Lo sviluppo della professione infermieristica a fine `800

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Lo sviluppo della professione infermieristica a fine `800
Attualità / Contributi L’evoluzione del presidio ospedaliero San Giovanni Battista di
Torino, che con la nascita della prima Scuola per infermieri ha dato il via a quel percorso
formativo che ha trasformato gli infermieri da operatori assistenziali “improvvisati”
a professionisti della salute
Lo sviluppo della professione
infermieristica a fine ‘800
di Alessandro Bargoni e Alessandra Capone
Cattedra di Chirurgia generale - Dipartimento Fisiopatologia clinica Università di Torino - insegnamento di Storia della Medicina
e ricerche storiche sull’organizzazione ospedaliera si sono avviate nei Paesi europei in epoca recente a partire
dal periodo post-bellico; in particolare in Italia studi storici sull’evoluzione professionale dell’assistenza ai malati sono assai scarse.
Indubbiamente esistono delle difficoltà a delineare un quadro di insieme dell’evoluzione dell’assistenza infermieristica negli ospedali italiani, a causa dell’accentuata frammentazione delle realtà assistenziali, del retaggio della condizione politica preunitaria,
persistenti a lungo anche dopo il processo
di unificazione.
La vita nelle infermerie dei nosocomi italiani dedicata all’assistenza ai malati rimane
pressochè immutata per centinaia di anni.
La preparazione professionale è sostituita
dalla buona volontà e dalla disponibilità ad
assoggettarsi a turni di lavoro massacranti,
in ambienti insalubri e pericolosi dal punto
di vista infettivo.
La lettura del Regolamento di amministrazione
pratica e ordine interno del 1866 dell’Ospedale S. Giovanni Battista di Torino, indica esplicitamente che il reclutamento di inservienti e infermiere al servizio dell’ospedale doveva essere fatto tra le trovatelle del Regio
ospizio di maternità e infanzia.
Le cosiddette “figlie dell’Ospedale”, le espo-
L
Mappa dell’Ospedale Molinette
che risale ai primi del ‘900
1 Da: “ l’Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista e della Città di Torino. Sette secoli di
assistenza sociosanitaria”. Usl 1 – 23 Torino, 1984 Mario Tirsi Caffaratto, Cap. 4: “Gli
Esposti”, pag. 47- 60.
ste raccolte dal torno alla porta dell’ospedale, che tra le sue mura erano allevate in regime di semiclausura. Le condizioni di salute di queste giovani erano in genere precarie, alto era tra loro l’indice di mortalità.
Moltissime le analfabete.
Riguardo al reclutamento del personale infermieristico maschile non abbiamo indicazioni precise. Sappiamo1 che a gran parte
dei giovani esposti maschi “figli dell’Ospedale” veniva insegnato un mestiere attraverso la pratica dell’apprendistato, alcuni di
questi tuttavia non riuscivano a trovare una
collocazione. È ragionevole pensare che per
analogia a quello femminile il reclutamento maschile degli infermieri avvenisse anche
tra le fila degli esposti maschi.
LE CONDIZIONI DI LAVORO
DEGLI INFERMIERI
La vita nell’ospedale era molto dura. Come
indica il regolamento del ’64, le infermiere
“vivono in comune e sono regolate da un
orario stabilito dalla Suora Superiora e approvato dal Direttore Capo per quanto riguarda il trattamento e il servizio. La Suora
Superiora ne regola pure i permessi e le assenze e le passeggiate.”2
L’orario di lavoro era estremamente pesante; dodici, quindici ore di lavoro continua-
2 A. O. M. Fasc. 1, Cat. 1, Classe 2 (1864 – 1867) dei Regolamenti: Regolamento di Amministrazione pratica e Ordinamento interno, 1867 – sez. II, Capo III – DISPOSIZIONI
COMUNI ALLE PERSONE DI SERVIZIO – Art. 109.
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tivo, scandite dalle varie funzioni religiose
che si dipanavano nel corso della giornata.
Anche la cessazione del lavoro per raggiunti limiti di età era una meta difficilmente
raggiungibile. In primo luogo perché non
vi erano limiti di età definiti, e anche perché la morbilità e la mortalità tra il personale di servizio era molto alta. Tuttavia il regolamento del 18673, prevedeva che la “Direzione può concedere una remunerazione di riposo con il trattamento di incurabile a quelli che hanno prestato lungo e soddisfacente servizio e che sono divenuti inabili al lavoro”.
Situazione analoga è documentata anche in
altri ospedali, ad esempio al Cà Granda di
Milano. Le condizioni durissime di lavoro e
il reclutamento del personale tra individui
posti ai gradini più bassi della società se non
giustificava, tuttavia favoriva un clima di lassismo e di prevaricazioni nei confronti dei
poveri ammalati che man mano si rendeva
sempre più evidente. Anche in questo caso
è sorprendente notare, come pur nelle diverse realtà amministrative italiane, si ripetono sostanzialmente le medesime condizioni. In una relazione, il Direttore dell’Amministrazione dell’ospedale Maggiore di Milano, Antonio Triberti, intorno al 18604, riferendosi alle qualità degli infermieri, descrive: “…sedicenti infermieri indiscreti,
aventi tutti la presunzione dell’ignoranza e
immedesimati di grossolani pregiudizi…senza educazione e viziosi, e quel che
di tutti è peggiore dati all’intemperanza e
all’ubriacatura”.
Parole analoghe erano utilizzate in una relazione, presente nell’archivio dell’Ospedale
Maggiore di Torino, tra le carte del fascicolo
del 1869, senza data e senza firma (tuttavia
databile in quell’anno) relativa all’istituzione della Scuola per infermieri, in cui si delineano le caratteristiche del personale infermieristico in servizio: “Stante il sistema, il personale infermieri si componeva in maggior
parte di pregiudicati o pessimi soggetti”.
IL BISOGNO DI CAMBIAMENTO
All’inizio del secondo quarto dell’Ottocento le Amministrazioni ospedaliere si rendevano conto dell’inadeguatezza del personale, in un momento in cui finalmente la Clinica usciva dalla millenaria condizione prescientifica per avviarsi, attraverso successi
che si susseguivano a ritmo incalzante, alla
pratica medica moderna.
Nel contempo, il dibattito politico si orientava verso una dipendenza pubblica delle
Amministrazioni ospedaliere, con la progressiva sottrazione del loro controllo alla Chiesa. Nel contesto di questo scenario, all’Ospedale Maggiore di Torino si viene a creare
una situazione di grave emergenza. Il Tesoriere aveva sottratto dalle casse dell’ospedale una somma ingente di denaro. Scoperto
l’ammanco, nel 1879, ne originava un grave scandalo, alimentato proprio dalle posizioni politiche contrapposte sul mantenimento del controllo e della proprietà degli
ospedali da parte dei religiosi. Veniva sciolta l’Amministrazione del San Giovanni, presieduta dall’Arcivescovo di Torino, e insediato un Commissario governativo. La svolta
nella conduzione dell’ospedale consentiva
di riprendere su nuove basi il discorso di ristrutturazione dei servizi e delle attività cliniche.
Tra le criticità del servizio ospedaliero vi era
principalmente quella dell’assistenza ai malati, sostenuta dallo scadentissimo livello di
preparazione professionale e umano del personale. Tuttavia il basso livello del personale infermieristico era condizioni comune alle istituzioni ospedaliere italiane del tempo.
L’azione riformatrice operata dal Commissario Regio del San Giovanni Battista di Torino, Maggiorino Garelli, aveva tra i primi
obiettivi la revisione dell’intero servizio infermieristico. Il primo provvedimento preso dalla nuova Amministrazione era quello
3 Ibidem nota 2.
4 Relazione sullo stato del personale al Comitato provinciale di Sanità di Ersilia Mayno Branzini in: Tesi di Lauera di Giulia Villa 1995 – 1996, Milano: Un aspetto della questione ospedaliera tra Ottocento e Novecento; l’assistenza infermieristica. Evoluzio16
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di differenziare, nelle mansioni e nella paga, infermieri e inservienti. Il Decreto del
30 gennaio 1880 del Commissario Regio attribuva agli infermieri maschi la paga annuale di 300 lire e agli inservienti maschi 240 lire. Alle infermiere venivano pagate come stipendio 84 lire annue, oltre al godimento
dell’alloggio e del vitto.
Si trattava effettivamente di un miglioramento sostanziale rispetto alle paghe del periodo precedente: 164 lire annue per gli uomini e 36 lire per le donne.5 Anche l’orario di
lavoro veniva sostanzialmente ridotto: da 100
ore alla settimana nel periodo antecedente
a 70 ore settimanali con questa riforma.
Questi due provvedimenti dell’Amministrazione erano stati preceduti da un’azione, sviluppatasi nella seconda metà del 1879, di
pulizia del personale infermieristico maschile. In modo particolare una nota anonima
rinvenuta, nella cartella d’archivio relativa
all’anno 1879 dei documenti sulla scuola infermieri, fa riferimento all’azione di epurazione da parte di un Amministratore dell’Ospedale6. L’Amministrazione aveva ricevuto numerosissime lamentele e denunzie
su malversazioni e comportamenti scorretti
degli infermieri, e pertanto incaricava l’Abate Morozzo della Rocca, uno degli amministratori dell’ospedale, a effettuare frequenti ispezioni nei locali convitto degli infermieri per controllarne il comportamento e la
condotta anche al di fuori delle infermerie.
ARRIVA LA PRIMA SCUOLA
PER INFERMIERI
Nello spazio cronologico tra i due provvedimenti di aumento della paga mensile e della riduzione dell’orario di lavoro, si colloca
una lettera autografa del Commissario Garelli, in cui egli manifestava l’utilità che gli
infermieri e le infermiere dell’ospedale fossero istruiti nell’esercizio dei loro compiti
fornendo loro un’opportuna preparazione
di base e nozioni teorico-pratiche. Questa
ne e dibattito per una riforma.
5 A. O. M. Fasc. 1, Cat. 9, (1878 - 1880 ) dei Regolamenti: Decreto 30 gennaio 1880.
6 Abate Carlo Morozzo della Rocca. Nominato Amministratore dell’ospedale nel 1871 dall’Arcivescovo di Torino
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formazione professionale doveva avvenire
per mezzo di una scuola pensata sui modelli esistenti in altre Nazioni: “…esistono scuole simili in Germania e in Inghilterra e ne è
indubbia l’utilità”.7 Il 23 marzo dello stesso
anno, la Commissione dei Primari dell’ospedale verbalizzava la delibera di invitare tutti gli assistenti effettivi del San Giovanni a rispondere al bando di conferimento di incarico di insegnante della Scuola per infermieri. Si stabiliva la data dell’inizio dei corso, 2
maggio 1880, e gli orari e la durata del corso stesso. Veniva scelto il Dottor De Paoli come docente della scuola che incominciava
regolarmente la sua attività il 2 maggio.
La Scuola era concepita fin dal suo inizio come attività formativa dedicata non solo al
personale interno, ma aperta alla partecipazione dei dipendenti di altre Amministrazioni o di liberi cittadini.
Nella presentazione della Scuola sui principali giornali della città e nella pubblicazione del bando, veniva messo in evidenza proprio questo fatto avendo come fine dichiarato quello di promuovere una cultura sanitaria popolare. Il corso infatti era diviso in
due parti: la prima dedicata ai soccorsi d’urgenza in caso di traumi o di malattie acute,
la seconda all’assistenza di ammalati delle
corsie ospedaliere. È evidente da questa documentazione che la scuola era pensata fin
dal suo esordio per soddisfare esigenze formative in campo sanitario più vaste di quelle esclusivamente ospedaliere.
Le intenzioni dell’Amministrazione nei confronti della scuola risultavano improntate
fin dagli inizi dalla volontà di mantenerla attiva e di sostenerla con le opportune risorse. In diverse occasioni poi l’Amministrazione dell’ospedale riconosce la validità e l’efficacia della scuola nel migliorare la qualità
di assistenza nelle corsie attraverso la migliore preparazione del personale.
La delibera del Commissario Regio del primo ottobre del 18818, disponeva che “le persone che hanno frequentato con buon esito la Scuola e ne hanno ricevuto un regolare attestato saranno dall’Amministrazione dell’Ospedale preferite sui posti di infermiere e infermiera. Gli infermieri e le
infermiere che entro il periodo di due anni non si procurano un attestato di frequenza della scuola saranno licenziati e sostituiti con altri”.
Questa delibera segnava un importante passo avanti nel contributo al dibattito politico
sulla formazione legislativa della istituzione
di figure professionali dell’assistenza promuovendo interrogazioni in seno al Consiglio Comunale della Città.9
Fin dall’esordio la Scuola di Torino sottoponeva a verifica di esame i candidati, rilasciando un certificato di abilitazione. Dal 1883 la
Scuola diviene biennale con un programma
suddiviso in una parte teorica ed esercitazioni pratiche svolte a piccoli gruppi.
L’iniziativa dell’ospedale Maggiore di Torino suscita fin da subito l’interesse di altre
Amministrazioni ospedaliere che si affrettano a chiedere informazioni, copia dei programmi d’insegnamento e anche successivamente copia del testo d’insegnamento.10
L’interesse da parte di molte Amministrazioni della città di Torino, di poter contare
su personale di assistenza professionalmente preparato, a seguito dell’attività della scuola dell’ospedale, è dimostrata dall’elenco
delle ventitre Direzioni di Istituti Assistenziali torinesi che rispondono all’invito dell’Ospedale di S. Giovanni a iscrivere il personale dipendente:
Il numero degli iscritti saliva progressivamente di anno in anno fino a stabilizzarsi intorno a centocinquanta11 partecipanti dagli
anni novanta in avanti.
Tra gli insegnanti spicca la figura di Carlo
A. O. M., Fasc. 13, Cat .9, Classe 3 (1880 – 1882) della Scuola Infermieri.
Ibidem
Archivio Storico della Città di Torino; Raccolta a stampa: Atti municipali 1882; 1883
Pubblicati da Archivio Storico Città di Torino.
10 2 Luglio 1881, richiesta del Presidente della Commissione Amministrativa Spedali Civili di Genova di “ informazioni sui programmi della scuola per poterne istituire una si7
8
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Calliano. Nella prima edizione del manuale di Assistenza agli infermi, edita a Torino nel
1886 dai fratelli Casanova, parlando della
scuola del San Giovanni scrive: “L’esempio
della Scuola di Torino ha dato i suoi risultati e numerose sono al presente le città italiane i cui maggiori ospedali hanno istituito la
Scuola per l’Assistenza agli infermi. Verona,
Bologna, Milano, Vercelli, Pisa, Firenze
ecc…. Hanno fiorente e ben diretta la Scuola d’Assistenza”.
Le parole di Calliano confermano che la
Scuola torinese è stata cronologicamente la
prima in Italia. Anche Francesco Bellini, primario dell’Ospedale Maggiore e insegnante della Scuola per il biennio 1881-1883, già
qualche anno prima aveva fatto la stessa affermazione nel corso del suo discorso al Congresso medico italiano di Modena del 1882.12
Fino alla fine dell’Ottocento il Congresso
medico italiano era la più importante e autorevole società medico-scientifica e rivestiva anche un ruolo di peso nella difesa di interessi corporativi della classe medica. Egli
nel discorso inaugurale del Congresso modenese del settembre 1882 , ricordava l’istituzione della prima Scuola per infermieri
presso l’Ospedale Maggiore di Torino per
la volontà dell’Amministrazione. Questa Amministrazione compiva “quelle riforme, che
erano richieste dai tempi e dalle richieste
della scienza, a maggior beneficio della sofferente umanità. Fra queste vi è pure l’utile
istituzione della Scuola degli infermieri ed
infermiere presso l’Ospedale Maggiore”.
NASCE LA NUOVA FIGURA
DELL’INFERMIERE
La nuova figura di infermiere che sarà il prodotto del programma di preparazione teorico-pratica della scuola veniva così indicata dalle parole del Bellini: “L’infermiere o
Signori, non è mica un semplice pulitore di
mile con le medesime finalità negli ospedali genovesi”.
11 Ogni anno il docente presentava una relazione sull’andamento dei corsi, sugli iscritti e
sull’andamento degli esami.
12 Conferenza tenuta nel Collegio di S. Carlo di Modena sull’associazione italiana del Buon
Soccorso agli infermi e di Salvataggio, 19 settembre 1882. Tip. E lit. Camilla e Bertolero. Ottobre 1882.
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stoviglie, o rifacitore del letto dell’ammalato, ma è un buon aiuto del medico, un secondo amico, dopo questi, dell’ammalato
stesso… dobbiamo rivolgere l’animo nostro
per educarlo, istruirlo, affinché egli possa
davvero essere il buon aiuto del sanitario.
Non s’improvvisa l’infermiere”.
Miglior sintesi degli scopi per cui è stata creata la scuola e le intenzioni da parte dell’ospedale sul suo futuro sviluppo, si percepiscono dalle parole contenute nella lettera13 che
il presidente dell’Ospedale, Conte Massimo
Biandrà, inviava al sindaco della città per richiamare l’attenzione sua e del Consiglio comunale su di una “istituzione che merita il
maggior possibile sviluppo essendo di incontestabile utilità pubblica”. La Scuola aveva
“per iscopo di provvedere alla mancanza di
infermieri istruiti negli ospedali”, e sebbene aumentava il numero degli iscritti di anno in anno ne era anche nettamente migliorata la qualità. Erano tutte “persone di civil
condizione e di ambo i sessi”.
Si tratta palesemente di un cambiamento
marcato del livello sociale di reclutamento
del nuovo personale infermieristico rispetto al tempo precedente la riforma del San
Giovanni, dove l’infermiere proveniva dalle
fila dei reietti della società.
LE SCUOLE PER INFERMIERI
SI DIFFONDONO
Questa professione timidamente si apre agli
interessi e alle aspirazioni della classe borghese, soprattutto femminile, sulla spinta
delle nuove ideologie sostenute dai movimenti femministi, che condurranno alla costituzione del modello di infermiera professionale della breve stagione delle scuole infermieristiche nightingheliane in Italia.
Il mondo politico non è ancora pronto a recepire l’esigenza ormai indifferibile, agli inizi del Novecento, della sistemazione della
formazione professionale dell’assistenza. È
interessante riportare la sintesi sulla situazione delle scuole infermieristiche ospeda-
liere fatta da Umberto Deganello14 nella sua
voluminosa opera statistica Sulla assistenza
ospedaliera in Italia e in alcuni Stati del 1906,
dove riferendosi all’inchiesta del 188715 scrive “…erasi lamentata insufficiente educazione ed istruzione tecnica del personale di infermeria, ed era stata rilevata l’estrema scarsezza dei mezzi con cui si provvedeva da parte degli istituti, a questo inconveniente. Infatti a quell’epoca appena dieci ospedali in
Italia avevano istituito scuole speciali per infermieri. Nel 1902 il numero degli ospedali
d’Italia che erano forniti di simili scuole salì a 25; vi fu quindi un qualche progresso ma
certamente poco notevole. Gli ospedali in discorso appartenevano alle seguenti città: Torino, Alessandria, Casale Monferrato, Vercelli, Genova, Milano, Lodi, Monza, Pavia, Bologna, Ferrara, Cesena, Parma, Firenze, Arezzo, Pisa, Siena, Ancona, Roma. Inoltre nel
1903 stavano per istituirsi scuole analoghe
presso gli Ospitali Riuniti di Napoli e presso
l’Ospitale di San Giuseppe in Busto Arsizio”.
DAL MODELLO MEDICO
AL MODELLO SANITARIO
Lo scopo del nostro lavoro non è tanto quello di voler cogliere la data di un primato ma
invece trova giustificazione nell’esigenza di
fare chiarezza sulle prime fasi dell’organizzazione della professione assistenziale in Italia e nel mettere a fuoco il contesto storico
in cui questa professione acquisisce la sua
importanza sociale. Indubbiamente le mutate esigenze della medicina, attraverso le
sue conquiste di sapere e di tecnologia, pongono il mondo medico sanitario di fronte a
una svolta epocale. Va anche notato come
queste nuove esigenze scientifiche, e implicitamente tecniche del mondo del curare,
saranno destinate a interagire con le attese
di salute che provengono dal mondo sociale. Il mondo medico si trasforma in modello sanitario. Questa trasformazione che avverrà lentamente nel corso di un intero secolo, trova proprio le sue basi nella realiz-
13 A. O. M. Fasc. 15, Cat.9, Classe 3 (1886 – 1888): Lettera del Presidente, Avv. Massimo Biandrà, al Sindaco della Città di Torino, 1886.
14 Sull'assistenza ospitaliera in Italia e in alcuni altri Stati: Osservazioni e confronti di
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zazione di un diverso modello di organizzazione ospedaliera rispetto a quello preesistente che era sostanzialmente immodificato da molti secoli.
A Torino il forte sviluppo scientifico, di tipo positivista, che subisce la Facoltà di Medicina nella seconda metà dell’Ottocento,
crea le condizioni nell’ambito della professione medica di una forte esigenza di rinnovamento e di apertura al confronto con
le realtà medico-scientifiche internazionali. Questo “sentimento” del coltivare il progresso scientifico, da parte dei clinici torinesi, deve essere coniugato con la realtà arretrata e obsoleta delle organizzazioni ospedaliere del tempo, frutto anche di un immobilismo politico conseguente alla contrapposizione di posizioni laiciste e clericali sulla concezione dell’assistenza.
L’evento di cronaca citato, legato alle malversazioni accadute nell’Ospedale di San
Giovanni, azzerano inaspettatamente questo dibattito e impongono drammaticamente una soluzione rapida e radicale.
Questo è il contesto storico-sociale che ha
determinato l’istituzione della prima Scuola per infermieri in Italia e che sostanzialmente attraverso il rinnovarsi di queste esigenze nelle altre città italiane, conduce alla propagazione di queste scuole.
Tuttavia, come osserva il Deganello, questo
processo di diffusione del nuovo modello
ospedaliero procede con lentezza indubbiamente a causa dell’arretratezza sociale, economica e anche politica del nostro Paese
impiegando, per realizzarsi compitamente
su scala nazionale, quasi cinquant’anni con
l’istituzione delle Scuole Convitto per infermiere professionali.
Il materiale storico di documentazione del presente articolo è stato tratto dalla tesi di laurea di Alessandra Capone a titolo “La nascita del nuovo modello ospedaliero a fine Ottocento: il primato torinese nella formazione professionale degli infermieri”, Torino , aprile 2006
Statistica sanitaria e amministrativa degli ospitali, da fonti ufficiali”. Deganello,
Umberto, Bologna,: Tip. Garagnani, 1906.
15 Direzione Generale della statistica smministrativa degli ospedali. Roma 1892. pag. XXIII-370.