Appunti di storia – IV Liceo
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Appunti di storia – IV Liceo
I Appunti di storia – IV Liceo Breve riaggancio all’anno precedente: Ormai Napoleone è sconfitto e le nazioni d’Europa si riuniscono nel Congresso di Vienna: dal 1815 al 1830 ci sarà il periodo della Restaurazione (da citare i tre proclami che la caratterizzano: il Principio di Legittimità, il Principio di Equilibrio e il Proclama della Santa Alleanza). Interventi della Santa Alleanza (chi interviene => dove interviene): - 1821: Austria => Napoli - 1823: Francia => Spagna - 1831: Austria => Italia - 1831: Russia => Polonia Le uniche rivolte che hanno avuto successo sono state quelle accadute in nazioni che non fanno parte della Santa Alleanza. Già negli anni ’20 ci sono popoli che ambiscono e ottengono la liberta: 1.) Rivolta delle colonie spagnole in America In epoca napoleonica il re di Spagna Alfonso III si rifugia nelle sue colonie. I coloni conoscono il re e la sua inettitudine : è incapace di agire a favore della propria patria. I movimenti indipendentisti nascono tra i giovani sudditi creoli, dovevano fare tutto e non ricevevano niente. Le colonie erano troppo lontane dall’Europa: ci sarebbe dovuto essere un lungo intervento per soffocare le rivolte e ciò portò il Sud America a liberarsi dal giogo europeo. Nel 1823 il presidente americano Monroe dichiara di non accettare più l’intervento delle potenze europee in America. 2.) Guerra d’indipendenza della Grecia Sono delle rivolte della popolazione greca contro il sultano turco per il controllo del Mediterraneo. Nel 1830 la Grecia otterrà l’indipendenza. II Gli USA dell’800 (1800-1850) 1789: Washington è il presidente La capitale viene inaugurata solo all’inizio del XIX secolo. Mentre la nazione si organizza, conosce una crescita dal punto di vista territoriale con un’espansione a tappe verso ovest (“Far West”) per dominare e controllare il territorio continentale. 1783: trattato di Versailles: - la GB cede agli USA i suoi territori a ovest dei monti Appalachi (la “frontiera”) - gli americani raggiungono la riva sinistra del Mississippi 1803 => “colpaccio”: in questo anno Napoleone vende i territori della Louisiana agli USA (presidente Thomas Jefferson) per 3'000'000 $ e il ritiro delle guarnigioni francesi (Napoleone ha bisogno di soldi per le sue campagne militari). Gli USA raddoppiano il territorio occupando le grandi pianure del west (del Mississippi e del Missouri): 1 milione di miglia quadrate, con grandi pianure agricole e un sistema fluviale cardine. in 20 anni gli USA quadruplicheranno il loro territorio 1819: la Spagna cede i territori della territori della Florida agli USA Texas: all’inizio degli anni ’30 ha aspirazioni indipendentistiche (dal Messico), poi si interessa per un eventuale ingresso negli USA. Per entrare negli USA bisognava avere un determinato numero di abitanti stabili (60'000), il New Mexico entra negli USA nel 1890. Alaska: venduta dalla Russia nel 1869, è però diventata uno stato degli USA solo cento anni dopo. 1836: il Texas si dichiara indipendente. Il presidente del Messico non è contento; decide di attaccare la capitale del Texas, San Antonio, assedia e stermina Fort Alamo. Si organizza una guerriglia guidata da Sam Houston. Il Messico rinuncia e il Texas diviene Stato degli USA nel 1845. 1845:scoppia la guerra tra USA e Messico e durerà per tre anni (fino al 1848). 1846: vengono creati alcuni stati con un accordo con l’Inghilterra (Washington, Oregon, Idaho). 1845-1848:guerra tra USA e Messico Gli USA hanno una netta superiorità. Nel 1846 le truppe americane occupano Città del Messico. 1848: vittoria netta degli USA, ottengono 4 stati (Utah, Arizona, Nevada, California). In Arizona e New Mexico si troveranno dei grandi giacimenti di uranio -> Los Alamos: prima bomba atomica. Tutta la costa sul Pacifico viene così conquistata e si completa l’espansione territoriale. III Nasce in questo periodo il grave problema del razzismo. Molti stati si riveleranno antischiavisti. Il Liberalismo Momento d’oro: prima metà dell’800. È un’ideologia che cresce e si sviluppa nella prima metà del XIX secolo e che ha le sue basi nella Rivoluzione Francese per quanto riguarda gli aspetti politici e nella Rivoluzione Industriale inglese per quanto riguarda gli aspetti economici. Definizione di Jacques Droz: “Il Liberalismo è l’espressione degli interessi economici e politici della borghesia” Eric Hobsbawn ha pubblicato in più volumi la storia che va dalla R.F. ai giorni nostri. - I vol. : L’età delle Rivoluzioni - II vol. : L’età della Borghesia - III vol. : L’età degli Imperi (1870-1914) - IV vol. : Il Secolo breve Il liberalismo economico - ha come punto di riferimento la R.I. inglese I tre pilastri del lib. economico (coloro che hanno descritto e precisato i caratteri): - David Richard: “Principi dell’economia politica e dell’imposta” (Londra, 1817) - John Stuart Mill: “Principi dell’economia politica” (1848) - Thomas Malthus: “Primo saggio sulla popolazione” (1798) I primi due autori teorizzano le strutture economiche che erano già state preannunciate dall’economista scozzese Adam Smith. Contenuti: - Libertà d’iniziativa, come garanzia di benessere - Proprietà privata - Macchinismo (apologia delle macchine) e disoccupazione tecnologica come male inevitabile per il progresso - Intervento dello Stato solo come garante dei beni individuali, senza partecipare ai rapporti economici (è stata la causa della Crisi del 1929): organo di controllo poliziesco e protezione; non deve fare il finanziatore, il gestore, il costruttore immobiliare, ma deve impedire gli abusi IV Il terzo autore si occupa di demografia. Osserva che c’è una discrepanza tra l’evoluzione della popolazione e l’evoluzione delle risorse. La produzione cresce meno della popolazione: il rapporto è sfavorevole alla produzione. Malthus propone le seguenti soluzioni ( da fare senza lo Stato): - matrimonio tardivo - limitazione delle nascite (sebbene Malthus fosse un religioso) - aumento delle risorse Il liberalismo politico Non si possono indicare personaggi. Occorre indicare le scuole di pensiero che uniscono pensatori di diverse nazioni con idee comuni: 1) liberalismo moderato (in GB: tories; in F: liberali; in TI: masoniani) 2) liberalismo radicale (in GB: whigs; in F: repubblicani; in TI: non ci sono) 1) Si ispira alla F rivoluzionaria del periodo 1789-1792 (riv.borghese). Tematiche: - Forte sfiducia nello Stato a cui si attribuisce la volontà di distruggere la libertà individuale - Si aspira a un regime rappresentativo, in cui la sovranità è del popolo, ma deve essere esercitata dai suoi rappresentanti - Che deve partecipare alla politica è l’élite: la borghesia - La vita politica deve essere amministrata in nome del popolo dalla borghesia Autore: Benjamin Constant, 1815, “Principi di politica”: <<L’autorità è il governo del dispotismo>> ; <<La democrazia è la volgarizzazione (l’estensione alla popolazione)>> Simond de Sismondi, 1817, “Una storia della repubblica italiana nel Medioevo” reclama la libertà di queste piccole repubbliche liberali 2) Si ispira al modello giacobino francese ed è un’idea politica molto forte nelle terre occupate dalle nazioni del Congresso di Vienna (Polonia, Lombardo-Veneto, Regno delle due Sicilie, Stato della Chiesa, alcuni stati tedeschi) Tematiche: - uguaglianza dei diritti politici - suffragio universale - democrazia popolare Autori, esponenti principali: Giuseppe Mazzini, Liguria Carlo Cattaneo, Milano, federalista legato al canton TI V Kossuth, Polonia, esponente teorico del liberalismo radicato polacco, è anche l’autore di una rivolta contro i russi (ma la Santa Alleanza interviene) Filippo Buonarroti, italiano abitante in F, idee molto progressiste al limite del socialismo Alexis de Tocqueville, Francia, esprime le sue idee sulla democrazia prendendo come modello “De la democrazie en Amerique”, 1835 Il Socialismo seconda ideologia della I metà dell’800 - ispirato al modello della Rivoluzione Industriale inglese e soprattutto alle condizioni di lavoro della classe operaia radici: lotte operaie della fine del’700 e ai decenni dell’800 non si ispira al luddismo, ma alle forme più organizzate di lotta operaia => Trade Unions Esponenti (sia del socialismo utopico che scientifico): iniziano la loro attività nel mondo dei sindacati I metà dell’800: si suddivide in socialismo 1.) utopico (creare un mondo ideale) 2.) scientifico (modificare il mondo attuale) 1.) Mondo nuovo, dove il rapporto tra la borghesia e il proletariato era positivo e costruttivo 2.) Giudica questo tentativo inutile, propone una forma di lotta tra la borghesia e il proletariato Crespi d’Adda: esempio di socialismo utopico (non così forte come quello di Owen) Manifesto del partito comunista Bibbia dei socialisti Pubblicato a Londra nel 1848 Associazione internazionale dei lavoratori (fondata nel 1854), verrà trasformato in un grande partito Proposte: Il decalogo del Comunismo Inizia con <<Un fantasma si aggira per l’Europa…”, finisce con <<Proletari di tutto il mondo, unitevi!>> VI I) Espropriazione della proprietà fondaria e impiego della rendita fondiaria per lo Stato (Nazionalizzazione delle terre) II) Chi più ha, più paga III) Abolizione del diritto d’eredità IV) Confisca delle proprietà di tutti gli emigrati e i ribelli V) Accentramento del credito (abolizione delle banche private) VI) Accentramento dei mezzi di trasporto in mano allo stato VII) Aumento delle fabbriche nazionali e degli strumenti di produzione VIII) Eguale obbligo di lavoro per tutti IX) Unificazione dell’esercizio dell’agricoltura X) Educazione pubblica e gratuita, abolizione del lavoro minorile AIL: associazione internazionale dei lavoratori, avrebbe dovuto unificare i movimenti di sinistra di tutto il mondo, aperta nel 1864, il segretario generale era Marx vengono invitati tutti i partiti anti-conservatori (anche i liberali radicali) Durante la stesura del Manifesto del partito comunista a Londra, in Europa succedeva un 48 1848 rivolte popolari contro il potere assoluto e conservatore crollo definitivo della monarchia francese provvisoria crollo definitivo della monarchia austriaca crollo definitivo dei Paesi Bassi e del Belgio situazione critica nella Russia zarista momento critico per la quasi totalità delle monarchie italiane ha avuto effetti anche in CH 1848: ultima guerra civile in CH (guerra del Sonderbund) VII Qui di seguito riporto il paragrafo che sore si è dimenticato di fotocopiarci, tratto da “Storia della Svizzera” 3 L’impossibile revisione del Patto e la guerra civile I liberali che hanno conquistato il potere in vari cantoni, mirano a <<rigenerare>> anche la Confederazione. Si scontrano così con i conservatori, che voglio preservare il più possibile la sovranità cantonale e si oppongono al rafforzamento dei legami federali e alla creazione di un potere centrale forte. Così i due tentativi di revisione del Patto federale del 1815 falliscono nel 1832 e nel 1833. Nota: cattolici-> conservatori; protestanti-> liberali radicali e non dai conservatori) eccezione: il Ticino, cantone cattolico, è governato dai liberali Il movimento liberale è ben presto superato da una corrente che ne riprende le idee e le sviluppa in funzione di una cambiamento <<radicale>> della Confederazione. Talvolta fortemente anticlericale, il radicalismo (ala estrema del movimento politico liberale che opera con determinazione per la revisione del Patto del 1815 e per un rafforzamento del potere federale) risveglia la diffidenza dei cantoni cattolici. Le tensioni religiose rendono ancora più difficile la revisione del Patto. Negli anni Quaranta la prova di forza tra conservatori e liberali-radicali appare sempre più inevitabile. A Zurigo, a Lucerna, nel Vallese e in Argovia scoppiano dei disordini. In quest’ultimo cantone una revisione costituzionale sfavorevole ai cattolici provoca un’agitazione popolare. Il governo argoviese, in contrasto con l’articolo 12 del Patto del 1815, decreta la soppressione dei conventi. <<Art. 12. L’esistenza dei conventi e capitoli, e la conservazione delle loro proprietà, in quanto ciò dipende dai Governi cantonali, sono garantite. Questi beni sono soggetti alle imposte e contribuzioni pubbliche come ogni altra proprietà particolare.>> Il governo lucernese risponde a questa provocazione chiamando i gesuiti a dirigere le scuole del cantone. Questi religiosi hanno la reputazione di essere nemici acerrimi delle idee liberali. I radicali di vari cantoni tentano allora senza successo di rovesciare con la forza il governo conservatore lucernese. Minacciati dai radicali, i cantoni cattolici (Lucerna, Uri, Svitto, Untervaldo, Zugo, Friburgo e Vallese) sottoscrivono nel 1845 una lega separata (il <<Sonderbund>>) per salvaguardare la propria sovranità. In contrasto con l’articolo 6 del Patto del 1815, prendono contatto con alcune potenze straniere. <<Art. 6. I Cantoni non possono formare tra loro delle convenzioni dannose al Patto federale o ai diritti degli altri cantoni.>> Nel luglio del 1847, la Dieta, a maggioranza liberale e radicale, dichiara il <<Sonderbund>> incompatibile con il Patto del 1815. I cattolici rifiutano di accettare tale decisione. Dopo il fallimento di vari tentativi di riconciliazione la Dieta decide di sciogliere la Lega con le armi. Il generale Dufour guida l’esercito federale che, dopo una breve campagna, costringe il Sonderbund alla capitolazione. Nel novembre del 1847, quando le potenze straniere chiedono spiegazioni alla VIII Dieta, il <<Sonderbund>> è già sciolto e non ci sono più ostacoli per una revisione del Patto federale. Sonderbund= “alleanza contraria” (al regime vigente, ai liberlai) Osservazione sui cantoni cattolici: 1531 (13 cantoni) cantoni cattolici: Uri, Svitto, Untervaldo, Lucerna, Zugo, Friborgo, Soletta 1848 (22 cantoni) cantoni cattolici: Uri, Svitto, Untervaldo, Lucerna, Zugo, Friborgo, Vallese nel 1848 ci sono meno cantoni cattolici rispetto a quelli protestanti (anche se si comprende il Ticino) Parentesi sui generali svizzeri : sono stati finora tre, come le guerre (Sonderbund, I e II guerra mondiale) Guerra del Sonderbund => generale Dufour I guerra mondiale => generale Ulrich Wille, zurighese II guerra mondiale => generale Henri Guisan, vodese Il grado di generale, in Svizzera, viene accordato solo in caso di guerra dall’Assemblea federale (assemblea formata dai rappresentanti del consiglio nazionale e dal consiglio degli stati -> si raduna a dicembre (solo una volta) per eleggere il nuovo presidente). IX H1 – Liberalismo e Illuminismo 1.1 Il liberalismo di John Locke La concezione dello Stato e dei diritti naturali Il liberalismo inglese e l’Illuminismo francese costituirono una vera e propria rivoluzione sia nel campo del pensiero sia in quello dell’attività politica. Nell’opera Trattato sul governo, Locke respinse le teorie di Hobbes, il quale sosteneva che gli uomini, per evitare una lotta di tutti contro tutti, delegano il loro diritto di autogovernarsi allo Stato assoluto. Secondo Locke, invece, già quando si trovano allo stato di natura gli uomini avevano goduto di alcuni diritti, che possono essere definiti diritti naturali: il diritto alla vita, alla proprietà, alla libertà e all’uguaglianza. Questi diritti non potevano essere delegati allo Stato assoluto, infatti per Locke gli uomini dovevano garantirsi l’esercizio dei diritti associandosi, cioè entrando <<in un’unica comunità>> e formando <<un unico corpo politico>>. In questo modo erano in grado di <<vivere bene, nella tranquillità e nella pace reciproca, assicurandosi il godimento delle loro proprietà e una maggiore protezione contro coloro che a quella società non appartengono>>. Diritti naturali: sono i diritti che hanno origine non dalla concessione di un’autorità, divina o umana, ma dalla natura stesa dell’uomo. Già i Greci discussero di questi diritti, nel Medioevo la concezione fu modificata, perché fu subordinata alla teologia, nella convinzione che Dio fosse fonte di ogni diritto. Nell’età moderna si elaborò una nuova teoria del diritto naturale, separandolo dalla teologia e riferendolo alla natura razionale e sociale dell’uomo. Locke sostenne che nei tempi più antichi gli uomini avevano goduto già allo stato di natura dei loro diritti essenziali, la libertà e l’uguaglianza; in seguito avevano affidato allo Stato la garanzia di quei diritti. Nella concezione di Locke il diritto alla proprietà privata – acquistata con il lavoro e accumulata in misura non eccessiva, ma tale da potere essere utilizzata solo per il proprio benessere, senza limitare la possibilità per gli altri di diventare anch’essi proprietari – era alla base di tutti gli altri diritti e doveva essere garantito dalle leggi. Il potere esecutivo doveva essere diviso da quello legislativo e quest’ultimo doveva risiedere in un’assemblea, in cui le decisioni prese dalla maggioranza avessero valore vincolante. È evidente in Locke la lezione dell’esperienza del parlamento inglese. La tolleranza Le vicende della storia dell’Inghilterra influenzarono le idee di Locke anche in materia di libertà religiosa. Nel De tolerantia (Sulla Tolleranza) egli sostenne che le opinioni devono essere libere, perché non costituiscano mai una minaccia. Locke però era convinto che dovesse esservi un limite alla tolleranza e affermava che non di deve essere tolleranti verso coloro che non lo sono. Il pensiero di Locke ebbe una grande una grande influenza negli ultimi decenni del Seicento e anche nel secolo successivo in tutti i paesi europei in cui fu posto il problema della libertà politica. X N1 – La visione del mondo nella seonda metà del Settcento e nell’Ottocento 1.5 Il pensiero liberale Liberalismo e liberismo Il liberalismo, cioè la dottrina politica che auspicava a una società fondata sulla libertà, era nato nei secoli precedenti l’Ottocento: si era affermato in Inghilterra fin dal Seicento e negli ultimi decenni del Settecento aveva trovato una nuova terra d’elezione negli Stati Uniti. Anche nella rivoluzione francese era stata presente una forte corrente liberale, sia tra i moderatori sia tra i democratici. Fu però nell’Ottocento che il liberalismo ebbe i suoi teorici più rappresentativi e si affermò come forza di governo di alcuni dei maggiori paesi europei. Alla teoria del liberalismo che riguardava il campo della politica si accompagnava la dottrina del liberismo, che concerneva quello dell’economia. I liberisti chiedevano la più assoluta libertà di svolgere attività economiche, senza interventi dello stato in grado di limitarle. Constant Nel 1819 fu pubblicata in Francia un’opera che occupa un posto di grande rilievo nella storia del liberalismo europeo, La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni, di Benjamin-Henry Constant. Il motivo ispiratore di quest’opera era la celebrazione della libertà. Constant accettava l’uguaglianza, ma sentiva l’esigenza di definirla meglio, per evitare quelli che i liberali moderati consideravano gli eccessi della rivoluzione francese. A fondamento dell’esistenza di ogni governo doveva esserci, secondo Constant, l’uguaglianza assoluta dei diritti, che riguardava però il piano giuridico e politico, non quello economico. Egli riteneva che la proprietà dovesse essere pienamente tutelata e che non dovesse esserci nessuna limitazione al diritto di disporre dei propri beni. In quegli anni era al centro del dibattito la questione dell’estensione dei poteri della maggioranza e i liberali moderati si chiedevano fino a che punto la sua volontà potesse essere considerata legge. <<Il consenso della maggioranza>>, scriveva Constant, <<non sempre è sufficiente a legittimare i suoi atti>>. Se,in nome della maggioranza, venivano minacciati i diritti individuali dei cittadini, si determinava un comportamento illegittimo.. Tocqueville Il maggior rappresentante del pensiero liberale dell’Ottocento fu il francese Alexis de Tocqueville. La sua opera più importante fu La democrazia in America, in due volumi, pubblicati nel 1835 e nel 1840, che fu una sorta di manifesto della democrazia. Nel secondo volume egli si mostrò meno ottimista sui possibili sviluppi delle società democratiche. Tocqueville apparteneva a una famiglia aristocratica decimata dal Terrore (vedi la Rivoluzione francese). Dopo avere studiato giurisprudenza, compì, con un suo amico magistrato, un viaggio negli Stati Uniti, per studiare il sistema penitenziario americano, che veniva allora celebrato in Europa come il più avanzato del mondo. L’occasione gli servì per analizzare a fondo le istituzioni politiche degli USA. Questo studio lo convinse che il sistema democratico era di gran lunga la miglior forma di governo. XI Tocqueville intendeva la democrazia in maniera molto concreta, non come una teoria ma come un modo di far politica e di governare, ma temeva, come Constant, che la maggioranza non fosse in grado di metterla in pratica. Inoltre riconosceva che in una società democratica gli indirizzi di governo devono essere decisi dalla maggioranza dei cittadini, ma sosteneva che questa non può essere considerata nel giusto per il solo fatto di essere maggioranza. Egli poneva un problema della massima importanza, ricordando che la maggioranza aveva il diritto di governare, ma non poteva violare le regole del gioco democratico. D’altra parte – e anche questa era una questione importantissima -, anche senza violare queste regole era possibile che s’instaurasse una <<tirannide della maggioranza>>. A questo riguardo Tocqueville scriveva una pagina semi-profetica, immaginando il <<nuovo dispotismo>> che sarebbe potuto nascere, se i diritti dell’individuo fossero stati messi in secondo piano. Egli così prefigurava la possibile società del futuro: <<Vedo una folla innumerevole di uomini simili ed uguali che non fanno che ruotare su se stessi, per procurarsi piccoli e volgari piaceri con cui saziano il loro animo>>. Biasimava anche l’egoismo individuale che portava ciascun uomo a vivere per conto suo e ad essere <come estraneo al destino di tutti gli altri>>. Il suo mondo era molto ristretto, come se i figli e gli amici costituissero per lui <<tutta la razza umana>>. Viveva al fianco dei suoi concittadini, ma non li vedeva; li toccava ma non li sentiva; non esisteva <<che in se stesso e per se stesso>>. Al disopra della folla si ergeva <<un potere immenso e tutelare>>, che si incaricava da solo di assicurare a tutti <<il godimento dei beni e di vegliare sulla loro sorte>>. Inoltre delineava in maniera molto efficace il carattere assunto spesso dal potere nelle società moderne: <<È assoluto, minuzioso, sistematico, previdente e mite […], contento che i cittadini si svaghino, purché non pensino che a svagarsi>>. In questo modo Tocqueville anticipava alcuni aspetti della società di massa, che sarebbe nata alla fine dell’Ottocento e di cui già si avvertivano i prodromi (cercate sul vocabolario) negli USA e prefigurava, acutamente, come l’omologazione potesse essere la causa di una nuova forma di autoritarismo, del tutto originale, che non sarebbe stato imposto con la forza, ma sarebbe sorto spontaneamente proprio della massificazione della società. Omologazione: termine usato oggi dalle scienze sociali per indicare l’uniformarsi dei costumi e dei sentimenti a uno stesso modello… Mill Il liberalismo inglese ottocentesco ebbe il suo maggiore esponente in John Stuart Mill, che studiò <<la natura e i limiti del potere che può essere legittimamente esercitato dalla società sull’individuo>>. Nelle sue opere più importanti, Principi di economia politica e Sulla libertà, Mill celebrò la libertà individuale, sostenendo che i progressi della società europea si erano fondati sulla libera esplicazione delle capacità dell’individuo. Mill era contro l’appiattimento di queste capacità e giudicava positive le diversità. Anche lui, come Tocqueville, riteneva che si stesse sviluppando una progressiva omologazione: <<Oggi la gente legge le stesse cose, ascolta le stesse cose, vede le stesse cose, va negli stessi posti, spera e teme le stesse cose>>. Nello stesso tempo Mill si schierava a favore dell’uguaglianza dei diritti, della diffusione dell’istruzione e del miglioramento delle condizioni di vita degli strati popolari. Non era perciò contro la democrazia, ma rifiutava l’assimilazione dell’individuo alla massa. Degli abitanti degli Stati Uniti, Mill ammirava soprattutto le capacità di autogoverno: <<Lasciate gli americani senza governo>>, scriveva, <<e ogni gruppo di americani sarà in grado d’improvvisarne uno>>. Mill si batté a favore dei diritti politici delle donne. Nel 1869 pubblicò L’assoggettamento XII delle donne, in cui scrisse: <<Il principio che regola le esistenti relazioni sociali tra i due sessi – la subordinazione legale di un sesso all’altro – è di per sé cattivo e dovrebbe essere rimpiazzato da un principio di perfetta uguaglianza>>. Nel 1867 Mill era stato, insieme alla moglie, tra i fondatori della prima associazione femminista inglese, la Women’s Suffrage Society (Associazione per il suffragio delle donne). 1.9 Il socialismo utopistico La visione utopica del mondo fino al Settecento La visione utopica del mondo risale all’antichità: il poeta greco Esiodo parlò di un’età dell’oro e questa immagine fu ripresa dagli scrittori greci e latini e anche dai cristiani; Platone, nella sua più importante opera di carattere politico, La repubblica, tracciò l’immagine di una società ideale, fondata sulla comunanza dei beni per le classi superiori e sul governo dei filosofi. L’inglese Thomas More (Tommaso Moro) adoperò per primo la parola utopia nell’opera così intitolata, descrivendo una società in cui non esisteva la proprietà privata. Anche nell’opera La città del Sole di Tommaso Campanella, pubblicata nel Seicento, la rappresentazione di una società utopistica rispose all’aspirazione all’uguaglianza. Nel Settecento l’utopia fu immaginata non tanto come uguaglianza quanto come progresso. Nel 1770, nell’atmosfera culturale contrassegnata dalle idee illuministiche, il francese LouisSebastien Mercier pubblicò un romanzo, intitolato L’anno 2440, che non era un capolavoro, ma costituiva un primo esempio di società utopica collocata nel futuro. Per questo aspetto, l’Utopia diventava Ucronia: la città ideale non si trova più in uno spazio, ma in un tempo immaginario. Mercier immaginava di addormentarsi e di ritrovarsi nel futuro, seicentosettanta anni più tardi, a Parigi, la stessa città in cui viveva. L’autore raffigurava una società trasformata non dalla scienza e dalla tecnica, ma dalla filosofia: la ragione e i lumi trionfavano sia in Francia sia in Cina, sia in Europa sia in America (dove le colonie francesi sarebbero diventate regni indipendenti). Le strade erano ancora percorse da carrozze, ma in esse non si scorgevano poveri né uomini armati: i governanti erano saggi, i ricchi generosi, i giudici imparziali, i medici onesti. Un re filosofo aveva rinunciato all’assolutismo e la Francia era governata da un sovrano che aveva poteri limitati. Non c’era fanatismo religioso e al posto della fortezza della Pastiglia sorgeva un tempio alla clemenza. Nella società immaginata da Mercier si realizzavano gli ideali dei <<philosophes>>. Utopia e socialismo inglesi nell’Ottocento: Owen (Owen era il più famoso, simpatico, miglior socialista utopico: era un’industriale, ha cercato di realizzare una società utopica con i suoi operai) Nell’Ottocento la visione utopica fu ripresa da alcuni scrittori che si proponevano di trovare una soluzione al problema sociale, progettando società ideali: l’inglese Robert Owen e i francesi Claude Henry e Charles Fourier. Essi sono stati definiti spesso <<socialisti utopisti>>, ma in realtà le loro opere apparvero prima della diffusione del socialismo: sembra, infatti, che il termine socialismo sia stato usato per la prima volta in Inghilterra soltanto nel 1826, quando Saint-Simon era già morto da un anno e Owen aveva già pubblicato da tempo, nel 1813, la sua opera più nota, Per una nuova concezione della società. XIII Owen era un industriale inglese, proprietario di una fabbrica tessile a New Lanark, che voleva rimediare ai difetti del sistema capitalistico attraverso l’armonia sociale, da conseguire con la fondazione di villaggi cooperativi. Non era il ritorno alle tradizionali comunità agrarie: i villaggi avrebbero dovuto produrre una tale quantità di beni – non solo prodotti agricoli, ma anche manufatti -, da far fronte a tutti i bisogni dei loro abitanti. Owen non era contrario all’accumulazione di ricchezza, ma voleva che essa non avvenisse sulla base dell’interesse personale e non fosse di proprietà di singoli. La ricchezza prodotta nei villaggi cooperativi sarebbe appartenuta a tutti, perché la proprietà individuale sarebbe stata abolita. Cooperativismo: sul piano ideologico nacque a opera dei socialisti utopistici, in particolare Owen. Essi celebrarono l’utilità della cooperazione nell’esercizio di un’attività commerciale o produttiva mirante non al profitto individuale, ma al vantaggio comune dei membri di un’associazione. Sul piano delle realizzazioni pratiche, si ricorda come primo esempio la cooperativa di consumo fondata nel 1844 da un gruppo di tessitori in Inghilterra e chiamata dei <<probi pionieri di Rochdale>>, dal nome della cittadina in cui sorse. Owen cercò di dare una realizzazione pratica ai suoi progetti e nel 1825 comprò un terreno nell’Indiana, negli Stati Uniti, dove fondò una comunità che definì New Harmony (Nuova Armonia). Essa doveva reggersi sull’<<unità e la cooperazione>>. Le cucine erano in comune e si mangiava insieme; all’età di tre anni i bambini erano affidati alla comunità affinché li educasse. Ma nel 1828 l’esperimento fallì e Owen tornò in Inghilterra, dopo aver perduto circa l’ottanta per cento del suo patrimonio. Dopo questo fallimento egli si pose un obiettivo più concreto, l’organizzazione del movimento sindacale e riuscì a esercitare una notevole influenza sul sindacalismo britannico. L’utopia nell’Ottocento in Francia: Saint-Simon e Fourier Claude Henry de Saint-Simon, un nobile che aveva partecipato alle rivoluzioni americana e francese e si era dedicato anche al commercio e alla finanza, immaginò un <<sistema industriale>> in cui fosse posto soltanto per <<gli industriosi>>, cioè per coloro che svolgevano un’attività, dagli scienziati ai banchieri, dai tessitori ai muratori. Non ne avrebbero fatto parte gli <<oziosi>>, i nobili, i funzionari dello stato, l’alto clero, i ricchi proprietari assenteisti. Saint-Simon non era contrario né alla proprietà privata nö alla disuguaglianza economica, ma sosteneva che occorreva prendersi cura degli strati più poveri della popolazione, procurando lavoro a chi era in grado di lavorare e assistenza a chi non poteva. Intitolò la sua opera più nota Nuovo Cristianesimo, perché traeva ispirazione dal messaggio cristiano, soprattutto per l’atteggiamento da assumere verso i poveri; nello stesso tempo però Saint-Simon riteneva che occorresse affrontare le questioni sociali da un punto di vista scientifico. Un’utopia fu a fondamento anche dell’opera di Charles Fourier. Egli affermava che Owen e SaintSimon avevano dato troppo rilievo ai problemi economici della società industriale, trascurando il mondo agricolo. La comunità immaginata da Fourier era invece una comunità agrario-industriale. Avrebbe dovuto essere composta da 1600 persone,che avrebbero formato una falange (da cui il nome di falansterio dato alla comunità). Anche Fourier era contrario all’uguaglianza economica assoluta e all’ abolizione della proprietà privata: nell’ambito del falansterio tutti avrebbero dovuto avere la possibilità di esplicare pienamente le loro capacità. Non ci sarebbe stata una concorrenza tra gli individui, ma tra i falansteri e ciò avrebbe garantito un risparmio di energie e una maggiore produttività. XIV C’era indubbiamente uno scarto tra l’analisi dei difetti della società svolta da Fourier e le soluzioni che elaborava per porvi rimedio. Egli individuava un problema reale quando rilevava la monotonia di un lavoro che nelle fabbriche stava diventando sempre più ripetitivo, ma riteneva che gli uomini avrebbero potuto eliminare la ripetitività nell’ambito del falansterio, impegnandosi nello stesso giorno in lavori diversi, per qualche ora nei campi e per qualche ora nella manifattura, facendo, per esempio, ora il boscaiolo e ora l’ortolano, ora lo stalliere e ora l’operaio. Fourier polemizzò duramente contro Owen e Saint-Simon, accusandoli di <<ciarlatanismo>>, ma nelle sue opere, anche in quella che viene considerata la più importante, Il nuovo mondo industriale e societario pubblicata nel 1829-1830, ci sono pagine molto discutibili. In essa Fourier sostenne che, se si fosse adottato il suo sistema in Francia, si sarebbe rapidamente quadruplicata la ricchezza nazionale: questo esempio sarebbe stato sufficiente a farlo accogliere <<da tutti i popoli indolenti e inerti, dalle nazioni selvagge, negre e tartare, dai fannulloni spagnoli e da tutti gli altri>>. Fourier affermò anche che era possibile addomesticare i leoni, per sfruttarne la forza. 1.11 Marx ed Engels Le opere giovanili di Marx ed Engels La definizione di socialismo utopistico fu adoperata con intenti polemici da Karl Marx e Friedrich Engels, i quali intendevano così mettere in rilievo, per contrasto, il carattere <<scientifico>> del loro pensiero. Marx ed Engels, infatti, non intendevano formulare il progetto di una società ideale, ma si proponevano di analizzare criticamente quella in cui vivevano, per offrire una solida base scientifica agli uomini e alle forze che volevano trasformarla. (preparare la classe operaia a prendere il potere e difenderlo dalla borghesia -> attaccare i padroni con processi rivoluzionari) Nel 1844 Marx scrisse, senza pubblicarli, i Manoscritti economico-filosofici, in cui elaborò il concetto di alienazione (sensazione di impotenza di fronte al padronato-> porta a sentirsi una appendice della macchina a cui è legato l’operaio): nella società industriale il prodotto del lavoro non appartiene al lavoratore, ma al proprietario dei mezzi di produzione. L’operaio sente perciò il lavoro come qualcosa di alieno. Nei Manoscritti Marx affrontò anche la questione del rapporto tra lo stato e la società civile, osservando che di fronte allo stato borghese tutti i cittadini hanno uguali diritti, ma nella società civile, cioè nella loro concreta esistenza, gli uomini non sono uguali, a causa del differente ruolo che svolgono nella produzione. Nel 1845, nelle Tesi su Feuerbach, che sarebbero state pubblicate da Engels soltanto dopo la morte di Marx, Marx ed Engels manifestarono il loro distacco dalla filosofia, scrivendo che i filosofi avevano soltanto interpretato il mondo e che invece occorreva ora trasformarlo. Nonostante la loro polemica contro le utopie, anche in Marx ed Engels c’erano elementi utopistici. Il più rilevante si trova in un passo dell’Ideologia tedesca, un’opera scritta nel 1846 ma rimasta allora inedita, in cui essi immaginarono un mondo futuro dove, grazie a un eccezionale sviluppo delle forze produttive, gli uomini sarebbero stati liberi da tutte le necessità materiali dell’esistenza e avrebbero potuto dedicarsi liberante alle loro attività preferite: il <<mondo della libertà>> sarebbe così succeduto al <<mondo della necessità>>. In quest’opera fu fissato un altro caposaldo delle teorie di Marx ed Engels: il rapporto tra passato e presente. Ogni generazione, scrivevano, <<sfrutta i materiali, i capitali, le forze produttive che le sono stati trasmessi da tutte le generazioni precedenti>>. In questo modo, si amplia e si rafforza la base materiale della società e si rende possibile il progresso. XV Nel 1848 la pubblicazione del Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels coincise con gli avvenimenti rivoluzionari. In quest’opera i due autori adoperarono un linguaggio più semplice che in quelle precedenti, perché volevano che essa avesse una vasta diffusione. Diedero grande rilievo alla lotta di classe, considerandola il motore della storia dell’umanità: la storia di ogni società, scrissero, è storia della lotta di classe. Nei decenni successivi il Manifesto diventò uno dei testi rivoluzionari più letti di ogni tempo, non solo dagli intellettuali, ma anche dagli strati popolari. L’elaborazione del pensiero di Marx Negli anni successivi Marx approfondì la sua teoria. Nell’opera Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte Marx notò che gli uomini non fanno la loro storia in circostanze scelte da loro stessi <<bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione>>. Nel 1850 prende il potere con una elezione favorita dal mondo agrario conservatore. In Per la critica dell’economia politica (1859) esaminò il rapporto fra passato e presente e precisò la sua idea di progresso, che consisteva nel passaggio dalla società antica a quella feudale e dalla società feudale a quella borghese. Nel tracciare in maniera così rettilinea la strada della storia dell’umanità Marx ipotizzava la società comunista come la sua fase più avanzata, superiore a quella borghese, così come quest’ultima aveva costituito una fase più avanzata rispetto a quella feudale. Marx elaborò ulteriormente le sue teorie in altre opere, nei Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, rimasti anch’essi inediti, e soprattutto nel Capitale (nel 1867 apparve il primo volume, mentre gli altri due furono pubblicati da Engels dopo la morte di Marx, per un totale di 10000 pagine). Anche il Capitale aveva come sottotitolo Critica dell’economia politica: Marx infatti rifiutava le tesi dei teorici dell’economia politica, e soprattutto di Adam Smith. Secondo Marx, l’economia politica si era servita di categorie astratte, come lavoro e denaro. Per Marx invece non esisteva il <<lavoro>> in astratto. Ogni epoca, sosteneva, ha una sua particolare forma di lavoro. Quello svolto nella società feudale, cui ogni uomo restava legato per tutta la vita, era diverso da quello svolto nella società capitalistica, dove <<gli individui passano con facilità da un lavoro all’altro e […] il genere determinato del lavoro è per essi fortuito e quindi indifferente>>. Anche il denaro assume una funzione diversa nelle differenti epoche storiche. Nel mondo antico si identificava con la ricchezza e non veniva impiegato nella produzione. L’ingresso del denaro nella produzione, notava Marx, era avvenuto soltanto nel mondo moderno, quando il denaro si era trasformato in capitale. Anche il capitale (Marx non parla mai di capitalismo, ma soltanto di capitale) aveva una precisa connotazione storica: in origine era stato capitale commerciale e soltanto in un secondo tempo si era trasformato in capitale agricolo e industriale. Marx è considerato il fondatore del socialismo scientifico. Ma in che modo conciliava l’analisi <<scientifica>> di situazioni concrete, storicamente determinate, con la previsione di una rivoluzione mondiale che avrebbe messo fine alla società capitalistica e dato vita a quella comunista? Su questo punto la risposta di Marx era duplice. Da un lato egli cercava di individuare delle leggi simili a quelle scientifiche, che consentissero di prevedere l’evoluzione della storia umana. Da un altro lato individuava delle linee di tendenza (non assimilabili a leggi di natura), sul cui fondamento era possibile elaborare delle previsioni utili all’azione politica. In questa seconda prospettiva la rivoluzione comunista non era né inevitabile né prevedibile con assoluta precisione, ma era soltanto un obiettivo cui si poteva tendere, senza peraltro essere sicuri di arrivarci. Il suo ragionamento sarebbe derivato dalle forze che sarebbero state messe in campo. XVI Come si è visto, la maggior parte delle opere scritte da Marx non furono pubblicate mentre era in vita. Alcune furono date alle stampe molto tardi. Il pensiero marxiano è stato perciò conosciuto in maniera molto frammentaria e incompleta e il marxismo, cioè l’interpretazione che ne è stata data dopo la sua morte, non ha sempre corrisposto alla complessità delle teorie elaborate da Marx. (nota: marxista= colui che sviluppa e si rifà alle parole di Marx)