Corte di Cassazione civ Sezione 3 Civile
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Corte di Cassazione civ Sezione 3 Civile Sentenza del 11 febbraio 2010, n. 3078 Integrale LOCAZIONE - ALIENAZIONE COSA LOCATA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VARRONE Michele - Presidente Dott. FILADORO Camillo - Consigliere Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere Dott. TALEVI Alberto - rel. Consigliere Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 28696-2005 proposto da: COMUNE DI ORVIETO (OMESSO), in persona del Sindaco pro tempore, Dott. Mo. St. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. KIRCHER 14, presso lo studio dell'avvocato D'IPPOLITO ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato FINETTI SERGIO giusta delega in calce; - ricorrente contro AR. SRL (OMESSO), in persona del legale rappresentante M. P. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 140, presso lo studio dell'avvocato LUCATTONI PIERLUIGI, rappresentata e difesa dall'avvocato TURRENI AGOSTINO giusta delega in calce al controricorso; - controricorrente e contro RI. OR. SRL; - intimata avverso la sentenza n. 129/2005 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, emessa il 07/01/2005, depositata il 05/05/2005; R.G.N. 27/2002; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2009 dal Consigliere Dott. ALBERTO TALEVI; udito l'Avvocato Alessandro D'IPPOLITO; udito l'Avvocato Marcello CAPRIO per delega Avv. Agostino TURRENI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Nell'impugnata decisione lo svolgimento del processo e' esposto come segue. "Con citazione, notificata in data 13/6/2000, la s.r.l. Ri. Or. ha narrato di essere conduttrice di alcuni locali di proprieta' del Comune di Orvieto, esercitandovi attivita' di ristorazione e bar, per i quali - esclusi soltanto il piano mezzanino e l'appartamento ad uso abitativo - l'Amministrazione comunale aveva ad essa notificato, in data 29/2/2000, proposta di vendita per il prezzo di lire 900.000.000. Ad una richiesta della societa' attrice di ricomprendere nella compravendila anche i locali non contemplati nell'offerta iniziale, era seguita risposta negativa con missiva che, pur datata 20/4/2000, era stata notificata soltanto il 5/5/2000 dal messo comunale, quando il termine per esercitare la prelazione era ormai ampiamente scaduto, il 22/5/2000 la Ri. Or. aveva notificato al Comune diffida a stipulare l'atto alle condizioni che lo stesso Comune aveva comunicato il 29/2/2000. Cio' premesso, l'attrice, ritenendo di avere correttamente esercitato il diritto di prelazione, ha chiesto, ai sensi dell'articolo 2932 c.c. la pronuncia di una sentenza produttiva degli stessi effetti del contratto e, considerata la violazione, da parte del Comune di Orvieto, del principio della buonafede, la sua condanna al risarcimento del danno sia per responsabilita' contrattuale che extracontrattuale. Il Comune di Orvieto, costituendosi, (... OMISSIS ...) ha negato che l'attrice avesse correttamente esercitato il diritto di prelazione ed ha chiesto la reiezione della domanda. Nel corso del giudizio e' intervenuta la s.r.l. Ar. , alla quale la s.r.l. Ri. Or. aveva ceduto nel frattempo un ramo di azienda ed anche il rapporto di locazione con il Comune, dal quale derivava il preteso diritto di prelazione. La societa' Ar. ha fatto proprie le deduzioni e le richieste della Ri. Or. , della quale ha chiesto l'estromissione dal giudizio. Con sentenza 10/1/2002 l'adito tribunale di Orvieto, respinte le eccezioni preliminari del Comune, ha ritenuto che l'esercizio del diritto di prelazione, da parte della Ri. Or. , fosse stato tempestivo e cio' in quanto il Comune, non avendo agito con buona fede nel corso delle trattative, era responsabile del superamento peraltro in misura irrisoria del termine strettamente cronologico per l'invio della conferma definitiva dell'intenzione di acquistare. Ravvisato, quindi, l'inadempimento dell'obbligazione del Comune a stipulare, ha accolto la domanda di pronuncia ex articolo 2932 c.c., respingendo, invece, la richiesta di risarcimento danni. Ha interposto appello il Comune (... OMISSIS ...). Ha concluso per la riforma della sentenza impugnata e la reiezione della domanda di parte attrice. Si sono costituite le societa' appellate, sostenendo l'infondatezza dell'impugnazione e proponendo appello incidentale condizionato in relazione al rigetto della domanda di risarcimento dei danni ...". Con sentenza 7.1 - 5.5.2005 la Corte di Appello di Perugia, definitivamente pronunciando, provvedeva come segue. "1) in parziale riforma della sentenza impugnata, subordina l'effetto traslativo all'avvenuta corresponsione del prezzo, come ivi determinato; 2) conferma nel resto; 3) condanna il Comune di Orvieto, in persona del sindaco pro tempore, a rifondere alle societa' appellate le spese del grado, che liquida in euro 143,00 per esborsi, euro 1.500,00 per diritti ed euro 8.000,00 per onorari, oltre accessori di legge e spese generali come da tariffa". Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Orvieto con un unico, articolato motivo. La Ar. s.r.l. ha resistito con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'unico, articolato motivo il ricorrente comune denuncia "Violazione e falsa applicazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 38 sotto diversi profili, ciascuno dei quali assorbente, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3; insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5" esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente. Sia il Giudice di prime cure che la Corte territoriale hanno ritenuto valido e tempestivo l'esercizio della prelazione da parte della societa' Ri. Or. s.r.l., giudicando quindi sorto tra le parti il vincolo di concludere il contratto di compravendita. Per quanto qui interessa, la Corte ha (giustamente) escluso che la lettera inviata in data 10/3/2000 dalla Ri. Or. s.r.l. possa essere considerata esercizio della prelazione, testualmente affermando "ne' cio' ha ritenuto il Tribunale, giacche' ivi esplicitamente si chiede sollecita risposta alle osservazioni, nella stessa lettera formulate all'offerta del Comune, alfine di valutare il possibile esercizio della prelazione". La Corte, errando, ha invece ritenuto validamente esercitata la prelazione tramite la comunicazione datata 22.05.2000 e notificata al Comune in data 25.05.2000 (nonostante: - essa sia pervenuta al Comune ben oltre il termine di 60 giorni di cui all'articolo 38 citato; - non abbia il contenuto voluto dalla citata norma ossia non contenga condizioni uguali a quelle comunicate dal proprietario; - sia stata sottoscritta dall'avvocato della Ri. Or. anziche' dal suo legale rappresentante; - ci si trovi di fronte ad una tesi mai avanzata in tutto il corso del giudizio dalla stessa societa' attrice e dalla societa' intervenuta) assumendo che il ritardo della stessa rispetto al termine per l'esercizio del diritto di prelazione sarebbe addebitabile alla mala fede precontrattuale del Comune. Ma la ricordata comunicazione deve necessariamente provenire dal proprietario dell'immobile. La diffida 22/5/2000, notificata al Comune il 25/5 successivo, non costituisce valido esercizio della prelazione poiche' non contiene la dichiarazione della volonta' del conduttore di acquistare l'immobile offerto in prelazione alle stesse condizioni indicate nella denuntiatio, costituita dalla nota del Comune di Orvieto del 22.02.2000. Altro profilo di violazione e falsa applicazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 38 sta nell'aver ritenuto validamente esercitata la prelazione a mezzo della piu' volte richiamata comunicazione dell'Avv. Turreni del 22/5/2000 anche se essa e' stata effettuata oltre la scadenza del termine di 60 giorni dal ricevimento della denuntiatio fissato dall'articolo 38 citato. Sulla natura perentoria del termine citato non puo' sussistere dubbio. La Corte d'Appello ha dichiarato senza fornire alcuna autonoma motivazione - di condividere l'argomentazione del Tribunale secondo la quale, da un lato, il ritardo rispetto al termine per l'esercizio del diritto di prelazione sarebbe stato "addebitabile alla malafede precontrattuale del Comune" i cui funzionari avrebbero temporeggiato sulla richiesta del potenziale acquirente di includere nella cessione anche altre parti dell'immobile fino alla scadenza del termine e, dall'altro lato, lo "sforamento rispetto al termine era risultato modesto e non significativo, in quanto rientrante nell'ulteriore termine di trenta giorni, stabilito dalla Legge n. 392 del 1978, articolo 38, comma 4 per il versamento del prezzo". La pretesa addebitabilita' del ritardo al Comune e' in contrasto con la struttura legale della prelazione prevista dall'articolo 38, rispetto alle cui modalita' di perfezionamento e' del tutto irrilevante ed ininfluente l'eventuale sussistenza di trattative tra le parti. Sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado hanno erroneamente dato ampia rilevanza e risalto alle asserite trattative intercorse tra le parti, laddove esse sono del tutto irrilevanti ed inlnfluenti ai tini del meccanismo della prelazione. Il motivo e' fondato nella sua parte essenziale. Infatti (premesso che il termine per l'esercizio del diritto di prelazione e' un termine di decadenza; cfr. tra le altre Cass. 5369/09) vanno confermati i seguenti principi di diritto sostanzialmente pacifici da molto tempo: - A) (v. Cass. Sentenza n. 1568 del 12/06/1963) "Mentre il fondamento della prescrizione e' la presunzione di abbandono di un diritto per inerzia del titolare, il fondamento della decadenza e' l'esigenza obiettiva del compimento di particolari atti entro un termine perentorio, stabilito dalla legge o dalla volonta' dei privati, indipendentemente dalle circostanze subiettive od obiettive dalle quali dipende l'inutile decorso del tempo", - B) pertanto "I termini perentori rientranti nell'istituto generale della decadenza decorrono per il solo fatto materiale del trascorrere del tempo, indipendentemente dalle situazioni soggettive ed oggettive verificatesi medio tempore e dalle quali sia dipeso l'inutile decorso del termine, salve le eccezioni tassativamente previste dalla legge (articolo 328 c.p.c., comma 1, articolo 395 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 6 e articolo 397 c.p.c., comma 2" (cfr. Cass. Sentenza Cass., n. 6666 del 06/12/1988; per una recente applicazione di tali principi cfr. Cass. Sentenza n. 3812 del 21/04/1994: "Il termine di venti giorni dall'avvenuta comunicazione per la proposizione del ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso al consulente tecnico (Legge 8 luglio 1980, n. 319, articolo 11, comma 5) deve considerarsi perentorio, ancorche' la legge non lo dichiari espressamente tale, attesa la sua natura di termine di impugnazione. Ne consegue che la questione della tempestivita' del gravame, per il suo carattere pregiudiziale, in quanto attinente alla esistenza di un presupposto processuale, deve essere risolta d'ufficio dal giudice e che la decadenza va ravvisata per il solo fatto materiale del trascorrere del tempo, indipendentemente dalle situazioni soggettive e assoggettive verificatesi medio tempore, salve le eccezioni tassativamente previste dalla legge" invece Cass. n. 8247/97, citata dalla parte controricorrente, non suffraga in realta' validamente la tesi di quest'ultima poiche' concerne una diversa ipotesi, e cioe' quella che nella comunicazione del locatore non sia indicato il termine per il conseguimento del prezzo di acquisto ed il locatore stesso, sebbene tempestivamente sollecitato dal conduttore, si sia rifiutato di fornirlo). - C) da quanto ora esposto discende anche l'assoluta mancanza di "elasticita'" di detti termini, i quali vanno rispettati sempre in modo rigoroso, senza che pertanto il Giudice possa ritenere irrilevante la loro violazione se sono stati superati in misura ritenuta modesta (cfr. tra le altre Cass. Sentenza n. 18783 del 26/09/2005). Ha dunque errato in diritto la Corte d'Appello di Perugia quando ha attribuito rilevanza ai seguenti rilievi: -a) funzionari del Comune "... assicuravano gli emissari della Ri. Or. sulla volonta' di pervenire alla vendita e temporeggiavano ...", b) "... la lettera di intimazione a rispettare il termine del 29/4/2000 era stata (volutamente) notificata soltanto il 5/5/2000 ..." (tra l'altro la Corte non ha considerato neppure che il Comune non aveva nessun obbligo giuridico di inviare una lettera di intimazione a rispettare il termine di decadenza predetto; e che quindi si trattava di un fatto giuridicamente irrilevante pure per tale motivo); -c) "... lo sforamento rispetto al termine era risultato modesto e non significativo in quanto rientrante nell'ulteriore termine di trenta giorni, stabilito dalla Legge n. 392 del 1978, articolo 38, comma 4 per il versamento del prezzo ..."; -d) "...Il comportamento, quantomeno ambiguo, del Comune ha, infatti, costretto la societa' attrice a fare ricorso ad un legale ..." (la societa' attrice aveva l'onere di esercitare il diritto di prelazione nel termine di legge a prescindere dalle trattative in corso ed in particolare dal comportamento del Comune). Sulla base di quanto sopra esposto (che ha efficacia assorbente rispetto alle altre doglianze) il ricorso va accolto; e l'impugnata sentenza va cassata. 1 fatti fondamentali (ed in particolare le date sopra citate) appaiono pacifici. Questa Corte Suprema puo' dunque decidere nel merito ex articolo 384 c.p.c. non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Detta decisione deve consistere nel rigetto della domanda ex articolo 2932 c.c. proposta dalla Ri. Or. s.r.l. e fatta propria dalla Ar. s.r.l. (la domanda di risarcimento danno ha costituito oggetto di mero appello incidentale condizionato sulla quale la Corte di merito correttamente non ha disposto dato il rigetto dell'appello principale; e non ha piu' costituito ritualmente oggetto del presente giudizio di cassazione). Considerate le peculiarita' della fattispecie, debbono ritenersi sussistenti giusti motivi per compensare integralmente le spese dei due gradi di merito e del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso; cassa l'impugnata decisione; e decidendo nel merito rigetta la domanda ex articolo 2932 c.c. proposta dalla RI. OR. s.r.l. e fatta propria dalla AR. s.r.l., compensa le spese di primo grado, di secondo grado e del giudizio di cassazione.