le nuove notificazioni a mezzo posta degli atti
Transcript
le nuove notificazioni a mezzo posta degli atti
LE NUOVE NOTIFICAZIONI A MEZZO POSTA DEGLI ATTI GIUDIZIARI NEL PROCESSO PENALE Dott. Enrico Delehaye Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione LE NUOVE NOTIFICAZIONI A MEZZO POSTA DEGLI ATTI GIUDIZIARI NEL PROCESSO PENALE Lo svolgimento dei processi in contumacia è stato ripetutamente criticato e sanzionato dalla Corte di Strasburgo, perché sono state riscontrate violazioni dell’art. 6 della C.E.D.U. (diritto ad un equo processo), in quanto il sistema italiano delle notificazioni assicurava la semplice conoscibilità degli atti ma non garantiva l’effettiva conoscenza dei procedimenti stessi ed il conseguente concreto esercizio del diritto di difesa (si vedano tra le altre la sentenza del 122-1985, Colozza c. Italia - che attesta come i rilievi risalgano ormai a parecchio tempo fa - e quelle più recenti del 10-11-2004 Sejdovic c. Italia e del 21-12-2006 Zunic c. Italia – indicative del perdurare di tali inconvenienti.) Di conseguenza vi è stato il tentativo di superare dette censure con delle interpretazioni giurisprudenziali che ampliassero le garanzie della difesa, sancendo tra l’altro che “in caso di notifica di atti al difensore dell’imputato eseguita con consegna di copia al portiere o a chi ne fa le veci, l’ufficiale giudiziario ha l’obbligo di dare notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, atteso che la prescrizione di cui all'art. 157, comma terzo, cod.proc.pen. si applica anche per le notifiche da eseguire a soggetti diversi dall’imputato (art. 167 cod. proc. pen.).” (Sez. Unite, 27-9-2005 n. 36634, Niane, RV. 231.809) o che privilegiassero una conoscenza degli atti processuali effettiva e non puramente formale. A tale proposito è significativa la giurisprudenza della Cassazione che ha affermato: “in tema di restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale, la notifica eseguita al difensore d’ufficio domiciliatario non è presuntivamente equiparabile a quella effettuata all’imputato personalmente, soprattutto quando si è verificata una successione nell'incarico di diversi difensori d’ufficio.” (Sez. V, 11-7-2006 n. 37612, Proietti, RV. 235.334) e “in tema di notificazioni, allorché vi sia stata tempestiva e rituale elezione di domicilio da parte dell'imputato, la notifica del decreto di citazione a giudizio eseguita non a mani proprie, in luogo diverso da quello indicato al momento dell'elezione predetta, è affetta da nullità assoluta e insanabile, rilevabile anche d’ufficio, essendo del tutto irrilevante la sua effettuazione al domicilio reale e di effettiva abitazione del destinatario, a meno che non risulti in concreto che egli abbia avuto reale conoscenza dell’atto.” ( Sez. VI, 29-52007 n. 22707, Mancuso, RV. 236.700) Appare, quindi, evidente che l’unica forma di notifica considerata pienamente valida ed attendibile, qualora non sia stata effettuata una elezione di domicilio presso il difensore di fiducia, è quella a mani proprie dell’imputato o interessato, in quanto garantisce la reale conoscenza dell’atto ed è in tal senso che è stata formulata la modifica dell’art. 7 della legge 20-111982 n. 890, come effettuata dal decreto legge 31-12-2007 n. 248 e dalla conversione dello stesso in data 27-1-2008. Con tale decreto (cosiddetto “milleproroghe”) viene aggiunto il comma 6 che recita: “se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata” col quale l’unica forma di notifica perfetta che non richiede ulteriori adempimenti diviene quella a mani proprie dell’interessato (tranne il caso in cui vi sia stata elezione di domicilio). Anche per la consegna a persona di famiglia, convivente anche in maniera temporanea col destinatario dell’atto ed agli addetti alla sua casa o al suo servizio (indicati nei commi precedenti) viene per contro prevista l’ulteriore formalità della lettera raccomandata, come già disponeva il comma 2 dell’art. 8 per il caso della notifica non andata a buon fine e del conseguente deposito presso l’ufficio postale o una sua dipendenza. Il problema più importante da risolvere, in relazione alla suddetta innovazione, è quale sia il momento in cui la notifica diviene effettiva, ossia se vada presa in considerazione la data di consegna del plico o quella di ricezione della raccomandata; su tale questione non esiste ancora una giurisprudenza di legittimità e bisogna fare riferimento a quella formatasi in precedenza per analoghi adempimenti. Tra le pronunce recenti è, infatti, significativa la sentenza n. 43698 del 2007 - ricorrente Cracea Dumitri – che ha esaminato il caso in cui la notifica del decreto di citazione era stata eseguita mediante consegna di copia dell'atto al portiere dello stabile in cui il difensore domiciliatario aveva il suo studio ma l’ufficiale giudiziario non aveva ottemperato all’obbligo di dare notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata; in tale ipotesi, sia la Corte territoriale sia la Cassazione hanno disatteso l’eccezione evidenziando, in adesione a quanto affermato in una pronuncia delle Sezioni Unite (17-1-2005 n. 119, Palombo), che la violazione della prescrizione di cui all'art. 157 c.p.p., comma 3, non integra una ipotesi di "omissione" della notificazione ex art. 179 c.p.p., ma dà invece luogo ad una nullità di ordine generale, soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184 c.p.p., comma 1, alle sanatorie generali di cui all’art. 183 c.p.p., ed alle regole di deducibilità di cui all'art. 182 c.p.p., oltre che ai termini di rilevabilità di cui all'art. 180 c.p.p.. Secondo questo primo orientamento infatti, in tema di notificazione della citazione all’imputato, la nullità assoluta ed insanabile prevista dall'art. 179 c.p.p. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva da parte dell'imputato, mentre non ricorre invece nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue l’applicabilità della sanatoria di cui all'art. 184 c.p.p. L’orientamento opposto è stato espresso, invece, in pronunce come la 12023 del 2008 – ricorrente Sgarbi Vittorio – secondo cui l’attestazione pura e semplice della regolarità del procedimento di notifica dell’atto all’imputato non può costituire la prova della ritualità in mancanza della specifica attestazione della ricevuta di ritorno della raccomandata inviata all’imputato ai sensi dell'art. 157 c.p.p., comma 3. A fronte di un laborioso ed articolato procedimento notificatorio, infatti, una sintetica locuzione non risulterebbe idonea a rassicurare circa il compimento delle sequenze che lo compongono: solo la constatazione della presenza in atti dell’avviso di ricevimento della comunicazione a mezzo lettera raccomandata dell’avvenuta notificazione ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 3 potrebbe fugare ogni dubbio; in mancanza di questa sussisterebbe la mancata prova della notifica della citazione all’imputato e la conseguente nullità assoluta ed insanabile del giudizio, ai sensi dell’art. 179 c.p.p.. Questa seconda tesi appare preferibile anche in relazione alla raccomandata richiesta dalla nuova formulazione dell’art. 7 della legge 890/1982 pure se la sua dizione letterale, prevedendo che “l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata” farebbe pensare il contrario; la chiave di volta per una corretta soluzione del problema è però l’art. 36 comma 2 quinquies della legge di conversione n. 31/2008 che ha introdotto la modifica di maggior rilievo nel quadro normativo preesistente. Tale disposizione, infatti, oltre a stabilire l’obbligo per l’agente postale di inviare la raccomandata per i procedimenti di notifica effettuati dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, prevede che le notificazioni delle sentenze già effettuate a tale data ai sensi dell’articolo 7 della citata legge n. 890 del 1982 “non producono la decorrenza del relativo termine di impugnazione se non vi è stata consegna del piego personalmente al destinatario e se è provato che questi non ne ha avuto conoscenza”. Una così grande eccezione al principio del “tempus regit actum” (tale da comportare a determinate condizioni finanche la riapertura dei termini per impugnare) non troverebbe alcuna spiegazione se la precisa volontà del legislatore non fosse quella di conferire il valore di notifica regolare e compiuta solo all’intera procedura così disciplinata e di garantire un minore distacco tra effettiva conoscenza dell’atto e sua conoscibilità secondo i criteri legali tipizzati, rendendo l’omissione da parte dell’ufficiale postale della raccomandata non una semplice e sanabile irregolarità ma una nullità assoluta, ai sensi dell’art. 179 c.p.p. Si tratta, in altri termini, di una interpretazione autentica che supera quelle difformi date dalla giurisprudenza di legittimità precedente e che cerca di adeguare la normativa italiana alle direttive ed alle pronunce europee sul procedimento in assenza, senza tuttavia riuscirci in pieno perché alla farraginosità del sistema scelto non fa riscontro una conoscenza da parte dell’interessato effettiva e non solo formale, poiché anche la raccomandata di notizia potrebbe non essere consegnata o essere ritirata da altre persone, tra cui il portiere. Non appare, inoltre, scevra da inconvenienti l’attribuzione dell’incarico di inviare la lettera raccomandata all’agente postale, ossia ad una persona estranea all’amministrazione della giustizia: tale sistema risponde all’abitudine tutta italiana di ripartire i vari compiti tra più uffici (nel caso di specie la cancelleria penale, l’ufficiale giudiziario e l’amministrazione postale) senza che da questo derivi una maggiore efficienza ma solo uno scarico reciproco delle responsabilità. La previsione di un doppio avviso, in definitiva, viene ad aggravare sia il rischio di nullità dell’intero procedimento sia tutti gli altri inconvenienti che rendono la notifica a mezzo posta il sistema meno efficace rispetto a quella effettuata tramite la polizia giudiziaria o direttamente dagli ufficiali giudiziari, (tanto che non è raro il caso in cui la notifica tentata a mezzo posta rimane priva di esito mentre riesce, presso il medesimo recapito, qualora venga ripetuta con gli altri mezzi). La difficoltà di effettuare una notifica valida diviene addirittura insormontabile allorché la persona da raggiungere è priva di una dimora stabile o è un cittadino straniero, spesso clandestino: in quei casi, dopo lunghe e dispendiose ricerche, l’autorità giudiziaria emette un decreto di irreperibilità e le notifiche successive, pur formalmente valide, non raggiungono mai lo scopo effettivo di mettere a conoscenza il destinatario non solo del contenuto degli atti ma perfino della loro esistenza. Si osserva giustamente in un recentissimo studio della Sezione Distrettuale di Roma dell’Associazione Nazionale Magistrati che “ci troviamo di fronte, dunque ad un sistema che, da un lato, è eccessivamente formalistico, richiedendo attività dispendiose e, in alcuni casi, evidentemente superflue (come la già citata rinnovazione di un avviso di deposito di un atto notificato a mezzo posta o la consegna di una seconda copia dell’atto al difensore quando la notifica viene effettuata ai sensi dell’articolo 161 c.p.p. o, ancora, la necessità di procedere a continue notifiche di atti a soggetti rimasti contumaci che hanno evidentemente mostrato il proprio disinteresse al processo) e dall’altro non tutela l’esigenza primaria di chiunque si trovi sottoposto a procedimento penale, ovvero l’effettiva conoscenza delle accuse mosse nei suoi confronti e dello stato del procedimento”. (così Pierluigi Picozzi in “Funzionalità del processo penale: un obbiettivo possibile”). Sono esattamente le accuse che vengono rivolte all’Italia dagli organi della giustizia internazionale (insieme a quelle, strettamente correlate, della irragionevole durata dei nostri processi!) per ovviare alle quali sarebbe necessaria una semplificazione delle procedure di notificazione che agisca sugli aspetti insoddisfacenti richiamati - non certo una ulteriore complicazione come quella introdotta dalla legge in esame - e che si adegui alla normativa già in vigore in altri paesi europei. Una possibile soluzione di alcune delle problematiche ricordate potrebbe essere quella delineata dal disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 5-4-2007 recante “Disposizioni per l’accelerazione e la razionalizzazione del processo penale, nonché in materia di prescrizione dei reati, recidiva e criteri di ragguaglio tra pene detentive e pecuniarie” nel quale si prevede che la celebrazione del processo abbia luogo solo ove venga accertata la conoscenza effettiva da parte dell’imputato del procedimento a suo carico e che, in caso contrario (a meno che nel corso del procedimento non intervenga la nomina di un difensore di fiducia) il giudice possa disporre con ordinanza la sospensione del processo e, conseguentemente, del corso della prescrizione, esperendo con cadenza semestrale nuove ricerche fino all’effettivo rintraccio dell’imputato. Rispetto a tale proposta di legge la norma in esame è necessariamente limitata e, sotto certi aspetti, addirittura in controtendenza ma, in attesa, non resta che applicarla. Roma, 11 luglio 2008. Dott. Enrico Delehaye Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione