confini della Svizzera. Gli uomini
nelle trincee si fronteggiavano separati da barriere di filo spinato e la terra di nessuno.
Il fronte orientale si estendeva per più di 1800 km, da Riga sul Mar Baltico fino alle coste del Mar Nero. Questo fronte
correva quasi parallelo ai confini orientali di Germania e Austria-Ungheria nel 1914. Il fronte meridionale si estendeva
dalla Svizzera lungo la frontiera italiana fino a Trieste per circa 550 km. Un altro fronte si estendeva per circa 500 km
nella zona meridionale dei Balcani. Altre aree che furono teatro di combattimenti comprendevano l’Egitto, la
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Mesopotamia, la Palestina e le colonie tedesche in Asia, Africa e nell’Oceano Pacifico.
Strategia Militare
Il conte Alfred von Schlieffen, generale Capo dello Stato Maggiore tedesco aveva elaborato un piano d’attacco già
nel 1905 e parzialmente modificato nel 1912. Il piano strategico era cinico e geniale al tempo stesso. In caso di
ripresa del conflitto con la Francia, la Germania avrebbe subito, contemporaneamente, l’attacco della Russia a
oriente, inoltre le sue forze unite a quelle dell’Austria erano decisamente inferiori a quelle dei nemici. Questo
sfavorevole rapporto di forze era controbilanciato dalla loro posizione centrale e dalla certezza che la mobilizzazione
della Russia sarebbe stata troppo lenta per consentirle di esercitare una seria pressione nelle prime settimane di
conflitto. Il piano di Schlieffen prevedeva l’aggiramento degli ostacoli naturali e militari lungo il confine francese
passando con il grosso dell’esercito attraverso il neutrale Belgio e, con un movimento simile a quello di una porta
girevole, penetrare a sorpresa nel Nord della Francia e convergere su Parigi. Il piano includeva l’assegnazione di
contingenti con funzione difensiva al limite con la Francia e ai confini con la Russia. I francesi sarebbero stati colti di
sorpresa e sconfitti in poche settimane (entro sei). A quel punto, grazie all’efficientissimo sistema ferroviario, le
truppe sarebbero state trasferite in massa e rapidamente sul fronte orientale per annientare l’esercito russo.
La strategia dell’esercito francese subì modifiche notevoli nell’arco degli anni, l’ultimo piano prevedeva “attacchi ad
oltranza” (Offensive à outrance) frontali, specialmente nella zona della Loira, perché più “consono” allo spirito del
soldato transalpino. Il famigerato Piano XVII. Questo piano era viziato da due valutazioni sbagliate: la
sottovalutazione della consistenza delle forze tedesche e dell’ampiezza della manovra aggirante tedesca. La Russia
prevedeva di invadere la Germania penetrando la parte Est della Prussia e attaccando l’Austria dalla Galizia.
Nuove Armi
Nuove armi e nuovi metodi di guerra furono sviluppati durante la Prima Guerra Mondiale. Entrambi i contendenti
cercarono di sbloccare lo stallo grazie alle novità della tecnologia bellica. Il 15 settembre 1916 l’esercito britannico
utilizzò per la prima volta il carro armato. Questo strumento mutò il volto della guerra in generale perché l’uomo con
questa macchina poteva combinare potenza di fuoco, movimento e protezione. Però i generali britannici tutt'altro
che brillanti non avevano ancora scoperto come utilizzarlo efficacemente in battaglia. Solo dal 1917 il tank fu
impiegato nei modi giusti e il numero delle macchine furono adeguati agli scopi.
La guerra di trincea spinse le nazioni a sviluppare cannoni come quello da 75mm tedesco o quello di calibro 77 mm
francese.
L’altra arma tecnologica che ebbe un effetto di rilievo sulla conduzione della guerra nel 1914-1918 fu il sottomarino,
impiegato da ambo le parti, utile non tanto a sconfiggere le forze militari quanto ad affamare le popolazioni civili
Il sottomarino fu usato per la prima volta su larga scala. La flotta di sottomarini, tedeschi mise a repentaglio la
supremazia britannica sui mari. Questa campagna di guerra sottomarina sembrò avere successo nel 1917, prima che
fossero scoperte delle misure efficaci per contrastarla. Così la guerra sottomarina tedesca non riuscì a bloccare i
rifornimenti alla Gran Bretagna, e l’affondamento di naviglio civile spinse gli Stati Uniti ad entrare in guerra a
sostegno dell’Intesa.
Anche la guerra aerea fu sviluppata durante la Prima Guerra Mondiale. Allo scoppio della guerra tutti gli eserciti
disponevano di diverse centinaia di aerei. Questi non avevano armi fisse ed erano principalmente usati per la
ricognizione. Nel corso della guerra gli aeroplani guidarono combattimenti, fotografarono basi nemiche, colpirono
truppe, lanciarono volantini di propaganda e duellarono con veicoli nemici. Nel 1917 vi erano aerei che potevano
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superare i 250 Km all’ora e bombardieri in grado di trasportare circa due tonnellate di bombe . la Germania utilizzò i
dirigibili Zeppelin per l’osservazione e il bombardamento.
Nel 1915 la Germania, per prima fece uso di gas tossici. Subito queste armi furono impiegate dagli Alleati.
Inizialmente gli effetti furono seri, ma ben presto i contendenti svilupparono misure protettive che ridussero gli
effetti tossici.
Caratteristiche
La Grande Guerra rappresenta anche un modo nuovo di concepire il conflitto tra stati.
Si possono individuare quattro elementi indicativi di questo mutamento:
1 –Mobilitazione totale
2 –Tecnica e la tecnologia si dimostrano determinanti per la vittoria militare. Molto di più dell'abilità strategica o del
coraggio dei combattenti
3 – Lo stato intervienne pesantemente con tutto l'apparato industriale e con la possibilità di pianificare l'intera fase
di produzione e distribuzione della ricchezza
4 – Controllo dell'opinione pubblica e il ruolo della propaganda diventano fattori decisivi per la conduzione della
guerra.
Da questo sintetico quadro risulta evidente il legame tra la prima guerra mondiale e il successivo sviluppo di regimi
totalitari che mantengono, in periodo di pace, molte delle condizioni adottate per rispondere all'emergenza della
guerra. Si pensi principalmente alla militarizzazione della cultura, ovvero all'enfasi posta sui valori di patria, di
obbedienza all'autorità, di mobilitazione di massa all'interno delle strutture nazionali (associazionismo sottratto ai
partiti, alla chiesa, ai sindacati ecc.). Inoltre non si può dimenticare il decisivo apporto dei reduci, all'ascesa delle
formazioni politiche di estrema destra, come il fascismo in Italia e il Nazionalsocialismo in Germania. Peraltro lo
stesso Hitler era uno dei tanti reduci dal fronte che non si sono integrati nell'Europa post-bellica.
Dal punto di vista della percezione della realtà, la guerra introduce nelle società europee l'idea del nemico totale e
dell'adesione incondizionata a questa contrapposizione: un vero e proprio aut aut mentale che lo stato impone ai
suoi cittadini: o con me o contro di me! Chi non collabora o è neutrale è visto come un nemico. La distruzione del
dissenso emerge come capitolo importante della politica interna dei nuovi governi nel dopoguerra: un'eredità
antidemocratica della guerra molto diffusa tra le due guerre (e anche in seguito…).
Sul rovescio della medaglia c'è invece il sorgere di un vero e proprio sentimento pacifista di massa. La dimensione
spaventosa del conflitto e la percezione della sua inutilità per le popolazioni, provocarono un vasto movimento di
opinione favorevole al disarmo, all'antimilitarismo, alla pace come obiettivo politico prioritario. Poeti, artisti,
intellettuali agirono da spina dorsale della nuova corrente di pensiero: una posizione soltanto marginalmente
recepita dai governi, troppo poco per impostare relazioni internazionali sinceramente tese a stabilire un ordine
pacifico, ma abbastanza per procrastinare sine die ogni ferma presa di posizione verso le minacce militari di
Germania e Giappone. Questa però è un'altra storia.
Scoppia la Guerra (1914)
Morte di un Arciduca
Le dispute tra Austria-Ungheria e Serbia riguardavano principalmente il controllo sulla Bosnia-Erzegovina. I serbi, un
popolo nazionalistico, credevano di avere una sorta di diritto naturale sulle due provincie. Con queste la Serbia
avrebbe avuto uno sbocco sul Mare Adriatico, che avrebbe consentito direttamente il commercio marittimo,
specialmente di maiali, senza l’attraversamento del suolo austro-ungarico. L’Austria-Ungheria chiuse le sue
frontiere quando le relazioni politiche con la Serbia si fecero molto tese. I serbi chiamarono questa pratica “la
politica del maiale”. Un gruppo di serbi fondarono una società segreta chiamata la “Giovane Bosnia” o “Unione e
Morte”, o la “Mano Nera”. Questo gruppo tentò di terrorizzare funzionari austro-ungarici per soddisfare le mire
serbe sui territori. Tra i membri vi erano alti ufficiali dell’esercito serbo. La società fu informata che, l’Arciduca
Francesco Ferdinando erede al trono d’Austria e Ungheria e nipote dell’Imperatore Francesco Giuseppe, avrebbe
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effettuato una visita ufficiale in Bosnia nel Giugno 1914. La Mano Nera decise di ucciderlo. Diversi giovani
rivoluzionari bosniaci vivevano in Serbia perché il governo austro-ungarico gli aveva esiliati come indesiderabili.
Questi ricevettero un addestramento specifico all’azione .
Mentre Ferdinando e sua moglie attraversavano la città, uno dei congiurati lanciò una bomba nell’auto imperiale.
La bomba esplose dietro l’auto . Più tardi quel giorno, Gravilo Princip, un altro dei terroristi, saltò sul marciapiede ed
esplose i colpi che dettero il via alla Prima Guerra Mondiale.
Il governo austro-ungarico non aveva alcuna prova del coinvolgimento di ufficiali serbi, ma il ministro degli esteri
Leopold von Berchtold lo sospettava. Egli ottenne la fine dei fermenti antiaustriaci e il sostegno della Germania alle
azioni intraprese contro la Serbia. Poi convinse l’imperatore Francesco Giuseppe a sostenere la sua visione. Il 23
luglio 1914 von Berchtold inviò un duro ultimatum alla Serbia, chiedendo che funzionari austriaci prendessero parte
all’indagine sulle persone coinvolte nell’assassinio.
Mobilitazione (esercito messo in stato di allarme , pronto ad attaccare il nemico)
La Russia sperava di estendere la sua influenza politica sui Balcani. Infatti garantì il suo appoggio alla Serbia in caso di
aggressione da parte dell’Austria. Così il governo serbo rifiutò di formare una commissione d’inchiesta sull’attentato
con la partecipazione di delegati austriaci e suggerì invece, una conferenza internazionale a cui demandare la
questione, da risolvere in quella sede con un arbitrato internazionale. L’ Austria-Ungheria rifiutò e dichiarò guerra
alla Serbia. Consapevole di poter contare sull’aiuto della Germania in caso d’intervento della Russia a favore della
Serbia.
La Gran Bretagna e la Germania tentarono inutilmente di circoscrivere la guerra ed evitare la sua diffusione. I
tedeschi erano consapevoli dei rischi connessi ad una guerra da doversi condurre su due fronti. Quando la Germania
scoprì che la Russia si preparava imprudentemente alle ostilità, comprese che la guerra era inevitabile. Il primo
agosto 1914 dichiarò guerra alla Russia e chiese alla Francia di proclamare la sua neutralità. I francesi risposero in
modo evasivo. Il 3 agosto 1914 la Germania entrò in guerra contro la Francia. La realizzazione del Piano Schlieffen
richiedeva rapidità di esecuzione e prontezza nelle decisioni.
La marcia attraverso il Belgio
I piani di guerra della Germania richiedevano l’invasione del Belgio. Come gesto politico di “buona volontà” la
Germania chiese al Belgio di acconsentire al passaggio di truppe tedesche sul suo territorio, in quanto percorso più
comodo verso Parigi. Nel mentre, milizie tedesche già attraversavano il confine. La Germania promise, anche, di
risarcire i danni alle proprietà private dopo la guerra. Però Re Alberto I del Belgio rifiutò il permesso. Si dice che
avesse affermato che “ il Belgio è una nazione, non una strada”. Un trattato firmato nel 1839 garantiva la neutralità
del Belgio. Quando la Gran Bretagna chiese il rispetto del trattato il Cancelliere tedesco Theobald von BethmannHollweg lo definì “un pezzo di carta” . Il 2 Agosto le truppe tedesche entrarono nel Lussemburgo e il 4 Agosto
invasero il Belgio. Immediatamente la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania. Il piccolo esercito belga resistette
coraggiosamente, ma non poteva fermare la Germania. Gli Alleati inviarono truppe britanniche e l’esercito francese
in aiuto dei belgi. Dopo la caduta delle città di Liegi e Bruxelles, il generale Joseph Joffre permise ai soldati francesi
di ritirarsi lentamente mentre provvedeva ad assemblare altre truppe. La cavalleria tedesca si spinse fino a 25 Km da
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Parigi. Non appena il grosso delle forze ruotò a est del fiume La Marna , essi furono attaccati di fronte e di lato dalla
guarnigione di Parigi guidata dal generale Joseph Gallieni e da un nuovo raggruppamento comandato generale
Michel Joseph Maunoury. La battaglia, nonostante la sua confusione, fermò i tedeschi e scosse le loro sicurezze. I
tedeschi si ritirarono sul fiume Aisne. Più che un milione e mezzo di uomini si scontrò nella prima battaglia della
Marna. Questa segnò il primo punto di svolta della guerra, perché mise fine alle possibilità tedesche di una vittoria
rapida.
Il Fronte Orientale
La Russia, in seguito alle pressioni esercitate dalla Francia, entrò in azione con il suoi eserciti prima che fosse
realmente pronta. In Agosto il comandante in capo russo, il Gran Duca Nicholas Nicholaievich, inviò forze oltre la
frontiera della Galizia e la Prima e Seconda armata nella Prussia Orientale . La Germania immediatamente inviò
rinforzi al comando del generale Paul von Hindenburg (un generale in pensione) , spostando truppe dal fronte
occidentale. I tedeschi erano in inferiorità numerica, ma Hindenburg, sfruttando l’incapacità di comunicazione tra i
due contingenti russi riuscì a far fronte ai nemici. In una serie di scontri intorno a Tannenberg e nei territori paludosi
attorno ai Laghi Masuri, Hindenburg riuscì a sconfiggere gli eserciti russi ricacciandoli dalla Prussia. Russi persero più
di 300.000 soldati tra morti, feriti e dispersi. Viceversa nella battaglia di Lemberg in Galizia, i russi uccisero o ferirono
più di 250.000 austro-ungarici e ne catturarono oltre 100.000, nel settembre-ottobre 1914. Più a sud l’Austria fallì tre
tentativi d’invasione della Serbia.
Situazione Generale
Il Primo Conflitto Mondiale cominciò essenzialmente come una guerra europea tra la Triplice intesa (Francia, Gran
Bretagna e Russia) da un lato e i cosiddetti Imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria) dall'altro. Tra il 6 e 13
Agosto 1914 si hanno le reciproche dichiarazioni di guerra. Il 23 agosto il Giappone dichiarerà guerra agli Imperi
centrali, ampliando la dimensione "mondiale" del conflitto. La Serbia e il Belgio furono immediatamente trascinati
nel conflitto, la prima dall'attacco austriaco (28 luglio 1914), che fece scoppiare la guerra, e il secondo
dall'aggressione tedesca (4 Agosto 1914), che era una conseguenza del piano strategico dell'esercito germanico.
L'Impero Ottomanno (31 Ottobre 1914) e la Bulgaria (14 ottobre 1915) scesero ben presto in campo a fianco degli
Imperi centrali, mentre sull'altro fronte la Triplice intesa si trasformava gradualmente in una coalizione molto ampia.
L'Italia fu indotta con allettanti offerte a unirsi a questa alleanza (24 maggio 1915); la Grecia (1916), la Romania (27
agosto 1916) e, in misura soltanto formale, il Portogallo (9 e 15 marzo 1915),furono anch'essi coinvolti. Il Giappone si
unì quasi immediatamente alle potenze dell'Intesa allo scopo di impossessarsi delle colonie tedesche nell'Estremo
Oriente e nel Pacifico, ma non dimostrò alcun interesse per le vicende che esulavano dalla propria area geografica.
Più significativo fu l'ingresso in guerra degli USA nel 1917. Quell'intervento doveva risultare decisivo.
I tedeschi si trovarono a dover sostenere una guerra su due fronti, a prescindere dall'area balcanica nella quale erano
stati coinvolti per effetto della loro alleanza con l'Austria- Ungheria. (Comunque, poiché tre dei quattro paesi del
blocco degli Imperi centrali erano nella regione balcanica - Turchia, Bulgaria e Austria - il problema militare in
quell'area non era pressante per l'esercito tedesco.) come sappiamo il piano teutonico era di battere a ovest la
Francia in tempi brevi e quindi di muoversi con altrettanta rapidità verso est per mettere fuori gioco la Russia, prima
che l'impero zarista potesse mobilitare e rendere operativo tutto l'enorme potenziale umano di cui disponeva il suo
esercito. Allora, come venticinque anni dopo, la Germania aveva pianificato una campagna di guerra fulminea
(blitzkrieg) perché le circostanze la costringevano ad adottare questa strategia. Il piano ebbe un successo parziale. Le
forze armate tedesche avanzarono in Francia penetrandovi anche attraverso il Belgio, che era, un paese neutrale, e
furono fermate solo pochi chilometri a est di Parigi, sulla Marna, circa sei settimane dopo la dichiarazione di guerra.
Poi i tedeschi si ritirarono un poco ed entrambi gli eserciti - a quello francese si erano aggiunti i resti delle forze
armate del Belgio e un corpo di spedizione britannico, che ben presto sarebbe cresciuto a dismisura - allestirono linee
parallele di trincee e fortificazioni difensive che subito si estesero senza interruzione dalla costa della Manica nelle
Fiandre fino alla frontiera svizzera, lasciando gran parte della Francia orientale e del Belgio sotto l'occupazione
tedesca. Il fronte non subì spostamenti significativi per altri tre anni e mezzo.
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Il Secondo Anno di Guerra (1915)
Nel secondo anno di guerra si ebbero piccoli cambiamenti nelle posizioni sul terreno. le Potenze Centrali realizzarono
i loro principali assalti sul fronte orientale. L’Italia entrò in guerra contro la sola Austria il 24 maggio 1915 a fianco
degli Alleati (dichiarerà guerra alla Germania solo nel 1916). Così l’Italia facilitava il gli Alleati nel controllo del mar
Mediterraneo e costringeva l’Austria a combattere su due fronti. Inoltre fallì il tentativo degli Alleati di forzare il
blocco dei Dardanelli che avrebbe consentito l’invio di uomini e rifornimenti alla Russia per via navale, la conquista di
Costantinopoli (Istanbul) e l’uscita dal conflitto dell’Impero Ottomano.
Il 7 Maggio viene affondato il Lusitania, con 128 cittadini americani a bordo
La Guerra di Trincea
I combattimenti, agli inizi del 1915, si arrestarono sul fronte occidentale. Lo stallo continuò per quasi due anni. Su i
due versanti del fronte i contendenti scavarono e costruirono una rete di trincee che si estendeva per circa 1000 Km
tra Francia e Belgio. In alcuni punti meno di 100 m separavano le due linee. Tra le linee di trincee vi era la terra di
nessuno.
I comandanti urlavano “over the top” se britannici, o “Savoia” se italiani. Allora i fanti con le baionette innestate
saltavano fuori dalle trincee e si precipitavano verso la terra di nessuno. Lanciavano le loro granate, si dibattevano tra
l’intrico dei reticolati di filo spinato, correvano intorno ai fossati provocati dai bombardamenti. Le mitragliatrici
facevano un pesante fuoco di sbarramento e rendevano quasi impossibile il successo dell’assalto.
Gli eserciti combattenti svilupparono il più grande sistema di trincee mai costruito prima. Giunsero a costruire una
seconda e una terza linea di trincee parallela alla prima. Ulteriori trincee di comunicazione connettevano i
trinceramenti paralleli tra di loro così truppe e materiali potevano giungere o allontanarsi dalla prima linea al
coperto. Enormi caverne sotterranee servivano come stazioni di primo soccorso, centri di rifornimento e
alloggiamento per truppe. Le trincee proteggevano i soldati dalle pallottole, ma all’interno le truppe conducevano
una vita infame, anche quando non combattevano. La pioggia riempiva i fossati d’acqua e fango e le trincee
brulicavano di topi ed erano infestate di parassiti.
Durante le fasi di calma, tra gli scontri , i comunicati militari riportavano “Tutto tranquillo sul fronte occidentale”.
Il 22 Aprile 1914, la Germania nell’attacco su Ypres (Belgio) per la conquista di Calais sulla costa francese, usò una
nuova arma. I soldati francesi videro una nebbiolina giallo-verdastra che fluttuava dalle linee nemiche verso di loro. I
tedeschi avevano rilasciato gas tossico cloro (iprite). Truppe francesi (e algerini) fuggirono colpite dal gas agli occhi e
alla gola, ci furono 15.000 colpiti e fra questi 5000 morti. I tedeschi non riuscirono a sfruttare l’attacco per mancanza
di riserve e forze canadesi riuscirono a tamponare lo sfondamento. I gas erano stati usati in modo sperimentale e
alcuni comandanti tedeschi dubitavano della loro efficacia.
1915: L’ITALIA ENTRA IN GUERRA
L’Italia entrò in guerra soltanto l’anno successivo allo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1915, perché alcune
forze politiche si erano opposte. I neutralisti erano coloro che si dichiaravano contrari alla guerra. Di questo
schieramento facevano parte i liberali, i socialisti e i cattolici. I liberali come Giolitti, che poco tempo prima aveva
lasciato la presidenza del consiglio, si era impegnati per mantenere la neutralità italiana. Giolitti era sicuro che gran
parte del territorio italiano ancora occupato dall'Austria poteva essere ottenuto mediante trattative diplomatiche. I
cattolici e buona parte dei socialisti erano contro la guerra. Gli interventisti erano: i liberali di destra, i nazionalisti
imperialisti e gli industriali che fabbricavano le armi. I nazionalisti ritenevano importante combattere, per inserire
l'Italia tra le grandi potenze, gli industriali pensavano di arricchirsi con la guerra. Il 26 aprile 1915 il governo italiano
con Salandra strinse con le forze dell’Intesa un patto segreto, il Patto di Londra. Manifestazioni di piazza sostennero
l’intervento; pronunciarono infuocati discorsi Gabriele D’Annunzio e altri interventisti. Il re era decisamente
favorevole alla guerra. Il Parlamento, ancora contrario, fu praticamente obbligato ad approvare il patto di Londra. Il
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24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra a fianco dell’Intesa contro l’impero austro-ungarico. Sul fronte austriaco ebbe
subito inizio la guerra di logoramento
IL FRONTE ITALIANO
Molti italiani si arruolarono volontari, ma la maggior parte dei combattenti fu costituita dai richiamati alle armi con
l’arruolamento obbligatorio. Furono numerose le battaglie che vennero combattute, soprattutto in Trentino, Veneto e
Friuli. Tre furono i fiumi teatro di grandi battaglie: l’Isonzo, il Tagliamento e il Piave. Anche quella sul fronte italiano fu
una guerra di trincea, contrassegnata da sanguinosi assalti e da combattimenti feroci per la conquista di pochi metri
di terreno. L’unico risultato significativo raggiunto fu la conquista di Gorizia (agosto 1916) avvenuta dopo che gli
italiani erano riusciti a fermare una pesante offensiva austriaca, la cosiddetta "spedizione punitiva", sull’altopiano di
Asiago. Il solo primo anno di guerra costò agli italiani la perdita di circa 250.000 uomini fra morti, feriti, dispersi e
prigionieri.
Il Terzo Anno (1916)
Gli eserciti sui vari fronti si affrontarono in una serie di grandi battaglie per tutto il 1916.
La Germania attaccò a Verdun, l’Austria-Ungheria sostenne diverse battaglie contro l’Italiani lungo il fiume Isonzo. Gli
Alleati ripresero l’iniziativa lungo il Fiume Somme in Francia e la Russia attaccò l’Austria in Galizia. Le flotte di Gran
Bretagna e Germania si scontrarono nella Battaglia dello Jutland, il più grande scontro navale della guerra. Gli Imperi
Centrali fecero un piccolo tentativo per la pace basandosi sulla “Mappa dell’Europa”, in pratica impossessarsi dei
territori conquistati.
In tutta Europa i fronti si estendevano per migliaia di chilometri. L’arruolamento obbligatorio era diventato la regola
in tutti i paesi e i combattenti erano milioni. Tutti gli operai rimasti e moltissime donne lavoravano nelle fabbriche
addette alla produzione militare.
Le Battaglie di Verdun (21 febbraio) e della Somme (1 luglio)
il "fronte occidentale" si trasformò in una macchina di massacri quali non s'erano mai visti nella storia militare.
Milioni di uomini si fronteggiarono dalle opposte trincee, protette da sacchi di sabbia, dove vivevano come animali in
mezzo ai topi e ai pidocchi. Di tanto in tanto i loro generali cercavano di rompere la situazione di stallo. Giorni,
perfino settimane, di incessanti bombardamenti di artiglieria - che uno scrittore tedesco chiamò più tardi "tempeste
d'acciaio" (Ernst Jünger, 192 1) - dovevano "ammorbidire" la resistenza del nemico e costringerlo a ripararsi nei
cunicoli sotterranei, finché al momento giusto ondate di uomini scavalcavano il parapetto della trincea, in genere
protetto da rotoli e reticolati di filo spinato, entravano nella "terra di nessuno", un'area piena di fango e di
pozzanghere, di crateri provocati dalle granate, di mozziconi di alberi e di cadaveri abbandonati, per avanzare sotto il
fuoco delle mitragliatrici che li falcidiavano. E sapevano benissimo di andare al massacro.
Esempi di questo si ebbero nel 1916, quando si combatterono le due battaglie più lunghe e sanguinose dell’intero
conflitto: l’offensiva tedesca contro le fortificazioni circostanti la città di Verdun e l’attacco condotto dagli inglesi nella
valle del fiume Somme. I semplici dati numerici in entrambi i casi sono impressionanti cioè indicativi sia delle
dimensioni sempre più gigantesche assunte dal conflitto, sia dai suoi esagerati costi umani. I tedeschi a Verdun
prepararono l’attacco con nove ore di bombardamento di 1200 cannoni di grosso calibro, ma i francesi respinsero
l’attacco infliggendo perdite enormi al nemico. Si calcola che i tedeschi morivano a ritmo di 1 ogni 45 secondi! Scontri
e bombardamenti sempre più massicci da ambo le parti si susseguirono per 5 mesi. Alla fine i francesi ebbero 450
mila caduti e i tedeschi più di 430 mila.
Analogamente nella regione della Somme l’attacco delle truppe inglesi fu preparato dal fuoco di almeno 1500
cannoni (3500 esplosioni al minuto). Malgrado ciò l’offensiva inglese si risolse in un gigantesco disastro solo il 10
luglio morirono 21 mila soldati e vi furono 25 mila feriti gravi. Alla fine i tedeschi persero più di 500 mila uomini e gli
Alleati ne contarono più di 600 mila.
Non sorprende che nella memoria degli inglesi e dei francesi, che combatterono quasi tutta la prima guerra mondiale
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sul fronte occidentale, essa sia rimasta impressa come la "grande guerra", un evento più traumatico e terribile nel
ricordo di quanto non lo sia stato la seconda guerra mondiale.
Dall’autunno del 1914 la linea del fronte, in Francia, per quattro anni non subì alcun cambiamento significativo, in
quanto ogni tentativo di conquistare le trincee avversarie fallì senza eccezioni. La capacità difensiva nella Prima
Guerra Mondiale era infinitamente superiore alla sua capacità di attacco e di penetrazione. Sul fronte occidentali si
era capaci di respingere l’ offensiva altrui provocando al nemico numerosissime perdite, ma per lo stesso motivo non
si riusciva a sfondare, cioè a travolgere le difese dell’avversario.
Il Quarto Anno (1917)
All’inizi del 1917, sembrò che gli Imperi Centrali avessero spostato gli equilibri della guerra a loro favore. Infatti
avevano occupato il Montenegro, la Polonia, la Romania, la Serbia, buona parte del Belgio, il nord della Francia.
La gente delle città e dei villaggi aveva visto tornare a casa numerosissimi feriti, mutilati, invalidi. Quasi tutte le
famiglie contavano una vittima di guerra. Non c'erano più contadini per lavorare la terra e le donne, i vecchi, i ragazzi
li sostituivano come potevano. Mancavano quasi del tutto lo zucchero, il burro, la carne. Il pane, la pasta, la verdura
vennero razionati. Insieme al malcontento dei cittadini cresceva il malumore dei combattenti, che uscivano dal fango
della trincea solo per rischiare la vita in assalti di cui non vedevano né lo scopo né il risultato. Vi furono su tutti i
fronti numerosi episodi di diserzione o di ammutinamento. Iniziò a diffondersi il fenomeno della renitenza alla leva.
Per questi motivi vi furono numerosi processi, severe condanne e talvolta anche fucilazioni.
Poi gli Stati Uniti entrarono in guerra e le sorti della guerra mutarono.
LA RUSSIA ESCE DALLA GUERRA
Nella primavera del 1917 in Russia, dapprima a Pietroburgo poi in altre città, scoppiarono rivolte popolari. Lo zar
Nicola II fu costretto ad abdicare. Il governo provvisorio annunciò la prosecuzione delle operazioni militari. L’esercito
russo avanzò nella regione dei Carpazi, ma i tedeschi contrattaccarono e avanzarono sulla capitale russa S.
Pietroburgo. I primi di novembre i bolscevichi guidati da Lenin e Leon Trotsky , rovesciarono il governo Karensky,
presero il potere nel dicembre 1917 e firmarono l’armistizio con la Germania nella città di Brest-Lirtovsk (8 dicenbre
1917) cedendo Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia. Il disastro sul fronte orientale indebolì gli Alleati.
GLI STATI UNITI ENTRANO IN GUERRA
Dopo la pace con la Russia, Austria e Germania spostarono sul fronte francese e su quello italiano le divisioni che
avevano combattuto contro i russi. Ben presto tuttavia si trovarono davanti un nuovo avversario: gli Stati Uniti
d’America. L’opinione pubblica americana era rimasta molto colpita dagli affondamenti delle navi civili realizzati dai
sommergibili tedeschi. Dopo l’affondamento da parte dei sommergibili tedeschi del transatlantico “Lusitania” dove
morirono più di mille persone, gli americani entrarono ufficialmente in guerra. Il 6 aprile 1917 gli USA dichiararono
guerra alla Germania. Già negli anni precedenti gli USA avevano rifornito gli inglesi con viveri e armi. Arrivarono in
Europa centinaia di migliaia di combattenti e aiuti ancora più ingenti in materiali, rifornimenti e capitali in prestito
IL 1917 IN ITALIA: CAPORETTO
Dopo dodici inutili battaglie sul fiume Isonzo nel mese d’ottobre del 1917 il comando austriaco organizzò una
potente offensiva contro l’Italia avvalendosi delle divisioni provenienti dal fronte orientale. L’attacco sfondò lo
schieramento italiano comandato dal generale Cadorna a Caporetto tra il 24 e il 30 ottobre 1917. Le altre armate
italiane dovettero ritirarsi per evitare di restare accerchiate o comunque di venire attaccate alle spalle. La ritirata non
era stata preparata per tempo, così essa si trasformò in una disfatta. Intere divisioni dovettero arrendersi. Migliaia di
cannoni, autocarri, mitragliatrici caddero in mano del nemico. Numerosissimi profughi civili abbandonarono le loro
case. Si giunse a temere che gli austriaci potessero addirittura conquistare Venezia. Ma il governo italiano richiamò
tutti alla resistenza. Vennero richiamati alle armi i ragazzi del 1899 e venne sostituito il generale Cadorna con il
comandante Armando Diaz: l'esercito si riorganizzò e bloccò l'avanzata nemica sul Piave, sull'altipiano di Asiago e sul
monte Grappa
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L’Ultimo anno (1918)
Gli Alleati conquistarono la vittoria finale nel 1918. La Bulgaria, l’Impero Ottomano, l’Austria-Ungheria e la Germania
firmarono l’armistizio.
L’ANNO DELLA VITTORIA:1918
I tedeschi si fronteggiarono ancora contro i francesi sul fronte occidentale, ma a causa dei continui ammutinamenti e
delle debolezza economica (Austria e Germania non ce la facevano più: le campagne erano state abbandonate, le
materie prime mancavano, il razionamento alimentare aveva colpito anche le truppe), furono costretti a firmare la
resa. La guerra, quindi, non finì per una vittoria decisiva, ma per esaurimento di uno dei due blocchi, quello degli
Imperi Centrali. La crisi germanica fu dovuta al fatto che i “socialisti” non solo cessarono di sostenere la guerra, ma
una parte di loro si staccò e diede origine al movimento degli Spartachisti, con lo scopo di instaurare una repubblica
di tipo bolscevico. Infatti, quando Guglielmo II abdicò (9 novembre 1928), fu instaurata una Repubblica moderata di
tipo socialista, favorevole alla fine della guerra. La crisi austriaca, invece fu dovuta all’aspirazione all’indipendenza di
tutte le nazionalità che la componevano e che chiedevano la piena indipendenza.
In queste circostanze, con la crisi delle potenze centrali, le truppe italiane ripresero l’offensiva, varcarono il Piave.Nel
1918, il nuovo esercito di Armando Diaz ottenne una serie di vittorie contro l’Austria, fino alla battaglia di Vittorio
Veneto, dopo la quale gli austriaci furono costretti a firmare l’armistizio , il 4 novembre 1918.
Subito dopo aver imposto condizioni di pace penalizzanti con il trattato di Brest-Litovsk, nel marzo del 1918, l'esercito
tedesco, ora libero di concentrarsi a ovest, riuscì a infrangere le difese nemiche sul fronte occidentale e avanzò in
direzione di Parigi. Grazie al flusso di rifornimenti e di attrezzature militari americane, l'Intesa seppe riprendersi,
anche se per un attimo le sorti del conflitto parvero incerte. Quell'offensiva fu invece l'ultimo colpo sferrato da una
Germania esausta che si sapeva vicina alla disfatta.
A metà luglio i tedeschi lanciarono un’ultima e disperata offensiva, ma sulla Marna furono fermati dai francesi. Il
successivo 8 agosto l’esercito Alleato inflisse la prima vera sconfitta all’esercito tedesco ad Amiens. Gli alleati dei
tedeschi cominciarono lentamente a cedere, fino a quando la Germania chiese la fine delle ostilità, l’11 novembre
1918. l 18 gennaio 1919, alla conferenza di pace di Parigi, i paesi vincitori: USA, Italia, Francia, Inghilterra e Giappone,
concordarono i danni di guerra.
Conseguenze sociali ed economiche della guerra.
Non sorprende che nella memoria di italiani, inglesi, francesi, che combatterono quasi tutta la prima guerra mondiale
sul fronte occidentale e italiano, essa sia rimasta impressa come la "grande guerra", un evento più traumatico e
terribile nel ricordo di quanto non lo sia stato la seconda guerra mondiale. I francesi persero quasi il 20% dei loro
uomini in età militare e se includiamo i prigionieri di guerra, i feriti, gli invalidi e i mutilati - quelle gueules cassés
(“facce fracassate”). Erano i militari che avevano riportato estese ferite al volto, e che erano per così dire
“impresentabili”), quei volti sfigurati che diedero un'immagine cosi impressionante degli effetti della guerra negli
anni postbellici - non più di un soldato francese su tre superò indenne la guerra. Più o meno accadde lo stesso per i
soldati inglesi. Gli inglesi persero nel conflitto un'intera generazione - mezzo milione di uomini sotto i trent'anni
(Winter, 1986, p. 83) per lo più appartenenti alle classi elevate i cui figli, destinati per la loro condizione sociale a
diventare ufficiali e a dare esempio di virtù militare, marciarono in battaglia alla testa dei loro uomini e, di
conseguenza, furono uccisi per primi. Un quarto degli studenti di Oxford e Cambridge sotto i venticinque anni che
prestavano servizio militare nel 1914 vennero uccisi (Winter, 1986, p. 98). 1 tedeschi, quantunque il numero dei loro
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morti in valore assoluto fosse ancor più grande di quello dei francesi, persero in percentuale (il 13%) una quota più
piccola dei loro effettivi, dato che in Germania la fascia di popolazione obbligata a prestare servizio militare era assai
più vasta. Perfino le perdite apparentemente modeste degli USA (116.000 contro un 1.600.000 francesi, quasi
800.000 britannici, 1.800.000 tedeschi) dimostrano in effetti che il fronte occidentale, l'unico sul quale essi
combatterono, fu un immane massacro. Infatti, mentre gli USA nella seconda guerra mondiale persero un numero di
uomini dalle 2,5 alle 3 volte superiore rispetto alle perdite della prima guerra mondiale, le forze americane nel 191718 furono in azione per appena un anno e mezzo, in confronto ai tre anni e mezzo della seconda guerra mondiale, su
un solo teatro operativo assai ristretto e non su scala mondiale.
In Italia si stimarono in 651.000 i militari italiani caduti durante il conflitto, mentre le vittime civili furono calcolate in
1.021.000, di cui 589.000 a causa di malnutrizione e carenze alimentari e 432.000 a causa dell'influenza spagnola.
Dal punto di vista politico, presero il sopravvento le forze di sinistra e le forze rivoluzionarie. Contemporaneamente,
però, si formarono anche schieramenti di destra, che erano contrari alle rivoluzioni della sinistra e sostenevano i
governi forti, la polizia, l’esercito e i ricchi industriali, generando un po’ dovunque forti conflitti di classe.
Gli orrori della guerra sul fronte occidentale dovevano avere conseguenze assai più cupe. L'esperienza di una guerra
così brutale si ripercosse nella sfera politica: se era lecito condurre la guerra senza riguardo per il numero delle
vittime e a ogni costo, perché non fare altrettanto anche nella lotta politica? La maggior parte degli uomini che
combatterono nella prima guerra mondiale, per lo più arruolati con la coscrizione obbligatoria, maturò un convinto
odio della guerra. Invece i soldati che avevano superato la guerra senza ribellarsi contro di essa trassero
dall'esperienza di essere vissuti insieme con coraggio davanti alla morte un sentimento inesprimibile di selvaggia
superiorità, rivolto tra l'altro nei confronti delle donne e di chi non aveva combattuto, che doveva diffondersi nel
dopoguerra tra i primi attivisti dell'ultradestra. Adolf Hitler fu uno di quegli uomini per i quali l'esperienza formativa
della vita era stata rappresentata dalla condizione di soldato al fronte. Ma questa è un'altra storia.
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Ungaretti e San Martino del Carso
Biografia
Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto 1888 - Milano 1970) fu un poeta italiano e volontario nella Grande Guerra.
Nato in Egitto da genitori italiani, Ungaretti frequentò la prestigiosa scuola svizzera di Alessandria, dove studiò i
maggiori scrittori moderni e suoi contemporanei. Successivamente si sposta a Parigi dove frequentò i corsi del
College de France e della Sorbona, ed entrò in contatto con il mondo della letteratura, dell'arte e della poesia. Nel
1914 venne in Italia per sostenere le ragioni dell’interventismo e dopo partecipare con entusiasmo al conflitto
mondiale . Ma l’esperienza in trincea lo segnerà per tuttala vita, cambiando le sue convinzioni sulla guerra e
donandoli una visione nuova del mondo e trasformando il letterato che era in un poeta originale. Nel 1921 aderirà al
fascismo di Benito Mussolini che aveva conosciuto nel 1915. Divenuto negli anni trenta uno dei più prestigiosi
intellettuali italiani, collabora a importanti riviste letterarie nazionali ed internazionali. Nel 1936 gli viene chiamato a
ricoprire la cattedra di Letteratura Italiana all’Università di San Paolo del Brasile. Questo periodo viene rattristato
dalla perdita del fratello e del figlio di 9 anni. Nel 1940 ritorna in Italia per condividere le sorti della guerra con il
popolo italiano. Due anni dopo gli fu assegnata una cattedra universitaria per “chiara fama”. Alla fine del secondo
conflitto mondiale gruppi di antifascisti cercarono di epurarlo accusandolo di vari reati per questo fu sottoposto a tre
processi da cui uscì definitivamente assolto nel 1947. L’amarezza e l’umiliazione per questi eventi furono tali che subì
un collasso cardiaco. Alla fine di questo difficile periodo gli fu confermato l’insegnamento universitario di Letteratura
Italiano, che mantenne fino all’età della pensione. Cominciò a riscuotere riconoscimenti letterari e onori di ogni tipo.
Il suo ottantesimo compleanno fu solennemente festeggiato a Palazzo Chigi dal Presidente del Consiglio del tempo.
Morì a Milano nel 1970.
San Martino del Carso
Valloncello dell'Albero Isolato il 27 agosto 1916
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
E’ il mio cuore
il paese più straziato
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Parafrasi
Sono rimasti soltanto alcuni pezzi di muro di queste case; non è rimasto neppure questo dei tanti che
contraccambiavano il mio affetto. Ma nel mio cuore non manca nessun ricordo: è proprio il mio cuore il posto più
lacerato e addolorato.
L’Allegria: contenuto e poetica
Ungaretti è generalmente indicato come il caposcuola di quella corrente letteraria che si sviluppa nella prima metà
del Novecento ed è conosciuta come Ermetismo. La poesia ermetica fu così chiamata nel 1936 dal critico letterario
Francesco Flora per definire un tipo di poesia caratterizzata da un linguaggio difficile da comprendere, ambiguo e
misterioso. Gli ermetici con i loro versi non narrano, non descrivono , non spiegano, ma colgono dei frammenti di
verità a cui sono pervenuti in momenti di grazia , attraverso la rivelazione poetica e non con l'influenza della ragione.
La poesia ermetica usa il verso libero per esprimere i temi spirituali ed interiori dell’autore. Su questa linea si pone
L’Allegria” (1931) raccolta di poesie che contiene liriche precedenti risalenti agli anni 1915-19 rivedute e selezionate.
E’ questa la fase più interessante e rivoluzionaria della poetica di Ungaretti. Il poeta parte da un vissuto
autobiografico, ma scopre il significato della vita attraverso l'indagine interiore della propria esistenza. Il mezzo
espressivo che consente di cogliere l’essenza profonda delle cose è l’”analogia”, un procedimento sintetico che mette
in contatto, in un “baleno” immagini lontane, apparentemente slegate tra loro, facendo vedere “l’invisibile nel
visibile”. Per ottenere questo effetto il poeta usa la parola per penetrare il mistero nascosto nella realtà e che balza
dal verso come un improvvisa e folgorante “illuminazione”, ed è l’unico strumento per conoscere.
La rapidità ed essenzialità del verso, talora, concentrati in una sola parola, è stata chiamata “poetica del frammento”,
perché richiama la forma frammentaria in cui spesso la poesia dell’antichità classica è giunta fino a noi.
I componimenti dell’ “Allegria” infatti sono caratterizzati tutti dalla scelta di una forma metrica non tradizionale. Le
strofe sono sempre di un numero indefinito di versi che sono nell’ambito delle strofe di lunghezza ineguale, la rima è
assente o assai rara, la punteggiatura è del tutto mancante così come sono assenti sono le congiunzioni subordinanti.
Esempi di poesia ermetica e di guerra: Veglia, Fratelli, Soldati, San Martino del Carso
Caratteristiche comuni di tali poesie:
-uso del verso libero;
-
importanza del titolo come parte integrante del testo (racchiude il significato della poesia);
-indicazione del luogo e della data;
-assenza di punteggiatura (deriva un senso di dolore);
-pause e uso dell’analogia;
-essenzialità del verso;
-
lessico semplice e poco letterario.
Durante il riposo, in mezzo alle trincee del Monte San Michele o nelle retrovie della pianura friulana, Ungaretti iniziò
a scrivere una sorta di diario in forma di poesia, composte da poche ma significative parole accompagnate da una
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data e da un luogo. La maggior parte furono scritte a Mariano del Friuli, a Versa e nel Valloncello di Cima 4, sul Monte
San Michele. Il “valloncello” della poesia è un percorso fortificato nei pressi del fronte goriziano di San Martino del
Carso che conduceva le truppe italiane alla Cima Quattro (citata ad esempio in Veglia e Sono una creatura,
rispettivamente del dicembre 1915 e dell’agosto 1916). Nel periodo di stesura di questo testo, si è da poco conclusa
la sesta battaglia dell’Isonzo (4 - 17 agosto 1916).
La lirica fa parte della prima raccolta "Il Porto Sepolto" (1916), poi confluita in una seconda edizione, che contiene
altri componimenti, e fu intitolata "Allegria di naufragi” ( 1919) e poi in una terza “Allegria” (1931). Il poeta esprimere
in questa raccolta, grazie al verso, la propria personale esperienza di guerra. L’esperienza in trincea è per lui una
situazione limite, che illumina e permette di capire l’intera vicenda umana, che prima di tutto è minacciata dalla
morte. Il titolo dell'opera esprime la gioia che l'animo umano prova nell'attimo in cui si rende conto di aver
scongiurato la morte, drammaticamente contrapposto al dolore per essere uno dei pochi sopravvissuti al "naufragio".
In tal senso, una delle caratteristiche della poesia ungarettiana è quella del vitalismo, dell’ansia di vita che si
manifesta anche e soprattutto nelle condizioni più difficili ed estreme, quali una notte in trincea accanto al cadavere
di un compagno (come in Veglia) o il dolore indicibile per i lutti della guerra (San Martino del Carso). Qui si esprime il
nucleo centrale della poetica di Ungaretti: la ricerca dell’essenza dell’uomo, anche attraverso il dolore, per riscoprire
una fratellanza che supera la sofferenza.
Come in Veglia, anche questa poesia contiene immagini di desolazione e morte, provocate dalla guerra. In questa
pagina il poeta si focalizza sulla distruzione delle cose, riflessa dal paesaggio di macerie e rovine in cui è ridotto il
paese di S. Martino del Carso, dopo aver subito la furia degli eventi. Immagine che risalta grazie all’uso dell’aggettivo
dimostrativo “queste”. Mentre la sofferenza legata al triste spettacolo emerge dall’uso inconsueto del sostantivo
“brandello” , in relazione a “muro”. Infatti, il termine, è di solito accostato al corpo umano straziato, fatto a pezzi (o
alla stoffa).
Poi, il poeta si focalizza maggiormente sul proprio stato d’animo: con naturalezza il pensiero si sposta sui tanti
compagni caduti, e di cui non rimane più nulla. E’ l’annullamento totale dell’uomo, il segno di una distruzione totale e
più profonda, la manifestazione di un destino definitivo che non ammette la rinascita. Essi esistono, ormai, solo nel
ricordo commosso e pietoso dei sopravvissuti. Ma è una memoria atroce perché fatto di tante croci, che trasforma il
“cuore” in un cimitero, un posto fonte di ricordi ma di sofferenza. Ecco le conseguenze della guerra: lo strazio che
contemporaneamente apporta nel mondo esterno e nell’animo dell’uomo e del poeta. Di qui la illuminante analogia
tra il “cuore” che diventa “il paese più straziato” . In mezzo a tanto strazio è proprio il cuore del poeta e il suo
dolore, che ha il potere di redimere e di riportare quell’umanità che sembrava perduta, di ricostruire nel cuore
addirittura un “paese”, quel paese che sembrava irrimediabilmente distrutto. E' il cuore del poeta che salva
l’umanità, anche se più sofferente del tormentato mondo esteriore, ma proprio per questo vitale, capace di
raccogliere ogni minima briciola di umanità e conservare la memoria, dove nessuno manca.
L’immagine finale del cuore straziato richiama quella iniziale del brandello di muro, racchiudendo il componimento in
un cerchio di dolore.
Il verso è libero con la preferenza per la “parola nuda”. La poesia è formata da quattro strofe.
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Tutta la poesia utilizza un linguaggio agevole e piano, fatto di parole comuni. La compattezza che la caratterizza è
dovuta al rigore calibratissimo della costruzione, alla capacità di collocare le parole secondo calcolate simmetrie e
parallelismi. “Di tanti” – “neppure tanto”. La punteggiatura è abolita, il verso è composto di brevi unità separate dagli
spazi bianchi del foglio.
Il verso “scarno” serve a rendere al massimo la precarietà della situazione del soldato e consente una rapidità
comunicativa per cui il pensiero folgorante esplode come i colpi di mitragliatrice e prepara i versi finali che assumono
il valore di una sentenza che riassume il senso della lirica.
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Alimentazione nella Prima Guerra Mondiale
Si può pensare che l'alimentazione rappresenti un elemento secondario per decidere le sorti di una guerra. In realtà
l'alimentazione deve essere considerata una vera e propria arma, in grado di
determinare gli esisti di un conflitto.
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nuov o.
Già Napoleone si era accorto che “C‘est la soupe qui fait le soldat” (“è il cibo a
fare il soldato”), per sottolineare che per vincere una battaglia l'alimentazione
del soldato è tanto importante quanto il suo armamento.
Per questo si fecero studi specifici per comprendere come poter nutrire al
meglio un soldato in combattimento, specialmente negli Stati Uniti dove queste
conoscenze facevano parte già da tempo della cultura militare americana.
Il punto di partenza per impostare una corretta dieta è il Fabbisogno Energetico
quotidiano
Il fabbisogno calorico quotidiano dipende da tre diversi componenti:
•
Metabolismo Basale(MB O MBR dall'inglese "basal metabolic
rate")
•
Termogenesi indotta dalla Dieta (chiamata anche TID)
•
Attività fisica
Il contributo percentuale di queste componenti è riportato nell'immagine a lato.
METABOLISMO BASALE. numero di Kcal necessarie a mantenerci in vita.
Cioè la quantità di energia necessaria per le funzioni di base come il respirare, le attività del sistema nervoso, della
circolazione sanguigna e per la digestione. E ' più alto negli uomini rispetto alle donne, cala con l'età ed è
direttamente legato alla massa magra del soggetto.
Termogenesi Indotta dagli Alimenti (TID ):rappresenta l'energia spesa dall'organismo per digerire, assorbire ed
utilizzare il cibo introdotto con la dieta.
Il TID varia in base al tipo e alla quantità di macronutrienti come riportato nella seguente tabella
Macronutriente
Grassi
Carboidrati
Proteine
Alcol
TID (%)
0-3%
5-10%
20-30%
10-30%
Fonte:
La presenza di fibra alimentare nella dieta riduce la TID a causa del rallentato assorbimento.
Acheson KJ, 1983 Westerterp KR, 1999
In una dieta equilibrata la TID rappresenta circa il 10% del dispendio energetico totale.
La termogenesi indotta dalla dieta si distingue in:
facoltativa, che riguarda la quantità di alimenti assunti e coinvolge l'attivazione del sistema nervoso
simpatico;
20
obbligatoria, che rappresenta l'energia spesa per l'utilizzazione dei singoli nutrienti (digestione, assorbimento,
trasporto, metabolismo, deposito)
ATTIVITÀ FISICA: ogni movimento del corpo indotto dai muscoli scheletrici in grado di dare luogo ad una spesa
energetica eccedente rispetto alla condizione di riposo.
Il costo energetico dell'attività fisica dipende dalla frequenza e dall'intensità delle attività svolte.
Può variare da circa un 15% per stili di vita sedentari, fino a 3-4 volte il metabolismo di base per attività
occupazionali molto pesanti o per alcuni atleti e militari.
L'esercizio fisico che comporta un impegno muscolare notevole, almeno secondo alcuni autori, sembrerebbe
mantenere elevata la spesa energetica per lunghi periodi di tempo (fino a 24 ore dopo la sospensione dell'attività).
La spesa energetica da attività fisica varia in rapporto a:
•
tipo di attività
•
intensità
•
durata
•
massa corporea
Il problema dell'alimentazione, durante la Prima Guerra Mondiale rappresentò, un problema centrale la cui
risoluzione contribuì pesantemente sulla vittoria finale del primo grande conflitto dell'età moderna.
Sfumata per la Germania la possibilità di una vittoria rapida da una guerra di “movimento” si passa ad una guerra di
“logoramento” snervante e sanguinosa, in cui il vincitore sarà la fazione che avrà risorse tali da permettergli di
resistere più a lungo. Fin da subito i due schieramenti cercarono di “affamare” l'avversario tagliando i rifornimenti di
materie prime, tra i principali gli alimentari. Il cosiddetto “blocco della fame” ( the hanger blockade) è il nome dato
dagli Alleati al blocco navale imposto agli Imperi Centrali che nel tempo fiaccherà la resistenza della popolazione e la
voglia di combattere dei soldati della Triplice Alleanza. Portandoli al collasso psico-fisico prima che a quello militare
come dimostreranno gli storici.
Enormi furono gli sforzi dei governi tedeschi e austriaci per fornire risorse alimentari alle truppe combattenti, così si
redistribuirono i generi di prima necessità dalle popolazioni civili agli eserciti. I soldati, comunque, furono nutriti in
modo insufficiente rispetto p.es ai britannici ma anche agli italiani, circostanza che depresse notevolmente il morale
e la stessa capacità di combattere. Inoltre la mancanza di fertilizzanti e la diminuzione della forza lavoro per
l'arruolamento dei contadini, causò negli Imperi Centrali , già nel 1915, una riduzione della produzione agricola del
50%.
Imperi Centrali
Gli Imperi Centrali confidavano in una guerra di breve durata, per questo le loro razioni fin dall'inizio risultano ridotte
in quantità e calorie rispetto ai loro avversari. Un problema che tenderà ad acuirsi nel corso della guerra. Ecco una
breve lista dei principali alimenti che compongono, quando disponibili, la dieta dei soldati tedeschi e austriaci:
pane e/o gallette
Verdura
Biscotti
Carne in scatola
Legumi (su tutti piselli)
Latte fresco o condensato
pancetta/lardo
Tuberi (su tutto patate e rape)
Caffè
Burro
Frutta fresca
Zucchero, sale
Uova
Formaggio
Vino, birra
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Tuttavia bisogna ricordare che alcuni di questi prodotti erano disponibili solo in determinate occasioni per esempio
l'alcol era permesso solo in montagna . Di fatto la mancanza di cibo fu una costante. Mediamente l'apporto calorico si
aggirava inizialmente sulle 3000-3500 calorie al dì ma in seguito vi fu un ulteriore calo.
Per la guerra di movimento i tedeschi utilizzano “Erbswurst”, una sorta di salsicciotto contenente un impasto di
pancetta essiccata e piselli in polvere, da sciogliere in acqua calda per una preparazione rapida. Il brevetto fu
acquisito dalla Knorr che tuttora lo produce.
Verso la fine della guerra la penuria di alimenti costringe alla preparazione del pane con farina allungata con la
segatura per aumentarne il volume. Spesso si accompagnava il pasto con un improbabile marmellata di rape.
In ogni modo l'assunzione dei pasti risente della zona di combattimento, per tutti gli schieramenti era molto difficile
fornire il rancio in zona di operazione o su una montagna.
Le Truppe Alleate pur non avendo un rancio ottimale bisogna ammettere, con le limitazioni legate a certi contesti,
mediamente se la passavano meglio. Anzi gli alimenti erano simili nei vari eserciti, con le dovute differenze legate alle
tradizioni nazionali. Per esempio il soldato italiano disponeva di quantitativi di pasta maggiori. La vera svolta per gli
Alleati si ebbe con l'ingresso degli Stati Uniti che oltre al contributo di uomini, rifornirono di materiali, accelerando la
disfatta degli Imperi Centrali e ponendo fine al conflitto. Per inciso deve essere ricordato che le razioni alimentari
migliori era quelle americane, che avevano studiato il problema già dai tempi della Guerra di Secessione. Erano gli
unici a disporre di caramelle.
Un esempio di ingredienti di base di una dieta del soldato alleato.
pane e/o gallette
Pesce in scatola
Biscotti
Carne in scatola
Verdura e frutta fresca
Latte fresco o condensato
pancetta/lardo
Legumi (su tutti piselli)
Caffè
Uova
Tuberi (su tutto patate e rape)
Zucchero, sale
Burro
Frutta secca
Vino leggero, birra e sidro
Formaggio
Marmellata
In ogni caso nel giugno 1918 la dieta del soldato italiano doveva fornire circa di 3580 calorie, quella francese, 3400
Kcal e quella britannica 4400 Kcal.
Gli Italiani
Uno dei grossi problemi durante la guerra fu alimentare i soldati con cibo che ogni giorno diventava più esiguo e
scadente. La scarsa qualità era dovuta alla scelta di cucinare i pasti nelle retrovie e trasportarli durante la notte
verso le linee avanzate. Così facendo, la pasta o il riso contenuti nelle grandi casseruole arrivavano in trincea come
blocchi collosi. Il brodo si raffreddava e spesso si trasformava in gelatina mentre la carne ed il pane, una volta giunti a
destinazione, erano duri come pietre. Scaldarlo una seconda volta non faceva che peggiorare la situazione, rendendo
il cibo praticamente impossibile da mangiare. Inoltre il riso, quando palatabile, era cotto secondo le tradizioni
dell’esercito sabaudo e aveva tutto per essere disprezzato dai meridionali. Come scrive Massimo Alberini, giornalista
e storico dell’alimentazione: «Reclute e anziani di Campania, Puglia, Calabria, isole, formulano una specie di
22
giuramento: “mai più minestra di riso in vita mia”. E lo mantengono, spesso trasmettendolo in eredità alla famiglia».
Questo è il motivo per cui, per almeno un cinquantennio, il risotto penetra con estrema difficoltà nell’Italia
meridionale. Come posso testimoniare io, in base ai racconti di famiglia sul mio bisnonno mutilato della Grande
Guerra.
Inizialmente il rancio nell’esercito italiano apportava 4085 calorie Si cercò di rendere l’alimentazione del soldato il più
possibile varia, stabilendo un minimo giornaliero 3200 cal. , che salivano a 4700 per le truppe che operavano in
montagna. Le razioni erano di tre tipi e variavano da fronte a retrovia, dove si consumava la razione territoriale
modificata, che contemplava meno calorie, mentre al fronte venivano distribuite la razione normale di guerra e
quella invernale di guerra. Esisteva anche una razione che era composta da 400 gr di galletta e 220 gr di bue in
conserva. Naturalmente la razione, che all'inizio della guerra consisteva di 750 gr di pane, 375 di carne, 200 di pasta
oltre a cioccolato, formaggio cambiò a seconda della disponibilità dei viveri che nel corso della guerra variò
sensibilmente, ma anche in relazione alla località. In alta montagna venivano distribuiti supplementi di lardo,
pancetta, latte condensato, mentre al servizio di trincea erano contemplati alcolici, segno inequivocabile
dell'imminente assalto. Nel dicembre 1916 la razione diminuì per i problemi alimentari di cui soffriva l'Italia,
passando a poco più di 3000 calorie, cioè 600 gr di pane e 250 di carne, spesso sostituita da pesce poiché la carne
bovina era in larga parte di importazione. Si può comprendere che teoricamente la dieta del soldato italiano era, in
teoria, abbastanza equilibrata con percentuali di carboidrati vicino al 50-60%.Dopo Caporetto, agli italiani si fornì il
caffè al mattino per aumentare i livelli di attenzione ( prima 8 e dopo 20grammi e zucchero). Da allora il caffè divenne
la bevanda tipica della colazione degli italiani. A onor del vero i soldati di origini più popolari nella vita civile non
disponevano di una dieta così ricca di calorie e c'era pure chi era più sazio al fronte che a casa.
Il problema più grave nelle trincee era la mancanza d’acqua che rendeva drammatica la vita al loro interno. L’alcol
veniva fornito ma era il segnale dell’imminente attacco, perché dava un leggero stato di euforia che rendeva meno
tragico i momenti che precedevano un assalto. Addirittura l’ odore di alcol che si avvertiva nell’aria annunciava ai
difensori l’approssimarsi del nemico.
Altro grosso problema del rancio in trincea era soprattutto di ordine igienico: l'ambiente in cui si era costretti a
mangiare era un miscuglio di cose sparse per lo più nel fango: cassette sfondate, munizioni, ferri arrugginiti, filo
spinato, vecchie marmitte bucate, cadaveri. Era quindi inevitabile che si diffondessero tifo e colera, arginati nel corso
della guerra grazie alla vaccinazione di massa; ma poco si poteva fare purtroppo contro meningiti, dissenterie e altre
malattie batteriche che decimarono le truppe in trincea.
Purtroppo nella realtà il rancio arrivava a destinazione spesso in ritardo e talvolta non arrivava che a distanza di
giorni, deprimendo il fisico e lo spirito dei militari, che ricevevano un cibo ghiacciato e poco nutriente e dovevano
continuare a combattere, sopportando i morsi della fame. L’acqua potabile, era un bene prezioso, era scarsa e spesso
inquinata, il che peggiorava la situazione del combattente.
Non stupisce, quindi, che la fame da sempre una brutta bestia finì per diventare argomento quasi fisso nelle lettere o
nei diari dei soldati che spesso ne parlano in modo irritato come Emilio Lussu: “Ci preferiscono affamati, assetati e
disperati. Così, non ci fanno desiderare la vita. Quanto più miserabili siamo, meglio è per loro. Così per noi è lo stesso,
che siamo morti o che siamo vivi”.
23
“ Scemo di Guerra” (Shell Shock o Shock da Bombardamento)
Una delle realtà più drammatiche nella Grande Guerra fu la trasmissione delle malattie che uccisero e ferirono come
le armi. Le precarie condizioni igienico-sanitarie, la promiscuità, l'esposizione alle intemperie furono condizioni che
favorirono, comprensibilmente, la diffusione di malattie infettive.
Ben presto, però, i sevizi sanitari militari cominciarono a segnalare la comparsa di una patologia di tipo neuropsichico sconosciuta, in assenza di ferite o lesioni apparenti. Così frequente che nell'esercito britannico1 riformato su
7 dal servizio militare lo fu a causa di questa patologia neuro-psichiatrica fino ad allora quasi ignota. Si calcola che i
soldati italiani colpiti da questa sindrome siano stati almeno 40 mila. Dopo 100 anni ancora non ne conosciamo bene
le cause, anche se una serie di studi recenti ha fatto un po' di chiarezza. Ricordiamo che attualmente, centinaia di
migliaia di soldati americani, reduci delle guerre in Iraq e Afghanistan soffrono del trauma da esplosione con
conseguenze fisiche e psichiche profonde ma tuttora poco conosciute.
Per la prima volta si parlò di Shell Shock nel 1915, in uno studio effettuato su tre soldati britannici vittime di
esplosione, che soffrivano di insonnia, riduzione del campo visivo, nonché perdita dell’olfatto, dell’udito e della
memoria. All’inizio si ritenne che i loro problemi fossero dovuti a una commozione cerebrale causata dall’onda
d’urto. Secondo una teoria che andava per la maggiore l’onda d’urto raggiungeva il cervello attraverso il liquido
cerebrospinale. Ma con il proseguire della guerra, poiché molti soldati colpiti dalla sindrome non presentavano altre
lesioni, il concetto di danno da esplosione fu abbandonato e si pensò ad un deterioramento del quadro psichico da
debolezza emotiva. La patologia divenne il simbolo dei traumi emotivi inflitti dalla guerra. E' possibile risalire dalle
cartelle cliniche alla situazione di questi pazienti. Descritti come veterani sprofondati in uno stato di sonnolenza,
malinconia o confusione mentale, uomini che tremavano convulsamente agli angoli delle strade, impazzivano e
avevano attacchi paranoici di rabbia. Gli “scemi di guerra”, l' infelice nomignolo affibbiato a questi sventurati. Questi
infelici risultavano sconfitti due volte, prima perdevano la loro dignità come soldati perché ritenuti codardi simulatori
o psicolabili da sottoporre ad elettroshock in un manicomio; e poi come uomini perché ritornati alla vita civile erano
irrisi e additati al pubblico sarcasmo. Tanto che nel tempo l’ espressione “scemo di guerra” ed espressioni simili che si
trovano in altre lingue (“been ‘funny’ since the war.”) divenne un appellativo ironico.
Gli studi più recenti identificano questi disturbi come Disturbo Post Traumatico da Stress ( o Post Traumatic Stress
Disorder - PTSD ), e viene ad indicare i disturbi psico-fisici a cui può andare incontro la persona che viene esposta a
eventi drammaticamente traumatici nella lotta quotidiana per la vita. Quindi non eventi ordinariamente tristi dell’
esistenza umana, come divorzi, perdita del lavoro ecc., ma situazioni come quelli che si verificano nelle grandi
catastrofi naturali e guerre. Sembra che la mente umana esposta a eventi eccezionalmente traumatici reagisca con
stesso quadro di sintomi. I principali sono: 1) rivivere in maniera intrusiva e involontaria l'evento traumatico; 2)
sintomi di evitamento del trauma, come evitare il luogo o situazioni e persone che ricordano l'evento; ;3) sintomi da
eccessiva attivazione, come stato di allarme, ipervigilanza, insonnia, irritabilità.
Immaginiamo il mondo del soldato in una trincea della I Guerra Mondiale, che sopravvive nell’attesa del
combattimento in fossati e cunicoli fetidi, esposto al fuoco di armi terribili come mitragliatrici e a bombardamenti
mai visti prima. In un ambiente dove gli standard civili sono aboliti e comunque i comportamenti più sadici e assassini
sono, non solo permessi, ma incoraggiati, anche se questo ripugna alla coscienza. Su tutto la vicinanza con la morte
propria, del nemico, del compagno accanto, spesso cadavere. Davanti a questo orrore senza fine la coscienza si altera
e si manifestano reazioni abnormi. Queste reazioni psicopatologiche possono comparire anche a distanza di tempo
con il ritorno alla vita civile, come durare per tutta la vita.
Nell'ambito del PTSD, distinguiamo il Danno Traumatico Cerebrale ( o Traumatic Brain Injury TBI ) da Esplosione,
come attualmente viene definito l'originale shell shock . In quest'ultimo si associa prevalentemente un quadro
psicopatologico con umore nero e comportamenti dirompenti come rabbia, impulsività avventatezza, autolesionismo
24
fino al suicidio.
L'esplosione è una situazione fisica complessa che si compone di una sequenza di eventi dannosi ben definiti. Lo
scoppio è una reazione chimica che spinge una sfera di aria e gas a velocità superiore del suono che avvolge le
vittime che rimangono immobili. Passata questa si crea il vuoto e istantaneamente segue una folata di vento
supersonico che frammenta gli oggetti che diventano tanti proiettili, solleva e scaglia i corpi e i veicoli a distanza, qui
si determinano buona parte dei traumi. I danni si completano con l'evento quaternario, una combinazione di fuoco,
sostanze ustionanti e polveri che asfissiano.
Non conosciamo la bene la sequenza di eventi, ma si ipotizza che l'onda di pressione provochi oscillazioni e
scuotimenti del cervello, che impattando contro la scatola cranica, non ben protetto dal liquido encefalico, causano
dei microtraumi. Il trauma provoca processi degenerativi del neurone e dell'assone ( che al microscopio mostra dei
rigonfiamenti) che si manifesta con alterazione della sostanza bianca. Rimane un mistero come avviene il passaggio
dell'onda pressoria: attraverso occhi, orecchie, naso, collo, torace e vasi sanguigni. Si è visto che indossare un
giubbotto antiproiettile a protezione del torace riduce il danno cerebrale. Naturalmente i danni da esplosione su altri
organi aggravano il quadro clinico. Sembra che l'azione ripetuta nel tempo di “urti leggeri” dovuti agli spostamenti
d'aria e di pressione, per esplosioni avvenute a distanza dal soldato, possa innescare questi processi degenerativi
encefalici, in soggetti apparentemente sani. Infatti è stato dimostrato in istruttori artificieri un leggero deficit delle
capacità intellettive e dell'emotività, alla fine di un periodo di addestramento con esplosivi al poligono. L'aspetto del
danno microscopico somiglia ai quadri che si rilevano nella Sindrome di Alzheimer e nella Encefalopatia Cronica
Traumatica, una patologia cronica, degenerativa e mortale che colpisce i pugili sottoposti a ripetuti traumi alla testa.
Con la guerra in trincea l'artiglieria viene impiegata nel bombardamento delle postazioni nemiche. Questo comportò
necessariamente un aumento del loro calibro medio. Uno dei più grossi concentramenti di artiglieria avvenne
durante la battaglia di Verdun dove i tedeschi impiegarono 1220 pezzi d'artiglieria su un fronte di appena 14 Km , uno
ogni 12 metri , l’attacco fu preceduto da un massiccio bombardamento di otto ore. I francesi tuttavia non furono
spazzati via come previsto, anzi nel complesso riuscirono a resistere. Possiamo immaginare, i danni microtraumatici
cerebrali inflitti ai soldati francesi e forse tedeschi alla luce di quanto detto in precedenza.
E possiamo comprendere in pieno Emilio Lussu quando scrive :”Anch’io sentivo delle ondate di follia avvicinarsi e
sparire. A tratti, sentivo il cervello sciaguattare nella scatola cranica, come l’acqua agitata in una bottiglia”, (Un
anno sull’altopiano ).
Studi dimostrano che i principali meccanismi legati al trauma cerebrale sono un aumento della pressione intracranica
e il relativo scuotimento del cervello relativamente alla scatola cranica. L'onda da esplosione, o l'aumento di
pressione interessa il cervello immediatamente dopo l'impatto con il cranio. La pressione nel cervello ritorna alla
norma dopo solo pochi millisecondi, ma il movimento del cervello può durare centinaia di millisecondi dopo
l'impatto.
25
Remembrance Day
th
The agreement of the 11 of November 1918 -the eleventh hour of the eleventh day of the eleventh month- ended
the Great War, and many people hoped that “all wars” had ended on that day. The victory parades took place in the
summer of 1919, but a number of the ex-soldiers refused to take part in the exultant celebrations. As a
consequence of that , the first Remembrance Day ceremonies were not celebrated triumphantly because many
soldiers had died. So the “Remembrance Day” was changed into “Peace Day” .
26
Modernismo in Pittura: la pittura inizio '900
L'abolizione della forma in pittura inizia con l'Impressionismo, che semplificherà il disegno per esprimersi attraverso i
contrasti di colore e lo studio della luce. Comincia così la pittura moderna, che rappresenterà il pensiero umano
abolendo la figura dai quadri, distaccandosi così dalle tradizioni passate. Compaiono movimenti pittorici come il
Cubismo, il Futurismo e l'Astrattismo che troveranno nel mondo spirituale un nuovo modo di esprimersi. Picasso
introdurrà lo spezzettamento delle forme nella pittura e con Guernica diverrà il simbolo della resistenza intellettuale
al nazismo. L'arte diventa anti-arte, e tutto mira oggi a creare lo spettacolare per stupire lo spettatore in una libertà
di scelta di temi senza limite. Mentre, le avanguardie come il Futurismo, diventano la variante oltranzista del
modernismo. Per avanguardia si intende un movimento culturale impegnato in un rinnovamento, sperimentato nei
linguaggi artistici o alimentato anche da ideologie politiche. Le avanguardie si sono poste in polemica con la
tradizione e la cultura ufficiale, mettendo in discussione la stessa natura dell’arte e il rapporto con la società.
Contesto
Le basi culturali di questi movimenti possono considerarsi unitarie e riconoscibili, e interessano tutti i campi dell'arte,
spaziando dalla pittura alla letteratura, dall'architettura alla scultura, dando origine, però, a diversi movimenti
artistici che si svilupperanno con caratteri peculiari.
A cavallo tra '800 e '900 nasce un nuovo mondo che rivoluziona le certezze del periodo precedente.
Tra il 1895 e il 1913 si sviluppa la seconda rivoluzione industriale con l'aumento gigantesco della produzione,
l'invenzione del motore a scoppio e la meccanizzazione, l'uso dell'elettricità, l'urbanizzazione spinta e la
carneficina industrializzata della Grande Guerra, tutto contribuisce a cambiare il sistema di valori. La percezione della
velocità e la sensazione della contemporaneità delle emozioni (è l'epoca dell'automobile, aereo, cinema, radio,
telefono), portano una nuova comprensione del mondo ed una sua diversa interpretazione. Questi cambiamenti
sono favoriti da nuovi pensieri filosofici e nuovi saperi scientifici, come la scoperta della psicoanalisi di Freud, e della
teoria della relatività di e Einstein che sconvolgono il concetto di spazio e tempo e rivelano il mondo dell'inconscio.
Questo scardinerà le convinzioni del Positivismo ottocentesco e le certezza che aveva portato. Nasce così una nuova
cultura che tenderà a sviluppare nuove forme artistiche. E Virginia Woolf , riflettendo sull’effetto sconvolgente delle
mostre di pittura postimpressionista, scriverà che intorno al 1910 «la natura umana cambiò ».
Il futurismo
Il futurismo fu un movimento letterario, artistico e politico.
Il movimento d’avanguardia italiano di maggiore carica eversiva, nacque quando il letterato Filippo Tommaso
Marinetti (1876-1944) pubblicò sul quotidiano francese “Le Figaro” del 20 febbraio 1909, il manifesto letterario del
Futurismo.
Esso , attraverso tutta una serie di manifesti e un’intensa e spesso clamorosa opera di propaganda propose un’arte e
un costume che cancellava qualsiasi traccia del passato.
Nel manifesto del 1909 sono riportati gli aspetti che caratterizzano la corrente:
•
l’amore del pericolo
•
l’abitudine all’energia
•
il culto per il coraggio e l’audacia
•
l’ammirazione per la velocità
•
la lotta contro il passato (“noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie“)
•
l’esaltazione del movimento aggressivo (”l’insonnia produttiva, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e
il pugno“)
27
•
la guerra (“sola igiene del mondo“).
Nel 1910 i pittori U. Boccioni, C. Carrà, L., G. Balla e G. Severini sottoscrissero il Manifesto dei pittori futuristi (11
febbraio).
La decadente cultura del tardo ottocento pesante, seriosa e lontana dai contemporanei fermenti sociali ed industriali
creava la necessità di uno svecchiamento assoluto.
In particolare il futurismo si caratterizzò per l'esaltazione della vitalità, del movimento e della modernità, per
l'anticipazione del futuro e per l'incessante ricerca di forme artistiche nuovissime ed originali.
La pittura “antica” con le sue immagini immobili aveva impedito allo spettatore di entrare nel quadro. Il Futurismo,
creando opere dinamiche, intendeva mettere lo spettatore al centro dei dipinti per esaltare la vitalità e il progresso. I
Futuristi nel “mito” del movimento e della velocità vedevano la chiave della città industriale, della fabbrica, della
locomotiva e di tutti gli elementi del mondo contemporaneo che stavano trasformando il volto dell’Italia contadina.
La pittura futurista ha molte analogie con il cubismo e qualche notevole differenza. Il Cubismo scomponeva l’oggetto
in varie immagini e poi le ricomponeva in una nuova rappresentazione. Il Futurismo non intersecava immagini diverse
dello stesso oggetto, ma direttamente diversi oggetti tra loro. Il risultato stilistico a cui si giungeva era, però, molto
simile ed affine. Del resto, non bisogna dimenticare che gli artisti futuristi erano ben a conoscenza di ciò che il
Cubismo faceva in Francia. Non solo perché il Futurismo nacque, di fatto, a Parigi con Marinetti, ma anche perché
uno di loro, Gino Severini, viveva ed operava nella capitale francese.
Ciò che invece distingue principalmente i due movimenti fu soprattutto il diverso valore dato al tempo. Come detto,
la dimensione temporale era già stata introdotta nella pittura dal cubismo. Ma si trattava di un tempo lento, fatto di
osservazione, riflessione e meditazione. Il futurismo ha invece il culto del tempo veloce. Del dinamismo che agita
tutto e deforma l’immagine delle cose.
È proprio la velocità il parametro estetico della modernità. Del resto il mito della velocità per il futurismo ha un
significato quasi religioso. .
Nei quadri futuristi, la velocità si traduceva in linee di forza rette che davano l’idea della scia che lasciava un oggetto
che correva a grande velocità. Mentre in altri quadri, soprattutto di Balla, la sensazione dinamica era ricercata come
moltiplicazione di immagini messe in sequenza tra loro.
Così che le innumerevoli gambe che compaiono su un suo quadro non appartengono a più persone, ma sempre alla
stessa bambina vista nell’atto di correre («Bambina che corre sul balcone»).
Il problema principale del Futurismo, quindi, fu il rappresentare su una tela dei movimenti veloci, simboli del
progresso da cui erano profondamente attratti e nel seguire tale meta, lo stile dei pittori apparve molto diverso:
Boccioni si espresse con drammaticità e un cromatismo ricco di deformazioni espressionistiche; Balla risentì della
tecnica fotografica di Anton Giulio Bragaglia che ammirava, e nei suoi quadri, riprodusse spesso il movimento
catturato dalla macchina fotografica; Severini fu il futurista più vicino alle esperienze neoimpressionistiche e costruì
immagini attraverso la frammentazione del colore e delle forme; Carrà nelle sue opere, diede invece una sensazione
di moto sospeso con grandi equilibri tra colori e forme.
Il Futurismo grazie all’abilità dei suoi rappresentanti nell’ allestire mostre, ebbe molto successo e attirò l’attenzione
artistica internazionale che colpita, prese spunto per creare nuove correnti artistiche.
Il maggior esponente del futurismo italiano fu Umberto Boccioni (1882-1916) . Nato a Reggio Calabria, si trasferì a
Roma all’età di diciotto anni. Qui iniziò il suo apprendistato artistico. A Roma Boccioni entrò in contatto con Severini e
Sironi ed insieme ai due frequentò lo studio del più anziano Giacomo Balla, da poco rientrato da Parigi. Nel gennaio
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del 1910 conobbe Marinetti, e l’incontro risultò decisivo per i successivi sviluppi della sua pittura. La sua adesione
alle idee futuriste di Marinetti fu immediata. Allo scoppio della prima guerra mondiale viene richiamato alle armi. Il
17 agosto del 1916, all’età di soli trentaquattro anni, muore per un banale incidente mentre era nelle retrovie dei
campi di battaglia.
29
Le Pont Mirabeau
Sous le pont Mirabeau coule le Seine
Et nous amours
Faut-il qu’il m’en souvienne
La joie venait toujours après la peine
Vienne la nuit sonne l’heure
Les jours s’en vont je demeure
Apollinaire dans son poème compare le coule de la Seine à la vie et à l’amour. Il médite sur le passage du temps et de
ses changements ; toutefois, il est essentiel de se rappeler le passé parce que chaque moment est unique.
Les droits des enfants
Un enfant a droit
à l’identité : chaque enfant doit avoir un nom et un prénom, une nationalité ;
à l’instruction : 93 millions d’enfants dans le monde ne vont pas à l’école. Il s’agit pour la plupart de filles. La cause est
souvent la pauvreté. Les enfants qui travaillent n’ont pas le temps d’aller à l’école
à la justice : c’est incroyable mais, dans le monde entier, plus d’un million d’enfants sont emprisonnés et souvent
dans des conditions inhumaines pour des petit délits ;
à la santé : plus de 9 millions d’enfants meurent avant leur cinquième année parce qu’ils manquent d’eau, de
nourriture, de vaccinations ;
à l’expression : comme les adultes, les enfants ont le droit d’exprimer leur avis en toute liberté.
30
Canti del fronte
La Prima guerra mondiale ebbe un proprio sound. Si sfornarono brani allo scopo d'incitare i soldati alla lotta, a
rafforzare lo spirito patriottico e il senso di appartenenza nazionale delle popolazioni civili e degli uomini in armi, a
creare o fomentare l’ostilità verso un nemico non abbastanza percepito come tale. Fu questa una colossale colonna
sonora che accompagnò gli Italiani lungo i duri anni della Grande Guerra.
Questi componimenti musicali, accompagnati da testi facilmente memorizzabili, servivano ad esorcizzare la paura
della morte incombente. Da sempre questi componimenti di guerra servono a galvanizzare gli animi, esaltando il
coraggio e il sacrificio dei soldati ed esercitano così bene il loro compito da diventare inni nazionali, come il nostro
inno di Mameli “Fratelli d'Italia” (1847) o La Marsigliese ( 1792) dei francesi.
La musica, semplice ma diretta al cuore, unita a parole profonde e solo apparentemente “facili” da rimare in poche
strofe, riesce a superare le barriere del tempo e a testimoniare ciò che accadde quasi un secolo fa.
I canti ispirati dalla Grande Guerra rientrano tra quattro gruppi tematici fondamentali: 1) canti spavaldi e di
esaltazione guerresca e patriottica, 2) canti di marcia ed evasione, 3) canti di dolore e sofferenza, 4) canti di rabbia e
protesta.
Fra i canti principali del primo gruppo ricordiamo Aprite le porte, Su in montagna e il famoso Trotta galoppa che pur
avendo origini molto più antiche, durante la Grande Guerra subì molte varianti ed arricchimenti del testo
Nel secondo gruppo ritroviamo delle Canzoni di marcia come "Il ventinove luglio", oppure "Canta che ti passa!", che
è diventato un modo di dire tutt'ora in uso.
Fanno parte del terzo gruppo celebri brani ispirati a momenti di prostrazione e di sofferenza. Ricordiamo Ta-pum ,
che però ha origine non dalla Grande Guerra, ma da un canto di lavoro per la costruzione del traforo del San
Gottardo tra il 1872 e il 1880. Richiamava allora lo scoppio delle mine e divenne il rumore dell'eco di una fucilata
austriaca in montagna. Altri brani famosi sono: Bandiera nera, Il bersaglier ha cento penne, Il testamento del
capitano, Era una notte che pioveva, O Dio del cielo, quest'ultimo di enorme diffusione, che richiama alla mente
alcune espressività tipiche dei cori verdiani.
Nell’ultimo gruppo rientra O Gorizia tu sei maledetta. E’ questa una canzone di protesta che affonda le sue radici in
moduli di estrazione popolare risalenti almeno al 1911-12. Una strofa simile alla seconda di questa canzone, infatti, si
trova anche in un’altra composizione, cantata al tempo della guerra di Libia. E’ questa una vecchia canzone di trincea
che si riferisce alla battaglia di Gorizia (9-10 agosto 1916), una carneficina che costò la vita, secondo stime ufficiali, ad
almeno 50.000 soldati di parte italiana e a 40.000 di parte austriaca. Altri titoli noti sono “Maledetta la guerra e i
ministri”, oppure “Maledetto sia Cadorna”. Sono tutti canti dal contenuto anarchico che comportavano la fucilazione
e tuttora sono poco eseguiti.
Queste canzoni sono nate e vivono sulle labbra dei soldati che le trasmettevano alle leve successive oralmente. Son
canti spesso ispirati alla montagna, ricchi di locuzioni dialettali, ispirati alle cose più umili della giornata, a una
rassegnata attesa della morte, al rimpianto della casa e dell’amore, che con la loro melodia facile e sempre
orecchiabile, alleviavano la fatica e rasserenavano lo spirito. Sicuramente la canzone più famosa ed eseguita rimane
La leggenda del Piave, che rappresenta da molto tempo il presidio ufficiale della memoria della prima guerra
mondiale, tuttora sempre eseguita in tutte le cerimonie ufficiali di stato e militari (a cominciare dalla tumulazione
della salma del Milite Ignoto al Vittoriano il 4 novembre 1921). Fu composta da Giovanni Gaeta (Napoli 1884-1961),
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al secolo E.A. Mario, rappresenta un fondamentale punto di riferimento per la nuova canzone italiana. Lo
pseudonimo gli è ispirato dalla fede mazziniana: è infatti il cognome di uno degli eroi del Risorgimento, Alberto
Mario, mentre le iniziali derivano dai nomi di Ermete e Alessandro con cui lui e un suo amico firmavano le
collaborazioni con il quotidiano socialista ll lavoro. La canzona nasce come risposta ad un apprezzamento offensivo di
un giornale austriaco (“Verranno a combattere con l’Austria i mafiosi di Sicilia, i briganti di Calabria e i mandolinisti di
Napoli”). La canzone è retorica allo stato puro per questo ottenne uno straordinario successo, l’effetto psicologico fu
così galvanizzante per la popolazione che il suo autore verrà insignito del titolo di cavaliere su proposta del comando
militare. Il re stesso ne rimase affascinato, nonostante non fosse amante delle canzoni. In realtà il componimento ha
un posto nella storia della canzone italiana come l’autore, rappresentando una novità nel panorama della canzone
italiana dell’epoca e per questo veniva eseguita nei locali alla moda ed era molto apprezzata da quel pubblico.
La leggenda del Piave
Il Piave mormorava
Calmo e placido al passaggio
Dei primi fanti , il ventiquattro maggio:
l'Esercito marciava
per raggiungere la frontiera,
per far contro il nemico una barriera…
Muti passaron quella notte i fanti:
tacere bisognava, e andar avanti!
S'udiva, intanto, dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar dell'onde,
Era un presagio dolce e lusinghiero.
Il Piave mormorò:
"Non passa lo straniero!"
Ma in una notte trista si parlò di tradimento,
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento…
Ahi, quanta gente ha vista
Venir giù, lasciare il tetto,
per l'onta consumata a Caporetto!
Profughi ovunque! Dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.
S'udiva, allor, dalle violate sponde,
sommesso e triste il mormorio de l'onde:
come u singhiozzo, in quell'autunno nero,
Il Piave mormorò:
"Ritorna lo straniero!"
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E ritornò il nemico
Per l'orgoglio e per la fame:
volea sfogare tutte le sue brame…
vedeva il pianto aprico,
di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora…
"No!" disse il Piave, "No!" dissero i fanti,
"Mai più il nemico faccia un passo avanti!"
Si vide il Piave rigonfiar le sponde,
e come i fanti combatteva le onde…
Rosso col sangue del nemico altero,
Il Piave comandò:
"Indietro va, straniero!"
Indietreggiò il nemico
Fino a Trieste, fino a Trento,
e la Vittoria sciolse le ali del vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro, Battisti…
L'onta cruenta e il secolare errore
Infranse, alfin, l'italico valore.
Sicure l'alpi… Libere le sponde…
E tacque il Piave: si placaron le onde…
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò
né oppressi, né stranieri.
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Pallacanestro
La prima guerra mondiale fu all’origine della diffusione di uno degli sport più seguiti al mondo , da parte delle truppe
americane, il basketball o pallacanestro. A Parigi nel 1919 fu disputato quello che viene ritenuto il primo torneo
internazionale tra le squadre degli eserciti Alleati nella prima guerra mondiale.
Questo sport fu ideato nel 1891 da James A. Naismith, insegnante di educazione fisica in un college del
Massachusetts – Stati Uniti, su suggerimento del rettore , affinché creasse uno sport di squadra che potesse giocarsi
al coperto durate l’inverno. La prima partita fu giocata nel Dicembre di quell’anno e tra due squadre di nove giocatori
poiché la classe era formata da diciotto elementi, utilizzando un pallone da calcio. Per la cronaca, nonostante il gran
correre e i numerosi tiri fu segnato un solo canestro.
Il moderno gioco della pallacanestro prevede sia squadre maschili sia femminili. Scopo del gioco è quello di centrare il
canestro avversario avendo cura di proteggere il proprio , la squadra che realizza più punti vince. La partita si disputa
in un campo avente dimensioni massime di 28 m x 15 m. Il canestro è ad una altezza di 3,5 metri dal suolo .Sul
terreno di gioco , in prossimità del canestro sono tracciate le aree trapezoidali dei 3 secondi. Il pallone regolamentare
ha una circonferenza compresa tra 749 e 780 mm, il suo peso oscilla tra i 567 e i 650 grammi. Il valore numerico di
una realizzazione può essere di 1 punto se eseguito con tiro libero, 2 punti se eseguito su azione e di 3 punti se il tiro
viene effettuato oltre la linea posta a 6,25 m dal centro del canestro.
Ogni squadra può disporre di 12 giocatori, 5 in campo e i restanti in panchina , intercambiabili nell’arco della gara.
Il regolamento vieta di commettere infrazioni – violazioni delle regole- che vengono sanzionate con la perdita del
possesso di palla . Si commettere fallo – violazioni delle regole – quando avviene un contatto personale con un
avversario o si assume un comportamento antisportivo. Il giocatore che commette una infrazione viene sanzionato
(fischio dell’arbitro) a norma del regolamento tecnico e ciò ha come conseguenza l’iscrizione sul referto di gara.
La partita di pallacanestro dura 40 minuti suddivisi in 4 tempi di 10 minuti effettivi e non può terminare in parità . La
parità al termine del tempo regolamentare comporta 2 tempi supplementari di 5 minuti ciascuno necessari per
determinare la squadra vincente.
I fondamentali individuali comprendono : quelli senza palla (smarcamenti e momenti difensivi) e quelli con palla (
tiro, passaggio e palleggio); i fondamentali di squadra includono sia l’organizzazione offensiva (contropiede , schemi)
sia quelle difensive ( difesa a zona , individuale, mista, pressing).
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