DOLORI ADDOMINALI RICORRENTI IN ETÀ PEDIATRICA

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DOLORI ADDOMINALI RICORRENTI IN ETÀ PEDIATRICA
Acta Pediatrica Mediterranea, 2007, 23: 91
DOLORI ADDOMINALI RICORRENTI IN ETÀ PEDIATRICA
ANTONIA MARIA ROSARIA BENEDUCE - MARIA BUTTACAVOLI - VALENTINA IGNAZIA MIGLIORE - ROSSELLA VINCIGUERRA MARIA PLANO – ROSA NASCA - CALOGERO SCALICI
Università degli Studi di Palermo - Ospedale G. Di Cristina - Divisione 1a Pediatria – Gastroenterologia - (Direttore: G. Iacono)
[Recurrent abdominal pain in pediatric age]
RIASSUNTO
SUMMARY
Gli Autori, dopo aver descritto brevemente il dolore
addominale ricorrente in età scolare, riportano il caso di un
paziente, al quale in seguito a ricovero per vomito, dolori addominali si è giunti alla conclusione che il piccolo aveva subito
violenza psichica,.
The Authors, after to have described shortly on the abdo minal pains in age to drain, bring back the case of a patient, to
which it has been made diagnosis of psychical violence, as a
result of shelter for vomito, chetosi, abdominal pains. ains.
Parole chiave: Dolori addominali, vomito, violenza psichica
Key words: Abdominal pains, vomit, psychical violence
Introduzione
Materiali e metodi
Il dolore addominale ricorrente (DAR) in età
evolutiva rappresenta una forma morbosa a sé stante
la cui sintomatologia persista da almeno tre mesi.
Le varianti cliniche possono essere tre:
1. DAR isolati: sono dolori reali in sede peri
ombelicale.
2. DAR associati a dispepsia:dolore prevalentemente in sede epigastrica accompagnati da nausea
e vomito,
3. DAR con alterata attività intestinale: dolore
localizzato ai quadranti inferiori dell’addome.
I criteri diagnostici principali sono rappresentati dalla lunga durata della sintomatologia,dall’età,dalla familiarità,dall’evidenza di ansia familiare e di stress ambientali o fisici.
La diagnosi di DAR è di esclusione pertanto
sarà necessario effettuare gli esami di laboratorio
quali il dosaggio degli anticorpi anti transglutaminasi, anticorpi anti H. Pilori e delle immunoglobuline,che permettano di escludere altre patologie in cui
il dolore addominale è uno dei sintomi di presentazione. Nessun criterio diagnostico può essere patognomonico di DAR, tuttavia la diagnosi non può
essere formulata solo sulla base dei dati di laboratorio normali e di un esame fisico negativo.
P.V. sesso maschile, anni 6, con storia di ripetuti ricoveri per disturbi dispeptici e dolori addominali,genitori non consanguinei e in apparente buono
stato di salute.
Esordio clinico
Pz. Ricoverato a metà marzo 2007 per chetosi,
disidratazione e dolori addominali All’A.P.R. vengono riferiti altri ricoveri per chetosi, squilibri
idroelettrolitici, colica appendicolare.
A.P.P.: da circa 3 gg vomito e dolore addominale.
Valutazione clinica all’ingresso
Esame obiettivo al torace e cardiocircolatorio
nella norma. Organi ipocondriaci: fegato debordante 1 cm dall’arco.Si richiedono esami di routine,
IgG, IgA, IgM, Ab anti transglutaminasi, Ab anti
H.Pylori per escludere malattia celiaca e gastrite
H.P correlata.
La valutazione ematologia risulta nella norma;
si procede alla ricerca di sangue occulto nelle feci,
risultato anch’esso negativo.
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Ricerca su feci per Ag H. Pilori: positivo
Prick Test:positivo per istamina (6,5/2), e neg
per i restanti alimenti.
Il riscontro di positività su feci dell’Ag per
H.P. ci ha spinto ad eseguire una esofagogastroduodenoscopia che non ha evidenziato lesioni in atto.
PCHES: lievemente aumentate (1464 ou/L)
SCOTCH Test: negativo
ECO addome: tutto nella norma
Avendo escluso patologie organiche in corso
si è deciso di procedere ad accertamenti neuropsichiatrici.
EEG: tracciato modestamente alterato per rallentamento del ritmo.
Prima Consulenza Neuropsichiatria (NPI):
nulla di rilievo.
Per il persistere della sintomatologia e per la
negatività dei precedenti esami,si richiede una
seconda consulenza N.P.I. Durante il colloquio si
arriva a scoprire che il piccolo ha subito violenza
psichica. Ciò ci ha permesso di fare diagnosi di
DAR psicogeno ed indirizzarci verso la terapia.
Discussione
Sono molti i bambini, sia in età prescolare che
scolare, che subiscono violenza da parte di adulti.
Nel caso sopra riportato, si è giunti a scoprire che
V., aveva assistito alla violenza subita dalla sorellina, da parte di un amico di famiglia.
Nonostante la frequenza dei casi, l'esistenza e
la gravità di queste situazioni vengono tuttora sottovalutate, sia dal punto di vista del riconoscimento
sociale del fenomeno, che sotto il profilo della
necessità di interventi adeguati di tutela e cura.
Rilevazione dei casi, interventi di protezione,
valutazione del danno, valutazione della genitorialità e della recuperabilità delle competenze genitoriali, interventi riparativi adeguati sono tutte tappe
irrinunciabili se si vuole parlare di efficace presa in
carico dei casi, nonché di prevenzione anche rispetto agli effetti a lungo termine e alla trasmissione
intergenerazionale della violenza.
E’ noto infatti il ruolo che l'assistere alla violenza nell’infanzia e nell'adolescenza può avere
nella vita adulta rispetto all'assunzione di comportamenti maltrattanti ed abusanti e ai suoi effetti negativi sullo sviluppo delle capacità di protezione ed
autoprotezione.
A. M. R. Beneduce - M. Buttacavoli et Al
Conclusioni
Porre diagnosi di violenza psichica in pazienti
di età pediatrica è complesso. I piccoli e coloro che
li circondano, infatti, tendono a negare un vissuto
spiacevole e, addirittura a rimuoverlo.
Non è raro, quindi, che in pediatria si manifestino sintomi fisici, medicalmente inspiegabili, ma
espressione di disagio psichico: in questi casi si
parla di somatizzazione. E’ necessario in questi casi
che il piccolo paziente venga avviato presso un servizio di Neuropsichiatria infantile e di Psicologia
Clinica al fine di essere inserito nei protocolli di
gestione che prevedono un approccio cognitivo
comportamentale e riabilitativo.
Il personale sanitario ha il dovere di fornire al
bambino tutto l’appoggio necessario ai fini dell’individuazione del maltrattamento e delle situazioni a
rischio, che comportano la segnalazione alle autorità competenti e/o ai servizi preposti alla tutela del
minore. Il personale si impegna altresì a collaborare, nell’ambito delle proprie specifiche competenze,
con gli enti accreditati e ad instaurare con il bambino e la sua famiglia una relazione improntata sul
rispetto e sulla collaborazione.
Lo spazio per l’ascolto, i tempi, le modalità e
gli strumenti comunicativi più idonei andranno
sempre ricercati. Si deve utilizzare un linguaggio
quanto più vicino a quello del bambino ricorrendo
anche al gioco, alle narrazioni, ai disegni, alle
immagini.
Bibliografia
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