Gioco d`azzardo patologico: nuove esigenze di tutele e vecchie

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Gioco d`azzardo patologico: nuove esigenze di tutele e vecchie
Saggi
Gioco d’azzardo patologico: nuove esigenze di tutele
e vecchie regole di contesto
Rita Tuccillo
Avvocato del Foro di Roma, Dottore di Ricerca in Diritto dell’arbitrato interno ed internazionale Università Luiss “Guido Carli” di Roma
1.
Introduzione
Il gioco1 è, sul piano fattuale, un’attività ludica
piacevole e di svago, a carattere individuale o
collettivo, che coniuga differenti funzioni di sviluppo
della creatività, di educazione e pedagogia2, di prevenzione dell’ira3 e di relax4. Il gioco è una delle prime
manifestazioni di vita del bambino, ma caratterizza
l’intero percorso della vita. La ragione del continuo
interesse dell’uomo al gioco si può ravvisare nel bisogno di evadere dalla realtà quotidiana per rifugiarsi in
quello che viene definito il “mondo magico del gioco”5.
Storicamente considerato uno strumento socialmente
utile quale mezzo di svago e distrazione, può assumere
“connotati parossistici e sproporzionati, quando da
forma di svago diventa passione smodata, che distoglie
dalle comuni attività della vita”6. Il gioco può trasformarsi in una “fonte di disordini morali, suscettibili di
compromettere gravemente gli interessi patrimoniali e
familiari del contraente, accecato dalla passione”7.
Il fenomeno del gioco lungi dall’apparire come aspetto
giuridico “di interesse meramente dottrinale e studiato
per solo desiderio di completezza”8 ha assunto un ruolo
determinante nel panorama economico e giuridico
degli stati moderni che ne detengono il monopolio.
L’offerta statale di giochi è varia e progressivamente
crescente, in quanto rappresenta uno strumento di
finanziamento per i bilanci pubblici.
Tuttavia mentre lo svolgimento sporadico di giochi può
avere effetti limitati sul reddito e sulla salute, il suo
esercizio assiduo può incidere sul giocatore creandone
dipendenza, sino a diventare una patologia.
Sicché si assiste nel corso degli ultimi anni ad una crescente diffusione delle pratiche del gioco e ad una preoccupante incremento dei giocatori d’azzardo patologici.
dell’obbligatorietà o meno dei debiti di gioco o di
scommessa non sembrano uniformi.
Il diritto romano presentava due possibili alternative: in
alcune ipotesi, vietava in pecuniam ludere; in altre,
riconosceva piena validità ed efficacia al gioco.
Pertanto le scommesse sulla corsa, sulla lotta, o sul
salto erano valide ed efficaci e davano luogo ad obbligazioni protette con azione; le scommesse proibite
erano colpite con sanzioni penali e davano luogo altresì all’infamia9.
Il codice civile del 1865 si limitava a distinguere tra
debito munito di azione e debito non munito di azione.
L’invalidità dei negozi collegati al gioco dipendeva da
un giudizio di illiceità del gioco medesimo, derivante
da illiceità della causa di gioco o da illiceità per contrarietà a norme imperative10.
L’ordinamento giuridico vigente riconosce rilevanza
giuridica al gioco ove più soggetti si accordano per
disputare una gara o una partita in base a “regole da
loro stessi imposte o comunque accettate, obbligandosi ad una prestazione di contenuto patrimoniale a favore”11 del vincitore.
Una prima dicotomia tra giochi è presente nel codice
civile12 che distingue tra “giuoco” e “scommessa” (artt.
1933-1935 c.c.). La distinzione è considerata giuridicamente irrilevante, non esistendo una differenza di disciplina applicabile tale da giustificare una classificazione, utile solo ad appagare esigenze di precisione concettuale13. Dunque, il prevalente orientamento dottrinale14 ravvisa nel gioco un mero presupposto di fatto della
scommessa, di tal che il gioco diverrebbe rilevante per
il diritto solo quando vi sia una scommessa sull’esito
dello stesso15.
Ciò premesso, dall’analisi degli articoli 1933-1935 del
codice civile e degli articoli 718-723 del codice penale
è possibile distinguere tre tipi di giochi: giochi vietati;
giochi non proibiti ma tollerati; giochi pienamente tute-
2. Classificazione dei giochi
I criteri posti dagli ordinamenti giuridici a fondamento
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dipendenza dell’esecuzione di una o di alcune delle
prestazioni dal verificarsi di un evento incerto.
L’aleatorietà non dipende dalla incertezza intorno al
vantaggio economico derivante dal contratto, non rilevando giuridicamente tale circostanza, ma si identifica
nel dato strutturale della subordinazione dell’an o del
quantum delle prestazioni all’esito del gioco o della
scommessa21.
L’art. 1935 c.c. prevede che “non compete azione per il
pagamento di un debito di giuoco o di scommessa,
anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibito”. In tali ipotesi di giochi e scommesse, l’unico effetto riconosciuto dall’ordinamento al gioco, “anche se si
tratta di giuoco o di scommessa non proibiti” (ex art.
1933 c.c.), è la soluti retentio del vincitore.
Il fondamento della irripetibilità è variamente indicato
dalla dottrina.
Secondo alcune opzioni interpretative22, il debito di
gioco sarebbe da ricondursi ad un’obbligazione naturale; secondo altre23, si tratta di prestazioni contrarie al
buon costume. Altro orientamento dottrinale ritiene che
l’irripetibilità, con la quale viene sanzionato il debito di
gioco, trovi la sua ratio nell’essere la prestazione
subordinata nell’an e nel quantum all’esito di un gioco
e, quindi, nel fatto che il trasferimento patrimoniale,
prodottosi in dipendenza dell’esito del gioco medesimo, non risponde a interessi economici meritevoli di
piena tutela. Tale trasferimento non potrebbe, quindi,
essere ricondotto all’adempimento di un dovere morale e sociale, ma neanche potrebbe essere ritenuto
immorale24.
In altre parole, l’art. 1933 c.c. stabilisce quale regola
giuridica generale che il gioco è un’attività considerata
non meritevole di tutela, tanto che da un lato non dà
azione al vincitore, dall’altro, non consente la ripetizione di quanto pagato. L’obbligazione sottesa al rapporto
giuridico del gioco d’azzardo lecito manca della coercibilità, ma l’adempimento spontaneo non è ripetibile25.
lati. La tripartizione dei giochi non si basa sulle caratteristiche del gioco, ma esclusivamente sulla voluntas
legis. Il legislatore stabilisce quali giochi sono proibiti,
quali giochi sono tollerati e quali, infine, sono tutelati.
3. Giochi vietati
L’articolo 718 c.p. sancisce il principio generale per cui
il gioco d’azzardo è illegale per l’ordinamento, se non
autorizzato. La ratio legis dell’assunto trova fondamento nella concezione del gioco d’azzardo come un
“vizio” che “rafforza la cupidigia e l’avversione al
lavoro”16, tanto che l’esigenza ludica diffusa nel sociale deve poter essere esercitata esclusivamente sotto il
controllo e il monopolio statale, che gestisce il gioco
d’azzardo lecito.
L’art. 721 c.p. definisce “giochi d’azzardo” illegali
quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la
perdita è, interamente o quasi, aleatoria.
Integrano la fattispecie del gioco d’azzardo il relativo
esercizio, l’agevolazione o la partecipazione allo stesso, ove tali condotte siano tenute “in un luogo pubblico
o aperto al pubblico o in circoli privati di qualunque
specie” (ex artt. 718 e 720 c.p.). L’art. 721 c.p. considera un gioco “d’azzardo” in presenza di due elementi
costitutivi: il fine di lucro e l’alea.
La Corte di Cassazione Penale ha precisato che “Il
gioco d’azzardo, punito dall’art. 718 cod. pen., si configura allorché l’abilità del giocatore assume un ruolo
minimo rispetto alla aleatorietà dovuta alla fortuna ed
al caso e sussiste un fine di lucro, che può essere escluso solo allorquando la posta sia talmente tenue da
avere un valore del tutto irrilevante”17.
Il gioco o “la scommessa proibita ha dal punto di vista
civilistico causa illecita” per contrarietà a norma imperativa e all’ordine pubblico ed è, quindi, sanzionata con
la nullità, “ne nasce la negazione al vincitore dell’azione per ottenere la posta vinta e l’ammissibilità della
ripetizione di quanto abbia pagato il perdente”18.
L’obbligazione naturale è, quindi, estranea a questa fattispecie e riferibile solo alle ipotesi di giochi non proibiti.
5. Giochi pienamente tutelati
I giochi pienamente tutelati producono effetti contrattuali e sono assistiti da azione in giudizio per il pagamento della posta promessa.
L’ordinamento giuridico vieta il gioco d’azzardo da un
lato, e, attraverso leggi speciali (Casa da Gioco, Lotto,
Lotterie Nazionali) e norme derogative, conferisce
4. Giochi non proibiti ma tollerati
Il Capo XXI del libro IV del codice civile è rubricato
“Del giuoco e della scommessa”. Il gioco e la scommessa19 sono tipici contratti aleatori20, in ragione della
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liceità e tutela ai giochi d’azzardo autorizzati, in quanto gestiti direttamente o indirettamente dallo Stato (a
mezzo di Gestori licenziati dal Ministero), dall’altro.
La legittimità costituzionale delle leggi speciali che
derogano al divieto di gioco d’azzardo è stata confermata dalla Corte Costituzionale, che ha affermato l’impossibilità che “i proventi del gioco lecito siano al tempo
stesso prodotto di un reato ed entrate di diritto pubblico: e ciò in base al carattere di unità e di coerenza del
nostro ordinamento giuridico”26. L’evidente contrasto
tra il divieto di giochi d’azzardo, previsto dagli artt.
718-721 c.p., e l’offerta al pubblico degli stessi in regime di monopolio statale è motivato sull’assunto che
“solo una legge dello Stato può derogare al diritto
penale vigente, tale effetto può essere conseguito anche
da una legge non emessa espressamente ad hoc, purché
contenga disposizioni incompatibili con il divieto
penalmente sanzionato. Si può inoltre rammentare che
per le disposizioni penali in generale o per quelle specifiche in tema di gioco d’azzardo (artt. 718-722 c.p.) fa
difetto un divieto di abrogazione o modifica tacita”27.
Se ne desume che i giochi d’azzardo pienamente tutelati trovano la loro legittimità in leggi statali di natura e
con efficacia derogatoria delle disposizioni penali
richiamate. Efficacia derogatoria, disposta dal legislatore, che troverebbe “ragioni giustificative della sottrazione di ipotesi di specie alla disciplina della ipotesi di
genere: accanto a quella più generale di disincentivare l’afflusso di cittadini italiani a case da gioco aperte
in Stati confinanti nelle zone prossime alla frontiera, si
pone quella più particolare di sovvenire alle finanze di
comuni o regioni ritenute dal legislatore particolarmente qualificate dal punto di vista turistico e dalla
situazione di dissesto finanziario”28.
Tali ragioni giustificative sono considerate dal legislatore prevalenti rispetto ad altri valori costituzionalmente tutelati, quali: il lavoro, di cui all’art. 1 Cost., inteso
come valore fondamentale caratterizzante la forma
dello Stato che manifesta la volontà della Costituzione
che tutti i cittadini siano impegnanti in attività socialmente utili; il risparmio, incoraggiato e tutelato dall’art. 47 Cost.; la solidarietà sociale, che tramuta il
diritto del cittadino al lavoro in un dovere sociale; la
libertà e dignità umana, che posso essere pregiudicate
dal gioco d’azzardo29.
Ne consegue che l’offerta di giochi d’azzardo leciti è
oggi molto varia e vi rientrano, in primis, le competizioni sportive e le lotterie autorizzate.
L’art. 1934 c.c. individua infatti quali giochi tutelati “I
giuochi che addestrano al maneggio delle armi, le corse
di ogni specie e ogni altra competizione sportiva”.
Per verificare se si tratti di una competizione sportiva
secondo una voce dottrinale30 non assume rilievo lo
sforzo fisico dei partecipanti, secondo altra dottrina31
l’elemento rilevante è la vigoria fisica da intendersi non
come sforzo, ma come esercizio del corpo.
Benché le competizioni sportive rientrino tra i giochi
tutelati dall’ordinamento è previsto il potere del giudice di rigettare o di ridurre la domanda di adempimento
dell’obbligazione contratta ove ritenga la posta eccessiva. Il diritto alla prestazione è, ovviamente, subordinato allo svolgimento della competizione nel rispetto
delle regole.
Il successivo art. 1935 c.c. prevede poi che “le lotterie
danno luogo ad azione in giudizio, qualora siano legalmente autorizzate”.
La lotteria32 è qualificata come un contratto bilaterale o
plurilaterale avente ad oggetto una prestazione patrimoniale caratterizzata dall’aleatorietà del risultato e
dall’aperta partecipazione del pubblico. Il presupposto
di liceità della lotteria è l’autorizzazione. Quest’ultima
realizza un elemento della fattispecie, la cui assenza
comporterebbe la nullità del contratto e la ripetibilità
delle prestazioni. Nell’alveo dei contratti di lotteria
autorizzata rientrano anche le lotterie istantanee33. Tali
lotterie, a differenza di quelle tradizionali in cui le vincite vengono attribuite a posteriori, sono caratterizzate
dalla circostanza per cui l’Amministrazione finanziaria
si impegna a mettere a disposizione degli scommettitori un numero prefissato di premi, predeterminati a
monte e corrispondenti ad altrettanti biglietti vincenti,
adeguatamente criptati, in modo da mantenere celata la
possibilità degli acquirenti di scoprire anzitempo la
natura vincente del tagliando.
Sono considerati giochi leciti e tutelati i giochi automatici34, che con macchine elettriche consentono una vincita in denaro o in natura e la possibilità di prolungare
il gioco. La definizione di apparecchio idoneo a gioco
lecito è prevista nell’art. 110, comma 6 e 7, R.D. 18
giugno 1931, n. 773 e successive modifiche, ai sensi
del quale: “Si considerano apparecchi idonei per il
gioco lecito: a) quelli che, dotati di attestato di confor-
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guire nel gioco, l’obiettivo da perseguire.
Nella seconda fase (fase della perdita progressiva),
caratterizzata da un gioco sempre più solitario e con
episodi di perdite sempre più rilevanti, il giocatore
insegue invano la vincita, trasformando il gioco nella
principale attività della vita quotidiana. In tale fase, il
gioco appare sempre più monopolizzare il pensiero e le
preoccupazioni del soggetto, fino a trasformarsi in una
fuga dalla vita reale.
Nella terza fase (fase della disperazione) il giocatore
perde la cognizione della realtà e per continuare a giocare può contrarre debiti, compiere atti illegali o violenti.
Il superamento del disturbo comportamentale necessita
di un percorso di cura e riabilitazione spesso lungo e
complesso. Il principale ostacolo alla cura della patologia si rinviene nella circostanza che il gioco è oggi una
pratica sociale riconosciuta dall’ordinamento: la dipendenza da sostanze stupefacenti è contrastata da una normativa stringente che sanziona alcune condotte connesse agli stupefacenti; la dipendenza da alcol è limitata da
sanzioni amministrative, che sanzionano, ad esempio,
la guida in stato di ebbrezza; il gioco, al contrario, non
è considerata una pratica riprovevole, il giocatore non
è emarginato dalla società, ma anzi circondato da messaggi pubblicitari che incitano al gioco.
Il fenomeno del gioco d’azzardo patologico è dilagante,
tanto che l’azzardo è considerato una delle principali
cause di indebitamento delle famiglie e delle imprese38.
La spesa per giochi e lotterie è considerata come un
“moltiplicatore negativo” della domanda di beni e servizi destinati alla vendita, poiché con lo sviamento della
domanda verso dissipazione e tassazione riduce lo stimolo potenziale alla produzione di valore aggiunto39.
Dunque il gioco influisce negativamente sulla crescita
economica di un Paese, sia in quanto dirotta la spesa
verso beni che non producono utilità, sia perché determina un rilevante costo sociale. Il costo sociale del
gioco d’azzardo patologico è composto da voci variabili: costo lavoro, inteso quale ridotta capacità lavorativa;
un costo relazionale e affettivo, che può comprendere
separazioni, divorzi e dunque costi di giustizia; costi
per la riabilitazione del gioco, che incidono sulla spesa
sanitaria; costo sociale, che comprende l’incremento di
attività illecite e, dunque, della illegalità. Tali elementi
sono la ragione dell’attenzione che viene da ultimo
riservata al tema.
mità (...), nei quali insieme con l’elemento aleatorio
sono presenti anche elementi di abilità, che consentono
al giocatore la possibilità di scegliere, all’avvio o nel
corso della partita, la propria strategia, selezionando
appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte (...); b) quelli, facenti parte della
rete telematica (…); c) quelli elettromeccanici privi di
monitor attraverso i quali il giocatore esprime la sua
abilità fisica, mentale o strategica (…)”.
Dunque dal dato normativo al fine della liceità del gioco
offerto sembrerebbe necessario che il gioco stesso presenti quale carattere predominante la abilità del giocatore, intellettiva o fisica, e come carattere solo secondario
l’alea. Eppure i giochi che vengono offerti non pare
rispondano effettivamente a tali requisiti, a meno di non
voler considerare gioco di abilità una slot machine e
abilità fisica lo sforzo di spingere un pulsante.
6. Il gioco d’azzardo patologico
Il mero incontro con il gioco d’azzardo non porta fisiologicamente all’evoluzione di un quadro patologico,
sono, invece, necessari diversi elementi per trasformare una attività ludica in una condotta di dipendenza.
Quest’ultima è il risultato di un processo caratterizzato
dal concorso di fattori diversi legati al contesto sociale,
storico, culturale ed economico.
La letteratura scientifica considera il gioco d’azzardo
come una addiction35, intesa come “dedizione”, che ben
rappresenta la mancanza di libertà e di responsabilità
del giocatore patologico. Col termine new addictions si
fa riferimento a quelle forme di dipendenza, in cui non
è implicata una sostanza chimica che crea dipendenza
fisica, ma in cui sussiste una dipendenza psicologica,
che spinge alla ricerca costante di un oggetto, di un’attività, di un comportamento.
Il gioco d’azzardo patologico è un disturbo delle abitudini e degli impulsi che determina il compimento di atti
ripetuti senza motivazione razionale, che portano a
ledere interessi personali del soggetto e di altre persone36. Dall’analisi dei percorsi37 delle persone che hanno
sviluppato problemi con il gioco, si è riscontrata una
evoluzione del quadro dall’incontro con il gioco alla
vera e propria compulsività, che può essere suddivisa
in tre diverse fasi.
Nella prima fase (fase vincente) il giocatore occasionale ottiene una vincita, che diventa lo stimolo per prose-
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La portata del fenomeno sociale del gioco era già evidente negli anni ’80, quando ha determinato il riconoscimento da parte della comunità scientifica del gioco d’azzardo come patologia, attraverso l’inclusione del
“Pathological Gambler” nella terza versione del DSM40.
Si riscontra, oggi, un crescente interesse del legislatore
nella prevenzione della dipendenza che ha portato alla
promulgazione del decreto legge 13 settembre 2012, n.
158 convertito in L. 8 novembre 2012, n. 18941, recante
“Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del
Paese mediante un più alto livello di tutela della salute”.
Il citato decreto, all’art. 5, ha disposto l’aggiornamento
dei livelli essenziali di assistenza (c.d. LEA) con riferimento “alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia, intesa
come patologia che caratterizza i soggetti affetti da
sindrome da gioco con vincita in denaro, così come
definita dall’Organizzazione mondiale della sanità
(G.A.P.)”. Con questa disposizione si è manifestata la
consapevolezza del legislatore che la dipendenza da
gioco d’azzardo è una patologia che necessita di un
intervento riabilitativo, che data la diffusione, non può
esulare dalle prestazioni fornite dal Sistema sanitario
nazionale (c.d. SSN). Tuttavia, per la effettiva modifica dei LEA e l’inserimento del GAP tra le patologie
curate dal SSN è necessaria, come noto, la promulgazione di un decreto ad hoc del Presidente del Consiglio
dei Ministri42, che allo stato tarda ad intervenire.
Nelle more, si deve tener conto che il gioco d’azzardo
patologico è una patologia che può incidere, in particolare, sulla capacità di agire e naturale del giocatore,
nonché sulle eventuali relazioni coniugali.
emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale
infermità di mente che li rende incapaci di provvedere
ai propri interessi”. Il gioco patologico, come abbiano
anticipato, è considerato come un disturbo comportamentale, che può senz’altro influenzare le scelte del
giocatore, ma difficilmente potrebbe assurgere ad una
infermità mentale abituale.
Il giocatore patologico potrebbe rientrare in alcuni presupposti della inabilitazione, e, precisamente: infermità mentale non così grave da determinare l’interdizione
o la prodigalità.
La citata infermità mentale sussiste in presenza di
un’alterazione delle facoltà mentali, che dia luogo ad
una incapacità parziale o totale di curare i propri interessi44. La dipendenza da gioco per portare a una sentenza di inabilitazione dovrebbe trovare riscontro in
una perizia psicologica, medica o psichiatrica, che ravvisi nel disturbo veri e propri sintomi patologici invalidanti la capacità di intendere e volere. Ciò trova un
ostacolo nella considerazione della dipendenza da
gioco alla stregua, non già di un vizio della volontà tale
da rendere irresistibile al giocatore la vocazione al
gioco, ma piuttosto di un vizio della personalità, che
pure potendo non avrebbe avuto l’indole di astenersi.
La dipendenza da gioco d’azzardo potrebbe, inoltre,
determinare una pronuncia di inabilitazione per prodigalità. La giurisprudenza ritiene tuttavia a tal fine
necessaria “una alterazione mentale che escluda o
riduca notevolmente la capacità di valutare il denaro,
di risolvere i problemi anche semplici di amministrazione, di cogliere il pregiudizio conseguente allo sperpero delle proprie sostanze”45. Tuttavia, il ricorso
all’istituto per i giocatori patologici è stato escluso in
capo ai soggetti che erano dediti al gioco, ma in maniera consapevole, anzi al preciso scopo di guadagnare
denaro46.
Una tutela per il giocatore patologico potrebbe rinvenirsi nell’istituto dell’amministrazione di sostegno.
L’art. 404 c.c.47, definisce l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno prevedendo che “La
persona che, per effetto di una infermità ovvero di una
menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai
propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno”.
L’amministrazione di sostegno ha come presupposto
7. Limitazioni della capacità di agire
Il gioco d’azzardo patologico può influire sulla capacità di agire del giocatore, intesa quale “idoneità a compiere a validamente atti giuridici che consentano al
soggetto di acquisire ed esercitare diritti o di assumere
ed adempiere obblighi”43, riducendola o, addirittura,
eliminandola. In queste ipotesi, al fine di tutelare il giocatore si potrebbe ricorrere a strumenti di tutela come
l’interdizione, l’inabilitazione o l’amministrazione di
sostegno, per cui è opportuno verificarne la concreta
applicabilità.
Ai sensi dell’art. 414 c.c., il ricorso all’interdizione è
possibile solo per: “Il maggiore di età e il minore
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getti privati estranei alla normale linea creditizia bancaria e finanziaria.
La Corte di Cassazione, in una recente sentenza53, ha
affermato che il giocatore, il quale vuole invocare la
propria incapacità naturale derivante dall’essere avvezzo al gioco d’azzardo al fine di annullare quel contratto di prestito, deve necessariamente fornire prova rigorosa della patologia la quale non può desumersi dalla
mera frequentazione assidua delle sale da gioco.
L’aspetto più problematico dell’annullamento di un
atto per incapacità naturale è la prova dell’incapacità,
che non risulta facile da integrare.
una qualsiasi menomazione che ponga l’interessato
nella, anche, momentanea impossibilità di provvedere
ai propri interessi. Per ottenere il relativo provvedimento, dunque, non è necessaria la sussistenza di alcuna
comprovata incapacità totale o parziale di intendere e
volere, ossia una diagnosticata patologia inficiante la
cognizione del soggetto. Anche solo una generica
menomazione di natura fisica o psichica che renda l’interessato incapace di attendere alle proprie esigenze e
ai propri interessi consente la nomina dell’amministratore di sostegno.
Il ricorso all’istituto dell’amministrazione per la tutela
degli interessi, soprattutto economici, dei giocatori
patologici è ormai considerato possibile dalla giurisprudenza, che propende all’utilizzo dello strumento
invece di ricorrere a misure di tutela più incisive sulla
capacità del destinatario48.
La disciplina dell’AdS49 prevede, infatti, la possibilità
che il giudice tutelare stabilisca espressamente quali
atti potrà compiere il beneficiario in modo autonomo,
quali gli saranno del tutto vietati e quali dovrà compiere con la necessaria assistenza dell’amministratore50.
Un altro istituto che potrebbe essere utilizzato al fine di
tutelare i giocatori patologici è l’incapacità naturale.
Quest’ultima è disciplinata dall’art. 428 c.c. che stabilisce “Gli atti compiuti da persona che, sebbene non
interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa,
anche transitoria, incapace d’intendere o di volere al
momento in cui gli atti sono stati compiuti possono
essere annullati, quando, per il pregiudizio che sia
derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente”51.
In alcuni (e isolati casi) la giurisprudenza52, riconoscendo la sussistenza della patologia in capo all’attore, ha
ritenuto che la stessa fosse talmente rilevante da determinare nel malato l’incapacità obiettiva di autodeterminarsi perfino nel contrarre di un prestito, finalizzato al
reperimento di liquidità da destinare al gioco d’azzardo.
Il giocatore aveva maturato una totale dipendenza dal
gioco d’azzardo che lo aveva portato a dilapidare il
proprio patrimonio familiare. Il bisogno di giocare non
era più limitato al tempo ma anche all’entità degli investimenti tanto da raggiungere mediamente cinquecento
euro al giorno. Per mantenere i ritmi compulsivi era
stato costretto a contrarre prestiti facendo ricorso a sog-
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8. Rapporti tra coniugi
Il gioco patologico può avere, e molto spesso ha, effetti pregiudizievoli nei rapporti familiari. L’art. 143 c.c.,
comma 3, stabilisce che “[e]ntrambi i coniugi sono
tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e
alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.
Lo sviamento delle risorse economiche derivanti dai
proventi realizzati con la propria attività lavorativa per
fini futili, quali dedicarsi all’attività di gioco, può configurare una violazione del dovere di contribuzione ai
bisogni della famiglia.
In tali casi, il pregiudizio economico causato dal giocatore e patito dal coniuge potrebbe essere ricondotto alla
categoria del danno ingiusto. Peraltro potrebbe rilevare
oltre al risarcimento del danno patrimoniale, anche
quello non patrimoniale, essendo coinvolti aspetti
riguardanti la persona e lo svolgimento della propria
vita, danneggiata dalla condotta del coniuge giocatore54.
La concreta risarcibilità del danno causato dal giocatore d’azzardo patologico al coniuge può essere impedita
da alcune circostanze. L’ingiustizia del danno patito dal
coniuge del giocatore potrebbe escludersi ove entrambi
i coniugi abbiano contribuito, anche se in diversa misura, a determinare il danno, in applicazione del principio
volenti non fit iniuria. Probabilmente potrebbe escludersi una responsabilità aquiliana del giocatore anche
nell’ipotesi in cui “il coniuge abbia contratto il matrimonio con la consapevolezza55 della propensione al
gioco” o nell’ipotesi in cui conscio della patologia sia
rimasto inerte.
Il giocatore inoltre potrebbe dimostrare in giudizio che
la dipendenza dal gioco d’azzardo ha determinato una
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mità hanno ritenuto che il disturbo della shopper non
determinasse una incapacità di intendere e volere e dunque hanno confermato l’addebito della separazione nei
confronti della moglie affetta dalla sindrome da “shopping compulsivo” facendole perdere il diritto al mantenimento. Allo stesso modo nelle ipotesi di giocatori
patologici è ben possibile che l’autorità giudiziaria non
ritenga sufficiente la sussistenza di una dipendenza
comportamentale per l’esclusione ad nutum della
volontarietà della condotta del giocatore. Il giocatore
dunque che abbia dilapidato patrimonio, da destinare ai
bisogni della famiglia, potrebbe violare gli obblighi di
mantenimento derivanti dalla normativa dettata in tema
di matrimonio ed incorrere, oltre che in una possibile
condanna al risarcimento dei danni subiti, in una pronuncia di addebito in sede di separazione.
“mancanza rilevante sul piano della volontà e, quindi,
dell’imputabilità della condotta”56 escludendo così
l’applicabilità dell’art. 2043 c.c. A quanto precede si
deve inoltre aggiungere che l’utilizzo di risorse economiche per fini estranei ai bisogni della famiglia potrebbe configurare una violazione dei doveri coniugali e
determinare, in sede di separazione e divorzio, l’addebito a carico del coniuge giocatore.
Chiaramente la condizione patologica del giocatore
potrebbe portare ad escludere l’imputabilità della condotta dannosa allo stesso giocatore per carenza della
sua volontà, ma la prova dello stato di incapacità del
giocatore in sede processuale è ardua.
La Corte di Cassazione57 si è occupata del tema in relazione ad un’altra dipendenza comportamentale: lo shopping compulsivo. In questa ipotesi, i Giudici di legitti-
_________________
1 La parola ‘gioco’ deriva dal latino iocus
che significa scherzo, burla, da cui il predicato iocari, giocare. In greco le parole che
significano gioco, scherzo e cioè ?? ??????
e ????????, sono connesse alla radice di ????
?????? ossia bambino.
2 Come rilevato da Quintiliano, Institutio
oratoria, 1. 3, 8-12, Torino, Einaudi, 2001.
3 Come è messo in risalto da Seneca, De ira
IV, 21, v. trad. e ann., Milano, Serdonati,
1863.
4 Cfr. M.G. CAVALCA SCHIROLI (a cura di),
Lucio Anneo Seneca, De tranquillitate
animi, Bologna, Cooperativa Libraria
Universitaria editrice, 1981.
5 Cfr. L. BUTTARO, Del gioco e della scommessa, in Comm. Scialoja-Branca,
Bologna, Zanichelli, 1959, p. 3.
6 Cass. 21 aprile 1949, n. 964, in Foro it.
1949, I, c. 1177 ss.
7 Cass. 21 aprile 1949, n. 964, ult. loc. cit.
8 Così DI GIANDOMENICO – RICCIO, sub art.
1933 c.c., in Dei singoli contratti (artt.
1861-1986), a cura di D. VALENTINO, Torino, UTET, 2011, vol. IV, p. 324.
9 Sul tema si rinvia a FUNAIOLI, Il giuoco e
la scommessa, in Trattato di diritto civile
italiano, a cura di F. VASSALLI, Torino,
UTET, 1961, vol. IX, t. II, fasc. 1, p. 116.
10 Cfr. A. PINO, Il gioco e scommessa e il
contratto aleatorio, in Studi in onore di
Francesco Santoro-Passarelli, III, Napoli,
Jovene, 1972, p. 787.
11 Cfr. DI GIANDOMENICO – RICCIO, sub art.
1933 c.c., cit., p. 335.
12 Precisamente nel Capo XXI, del Titolo
III rubricato “Dei singoli contratti”, del
Libro IV dedicato alle obbligazioni.
13 Cfr. L. BUTTARO, Giuoco, I, Giuoco e
scommessa, dir. civ., in Enc. Giuridica,
Roma, Treccani, 1989, XV, p. 2.
14 Cfr. E. BRIGANTI, La disciplina dei debiti di giuoco, in Riv. del Notariato, 1994, p.
252.
15 Cfr. FUNAIOLI, Il giuoco e la scommessa,
cit., p. 114 e ss., ove precisa che “la disciplina giuridica prescinde oggi del tutto
dalla distinzione fra scommesse in base a
giuoco o indipendenti da questo (e fatte per
passatempo, per emulazione, per sostenere
44
un effettivo contrasto di opinioni, ecc.), ma
ha riguardo unicamente alla distinzione fra
quei tipi di scommesse più o meno direttamente tutelate (art. 1933 e segg. cod. civ.) o
proibite”.
16 Lavori preparatori al codice civile consultabili anche in AA.VV., Il nuovo codice
civile commentato: con i lavori preparatori, la più recente giurisprudenza, i confronti tra il vecchio e il nuovo codice, le norme
di attuazione, a cura di Nicola Stolfi, Francesco Stolfi, Napoli, Jovene, 1939-1956.
17 Cass. 24 ottobre 2002, n. 42519, in Rep.
Foro it. 2003, p. 1170. Secondo Cass. pen.,
12 ottobre 2011, n. 43679: “Non integra il
reato di esercizio di gioco d’azzardo l’organizzazione di tornei di poker texano (cosiddetto Texas Hold’Em) in quanto i giochi di
carte organizzati in forma di torneo, ove la
posta in gioco sia costituita esclusivamente
dalla sola quota d’iscrizione, sono considerati giochi di abilità e non d’azzardo”.
18 Cfr. M.A. C IOCIA , L’obbligazione
naturale: evoluzione normativa e prassi
giurisprudenziale, Milano, Giuffrè, 2000,
p. 107.
Temi Romana
Saggi
19 “Il gioco e la scommessa sono contratti
aleatori, a titolo oneroso, caratterizzati dalla
artificiale creazione del rischio, e che presentano, a seconda dei casi, la struttura bilaterale o plurilaterale” secondo BUTTARO, in
Del giuoco e della scommessa, in Comm.
Scialoja-Branca, cit., p. 57. La natura contrattuale è concordemente ammessa per i
giochi e le scommesse fornite di piena tutela giuridica (giochi e scommesse autorizzati), dubbi sussistono per i giochi vietati.
20 L’incidenza del rischio intesa come “il
variare l’entità di una o di entrambe le prestazioni a seconda del verificarsi o meno di
un evento futuro e incerto” è l’elemento
caratterizzante i contratti aleatori, secondo
BUTTARO, in Del giuoco e della scommessa,
cit., p. 71.
21 Cfr. BUTTARO, Gioco, I, Gioco e scommessa, dir. civ., cit.; ID., In tema di gioco, in
Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1952, p. 408 ss.
22 Cfr. BUTTARO, In tema di gioco, cit.
23 Cfr. G. B. FERRI, La neutralità del gioco,
in Riv. Dir. Comm. e gen. delle obbl., 1974,
I, 46; P. RESCIGNO, L’abuso del diritto,
Bologna, il Mulino, 1998, p. 145.
24 Nel dibattito sul fondamento, se adempimento di un’obbligazione naturale o esecuzione di prestazione ob turpem causam,
della sanzione di cui la norma fornisce il
debito di gioco, una dottrina (PINO, Il gioco
e scommessa e il contratto aleatorio, cit., p.
791) suggerisce una diversa soluzione: il
gioco e la scommessa concretano la linea di
confine tra validità e nullità del negozio; in
essi non si ravvisa infatti né illiceità, né
immoralità, ma manca l’utilità sociale.
L’intento ludico si viene così a sistemare,
proprio perché volto a realizzare una funzione frivola, tra l’illiceità cui l’ordinamento appronta la sanzione della nullità e la
piena meritevolezza.
25 La irripetibilità è esclusa nell’ipotesi in
cui il perdente sia un soggetto incapace, ove
è sempre ammessa l’azione per ottenere la
ripetizione della somma giocata e persa.
26 Secondo la Corte Cost., 23 maggio
1985, n. 152: “La circostanza che altri
comuni o regioni si trovino o potrebbero
trovarsi in condizioni analoghe a quelle dei
comuni o della regione a statuto speciale
finora considerati dal legislatore non concreta di per sé sola e hic et nunc lesione
dell’art. 3 Cost. E ciò tanto più in quanto
Temi Romana
dalla lamentata circostanza (cioè dalla
censurata omissione del legislatore) non
possono trarsi conseguenze di automatica
estensione”. La Corte Costituzionale conclude, quindi, per la non fondatezza della
questione di legittimità costituzionale, in
riferimento all’art. 3 Cost., delle leggi 3
novembre 1954, n. 1042, 29 novembre
1955, n. 1179, 18 febbraio 1963, n. 67, 6
dicembre 1971, n. 1065 e 26 novembre
1981, n. 690, per le parti e nel senso in cui
prevedono la liceità del gioco d’azzardo nel
Casinò di Saint Vincent. La sentenza è edita
in CED Cassazione, 1985 o sul sito
www.giurcost.it.
27 Così Corte Cost., 23 maggio 1985, n.
152, cit.
28 Secondo quanto affermato dalla Corte
Cost., 23 maggio 1985, n. 152, cit.
29 Profilo evidenziato da Corte Cost., 30 ottobre 1975, n. 237, in Foro it., 1976, I, p. 14.
30 Cfr. BUTTARO, Giuoco, I, Giuoco e
scommessa, dir. civ., cit., p. 6.
31 Cfr. E. BRIGANTI, La disciplina dei debiti di giuoco, in Rivista del Notariato, 1994,
p. 251.
32 Cfr. E. VALSECCHI, Giuoco e scommessa,
in Enciclopedia del diritto, XIX, Milano,
Giuffrè, 1970, p. 49 ss.
33 Sul tema si rinvia a G. POLI, Lotterie
istantanee: la speranza delusa non è risarcibile, in Giur. It, 2008, p. 10.
34 Il Decreto legge 4 luglio 2006, n. 223
(c.d. Decreto Bersani-Visco), “Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale,
per il contenimento e la razionalizzazione
della spesa pubblica, nonché interventi in
materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale” (in G.U. n. 153 del 4 luglio 2006,
conv. in L. 4 agosto 2006, n. 248, in G.U. 11
agosto 2006, n. 186), all’art. 38, inoltre, ha
disposto Misure di contrasto del gioco illegale, “legalizzando due tipologie di gioco”
(P. CIPOLLA, Social network, furto d’identità e reati contro il patrimonio, in Giur.
Mer., 2012, 12, p. 2672 B) le scommesse a
distanza a quota fissa con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori e i giochi di abilità a distanza con vincita in denaro, nei quali il risultato dipende, in misura
prevalente rispetto all’elemento aleatorio,
dall’abilità dei giocatori. La legge di conversione ha confermato la legalità dei c.d.
skills games ossia “l’esercizio dei giochi di
45
abilità a distanza con vincita in denaro nei
quali il risultato dipende, in misura prevalente rispetto all’elemento aleatorio, dall’abilità dei giocatori” (art. 1).
35 Con il termine “Dependence” si indica la
dipendenza fisica e chimica, ossia la condizione in cui si verifica un’alterazione del
comportamento che determina una ricerca
patologica del piacere. Cfr. G. SERPELLONI,
Il gioco d’azzardo patologico in Italia, in
The Italian journal on addiction, vol. 2, n.
3-4, 2012 (numero monografico).
36 In questo senso C.A. COLOMBO - I.
MERZAGORA BETSOS, Tentare nuoce: il
gioco d’azzardo in criminologia e psicopatologia forense, in Riv. it. Medicina legale,
2002, 06, p. 1361.
37 Cfr. H.R. LESIEUR - R. J. ROSENTHAL,
Pathologic Gambling: a review of a literature, prepared for the American Psichiatric
Task Force of DSM – IV Committee on
Desorders of Impulse Control Not
Elsewhere Classified, in Gambling Studies,
1991; R.L., CUSTER, Pathological gambling, in A. WHITFIELD (a cura di), Patients
with Alcoholism and other Drug Problems,
New York, Year Book Publication, 1984; C.
GUERRESCHI, Il gioco patologico, Roma,
Edizioni Kappa, 2003.
38 Cfr. M. FIASCO, Aspetti sociologici, economici e rischio criminalità, in AA.VV. Il gioco
e l’azzardo, Milano, Franco Angeli, 2002.
39 Cfr. E. L. GRINOLS - D. B. MUSTARD,
Business profitability vs. social profitability: Evaluating the social contribution of
Industries with externalities and the case of
the casino industry, in Managerial and
Decision Economics, 2001, n. 22, p. 143.
40 Cfr. Diagnostic Statistic Manual, ossia il
sistema, riconosciuto in ambito internazionale,
di classificazione delle condizioni patologiche
riconosciute dalla comunità scientifica internazionale. American Psychiatric Association,
Diagnostic and Statistical Manual of Mental
Disorders (ed. 4, Washington DC., 1994),
Milano, Masson, 1995.
41 Il decreto Balduzzi è stato pubblicato in
G.U. 10 novembre 2012, n. 263.
42 Su proposta del Ministro della salute di
concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze, d’intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano.
Saggi
43 A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, Manuale
di diritto privato, Milano, Giuffrè, 2013, p.
82.
44 Cass., 4 luglio 1985, n. 4028, in Giust.
Civ. Mass., 1985, f. 7.
45 Cass., 13 marzo 1980, n. 1680, in Giust.
Civ. Mass., 1980, f. 3.
46 Trib. L’Aquila, 7 maggio 2008, in banca
data elettronica Pluris – Utet Cedam.
47 La Legge n. 6/2004, modificativa del
Codice Civile, ha introdotto l’istituto dell’amministrazione di sostegno. La ratio della
riforma consiste nel “tutelare, con la minore
limitazione possibile della capacità di agire,
le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della
vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente” (art.1).
48 Cfr. inter alios decreto del Tribunale di
Monza del 15 dicembre 2010, inedito.
49 Si distinguono tre forme di AdS: amministrazione rappresentativa, ove il giudice
individua espressamente quali atti l’amministratore ha il potere di compiere in nome
e per conto del beneficiario, sostituendosi a
quest’ultimo nella qualità di rappresentante
legale; amministrazione di assistenza, ove il
giudice stabilisce quali atti il beneficiario
può compiere con la mera assistenza dell’amministratore di sostegno; estensione
della disciplina dell’interdizione o inabilitazione, ove il giudice tutelare (ex art. 411,
ult. comma, c.c.) sceglie di applicare al
beneficiario dell’AdS le stesse preclusioni
stabilite per gli interdetti o quelle prescritte
per gli inabilitati.
50 Si precisa che, il terzo comma dell’art.
406 c.c. prevede l’obbligo per i “responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della
persona, ove a conoscenza di fatti tali da
rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno” di
proporre al giudice tutelare il ricorso per
l’amministrazione di sostegno o di informarne il pubblico ministero. Dalla norma
non si evince quali soggetti siano destinatari dell’obbligo di proporre il ricorso, ossia
se l’obbligo riguardi i soggetti apicali delle
strutture o anche gli operatori delle stesse.
La prima interpretazione propende per una
lettura verticistica e assicura maggior attenzione per gli interessi del paziente. La seconda lettura è conforme al principio di non
burocratizzazione e semplificazione del
procedimento e potrebbe essere confortata
dal fatto che si parla di servizi (evidenziando l’elemento funzionale) e non di struttura. Sembra preferibile una lettura intermedia e considerare quale responsabile del
servizio chi ha responsabilità di indirizzo
della terapia specifica richiesta al servizio.
minare il risarcimento del danno patrimoniale, quali quelle previste dall’art. 217 c.c.
La citata disposizione al secondo comma
stabilisce che ove uno dei coniugi abbia
amministrato i beni dell’altro, munito di
procura ma senza un espresso obbligo di
rendiconto, il coniuge o i suoi eredi possono domandare la consegna dei frutti esistenti, ma non si risponde per i frutti già
consumati. Il terzo comma dell’art. 217 c.c.
prevede che se uno dei coniugi, “nonostante l’opposizione dell’altro, amministra i
beni di questo o comunque compie atti relativi a detti beni risponde dei danni e della
mancata percezione dei frutti”. In questa
seconda ipotesi il legislatore espressamente
consente al coniuge danneggiato che ha
provato ad impedire il depauperamento del
patrimonio senza riuscirvi la facoltà di
domandare il risarcimento dei danni subiti.
51 Sussiste un grave pregiudizio ove l’atto
abbia causato all’attore una perdita economica o sia ravvisabile un’alterazione dell’equilibrio negoziale a causa dell’assunzione di obblighi ingiustificati o eccessivamente onerosi. La giurisprudenza ha precisato
che per l’annullamento degli atti unilaterali
è necessaria la prova del grave pregiudizio
subito dall’attore, mentre l’annullamento di
contratti è subordinato all’accertamento del
requisito della mala fede dell’altro contraente, “rispetto alla quale il pregiudizio all’incapace si pone soltanto quale uno dei possibili elementi rilevatori” (Cass. 8 novembre
1966, n. 2732, in Giur. It. 1967, p. 1140).
56 Cfr. DI MARZIO, Scommesse, vizi, cavalli, depauperamento patrimoniale, cit., p.
1608, secondo l’Autore in questo caso l’altro coniuge dovrebbe altresì rispettare il
dovere di assistenza sancito dall’art. 143 c.c.
52 V. Tribunale Civile di La Spezia, con
una sentenza del gennaio 2013, inedita.
53 Cass. 1 ottobre 2012, n. 16670, in CED
Cassazione, 2012.
54 In alcune ipotesi, è il legislatore stesso a
disciplinare fattispecie che possono deter-
46
55 Cfr. M. DI MARZIO, Scommesse, vizi,
cavalli, depauperamento patrimoniale, in
Trattato della responsabilità civile e penale
in famiglia, a cura di P. CENDON, II, Padova,
CEDAM, 2004, pp. 1605-1609.
57 Cass., 18 novembre 2013, n. 25843, in
CED Cassazione. Sembra anche utile ricordare che il Tribunale di Varese, con decreto
3 ottobre 2012 in www.altalex.it, ha concesso l’amministrazione di sostegno a una
donna affetta dalla sindrome da “shopping
compulsivo”, poiché dall’istruttoria è risultata evidente la difficoltà della donna di
“contenere la propensione al consumo irrazionale di denaro” e la necessità di farle
“riacquistare la capacità di risparmio e
gestione efficiente del reddito”.
Temi Romana