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L’intelligenza artificiale sconfigge gli umani anche nella capacità di bluffare. Lo ha provato un torneo di poker: a differenza degli scacchi, qui le mosse non sono prevedibili. Verrengia P. 12 Fondata da Antonio Gramsci nel 1924 l €1,40 Questo giornale ha rinunciato al finanziamento pubblico Anno 94 n. 44 Sabato, 25 Febbraio 2017 unita.tv Congresso Pd, primarie il 30 aprile l Assemblee di sezione entro il 2 aprile. Tramonta l’ipotesi di elezioni politiche a giugno l Orlando agli scissionisti: non andate via. Martina, Fassino e Bonaccini con Renzi P. 2-4 Le parole sbagliate Cartoline dall’inferno di Mosul De Giovannangeli P. 7 Perché serve un partito democratico y(7HD9B7*KKMKKT( +_!z!$!$!, I Giovanni Maria Bellu Franco Marini l leader della Lega Nord, Matteo Salvini, è uno stronzo. E anche se, per questa affermazione ingiuriosa, un giudice dovesse condannarmi, mi sentirei in obbligo di ripeterla. Non perché abbia in odio Salvini, ma per difendere l’articolo 21 della Costituzione, la libertà di manifestazione del pensiero: “Perché solo in un REGIME processano le parole”. L’ultima frase non è mia, ma di Matteo Salvini. E, in un certo senso, è suo anche l’incipit di questo articolo. Non ho fatto altro che sostituire la parola “Salvini” alle parole “richiedenti asilo” e la parola “stronzo” alla parola “clandestino”. Il risultato è il disgustoso capoverso che avete appena letto. Di cui già mi vergogno. Mentre Salvini, ed è questo il punto, no. Al contrario: sulla sua pagina Facebook ha annunciato che, a dispetto di qualunque decisione della magistratura, continuerà a usare la parola “clandestino”. E, per non lasciare spazio a equivoci, l’ha scritta undici volte di seguito. Proprio come i bambini che ripetono “cacca, cacca”. A scatenare cotanta furia coprofaga, un’ordinanza della prima sezione civile del tribunale di Milano che ha condannato la Lega a pagare 10mila euro di danni per avere, nell’aprile dello scorso anno, tappezzato le strade di Saronno di manifesti che definivano “clandestini” 32 richiedenti asilo che avrebbero dovuto trovare ospitalità in una struttura della città. Il giudice – accogliendo le tesi dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione – ha stabilito che non si possono definire così delle “persone che, esercitando un diritto fondamentale, hanno chiesto allo Stato italiano di riconoscere loro la protezione internazionale”. È la stessa ragione per cui la Carta di Roma – il codice deontologico che i giornalisti italiani devono seguire quando si occupano di immigrati e richiedenti asilo – stabilisce che quel termine non va utilizzato. Non per “buonismo”. Semplicemente perché è un termine giuridicamente scorretto. Chiamare “clandestini” i richiedenti asilo è come chiamare “ladri” i clienti di un supermercato che ancora non sono passati alla cassa. È un termine improprio anche per quanti non vengono poi riconosciuti meritevoli del diritto d’asilo. “Clandestino” significa “nascosto al sole” e, come tutti possiamo facilmente constatare, “gli immigrati, anche quelli non regolari, non si nascondono al sole. Al contrario, spesso lavorano sotto il sole, dall’alba al tramonto, nei campi e nei cantieri”. Segue a pag 9 l direttore de l’Unità, giornale che non da oggi leggo e apprezzo (e che desidero continuare a leggere anche in futuro, perciò in bocca al lupo a lui ed alla redazione nella battaglia per restare nelle edicole), con cortese insistenza ha sconfitto la mia ritrosia ad intervenire sulla stampa sulle vicende politiche e, segnatamente, del nostro partito. Da qualche anno infatti ho deciso sia più consono alla mia età leggere le interviste piuttosto che farle. E limitare al massimo gli interventi sui quotidiani che, tra l’altro, ultimamente sono comparsi sempre su l’Unità. Non è questa invece la linea che mi sono dato per le riunioni degli organi di partito, direzione ed assemblea nazionale dove, quando ritengo utile esporre il mio punto di vista non mi tiro indietro: questo perché sento di doverlo a quanti, nell’ultimo congresso, mi hanno votato. Indicando il mio nome, penso, mi chiedevano di esserci con le mie opinioni e le mie idee non certo di fare l’osservatore. Parto dunque da qui per corrispondere alla richiesta di Staino. Parto dal binomio dovere-partito. Aderire ad un partito impone dei doveri. Vale per i militanti e, ovviamente, a maggior ragione per i dirigenti. Il primo è credere fermamente alla sua funzione e quindi ad agire perché a questa funzione fondamentale per la vita democratica e, per noi che siamo e vogliamo essere sinistra, per tutelare e promuovere una società che abbatta squilibri e ingiustizie, credano anche quanti non militano con noi e perfino non ci votano. Scrivevo l’anno scorso su queste colonne: dobbiamo dirlo ad alta voce, senza la politica e senza gli attori collettivi della politica, cioè i partiti, prevalgono sempre e comunque gli interessi più forti, quelli che hanno in mano le leve della finanza, dei media, dei gruppi di pressione e così l’ingiustizia sociale avanza di gran carriera, trova il suo terreno più agevole. Non basta crederci. Occorre essere conseguenti. Quindi dobbiamo fare del Pd – molto più di ora – un partito diffuso, radicato, presente nella società soprattutto laddove questa è più debole e a rischio. Un partito capace di ascoltare e di rappresentare. Un partito, mi si lasci passare l’apparente paradosso, moderno e antico insieme. Moderno nelle forme di associazione e militanza, antico nell’idea che siamo una comunità di gente in carne ed ossa, che decide condividere non solo una visione e dei progetti ma anche i momenti e le fatiche perché questa stessa comunità possa vivere e sia feconda di idee, iniziative, di azioni e, naturalmente, di consenso. Segue a pag 3 I Mosul. La città è sottoposta a bombardamenti. Le forze governative irachene hanno cominciato l’offensiva contro il primo quartiere periferico di Mosul ovest, roccaforte dell’Isis, prendendo il controllo dell’aeroporto della città. L’ha riferito la tv panaraba filo-iraniana al Mayadin. FOTO: ANSA Malati in fila, dottori a giocare a tennis l Ospedale di Loreto a Mare, Napoli: 55 arresti, 94 indagati per assenteismo C’è chi timbrava 450 cartellini al mese Staino Claudia Fusani U n dirigente andava a fare lo chef, la sua vera passione. L’altro, un medico, andava a giocare a tennis. Quasi tutti avevano un doppio lavoro. Segue a pag. 6 Minori stranieri nuovo stop alla legge La trappola da non far scattare Non chiudiamogli la porta in faccia Barbara Pollastrini Sandra Zampa P. 9 P. 9 Radar Ai premi Oscar record di candidature di artisti neri dopo due anni di esclusioni P. 14