regime tributario delle attività di raccolta scommesse on line da

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REGIME TRIBUTARIO DELLE ATTIVITÀ DI RACCOLTA SCOMMESSE ON LIN E
DA PARTE DI BOOKMAKER STRANIERI
Sommario: 1. Introduzione: la diffusione dei bookmaker stranieri – 2. Trattamento fiscale ai fini IRES –
3. Trattamento fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto – 4. Trattamento fiscale ai fini dell’
imposta unica sui giochi e sulle scommesse – 5. La tassazione in Paesi a “fiscalità privilegiata”: il caso di
Malta – 6. Possibile “esterovestizione” dei bookmaker: individuazione e metodologie di accertamento –
7. Gli effetti del controllo e le conseguenze in ambito penale.
1. INTRODUZIONE: LA DIFFUSIONE DEI BOOKMAKER STRANIERI
La diffusione di nuove tecnologie informatiche e di strumenti di pagamento elettronico ha
favorito la nascita di case da gioco “virtuali”, creando nuove possibilità e facilitazioni nell’ambito
dell’attività di raccolta scommesse e lotterie.
Tali maggiori opportunità sono derivate soprattutto dal diffondersi dell’e–commerce, che consente
di effettuare transazioni prescindendo dai confini geografici degli Stati e sfruttando le ampie possibilità
fornite dalla rete web. Lo sviluppo di tali attività ha messo in seria difficoltà i singoli Paesi dell'Unione
europea nei quali, per scelte di carattere sociale o di politica fiscale, il settore dei giochi era e risulta
tuttora soggetto a specifiche restrizioni1.
La nascita delle case da gioco on-line ha fatto sorgere anche le prime problematiche circa il giusto
trattamento fiscale da riservare alle transazioni da esse effettuate, soprattutto quando queste si
realizzavano a cavallo tra diversi Paesi; al fine di dirimere i dubbi emergenti dall’applicazione delle
disposizioni nazionali e di armonizzare le medesime in via definitiva, la Commissione UE ha emanato
una specifica Direttiva che ha interessato, più in generale, le operazioni effettuate nell’ambito delle
attività di e-commerce e che, pertanto, risulta applicabile in astratto anche alle transazioni realizzate da
bookmaker esteri nel territorio della Comunità2.
La previsione di disposizioni ad hoc tese ad armonizzare il trattamento fiscale di tali attività non
ha tuttavia risolto la problematica di fondo che riguarda il settore dei giochi, scommesse e lotterie che,
alla luce delle sue peculiarità, in Italia risulta soggetto a specifiche disposizioni relative alla concessione
delle previste autorizzazioni ed alla tassazione delle scommesse medesime.
Il mancato raccordo tra le disposizioni comunitarie, orientate alla liberalizzazione di tali servizi3
e la normativa nazionale, che disciplina il settore de quo con una legislazione mirata, limitando l’accesso
V. B. Roffi, Lotterie con poco mercato, in Il Sole 24 ore del 9 maggio 2005, p. 9. Spesso gli Stati non hanno provveduto a
liberalizzare il mercato delle scommesse, in modo da proteggerlo dalla criminalità e di evitare il dilagarne incontrollato a
scapito degli utenti. Tuttavia, in ambito comunitario, la Direttiva europea comunemente conosciuta come Bolkestein ha come
obiettivo la liberalizzazione nel Mercato unico di tutti i servizi, tra cui proprio quello delle scommesse.
2 Ai sensi della dir. (CE) n. 77/388/CEE, come modificata dalla dir. (CE) n. 2002/38/CEE, la raccolta di scommesse rientra
tra i servizi forniti tramite mezzi elettronici, elencati nell’ “allegato L”, come segue:
“1. Fornitura di siti web e web-hosting, gestione a distanza di programmi e attrezzature.
2. Fornitura di software e relativo aggiornamento.
3. Fornitura di immagini, testi e informazioni e messa a disposizione di basi di dati.
4. Fornitura di musica, film, giochi, compresi i giochi di sorte o d'azzardo, programmi o manifestazioni politici, culturali,
artistici, sportivi, scientifici o di intrattenimento.
5. Fornitura di prestazioni di insegnamento a distanza”.
3 Tale orientamento risulta peraltro confermato dalla Corte di Giustizia Europea, che si è da ultimo espressa in data 6
novembre 2003, pronunciandosi sul caso Gambelli (C-243/01); in quella sede, il giudice europeo ha indicato alcuni principi
che dovevano essere recepiti successivamente dal giudice nazionale. La Corte europea, infatti, pur demandando alla
magistratura interna il compito di verificare se la normativa in questione potesse ritenersi conforme ai principi comunitari,
ha senza equivoco affermato che “una normativa nazionale contenente divieti – penalmente sanzionati – di svolgere attività
di raccolta, accettazione, prenotazioni e trasmissione di proposte di scommessa, relative in particolare, a eventi sportivi, in
assenza di concessione o autorizzazione rilasciata dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libertà di
stabilimento e alla libera prestazione dei servizi previste, rispettivamente, agli artt. 43 e 49 tratt. CE (Cee)”.
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al mercato ai soli operatori autorizzati e prevedendo norme tributarie specifiche per le transazioni
effettuate dai soggetti titolari di concessione, sta creando una notevole incertezza, che potrà essere
superata solo in seguito ad un intervento definitivo, concertato in ambito comunitario.
Tornando al trattamento fiscale dell’attività posta in essere dai bookmaker stranieri, giova
ricordare che il D.lgs. 23 dicembre 1998 n. 504, in attuazione della L. delega 3 agosto 1998 n. 288 ha
ridisciplinato l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, prevedendo metodologie di
determinazione della base imponibile, diverse aliquote d’imposta e un sistema sanzionatorio ad hoc.
La previsione di un imposta specifica non esclude, tuttavia, l’applicazione della normativa
generale prevista per gli esercenti attività d'impresa ai fini delle imposte sui redditi ed IVA4.
2. TRATTAMENTO FISCALE AI FINI IRES
La problematica principale da affrontare in materia di imposte sui redditi è rappresentata
dall’individuazione del Paese di residenza del bookmaker virtuale, in considerazione della immaterialità
delle operazioni di raccolta scommesse da questo effettuate in ambito internazionale.
Di solito, tali società vengono domiciliate in Paesi a fiscalità privilegiata, alla luce dei notevoli
benefici ad esse garantite, specie in relazione al rapido ottenimento delle necessarie autorizzazioni.
Considerando che tali operazioni solitamente si snodano attraverso più ordinamenti, sfruttando
la ramificazione della rete web, occorre altresì verificare la possibilità di coordinare le diverse legislazioni
fiscali coinvolte, applicando le Convenzioni contro le doppie imposizioni, specie laddove la casa da
gioco virtuale, che accetta scommesse in Italia tramite un sito Internet, sia dotata di una stabile
organizzazione nel territorio dello Stato5.
In linea generale si ritiene che tali società, rientranti tra le imprese operanti secondo le regole del
commercio elettronico, richiamate dal Commentario all’art. 5 della Convenzione Modello OCSE, a
prescindere dalla loro residenza ai fini fiscali, abbiano una stabile organizzazione nel Paese in cui sia
stato installato un server capace di gestire le funzioni commerciali “chiave” di tali imprese, fungendo da
base fissa d’affari per la raccolta delle scommesse on line. Il server utilizzato deve svolgere la sua attività
per un periodo di tempo sufficiente a ravvisare l'esistenza della stabile organizzazione.
Di contro, un Internet service provider6, che si occupa della gestione del sito web o il cosidetto web –
hosting7 non rappresentano, di per sé, stabili organizzazioni a meno che tali servizi non vengano resi da
un agente dipendente dall’impresa, che opera in nome e per conto della medesima8.
Pertanto, laddove il bookmaker estero utilizzi un server installato sul territorio dello Stato per la
raccolta e la gestione delle transazioni ivi effettuate, i proventi derivanti dalle medesime saranno tassati
in Italia nel rispetto della normativa IRES, anche se la società risulta residente in uno Stato estero.
In tal senso, v. V. Suppa, Indagine conoscitiva sul settore dei giochi e delle scommesse, in Riv. Guardia di finanza, n. 4 del 2002, pp.
1651 e ss..
5 L’art. 162 TUIR novellato definisce il concetto di stabile organizzazione come “sede fissa d’affari per mezzo della quale
un’impresa non residente esercita in tutto in parte la sua attività sul territorio dello Stato”. In materia di tassazione delle
attività di e-commerce, tra cui rientra la raccolta di scommesse tramite canali telematici, il comma quinto specifica che non
sussiste una stabile organizzazione quando “le apparecchiature elettroniche utilizzate servono unicamente per la raccolta e la
trasmissione di dati ed informazioni finalizzate alla vendita di beni e servizi”.
6 L’internet service provider (ISP) è il soggetto economico fornitore di servizi che, oltre a permettere l'accesso in internet,
può garantire anche servizi accessori quali la gestione delle transazioni commerciali in un ambiente sicuro. Solitamente, gli
ISP non individuano una stabile organizzazione, in quanto risultano normalmente agenti indipendenti delle imprese ospitate,
non essendo autorizzati a concludere contratti a nome delle medesime.
7 Tale attività consiste nella fornitura all’impresa ospitata dello spazio necessario su un disco fisso di proprietà della società di
hosting. L’OCSE ha escluso che sussista un contratto di locazione, considerata l'immaterialità del contesto, trattandosi di
prestazione di servizi e non ravvisandosi, pertanto, l'esistenza di una sede fissa d’affari dell'impresa cliente.
8 Per un approfondimento in materia di tassazione dei redditi provenienti da attività di e-commerce v., ex pluribus, E. Fusa – G.
D’Alfonso, Pianificazione fiscale internazionale, ETI – Il Fisco, 2004, pp. 38 e ss..
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3. TRATTAMENTO FISCALE AI FINI DELL ’IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
Le transazioni effettuate dalle case da gioco on-line sono qualificabili come prestazioni di servizi
rese tramite mezzi elettronici9, per le quali assumono particolare rilievo le disposizioni che disciplinano
la “territorialità” delle operazioni - contenute nell’art. 7, lettera d) e ss., D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 alla luce delle recenti modifiche normative apportate in materia dalla dir. (CE) n. 2002/38/CEE10,
finalizzate a garantire che i servizi prestati a titolo oneroso tramite mezzi elettronici siano soggetti ad
imposizione nella Comunità, laddove siano prestati ed utilizzati da consumatori ivi stabiliti.
Al pari di tutti gli operatori che forniscono servizi tramite mezzi elettronici e che non sono
stabiliti nel territorio dello Stato, alle case da gioco on line si applica un regime di tassazione particolare
previsto dalla menzionata direttiva CEE.
I giochi di sorte o d’azzardo organizzati da soggetti non residenti nei confronti di committenti
non soggetti passivi IVA comportano l'emissione di documenti fiscali da parte del prestatore (il
bookmaker), che risulta obbligato alla nomina di un rappresentante fiscale o all'identificazione diretta ai
fini IVA ai sensi dell’art. 35-ter D.P.R. n. 633 del 197211.
L’art. 7, comma 4, lettera d) D.P.R. n. 633 del 1972 specifica in linea generale che le prestazioni
di servizi rese tramite mezzi elettronici si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono
rese a soggetti domiciliati nel territorio stesso o a soggetti ivi residenti che non hanno stabilito il
domicilio all'estero e quando sono rese a stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati o residenti
all'estero, a meno che non siano utilizzate fuori dalla Comunità economica europea. Ai fini della
determinazione della rilevanza IVA delle transazioni de quibus, quindi, vige il criterio della residenza del
committente – scommettitore, per cui saranno imponibili nel territorio dello Stato le scommesse
effettuate da soggetti italiani.
La successiva lettera f – ter) specifica ulteriormente che tali servizi, se resi da soggetti domiciliati
o residenti fuori della Comunità a committenti non soggetti passivi d'imposta nello Stato, si considerano
ivi effettuate. Pertanto, laddove la casa da gioco sia stabilita in un Paese terzo, si applica un regime
speciale di tassazione IVA, peraltro ulteriormente specificato dall’art. 74-quinquies D.P.R. n. 633 del
1972, introdotto in seguito al recepimento della dir. (CE) n. 2002/38/CEE mediante D.lgs. 1 agosto
2003 n. 273, per cui le transazioni dovranno essere tassate nel Paese del committente - ossia del privato
Premesso che per servizi si intendono le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, le scommesse organizzate in
un altro Stato membro, ancorché aventi ad oggetto eventi sportivi organizzati in Italia, rientrano nella definizione di servizi;
allo stesso modo sono servizi quelli che un prestatore offre telefonicamente o telematicamente a potenziali destinatari
stabiliti in altri Stati membri senza spostarsi dallo Stato membro originario nel quale è stabilito. Si rammenta, a tal proposito,
quanto disposto in linea generale dall’art. 7, comma 3, per le prestazioni di servizi: “Le prestazioni di servizi si considerano
effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese da soggetti che hanno il domicilio nel territorio stesso o da soggetti ivi
residenti che non abbiano stabilito il domicilio all'estero, nonché quando sono rese da stabili organizzazioni in Italia di
soggetti domiciliati e residenti all'estero; non si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese da stabili
organizzazioni all'estero di soggetti domiciliati o residenti in Italia. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche, agli effetti del
presente articolo, si considera domicilio il luogo in cui si trova la sede legale e residenza quello in cui si trova la sede
effettiva”.
10 Tale direttiva ha modificato ed integrato la precedente dir. (CE) n. 77/388/CEE.
11 L’art. 35-ter, comma 1, prevede che i soggetti non residenti (persone fisiche e non) nel territorio dello Stato che, ai sensi
dell’art. 17, comma 2, D.P.R. n. 633 del 1972, intendono assolvere direttamente gli obblighi (contabili, documentali, ecc.) ed
esercitare i diritti in materia di imposta sul valore aggiunto (cedere prodotti, fornire servizi ed effettuare acquisti in Italia)
devono farne richiesta all’ufficio IVA competente prima dell’effettuazione delle operazioni di acquisto o di vendita. La
norma prevede che “possono avvalersi dell’identificazione diretta ... i soggetti non residenti, che esercitano attività di
impresa, arte o professione in altro Stato membro della Comunità europea o in un Paese terzo con il quale esistano
strumenti giuridici che disciplinano la reciproca assistenza in materia di imposizione indiretta”, analogamente a quanto
previsto dalle dir. cons. (CE) 15 marzo 1976 n. 76/308/CEE e 19 dicembre 1977 n. 77/799/CEE e dal regol. cons. (CE) 27
gennaio 1992 n. 218” (comma 5 dell’art. 35-ter); quindi, per gli operatori residenti nei venticinque Paesi membri, il predetto
sistema è già operativo. L’identificazione diretta si richiede mediante la presentazione del Modello ANR/1 da parte dei
soggetti non residenti che esercitano attività d’impresa, arte o professione in uno Stato membro della Comunità europea o in
un Paese terzo con il quale – come accennato - esistono strumenti giuridici che disciplinano la reciproca assistenza in
materia di imposizione indiretta secondo quanto previsto dalle dir. cons. (CE) 15 marzo 1976 n. 76/308/CEE e 19
dicembre 1977 n. 77/799/CEE e dal regol. cons. (CE) 27 gennaio 1992 n. 218.
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consumatore che effettua la scommessa tramite canali telematici - applicando l’aliquota standard di
quest’ultimo ed assumendo obbligatoriamente una domiciliazione IVA in uno Stato membro 12.
Sembra applicabile un criterio differente laddove la casa da gioco non sia residente in un Paese
terzo, bensì in uno Stato membro differente da quello di residenza del committente. Dal tenore della
norma contenuta nella lettera e), infatti, si rileva che se il committente è un soggetto domiciliato o
residente in un altro Stato membro della Comunità economica europea, le operazioni si considerano
effettuate nello Stato di residenza del prestatore quando il destinatario non è soggetto passivo
dell'imposta nello Stato in cui ha il domicilio o la residenza13.
In conclusione, l’attività di raccolta scommesse attraverso mezzi elettronici risulta imponibile ai
fini IVA se effettuata sul territorio dello Stato da parte di bookmaker residenti in Paesi terzi, che sono
chiamati ad adempiere a tutti gli oneri indicati nel D.P.R. n. 633 del 1972 in materia di dichiarazioni e
versamento dell’imposta. Non sono imponibili, invece, le transazioni effettuate in Italia se il bookmaker
risiede in un altro Paese membro della Comunità economica europea.
4. TRATTAMENTO FISCALE AI FINI DELL ’ IMPOSTA UNICA SUI GIOCHI E SULLE SCOMMESSE
Come sopra accennato, il D.lgs. n. 504 del 1998 ha riordinato l’imposta unica sui concorsi
pronostici e sulle scommesse, che si applica ai giochi relativi a qualunque evento, anche se svolto
all'estero, nel rispetto delle disposizioni contenute nell'art. 24, comma 27, L. 27 dicembre 1997 n. 44914,
e nell'art. 88 TULPS approvato con R.D. 18 giugno 1931 n. 77315.
La base imponibile dell'imposta unica sui giochi e sulle scommesse è costituita, per i concorsi
pronostici, dall'ammontare corrisposto dal concorrente, al netto dei diritti fissi e dei compensi dei
ricevitori, mentre, per le scommesse, corrisponde all'intera somma giocata, ai sensi dell’art. 2 D.lgs. n.
504 del 1998.
Il successivo art. 3 individua i soggetti passivi dell'imposta unica in coloro i quali gestiscono,
anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse.
Le aliquote d’imposta sono comprese in un range che varia dal 20,20 per cento al 26,80 per
cento, a seconda del tipo di scommessa o pronostico.
Tuttavia, come è stato peraltro già rilevato in dottrina, l'art.1 D.lgs. n. 504 del 1998 individua i
soggetti passivi d'imposta in coloro che siano provvisti della licenza di P.S., per cui le vigenti
L’art. 74-quinquies reca “disposizioni per i servizi resi tramite i mezzi elettronici da soggetti domiciliati o residenti fuori
della Comunità a committenti comunitari non soggetti passivi d'imposta”. Al comma 1 si prevede che “i soggetti domiciliati
o residenti fuori della Comunità, non identificati in àmbito comunitario, possono identificarsi nel territorio dello Stato, con
le modalità previste dal presente articolo, per l'assolvimento degli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto
relativamente ai servizi resi tramite mezzi elettronici a committenti non soggetti passivi d'imposta domiciliati o residenti in
Italia o in altro Stato membro. A tale fine presentano, prima dell'effettuazione delle operazioni, apposita dichiarazione
all'ufficio competente, da individuarsi con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, il quale è tenuto a
notificare al soggetto richiedente il numero di identificazione attribuito, nonché il conto bancario su cui effettuare il
versamento dell'imposta”. Si rammenta che, ai sensi del successivo comma 11, “i soggetti che applicano il regime speciale
non possono detrarre dall'imposta eventualmente dovuta quella relativa agli acquisti di beni e servizi ed alle importazioni di
beni effettuati nel territorio dello Stato, fermo restando il diritto al recupero dell'imposta mediante richiesta di rimborso da
presentare ai sensi dell'art. 38-ter D.P.R. n. 633 del 1972.
13 Sembra opportuno richiamare quanto disposto dal comma 4, lettera e) dell’art. 7: “Le prestazioni di servizi e le operazioni
di cui alla lettera precedente (tra cui sono comprese le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici) rese a soggetti
domiciliati o residenti in altri Stati membri della Comunità economica europea, si considerano effettuate nel territorio dello
Stato quando il destinatario non è soggetto passivo dell'imposta dello Stato in cui ha il domicilio o la residenza”. Pertanto, se
sono tassate in Italia le prestazioni fornite da soggetto italiano nei confronti di un committente residente in un altro Paese
membro non soggetto passivo IVA, parimenti dovranno essere considerate imponibili nel Paese membro del prestatore le
operazioni da questi rese nei confronti di un committente italiano che non risulta soggetto passivo ai fini IVA.
14 All’epoca il legislatore aveva specificato che “l'accettazione di scommesse organizzate è consentita esclusivamente nei
luoghi e per il tramite dei soggetti stabiliti con legge o con regolamento”.
15 L'art. 88 TULPS, recentemente modificando dall'art. 37 della Finanziaria 2001, stabilisce che: "la licenza per l'esercizio
delle scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o di altri enti
ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal
concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione".
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disposizioni si applicano unicamente ai soggetti legalmente abilitati in Italia alla raccolta delle
scommesse, rimanendo esclusi gli operatori non autorizzati. Tale ingiustificata esclusione, oltre a falsare
la concorrenza a danno degli operatori nazionali autorizzati, ha comportato finora notevoli danni per
l’Erario nazionale, per cui, in sede di riordino della normativa de qua, occorrerebbe collegare
l’applicazione dell'imposta unica sui giochi e sui concorsi pronostici all'esercizio della raccolta di
scommesse, prescindendo dalla qualificazione soggettiva dell'operatore16.
5. LA TASSAZIONE IN PAESI A “FISCALITÀ PRIVILEGIATA”: IL CASO DI MALTA
I Governi di diversi Stati, intuendo le opportunità derivanti dalla domiciliazione delle case da
gioco virtuali, che generano elevati profitti esercitando la loro attività prevalentemente in Paesi esteri,
già da diversi anni hanno provveduto a disciplinare la materia, consentendo la registrazione di imprese
alle quali sono state attribuite licenze per effettuare dal loro territorio attività di raccolta scommesse
attraverso i canali informatici.
Sovente, l'attività di queste imprese non è soggetta nei Paesi de quibus al pagamento di oneri
specifici per il rilascio della licenza, mentre transazioni effettuate ed i proventi generati vengono tassati
con aliquote altamente concorrenziali.
Ciò lascia facilmente intuire la convenienza derivante dalla domiciliazione di una casa da gioco
virtuale in una giurisdizione in cui non siano previsti oneri autorizzativi simili a quelli richiesti in Italia e
non vengano applicate imposte ad hoc sui giochi e le scommesse.
Si pensi al caso di Malta, dove il governo locale, intuendo le opportunità derivanti dalla
domiciliazione di tali società, già dal 2000 ha provveduto a disciplinare la materia, consentendo la
registrazione nel territorio dell’isola di imprese alle quali sono state attribuite licenze per effettuare dal
territorio dell'ex colonia britannica attività di raccolta scommesse on line.
Pertanto, il Direttore del Pubblico Lotto maltese è stato incaricato di rilasciare licenze per
operare in questo settore a soggetti aventi “i necessari requisiti per dirigere con successo uffici di
raccolta scommesse”; le licenze hanno una durata minima di cinque anni e possono essere estese ai
successivi cinque.
L'attività di queste imprese non è soggetta al pagamento di tasse in sede di istruttoria o per il
rilascio della licenza; risultano, unicamente, tassabili, con un'aliquota dello 0,5 per cento, le transazioni
effettuate nell'esercizio dell'attività d'impresa. Inoltre, i redditi generati vengono tassati con la medesima
aliquota prevista per le International Trading Companies, ossia il 4,17 per cento17.
Alla luce di tali interventi agevolativi, numerose case da gioco virtuali, precedentemente
domiciliate nel Regno Unito, si sono trasferite sul territorio maltese al fine sfruttare un regime fiscale
particolarmente vantaggioso, peraltro ottenendo le prescritte licenze in tempi ristretti e senza oneri
aggiuntivi.
6.
POSSIBILE
“ESTEROVESTIZIONE ”
DEI
BOOKMAKER:
INDIVIDUAZIONE
E
METODOLOGIE DI ACCERTAMENTO
La domiciliazione delle case da gioco on line in paradisi societari o fiscali può celare sofisticati
fenomeni di esterovestizione di soggetti economici nazionali, finalizzati ad ostacolare l’eventuale attività
di accertamento dei deputati organi di controllo ed a garantirsi un consistente risparmio fiscale,
considerando che gli utili conseguiti all’estero potrebbero rientrare in Italia sotto forma di dividendi,
esentati, in capo al perciepiente, nella misura massima prevista del 95 per cento, ove provenienti da un
altro Paese UE, ex art. 96-bis TUIR.
Cfr. V. Suppa, Indagine conoscitiva sul settore dei giochi e delle scommesse, in Riv. Guardia di finanza, n. 4 del 2002, pp. 1651 e ss..
Tali imprese – solitamente denominate in ambito internazionale con l’acronimo ITC – devono essere totalmente
possedute da soggetti non residenti ed hanno come oggetto sociale l’esercizio di attività commerciali con persone fisiche o
giuridiche parimenti domiciliate fuori dal territorio maltese.
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Tra le motivazioni che spingono alla possibile esterovestizione di un soggetto economico
nazionale, si ravvisa certamente la convenienza fiscale offerta da tali ordinamenti, non disgiunta da
particolari regole di riservatezza e di tutela del segreto bancario. Si pensi, ad esempio, alla possibilità di
far coincidere la sede (formale) del soggetto esterovestito con quella della società di domiciliazione che
garantisce il recapito ed i vari adempimenti formali contemplati dalla normativa locale.
È chiaro che nelle ipotesi di esterovestizione, i vantaggi derivano soprattutto da un livello di
tassazione dei redditi d’impresa nel Paese estero sensibilmente minore rispetto a quello italiano.
Tuttavia, la scelta di tali giurisdizioni per la domiciliazione delle case da gioco deriva anche dalla facilità
con cui si ottiene la licenza di esercizio, gli scarsi oneri aggiuntivi e la pressoché nulla attività di
controllo da parte dei locali organi di accertamento.
Ciononostante, alla possibile domiciliazione formale del bookmaker esterovestito potrebbe non
corrispondere l’effettivo esercizio dell’attività direttiva e gestionale dalla sede ivi ubicata, laddove il
Paese medesimo non offra infrastrutture o personale necessario per la corretta gestione dell’attività di
raccolta delle scommesse.
L’attività di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria nazionale, finalizzata a
dimostrare la mancanza di “sostanza” decisionale in capo alla società fittiziamente domiciliata all’estero,
deve essere orientata a provare:
1. l’inconsistenza della struttura organizzativa della società estera, che si serve di un operatore
terzo, riconducibile ai medesimi soggetti, per lo svolgimento della sua attività commerciale;
2. la scarsa autonomia decisionale di cui gode la società esterovestita nella definizione delle
politiche di mercato;
3. il possibile apporto determinante di risorse da parte della controllante italiana
all’adempimento degli obblighi contabili e fiscali propri della società estera e connessi alla sua attività.
La proprietà della casa da gioco off – shore potrebbe essere ricondotta ad una società di capitali
residente sul territorio dello Stato, che cura anche l’amministrazione del soggetto esterovestito, pur
risultante fittiziamente in capo a soggetti stranieri - sovente appartenenti alle società di domiciliazione –
che di fatto rivestono soltanto un ruolo simbolico18.
L’attività di controllo in questo settore dovrebbe essere finalizzata, pertanto, ad acquisire
sufficienti elementi di prova, idonei a dare rilevanza all’aspetto sostanziale dell’effettiva residenza della
società, come luogo in cui si trova la sua “sede dell’amministrazione” o il suo “oggetto principale”.
Difatti, come ribadito in più occasioni dalla Cassazione19, le risultanze degli atti ufficiali (statuto
o atto costitutivo) hanno solo valore di presunzione semplice, in quanto tali superabili “…con ogni mezzo
di prova…” ai fini dell’individuazione della “sede effettiva” di una società o di un ente.
L’azione investigativa nei confronti delle case da gioco esterovestite deve essere in primis
orientata all’individuazione di possibili collegamenti della società con soggetti residenti nel territorio
dello Stato, nelle cui sedi sia possibile rinvenire documentazione, il più delle volte di natura
extracontabile, riguardante i rapporti con il soggetto esterovestito, al fine di acquisire elementi probatori
idonei a dimostrare che questa sia stata amministrata dall’Italia per la maggior parte del periodo di
imposta, o abbia ivi svolto l’”oggetto principale” dell’attività di raccolta scommesse.
Sarà, altresì, determinante acquisire tutti gli elementi necessari per la determinazione del reddito
della società “esterovestita” in quanto, trattandosi presumibilmente di un “evasore totale”, non sempre
è agevole o possibile acquisire i dati contabili e di bilancio necessari per la ricostruzione dei suoi
elementi reddituali, per cui può essere necessario procedere ad una ricostruzione “indiretta” di tali
redditi.
Per l’acquisizione di tali elementi non si può prescindere dall’individuazione dei luoghi e dei
soggetti presso i quali si svolge l’attività in Italia dei bookmaker esteri, nonché le persone che, in
rappresentanza degli stessi, agiscono nel nostro Paese. Il rinvenimento di documentazione riferibile
L’attività di accertamento mirata a verificare l’effettiva residenza fiscale del soggetto esterovestito, avente sede legale
all’estero, ma con centri di direzione ed amministrazione situati in Italia, deve essere tesa a dimostrare l’esistenza di una
situazione reale diversa da quella apparente, creata mediante la fittizia localizzazione della società al di fuori dei confini
nazionali.
19 Cass. 24 marzo 1983 n. 2070, 5 febbraio 1985 n. 791 e 22 luglio 1995 n. 8040.
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anche alla presunta società esterovestita in locali risultanti nella disponibilità di un altro soggetto
economico può costituire un elemento sintomatico di esterovestizione. Qualora l’effettiva direzione
dell’attività operativa “quotidiana” del bookmaker estero sia riconducibile a soggetti nazionali, oltre alla
documentazione “ufficiale” può essere rinvenuta ed acquisita anche la corrispondenza interna tra i vari
soggetti interessati alla gestione societaria e quant’altro sia necessario per la medesima attività gestoria,
tra cui, quella fra il soggetto estero presso il quale è domiciliata la società esterovestita e coloro che,
dall’Italia, l’amministrano. Tali elementi di natura extracontabile risultano determinanti per dimostrare
che la società esterovestita ha la sua sede effettiva in Italia, posto che ciò presuppone la direzione
dall’Italia delle pertinenti operazioni di gestione e amministrazione sociale20.
Al fine di individuare il luogo in cui è situato l’oggetto principale della società, si riveleranno
maggiormente utili le indicazioni desumibili dalla documentazione contabile eventualmente acquisita,
rendendosi necessaria l’analisi dei ricavi generati dall’ordinaria gestione sociale, per rilevare se l’attività di
raccolta scommesse sia localizzata principalmente nel nostro Paese, nonché delle spese di pubblicità
sostenute, che consentono di individuare rapidamente i mercati di riferimento.
7. GLI EFFETTI DEL CONTROLLO E LE CONSEGUENZE IN AMBITO PENALE
Laddove venga riscontrata l’effettiva esterovestizione del bookmaker straniero, probabilmente
seguirà la constatazione del mancato adempimento agli obblighi fiscali previsti dalla disciplina tributaria
italiana.
Occorre precisare che, ai fini IRES, ai sensi dell’art. 73, comma 3 TUIR 21, oltre ai soggetti
italiani, si considerano fiscalmente residenti in Italia tutti i soggetti esterovestiti - con sede
dell’amministrazione o oggetto principale dell’attività nel territorio dello Stato - per cui si considerano estesi i
poteri impositivi dello Stato italiano nei confronti di un soggetto formalmente estero. Tale potestà
risulta potenzialmente foriera di questioni di sovrapposizione con il potere impositivo di altri Stati, per
cui può accadere che il soggetto esterovestito venga considerato fiscalmente residente in due Paesi
diversi.
Pertanto, in ipotesi di esterovestizione, i bookmaker stranieri sono assoggettati a tutti gli
obblighi imposti dalla normativa tributaria interna alle persone giuridiche residenti, tra cui quelli di
presentazione della dichiarazione dei redditi ed IVA, ai sensi, rispettivamente, dell’art. 1 D.P.R. 29
settembre 1973 n. 60022, e dell’art. 28 D.P.R. n. 633 del 1972, per cui verranno considerati evasori totali
laddove non abbiano presentato in Italia alcuna dichiarazione. In questi casi l’Amministrazione
finanziaria procede all'accertamento d'ufficio secondo le modalità indicate, rispettivamente, dall’art. 41
D.P.R. n. 600 del 1973, in materia di imposte sui redditi23, e dall’art. 55 D.P.R. n. 633 del 1972, in
materia di IVA24.
Tra la documentazione contabile ed extracontabile che potrebbe essere rinvenuta in sede di controllo, si menzionano:
documentazione fiscale relativa ad operazioni effettuate dalla società estera, subordinate all’approvazione degli
amministratori italiani, prima del pagamento; contratti dai quali risulti che l’assunzione delle obbligazioni sociali discende
dall’attività compiuta in Italia; documenti dai quali si evincano le potestà direttive degli amministratori di fatto, che
impartiscono direttive in merito al compimento di atti di gestione o autorizzano l’effettuazione di movimentazioni
finanziarie o bancarie.
21 L’art. 73 (ex art. 87), comma 3 del rinnovato TUIR prevede che “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le
società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o
l'oggetto principale nel territorio dello Stato”.
22 In base all’art. 1 D.P.R. n. 600 del 1973 “(omissis)…ogni soggetto passivo deve dichiarare annualmente i redditi posseduti
anche se non ne consegue alcun debito d’imposta. I soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili, di cui al successivo
art. 13, devono presentare la dichiarazione anche in mancanza di redditi…(omissis)”.
23 Ai sensi dell’art. 41 D.P.R. n. 600 del 1973, “gli uffici delle imposte procedono all’accertamento d’ufficio nei casi di
omessa presentazione della dichiarazione…(omissis).
Nelle ipotesi di cui al precedente comma l’ufficio determina il reddito complessivo del contribuente…(omissis)…sulla base
dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di avvalersi anche di presunzioni prive dei
requisiti di cui al terzo comma dell’art. 38 e di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze della dichiarazione, se
presentata, e dalle eventuali scritture contabili del contribuente ancorché regolarmente tenute…(omissis)”.
24 L’art. 55 D.P.R. n. 633 del 1972 prevede che “se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale, l’Ufficio
dell’imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso all’accertamento dell’imposta dovuta indipendentemente dalla
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Non è preclusa, altresì, la possibilità di contestare il mancato pagamento dell’imposta unica sui
giochi e sulle scommesse e l'applicazione a delle relative sanzioni, previste dall’art. 5 D.lgs. n. 504 del
199825. Tuttavia, i limiti di applicabilità dell’imposta alle transazioni poste in essere dai soli operatori
autorizzati sembra escludere aprioristicamente tale eventualità.
L’omessa presentazione delle dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi ed IVA da parte del
bookmaker esterovestito non esclude conseguenze in ambito penale tributario, con la possibile
configurazione del delitto di cui all’art. 5 D.lgs. 10 marzo 2000 n. 74, il quale prevede che “è punito con
la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto,
non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando
l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a lire centocinquanta
milioni”26. Tale fattispecie si configura come un reato di danno, derivante dall’evasione effettiva di lire
150 milioni, per cui la consumazione del medesimo comporta una tangibile lesione degli interessi
dell’Erario.
Nelle ipotesi in cui il bookmaker straniero abbia presentato le dichiarazioni IRES ed IVA in
relazione alle attività poste in essere in Italia, occorre comunque verificare la possibile integrazione della
condotta di cui all’art. 4 del cit. D.lgs. n. 74 del 2000, che sanziona le fattispecie di dichiarazione
infedele.
Infine, occorre ricordare che, oltre alla configurabilità delle condotte descritte dal D.lgs. n. 74
del 2000 ed a prescindere dalla perpetrazione di condotte evasive, il legislatore ha previsto disposizioni
specifiche per reprimere l’esercizio abusivo dell'attività di bookmaking, dettate dalla necessità di regolare
un settore - quello dei giochi, delle lotterie e delle scommesse in qualunque modo raccolte – di
particolare interesse sia a fini di sicurezza che di gettito; nonostante il recente pronunciamento della
Corte di Giustizia Europea, risulta ancora vigente la norma che prevede “la reclusione da sei mesi a tre
anni in caso di organizzazione abusiva di scommesse o concorsi pronostici che la legge riserva allo
Stato, ovvero su attività sportive gestite dal CONI, dalle organizzazioni da esso dipendenti o
dall'UNIRE”. La sanzione è invece pari all'arresto da 3 mesi ad 1 anno ed all'ammenda non inferiore a
lire 1.000.000, se le scommesse od i concorsi riguardano “altre competizioni di persone o animali e
giochi di abilità”, ai sensi dell’art. 4, comma 1 L. 13 dicembre 1989 n. 401.
Il successivo comma 2, inoltre, prevede un’autonoma fattispecie di reato per chi, “fuori dei casi
di concorso in uno dei reati previsti dall’art. 4, comma 1 L. 409 del 1989, in qualsiasi modo “dà
pubblicità” all’esercizio del giuoco del lotto o di scommesse o di concorsi pronostici che la legge riserva
allo Stato o ad altro ente concessionario, tra cui rientra l'organizzazione di pubbliche scommesse su
altre competizioni di persone o animali e “giuochi di abilità”. È inoltre espressamente previsto che “la
stessa sanzione si applica a chiunque, in qualsiasi modo, dà pubblicità in Italia a giochi, scommesse e
lotterie, da chiunque accettate all'estero”. Tali ultime precisazioni, apportate alla L. n. 401 del 1989 con
l’entrata in vigore della L. 14 maggio 2005 n. 80 di conversione del D.L. sulla competitività 14 marzo
2005 n. 35, confermano la rinnovata attenzione del legislatore nello specifico settore. Le precisazioni
inserite nella previgente L. n. 401 del 1989 sembrerebbero confermare la necessità di reprimere il
dilagante fenomeno della raccolta scommesse da parte di bookmaker attraverso siti web, non autorizzati
nel nostro Paese e gestiti da società off – shore residenti in Paesi a fiscalità privilegiata.
previa ispezione della contabilità. In tal caso l’ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile sono determinati
induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’Ufficio e sono computati in
detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell’art. 19, risultanti
dalle liquidazioni prescritte dagli artt. 27 e 33…(omissis)”.
25 L’art. 5 prevede che, “nell'ipotesi di omesso, insufficiente o ritardato pagamento dell'imposta è dovuta una sanzione
amministrativa pari al 30 per cento degli importi non pagati nel termine prescritto.
Chi non presenta o presenta con indicazioni inesatte la dichiarazione d'inizio di attività è soggetto alla sanzione
amministrativa da lire trecentomila a lire seicentomila.
Si applicano le disposizioni in materia di sanzioni amministrative tributarie recate dal D.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472”.
26 Diversa era la formulazione del previgente art. 1 D.L. 10 luglio 1982 n. 429, convertito dalla L. 7 agosto 1982 n. 516, il
quale si differenziava dal citato art. 5, sostanzialmente: per il fatto di configurarsi come un reato di tipo contravvenzionale, in
cui, pertanto, l’elemento soggettivo spaziava dalla colpa al dolo; per il fatto di prevedere una soglia di punibilità, pari a cento
milioni di lire, riferita non all’imposta evasa, ma all’ammontare dei redditi fondiari, corrispettivi, ricavi, compensi o altri
proventi non dichiarati.
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Appare chiaro, infatti, come il legislatore, nel contrastare l’utilizzo dei canali pubblicitari legali da
parte di tali bookmaker esteri voglia, di fatto, ostacolare la diffusione dei medesimi in Italia e la loro
acquisizione di importanti fette in un mercato sottoposto a rigida protezione da parte dello Stato.
Permangono, tuttavia, giustificati dubbi circa le finalità di tale protezionismo ed il rispetto degli
intendimenti espressi dalla Corte di Giustizia Europea27.
Fabio Antonacchio
Ufficiale della Guardia di Finanza
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Si rimanda nuovamente alla CGE 6 novembre 2003, causa C-243/01, Gabelli.
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