Marvin Harris Cannibali e re 1977
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Marvin Harris Cannibali e re 1977
Sociologia Marvin Harris Cannibali e re 1977 PERCHÉ LEGGERE QUESTO LIBRO L’antropologo Marvin Harris è il maggior esponente del “materialismo culturale”, un approccio che vede nelle pratiche sociali il risultato dei bisogni biologici degli individui. Secondo Harris sono i fattori produttivi e riproduttivi che determinano la cultura di una società, non il contrario. In Cannibali e re, il suo libro più noto al grande pubblico, egli combina l’enfasi di Karl Marx sulle strutture produttive con quella di Thomas Malthus sugli aspetti ecologici e demografici per offrire una spiegazione rigidamente materialista dell’evoluzione culturale. L’opera ha suscitato numerosi plausi ma anche molte critiche, per alcune sue conclusioni sgradevoli e per il ricorso a spiegazioni monocausali che appaiono talvolta come delle forzature. In ogni caso Cannibali e re merita di essere letto perché offre degli spunti originali sulla nascita delle nostre credenze e tradizioni culturali. 2 PUNTI CHIAVE Le necessità produttive e riproduttive determinano l’evoluzione culturale Gli uomini del Paleolitico godevano di eccellenti condizioni di salute e di una dieta ricca di proteine animali L’infanticidio veniva largamente praticato per evitare la crescita della popolazione L’agricoltura sedentaria fu una risposta alla crisi ecologica causata dalla vita nomade dei cacciatori-raccoglitori Con la nascita dei primi Stati la maggioranza degli uomini precipitò in una condizione di servitù Nel corso dei millenni alcuni “grandi uomini” assunsero gradualmente il controllo e la redistribuzione delle risorse alimentari, dando origine al primo nucleo di organizzazione statuale Il cannibalismo e i divieti alimentari hanno alla loro base ragioni materiali La necessità di costruire enormi opere per la gestione centralizzata delle acque ha dato origine agli imperi dispotici orientali La decentralizzazione politica del Vecchio Continente ha permesso l’affermazione del capitalismo Ad un certo punto lo sviluppo tecnologico attuale non sarà più sufficiente a fronteggiare le sfide ecologiche e demografiche. RIASSUNTO L’Eden primitivo Da alcuni secoli il mondo occidentale si culla nella confortevole convinzione che il progresso materiale non avrà mai fine. Questa credenza vede l’evoluzione culturale come una continua ascesa dalla barbarie alla civiltà. La vita degli uomini del paleolitico, secondo questa visione, era miserevole, breve, faticosa e continuamente assediata dalla fame, dalle malattie e dai pericoli. Solo lo sviluppo dell’agricoltura permise un surplus di HARRIS – Cannibali e re www.tramedoro.eu 3 produzione che, a sua volta, portò all’invenzione della scrittura, delle città, dei governi organizzati e alla fioritura dell’arte e della scienza. In realtà, scrive Harris, gli uomini dell’età della pietra vivevano una vita più sana di quella di molti dei loro posteri. Le malattie erano meno diffuse rispetto all’epoca romana e probabilmente anche rispetto all’Inghilterra d’inizio Ottocento. I reperti archeologici del primo periodo paleolitico – da 30.000 a 10.000 anni fa – dimostrano chiaramente che i cacciatori di quest’epoca godevano di una comodità e di una sicurezza relativamente alte. L’idea che vivessero sull’orlo della sopravvivenza è difficilmente conciliabile con l’enorme quantità di ossa animali accumulate in vari siti di cacciagione paleolitici. I resti degli scheletri dei cacciatori stessi dimostrano inoltre che essi erano eccezionalmente ben nutriti. L’idea che i primitivi faticassero dodici ore al giorno per nutrirsi appare anch’essa sbagliata. Le popolazioni che praticano ancora oggi la caccia e la raccolta, come i boscimani, non lavorano più di tre ore al giorno per procurarsi una dieta ricca di proteine e altri elementi essenziali. Non c’è dubbio infatti che l’agricoltura richieda molto più lavoro per unità di territorio. Il segreto delle poche ore dedicate da questi popoli alle attività necessarie per procurarsi il cibo sta nell’abbondanza e nell’accessibilità delle risorse animali e vegetali disponibili. Quando ci sono queste condizioni, la pratica dell’agricoltura è spesso trascurata non per ignoranza ma per convenienza. I cacciatori-raccoglitori possono permettersi questo stile di vita caratterizzato da molto tempo libero e diete altamente nutritive solo finché la densità demografica e lo sfruttamento delle risorse vengono mantenute relativamente basse. I cacciatori dell’età della pietra riuscirono per un certo tempo a controllare la propria crescita demografica usando varie tecniche abortive, prolungando gli anni in cui la madre allatta il proprio bambino in modo da ridurne la fecondità, ma soprattutto praticando un elevato numero di infanticidi. «I nostri antenati del paleolitico – conclude Harris – erano dunque perfettamente in grado di mantenere stazionaria la crescita della popolazione ma solo al prezzo del sacrificio della vita dei neonati. Questo prezzo si cela dietro le quinte della HARRIS – Cannibali e re www.tramedoro.eu 4 preistoria gettando una luce sinistra su un’epoca che, diversamente, potrebbe essere scambiata per un paradiso terrestre» (p. 30). La nascita dei villaggi agricoli Per migliaia di anni gli uomini predatori e le prede animali rimasero in equilibrio ecologico. Poi intorno al 13.000 a.C. un clima più caldo e l’intensificazione della caccia grossa provocarono una crisi ecologica in Europa, nel Medio Oriente e in America. Nel continente americano verso il 7000 a.C. le attività predatorie e le variazioni climatiche prodotte dal ritiro dei ghiacciai diedero luogo alla totale estinzione di ben 32 specie di grandi animali. L’estinzione di questa “megafauna del pleistocene” avviò quindi il passaggio a un modo di produzione basato sull’agricoltura sia nel Vecchio che nel Nuovo Mondo. Il sorgere della vita sedentaria di villaggio fu dunque una risposta all’esaurimento delle risorse verificatosi in seguito all’intensificazione dello sfruttamento del sistema di sussistenza basato sulla caccia e sulla raccolta. Harris osserva che all’inizio, nella maggior parte delle società di bande e di villaggi, la terra, l’acqua, le piante e la selvaggina erano di proprietà comune. Tutti potevano fare quello che desideravano senza doversi preoccupare di fitti, tasse o tributi. Con il sorgere dello Stato tutto ciò venne meno. Nei cinque o sei millenni successivi, i nove decimi della popolazione terrestre divennero contadini in condizioni servili. Per accedere alle risorse naturali dovevano chiedere il permesso a un’autorità e pagarlo mediante tasse, tributi o extralavoro. Le armi o le tecniche della guerra e dell’aggressione organizzata furono sottratte loro e affidate a soldati-specialisti e a poliziotti controllati da funzionari. L’origine dei primi Stati I primi Stati sorsero in Mesopotamia intorno al 3300 a.C., in Egitto intorno al 3100 a.C., nella valle dell’Indo e in Cina settentrionale intorno al 2000 a.C, in Perù intorno all’epoca di Cristo e in America centrale intorno al 300 d.C. Harris ravvisa nei capi-villaggio delle società agricole pre-statuali il nucleo originario delle classi dominanti dei primi Stati. Questi “grandi uomini” erano individui ambiziosi che, in cerca di prestigio sociale, HARRIS – Cannibali e re www.tramedoro.eu 5 stimolavano i parenti e i vicini a lavorare di più al fine di organizzare una grande festa con il cibo supplementare prodotto. I “grandi uomini” però non avevano il potere di costringere altri ad eseguire i propri ordini, né godevano di un tenore di vita più alto. Un po’ alla volta, tuttavia, questi capi guerrieri cominciano a controllare e a ridistribuire le scorte di cibo, e ad esercitare una qualche forma rudimentale di potere di coercitivo sulla produzione e il consumo. I contributi al magazzino centrale cessarono di essere contributi volontari e divennero delle tasse. Si trattò nella maggior parte dei casi di un processo evolutivo graduale, dato che ogni nuova acquisizione di potere da parte dello Stato rappresentò solo una piccola deviazione dalla prassi corrente. Grazie a impercettibili spostamenti dell’equilibrio redistributivo avvenuti da una generazione all’altra, la specie umana si è data quindi una forma di vita sociale in cui i più si sono abbassati in omaggio a pochi. Cannibalismo e divieti alimentari Da materialista culturale, Harris ritiene che la pressione demografica, l’intensificazione della produzione e l’esaurimento delle risorse costituiscono la chiave per comprendere l’evoluzione dell’organizzazione familiare, dei rapporti di proprietà, dell’economia e delle credenze religiose, compresi le preferenze e i tabù alimentari. A suo avviso «libero arbitrio e scelta morale non hanno avuto alcun effetto significativo sulle linee di sviluppo dei sistemi sociali» (p. 13). In questo modo Harris spiega che gli aztechi avevano edificato un impero fondato sui sacrifici umani al fine di divorare le vittime e garantirsi così il consumo di carne in un ambiente funestato da ricorrenti crisi produttive ed ecologiche: «I sacerdoti aztechi si possono definire, a buon diritto, come macellatori rituali di un sistema statalistico dedito alla produzione e redistribuzione di sostanziose quantità di proteine animali nella forma di carne umana» (p. 124). Nel Vecchio Mondo invece la disponibilità di specie di animali domestiche svolse un ruolo importante nella proibizione del cannibalismo e nelle sviluppo di religioni dell’amore e della misericordia, come il Cristianesimo. HARRIS – Cannibali e re www.tramedoro.eu 6 Ragioni produttive ed ecologiche spiegano anche, ad avviso di Harris, la nascita di divieti alimentari come quello della carne suina tra i popoli semitici o della carne bovina in India. Nel Medio Oriente il problema del maiale è che consuma molta acqua, un bene scarso e prezioso. La mucca invece è utile all’indiano povero perché dà latte, è resistente, economica e non competitiva con l’uomo sul piano alimentare. Mangiarla significherebbe quindi privarsi dell’unico strumento per sopravvivere nei periodi di carestia e per pagare le tasse alle caste elevate: da qui l’origine della sacralità della vacca. Queste tesi hanno suscitato forti critiche per il loro determinismo culturale, in quanto rappresentano gli individui come semplici marionette e riducono i valori umani a un riflesso meccanico. La trappola idraulica Per spiegare con cause materialistiche la nascita dei grandi imperi dispotici dell’antichità, Harris riprende la celebre tesi “idraulica” avanzata di Karl Wittfogel. Con la nascita dei primi Stati la stragrande maggioranza dell’umanità si è infatti ritrovata a vivere all’interno di immensi imperi centralizzati e tirannici. Pur con le loro differenze, le antiche società mesopotamica, egizia, indiana, cinese e azteca possedevano infatti un sistema economico collettivistico fondamentalmente simile, che Marx aveva correttamente individuato e chiamato “modo di produzione asiatico”. Lo Stato, dominato da un despota ereditario e da un’estesa burocrazia privilegiata, era molto più forte della società, e il suo diritto di prelevare imposte, confiscare beni materiali e costringere al lavoro masse di uomini era praticamente illimitato. I governanti di questi vasti reami usavano spesso l’intimidazione, la forza e il puro terrore per mantenere la legge e l’ordine. La caratteristica più evidente di questi sistemi dinastici era la loro natura stagnante: per millenni e millenni si succedevano faraoni e imperatori, ma la vita dei contadini continuava come sempre, appena al di sopra della pura sussistenza. La stabilità e la lunga durata di questi sistemi stazionari si spiegano con il fatto che l’agricoltura necessitava di enormi opere d’irrigazione che potevano essere costruite e riparate solo da eserciti di milioni di operai diretti secondo un unico grande piano. Nessuno sforzo decentralizzato, a livello di villaggio, distretto o anche provincia era adeguato alla grandezza dell’impresa. HARRIS – Cannibali e re www.tramedoro.eu 7 Chi possedeva i mezzi per controllare le acque dei fiumi possedeva, letteralmente, anche i mezzi per controllare la vita e il benessere di un grande numero di persone. La teoria idraulica di Wittfogel, commenta Harris, ha delle implicazioni sinistre per la nostra epoca. Questa forma di dispotismo, una volta sorto per ragioni economiche, vive di vita propria e può essere diffusa attraverso le conquiste ben oltre i territori semiaridi in cui è sorta. I mongoli ad esempio trapiantarono il dispotismo dalla Cina alla Russia. Le rivoluzioni comuniste del XX secolo in Cina e in Russia non hanno ripristinato la libertà di cui godevano gli uomini prima dello sviluppo dello Stato, ma hanno condotto piuttosto a una restaurazione del vecchio dispotismo centralizzato. La vera minaccia alla libertà dei nostri tempi, conclude Harris, è che quando certi sistemi statuali di produzione subiscono un processo di intensificazione, possono sorgere forme dispotiche di governo capaci di neutralizzare la volontà e l’intelligenza umane per migliaia di anni. Origine e futuro del capitalismo In Europa dopo la caduta dell’impero romano, che nei suoi ultimi secoli aveva assunto tutti i caratteri del dispotismo asiatico, non si riformò alcun impero centralizzato. Anche in questo caso Harris offre una spiegazione materialistica: a differenza dai despoti delle società idrauliche, i re dell’Europa medievale non potevano fornire o interrompere la fornitura di acqua per i campi, perché le unità produttive praticavano l’agricoltura basata sulle piogge. L’aristocrazia feudale riuscì così a opporsi a tutti i tentativi di creare sistemi nazionali di governo. Il re, invece di diventare un despota orientale, rimase semplicemente un primus inter pares. Per questa ragione il Medioevo, benché ritenuto un’epoca buia, fu un periodo di crescita demografica e di espansione economica. Mentre in Cina lo Stato agro-manageriale soffocò le manifatture e i commerci, nell’Europa del XVIII secolo si verificò «una rara inversione della discesa dalla libertà alla schiavitù, che era stata la principale caratteristica dell’evoluzione dello Stato per seimila anni» (p. 190). Finora, conclude Harris, la tecnologia e l’aumento della produzione hanno vinto la loro corsa contro l’aumento della popolazione e l’esaurimento delle risorse, ma non è detto che sarà così anche in futuro. HARRIS – Cannibali e re www.tramedoro.eu 8 Prima o poi lo spettro maltusiano tornerà ad affacciarsi come è successo alle civiltà del passato. CITAZIONE RILEVANTI L’eccellente stato di salute dei primitivi «Malattie, indubbiamente, ce n’erano. Ma come fattore di mortalità debbono aver inciso in misura molto minore durante l’età della pietra che non oggi. La morte di bambini e adulti a seguito di infezioni batteriche e virali – dissenteria, morbillo, tubercolosi, pertosse, raffreddori, scarlattina – dipende in larga parte dalla dieta e dal vigore fisico in generale, per cui i cacciatori-raccoglitori dell’età della pietra guarivano in gran numero da queste infezioni. Inoltre, la maggior parte delle grandi malattie epidemiche letali – vaiolo, febbre tifoidea, influenza, peste bubbonica, colera – si verificano solo in presenza di alte densità di popolazione. Sono le malattie delle società giunte allo stadio dell’organizzazione statale; fioriscono fra la povertà e il sovraffollamento e le condizioni malsane delle città» (p. 25). Dalla libertà alla schiavitù statale. «Per la prima volta apparvero sulla terra re, dittatori, alti sacerdoti, imperatori, presidenti, governatori, sindaci, generali, ammiragli, capi di polizia, giudici, avvocati e carcerieri, insieme a celle, prigioni, penitenziari e campi di concentramento. Sotto la tutela dello Stato, gli uomini impararono, per la prima volta, come piegare il capo, umiliarsi, genuflettersi e inchinarsi. La nascita dello Stato rappresentò, sotto molti aspetti, la caduta dal mondo della libertà a quello della schiavitù» (p. 81). Il regno cannibale azteco «In nessun altro luogo al mondo si sviluppò una religione di Stato dove arte, architettura e liturgia erano così totalmente dominate dalla violenza, dal decadimento, dalla morte e della malattia. In nessun altro luogo vi erano pareti e piazze di grandi templi e palazzi riservate all’esposizione di una gran quantità di mascelle, denti, unghie, ossa e teste di morti a bocca aperta ... Le divinità azteche mangiavano le persone. Ne divoravano il cuore HARRIS – Cannibali e re www.tramedoro.eu 9 e ne bevevano il sangue. La funzione dichiarata del clero azteco era quella di fornire cuori e sangue umani freschi, per evitare che questi implacabili dei si incollerissero e dispensassero malattie e siccità e incendiassero il mondo intero» (p. 111). Il soffocante dispotismo orientale «Gli antichi imperi erano agglomerati di contadini analfabeti che faticavano dalla mattina alla sera solo per procurarsi cibi vegetali privi di proteine. Non stavano molto meglio dei loro buoi, né erano meno soggetti ai comandi di superiori che sapevano scrivere e i quali soltanto avevano il diritto di fabbricare e usare strumenti di guerra e di coercizione. Il fatto che società che fornivano ricompense così magre durassero migliaia d’anni – ovvero più a lungo di qualsiasi altro sistema statale nella storia del mondo – suona come un severo monito: non vi è alcuna forza intrinseca all’attività umana che assicuri il progresso materiale e morale» (p. 171). Il miracolo produttivo dell’Europa. «Mai prima così tante persone compirono analoghi sforzi per aumentare la produzione più rapidamente in una così ampia varietà di imprese. Credo che il segreto di questo “grande balzo in avanti” negli sforzi produttivi fu la libertà, concessa a individui ambiziosi, di liberarsi da quelle restrizioni politiche, sociali e morali che impedivano di perseguire autonomamente il fine dell’accumulazione della ricchezza. Gli imprenditori europei furono i primi, nella storia del mondo, a poter svolgere i loro affari senza preoccuparsi se qualche “ufficio di saccheggio interno” cercasse di ridimensionarli» (p. 191). HARRIS – Cannibali e re www.tramedoro.eu 10 L’AUTORE Marvin Harris (1927-2001) nasce a Brooklyn, Ney York, il 18 agosto 1927. Dopo la seconda Guerra mondiale si laurea in antropologia alla Columbia University, e comincia la sua attività di ricerca, che lo porta in Brasile e in Mozambico. Nel 1969 espone per la prima volta le sue teorie pubblicando L’evoluzione del pensiero antropologico. Altre sue importanti opere successive, che hanno suscitato notevoli polemiche accademiche e giornalistiche, sono Cannibali e re (1977), La nostra specie (1990), Buono da mangiare (1998). Il suo ultimo lavoro è la versione aggiornata di Cultural Materialism: the Struggle for a Science of Culture» (2001), che costituisce la più completa trattazione del materialismo culturale. Harris muore il 25 ottobre del 2001. NOTA BIBLIOGRAFICA Marvin Harris, Cannibali e re. Le origini delle culture, Feltrinelli, Milano, 1979, traduzione di Mario Baccianini, p. 233. Titolo originale: Cannibals and Kings. The Origins of Cultures. HARRIS – Cannibali e re www.tramedoro.eu