Bollettino S_ANNA n9/07 - Santuario Sant`Anna di Vinadio

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Bollettino S_ANNA n9/07 - Santuario Sant`Anna di Vinadio
per la Verità e per la Vita Bollettino Interparrocchiale - N° 4 Marzo 2007 •
Dir. Resp.: Don A. Gandolfo - Redaz. Sac. Giorgio Pepino - Pubbl. Aut. dal Trib. di Cuneo
31 gennaio 1954 - n° 78 - “Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB/CN” - Tip. Subalpina s.n.c. - Corso Gramsci, 18/C - Tel. 0171.692077 - CUNEO
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na vecchia canzone di montagna esaltava nel
ritornello la vita: “Viva la Vi, viva la Vi, viva
la campanì…” e la gente la canticchiava dappertutto, anche lavorando. Oggi, senza nominarla, c’è
quasi più simpatia per la morte.
La gente è meno sicura, più chiusa e più sola, più china verso le
cose e più tesa verso il denaro ed
il piacere. Il veleno è stato seminato un po’ dappertutto, in terra
come in cielo. C’è anche una sottile cultura della morte che è stata
diffusa dal materialismo e dal
nichilismo.
Tutto questo ha lasciato anche
nei cuori una specie di rimorso
profondo verso la vita, per averne
voluto disporre a piacimento, senza il diritto. Basti pensare ai milioni di morti silenziose, agli aborti,
alle sperimentazioni sugli embrioni, alle compiacenze verso l’eutanasia, alla negazione diretta
dell’accoglienza verso l’altro, alle
responsabili attività di inquinamento, o in genere alla mancata
protezione per l’incolumità.
Anche in una visione puramente laica l’amore verso
la vita non va falsato dall’egoismo
e dall’individualismo, come non
deve essere strumentalizzato.
L’inviolabilità della vita è l’unico
e irrinunciabile principio per garantire a tutti giustizia, uguaglianza e pace. Per i credenti ogni vita
umana porta l’impronta di Dio ed
è destinata all’eternità.
La scultura del rosario a destra dell’altare
Per amare la vita occorre anche
educarsi ed educare alla vita. Tra
individui che sembrano accalcarsi
in una corsa senza fine, dobbiamo
essere lieti e contenti di essere a
questo mondo, nella luce della
speranza cristiana che è l’annuncio del compimento.
Dobbiamo avere il coraggio di
assumere un nuovo stile di vita,
basato sul primato dell’essere
sull’avere e della persona sulle cose. L’impegno per la vita è uno dei
pilastri su cui si regge il bene comune. Mettersi dalla parte della vita equivale anche ad arginare il
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crollo morale, per il quale le scelte considerate da
tutti come delittuose fino a non molti anni fa, come
l’aborto e il tradimento, e rifiutate dal comune senso
morale, sono diventate a poco a poco rispettabili in
nome dei diritti della libertà individuale e perfino
con l’autorizzazione da parte dello stato. Chi desidera la vita ne combatte i nemici, cioè il dolore e la sofferenza, il degrado e la solitudine: smaschera il diabolico inganno di confondere la interruzione della
vita con l’umana pietà; non si accanisce con terapie
ingiustificate o sproporzionate; non fa graduatorie di
merito, per cui non nega a nessuno, neppure al più
indifeso nascituro o disabile la possibilità di esistere;
si pone in solidale vicinanza a chi è tribolato; reagisce con la coscienza di fronte ai tentativi vellutati e
satanici di distruggere il matrimonio e la famiglia.
Divorzio e aborto insegnano: da un sassolino può
partire la frana.
Dal messaggio di Papa Benedetto per la
XXIIª Giornata Mondiale della Gioventù
È possibile amare?
«Ogni persona avverte il desiderio di amare e di essere amata. Eppure quant’è difficile amare, quanti errori e
fallimenti devono
registrarsi
nell’amore! C’è
persino chi giunge a dubitare che
l’amore sia possibile. Ma se carenze affettive o
delusioni sentimentali possono
far pensare che
amare
sia
un’utopia, un sogno irraggiungibile, bisogna forse rassegnarsi?
No! L’amore è
possibile e scopo di questo mio messaggio è di contribuire a ravvivare in ciascuno di voi, che siete il futuro e
la speranza dell’umanità, la fiducia nell’amore vero, fedele e forte; un amore che genera pace e gioia; un amore
che lega le persone, facendole sentire libere nel reciproco rispetto».
Dio, sorgente dell’amore
«La sorgente dell’amore è unica: è Dio. Dio è amore.
Non vuol dire solo che Dio ci ama, ma che l’essere stesso di Dio è amore. È il mistero Trinitario: in Dio, uno e
trino, vi è un eterno scambio d’amore tra le persone del
Padre e del Figlio, e questo amore non è un’energia o un
sentimento, ma una persona, è lo Spirito Santo».
La Croce di Cristo rivela pienamente l’amore di Dio
«La rivelazione del mistero intimo di Dio è avvenuta
con l’Incarnazione, quando Dio stesso si è fatto uomo.
Il Papa a Colonia
In Cristo, vero Dio e vero Uomo, abbiamo conosciuto
l’amore in tutta la sua portata. La manifestazione
dell’amore divino è totale e perfetta nella Croce, dove,
come afferma san Paolo, “Dio dimostra il suo amore
verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori,
Cristo è morto per noi”. Ognuno di noi può dire senza
sbagliare: “Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per
me”. Redenta dal suo sangue, nessuna vita umana è
inutile o di poco valore, perché tutti siamo amati personalmente da Lui con un amore appassionato e fedele, un amore senza limiti. Cristo è l’Agnello di Dio che
prende su di sé il peccato del mondo e sradica l’odio
dal cuore dell’uomo. Ecco la sua veritiera “rivoluzione”: l’amore».
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Amare il prossimo come Cristo ci ama
«Sulla croce Cristo grida: “Ho sete”: rivela così
un’ardente sete di amare e di essere amato da ognuno di
noi. Solo se arriviamo a percepire la profondità e l’intensità di un tale mistero ci rendiamo conto della necessità e
dell’urgenza di amarlo a nostra volta “come” Lui ci ha
amato. Amare come Lui ci ha amato significa amare tutti, senza distinzioni, anche i nemici, “fino alla fine”».
Testimoni dell’amore di Cristo
«Voi, cari giovani, siete particolarmente chiamati a
manifestare l’amore di Dio. Il primo ambito è la Chiesa
che è la nostra famiglia spirituale. Alimentate con il vostro entusiasmo e la vostra carità le attività delle parrocchie, delle comunità, dei movimenti ecclesiali e dei
gruppi giovanili ai quali appartenete. Siate solleciti nel
cercare il bene dell’altro, fedeli agli impegni presi. Non
esitate a rinunciare con gioia ad alcuni vostri svaghi, accettate di buon animo i sacrifici necessari, testimoniate
il vostro amore fedele per Gesù annunciando il suo Vangelo specialmente fra i vostri coetanei».
Prepararsi al futuro
«Il secondo ambito, dove siete chiamati ad esprimere
l’amore e il crescere in esso, è la vostra preparazione al
futuro che vi attende. Se siete fidanzati, Dio ha un progetto di amore sul vostro futuro di coppia e di famiglia
ed è quindi essenziale che voi lo scopriate con l’aiuto
della Chiesa, liberi dal pregiudizio diffuso che il cristianesimo, con i suoi comandamenti e i suoi divieti, ponga
ostacoli alla gioia dell’amore ed impedisca in particolare di gustare pienamente quella felicità che l’uomo e la
donna cercano nel loro reciproco amore. Imparare
ad amarsi come coppia è un cammino meraviglioso, che tuttavia richiede un tirocinio impegnativo. Il periodo del fidanzamento è un tempo
di attesa e di preparazione. Permette di maturare
nell’amore, nella premura e nell’attenzione verso l’altro; aiuta ad esercitare il dominio di sé, a
sviluppare il rispetto verso l’altro: Nella preghiera comune chiedete al Signore che custodisca e incrementi il vostro amore e lo purifichi da
ogni egoismo».
Crescere nell’amore ogni giorno
«Il terzo ambito dell’impegno che l’amore
comporta è quello della vita quotidiana con le
sue semplici relazioni: Mi riferisco segnatamen-
te alla famiglia, alla scuola, al lavoro e al tempo libero.
Cari giovani, coltivate i vostri talenti non soltanto per
conquistare una posizione sociale, ma anche per aiutare
gli altri “a crescere”. Sviluppate le vostre capacità, non
solo per diventare più “competitivi” e “produttivi”, ma
per essere “testimoni della carità”. In particolare, vi invito
ad approfondire la dottrina sociale della Chiesa, perché
dai suoi principi sia ispirata ed illuminata la vostra azione
nel mondo. Lo Spirito Santo vi renda inventivi nella carità, perseveranti negli impegni che assumete e audaci
nelle vostre iniziative, perché possiate offrire il vostro
contributo per l’edificazione della “civiltà dell’amore”».
“Osare l’amore”
«Cari giovani vorrei invitarvi a “osare l’amore”, a
non desiderare niente di meno per la vostra vita che un
amore forte e bello, capace di rendere l’esistenza intera
una gioiosa realizzazione del dono di voi stessi a Dio e
ai fratelli».
Il segreto dell’amore
«Ad ognuno di noi, cari amici, è dato di raggiungere
questo stesso grado di amore, ma solo ricorrendo all’indispensabile sostegno della Grazia divina. Soltanto
l’aiuto del Signore ci consente, infatti, di sfuggire alla
rassegnazione davanti all’enormità del compito da svolgere e ci infonde il coraggio di realizzare quanto è umanamente impensabile. Il contatto con il Signore nella
preghiera ci mantiene nell’umiltà, ricordandoci che siamo “servi inutili”. Soprattutto l’Eucaristia è la grande
scuola dell’amore».
La Messa degli alpini sul sagrato del Santuario
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Nella storia dei furti
Nel corso degli anni abbiamo subito alcuni furti,
soprattutto quando resta libero il campo, a fine stagione. Da san Gioachino ci hanno portato via anche un antico e grosso mobile di legno pregiato,
spaccando una finestra e forzando le porte. Ma a
noi sono particolarmente odiosi i furti a danno della Chiesa perché sono sacrileghi:
oltre il VII Comandamento,
offendono anche il primo e
sono come uno schiaffo dato
ai pellegrini.
dete ad agguantarlo». Io saltai
in macchina e scesi a spronbatIn una bella giornata di settuto, superando via via le mactembre, anni ’90, era salito a
chine che mi precedevano, alle
sant’Anna un distinto signore
quali segnalavo la mia presenza
ligure che dopo aver gironzoe la mia fretta. Dopo 5 kilomelato un po’ dappertutto, era
tri fui alle calcagna della macpiù volte entrato ed uscito dal
china del ladro che superai metSantuario. Il suo interesse era
tendomi subito di traverso.
rivolto agli ex voto, ma gli daFrenò di colpo anche lui e uscì
va fastidio che qualcuno fosse
minaccioso dalla macchina
sempre in ginocchio a pregachiedendo spiegazioni… Io gli
re. Una pellegrina aveva notarisposi in modo perentorio:
to i suoi movimenti sospetti e
«Lei non si muova assolutamenaveva pensato di tenerlo d’ocStatua di S. Anna prima e dopo il furto
te, perché ho ricevuto un ordine
chio dall’ombra di una pila.
Quando gli parve di trovarsi finalmente solo, si avvi- tassativo di bloccare il traffico per l’imminenza di un
cinò col borsone ai cuori d’argento e ai quadri ex vo- grave pericolo». Intanto mi avvicinai a un pellegrino
to facendone incetta e poi sgattaiolando verso la che saliva e stava parcheggiando la macchina. Gli fepiazza dove aveva lasciato la macchina. La gentile ci capire con un cenno che si trattava di un caso partisignora che aveva notato il furto, lo seguì prudente- colare, pregandolo di darmi una mano in caso di nemente fino alla vettura, poi corse a darmi l’allarme. cessità. Seguirono minuti di alta tensione mentre daIo mi precipitai in piazza e feci ancora in tempo a no- vanti e dietro si allungava la colonna. Arrivati i due
tare il colore della macchina che già scompariva in giovani della Guardia di Finanza, mi raggiunsero velontananza. Allora, d’intuito, corsi in caserma dove locemente e dopo aver richiesto i documenti al diavevo salutato poco prima due finanzieri e dissi loro: stinto signore ligure gli imposero di aprire il baga«Ragazzi, un tale ha appena compiuto un furto nel gliaio della macchina. Saltò subito agli occhi il borSantuario ed ora sta scendendo con la macchina. Io sone con la refurtiva che fu recuperata completalo inseguo immediatamente colla mia e cerco di in- mente. Io dovetti affrettarmi a rimuovere il blocco,
tercettarlo, ma non posso mettergli le mani addosso. mentre i finanzieri provvedevano agli adempimenti
Per favore, venite subito dietro con la jeep e provve- di rito…
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L’ultima visita dei ladri
La passata stagione autunnale senza neve permise
la circolazione delle macchine fin verso Natale. Nella notte del 6 novembre una pattuglia di carabinieri
in servizio sulla statale, guidata dal maresciallo Michele Cerri, comandante del Reparto di Vinadio,
notò che dall’alto del vallone di sant’Anna lampeggiavano i fari di una macchina in discesa. La attesero
pazientemente e al controllo dei documenti rimasero
sorpresi dal fatto che i due passeggeri, nonostante
l’uno risultasse architetto e l’altro arredatore, non
erano in grado di spiegare la provenienza di quanto
avevano a bordo. Ripetevano di provenire dalla
Francia e di aver acquistato il tutto a Lione. Dopo
averli identificati li lasciarono partire per la loro destinazione: Biella. Il sospetto però si fece consistente
e il maresciallo invece di andare a dormire, non conoscendo ancora sant’Anna, pensò di raggiungerla
per un veloce controllo. Nel buio fitto della notte tutto sembrava in ordine, ma alla fine: ecco il guaio!
Alla luce della pila, calcinacci e pezzi di vetro luccicavano ai piedi di una finestra. Non solo, ma l’inferriata della finestra della sacrestia era stata forzata
con un crik, i vetri andati in pezzetti e all’interno i segni dello scasso.
Alle 7 del mattino una telefonata del maresciallo
mi invitava a salire con lui al Santuario per le imme-
diate verifiche del caso. Mi sono venute le lacrime
agli occhi quando ho visto la statua di sant’Anna devastata e desolata, con la sacrestia a soqquadro. La
statua mancava ai piedi delle tre teste d’angelo di ottima fattura e in alto di tutto il tronetto dell’incoronazione. Mancavano inoltre la campana a muro per il
servizio liturgico, suppellettili della sacrestia, alcuni
quadri ex voto e la telecamera per l’organista col relativo monitor. Scendendo a Vinadio ho subito firmato la denuncia di furto aggravato e sollecitato la
Procura a emettere i mandati di perquisizione e sequestro. Poco tempo dopo i carabinieri perquisivano
a Biella le abitazioni dei suddetti signori e sequestravano quanto era rimasto della refurtiva compiuta a
sant’Anna che giaceva fra molti altri reperti di chissà
quale provenienza…
Sant’Anna ci è stata vicino e nella circostanza ha
fatto si che anche altre parrocchie potessero venire a
capo di furti subiti. Presso la caserma di Borgo San
Dalmazzo restano ancora una cinquantina di reperti
che attendono i legittimi proprietari.
Un GRAZIE particolare ai carabinieri di Vinadio
e al maresciallo Michele Cerri per il loro intuito e il
loro impegno.
Davanti alle
Regine delle Alpi
del Randiere
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Ricordando Giraudo Lidio, il “Randiere”
Al concludersi della scorsa stagione estiva, il
Signore ha chiamato a sé il nostro Randiere.
Questa parola classica del “patois” alpino ha indicato per secoli più che una persona, una istituzione.
Per secoli il Randiere è stato l’accompagnatore dei viandanti, la guida alpina, colui che ospitava i pellegrini, il conoscitore delle valanghe, il
detentore della cultura e delle tradizioni alpine, il
metereologo, il veterinario empirico, e soprattutto l’eremita che segnalava dell’alto, nelle tormente e nella nebbia, con le campane, l’orientamento e il rifugio sicuro…
tanto i figli cominciavano ad aiutarlo, ma Lidio
doveva spaziare da Pratolungo a sant’Anna.
Quante corse a piedi o con un vecchio camion e
poi in macchina; quanti passi sulla neve e quante
tornate cogli sci! Io, come rettore, per trent’anni
sono salito al Santuario tutti gli inverni almeno
una volta al mese per i necessari controlli. Lidio,
quando poteva, volentieri calzava gli sci e mi fa-
Era nato l’11 luglio 1931 ed è tornato al Padre
il 18 ottobre 2006, dopo più di 50 anni di servizio
come randiere di sant’Anna.
I figli hanno scritto sul ricordino:
“Nell’azzurro cielo di Sant’Anna
rivedremo il colore dei tuoi occhi,
nella fioritura delle tue Regine delle Alpi
la tua tenacia e la tua forza”.
Dopo il servizio militare e alla morte del vecchio randiere Cagnotti, colse al volo la possibilità di sostituirlo al Santuario. Conobbe a Roviera Giordanetto Angela, che divenne la sua fedele
sposa e lo seguì a sant’Anna. Per sette anni ebbe
la residenza presso la cappellania di sant’Anna a
Pratolungo e poi con coraggio, veglie e fatiche
cominciò e portò avanti la costruzione della nuova casa e dell’azienda agricola. Nel frattempo la
sua famiglia cresceva e sorprendeva anche gli
egoisti meschini che volevano dargli dei consigli: «Lidio, non stai forse esagerando?»… talora
rispondeva: «Vi piace tanto questo clima di morte che c’è in giro? Frazioni che si riducono di
giorno in giorno, baite che crollano, paesetti che
contano sempre meno, scuole che si chiudono, la
montagna che muore? Ebbene, a me piace la vita,
la primavera, il vociare dei bambini, le scuole
che funzionano…». Mise all’onor del mondo ben
11 figli, dei quali uno solo resta da sposare. Una
corona di nipoti lo ha salutato e prega per lui. In-
Lidio alle sorgenti
ceva compagnia. Ammiravo sempre la sua forza,
il suo ottimismo e la piacevole conversazione.
Quante avventure e quanti momenti difficili abbiamo condiviso in quegli anni in cui la neve si
accumulava in modo pauroso e scatenava le valanghe!
«Ciao, Lidio! Adesso che sei salito ancora più
in alto, porta un caro saluto a sant’Anna e san
Gioachino da parte di tutti noi e dei pellegrini che
ti ricordano con rimpianto e simpatia».
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Croce di montagna
Cros ëd montagna
(Parlada dër Mondvì)
Dnancc
a Toa Cros Signor,
sra ponta
ëd na montagna,
j’heu duerbite
ër mè cheur…
J’heu lassà
ch’ot cantèissa
soa gòj, soa maravija,
ra soa umiltà
dnancc
a ra Toa grandëssa…
Doe stisse ’d pior
ant j’euj
e n’emossion
che dar cheur
sa fà preghiera
a Ti Signor e Creator dër mond!
Il Santuario
d a l 1 7 9 6 a l 1 8 70
Davanti
alla Tua Croce Signore,
sulla punta
di una montagna,
ti ho aperto
il mio cuore…
Ho lasciato
che ti cantasse
la sua gioia, la sua meraviglia,
la sua umiltà
davanti
alla Tua grandezza…
Due gocce di pianto
negli occhi
e un’emozione
che dal cuore
si fà preghiera
a Te Signore e Creatore del mondo!
30 / 04 / 05 - Prato Gianfranca
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La cessione in deposito alla Francia di Cuneo e
d’altre parti del Piemonte era un pretesto per la rivoluzione, che allungava sempre più le unghie rapaci sul povero paese. Il 21 settembre 1796 Napoleone scriveva al re di Sardegna protestando perché
la via di Valle Stura da Cuneo a Barcellonetta non
era abbastanza sicura per le truppe francesi e con la
stessa data in termini più energici scriveva al ministro degli esteri: «Je ne suis point diplomate, Monsieur, je suis militaire; vous pardonnerez ma franchise…». Egli deplorava che i Francesi fossero mal
accolti in Vinadio, sotto gli occhi della guarnigione
di Demonte, e imponeva la distruzione di tutti i briganti, cioè dei patrioti volontari piemontesi. Ma una lettera del generale Clarke
a Napoleone stesso del dicembre 1796
scopre le finalità antireligiose della politica francese: «La nostra rivoluzione
è mancata nei rispetti della religione.
Ormai si ritorna cattolici romani anche
in Francia… Se tre anni fa noi avessimo potuto annientare il Papa, noi
avremmo rigenerata l’Europa. Ora ci
vorranno trent’anni di libertà di stampa
in Italia e in Francia per ricondurre
questo momento e abbattere la potenza
spirituale del vescovo di Roma». È facile immaginare sotto tali uomini come
potessero svolgersi le divozioni e i pellegrinaggi a S. Anna!
I tempi peggiorarono ancora: una lettera di Napoleone, 26 settembre 1797, al ministro degli esteri, è d’una impudenza e violenza senza pari: rispetto al re di Sardegna il generale corso dice che egli
(Napoleone) sarà il gigante che abbraccia il pigmeo, lo stringe fra le braccia e lo soffoca senza che
si possa accusarlo di colpa alcuna.
Ma non è mio compito trattarne. La violenza
giacobina raggiunse il colmo nell’estate 1799,
quando si ebbero le stragi di Roccasparvera e l’oppressione di Moiola. A Roccasparvera nella notte 5
luglio i giacobini sorpresero il paese, massacrarono
più di 20 persone, profanarono il tabernacolo ecc.
Alpini volontari
di Vinadio riparano la mulattiera del LAUSFER.
Un “grazie”
cordiale!
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Gli abitanti di Moiola fuggirono ai monti col loro
parroco e vi stettero circa sei mesi; una trentina di
persone è morta lassù, sepolta in un Cimiteriotto
presso la Fontana del Faggio. Il parroco D. Fossati
tornò al paese, ma per morirvi di stento il 15 settembre 1799 in età di anni 58. Gravi violenze si ebbero a Caraglio, a Cervasca, a Demonte, e perfino
nei paesi dell’alta valle, come a Sambuco.
In Vinadio un pugno di patrioti (così per somma
ironia si chiamavano i venduti alla Francia) volle
ripetere il gesto della presa della Bastiglia: una Bastiglia facile a prendere! Invase nel marzo 1799 il
palazzetto feudale già castello dei Savoia, ristorato
poi dal conte Levrone, ed ora vuoto, ma proprietà
del conte Prospero Balbo, e benché non ci fosse alcuna ragione d’odio o di vendetta contro il conte,
atterrò completamente la casa e ne fece una piazza.
Di quell’antico palazzo restano appena in sito la
pietra della berlina con lo stemma sabaudo, e un
piccolo marmo che porta scritto confusamente:
Haec ocia fecit nobis Deus. Domus parva quidem
sed commoda nobis. Il conte ebbe tanta fierezza e
nobiltà da non protestare i danni, ma vendette
l’area al teologo Trocelli, parroco di Borgone, che,
essendo di Vinadio, voleva farsi una casa in quel sito. Il Comune però, il 16 brumaio anno X repubblicano, protestava che quell’area apparteneva al Comune «in nome della Nazione Francese»!
Venne poi l’impero napoleonico, quando la violenza straniera fu almeno disciplinata con ordine e
leggi. Ed allora la vita del Santuario, così a lungo
compressa, tosto ripiglia con ritmo veloce. L’amministrazione, essendo distrutta gran parte dei fabbricati per ospitare i pellegrini, delibera la costruzione di una lunga capanna-ricovero il 27 novembre 1803; la costruzione del portico davanti alla
chiesa il 5 luglio 1804; il restauro dei dipinti e una
nuova decorazione, che ripari e copra i danni della
guerra addì 11 agosto 1805. Secondo le larghe promesse napoleoniche doveva aprirsi per valle Stura
una grandiosa via imperiale, che dalla Spagna per
la Francia e le Alpi sarebbe giunta all’estremità
d’Italia; quella via avrebbe portato al Santuario
nuove correnti di pellegrini. Ma furono al solito vane promesse.
La caduta di Napoleone a Waterloo fu ancora
contrassegnata da gravissime sofferenze per Vinadio e l’alta Valle Stura, che sono documentate in un
eloquente verbale del consiglio generale della Valle tenuto in Vinadio il 5 febbraio 1816. La miseria
era giunta a tal segno, che molta popolazione era
emigrata e una parte viveva nutrendosi dei cosidetti spinaci selvatici, che avidamente cercava nei
monti! Gli incendi numerosi e gravissimi, che facevano supporre il dolo, accrescevano le pubbliche
calamità: due a Sambuco, che distrussero cento case, due a Pontebernardo, uno ad Argentera. Per intercessione del benemerito teologo Giavelli, la popolazione ebbe dal Re condono di imposte ed altre
provvidenze, che le diedero modo di risorgere poco
continua sul prossimo numero
alla volta a nuova vita.
IN QUESTO INVERNO
QUASI SENZA NEVE:
UNA PRIMA MESSA ECCEZIONALE
Eccezionale perché doppiamente “prima”.
Prima, nel senso che è stata la prima
messa del 2007 celebrata al Santuario (la
precedente era stata celebrata all’altare
della Presentazione della Madonna al
tempio il 21 novembre scorso) e “Prima”
nel senso che è stata celebrata dal novello
sacerdote Turco Erik, consacrato la sera
precedente in Cattedrale a Cuneo, il quale,
approfittando della poca neve, ha voluto
offrire a Sant’Anna le primizie del suo servizio sacerdotale,. Era il 12 febbraio. Con
don Erik erano saliti a Sant’Anna il fratello e un gruppo di amici. Sant’Anna lo
accompagni nella dedizione al regno!
Numero telefonico del Santuario 0171.95 91 25 (Solo nei periodi di apertura dal 1º Luglio alla 1ª domenica di Settembre)
sito internet http://www.santuariosantanna.it
e-mail: [email protected]
Per qualsiasi versamento a favore del Santuario: C.C. Postale Nº 11534120 intestato SANTUARIO S. ANNA DI VINADIO CN