Notifica al difensore del decreto di citazione a giudizio

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Notifica al difensore del decreto di citazione a giudizio
NOTIFICA AL DIFENSORE DEL DECRETO DI CITAZIONE A GIUDIZIO
VIZI – RIMEDI - CONSEGUENZE
Il Caso
La Procura della Repubblica notificava, ai sensi dell’art. 415 bis c.p.p., l’avviso di conclusione delle
indagini al difensore d’ufficio e agli indagati, i quali nel contestuale verbale di elezione di domicilio
ex art. 161 c.p.p. si riservavano di nominare un difensore di fiducia.
Questi, nelle more delle indagini, nominavano il difensore di fiducia che depositava la nomina a lui
conferita presso la segreteria della Pubblico Ministero competente e comunicava al difensore
d’ufficio l’avvenuta nomina, con conseguente sollevamento da qualsiasi incombente.
La Procura, successivamente, notificava il decreto di citazione a giudizio, oltre che alla persona
offesa, agli imputati, omettendo del tutto la notifica al difensore di fiducia nominato ed indicato nel
suddetto decreto.
In diritto
Ai sensi dell’art. 552 co. 3 c.p.p. “il decreto di citazione è notificato all’imputato, al suo difensore
e alla parte offesa almeno sessanta giorni prima della data fissata per l’udienza di comparizione”.
La necessità che la citazione diretta a giudizio sia notificata al difensore si spiega con l’esigenza di
agevolare, quanto più possibile, l’imputato nell’esercizio del diritto di difesa specie in relazione alle
opzioni circa i riti alternativi al dibattimento (cfr. SPANGHER, Atti Processuali Penali, Patologie
Sanzioni Rimedi, Wolters Kluwer Italia, 2013, pag. 2983).
L’omissione della corrispondente notificazione al difensore genera una nullità di ordine generale a
regime intermedio, venendo ad incidere sul profilo dell’assistenza e della rappresentanza
dell’imputato (cfr. Cass. Pen. S.U., 9 luglio 1997, Baldan).
“Essa, infatti, afferisce alla difesa dell’imputato ed è insanabile ex art. 179 c.p.p., con una
successiva nomina di un difensore di ufficio, non potendo l’imputato essere privato del diritto di
affidare la propria difesa alla persona che riscuote la sua fiducia e che abbia avuto la possibilità di
prepararsi adeguatamente nel termine stabilito per la comparizione” (cfr. Cass. Pen. Sez. III, 13
febbraio 2009, n. 6240).
Com’è noto, per quanto riguarda il diritto di ricevere l’atto, il difensore di fiducia ha diritto agli
avvisi a partire dal momento in cui la designazione viene comunicata all’autorità giudiziaria che
procede e sempre che, sino a quel momento, l’atto non sia stato ancora trasmesso all’ufficiale
giudiziario incaricato della notifica.
Il nodo problematico che è sorto sulla questione riguarda i poteri del Giudice, una volta accertato il
vizio di notificazione, con particolare riferimento alla possibilità di ordinare il rinvio ad altra
udienza, disponendo la rinnovazione della notifica a cura del Pubblico Ministero, ovvero se debba
restituire gli atti alla Procura determinando il ritorno alla fase delle indagini.
In quest’ultimo caso ci si è chiesti se tale provvedimento sia o meno affetto da vizio di abnormità.
Sul punto si sono espresse le Sezioni Unite della Cassazione (cfr. sentenza n. 25957 del 26
giugno 2009) distinguendo tra regresso tipico (consentito dalla legge), regresso illegittimo
(compiuto nell’esercizio non corretto di un potere attribuito dalla norma) e regresso fonte di
abnormità in quanto atipico e conseguente ad atto compiuto in carenza di potere.
Il principio di tassatività delle impugnazioni presuppone, infatti, che non ogni irregolarità e
deviazione dal corretto uso di un potere legittimamente riconosciuto al giudice – nei suoi rapporti
con le parti – rilevi imponendo la modifica del provvedimento “scorretto”.
L’abnormità strutturale, dunque, si configura solamente nei casi di carenza di potere in astratto e
carenza di potere in concreto, cioè nell’ipotesi di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto
allo scopo previsto dalla norma, mentre l’abnormità di tipo funzionale è limitata al caso in cui il
provvedimento del giudice imponga al P.M. un adempimento che concretizzi un atto nullo
rilevabile nel corso del futuro procedimento.
Per quanto attiene al caso in esame, vizio della notifica della citazione al difensore, occorre
ricordare che le Sezioni Unite si erano già pronunciate nel 2002 (cfr. sentenza n. 28807 del 26
luglio 2002) distinguendo tra citazione (dell’imputato, del suo unico difensore o di entrambi i
difensori fiduciari) omessa e quella irregolare, ritenendo applicabile in questo solo secondo caso la
norma di cui all’art. 143 disp. att. c.p.p., che stabilisce: “negli atti preliminari al dibattimento, in
tutti i casi in cui occorre, per qualunque motivo, rinnovare la citazione a giudizio o la relativa
notificazione, vi provvede il presidente”.
Ed inoltre, “poiché, infatti, solo nel caso di citazione omessa il giudice ha il potere-dovere di
restituire gli atti al pubblico ministero (posto che, in tal caso, in realtà mai il fascicolo processuale
avrebbe dovuto pervenirgli, ex art. 553 c.p.p.) la restituzione degli atti al pubblico ministero non
costituisce atto abnorme nel caso di omessa notificazione (anche quando vi sia un errore di fatto
del giudice nel ritenere tale omissione: caso di regressione indebita ma nell’esercizio non corretto
di un potere attribuitogli dalla norma), mentre configura l’abnormità quando si verta in mera
irregolarità di una notifica comunque effettuata, perché in tal caso il giudice determinerebbe una
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regressione atipica e compiuta in carenza di potere” (cfr. Cass. Pen. Sez. VI, 22 febbraio 2010, n.
7088).
Sul punto merita di essere ricordata la pronuncia a Sezioni Unite del 1998 che proprio in tema di
dichiarazione di nullità del decreto di citazione a giudizio, con restituzione degli atti al P.M., ,
hanno affermato che “spetta al giudice del dibattimento provvedere alla rinnovazione dell’atto
nullo (citazione a giudizio o relativa notificazione) ad esclusione dei casi nei quali vengano rilevate
invalidità o carenze incidenti sulla regolarità della stessa costituzione del rapporto processuale
attinente al giudizio (S.U. – 18 giugno 1993, Garonzi). Ed hanno poi ribadito che “la rinnovazione
della citazione compete al giudice del dibattimento, tranne l’ipotesi in cui sia resa necessaria da
una nullità che ha impedito un valido passaggio dalla fase delle indagini preliminari a quella del
giudizio: in quest’ultimo caso, al quale sono riconducibili anche la nullità della notificazione del
decreto di citazione a giudizio e l’inosservanza del termine per comparire di cui al terzo comma
dell’art. 555 c.p.p., l’invalidità attiene ad un <atto propulsivo>, necessario, cioè, alla progressione
del procedimento, di talché, risultando impedita la regolare costituzione del rapporto processuale,
la rinnovazione del decreto non può che spettare al P.M. al quale, perciò, vanno restituiti gli atti
(cfr. Cass. S.U., 12 febbraio 1998 n. 17, conf. S.U., 24 marzo 1995, Cirulli). Nel caso di specie la
Corte ha ritenuto corretta la trasmissione degli atti al GIP per nullità del decreto che dispone il
giudizio per insufficiente specificazione dei fatti posti a base dell’accusa, poiché la sua nullità
investendo l’atto propulsivo ha impedito il passaggio dalla fase procedimentale a quella
processuale.
Tale orientamento è stato seguito, anche in tempi più recenti, dalla Suprema Corte di Cassazione, la
quale sostiene che “non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento,
constatando l’omessa notifica del decreto di citazione a giudizio al difensore di fiducia
dell’imputato, rinvia il procedimento ad altra udienza, disponendo che la pubblica accusa si
preoccupi alla notificazione del suddetto atto” (cfr. Cass. Pen., Sez. I, 12 aprile 2010, n. 13531,
ord.).
Quando si ritiene che la notifica sia stata omessa e, dunque, si sia verificata una nullità?
A tal riguardo così si è espressa la Cassazione: “in tema di notificazione della citazione
dell'imputato, la nullità assoluta e insanabile prevista dall'art. 179 c.p.p. ricorre soltanto nel caso
in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme
diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte
dell'imputato; la medesima nullità non ricorre invece nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la
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violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della
sanatoria di cui all'art. 184 c.p.p. (v., da ultimo, Cass. Sez. 6, Sent. n. 1742/2013 Rv. 258131, e Sez.
U, Sent. n. 119 del 27/10/2004, Rv. 229539, Palumbo). Nel caso in esame la notificazione, in
applicazione di detti principi, non può certo definirsi inesistente e quindi equiparabile ad una
notificazione "omessa" ma deve piuttosto reputarsi idonea, in concreto, a determinare la
conoscenza dell'atto da parte dell'imputato. Con la conseguenza che la nullità determinatasi,
essendo non assoluta ma generale e di natura intermedia, non può essere eccepita per la prima
volta in Cassazione. A parte il fatto che l'imputato che intenda eccepire la nullità assoluta della
citazione o della sua notificazione, non risultante dagli atti, non può limitarsi, come nel caso di
specie, a denunciare la inosservanza della relativa norma processuale, ma deve rappresentare al
giudice di non avere avuto cognizione dell'atto e indicare gli specifici elementi che consentano
l'esercizio dei poteri officiosi di accertamento da parte del giudice (cfr. Cass. Sez. II, sentenza 15
settembre 2014 n.37675).
Ma quid iuris se la notifica del decreto di citazione viene effettuata nei confronti del solo imputato o
viceversa del solo difensore, posto che l’art. 552 co. 3 c.p.p. indica quali destinatari della suddetta
notifica entrambi, oltre che la parte offesa?
In questo caso si verte in un’ipotesi di omessa notifica per una delle parti o di notifica irregolare,
perché comunque alcuni l’hanno ricevuta?
A modesto parere dello scrivente, l’ipotesi di omessa notifica, che darebbe la possibilità al Giudice
di rimettere gli atti al P.M., non può essere ricondotta ai soli casi di assenza di qualsiasi attività
notificatoria nei confronti sia dei difensori che delle parti assistite, poiché in tal caso nessuno
potrebbe eccepire il suddetto vizio, dal momento che nessuno sarebbe messo a conoscenza
nemmeno della fissazione dell’udienza.
Ciò significherebbe che può sussistere l’omissione nel caso in cui anche uno solo dei destinatari
dell’avviso non abbia ricevuta la notifica.
Per dare risposta al caso di scuola, indicato all’inizio del presente scritto, si segnala un’interessante
pronuncia della Cassazione, che sembrerebbe aderire alla tesi dell’equiparazione degli effetti delle
notificazioni all’imputato ed al difensore laddove la stessa norma processuale preveda entrambi
come destinatari.
Si sostiene, infatti, che “in tema di nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio
all’imputato, devono essere annullate le sentenze di primo e secondo grado, laddove la notifica del
decreto, per un errore inerente l’indirizzo dell’imputato eletto come luogo per le notificazioni, sia
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stata effettuata al difensore d’ufficio nonostante nel frattempo fosse stato nominato il difensore di
fiducia. La nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio dell’imputato, qualora
incida direttamente sulla vocatio in iudicium, e quindi sulla regolare instaurazione del
contraddittorio, deve essere equiparata all’omessa citazione dell’imputato medesimo, in quanto
impedisce a quest’ultimo di conoscerne il contenuto e di apprestare la propria difesa ed è, pertanto,
assoluta e insanabile” (cfr. Cass., 20 luglio 2011, n. 28860).
Giuseppe Carro
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