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indice
Premessa
PRENDERSI CURA
ENTRIAMO IN UNA BOCCA
BECCHI, DENTI E VENTOSE
CON UNO SPAZZOLINO TRA I DENTI
BASTA UN POCO DI ZUCCHERO
DIVERTISCHEDA
DI CHE COSA è FATTO UN SORRISO?
SPREMI INFORMAZIONI DAL TUBETTO
SORRISI DIPINTI
note
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premessa
Chiamare queste brevi note Quaderno operativo ci pareva evocare indicazioni esageratamente prescrittive e troppo segnate da preoccupazioni didattiche.
Parlare di qualche proposta da condividere a scuola ci fa sentire maggiormente a nostro
agio e consente di rispettare meglio i contenuti tematici offerti e le intenzioni che li hanno
motivati e orientati.
Ma di cosa si parla? Di diverse possibilità di ragionare con i bambini su aspetti della quotidianità così familiari da rischiare di essere considerati semplici automatismi o fastidiose
regole di comportamento o, ancora e paradossalmente, questioni che non ci riguardano.
È alle cure del corpo che intendiamo riferirci, a tutte quelle attenzioni e azioni che riserviamo – o dovremmo riservare – nel corso della vita alle funzioni vitali che il nostro corpo
esplica, consentendoci autonomia, movimento, azioni, pensiero, modi di essere, riposo,
ma anche e soprattutto l’incontro con gli altri.
È possibile, in questo senso, parlare di un prendersi cura di sé e degli altri, di un volersi
bene e voler bene. Due dimensioni strettamente intrecciate.
Quello che siamo e che diventiamo è fatto un po’ di tutto questo: di attenzioni riservate al
nostro interno e slanci di incontro o scontro con le cose, le persone, le situazioni previste
e impreviste che ci troviamo a vivere.
È il processo “obbligato” che aiuta la costruzione della nostra identità: dell’io che sono
proprio e solo io, una sorta di biodiversità sociale che si intreccia con quella biologica.
Questo movimento dentro e fuori di noi non avviene in solitudine ma all’interno di relazioni
con compagni di strada anche molto diversi, per età, genere, esperienza: coetanei e adulti
che fanno da specchio e da supporto a questa costruzione, motivandola, rinforzandola,
modellandola.
Molte delle scelte che compiamo, delle cure che riserviamo al nostro corpo, delle attenzioni che rivolgiamo agli altri, poggiano proprio su questa dimensione a un tempo intima
e sociale.
È in questa cornice che possono essere lette le proposte di lavoro contenute nelle pagine
seguenti: maggiore familiarizzazione con funzioni e attenzioni relative al nostro corpo,
con specifico riferimento alla bocca che per prima ci ha rivelato il “sapore” del mondo,
invitandoci e aiutandoci ad abitarlo. Una bocca che sa rendere duttili gli alimenti che ci
nutrono, disegnare conoscenze e sentimenti e dar loro voce.
Diventa nel tempo così familiare che finiamo per dimenticarcene. Le proposte da condividere con i bambini a scuola sono un invito a “ritrovarla” e a riconoscerla.
PRENDERSI
CURA
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Qual è il significato della parola cura?
Dal dizionario si ricava “interessamento sollecito e costante per qualcosa o qualcuno” e
ancora “grande impegno e attenzione nel fare”. Quindi avere cura è un atteggiamento di
interesse attivo, costante e accompagnato da impegno e attenzione. La cura è comunicazione fisica e verbale, e un bambino che “cura” è un bambino che entra in relazione,
capace di occuparsi di sé, di conoscersi e rispettarsi, rispettare gli altri, saperli ascoltare e
valorizzare. Ogni esperienza per un bambino costituisce un’occasione di apprendimento
e contribuisce alla costruzione del suo benessere fisico ed emotivo, ma anche alla costruzione della sua identità.
Uno dei primi e fondamentali passaggi del prendersi cura è relativo alla pulizia e all’igiene
personale. I bambini amano giocare con l’acqua, ma hanno resistenze nell’imparare a
lavarsi. Comprendere l’utilità e l’importanza di lavarsi è molto importante, non solo per
far piacere ai grandi, ma per sé. Il rispetto del proprio corpo deriva dall’abitudine all’igiene
personale.
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Lavorare in aula
Per continuare
Si propone ai bambini un’attività che li coinvolge sui concetti di cura, bisogni e desideri.
Quali sono le cose di cui abbiamo bisogno?
Per i bambini della scuola dell’infanzia si propone un’attività a coppie, in cui devono scegliere, da una scheda con disegni di oggetti per la pulizia e l’igiene personale, quelli più
adatti per il compagno/a che gioca con lui/lei.
Per i bambini della scuola primaria, è prevista un’attività che coinvolge le coppie, ma
anche il gruppo classe. Su fogli divisi in colonne disegnano o scrivono i propri “Bisogni”
e “Desideri”. Le coppie si riuniscono poi a gruppi di quattro per confrontare e discutere
dei risultati.
Tutti insieme. Osservare la lista dei bisogni e concentrarsi su ciò di cui hanno davvero
bisogno per vivere.
Ancora si può riflettere su come il bisogno sia comune a tutti e poi lo si può declinare su
ogni singolo individuo nel desiderio.
Si collegano i bisogni al concetto di cura e prendersi cura di...
Il concetto di salute e di cura ben si presta per affrontare con i bambini il tema dei diritti,
anche in relazione all’altro e all’ambiente circostante. Già nel preambolo della “Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia”, approvata dall’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite, si riconosce che il bambino e la famiglia necessitano di una particolare
protezione e di cure speciali. I 54 articoli di questo importante documento, ratificato da
oltre 190 paesi nel mondo, possono essere letti insieme ai bambin, e tradotti in termini
semplici e comprensibili anche dai più piccoli. Il diritto è qualcosa di immediato, che tutti
noi possiamo sperimentare quotidianamente. Per introdurre l’argomento segnaliamo comunque “I diritti dei bambini in parole semplici”, scaricabile dal sito dell’Unicef e “Isola
degli Smemorati” di Bianca Pitzorno.
Scarica le schede operative relative a questo percorso su: www.e-coop
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ENTRIAMO
IN UNA BOCCA
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La parola bocca deriva dal latino bucca, che significava originariamente “guancia” e passò
poi a indicare la bocca, soppiantando in questo significato il classico os. Per bocca intendiamo non solo i denti, ma anche la lingua, le labbra e le guance, i muscoli masticatori e
mimici e le strutture scheletriche. La bocca si può considerare come l’organo di ingestione, sminuzzamento e predigestione del cibo e in questo senso assolve alla prima tappa
del metabolismo fisiologico. Ma è anche l’organo deputato all’apertura al mondo, attraverso la nutrizione, la tattilità, l’incorporazione, la degustazione, il linguaggio. La bocca
è poi indissolubilmente legata al gusto. Possiamo esplorare la bocca nelle sue funzioni
principali, che vanno dallo sviluppo psicologico del bambino, che attraverso il meccanismo della suzione contribuisce a creare i primi vincoli dell’attaccamento alla madre e
successivamente i primi contatti con il mondo circostante, alla masticazione che poi è la
funzione essenziale dei denti. Infine, l’articolazione della parola. La voce è il risultato del
suono prodotto dalla vibrazione delle corde vocali, a cui si aggiungono le modificazioni
che si verificano nella faringe, nella bocca e nel naso; tutti questi meccanismi, nel loro
complesso, portano alla costituzione della parola articolata.
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Lavorare in aula
Per continuare
Con i bambini possiamo lavorare sulla bocca a 360°, considerandola il “centro” della comunicazione non verbale, e nello stesso tempo “luogo” della parola, degli affetti e della
nutrizione.
Possiamo riprendere le parti della bocca ed esaminarle separatamente facendo delle piccole attività di stimolo e osservazione. Per la lingua, per esempio, imitare il verso degli
animali, per le guance gonfiare dei palloncini, per il linguaggio proviamo a pronunciare
vocali e consonanti osservando dove la lingua si appoggia.
Una semplice osservazione della propria bocca allo specchio o di quella di un compagno,
permette di identificare i denti e la loro posizione. Si può creare una scheda che riporti le
arcate dentarie in modo che i bambini possano colorare i denti in base alla loro funzione.
A mensa o in occasione del consumo dei pasti, si può esaminare come la nostra bocca
e il nostro apparato masticatorio si comportano in base alle diverse consistenze dei cibi.
In ultimo, e non meno importante, la bocca è veicolo di gusto. Dolce, salato, amaro, acido
sono esperienze che coinvolgono non solo l’aspetto scientifico, ma anche quello personale di gusti e disgusti.
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BECCHI
DENTI
E VENTOSE
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Nel regno animale si trovano denti per tutti i gusti e per gustare un po’ di tutto. C’è chi,
come il narvalo, ne ha solo due, uno dei quali cresce nei maschi fino a uscire dal cranio e
prolungarsi in una zanna lunga anche 3 metri, e chi ne usa fino a ventimila. Negli squali i
denti crescono e cadono frequentemente nell’arco della vita, sviluppandosi su più file: se
ne cade uno nella prima ce n’è subito pronto un altro nella seconda.
Questa incredibile varietà di dentature ci dice molto sulla natura e le abitudini alimentari
di ciascuna specie. Le lamprede, pesci simili a serpenti marini, possiedono ad esempio
una bocca circolare fitta di denti, che si attacca come una ventosa alle prede per succhiarne il sangue, dopo avere raschiato la carne con i denti e la lingua.
L’uomo, che è onnivoro, ha denti per così dire tuttofare, adatti a un tipo di alimentazione
mista: non ha i canini sviluppati dei carnivori, né i premolari e molari grandi ed efficienti
dei ruminanti, e neppure gli incisivi prominenti dei roditori.
C’è poi chi di denti non ne possiede neppure uno e per mangiare, costruire il nido e pulirsi
le piume usa altro. Ma su questo il nostro opuscolo non mette becco!
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Lavorare in aula
Per continuare
L’attività che possiamo proporre è un lavoro di gruppo che porti i bambini a classificare
gli animali in base al loro nutrimento, per poi osservare analogie nelle dentature di chi si
nutre dello stesso cibo. Le tecniche del cooperative learning ci offrono come sempre interessanti spunti che vanno dall’autogestione da parte dei bambini del setting della classe,
alla precisa suddivisione dei ruoli all’interno del gruppo. L’insegnante avrà predisposto
schede sulle abitudini alimentari di diversi animali da distribuire ai bambini i quali, dopo
una prima lettura individuale, condivideranno le informazioni con i membri del proprio
gruppo. Arrivato il momento di trarre conclusioni, grazie a quanto messo in comune, è
possibile produrre una scheda sulle caratteristiche degli animali che si nutrono dello stesso alimento. Cosa accomuna un agnello a un coniglio? Cosa significa essere erbivori? Quale vantaggio porta l’avere incisivi molto sviluppati? Infine l’insegnante offre un feedback in
plenum dei compiti svolti da ciascun gruppo, per arrivare a scoprire tutti insieme le altre
possibili classificazioni degli animali in funzione del cibo. Domande orali di comprensione
(meglio sotto forma di indovinello) e/o estrazione di flashcards che rappresentano esseri
viventi che gli alunni sono chiamati a classificare, possono rappresentare una revisione
del lavoro.
Per continuare possiamo ricollegarci al capitolo precedente, alla struttura e morfologia
dei denti dell’uomo, che è onnivoro. La scelta dei cibi con i quali soddisfare la necessità
primaria dell’alimentarsi dovrebbe essere guidata da norme alimentari che tengono conto
di principi nutritivi, numero e consistenza dei pasti. Spesso e per fortuna, però, l’identificazione di ciò che mettiamo nel piatto è condizionata anche da fattori culturali, abitudini
e tradizioni famigliari, prescrizioni religiose, desiderio suggerito dall’innovazione e dalla
comunicazione, senso di appartenenza a un gruppo, stili di vita…
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CON
UNO
SPAZZOLINO
TRA I DENTI
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Il titolo è quasi salgariano, evocativo di pirati che, muniti di affilati pugnali tenuti tra i
denti, si lanciano all’arrembaggio di galeoni da depredare. Ci perdoneranno l’autore citato
e gli amanti del genere letterario in questione ma, se non ci si arma di fantasia e voglia di
giocare, il rischio in cui si incorre affrontando l’argomento in oggetto è di annoiarsi un po’.
Il tema è quello ormai noto, eppure non ancora del tutto ben interiorizzato soprattutto dai
più piccoli, delle tecniche di spazzolamento dei denti. Niente di troppo faticoso o impegnativo, intendiamoci. Si tratta di pochi e semplici passaggi (dal rosa al bianco, curando
gli spazi più nascosti, secondo una sequenza ordinata dopo aver diviso in aree la bocca),
di azioni che però devono essere messe in atto quotidianamente in modo corretto e nel
giusto ordine, fino a divenire una routine da ripetere automaticamente per garantire la
prevenzione delle più comuni patologie orali.
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Lavorare in aula
Per continuare
Filastrocche e canzoncine hanno, soprattutto nella scuola dell’infanzia e nei primi anni
del primo ciclo d’istruzione, una grande valenza didattica. Le musica ha la capacità di
facilitare naturalmente la memorizzazione dei testi, e cantare insieme attiva processi d’identificazione nel gruppo molto importanti anche per lo sviluppo dei fattori motivazionali
dell’apprendimento. Le filastrocche possono essere inoltre rappresentate e le strofe mimate quando vengono recitate. Ma il lavoro compiuto dalla scuola, per quanto fondamentale in un percorso di promozione alla salute, non sempre è sufficiente senza il supporto
delle famiglie. È importante che i genitori affianchino i docenti e rafforzino il messaggio
dato da questi ultimi con l’esempio a casa. Ecco allora che si possono rappresentare le
buone pratiche dello spazzolamento dei denti in tessere da rimettere nel giusto ordine.
Una sorta di gioco del domino che i bambini possono portare a casa come promemoria e
con cui giocare assieme ai genitori.
L’inventore del dentifricio è considerato Scribonius Largus, un medico romano che, nel I
sec. d.C., mise a punto un miscuglio dedicato all’igiene orale: aceto e sale, miele, piccole
schegge di vetro come componenti abrasivi. Ancor prima, nell’antica Mesopotamia, ci si
puliva i denti con un amalgama di corteccia, menta e allume (un sale minerale). Come si
vede il volersi bene e le buone abitudini hanno origini remote. L’uomo da sempre ha cercato di prendersi cura di sé, anche provvedendo alla propria igiene personale. Traccia di tutto questo è rinvenibile negli oggetti che sfidando il tempo sono arrivati fino a noi: pettini
di osso, specchi di rame lucidato… Può essere interessante fare con i bambini un salto nel
tempo alla scoperta di questi oggetti e di alcune bizzarre abitudini igieniche del passato.
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BASTA
UN POCO
DI ZUCCHERO
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Basta un po’ di zucchero per scatenare i batteri cariogeni che colonizzano le nostre bocche, è nozione abbastanza comune. Tutti i bambini, prima o poi, vengono ammoniti sui
rischi per i loro dentini derivati dal mangiare troppe caramelle e dolci. Ma non tutti i dolci
devono essere tolti dalla dieta e molti altri cibi, a volte poco apprezzati dai bambini, sarebbero invece consigliati per mantenere i denti sani. La prevenzione passa sia attraverso
l’igiene orale eseguita con tecniche corrette (lo abbiamo visto nel capitolo precedente e
lo riprenderemo in quelli successivi), che attraverso le scelte alimentari e tutti i comportamenti tenuti a tavola (tempi distesi, masticazione adeguata). Ci è sembrato quindi molto utile soffermare la nostra attenzione sull’importanza di un’alimentazione equilibrata,
nell’ottica delle cure da riservare al nostro corpo.
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Lavorare in aula
Per continuare
Il rischio che si corre, quando si fa educazione alimentare con i bambini, è che le informazioni vengano perfettamente recepite e poi restituite in caso di verifica ma, alla prova
dei fatti, i comportamenti alimentari non cambino. I bambini sono a volte resistenti alla
sperimentazione del nuovo in cucina e rifiutano a priori alcuni cibi che vengono loro proposti, senza neppure assaggiarli. Se prima di assaggiare osservo, tocco, annuso e descrivo
odori e colori, il mio cervello è più predisposto alla sperimentazione e conseguentemente
alla degustazione. Il lavoro con i bambini sarà più efficace se essi potranno soddisfare i
loro bisogni esplorativi e le loro potenzialità conoscitive anche attraverso esercitazioni in
piccoli gruppi, ed esperienze di manipolazione. Ancor meglio se ai bambini viene fatta
fare l’esperienza della coltivazione di un orto oppure una bella passeggiata tra i banchi di
frutta e verdura del mercato.
Anche la fiaba è un ottimo cavallo di Troia per aggirare le diffidenze dei piccoli. Le fiabe e i
racconti che possono essere scelti sono molti, per citarne alcuni: I tre orsi, Hansel e Gretel,
Zio Lupo, Prezzemolina, Zuppa di sasso, Uova di bruco, Alice nel paese delle meraviglie… Alice è una grande sperimentatrice, assaggia di tutto senza tanto pensarci su, ma vive delle
avventure bellissime: olfattive, gustative, tattili e visive.
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DIVERTISCHEDA
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Proviamo a farci caso. Alla fine di un discorso o anche soltanto in una dimensione, assai
più ridotta, di un ragionamento, quante parole familiari abbiamo utilizzato, quante invece
conosciute e fatte proprie per l’occasione, quante utilizzate per stupire… e così via. Se conserviamo le medesime domande, ma le immaginiamo utili a dirci qualcosa sugli interlocutori che hanno ascoltato il nostro discorso, potremo forse capire qualcosa relativamente a
un altro aspetto importante del discorso che abbiamo fatto.
Che cosa è stato capito e da quanti? Quali le parole ricordate o almeno più facili da ricordare con qualche aiuto?
Se circoscriviamo con il nostro zoom di analisi uno specifico spaccato di uditorio, riusciremo probabilmente a renderci conto almeno un po’ (renderci conto, non necessariamente
dimostrare e spiegare) degli effetti della nostra performance formativo-informativa.
Perché non provare a fare un gioco che se non diverte alla follia almeno non rischia di
annoiare troppo?
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Lavorare in aula
Per continuare
Si proporrà ai bambini di lavorare su un elenco di parole. In questo ce ne saranno alcune
che effettivamente saranno state da noi utilizzate, in uno o più incontri (sarà l’insegnante
a dimensionare il gioco), altre che potrebbero collegarsi a queste per attinenza e altre
invece assolutamente estranee.
Il gioco richiede che ciascun bambino (non si esclude la possibilità di affidare questa
consegna a gruppetti, ma occorre tener presente che le cose potrebbero essere più o
meno complicate a seconda del tempo che si ha a disposizione) evidenzi sia le parole che
“ricorda “ di aver ascoltato, sia quelle che mostrano qualche ragione di collegamento con
queste. Ovviamente nel momento dello scambio dei risultati ciascun bambino (o rappresentante del gruppetto) esporrà le ragioni delle sue scelte.
Il dibattito potrà preferire modalità di discussione differenti, a seconda delle variabili che
si riterrà di tenere in considerazione.
Sono previste sorprese e una verifica della nostra efficacia comunicativa senza eccessive
pretese potrebbe suggerire interessanti riflessioni sui contesti comunicativi di cui facciamo parte come attori che, a un tempo, parlano e ascoltano. Almeno così dovrebbe essere.
Una direzione di lavoro interessante può spingersi ad analizzare i meccanismi della comunicazione, il grado di comprensibilità di una parola o di un enunciato, partendo da
materiali ricavati dall’esperienza quotidiana dei bambini, scolastica e non.
Se non si ha troppa paura ci si può impegnare in un discorso: quello delle parole un po’
magiche che “dicono qualcosa di più di quello che appare a prima vista”. Parole della
poesia e parole della pubblicità, parole piene e parole vuote, parole di scontro e parole di
incontro…
L’età dei bambini del gruppo classe sarà ovviamente una delle variabili determinanti per la
scelta della direzione di approfondimento.
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DI
CHE COSA E FATTO
UN SORRISO
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Lasciarsi interrogare e interrogarsi sul sorriso. Il pretesto per inoltrarsi in questo percorso
di riflessione ci è offerto da un ritratto piuttosto famoso, dipinto da un pittore del 1400,
Antonello da Messina. Se lasciamo da parte la fattura del dipinto – non siamo storici
dell’arte – e ci manteniamo invece su quello che realmente vediamo, non sarà difficile formulare alcuni interrogativi cominciando a supporre, immaginare, inventare… Per esempio
chiederci perché sorride, a chi si rivolge con il suo sorriso.
Questo giro di domande con la sollecitazione a vedere e non solo guardare, a immaginare
anziché pretendere che quel sorriso-sguardo dica tutto e sia da interpretare in modo univoco, è un ottimo strumento per mettere e mantenere in movimento il pensiero. Serve in
sostanza – e davvero non ci pare poco – a imparare a farsi delle domande senza aspettare
che siano gli altri a farcele. Prendendo confidenza con il nostro modo di pensare si finisce
per scoprire un sacco di cose. Per esempio che ci sono domande scontate e altre meno,
che alcune aiutano a entrare nel dettaglio, altre a non perdere di vista l’insieme.
E – come in questo caso – ci sono anche quelle che ci vengono suggerite da chi già se le
è fatte (per esempio di cosa è fatto un sorriso) e ha trovato alcune risposte (per esempio
che è fatto anche dai movimenti dei muscoli della bocca). Si scopre così un’altra funzione
di questa parte del nostro corpo e si impara che un sorriso può essere espressione di un
sentimento, disegnata però da movimenti particolari di alcuni muscoli facciali.
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Lavorare in aula
Per continuare
Osservazione prolungata del quadro di Antonello da Messina, Ritratto di ignoto marinaio,
sollecitata e guidata da alcune domande molto semplici relative al tipo di sorriso che si
sta osservando e al/ai messaggio/i che ci invia. Non saranno certo da trascurare gli occhi che contribuiscono in modo sostanziale a “costruire un sorriso”. Insieme ai muscoli
della bocca, certamente, che meriteranno di essere conosciuti in dettaglio. Per questo ai
bambini verrà consegnata una mappa della bocca (la medesima che già è stata utilizzata
per l’incontro Entriamo in una bocca) da colorare nella parte che si sta prendendo in considerazione.
Un’ottima pista di lavoro, perfettamente coerente con le suggestioni che il ritratto di Antonello da Messina ha suggerito, è quella relativa a una dimensione comunicativa che è
parte integrante di quella rappresentata dalle parole. Esiste un linguaggio non verbale che
il corpo, nelle sue varie valenze sensoriali e rappresentative, modula con messaggi talvolta
assai potenti. Proprio dal quotidiano si potrà partire per reperire un repertorio di messaggi esclusivamente non verbali o accompagnati alle parole: gesti, toni di voce, sguardi,
movimenti del capo… Sarà piacevole capire insieme come questo repertorio annotato
potrà essere organizzato. Il nostro corpo non finisce di sorprenderci: è sufficiente prestare
maggiore attenzione anche alle cose per noi più comuni e consuete.
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SPREMI
INFORMAZIONI
DAL TUBETTO
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Con il termine “packaging” si intende l’aspetto grafico/estetico di una confezione. Attraverso il pack i beni comunicano. E ci inducono a comprarli. Entrate nel supermercato con
un lista della spesa precisa e ne uscite con un carrello colmo di prodotti. Molti dei quali
nemmeno vi serviranno. È il potere del packaging e del display commerciale (le strategie
per esporre la merce sugli scaffali). Colore, formato e materiale sono le tre caratteristiche
che fanno la differenza. Scatole di cartone, barattoli di latta, avveniristiche confezioni in
nuove leghe: sempre più spesso i contenitori vivono nuove vite oltre il prodotto, continuando a comunicare il marchio. Il package deve comunicare sicurezza, praticità ed emozione. Il package promuove un prodotto perché comunica le sue caratteristiche, i suoi
usi, i suoi benefici e la sua immagine. In uno scenario sempre più competitivo, nel quale
decine o centinaia di prodotti reclamano attenzione da parte del consumatore, il packaging assume un’importanza e una valenza strategica determinante. Pur avendo la necessità di ricevere informazioni sul prodotto, il consumatore ha poco tempo per esaminare
una confezione. Per questo il packaging assume una grande rilevanza. Nella moltitudine
delle offerte odierne, infatti, un prodotto non esiste se non riesce a comunicare la propria
identità e la propria originalità.
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Lavorare in aula
Per continuare
Possiamo attribuire le seguenti relazioni tra colori ed emozioni: il verde viene associato a
calma e rilassatezza, il blu all’acqua e a sensazioni di comfort e pace, il rosso all’amore e a
una percezione di dominanza, il nero al potere e, infine, il giallo e l’arancione alla felicità.
Con i bambini possiamo fare un brain storming associando caratteristiche emozionali ai
colori, poi andare a esplorare alcuni packaging di prodotti che si associano all’igiene dentale (dentrifici, spazzolini, gomme da masticare) e vedere quali sono le caratteristiche, in
termini cromatici, che accomunano i prodotti. E ancora: quali le indicazioni in etichetta
rispetto a ciò che si utilizza? Quale lo slogan associato al prodotto? Quali i materiali che
costituiscono il packaging? Sono molteplici le piste di lavoro, che esplorano il prodotto e
il suo alter ego comunicativo.
Lo studio del packaging, la pubblicità, l’etichetta, permettono di analizzare i prodotti di
consumo da molteplici punti di vista. Grammaticale, per esempio: esiste infatti una vera
e propria grammatica delle etichette. Lessicale, se guardiamo agli slogan, i proverbi, le
figure retoriche. Scientifico, se scegliamo di mettere in evidenza alcuni ingredienti del
prodotto. L’aspetto emozionale, infine, che trasforma il prodotto da bisogno in desiderio.
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SORRISI
DIPINTI
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Il titolo potrebbe ingannare facendo pensare pensare a una sorta di presentazione tematica
di tipo cronologico. Molto più modestamente, invece, lo spunto di lavoro che proponiamo è
di fare qualche incursione nel mondo della produzione artistica, per vedere se il tema del viso
che sorride, più o meno contestualizzato in un ambiente interno o naturale, ha interessato
degli artisti a rappresentarlo. La risposta, la possiamo anticipare, sarà sì e si apriranno scenari
artistici per illuminare personaggi, situazioni, contesti assai particolari dai significativi risvolti
di natura socioantropologica. Perché questa finestra abbastanza inconsueta su alcuni “quadri”, anche di epoche non certo vicine alla contemporaneità? Alcune ragioni tra le tante:
• condividere con i bambini uno sguardo, più giusto sarebbe dire un modo di osservare,
su espressioni e rappresentazioni artistiche che aiutano a capire che i soggetti che stiamo affrontando (cura, corpo, attenzioni, viso, bocca) sono, prima di essere illustrazioni,
elementi della storia umana, testimonianze di costanti costitutive della costruzione e
dell’evoluzione della storia dei gruppi umani di ieri e di oggi;
• cogliere con attenzione il senso della rappresentazione del viso, delle sue parti evidenziate con forza, o al contrario, solo accennate, suggerite;
• intravedere i collegamenti possibili tra sguardi esplorativi della realtà che utilizzano varchi anche diversi per incontrarla e decifrarla. Si è parlato di una bocca in movimento, di
muscoli che raccontano, dunque di fisicità, ma è bene non dimenticare che l’arte (più
giusto sarebbe dire le arti) con i suoi linguaggi racconta cose simili. In alcuni casi anche
sguardi e sorrisi che aspettano di essere intercettati.
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Lavorare in aula
Per continuare
Saranno le immagini a farla da padrone e l’insegnante potrà costruire cornici informative
e di senso, ma soprattutto sollecitare le interrogazioni su ciò che si vede e ciò che invece
tende a essere trascurato, sull’abitudine a un modo di guardare frettoloso e sulla possibilità, invece, di scoprire quello che del racconto riesce a cogliere uno sguardo che sa restare
per osservare.
Le direzioni di lavoro sono molte e il rischio più probabile è quello di perdersi.
Si potrà ampliare la galleria di immagini per abbandonare il sorriso della Gioconda e spingersi fino a rappresentazioni di volti che interpretano sentimenti molto lontani dal piacere
di un incontro sognato, immaginato, sollecitato. Volti prigionieri del “paradiso perduto”, dal
beffardo e incomprensibile sghinazzo della derisione, della pena, della fine avvertita come
inevitabile o davvero raccontata in lineamenti e smorfie scomposte del viso.
Altro possibile ampliamento del discorso è un lavoro sulle immagini della pubblicità: bocche e visi in cui cambiano ritmi, significati, aspetti simbolici. I visi sembrano raccontare
cose che non li riguardano, sono visi prestati… Buon proseguimento.
Scarica le schede operative relative a questo percorso su: www.e-coop
NOTA
Bambini e bambine ricevono quotidianamente una marea di stimoli culturali provenienti da
molte direzioni (televisione, internet, pubblicità…) che troppo spesso si rivelano contraddittori, dispersivi e frammentari. Tocca alla scuola e alla famiglia, legate da una partnership
educativa fondata sulla condivisione dei valori e su una fattiva collaborazione delle parti,
svolgere un’attività di filtro e di interconnessione per tutte le esperienze cognitive ed emotive
del bambino. Nel reciproco rispetto delle competenze e procedendo nel modo che è proprio di
ciascuna, queste due istituzioni devono favorire nel bambino lo sviluppo della capacità di dare
senso alla varietà delle esperienze e conoscenze. La pubblicazione, Volersi bene e voler bene
– Crescere con il corpo e nel corpo, quaderno operativo, è rivolta a bambini dai 5 anni in poi
ma è pensata per essere utilizzata insieme agli adulti, in un contesto educativo che può essere
sia quello scolastico che famigliare. In essa si affrontano gli stessi concetti del prendersi cura di
sé e degli altri che sono oggetto del presente opuscolo ma in un’ottica di maggiore operatività.
Le schede e le attività proposte possono essere impiegate sia dai genitori che dai docenti per
aiutare il bambino a imparare a volersi bene e voler bene.