c. parodi disposizioni in tema di intercettazioni

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c. parodi disposizioni in tema di intercettazioni
Il recepimento della direttiva 2014/41/UE:
Le disposizioni in tema di intercettazioni
Cesare Parodi- Procura della Repubblica di Torino
1- Premessa
Ancora in tempi recenti, la CEDU con la sentenza 23 febbraio 2016- n. 28819/12, in
materia di intercettazioni telefoniche, ha rimarcato che l’Italia non ha ancora firmato
la Convenzione di mutua assistenza tra gli Stati membri dell’Unione europea, del
maggio 2000 ( cd Convenzione di Bruxelles), precisando conseguentemente che
l’eventuale mancato rispetto delle disposizioni di quest’ultima ( proprio in tema di
intercettazioni) non potrebbe comunque incidere sulla legalità o sulla proporzionalità
delle misure adottate dalle autorità italiane.
Nondimeno, proprio con la legge 21 luglio 2016, n. 149 (GU n. 181 del 4 agosto) il
Parlamento ha autorizzato il Capo dello Stato a ratificarla, delegando il Governo a
introdurre le necessarie norme di adattamento. In sostanza, contestualmente alle
disposizioni dirette a recepire le indicazioni della Convenzione di Bruxelles, la
commissione ministeriale nominata per preparare lo schema di decreto legislativo
funzionale a tale fine ha predisposto anche le schema per il recepimento della
direttiva 2014/41/UE in tema di ordine europeo di indagini nonché il progetto di
riforma del titolo XI del codice di procedura penale.
Mentre il nuovo testo del libro XI non contempla disposizioni specifiche in tema di
intercettazioni ( per l’evidente necessità di coordinare un intervento su tale delicato
tema con i progetti di riforma generale di tale delicato istituto) entrambi gli schemi di
decreti di recepimento menzionati prevedono disposizioni in tema di intercettazioni.
Disposizioni, tuttavia, non sovrapponibili, considerato nel soltanto le differenti
indicazioni di tali provvedimenti quanto anche il contesto tecnologico ( e , se
vogliamo, sociologico, con riguardo al concetto di “comunicazioni”) profondamente
differente sotteso ai medesimi.
In questo senso la disciplina già prevista dalla convenzione di Bruxelles deve essere
declinata tenendo conto di un quadro radicalmente mutato negli ultimi 15 anni. Non
solo: un quadro destinato a mantenere, più di altri, un coefficiente d’innovazione (e
di conseguenti potenziali intrinseche sacche di obsolescenza) che impone di non
parametrare le norme di attuazione a specifiche tecniche, optando, pertanto, per una
puntualizzazione in termini giuridici generali.
Nell’ambito dello schema di decreto legislativo destinato a dare attuazione alla
direttiva 2014/41/UE,1 le disposizioni introdotte nel TITOLO II - PROCEDURA
1 Sulla direttiva 2014/41/UE e sull’ordine europeo di indagine in generale L. CAMALDO, F.
CERQUA,LaDirettivasull’ordineeuropeodiindaginepenale:lenuoveprospettiveperlalibera
circolazionedelleprove,inCass.pen.,2014,3511;G.DARAIO,Lacircolazionedellaprovanello
spazio giudiziario europeo, in L. KALB (a cura di), Spazio europeo di giustizia e procedimento
penale italiano, Giappichelli, 2012; G. FIORELLI, Nuovi orizzonti investigativi: l’ordine europeo
d’indagine penale, in Dir. pen. proc., 2013, 705; M.R. MARCHETTI, Dalla Convenzione di
assistenzagiudiziariainmateriapenaledell’UnioneEuropeaalmandatoeuropeodiricercadelle
prove e all’ordine europeo di indagine penale, in T. RAFARACI (a cura di), La cooperazione di
1
PASSIVA, sono indubbiamente tra quelle sulla base delle quali potrà essere valutata
l’effettività della nuova disciplina dell’OEI.
Il titolo è suddiviso in 4 capi: Procedimento ( I), Disposizioni specifiche per
determinati atti di indagine ( II) , Intercettazioni (III) e Provvedimenti provvisori
(IV).
La direttiva 2014/41/UE, agli artt. 30 e 31, riprende la distinzione della convenzione
del 2000 fondata sulla necessità o meno che si renda necessaria – ai fini di eseguire
l’attività di intercettazione di telecomunicazioni - l'assistenza tecnica di un altro Stato
membro, indipendentemente dal luogo in cui si trovi la persona da intercettare; ciò,
tuttavia, senza rimarcare la rilevanza di tale aspetto nei termini espressi dalla
convenzione di Bruxelles.
La direttiva non contiene nelle sue premesse una dettagliata “ specifica” tecnica,
quale quella presente nella “relazione esplicativa” sulla convenzione del 29 maggio
2000 relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri
dell’Unione europea.
Vale la pena di riprendere tali indicazioni, per comprendere come il quadro sia
cambiato.
La relazione sulla Convenzione di Bruxelles parte dal presupposto che uno Stato
possieda o meno l’elemento tecnico decisivo per procedere ad intercettazione, ossia
una “stazione di ingresso” e che quindi potrebbe anche non essere in grado
tecnicamente di procedere direttamente all’intercettazione delle telecomunicazioni
effettuate o ricevute dal proprio territorio.
In caso di non disponibilità di una “stazione d’ingresso” era stata ipotizzata
un’alternativa:
- la richiesta di assistenza ad altro Stato dotato d’idonea stazione
- la procedura del cd “ telecomando”, ossia una procedura tale da consentire ad un
Paese di trasmettere a distanza un ordine di intercettazione su una stazione d’ingresso
situata al di fuori del suo territorio.) La procedura in oggetto avrebbe potuto essere
affidata alla (o alle) società («fornitori di servizi» nella convenzione) distributrice,
nei vari territori nazionali, del servizio di telecomunicazioni satellitare, con l’obbligo
quest’ultima di eseguire gli ordini di intercettazione legalmente richiesti dalle
autorità competenti.
A distanza di quindici anni l’evoluzione tecnologica è tale per cui il quadro generale
è profondamente, anche se a tutt’oggi esistono ancora Stati che potrebbero presentare
criticità in relazione alla disponibilità di “ stazioni di ingresso”.
Prima di esaminare nel dettaglio le “risposte” che la commissione ha elaborato, è
opportuno descrivere lo “ stato dell’arte” sul tema, alla luce delle indicazioni della
giurisprudenza e della dottrina. Solo dopo avere chiarito tali aspetti, ha, in effetti, un
senso verificare la correttezza e completezza delle soluzioni adottate, considerando le
possibilità “ logiche” che si presentano all’interprete (escludendo, ovviamente, il
caso di intercettazioni in Italia tra utenze italiane, che non interessa in questa sede).
2- Il quadro “ tecnico”
poliziaegiudiziariainmateriapenalenell'UnioneEuropeadopoilTrattatodiLisbona,Giuffrè,
2011;
2
La chiave di lettura del problema deve essere attualmente individuata nel fatto che il
gestore nazionale di riferimento per le utenze interessate ( da utilizzare quale “
stazione di ingresso” ) abbia efficaci accordi di roaming con altri gestori esteri.
Come già precisato, proprio per non vincolare la disciplina a elementi
potenzialmente e rapidamente “superati” sul piano tecnico, si è deciso di non
includere nello schema di disegno di legge definizioni che - in effetti – non sono
contemplate neppure dal testo della direttiva.
E’ tuttavia opportuno, nella presente sede, precisare che per “indirizzo di
comunicazione utilizzato sul territorio italiano” deve intendersi un’identità tecnica di
rete in grado di fruire dei servizi di comunicazione elettronica erogati dalla rete
pubblica di comunicazioni o da risorse di connettività allocate in Italia; in particolare
poi per “assistenza tecnica richiesta per effettuare l’intercettazione delle competenti
autorità nazionali” deve intendersi la richiesta finalizzata ad assicurare la prestazione
di intercettazione, secondo le modalità definite dall’Autorità procedente, da
effettuarsi su identità tecniche di rete che fanno accesso a reti di telecomunicazioni di
gestori riferibili ad un altro Stato.
In sostanza, non può essere ravvisata la necessità di“ assistenza tecnica richiesta per
effettuare l’intercettazione delle competenti autorità nazionali” nel caso in cui
l’utenza mobile oggetto dell’intercettazione sia riferibile ad un gestore telefonico che
abbia stipulato accordi di roaming tali da assicurare in automatico il trasferimento
delle comunicazioni sul territorio dello Stato nel quale l’atto deve essere eseguito.
In sintesi, si deve rilevare:
1- l’insussistenza di problemi a livello esecutivo per un’utenza che fruisca della
connettività diretta assicurata da un gestore italiano.
2- nel caso di utenza di un gestore italiano utilizzata ad es. in un altro Paese, all’atto
della chiamata il cellulare si connette all stazione radio base più vicina (e quindi sita
nel territorio estero). Il sistema della stazione riconosce il numero telefonico
(caratterizzato dal prefisso +39) ed il numero IMSI che caratterizzano la chiamata;
attraverso i meccanismi automatici di roaming tali dati vengono “dirottata” sul
sistema nazionale.
3- nel caso di utenza di gestore estero che “si connette” una stazione radio base in
Italia, non ci sono nuovamente problemi di esecuzione, in quanto la trasmissione dei
dati avviene, almeno in parte, in Italia.
4- nel caso di utenza di gestore estero con chiamata che avviene all’estero ed è
destinata all’estero, non sussiste in termini generali la possibilità tecnica di dare
corso ad una intercettazione su comunicazione “collocata” almeno in parte sulla rete
italiana.2
Nei casi 1,2,3 non si presenta la necessità di avvalersi della collaborazione “tecnica”
di un altro Stato; nel caso 4 non si tratterebbe tanto di una necessità di avvalersi
tecnicamente, quanto di procedere con richiesta di assistenza internazionale (di
carattere generale o nell’ambito di una convenzione).
2
Peraltro,esistonocomunicazionitraStatiesterichetransitanodifatto-proprioinforzadiaccordi
diroaming-sulterritorionazionale;larete,inquestosenso,nonpuòessereidentificataconiconfini
politici degli Stati ; in tali casi è evidente che un’eventuale intercettazione potrebbe essere
tecnicamente svolta operando direttamente sulla rete nazionale e quindi al di fuori dei casi di cui
all’art. 30 della direttiva ( dovendosi però l’a.g. “confrontare” con tutti i problemi derivanti
dall’applicazionedell’art.31dellastessa).
3
Ancora sul piano tecnico, si rileva infine che l’esecuzione delle intercettazioni
telefoniche e/o dati dovrebbe avvenire in conformità agli standard di prestazione
individuati dall’European Telecommunication Standard Institute (ETSI). In questo
senso il considerando 33 della direttiva 2104 prevede:
“ Gli Stati membri dovrebbero tener conto dell'importanza di provvedere affinché
possa essere fornita un'adeguata assistenza tecnica da parte di fornitori che
gestiscono reti e servizi di telecomunicazioni pubblici nel territorio dello Stato
membro interessato, al fine di facilitare la cooperazione in base al presente
strumento in relazione all'intercettazione legale di telecomunicazioni.”
Vediamo ora la ricaduta in termini procedurali delle osservazioni tecniche sopra
riportate.3
Nel caso in cui un’utenza mobile italiana sia utilizzata all’estero, ci troviamo al di
fuori dell’ambito di una potenziale applicazione della direttiva così come della
convenzione.
Al riguardo, le indicazioni della S.C. sono plurime ed univoche: non rileva, al fine
della individuazione della giurisdizione competente, il luogo dove sia in uso
l’apparecchio, bensì esclusivamente la nazionalità dell’utenza, essendo quest’ultima
soggetta alla regolamentazione tecnica e giuridica dello Stato cui appartiene l’ente
gestore del servizio, con la conseguenza che non è necessario esperire una rogatoria
internazionale se le operazioni di intercettazione di un’utenza mobile nazionale in
uso all’estero possono essere svolte interamente nel territorio dello Stato (ex
plurimiis, Sez. I, 16 ottobre 2002 n. 37774, CED 222406).
In effetti, nel caso di intercettazione diretta di comunicazioni intercorrenti ( in
entrambi i sensi) tra un’utenza italiana ed un’utenza estera non è configurabile
alcuna violazione delle norme sulle rogatorie internazionali.
Sul punto ancora la S.C. (Sez. VI, 3 dicembre 2007 n. 10051/2008 CED 239460) ha
chiarito che in tali casi tutta l’attività di intercettazione, ricezione e registrazione
delle telefonate viene compiuta sul territorio italiano, senza che sia necessaria la
tecnica dell’istradamento (inteso come convogliamento delle chiamate in partenza
dall'estero in un "nodo" posto in Italia) in quanto la captazione ha ad oggetto una
comunicazione che non solo transita, ma ha origine sul territorio nazionale, per cui il
contatto con un'utenza straniera è del tutto occasionale ed imprevedibile.
E’ doveroso rilevare che le indicazioni della S.C. trovano perfetta rispondenza nel
quadro tecnico sopra descritto. L’instradamento- tra l’altro- non deriva da un
“ordine/disposizione” dell’autorità giudiziaria, ma avviene come fatto tecnico –
conseguente agli accordi di roaming- a prescindere dalle “ esigenze” di giustizia.
3Sulletematicheinoggetto,ingeneraleE.Aprile,“Legittimitàdelleintercettazioniditelefonate
dirette all’estero”, Cass. Pen, 2006, 1837; id. “ Nuovi strumenti e tecniche investigative
nell’ambito UE.: intercettazioni all’estero, operazioni di polizia oltre frontiera, attività sotto
copertura e videoconferenze con l’estero”, in atti incontro di studio CSM “ Cooperazione
giudiziaria, mandato d’arresto europeo e strumenti di giustizia penale nell’Unione Europea:
dallamutuaassistenzagiudiziariaalcomuneprogrammainvestigativo"-Roma,7-9luglio2008;
id. “ Nuovi strumenti e tecniche investigative nell’ambito UE.: intercettazioni all’estero,
operazionidipoliziaoltrefrontiera,attivitàsottocoperturaevideoconferenzeconl’estero”,in
attiincontrodistudioCSM“Cooperazionegiudiziaria,mandatod’arrestoeuropeoestrumenti
di giustizia penale nell’Unione Europea: dalla mutua assistenza giudiziaria al comune
programma investigativo" - Roma, 7-9 luglio 2008 ; N. Ventura, “ Regole tecniche di
intercettazionedicomunicazionitelefonicheconutentiesteri(notaaApp.Bari,29marzo2004,
n1165/2003,D.aaltri)”inDir.Pen.eprocesso,2005,224
4
Resta casomai il dubbio sulla possibilità di utilizzare il termine instradamento
laddove si prenda atto che- se avviene- esso prescinde dall’attività dell’a.g..4
Sul tema, la S.C. ha costantemente ammesso la legittimità dell’ instradamento,
definita una “ tecnica legittima che comporta la destinazione a uno specifico "nodo"
telefonico delle telefonate "estere" provenienti da una determinata zona, senza che
venga promossa una apposita rogatoria internazionale, posto che l'intera attività di
captazione e registrazione si svolge sul territorio dello Stato (Sez. VI, 3 dicembre
2007 n. 10051/2008, C.E.D. n. 239459) La legittimità di tale tecnica è dovuta
all'estensione implicita del provvedimento autorizzativo a tutte le operazioni
strumentali, e non comporta l'intercettazione illegale di chiamate concernenti utenze
non sottoposte a indagine, e consiste in una semplice forma di attuazione del
controllo, tanto che la sua utilizzazione non richiede indicazioni formali del pubblico
ministero (Sez. IV, 14 maggio 2004, n. 32924).
Il dubbio sulla legittimità di tale tecnica può essere legittimo, ma deve essere
superato. Apparentemente si pone un problema di “invasione“ da parte dell’ a.g.
italiana dell’ambito territoriale della propria giurisdizione , che- in tale otticapotrebbe avvenire solo con gli strumenti di assistenza internazionale o in
applicazione di convenzioni.
Si tratta di una prospettiva che risente di una visione del mondo delle comunicazioni
sostanzialmente superata. Non si tratta più di “monitorare” reti fisse, quanto
confrontarsi con la realtà dei flussi informatici, che costituiscono la modalità
generale mediante cui si realizzano anche le intercettazioni telefoniche ( sul punto v.
Cass., S.U., 23 febbraio 2000 n. 6)
Nel caso infine di intercettazioni tra utenze di gestori aventi sede in altri Stati, è
tecnicamente- e quindi giuridicamente- indispensabile il ricorso all'assistenza
giudiziaria o l’applicazione delle disposizioni di cui alla direttiva 2014/41/UE;
assistenza che potrà assumere la forme previste dalla disposizioni generale del c.p.p.
ovvero quelle della direttiva, come recepita dallo schema di decreto legislativo, che
vedremo infra. Per la S.C. è necessario il ricorso all'assistenza giudiziaria all'estero
unicamente per gli interventi da compiersi all'estero per l'intercettazione di
conversazioni captate solo da un gestore straniero (Sez. VI, 12 dicembre 2014 n.
7634/2015 CED 262495)
In effetti, è il transito esclusivo delle comunicazioni sul territorio straniero che
giustifica la richiesta di assistenza giudiziaria a un altro Stato, senza che assuma
rilievo l’ubicazione del server all’estero ( Sez. IV, 29 gennaio 2015 n. 9161, C.E.D.
262441).
3- Le disposizioni in tema di intercettazioni ( passivo): l’intercettazione con
l'assistenza tecnica della autorità giudiziaria italiana”.
Anche la disciplina sulle intercettazioni è stata articolata su quadruplice ipotesi:
attiva e passiva, con o senza la necessità di assistenza tecnica.
L’ art. 30 è rubricato “ Intercettazione di telecomunicazioni con l'assistenza tecnica
della autorità giudiziaria italiana”.
4SultemaF.Ruggieri,“Leintercettazioniper“istradamento”sulcanaleinternazionale:unmezzo
di ricerca della prova illegittimo”, in CP, 2000, 1062-1071; M. Tiberi, “ L’instradamento delle
telefonate straniere: una prassi discutibili ( nota a Sez. IV, 29 maggio 2002, n. 24351) “, in Cass.
Pen., 2004, 959; A. Diddi, Il regime delle intercettazioni telefoniche per ≪instradamento≫, in
Giust.pen.,2001,p.120.
5
La norma disciplina il caso in cui:
- un’attività di intercettazione sia stata autorizzata da un’autorità competente di uno
Stato membro
- l'indirizzo di comunicazione della persona soggetta a intercettazione indicata
nell'ordine di intercettazione viene utilizzato sul territorio italiano
- sussiste la necessità per effettuare l’intercettazione l’assistenza tecnica delle
competenti autorità nazionali.
Un OEI può essere richieste in conformità a tali presupposti.
I profili principali che sono stati affrontati e risolti riguardano in particolare
l’individuazione della competenza territoriale, l’ergonomia procedurale esoprattutto- lo spazio di valutazione dell’a.g. italiana rispetto a quelle che sono
indicate nella richiesta di OEI.
Il primo aspetto ha per oggetto l’individuazione dell’ufficio di Procura, ossia
Procuratore Distrettuale piuttosto che quello circondariale.
Come precisato dall’art 7 dello schema di disegno legge (rubricato ”Autorità
giudiziaria competente”) in termini generali l’OEI è trasmesso “al procuratore della
Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto nel quale l’atto o gli atti
debbono essere compiuti.” Inoltre “ Se si tratta di atti da compiere in diversi
distretti, la competenza è determinata in base al luogo nel quale deve svolgersi l’atto
per il quale è previsto l’intervento del giudice. Quando per gli atti è necessario
l’intervento di giudici diversi la competenza è determinata, successivamente, in base
al luogo in cui deve svolgersi il maggior numero di atti ovvero l’atto più urgente o
più rilevante.” 5
Un’ indicazione ribadita in tema di intercettazioni e giustificata anche alla luce della
presumibile delicatezza della richiesta in relazione alla tipologie di reato in corso di
accertamento nonché alla necessità di coordinamento con indagini in corso sul
territorio nazionale quantomeno a livello distrettuale e di garantire una risposta
ottimali in termini di rapidità.
In relazione poi all’individuazione del distretto competente, si è deciso di indicare,
in analogia con altre soluzioni già affrontate per altri istituti:
- il luogo di residenza, di domicilio o di dimora della persona sottoposta ad
intercettazione.
- ove il primo criterio non sia utilizzabile, il distretto nel quale, in base agli elementi
comunicati dall’autorità di emissione, l’utenza è prevalentemente utilizzata
- in estremo subordine il Procuratore della Repubblica di Roma.
Indubbiamente il criterio del “prevalente utilizzo” non appare caratterizzato da
un’assoluta univocità. Per altro, si deve ricordare che si tratta di un criterio
applicabile a fronte dell’utilizzo di un’utenza mobile in uso a un soggetto fisicamente
non “radicato” o addirittura non individuato o individuabile. Se la richiesta è
comunque inoltrata all’a.g. italiana, ciò non potrà che dipendere da elementi
verosimilmente documentali (es. tabulati di utenze estere) dai quali risulterà una
correlazione tra l’utenza oggetto della richiesta e il territorio nazionale. Un dato,
pertanto, sulla base del quale sarà possibile fornire una valutazione su base
oggettiva.
5
Ai sensi del comma 5 di tale articolo, “Se l’autorità giudiziaria che riceve un OEI non è
competente ai sensi dei commi precedenti lo trasmette all’autorità competente, informando
l’autoritàdiemissioneattraversol’inviodell’appositomodulo.Inquestocasol’autoritàgiudiziaria
allaqualeèstatotrasmessol’OEIneinformaasuavoltal’autoritàdiemissionemedianteinoltro
delmodulodicuiall’allegatoBalladirettiva.”
6
Il punto che ha richiesto, sul tema, le riflessioni di maggiore momento ha avuto per
oggetto l’individuazione degli elementi e criteri di valutazione da parte dell’a.g.
rispetto alla richiesta di emissione di OEI.
Le indicazioni della direttiva, richiamate nel testo del disegno di legge in relazione al
contenuto della richiesta, non presentano particolari difficoltà ermeneutiche (in
particolare: informazioni necessarie ai fini dell'identificazione della persona
sottoposta all'intercettazione; durata auspicata dell'intercettazione; sufficienti dati
tecnici, elementi di identificazione dell'obiettivo, per assicurare che l'OEI possa
essere eseguito).
Si tratta, nondimeno, di un elenco incompleto rispetto ai presupposti del medesimo
atto nell’ordinamento nazionale, con riguardo all’indicazione:
della tipologia del quadro indiziario che può fondare l’attività di
intercettazione.
del grado d’incidenza – rispetto alla possibilità di utilizzo di differenti
strumenti d’indagine – che deve essere rappresentato dall’intercettazione.
La direttiva (art. 30 comma 4) si esprime nei seguenti termini: “ L'autorità di
emissione indica nell'OEI i motivi per cui considera l'atto di indagine richiesto utile
al procedimento penale interessato.”
Tale norma non delinea un filtro sulla possibilità di intercettare sintonico, almeno sul
piano teleologico, ai principi di cui agli artt. 266 c.p.p., e non menziona in alcun
modo il problema della valutazione degli “indizi” indispensabili, al contrario, nel
sistema nazionale.6
Un’indicazione, quindi, che in astratto avrebbe potuto porsi in contrasto con il
quadro di tutela disegnato dal legislatore nazionale.
D’altro canto, replicare formalmente e integralmente le medesime formule utilizzate
dal codice di procedura – con un richiamo espresso alla disciplina di cui agli artt. 266
ss. c.p.p., o a quella di cui all’art. 13 d.l. n. 152/1991, presupponendo la medesima
tipologia di conoscenza e valutazione degli elementi - avrebbe potuto in qualche
modo vanificare aprioristicamente la “spinta” d’integrazione funzionale all’efficienza
espressa dalla direttiva, tradendone quindi lo spirito.
Si è pertanto cercato di individuare formule in grado di conciliare le contrapposte
esigenze; in particolare poi, per gli elementi storici posti a fondamento delle
6Sullatematicaingeneraledellavalutazionideipresuppostidelleintercettazioni,v.traglialtri
BalducciS.,“LegaranzienelleintercettazionitraCostituzioneeleggeordinaria”GiuffrèMilano
2002; A. Camon, “Le intercettazioni nel processo penale”, Giuffré, Milano, 1996; A.Caputo, “
Quale riforma per la disciplina delle intercettazioni ?”, in Questione giustizia, 2006, 1207; R.
D’ajello, “Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni”, in RPEc, 1990, 107-113; C. Di
Martino – T. Procaccianti T. “ Le intercettazioni telefoniche”, CEDAM, Milano 2001; L. Fadalti,
“Intercettazioni telefoniche ed ambientali: disciplina normativa ed orientamenti
giurisprudenziali”,inArch.n.proc.pen.2004,477;F.Filippi,“L’intercettazionedicomunicazioni
“, Giuffré , Milano, 1997; C. Gabrielli, “ Le intercettazioni di conversazioni e comunicazioni. Un
problemacrucialeperlaciviltàel’efficienzadelprocessoeperlegaranziedeidiritti”,inCass.
pen,2007,4860;V.Grevi,“Lanuovadisciplinadelleintercettazionitelefoniche”,Giuffré,Milano,
1979 G. Illuminati, “La disciplina processuale delle intercettazioni”, Giuffré, Milano, 1983; C.
Marinelli,“Intercettazioniprocessualienuovimezzidiricercadellaprova”,Giappichelli,Torino
2007; V.Mirra, “Intercettazioni di comunicazioni nel processo penale tra garantismo e limiti
procedurali”,Arch.Proc.Pen.,2007,3.SiaconsentitoinfinecitareC.Parodi,“Leintercettazioni.
Profilioperativiegiurispudenziali”,Giappichelli,Torino2002
7
richieste, si deve prendere atto della necessità di una sostanziale “certificazione” da
parte delle autorità emittenti della sussistenza degli elementi probatori.
In concreto: non è pensabile, a fronte del testo di una direttiva che non contempla
alcuna dizione in tema di “indizi” (né gravi né sufficienti) imporre alle autorità
straniere di “avventurarsi” in valutazioni calibrate sulle forme tipiche del sistema
italiano e verosimilmente estranee alle abitudini e alla cultura dello Stato richiedente.
Al contrario, chiedendo di precisare la “ specifica rilevanza e utilità dell’attività di
intercettazione“ e di indicare “gli elementi probatori sulla base dei quali l’autorità
straniera ha ritenuto sussistente l’ipotesi di reato” si pone l’autorità giudiziaria
nazionale nella sostanziale condizione di riproporre gli stessi schemi di valutazione
che normalmente applica senza essere vincolate alle formule del codice.
E invero, non foss’altro che per una questione di tempi, non è pensabile che l’a.g.
italiana possa e debba esaminare integralmente e direttamente gli elementi in fatto
posti a fondamento delle richieste.
Sul piano probatorio, l’ “indicazione“ degli elementi probatori non può pertanto che
essere considerata una sorta di autocertificazione dell’esistenza degli elementi
probatori da parte dello Stato richiedente; ferma restando la possibilità di richiede
specifiche “ integrazioni” (ove per esempio si assuma sussistente una prova
scarsamente verosimile), il sistema della direttiva non può che fondarsi su un atto di
reciproca “fiducia” tra gli Stati; se uno Stato dichiarerà l’esistenza di prova
inesistenti o totalmente differenti da come sono state presentate andrà incontro ad
una responsabilità “ politica”, mentre l’a.g. potrà - fino a prova contraria- fondare il
proprio giudizio basandosi su un quadro “ attestato” dall’autorità richiedente.
Ad analoghe conclusioni si deve giungere sul secondo aspetto, ossia sulla richiesta di
“precisare la specifica rilevanza e utilità dell’attività di intercettazione”, formula ben
più pregnante e sintonica al sistema nazionale dei generici “ motivi di utilità” indicati
dalla direttiva e nondimeno non rapportata espressamente ai parametri di cui agli artt.
266 ss. c.p.p..
Anche in questo caso, si è trattato tuttavia di non “vincolare” l’autorità emittente a
formule quali “assoluta indispensabilità” ovvero “ necessità”.
L’autorità richiedente dovrà pertanto esporre la rilevanza e utilità dell’atto di
intercettazione; sarà poi l’a.g. italiana – tenuto conto del titolo di reato e del quadro
indiziario descritto- a verificare sul piano logico la correttezza della prospettazione
contenuta nella richiesta.
La duplice indicazione- rilevanza e utilità- dovrebbe sottolineare il fatto che la
“rilevanza” comporta un giudizio astratto sulla attività richiesta , mentre l’”utilità”
impone una valutazione, seppur prognostica, sulla significatività in concreto della
stessa.
L’ultimo profilo che ha richiesto una valutazione di non semplice risoluzione ha
avuto per oggetto la relazione tra Procura della Repubblica e organo giudicante: se,
quindi, la richiesta debba essere destinata al G.I.P. e quindi, in caso di accoglimento,
trasmessa al P.M. per l’esecuzione ovvero se destinatario della richiesta debba essere
l’ufficio di Procura.
Si è optato per questa seconda possibilità, nell’intendimento di riproporre la
dialettica procedimentale del sistema italiano, che vede la richiesta di intercettazioni
come atto del quale il P.M. prima formula la richiesta e che quindi, in caso di
accoglimento, ne cura l’esecuzione.
8
Per altro, il Procuratore della Repubblica non può essere considerato un mero
tramite tra l’autorità richiedente e il G.i.p. ed è pertanto chiamato a un vaglio di
ammissibilità della richiesta; la trasmissione al G.i.p. è, in effetti, disposta da tale
organo “ove ritenga che non sussistono motivi di rifiuto”; prima di tale valutazione, il
Procuratore distrettuale potrà/dovrà chiedere alla autorità emittente precisazioni ed
integrazioni sugli elementi sui quali la richiesta è fondata.
A sua volta, il G.i.p. non potrà dare corso alla richiesta, oltre che per i motivi di non
riconoscimento o di non esecuzione di cui all'articolo 10, qualora l'intercettazione
non sia ammessa in un caso interno analogo, sulla base pertanto della qualificazione
giuridica del fatto. Il G.I.P., inoltre, potrà subordinare la propria decisione di dare
corso alla richiesta alle condizioni applicabili in un caso interno analogo.
Nel caso di accoglimento della richiesta, il G.I.P. trasmetterà gli atti al P.M. per
l’esecuzione; in sintonia a quanto indicato dalla direttiva, l’attività potrà essere
eseguita trasmettendo le telecomunicazioni immediatamente allo Stato di emissione
ovvero intercettando, registrando e trasmettendo successivamente il risultato
dell'intercettazione delle telecomunicazioni allo Stato di emissione.
Una scelta operativa che potrà essere decisa sulla base di consultazioni tra P.M. e
l'autorità di emissione. Anche in questo caso, nella richiesta o comunque durante la
fase di esecuzione, l'autorità di emissione potrà altresì richiedere, ove ve ne sia
particolare motivo, una trascrizione, una decodificazione o una decrittazione della
registrazione, fatto salvo l’accordo con l’autorità di esecuzione.
Le indicazioni generali della direttiva sono state poi integrate dalla disciplina delle
ipotesi di urgenza, non menzionata dalla direttiva stessa ma contemplate dal codice
di rito.
A fronte quindi di un’urgenza espressamente indicata in sede di richiesta
(segnatamente occorre la sussistenza di un “ fondato motivo per ritenere che dal
ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini “), l’intercettazione nelle
forme sopra indicate può essere disposta dal P.M. con decreto motivato. Sulla
valutazione degli elementi sui quali il P.M. potrà valutare il “ grave pregiudizio”, si
rinvia a quanto precisato sopra: è evidente che si tratta di una delibazione “astratta” a
fronte della “ certificazione” di uno specifico quadro probatorio prospettato
dall’ufficio che ha inoltrato la domanda.
Il provvedimento dovrà essere trasmesso al G.I.P. per la convalida – che dovrà
intervenire con decreto motivato- entro quarantotto ore.
E’ stato previsto un richiamo generale alle disposizioni di cui all’art. 267 c.p.p.
Infine, con riguardo ai costi per lo svolgimento dell’attività sono state riprese
integralmente le indicazioni della direttiva; gli stessi devono pertanto essere sostenuti
dall’autorità giudiziaria di esecuzione, ad eccezione dei costi legati alla trascrizione,
alla decodificazione e alla decrittazione delle comunicazioni intercettate, che sono a
carico dello Stato richiedente.
4- La notifica all’autorità giudiziaria italiana nel caso di persona soggetta a
intercettazione nel territorio dello Stato ( passivo).
L’art. 31 ( rubricato “ Notifica all’autorità giudiziaria italiana nel caso di persona
soggetta a intercettazione nel territorio dello Stato”) ha fornito attuazione all’art. 31
della direttiva.
Una disciplina applicabile laddove:
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- l’attività di intercettazione sia stata autorizzata da un’autorità competente di uno
Stato membro
- l'indirizzo di comunicazione della persona soggetta a intercettazione indicata
nell'ordine di intercettazione sia utilizzato sul territorio italiano
- non sia richiesta per effettuare l’intercettazione l’assistenza tecnica delle
competenti autorità nazionali.
La dizione “indirizzo di comunicazione “ è tale da ricomprendere non soltanto gli
identificativi di un’utenza (numero, IMEI) quanto anche l’account in caso di
intercettazione telematica.
Il destinatario della notifica è stato individuato in primo luogo Procuratore
distrettuale nel cui distretto ha residenza, domicilio o dimora la persona sottoposta a
intercettazione. Ove tale criterio non sia applicabile, nel Procuratore distrettuale di
Roma.
La scelta del Procuratore distrettuale- anche in questo caso in sintonia con i criteri
generali dell’art 7 in tema di competenza- deve ritenersi altresì giustificata dall’
esigenza di semplificazione di individuazione dell’ufficio destinatario della richiesta
e della altrettanto pressante esigenza di celere interlocuzione con il G.i.p. – stante
l’urgenza di provvedere, delineata dalla stessa direttiva.
Sui tempi della notificazione è stato formulato un integrale richiamo alle indicazioni
della direttiva. Notificazione che dovrà pertanto avvenire:
- prima dell’intercettazione, qualora l’autorità competente dello Stato richiedente
sappia, al momento di ordinare l’intercettazione, che la persona soggetta a
intercettazione si trova o si troverà sul territorio italiano.
- durante l’intercettazione o a intercettazione effettuata, non appena venga a
conoscenza del fatto che la persona soggetta a intercettazione si trova o si trovava,
durante l’intercettazione, sul territorio italiano.
In relazione poi alla necessità d’indicazione della specifica rilevanza e utilità
dell’attività di intercettazione, ai compiti del P.M. ed al rapporto con il G.I.P. si
rinvia a quanto precisato nell’art. 30.
Si segnala che non si è ritenuto un richiamo espresso all’indicazione degli elementi
probatori sulla base dei quali l’autorità straniera ha ritenuto sussistente l’ipotesi di
reato. Richiamo, nondimeno, che sul piano logico-sistematico dovrebbe ritenersi
comunque sussistente.
Il G.I.P., nel valutare la richiesta, tiene conto dei motivi di non riconoscimento o di
non esecuzione di ordine generale. Qualora l'intercettazione non sia ammessa in un
caso interno analogo, può, senza ritardo e al più tardi entro 96 ore dalla ricezione
degli atti, notificare all'autorità competente dello Stato membro di intercettazione
che:
- l'intercettazione non può essere effettuata o che si deve porre fine alla medesima;
- se necessario, che gli eventuali risultati dell'intercettazione già ottenuti mentre la
persona soggetta a intercettazione si trovava sul territorio nazionale non possono
essere utilizzati o possono essere utilizzati solo alle condizioni specificate.
5- I dati storici delle telecomunicazioni (passivo).
In termini generali, occorre ricordare che rispetto al testo della direttiva è stato
indispensabile prevedere disposizioni autonome e specifiche, a fianco di quelle
relative alle intercettazione di comunicazioni, per l’acquisizione dei dati “esterni”
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alle comunicazioni. Disposizioni che nel testo della direttiva non sono direttamente
contemplate, anche se il considerando 30 della direttiva 2014 prevede:
Le possibilità di cooperare conformemente alla presente direttiva in materia di
intercettazione delle telecomunicazioni non dovrebbero essere limitate al contenuto
delle telecomunicazioni, ma dovrebbero anche riguardare la raccolta di dati relativi
al traffico e all'ubicazione associate a tali telecomunicazioni, in modo che le autorità
competenti possano emettere un OEI inteso a ottenere dati meno intrusivi sulle
telecomunicazioni. Un OEI volto a ottenere dati storici relativi al traffico e
all'ubicazione connessi alle telecomunicazioni dovrebbe rientrare nel regime generale
applicabile all'esecuzione dell'OEI e può essere considerato, a seconda del diritto
dello Stato di esecuzione, un atto di indagine coercitivo.
Questi ultimi si identificano con i dati c.d. esteriori delle comunicazioni, utili per
rintracciare ed identificare la fonte o la destinazione di una comunicazione, per
determinarne la data, l’ora e la durata, per stabilirne le modalità e per individuare
l’ubicazione delle apparecchiature utilizzate, come precisa l’art. 2 della Direttiva
2006/24/CE sulla conservazione dei dati di traffico.
Categorie che hanno in comune, pur con forme e intensità differenti, il fatto di potere
determinare un significativo pregiudizio per il bene “riservatezza” riconosciuto dalle
carte costituzionali così come dell’art. 7 della Carta di Nizza e dell’art. 8 CEDU.
Nello specifico, sul tema sono stati previsti due articoli; nel capo III l’art. 32
(rubricato “Richieste di dati storici di telecomunicazioni); con tale disposizione si
prevede la possibilità la richiesta di OEI sia finalizzato ad ottenere dati storici relativi
al traffico e all'ubicazione connessi alle telecomunicazioni, quali tabulati e file di log.
La richiesta deve indicare i dati necessari ad individuare:
- l’utenza o l’account
- i dati del titolare dell’utenza- se a conoscenza dell’autorità richiedente
- il titolo di reato del procedimento
- ove possibile i dati del gestore.
Il Procuratore della Repubblica può subordinare l’accoglimento della richiesta alle
condizioni applicabili in un caso interno analogo.
Anche su questo aspetto si è reso necessaria l’integrazione delle disposizioni della
direttiva con l’individuazione di criteri sulla competenza territoriale.
E’ stato necessario prevedere un’articolazione su più punti. In prima ipotesi è stato
individuato il Procuratore distrettuale, del luogo ove la persona fisica o giuridica
titolare dell’utenza o dell’account ha la residenza, il domicilio o la dimora. In caso di
utenza fissa, del luogo ove è installata.
In estremo subordine ( nel caso ad es. di gestori stranieri o di soggetti non identificati
o di persone giuridiche con sede all’estero) viene individuata la competenza residuale
del Procuratore distrettuale di Roma.
6- Le procedure attive
Il TITOLO III ( Procedura attiva), al Capo II ( Disposizioni specifiche per
determinati atti di indagine) fornisce le indicazioni speculari, sul versante attivo,
rispetto a quelli del Capo III del Titolo I.
L’art. 48 ( rubricato “Richiesta di intercettazione di telecomunicazioni dell’autorità
giudiziaria italiana con l'assistenza tecnica di un altro Stato membro”) disciplina la
situazione speculare a quella dell’art. 30, nella quale può trovarsi l’a.g. italiana ove si
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presenti la necessità di procedere a intercettazioni di telecomunicazioni in uno Stato
membro la cui assistenza tecnica sia necessaria Un’intercettazione, quindi, che in
nessun modo potrà essere effettuata “approfittando”- legittimamente - del fatto che
almeno in parte e in forza di accordi di roaming la chiamata ( o la comunicazione
telematica) transiti dalla rete nazionale.
A fronte di tale situazione è stata, pertanto, prevista la possibilità per il Procuratore
della Repubblica, ottenuta l’autorizzazione del G.I.P., di inoltrare una richiesta di
OEI allo Stato di esecuzione.
Non sono state individuate ragioni per derogare allo schema generale in materia di
intercettazioni. Sarà pertanto sempre il G.I.P. a verificare i presupposti della
richiesta, in base alla disciplina di cui agli artt. 266 ss. c.p.p. e quindi –
eventualmente - a respingere la richiesta in assenza di tali presupposti.
Il Procuratore della Repubblica dovrà, pur tuttavia, integrare la richiesta formulata
sulla base dell’autorizzazione con l’indicazione nella richiesta di OEI dei motivi per
cui considera l’atto d’indagine utile al procedimento penale e delle informazioni
necessarie all’identificazione della persona sottoposta all’intercettazione, nonché
della durata delle operazioni ed ogni ulteriore elemento utile all’esecuzione della
richiesta.
Un’indicazione che non dovrebbe rivelarsi problematica, poiché la disciplina
nazionale al riguardo appare certamente più completa e “ricca” di garanzie rispetto
allo schema genericamente rilevabile dalla direttiva.
Analogamente a quanto previsto dall’art. 30, anche in questo caso – sulla falsariga
delle indicazioni della direttiva – la richiesta può altresì contenere l’indicazione sulla
necessità che l’intercettazione debba essere eseguita con trasmissione immediata
delle telecomunicazioni all’autorità giudiziaria italiana ovvero intercettando,
registrando e trasmettendo successivamente il risultato dell'intercettazione delle
telecomunicazioni alla autorità giudiziaria italiana. Attività in funzione delle quali è
prevista la possibilità di un’interlocuzione tra il Procuratore della Repubblica, in caso
di accoglimento, con l’autorità di esecuzione.
Tale interlocuzione che è stata demandata direttamente al P.M. e non al G.i.p., atteso
che anche per le intercettazioni “ nazionali” ex art. 266 c.p.p. la fase esecutiva- anche
per ragioni di rapidità di valutazione - è indicata in capo all’organo dell’accusa.
Ancora in assoluta sintonia con le indicazioni della direttiva, è stato previsto che la
richiesta (anche nel corso dell’esecuzione dell’attività) possa altresì riguardare, se ve
n’è particolare motivo, una trascrizione, una decodificazione o una decrittazione
della registrazione, fatto salvo l'accordo con l'autorità di esecuzione.
E’ altamente verosimile che il maggiore “impatto” sulla realtà operativa pregressa
rispetto al recepimento della direttiva potrà essere rappresentato dalla disciplina
dell’art. 49, rubricato“Notifica allo Stato membro nel quale si trova la persona
soggetta a intercettazione”.
Come nel caso dell’art. 31, è stabilito l’obbligo per il P.M. di procedere alla notifica
all'autorità competente dello Stato membro in cui l’indirizzo di comunicazione si
trova (laddove l'indirizzo di comunicazione di una persona soggetta a intercettazione
sia utilizzato nel territorio di un altro Stato membro la cui assistenza tecnica non è
necessaria) in due casi.
In primo luogo, prima dell'intercettazione, qualora sia a conoscenza, al momento di
autorizzare l'intercettazione stessa, del fatto che l’indirizzo di comunicazione della
persona soggetta a intercettazione si trova o si troverà sul territorio di altro Stato
membro.
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Inoltre, durante l'intercettazione o a intercettazione effettuata, non appena venga a
conoscenza del fatto che l’indirizzo di comunicazione della persona soggetta a
intercettazione si trova, o si trovava durante l'intercettazione, sul territorio di altro
Stato membro.
Non si è ritenuto di modificare in alcun modo le espressioni utilizzate dal legislatore
europeo, pur nella consapevolezza che, nella seconda ipotesi riportata- potrebbero
sorgere problematiche di non poco momento sul concetto di “conoscenza del fatto”
e di conseguente immediato obbligo di procedere alla notifica.
Si tratta indubbiamente di un (seppure doveroso) “appesantimento” dell’attività in
generale di esecuzione delle intercettazioni, che imporra un differente approccio alla
lettura e valutazione degli atti- da parte della p.g. così come del P.M.- specie con
riguardo alle conoscenze “ sopravvenute”.
La norma non lascia spazio a particolari dubbi sulle conseguenze delle inosservanze
delle disposizioni nella medesima contenute: “ i risultati dell'intercettazione
eventualmente già ottenuti mentre la persona soggetta a intercettazione si trovava
sul territorio dello Stato notificato non possono essere utilizzati o possono essere
utilizzati solo alle condizioni specificate dalle autorità di quest’ultimo.”
Inutilizzabilità espressa, dunque, con tutte le conseguenze che la stessa comporta nel
sistema nazionale.
Infine, l’art. 49 (rubricato “Richieste di dati storici su telecomunicazioni”) è stata
sinteticamente disciplinata la possibilità per il Procuratore della Repubblica di
inoltrare all’autorità competente dello Stato di esecuzione un OEI per ottenere i dati
storici relativi al traffico e all'ubicazione connessi alle telecomunicazioni – quali
tabulati e file di log.
La richiesta, trattandosi di provvedimento motivato- deve indicare i dati necessari a
individuare l’utenza o l’account, i dati del titolare dell’utenza - se a conoscenza
dell’autorità richiedente, il titolo di reato del procedimento, e, ove possibile, i dati del
gestore.
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