PASSATO, PRESENTE E SFIDE FUTURE PER GLI
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PASSATO, PRESENTE E SFIDE FUTURE PER GLI
Executive Master in Compliance Management 2010/2011 – Lavoro di diploma CROSS BORDER: PASSATO, PRESENTE E SFIDE FUTURE PER GLI INTERMEDIARI FINANZIARI SVIZZERI Ilaria Borsetti* No. 37, Marzo 2012 *Avvocato, Manager presso KPMG SA, Lugano, dipartimento Financial Services Ilaria Borsetti La funzione di Compliance, oramai consolidata anche all’interno degli istituti bancari della piazza finanziaria svizzera, in origine si è designata prevalentemente come una funzione di supporto al management in particolare in relazione a problematiche di lotta al riciclaggio di denaro. Negli anni si è poi assistito ad un graduale ampliamento di compiti e competenze e una sempre maggiore tendenza all’inserimento del Compliance office nel sistema di controllo interno, peraltro dimostrata dall’avvicinamento, anche organico, della funzione all’unità di controllo del rischio. Questo nuovo indirizzo, riscontrabile anche nel profilo specialistico degli stessi Compliance officer, ha permesso, fra le altre cose, di superare la contrapposizione tra le esigenze di performance e quelle di conformità, fortemente riscontrata agli albori della creazione della funzione all’interno delle banche. Le più recenti analisi di Corporate Governance sono infatti unanime nel considerare che solo attraverso un’accurata gestione dei rischi, ed in particolare dei rischi operativi (in relazione ai quali si posiziona anche la figura del Compliance officer), si garantisce la sopravvivenza dell’azienda. Il Centro di Studi Bancari, in linea con i propri principi, desidera contribuire alla creazione di una cultura di Compliance, non solo mediante l’erogazione di corsi di formazione specialistica, ma anche attraverso la promozione di pubblicazioni tematiche che possono interessare la nostra Piazza finanziaria e che tengano conto degli sviluppi e orientamenti nazionali e internazionali. Il quaderno di ricerca 37 fa parte della serie tematica promossa dal Centro di Competenze Legal & Compliance ed é stato selezionato tra i lavori di diploma presentati nell’ambito dell’edizione 2010-2011 dell’Executive Master in Compliance Management. Il quaderno numero 37 approfondisce in maniera sistematica e descrittiva il tema del Cross-border: passato, presente e sfide future per gli intermediari finanziari svizzeri. Dopo un momento introduttivo teso a contestualizzare la problematica e le dinamiche che ruotano intorno alle transazioni transfrontaliere, la pubblicazione approccia la tematica attraverso un excursus storico della sua evoluzione fino alla situazione attuale, che vede in particolar modo l’osservanza di quanto disposto dalla FINMA in ambito cross-border. Il quaderno si conclude con una disamina, non solo di quelli che sono stati gli input finora pervenuti dal panorama normativo comunitario e i suoi riflessi sugli intermediari finanziari svizzeri, ma anche con uno sguardo al futuro prossimo andando ad illustrare le caratteristiche, gli ambiti di applicazione e i primi riflessi per la Svizzera derivanti dalla Direttiva AIMF. Centro di Competenze Legal & Compliance Le idee espresse in questo quaderno sono di natura personale e non riflettono necessariamente le opinioni dei rappresentanti del Centro di Studi Bancari 2 Ilaria Borsetti Indice pagina Bibliografia e Siti internet 3 Sigle e abbreviazioni 6 1. Introduzione e riassunto 8 2. Evoluzione della problematica cross border 2.1 Il Comitato di Basilea 2.2 La Commissione federale delle banche 2.3 Il caso UBS 2.4 La FINMA 11 11 12 14 15 3. Scenario attuale: Posizione della FINMA del 22 ottobre 2010 3.1 Fonti di rischio nell’esercizio di attività transfrontaliera 3.2 Aspettative della FINMA 3.3 Misure concrete di sorveglianza adottate dalla FINMA 3.3.1 Il ruolo delle società di audit 3.3.2 Supervisory review 3.4 Cross border: cosa ne pensa chi sta al fronte? 17 19 20 22 22 24 24 4. Ambito di applicazione della MiFID in Svizzera 4.1 Markets in Financial Instruments Directive (MiFID) 4.2 Ambito di applicazione nei confronti degli Stati terzi 4.3 Impatto della MiFID in Svizzera 4.3.1 Mozione per il recepimento della MiFID nell’ordinamento giuridico svizzero 4.3.2 MiFID e Convenzione di Lugano: quali rischi per le banche svizzere? 26 28 5. Alternative Investment Fund Managers Directive (AIFMD) 5.1 Scopo della Direttiva AIFM 5.2 Ambito di applicazione 5.3 Conseguenze per gli Stati terzi 5.4 Attuale regolamentazione svizzera in materia di fondi di investimento 5.5 Conseguenze dell’AIFMD per la Svizzera 36 37 38 39 39 40 6. Conclusioni 41 3 28 29 32 Ilaria Borsetti Bibliografia e siti internet ASB, La MiFID e le Banche in Svizzera, luglio 2007 ASB, Risultati dei colloqui preliminari tra la Svizzera e la Gran Bretagna, 25 ottobre 2010 Bernasconi P., Cross Border Risk. Nuovi obblighi dalla FINMA?, Newsletter Compliance n. 23, articolo n. 3, giugno 2010 (consultabile su: www.csbancari.ch) Bernasconi P., Atti della conferenza: “Secret bancaire suisse; Cross Border Risk; Fiscal risk”, Ginevra, 16 settembre 2010 Bizzozero A, Robinson C., Activités financières cross-border vers et depuis la Suisse, Bulle, 2010 Boll. CFB 49/2006 Boll. CFB 50/2007 Boll. FINMA 1/2010 Bokman C., Genequand E., Les solutions des banques face aux pressions fiscales, L’Agefi, 7 aprile 2010 Cavadini M., Scudo fiscale e appello al pubblico: cosa cambia per il gestore patrimoniale indipendente, Newsletter compliance, n. 23, giugno 2010 (www.csbancari.ch) Centro di Studi Bancari, Inquadramento normativo svizzero ed europeo dell’attività cross-border, Modulo 1 Corso Cross Border, 28 febbraio 2011 Centro di Studi Bancari, Il fattore rischio nelle attività cross-border: l’approccio della FINMA alle dinamiche transfrontaliere, Modulo 2 Corso Cross Border, 1. marzo 2011 Centro di Studi Bancari, Compliance e gestione patrimoniale, Modulo 12 Executive Master in Compliance Management 2010/2011, 6 maggio 2011, intervento avv. Morys Cavadini CFB, Rapporto annuale 2008 Consiglio federale, Indirizzi strategici della politica svizzera in materia di mercati finanziari: Rapporto in adempimento del postulato Graber (09.3209), 16 dicembre 2009 Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 7 dicembre 2010, incarti C-585/08 e C-144/09 D’AMELIO I., Les placements collectifs en investissements alternatifs, Genève/Zurich/Bâle, 2011 DFF, Adeguamento della legge sugli investimenti collettivi come reazione alla direttiva dell’UE sui gestori di fondi di investimento alternativi, comunicato stampa, 11 marzo 2011 (consultabile su: http://www.sif.admin.ch/00488/index.html?lang=it&msg-id=38070). DFGP, Maggior certezza giuridica per imprese e consumatori. Il Consiglio federale avvia la consultazione per la ratifica della Convenzione di Lugano riveduta, Comunicato del 30 maggio 2008 Du Pasquier S. R., Fischer P., Cross-border financial services in and from Switzerland, GESKR, 4/2010, p. 436 ss. FINMA, Rapporto annuale 2009 FINMA, Rapporto annuale 2010 FINMA, Inchiesta della CFB sugli affari transfrontalieri di UBS SA con clienti privati residenti negli USA, Rapporto riassuntivo, 18 febbraio 2009 4 Ilaria Borsetti FINMA, Sfide e problematiche nel contesto delle operazioni transfrontaliere con clienti privati, 13 gennaio 2010, (consultabile su: http://www.abti.ch/agenda/Documenti/Slides%20Presentazione%20RaafbalubZulauf.pdf) FINMA, Caso Madoff e distribuzione dei prodotti Lehman, ripercussioni su consulenza d’investimento e gestione patrimoniale, 2 marzo 2010 FINMA, Posizione della FINMA sui rischi giuridici e di reputazione nelle operazioni trans-frontaliere aventi per oggetto prestazioni finanziarie, 22 ottobre 2010 FINMA, Comunicazione 15 (2010) Rischi inerenti alle relazioni d’affari con l’Iran, 18 ottobre 2010 KPMG, Introduzione ai principali impatti della Direttiva MiFID, presentazione 24 novembre 2007 FINMA, Rapporto FINMA distribuzione prodotti finanziari 2010, 10 novembre 2010 KPMG, Markets in Financial Instruments Directive (MiFID). Both a competitive advantage and a requirement for successful cross-border banking, Fact Sheet, Aprile 2010 KPMG, Mercati alternativi e scenari di liquidità: quali sfide per gli intermediari?, ottobre 2010 KPMG, Fact Sheet Cross Border Banking, febbraio 2011 KPMG, Perspectives et risques de nouveautés juridiques 2010/2011, Schultess, Zurigo, 2011 KPMG INTERNATIONAL, Alternative Investment Fund Managers Directive, novembre 2010 (consultabile su www.kpmg.com) Kobel P., La Cour de justice prend position mais ne tourne pas la page, 18 febbraio 2011 (consultabile su : http://cms.unige.ch/droit/cdbf, article n° 740, 18 février 2011) Genequand E., Berclaz G., Services financiers transfrontaliers et gestion du risque. Cross Border no limit ?, in L’Expert-contable suisse, 7 agosto 2010 IOSCO, The function of compliance officer, Study on what Regulations of the Member’s Jurisdictions provide for the function of Compliance Officer, ottobre 2003 Lavanchy M., Cross Border e-trading et disclaimers, Mémoire, Universités de Lausanne et Gèneve, Diplôme des études supérieures spécialisées en droit des affaires – Master in business Law Maradan L., Rizzello M., Barakat A., La Directive AIFMD et ses conséquences pour la Suisse, 5 maggio 2011 Meyer P. K., Ryhner S., Objectifs de la gestion alternative, L’AGEFI, 8 novembre 2010 Parlamento svizzero, Segreto bancario: il caso UBS, 15 giugno 2010 (consultabile su http://www.parlament.ch/i/dokumentation/dossiers/bankgeheimnisubs/Pagine/default.aspx) Rodriguez R. Dr., Roth S., Table de concordance commentée de la Convention de Lugano révisée du 30 octobre 2007 et de la Convention de Lugano du 16 septembre 1988, Jusletter n. 26, Novembre 2007 (www.jusletter.ch) Romy I., Le for du consommateur et les contrats de services financiers à la lumière de la jurisprudence récente du Tribunal fédéral, SZZP 3/2009, p. 317 ss. 5 Ilaria Borsetti SFA, Position Paper on the Draft AIFMD Directive, 11 agosto 2009 Stahler O., Directive européenne sur les gestionnaires de fonds alternatifs : quelles répercussions pour la Suisse?, 14 dicembre 2010 (consultabile su : http://cms.unige.ch/droit/cdbf, article n° 718, 14 décembre 2010). Telekurs Financial, MiFID: point of view and data offering by Telekurs Financial, marzo 2007 Zulauf U., Dr. , Rischi giuridici nelle operazioni transfrontaliere con la clientela privata: una sfida per la piazza finanziaria e per le autorità, atti della conferenza stampa annuale del 23 marzo 2010 Sigle e abbreviazioni AFS Audit Financial Services AIFMD Alternative Investment Fund Managers Directive ASB Associazione svizzera dei banchieri al. alinea art. articolo artt. articoli Boll. bollettino cd. così detto CFB Commissione federale delle Banche (ora FINMA) Cfr. confronta CHF franchi svizzeri Circ. Circolare CL Convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Convenzione di Lugano) cm. cifra marginale CP Codice penale cpv. capoverso CO Codice delle obbligazioni consid. Considerando DFF Dipartimento federale delle finanze DFGP Dipartimento federale di giustizia e polizia DoJ US Department of Justice (Dipartimento di giustizia statunitense) DTF Decisione del Tribunale federale FINMA Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (ex- CFB) GAFI Gruppo d’azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali IOSCO Organizzazione Internazionale delle Autorità di controllo dei mercati finanziari IRS US Internal Revenue Service (Autorità fiscale americana) LBCR Legge federale sulle banche e le casse di risparmio (RS 952.0) LBVM Legge federale sulle borse e valori mobiliari (RS 954.1) lett. lettera LFINMA Legge sulla vigilanza dei mercati finanziari 6 Ilaria Borsetti LICol Legge federale sugli investimenti collettivi di capitale (RS 951.31) Mia. miliardi pag. pagina pagg. pagine PASF Piano d’azione per i servizi finanziari MiFID Markets in Financial Instruments Directive (direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari) OBCR Ordinanza sulle banche e le casse di risparmio (952.02) QIA Qualified Intermediary Agreement SCI Sistema di controllo interno SEC US Securities and Exchange Commission (Commissione per i Titoli e gli Scambi, è l'ente governativo statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori) SEE Spazio economico europeo SFA Swiss Fund Association SICAR Société d’Investissement en Capital à Risque SM Stato/i membro/i ss. seguenti TAF Tribunale amministrativo federale TF Tribunale federale UE Unione Europea 7 Ilaria Borsetti 1. Introduzione e riassunto “I crescenti rischi giuridici nelle operazioni transfrontaliere rappresentano una grossa sfida per la FINMA quale autorità di vigilanza, per la piazza finanziaria e i suoi attori nonché per gli organi politici. Per tutte le parti coinvolte è d’importanza capitale trovare soluzioni durature che scongiurino il pericolo di un’escalation della criminalizzazione da parte del diritto estero di alcuni elementi del modello operativo adottato finora. A tal fine è necessario far conciliare a lungo termine gli interessi della piazza finanziaria, dei suoi clienti stranieri e delle autorità fiscali competenti per questi ultimi. Esistono diverse soluzioni possibili. Tale approccio è l’unico che possa permettere lo sviluppo duraturo delle operazioni transfrontaliere con la clientela privata. Fondamentale è riconoscere che questa problematica non riguarda solo UBS o il rapporto con gli Stati Uniti, ma il futuro dell’intera piazza finanziaria”1. Con queste parole il Dr. Urs Zulauf, membro di Direzione della FINMA, ha concluso il suo intervento in occasione della conferenza stampa annuale tenutasi il 23 marzo 2010 e, a queste parole e ai temi toccati dalle stesse, è ispirato questo lavoro. Negli ultimi anni e, soprattutto negli ultimi mesi, si è assistito ad un aumento dei rischi giuridici delle operazioni transfrontaliere con la clientela privata e con essi anche la sensibilità delle autorità estere nei confronti di questo argomento. Si può affermare senza dubbio alcuno che il settore bancario svizzero, così come tutto l’indotto di professionisti che si interfaccia quotidianamente con lo stesso, ricorderà il 2010 come l’anno caratterizzato dal “Cross-border risk". Tuttavia, come verrà illustrato nel prosieguo, i rischi cross border non sono nati oggi: sono aumentati, non solo di numero, ma anche di qualità, nel senso che numerose autorità straniere, di numerosi paesi, concentrano oggi la loro attenzione sulle attività di intermediari svizzeri che hanno connessioni con l'estero. La crisi dei mercati finanziari non ha fatto che rafforzare questa tendenza, offrendo l’opportuno appoggio politico alle autorità incaricate di applicare le leggi. La piazza finanziaria svizzera ha da sempre, ma negli ultimi anni si è accentuato, un marcato orientamento internazionale e opera, in particolare, nei settori quali la gestione patrimoniale, l’assicurazione e la riassicurazione, il finanziamento del commercio e delle materie prime e l’insediamento di veicoli di finanziamento, come gli hedge fund. Nel settore della gestione patrimoniale la Svizzera è con un patrimonio gestito di 11,300 miliardi di franchi – circa il 10% del patrimonio gestito a livello mondiale – la terza piazza finanziaria dopo Stati Uniti (CHF 49,200 mia.) e Regno Unito (CHF 13,400 mia). Se si considerano solo le attività transfrontaliere, con 2,300 miliardi di franchi, rispettivamente una quota di mercato del 27%, la Svizzera è in testa davanti a Regno Unito (CHF 2,000 mia.), Lussemburgo (CHF 1,200 mia.) e Singapore (CHF 600 mia.). A livello mondiale, le due grandi banche svizzere figurano tra i maggiori gestori patrimoniali2. 1 2 Zulauf U., Dr., Rischi giuridici nelle operazioni transfrontaliere con la clientela privata: una sfida per la piazza finanziaria e per le autorità, atti della conferenza stampa annuale del 23 marzo 2010. Consiglio federale, Indirizzi strategici della politica svizzera in materia di mercati finanziari: Rapporto in adempimento del postulato Graber (09.3209), 16 dicembre 2009. 8 Ilaria Borsetti Data l’importanza rivestita dalle attività transfrontaliere svolte dagli Istituti di credito svizzeri, e in ragione delle conseguenze che dalle stesse possono scaturire, non v’è dubbio che, ogni impresa bancaria nell’ambito della strategia di sviluppo del proprio business model, debba sempre guardare anche all’evoluzione normativa in ambito internazionale. Ogni banca è infatti ora chiamata a definire esattamente il giusto modello di business, con riferimento a ciascun mercato e l’offerta di prodotti e servizi deve concentrarsi sul rispetto della normativa estera. La cooperazione fra le autorità di vigilanza internazionale, così come quella fra le autorità fiscali, penali e civili, continuerà a guadagnare in importanza. La piazza finanziaria elvetica, per continuare a crescere in futuro, dovrà trovare un equilibrio fra le esigenze del cliente e le eventuali limitazioni poste dalle normative straniere, all’esercizio di attività finanziaria nel Paese di domicilio della propria clientela. Il tema scelto per questo lavoro trae spunto da quello che risulta essere, da qualche mese a questa parte, l’oggetto principale dell’attività di consulenza prestata dal team di cui sono parte. Infatti, seppur non lavorando in un Istituto finanziario e, quindi, non essendo in prima persona direttamente toccata dalla problematica legata alla fornitura di prestazioni finanziarie transfrontaliere, la stessa risulta essere comunque parte integrante della mia attività di consulente giuridico, presso una società che si interfaccia quotidianamente con intermediari finanziari, facendo parte di quell’indotto che vede nel mondo bancario, e più in generale, finanziario, il suo principale interlocutore. Come già lascia intendere il titolo stesso, questo lavoro si propone di illustrare innanzitutto quelle che sono le “origini” della problematica cross border, illustrando quindi i principali avvenimenti e provvedimenti che hanno segnato il panorama bancario svizzero. Dopodiché passerò ad illustrare le sfide che, attualmente gli intermediari finanziari svizzeri sono chiamati ad affrontare, in ottemperanza alla Posizione della FINMA del 22 ottobre 2010, che come verrà illustrato, pone un punto fermo riguardo alla tematica cross border, condensando quanto espresso in antecedenti e sparsi provvedimenti, che verranno illustrati nella prima parte di questo lavoro. In secondo luogo, verrà esposta una riflessione sulle sfide future alle quali sarà confrontato il mondo finanziario svizzero; sfide quali quelle poste dalla MiFID e dalla AIFMD che stanno già facendo capolino, e che diversi intermediari si stanno già preparando a fronteggiare concretamente. Scopo di tale relazione è quindi quello di esaminare le seguenti fonti di rischio: (i) I rischi che l’intermediario svizzero corre quando nello svolgimento della propria attività oltrepassa i propri confini nazionali, per fornire prestazioni finanziarie. (ii) I rischi che l’intermediario svizzero, e più in generale il sistema finanziario nel suo insieme, corrono a seguito del mancato recepimento di alcune normative europee, malgrado le stesse non gli siano direttamente applicabili. 9 Ilaria Borsetti 2. Evoluzione della problematica cross-border Recenti eventi, largamente pubblicizzati, hanno focalizzato l'attenzione sui i rischi connessi con la prestazione transfrontaliera di attività finanziarie. Diversi istituti finanziari svizzeri sono stati e sono attualmente oggetto di indagine, sia in Svizzera che al di fuori della stessa, per il mancato rispetto delle norme che disciplinano la prestazione di servizi finanziari transfrontalieri. Sulla scia della crisi finanziaria, le Autorità di vigilanza locali di diverse giurisdizioni europee e degli Stati Uniti, hanno esaminato le attività svolte da intermediari finanziari svizzeri sul proprio territorio. Nel corso degli anni, i consumatori di servizi finanziari sono sempre più impegnati in transazioni al di fuori della loro giurisdizione domestica. Così, mentre gli emittenti cercano regolarmente lo sfruttamento di fonti di finanziamento all'estero, gli investitori cercano di diversificare geograficamente i loro investimenti.3 La tendenza verso l'internazionalizzazione della prestazione di servizi finanziari pone sfide ai legislatori e regolatori. Come già anticipato, benché il 2010 verrà ricordato dagli addetti ai lavori del settore bancario, come l’anno caratterizzato dalla problematica cross-border, la stessa non è nata oggi, ma si è evoluta nel corso del tempo, con l’aumento dell’operatività transnazionale. Di seguito verrà illustrato un excursus dei principali provvedimenti ed avvenimenti succedutesi nel tempo, inerenti la problematica cross-border. Prendendo in prestito una figura retorica della letteratura, si può paragonare l’evoluzione della tematica cross-border ad un climax crescente, caratterizzato da avvenimenti e provvedimenti di diversa valenza giuridica, culminati in quella che risulta esserne la summa, ovvero la Posizione 22 ottobre 2010 della FINMA. 3 Du Pasquier S. R., Fischer P., Cross Border in financial services in and from Switzerland, GeSKR, 4/2010, pag. 436 ss. 10 Ilaria Borsetti I fatti e i provvedimenti scaturiti verranno di seguito elencati, per quanto possibile, in successione cronologica, al fine di sottolineare il crescendo che vi è stato negli ultimi anni a margine della problematica cross border. Non potendo dilungarmi dettagliatamente su ciascuno di essi, mi limiterò ad indicarne solo gli aspetti essenziali e rilevanti ai fini della presente trattazione. 2.1 Il Comitato di Basilea Nel 1996, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria mise in atto un primo tentativo di affrontare tale problematica, allestendo una relazione denominata “Supervision of Cross-Border Banking”4, contenente una serie di proposte per superare gli ostacoli incontrati dalle autorità di vigilanza bancaria nella conduzione di un controllo efficace delle operazioni transfrontaliere delle banche operanti su scala internazionale. Il gruppo di lavoro fu istituito al fine di considerare un certo numero di problemi riscontrati nell'attuazione della relazione denominata "Minimum Standards for the Supervision of International Banking Groups and their Cross-border Establishments "(luglio 1992)5 e suggerire soluzioni pratiche. Nel luglio 2003, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha pubblicato la relazione «Management and Supervision of Cross-Border Electronic Banking Activities”6, avente lo scopo di illustrare le aspettative di vigilanza e fornire una guida alle banche nell’esercizio di attività di e-banking, sia per le Autorità di vigilanza del loro domicilio, sia per quelle del Paese ospitante. In questa relazione il Comitato di Basilea parlava già di quella che poi vedremo essere divenuta la principale aspettativa della FINMA, ovvero l’individuazione dei rischi, nonché la gestione degli stessi, rispetto all’esercizio dell’attività di e-banking a livello transfrontaliero.7 2.2 La Commissione federale delle banche Con decisione 21 dicembre 20048, successivamente confermata dall’Alta Corte Federale9, l’allora CFB stabilì che alcune attività svolte da una banca svizzera per il tramite di una filiale all’estero (nella fattispecie alle Bahamas), possono rientrare nel quadro di applicazione della legislazione svizzera contro il riciclaggio di denaro. Nel caso concreto sia la CFB, sia il TF, hanno ritenuto che le attività svolte all'estero da parte di una banca svizzera, devono essere esaminate alla luce dell’obbligo di mantenere un'organizzazione adeguata e di rispettare in ogni momento i requisiti posti dalla garanzia di un’attività irreprensibile. Con questa decisione, l’Autorità di vigilanza bancaria svizzera ha espresso per la prima volta la volontà di supervisionare le attività, anche dal punto di vista regolamentare e antiriciclaggio, svolte all'estero da parte di un intermediario finanziario assoggettato a vigilanza statale in Svizzera10. 4 5 6 7 8 9 10 Comitato di Basilea, The Supervision of Cross Border Banking, Basilea, 1996. Comitato di Basilea, Minimum Standards for the Supervision of International Banking Groups and their Cross-border Establishments, Basilea, 28 luglio 1992. Comitato di Basilea, Management and Supervision of Cross-Border Electronic Banking Activities, Basilea, luglio 2003. Bizzozero A., Robinson C., Activités financières cross-border vers et depuis la Suisse, Bulle, 2010, pag. 66. Boll. CFB. 49/2006, p. 36 ss. DTF 2A.91/2005. Du Pasquier. S. R., Fischer P., op. cit., pag. 450. 11 Ilaria Borsetti Con decisione 31 marzo 2006, l’Autorità federale di vigilanza bancaria ha statuito che, anche se nei compiti delle banche svizzere o della CFB, non rientra l’esame dettagliato del rispetto delle norme estere sui mercati finanziari, è escluso che una banca estera possa utilizzare la sua filiale svizzera per raggirare in modo sistematico tali norme, quando peraltro vi è identità fra la normativa estera e quella svizzera. Nel caso in esame, la banca svizzera aveva violato la garanzia dell’attività irreprensibile aiutando la Casa madre estera ad aggirare la normativa italiana in materia di comunicazione di partecipazioni rilevanti in società quotate. In questo caso, la CFB ha dichiarato che gli azionisti di controllo e il consiglio di amministrazione, avevano violato il requisito della garanzia dell’attività irreprensibile, imponendo la sostituzione dell'intero consiglio di amministrazione della banca svizzera11. Con pronuncia 25 ottobre 2006, la CFB ha sancito il principio secondo il quale, prima di eseguire, su richiesta di un cliente, delle operazioni inusuali e importanti su un mercato borsistico estero che la banca conosce poco, essa deve acquisire una cognizione sufficiente della regolamentazione estera e dare le istruzioni necessarie ai propri operatori di borsa.12 Nel maggio 2008, poco prima di diventare l’attuale FINMA, la CFB nel mezzo della bufera riguardante il caso UBS (vedi infra par. 2.3), aprì un’indagine nei confronti di un’altra importante banca, allo scopo di esaminare, in primo luogo, se la banca avesse adeguatamente limitato e controllato i rischi legali e reputazionali connessi con l'attuazione dell'accordo di QI e con le restrizioni applicabili alle operazioni transfrontaliere negli USA e, più in generale, se gli organi della banca garantissero ancora un’attività irreprensibile. L’inchiesta, sfociata in una decisione pronunciata in data 21 dicembre 200813, consentì di appurare la mancanza di un’adeguata organizzazione interna in seno alla banca, facendo emergere la dicotomia tra l'insistenza sul rispetto della regolamentazione statunitense, da un lato, e dall’altro, l’esistenza di un sistema di remunerazione fortemente orientato verso l'acquisizione di nuovi clienti statunitensi. Pur sottolineando che non è compito dell’Autorità di vigilanza verificare il rispetto delle leggi di ogni giurisdizione in cui un intermediario finanziario svizzero è attivo, la CFB ha insistito sui requisiti organizzativi che si applicano in ragione dell’applicazione del diritto svizzero: data, nel caso specifico, la significativa esposizione della banca negli Stati Uniti, il rispetto della legislazione statunitense costituiva un imperativo da un punto di vista del rischio di gestione. Quale misura sanzionatoria, la CFB ha vietato alla banca di condurre attività transfrontaliere negli USA, se non attraverso un’entità registrata alla SEC. Su un piano più generale, la citata Autorità di vigilanza ha incaricato altresì la banca di cogliere, limitare e controllare i rischi legali e di reputazione per quanto riguarda la fornitura di servizi finanziari transfrontalieri dalla Svizzera. 11 12 13 Boll. CFB 49/2006, p. 133 seg. (cm. 50) Boll. CFB 50/2007, pag. 65 Boll. FINMA 1/2010, pag. 76 ss. 12 Ilaria Borsetti Nel suo ultimo rapporto (Rapporto annuale 2008), la CFB sintetizza la comprensione del suo ruolo come segue: l’analisi degli affari transfrontalieri di UBS con clienti USA ha messo in evidenza, una volta di più, i rischi legali connessi a questo tipo di transazioni. Non rientra nei compiti della Commissione federale delle banche verificare l’osservanza delle disposizioni estere e la loro applicazione conforme alle disposizioni di legge in materia di vigilanza. In linea di principio però la Commissione federale delle banche si aspetta che le banche attive su scala globale rispettino le regolamentazioni dei paesi in cui operano. In caso contrario possono insorgere rischi legali che, nel peggiore dei casi, arrivano a compromettere l’esistenza stessa della banca14. 2.3 Il caso UBS Nel febbraio 2009, la FINMA approvò il compromesso extragiudiziale stipulato tra UBS e le Autorità statunitensi15. L’Autorità ha preso questa difficile decisione dopo aver attentamente soppesato gli interessi in gioco ed essere giunta alla conclusione che, il mantenimento della stabilità del sistema finanziario svizzero e globale aveva la priorità assoluta. In quel momento, per l’Autorità, non vi erano alternative meno drastiche, ma altrettanto efficaci16. Dato il potenziale rischio sistemico e la messa in pericolo della stabilità della piazza finanziaria elvetica, incorsi a causa di detta fattispecie, e ritenuto che, è a seguito di tale caso che la FINMA ha in seguito adottato una posizione più severa riguardo all’esercizio di attività bancaria transfrontaliera, qui appresso vengono illustrati i principali fatti che hanno portato l’Autorità di vigilanza svizzera a emettere la citata decisione. Nel settembre 2007, il Dipartimento di giustizia statunitense (di seguito DoJ) comunicò ad UBS di essere in possesso di uno scritto relativo all’inchiesta condotta internamente alla banca, in merito al whistleblowing di Bradley Birkenfeld, ex consulente alla clientela dell’UBS di Ginevra, che operava nel settore del Private Banking Nord America. Il DoJ richiese dapprima i documenti del caso, in seguito aprì un’inchiesta cominciando ad esigere da UBS sempre più informazioni riguardo alle attività transfrontaliere di Private Banking da questa condotte negli Stati Uniti e al rispetto del QIA (Qualified Intermediary Agreement). Contemporaneamente all’avvio dell’inchiesta da parte del DoJ e in stretta collaborazione con quest’ultimo, anche l’autorità fiscale americana (IRS) aprì un’inchiesta volta a fare luce sulle infrazioni alle norme fiscali da parte di clienti americani di UBS, chiedendo alla banca di trasmetterle, in adempimento degli obblighi di Qualified Intermediary, le relative informazioni. Parallelamente anche l‘US Securities and Exchange Commission (SEC) iniziò ad indagare, controllando soprattutto l’osservanza delle “restrizioni SEC” in relazione alla prestazione transfrontaliera di servizi finanziari negli Stati Uniti. Al fine di evitare l’avvio di un procedimento penale a carico della banca da parte del DoJ, il 18 febbraio 2009 la FINMA decise di consegnare alle autorità statunitensi i dati bancari relativi a circa 300 clienti di UBS. Con l’intervento della FINMA, l’indagine in corso da oltre un anno a cura del DoJ si concluse con un’intesa 14 15 16 CFB, Rapporto annuale 2008, p. 28. Cfr. http://www.finma.ch/d/aktuell/Documents/summary-ubs-x-border-20090218-i.pdf. FINMA, Rapporto annuale 2009, p. 16. 13 Ilaria Borsetti extragiudiziale che pose fine al procedimento della SEC. Con sentenza del 5 gennaio 2010, il Tribunale amministrativo federale (TAF) ha giudicato illecito il provvedimento preso il 18 febbraio 2009 dalla FINMA, in base al quale sono stati trasmessi alle autorità statunitensi i dati bancari relativi a circa 300 clienti di UBS. Contro la citata sentenza la FINMA ha presentato ricorso al Tribunale federale, il quale è stato accolto in data 15 luglio 201117. Per contro non è stato possibile, come esposto di seguito, comporre pienamente la vertenza con l’IRS, che non era parte dell’accordo extragiudiziale del 18 febbraio 2009 sottoscritto fra UBS da un lato, e il DoJ e la SEC dall’altro. Il 19 febbraio 2009, l’IRS propose dinnanzi allo United States District for the Southern District of Florida un’azione civile, per ottenere informazioni su 52,000 clienti di UBS. Le Autorità federali svizzere temevano che in caso di accoglimento dell’azione dell’IRS, sarebbe sorto un conflitto tra l’ordinamento giuridico svizzero e quello americano. Il procedimento è poi stato abbandonato a favore di una composizione consensuale della controversia. Il 19 agosto 2009 la Svizzera e gli Stati Uniti firmarono l’accordo concernente la domanda di assistenza amministrativa relativa ad UBS, col quale la Svizzera si impegnava a trattare una domanda d’assistenza amministrativa degli Stati Uniti nell’ambito del caso UBS concernente circa 4'450 conti. Con decisione 21 gennaio 2010, il TAF ha accolto il ricorso di una contribuente statunitense contro la trasmissione dei suoi dati bancari all’IRS nell'ambito della procedura d'assistenza amministrativa nel caso UBS18, poiché mancava la base legale poi creata grazie alla ratifica dell’Accordo 19 agosto 2009. 2.4 La FINMA La FINMA ha vieppiù enfatizzato, per il tramite di provvedimenti ed iniziative di varia natura, l’importanza del rispetto della normativa straniera in relazione ai requisiti di disporre di un’organizzazione adeguata e di garantire un’attività irreprensibile. Nel Rapporto annuale 2009 si legge che sulla scia del caso UBS, ma non solo, nel marzo 2009 la FINMA ha iniziato a occuparsi, nell’ambito di uno specifico progetto, dei rischi inerenti alle operazioni transfrontaliere con la clientela privata, svolgendo una serie di analisi presso un campione di istituti finanziari. La situazione riscontrata presso gli istituti finanziari ha confermato la necessità d’intervenire urgentemente. I rischi giuridici esteri sorgono in relazione alle norme di vigilanza, al diritto tributario, penale e civile e nel quadro di disposizioni procedurali. Anche la normativa di un Paese in materia di riciclaggio di denaro può comportare rischi giuridici per istituti esteri con attività transfrontaliere, in particolare sotto forma di obblighi di comunicazione. La fornitura di servizi transfrontalieri, nonché l’offerta e la distribuzione di prodotti sottostanno a restrizioni dettate dalle norme di vigilanza. Nel campo del diritto tributario sussiste il rischio che, un intermediario finanziario o i suoi dipendenti, vengano accusati di connivenza penalmente 17 18 Sentenza del 15 luglio 2011 (2C_127/2010). Parlamento svizzero, Segreto bancario: il caso UBS, 15 giugno 2010 (consultabile su http://www.parlament.ch/i/dokumentation/dossiers/bankgeheimnisubs/Pagine/default.aspx). 14 Ilaria Borsetti perseguibile ai sensi del diritto estero, in caso di frodi fiscali commesse da clienti stranieri. Definire per ogni mercato target, un modello di prestazioni conforme, rappresenta per gli istituti finanziari un compito tanto difficile quanto oneroso. Uno dei compiti della FINMA per il 2010 sarà anche l’analisi e il trattamento adeguato dei rischi giuridici, insiti nelle operazioni transfrontaliere degli assicuratori e la determinazione di eventuali necessità di intervento in questo ambito19. Nel rapporto 2009, la FINMA ha affrontato i temi poi ripresi in maniera più specifica in occasione della Posizione 20 ottobre 2010 descritta nel capitolo seguente. In data 11 gennaio 2010, l’Autorità di vigilanza svizzera ha emesso una decisione20 nei confronti di una banca svizzera, principalmente attiva in Germania per il tramite di una rete di procacciatori d’affari ivi operanti. La FINMA ha appurato che la banca svizzera non si era premurata di stabilire se la sua attività in Germania, svolta per il tramite di una fitta rete di procacciatori, fosse atta ad ingenerare per la banca l'obbligo di ottenere una licenza dalle autorità tedesche (ciò che probabilmente era il caso). L’Autorità di vigilanza ha quindi rimproverato alla banca svizzera di non disporre di un’organizzazione adeguata, poiché non proporzionata all’importanza dei propri affari, e di non aver compiuto alcuno sforzo per chiarire gli adempimenti normativi previsti dalla legislazione tedesca, nonostante il business model fosse fortemente orientato all’esercizio di attività bancaria transfrontaliera verso la Germania. In ogni caso, data la collaborazione dimostrata dall’organo esecutivo della banca nel corso dell'inchiesta, la sostituzione ad opera di questo della dirigenza e la cessazione dei rapporti con i procacciatori, l’Autorità di vigilanza ha ritenuto di non impartire sanzioni, ad eccezione dell’accertamento di una grave violazione nell’adeguatezza dell’organizzazione. Nell’ambito di una presentazione concernente le sfide e le problematiche nel contesto delle operazioni transfrontaliere con clienti privati, tenutasi in data 13 gennaio 201021, la FINMA ha avuto modo di ribadire che, “riguardo al diritto svizzero in materia di vigilanza, la FINMA non ha il mandato di applicare direttamente il diritto estero, ma un’adeguata gestione del rischio e i requisiti in materia di irreprensibilità e organizzazione richiedono un confronto continuo con il diritto estero”. In occasione della conferenza stampa annuale della FINMA, la quale serve per manifestare messaggi importanti riguardo a sviluppi attuali ed imminenti, tenutasi in data 23 marzo 2010, il Dr. Urs Zulauf, membro di direzione della FINMA, ha concentrato il suo intervento sui rischi giuridici nelle operazioni transfrontaliere con la clientela privata. Zulauf ha osservato che “la FINMA si aspetta dagli istituti finanziari - banche e assicurazioni - con attività transfrontaliere estere che sottopongano il proprio modello operativo a un'analisi approfondita dei rischi in funzione del mercato su cui viene applicato e mettano in atto le misure più idonee. Nei mesi a venire essa esaminerà se sia necessario creare una normativa a tale riguardo o se bastino indicazioni non formalizzate destinate alle banche e alle assicurazioni”22. 19 20 21 22 FINMA, Rapporto 2009, p. 14. Boll. FINMA 1/2010, pag. 102 ss. FINMA, Sfide e problematiche nel contesto delle operazioni transfrontaliere con clienti privati, presentazione del 13 gennaio 2010 (consultabile su www.abti.ch/agenda/Documenti/Slides%20Presentazione%20Raafbalub-Zulauf.pdf). Zulauf U., Dr., Rischi giuridici nelle operazioni transfrontaliere con la clientela privata: una sfida per la piazza finanziaria e per le autorità, conferenza stampa del 23 marzo 2010, p. 4. 15 Ilaria Borsetti Con la Comunicazione n. 15 del 18 ottobre 2010, “Rischi inerenti alle relazioni d’affari con l’Iran”, il Regolatore ha dichiarato di attendersi, in conformità all’art. 9 OBCR (omissis), da banche (omissis) un’analisi dei rischi giuridici e reputazionali derivanti dalla conduzione di attività transfrontaliere e dalle rispettive legislazioni straniere. I rispettivi rischi giuridici e reputazionali devono quindi essere debitamente contenuti e monitorati. 3. Scenario attuale: Posizione FINMA del 22 ottobre 2010 Nel contesto della già citata conferenza stampa del 23 marzo 2010, il Dr. Zulauf23 ha rilevato che, le verifiche svolte finora, hanno dimostrato che sussistono effettivamente rischi giuridici connessi alla legislazione estera, sia per quanto riguarda le norme di vigilanza, sia con riferimento al diritto tributario, civile e penale, comprese altresì le disposizioni procedurali. Quanto esposto in occasione della citata conferenza stampa e, quanto disposto dall’Autorità di vigilanza nei diversi provvedimenti precedentemente illustrati, non da ultimo il Rapporto FINMA 2009, è stato condensato nella Posizione della FINMA sui rischi nelle operazioni transfrontaliere, aventi per oggetto prestazioni finanziarie del 22 ottobre 2010, con la quale l’Autorità ha enfatizzato e formalizzato in un unico documento i principi generali in merito all’esercizio di attività transfrontaliere da parte di istituti finanziari svizzeri soggetti al suo controllo. Il Regolatore si è innanzitutto preoccupato di definire il campo di applicazione soggettivo, indicando che il documento è destinato alle banche, alle imprese di assicurazione e ai commercianti di valori mobiliari sottoposti alla vigilanza della FINMA, come anche ai titolari di autorizzazione assoggettati a vigilanza prudenziale ai sensi della Legge sugli investimenti collettivi che effettuano operazioni transfrontaliere aventi per oggetto prestazioni finanziarie. Dal punto di vista oggettivo, il documento tratta dei rischi giuridici e di reputazione che possono insorgere nelle operazioni transfrontaliere, aventi per oggetto prestazioni finanziarie in rapporto a precise fattispecie, se vengono violate o aggirate delle norme stabilite da un ordinamento legislativo estero. L’Autorità definisce “operazioni transfrontaliere aventi per oggetto prestazioni finanziarie” tutte le attività – erogazioni di servizi o offerte di prodotti – che le banche, gli assicuratori, i commercianti di valori mobiliari e gli assoggettati a vigilanza prudenziale ai sensi della Legge sugli investimenti collettivi propongono a clienti domiciliati in uno Stato terzo (clienti stranieri)24. 23 24 Zulauf U., Dr, Rischi giuridici nelle operazioni transfrontaliere con la clientela privata: una sfida per la piazza finanziaria e per le autorità, conferenza stampa del 23 marzo 2010 (consultabile su: http://www.finma.ch/i/medien/medienanlaesse/Documents/referat_zulauf_20100323_i.pdf). FINMA, Posizione della FINMA sui rischi giuridici e di reputazione nelle operazioni transfrontaliere aventi per oggetto prestazioni finanziarie, 22 ottobre 2010, p. 5. 16 Ilaria Borsetti Giova sottolineare che la Legge sulla vigilanza dei mercati finanziari (LFINMA) non sancisce un obbligo diretto ed esplicito né per la FINMA, né per gli assoggettati alla vigilanza, di ottemperare al diritto estero. Pertanto, al pari di tutte le altre autorità di vigilanza estere, la FINMA non ha tra i suoi compiti istituzionali l’applicazione a livello nazionale delle leggi di altri Paesi, ancora meno di quelle che talvolta adottano un approccio diametralmente opposto rispetto al diritto prudenziale svizzero. Nonostante ciò, in taluni casi la violazione delle leggi estere può collidere con determinate norme del diritto prudenziale svizzero – formulate in modo trasparente – come ad esempio la garanzia di un’attività irreprensibile. Le prescrizioni organizzative delle norme di vigilanza sanciscono inoltre in modo inequivocabile che tutti i rischi, compresi quelli giuridici e di reputazione, debbano essere adeguatamente rilevati, limitati e monitorati e che sia approntato un efficiente sistema di controllo interno (art. 9 OBCR). 3.1 Fonti di rischio nell’esercizio di attività transfrontaliera Di seguito vengono illustrate quelle che la FINMA ha individuato essere le principali fonti di rischio giuridico e di reputazione nelle operazioni transfrontaliere aventi per oggetto prestazioni finanziarie25. Diritto prudenziale estero Le prestazioni finanziarie erogate, così come l’offerta di prodotti finanziari oltre frontiera, nella quasi totalità dei casi costituiscono all’estero attività regolamentate, la cui fornitura normalmente sottostà ad apposita autorizzazione rilasciata dalle autorità locale di vigilanza. Prescrizioni di questo genere ostacolano l’accesso ai mercati esteri e comportano, se violate, gravi rischi giuridici e di reputazione per gli istituti coinvolti oltre che, in taluni casi, per i loro dipendenti. La mancata osservanza del diritto prudenziale estero può comportare la comminazione di sanzioni di diritto amministrativo; inoltre, tali attività possono avere rilevanza penale e fare insorgere una responsabilità civile in capo all’Istituto. Diritto fiscale e penale Per quanto attiene al diritto tributario e al diritto penale, esiste il rischio che un intermediario finanziario o i suoi dipendenti siano accusati di partecipazione, punibile ai sensi delle normative estere (ad es. a titolo di complicità o di istigazione), nei reati fiscali commessi da clienti stranieri. Gli atti di partecipazione perseguibili penalmente sono quelli definiti dalle normative estere. È indispensabile quindi valutare e regolamentare con attenzione, la gamma di prestazioni offerte ai clienti stranieri e, in particolare, la politica seguita per le visite alla clientela. Inoltre, le attività transfrontaliere frequenti e la presenza fisica ripetuta da parte di rappresentanti di istituti finanziari in alcuni Paesi, possono far sorgere automaticamente un obbligo fiscale dell’intermediario finanziario (imposta sull’attività di impresa). In determinate circostanze, l’accertamento di una sede stabile di impresa può far scaturire l’obbligo di rendere noti i nominativi dei clienti di quella sede o imporre l’applicazione di prescrizioni in materia di dichiarazione e di imposte alla fonte. È evidente quindi il potenziale di conflittualità giuridica che ne può scaturire. 25 FINMA, Posizione della FINMA sui rischi giuridici e di reputazione nelle operazioni transfrontaliere aventi per oggetto prestazioni finanziarie, 22 ottobre 2010, p. 7 ss. 17 Ilaria Borsetti Riciclaggio di denaro Qualora il diritto locale preveda, nei casi di commissione di un reato fiscale o altro tipo di illecito da parte del cliente, l’obbligo di procedere ad una comunicazione di sospetto all’autorità locale competente, l’istituto potrebbe trovarsi in una situazione conflittuale se, procedendo a una simile notifica, si autodenunciasse per possibile partecipazione al reato. Diritto civile, processuale e norme sul conflitto di leggi Gli operatori finanziari, attivi oltre frontiera, possono essere tenuti ad assumere una responsabilità secondo il diritto civile estero. La violazione del diritto prudenziale può comportare l’imputazione di una responsabilità civile, in virtù della quale il contratto concluso con l’istituto finanziario può essere impugnato dal cliente o annullato. Possono altresì sorgere a carico degli operatori finanziari difficoltà dovute a conflitti di norme e a complicanze processuali, come, ad es. nel caso in cui un tribunale estero dovesse disconoscere le clausole relative alla proroga di foro e la scelta del diritto applicabile contenute nelle condizioni generali del contratto e decidesse di applicare invece la lex fori (sull’argomento si rimanda al par. 4.2.2 infra). Di seguito viene proposta un’illustrazione schematica delle aree di rischio individuate dalla FINMA*: * Fonte: KPMG, Fact Sheet Cross Border Banking, febbraio 2011(www.kpmg.ch) 18 Ilaria Borsetti 3.2 Aspettative della FINMA A margine delle considerazioni sopra esposte, la FINMA ha altresì esplicitato quelle che sono le sue aspettative nei confronti degli assoggettati26: L’Autorità ritiene indispensabile che gli assoggettati alla vigilanza sottopongano le correnti operazioni transfrontaliere, aventi per oggetto servizi finanziari, a un’analisi approfondita riguardo ai pertinenti requisiti giuridici e ai rischi inerenti. In secondo luogo, una volta effettuata l’analisi, gli assoggettati devono adottare le misure opportune per il contenimento o l’eliminazione dei rischi. Da tali provvedimenti è possibile che conseguano modifiche dell’orientamento strategico. In particolare, una stima oggettiva della situazione può portare alla cessazione totale del trattamento transfrontaliero di un determinato mercato estero di riferimento o della fornitura di servizi a una categoria precisa di clienti, con conseguente adeguamento del modello operativo. Tra le misure a livello operativo atte a contenere o eliminare i rischi, la FINMA individua le seguenti: - allestimento di direttive interne sulle attività commerciali autorizzate o vietate nei Paesi di destinazione; - formazione continua ed adeguata del personale; - introduzione di un regime sanzionatorio in caso di inosservanza delle direttive; - implementazione di un modello di remunerazione impostato in modo da non penalizzare, bensì da stimolare una buona compliance. - eventuale adozione di modifiche organizzative, per esempio centralizzando la clientela in desk geografici. - ove necessario, occorre procurarsi le licenze per l’attività transfrontaliera o inoltrare le opportune notifiche richieste dalle autorità regolatrici estere. Infine, è richiesto il rispetto delle norme di vigilanza estere e, per ogni mercato di riferimento, la definizione di un modello di prestazioni conforme a diritto. Tale esigenza si rivela un compito estremamente arduo. Agli istituti spetta pertanto il dovere di acquisire autonomamente o presso terzi il necessario know-how relativo ai Paesi in cui operano nonché tutte le altre conoscenze necessarie. La FINMA ha altresì esplicitato che le banche non possono ritenere che il rischio sia ridotto nei casi in cui la relazione col cliente sia demandata ad un gestore patrimoniale esterno. Gli assoggettati alla vigilanza devono, pertanto, considerare anche i rischi potenziali causati da gestori patrimoniali, da intermediari e da altri prestatori di servizi. Di conseguenza, la scelta e l’istruzione di tali partner devono essere fatte con la massima cura27. Tale previsione riveste ancora più importanza se si pensa che in Svizzera i gestori patrimoniali indipendenti amministrano circa il 14% dei titoli presenti nei depositi bancari di Istituti di credito svizzeri28. 26 27 28 FINMA, Posizione della FINMA sui rischi giuridici, 22 ottobre 2010, p. 14 ss. Vi è chi vede che un interesse particolare per le banche, nell’assolvimento dei loro doveri di cura in eligendo, istruendo, custodendo, potrebbero rivestirlo gli asset manager LICol. In ragione della sorveglianza prudenziale a cui è sottoposto un asset manager LICol, lo stesso potrebbe essere considerato dall’istituto bancario un partner commerciale organizzato e sorvegliato col quale collaborare, rispetto ad un gestore patrimoniale indipendente non sottoposto ad alcuna vigilanza statale e quindi in grado di gestire meglio il rischio cross border (Cavadini M., Scudo fiscale e appello al pubblico: cosa cambia per il gestore patrimoniale indipendente, Newsletter compliance, n. 23, giugno 2010 (www.csbancari.ch). Centro di Studi Bancari, Compliance e gestione patrimoniale, Modulo 12 Executive Master in Compliance Management 2010/20, intervento avv. Morys Cavadini. 19 Ilaria Borsetti 3.3 Misure concrete di sorveglianza adottate dalla FINMA Dopo aver individuato le principali fonti di rischio sul piano giuridico e reputazionale ed esplicitato le proprie aspettative la FINMA ha sottolineato che in futuro il comportamento degli assoggettati alla vigilanza negli affari transfrontalieri sarà seguito assiduamente nel quadro della vigilanza corrente, concludendo che quanto espresso nella propria Posizione del 22 ottobre 2010 si rifletterà nella prassi di enforcement dell’Autorità e conseguentemente anche degli auditor. Pertanto, benché la Posizione della FINMA su un piano prettamente legale non abbia un valore giuridico vincolante e obbligatorio (“soft law”), i precetti in essa contenuti, qualora disattesi dagli assoggettati, costituiscono la base per una “strong decision”. I mezzi di cui attualmente si serve la FINMA per verificare il rispetto da parte degli assoggettati delle procedure di analisi e dell’implementazione delle misure di contenimento del rischio sono costituiti dai rapporti delle società di audit e dalle cd. supervisory review. 3.3.1 Il ruolo delle società di audit L’effettuazione di tali verifiche è demandata, nell’ambito dell’ordinaria revisione annuale, alle società di audit, le quali, in occasione della revisione sull'organizzazione interna riguardo alla gestione dei rischi legali (art. 9 cpv. 3 OBCR), devono ora soffermarsi ad analizzare anche il rischio cross border. Non avendo l’Autorità esplicitato in nessun atto vincolante, Circolare o Comunicazione, l’estensione dell’audit prudenziale riguardo alle attività cross border, i colleghi dell’audit bancario della società per la quale lavoro, si avvalgono di un modello di rapporto allestito da un servizio interno, competente ad aggiornare e seguire in maniera attiva le novità introdotte dal Regolatore che possono incidere nell’espletamento dell’audit. Tale servizio interno è chiamato Department of Professional Practice (DPP), il cui ruolo è di fondamentale importanza per il sostegno che fornisce agli auditor. Il DPP fornisce un orientamento tecnico su specifiche questioni, sviluppa e diffonde specifiche linee guida su questioni tecniche e professionali emergenti a livello locale e internazionale, proprio come farebbe un compliance officer che informa e aggiorna i propri collaboratori delle novità più importanti alle quali prestare attenzione e attenersi nello svolgimento della propria attività. Di seguito viene riportato il modello di rapporto sull’audit prudenziale concernente l’attività cross border gentilmente messomi a disposizione. 20 Ilaria Borsetti DPP AFS Alert: Update on Cross Border Reporting a) Good practice example of a bank that has undertaken appropriate measures in all respect: Management has organized, [at Group level], the cross border activities, including: 1. Preparation of summaries of each major country’s risk. These summaries are prepared by the local offices of each country, and are accessible to all staff via the Bank’s intranet. The summaries are referred to as [document name] and outline the local legislative requirements, typically including: - A list of “do”s and “don’t”s for dealings with clients in the local jurisdiction Permitted marketing activities Prohibited / restricted activities Penalties for breaches of local regulations and legislation 2. Relationship Managers (RMs) are required to consult these [document name] prior to dealings with or in foreign countries. If guidance for a certain jurisdiction is not available, RMs are required to consult with the [Compliance / Legal] department prior to commencing any activities. RMs are required to attend trainings and are liable for breaches. 3. As an additional measure, RMs are required to advise the appropriate Country Manager before travelling to foreign jurisdictions. 4. The Compliance department monitors compliance with the [document name] by performing sample checks including queries with the RMs to test their knowledge and understanding of the guidelines and restrictions in the jurisdiction concerned. Furthermore, spot checks are performed by the Compliance department to determine whether restrictions related to specific countries are observed by the RMs. In their risk assessment of cross border activities, the Bank’s governing bodies rely on the Compliance department and the above-mentioned measures. The Compliance department may report the changes in a specific country’s restrictions to the Bank’s governing bodies whenever it is considered significant. Management established a system for pursuing any breaches and the remuneration schemes does not penalize proper compliance. Based on the risk assessment the bank considers the risk in country xy as very high and has decided to exit this business and cease to offer cross-border banking and brokerage services to customers from this country. Existing customers will be asked to transfer their relationship to another banks or relationship will be ended in an orderly fashion within a targeted timeframe of 2 years. b) Example if the bank has completed the risk assessment but not decided on the measures (very general text that also could be enhanced with relevant measures already undertaken): Management has completed a thorough assessment of the legal framework and the risks associated with their current cross-border business and identified in following fields areas [description e.g. risk policy / strategy / country manuals / compliance function / travel policy] for improvement. The risk assessment showed that the cross border activities in the country [could be also a segment or product] xy are of higher risk. The Board of Directors will address especially all areas of higher risk and decide on the strategy. In the areas identified for improvement, management will enhance over the next year the control processes; define compliance duties, necessary trainings and policies in order to mitigate and monitor the associated risk. The Bank will subscribe the country information service of the SBA. c) If a bank has not undertaken a thorough assessment of the legal framework and the risks associated further investigations are necessary by the audit team and a qualification is necessary. Please contact DPP AFS for further guidance on individual basis (please use formal DPP consultation form). 21 Ilaria Borsetti Come anticipato, il testo sopra esposto costituisce unicamente un modello, atto ad agevolare gli auditor nell’ambito delle loro verifiche. Va da sé che, i controlli e il rapporto sull’audit prudenziale in merito alla tematica cross border, deve essere adeguato alla singola realtà bancaria revisionata e tenere in considerazione diversi elementi (quali ad esempio, le dimensioni, i mercati di riferimento, ecc.). 3.3.2 Supervisory review La FINMA, oltre a servirsi delle società di audit, sta procedendo ad eseguire delle cd. supervisory review. L’Autorità ha già cominciato a porre in essere tali visite, che le consentono di esaminare in prima persona presso un campione di banche da lei selezionato le modalità di gestione della problematica cross border, segnatamente l’adozione di concrete misure quali l’implementazione di direttive interne, la formazione del personale, l’adozione di manuali paese, ecc. 3.4 Cross border: cosa ne pensa chi sta al fronte? In questo paragrafo vorrei illustrare come vive la problematica cross border chi sta al fronte, ovvero i consulenti, dato che è su di loro che in gran parte ricade la responsabilità di agire in maniera compliant con la normativa estera e di spiegare ai clienti la nuova politica della banca. Non ho proceduto ad effettuare una vera e propria “indagine di mercato”, sottoponendo un questionario a un campione di consulenti operanti in diverse banche, quanto piuttosto, ad effettuare delle interviste a un numero ristretto di consulenti allo scopo di raccogliere quelli che sono i sentimenti e gli sfoghi di questi ultimi29, cercando di analizzare le risposte e determinare se vi fosse un minimo comune denominatore. Ho dapprima sottoposto alcune domande di carattere generico, intese ad appurare come le banche in seno alle quali gli stessi sono attivi, hanno implementato le misure auspicate dalla FINMA nella Posizione del 22 ottobre 2010. Tutti gli intervistati hanno confermato che, all’interno della loro banca, sono state adottate delle direttive interne per ogni singola divisione, per ogni Paese di riferimento è stato allestito un country manual e sono stati costituiti dei desk specializzati. Anche per quanto riguarda la formazione vi è stata unanimità, nel senso che la stessa viene svolta in maniera continua con aggiornamenti effettuati sia con modalità web-training, che in classe. Riguardo ai viaggi all’estero, a dipendenza del mercato di riferimento, gli stessi, in alcuni casi, sono stati temporaneamente bloccati. Nell’ambito dei rapporti con la clientela, i consulenti intervistati hanno confermato di aver spiegato ai loro clienti la nuova politica della banca in materia cross border, in modo da sensibilizzarli e di non dover prendere dei rischi inutili, soprattutto per il bene dei clienti. 29 Per dovere di discrezione nei confronti dei consulenti intervistati, in tutto una decina, ometto di indicare il nome delle banche presso le quali essi operano. 22 Ilaria Borsetti Per quanto riguardo il sentimento soggettivo, nel vivere in prima persona le difficoltà operative imposte dalla normativa interna della banca, in applicazione delle aspettative della FINMA, di seguito riporto testualmente quanto espresso da un consulente, perché ritengo che riassuma in maniera ottimale quella che è la sensazione generale anche degli altri consulenti intervistati: “stiamo assistendo ad un cambiamento epocale che sta avvenendo in tutta l’industria bancaria. Da un lato è comprensibile che la direzione generale e la proprietà delle banche non vogliano correre rischi reputazionali inutili, dall’altro però, non vi sono stati ripensamenti in merito alla redditività in termini di risultati da raggiungere. Le limitazioni nel fare business sono enormi, ma gli obiettivi non sono stati allineati alla nuova realtà. In sostanza si vogliono raggiungere gli stessi risultati con molti più ostacoli, lasciando il consulente in una situazione “loss-loss”. Se non si raggiungono gli obiettivi, si può persino arrivare a rischiare il licenziamento, pertanto si cerca di raggiungere gli obiettivi prefissati muovendosi nelle zone grigie, ma anche in questo caso si rischia il licenziamento. Gli strumenti necessari per raggiungere gli obiettivi non ci sono, bisognerebbe quindi rivedere al ribasso gli obiettivi quantitativi”. Ritengo che quanto sopra espresso possa costituire un utile spunto di riflessione per il Management delle banche. L’imposizione, da un lato, per chi opera al fronte di restrizioni operative ai fini della limitazione del rischio cross-border, e dall’altro lato, il mancato adeguamento degli obiettivi reddituali imposti, potrebbe ritorcersi contro la banca come un boomerang, inducendo il consulente ad operare in “situazioni grigie”, dalle quali potrebbero scaturire sì conseguenze personali per il consulente, ma anche giuridiche e reputazionali per la banca. L’implementazione delle misure di prevenzione e limitazione del rischio, disposte dalla FINMA, rischia così di rimanere un mero esercizio formale, carico però di conseguenze legali se la banca o la FINMA scoprono la violazione delle normativa bancaria da parte dei suoi collaboratori. 4. Impatto della MiFID in Svizzera Scopo di questo capitolo non è quello di approfondire ed illustrare le molteplici novità introdotte dal Legislatore europeo con l’adozione della Markets in Financial Instruments Directive, poiché sarebbe velleitario esaurire un argomento così complesso in poche pagine, quanto piuttosto, come anticipato nell’introduzione, soffermarsi sulle problematiche che tale direttiva può ingenerare per gli Stati terzi, quali la Svizzera, in caso di mancato adeguamento. 4.1 Markets in Financial Instruments Directive (MiFID) La Markets in Financial Instruments Directive dell’Unione Europea 2004/39/CE (direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari, comunemente abbreviata in «MiFID»)30 è la direttiva destinata ad avere maggior 30 La regolamentazione MiFID viene introdotta nell’ambito della cosiddetta procedura «Lamfalussy», che prevede quattro livelli: • Livello 1: Direttiva quadro del 2004 (2004/39/CE) • Livello 2: Direttiva 2006/73/CE e regolamento (CE) n. 1287/2006 • Livello 3: Applicazione della regolamentazione MiFID nei singoli Stati membri; stretta collaborazione tra le autorità di vigilanza al fine di garantire uniformità di applicazione ed esecuzione • Livello 4: Implementazione esplicita della regolamentazione 23 Ilaria Borsetti impatto tra quelle incluse nel Piano d’azione per i servizi finanziari (PASF), elaborato dall’UE. Il piano, avviato nel 1999, è finalizzato alla creazione di un mercato dei capitali pan-europeo integrato, che possa competere con quelli statunitensi per profondità, liquidità e flessibilità. La MiFID ha comportato la costituzione, a partire dal 1° novembre 2007, di un mercato integrato per i servizi di investimento su tutto il territorio dello Spazio economico europeo (SEE). La stessa definisce un quadro organico di regole, finalizzate a disciplinare l’esecuzione organizzata delle transazioni da parte delle borse e degli altri sistemi di negoziazione, rafforzando l’integrità dei mercati e stimolandone la concorrenza. La MiFID regolamenta inoltre la prestazione dei servizi di investimento (ricezione, trasmissione ed esecuzione degli ordini, collocamento di strumenti finanziari; gestione di portafogli; consulenza in materia di investimenti). La direttiva si preoccupa sostanzialmente che gli intermediari finanziari raccomandino ai loro clienti solo servizi e strumenti finanziari adeguati, e si pone quale fine la creazione di un contesto finanziario competitivo e armonizzato, per i mercati regolamentati e le imprese di investimento, in grado di assecondare le innovazioni e l’evoluzione dei mercati, rafforzando la tutela degli investitori e salvaguardando l’efficienza, l’integrità e la trasparenza dei mercati finanziari stessi31. Hanno una portata particolarmente ampia le norme di comportamento (conduct of business rules) e gli obblighi relativi all’esecuzione degli ordini, alle condizioni più favorevoli per il cliente (best execution). Tra di esse figurano in particolare32: • i requisiti relativi alla comunicazione con i clienti, ivi incluso il materiale di marketing; • le norme relative alla classificazione della clientela in clienti al dettaglio, clienti professionali e controparti qualificate, con conseguenti obblighi di disclosure nei confronti dei clienti, in merito alla categoria di appartenenza, alle conseguenze legali e al diritto di richiedere una diversa classificazione e, dunque, un differente livello di protezione/trattamento; • prima di porre in essere un’operazione, l’impresa di investimento – nell’ottica di offrire adeguata protezione al cliente – deve valutare se il profilo di rischio dell’operazione stessa è in linea con la categoria di appartenenza del cliente, definita sulla base delle informazioni acquisite dal cliente. Per i clienti di gestione patrimoniale e di consulenza agli investimenti, la MiFID richiede un test di adeguatezza (suitability test), che comporta la verifica delle conoscenze ed esperienze, della situazione finanziaria e degli obiettivi di investimento (per i clienti al dettaglio anche delle conoscenze e dell’esperienza) dell’investitore. È previsto un test di appropriatezza (appropriateness test) anche per i servizi finanziari senza consulenza, se si tratta di prodotti finanziari complessi. L’esecuzione semplice (execution only) è possibile soltanto per i prodotti finanziari non complessi (che non richiedono pertanto la verifica dell’adeguatezza o dell’appropriatezza). • le imprese di investimento devono adottare tutte le misure ragionevoli per ottenere, allorché eseguono ordini, il miglior risultato possibile per i loro clienti (best execution), tenuto conto del prezzo, dei costi, della rapidità e della probabilità di esecuzione e di regolamento, delle dimensioni, della natura, dell'ordine o di qualsiasi 31 32 La direttiva quadro 2004/39 («MiFID») viene concretizzata mediante una direttiva di esecuzione (2006/73) e un regolamento di esecuzione (1287/2006). Mentre il regolamento è direttamente applicabile negli Stati membri, le due direttive devono prima essere trasposte nel diritto nazionale. KPMG, Mercati alternativi e scenari di liquidità: quali sfide per gli intermediari?, ottobre 2010. KPMG, Introduzione ai principali impatti della Direttiva MiFID, presentazione 24 novembre 2007; Telekurs Financial, MiFID: point of view and data offering by Telekurs Financial, marzo 2007; ASB, La MiFID e le Banche in Svizzera, luglio 2007. 24 Ilaria Borsetti altra considerazione pertinente ai fini della sua esecuzione. Tuttavia, ogniqualvolta esistano istruzioni specifiche date dal cliente, l’impresa d’investimento è tenuta ad eseguire l’ordine secondo tali istruzioni. Per i clienti al dettaglio, riveste un ruolo di primo piano la remunerazione complessiva (prezzo e spese). Per i clienti professionali, giocano un ruolo altrettanto importante altri fattori, quali la rapidità e la probabilità dell’esecuzione. • requisiti per la gestione degli ordini dei clienti, che ne garantiscono un’esecuzione rapida, equa ed efficiente. • obbligo di registrazione: l’osservanza delle norme di comportamento deve poter essere comprovata in qualsiasi momento mediante una registrazione priva di lacune. 4.2 Ambito di applicazione nei confronti degli Stati terzi Da un punto di vista prettamente formale la MiFID copre esclusivamente il mercato costituito dagli Stati membri, i quali sono tenuti a trasporre gli standard MiFID nel proprio diritto nazionale, nonché a riconoscere i fornitori di servizi regolamentati originari di altri Stati membri (concessione del cd. “passaporto europeo”). Pertanto, a un livello meramente giuridico, la MiFID è priva di qualsiasi effetto extraterritoriale, non essendo applicabile agli Stati terzi33. Nonostante ciò, le disposizioni internazionali sulla trasparenza dei mercati, così come la legislazione europea in materia, hanno un impatto anche sulle banche svizzere e sugli altri fornitori di servizi finanziari. 4.3 Impatto della MiFID in Svizzera Benché, come sopra anticipato, la MiFID non abbia alcuna valenza giuridica fuori dallo spazio economico europeo, al Regolatore svizzero non è sfuggito che alcuni aspetti regolati dalla direttiva assumono rilevanza anche per il settore finanziario elvetico. La FINMA si sta occupando di alcuni temi trattati dalla MiFID, con particolare riguardo alla trasparenza delle informazioni ai clienti, alle spese di funzionamento e all'adeguatezza della consulenza di investimento in base al profilo del cliente. Difatti, a seguito della conclusione delle inchieste concernenti i casi Madoff e Lehman, la FINMA si è convinta che il diritto vigente non offra agli investitori una tutela sufficiente e che sia necessario un intervento normativo in tale ambito34, determinando così un ulteriore impulso per l’armonizzazione delle pratiche della vigilanza svizzera con la MiFID35. L'Autorità ha condotto a tal proposito un’inchiesta in esito alla quale, nonostante non siano state riscontrate violazioni gravi del diritto prudenziale svizzero vigente, è scaturito che l'attuale regolamentazione non offre ai clienti una tutela sufficiente negli ambiti della consulenza di investimento e della gestione patrimoniale. La FINMA ha pertanto avviato un progetto volto al controllo delle attuali regole di distribuzione, progetto sfociato nel Rapporto FINMA sulla distribuzione di prodotti finanziari del 10 novembre 2010. In base al citato Rapporto, assumono una posizione di rilievo gli obblighi di condotta da osservare nelle attività di diffusione dei prodotti finanziari e nella comunicazione alla clientela di informazioni ad essi inerenti. Il diritto 33 34 35 ASB, La MiFID e le Banche in Svizzera, luglio 2007, p. 6. FINMA, Caso Madoff e distribuzione dei prodotti Lehman, ripercussioni su consulenza d’investimento e gestione patrimoniale, 2 marzo 2010. KPMG, Markets in Financial Instruments Directive (MiFID), Fact Sheet, aprile 2010. 25 Ilaria Borsetti vigente contempla queste due problematiche, ma non in misura sufficiente, in quanto prevede soltanto in singoli casi l'obbligo di richiedere e fornire informazioni in base alle esigenze del cliente. La FINMA lamenta inoltre il fatto che l'attuale diritto non preveda l'obbligo di registrazione per certi operatori finanziari, liberi di fornire i loro servizi senza dover osservare gli standard del diritto prudenziale. Dall'inchiesta è altresì emerso che occorre aumentare la trasparenza sui prodotti finanziari anche a livello di prodotto: i clienti devono essere informati sui principali rischi di ogni prodotto di investimento mediante il relativo prospetto. La FINMA propone le seguenti opzioni di intervento: descrizione comprensibile dei rischi legati ai prodotti finanziari; regole di condotta nel contatto con i clienti al point of sale; miglioramento degli obblighi di documentazione al point of sale; potenziamento della regolamentazione in materia di distribuzione transfrontaliera di prodotti finanziari esteri in Svizzera; allentamento delle regole di condotta e di quelle relative ai prodotti per operazioni con clienti qualificati; obbligo di registrazione per prestatori di servizi finanziari assoggettati alla vigilanza prudenziale che operano al point of sale; risoluzione delle controversie in modo vincolante, semplice e rapido per i clienti privati. Per agevolare l’implementazione dei propositi sopra esposti, la FINMA propone l’istituzione di una "legge sui servizi finanziari" generale, da far precedere però, per ragioni di celerità, da un’ordinanza del Consiglio federale sugli obblighi di condotta, da osservare nel commercio di valori mobiliari e nella distribuzione di investimenti collettivi, limitata, nel suo campo di applicazione, agli operatori finanziari assoggettati alla vigilanza prudenziale. Nell’elaborazione dei propri propositi di intervento, la FINMA si è ispirata agli standard SEE, facendo riferimento ad esempio a temi quali la categorizzazione dei clienti, l’esame delle competenze e dell'adeguatezza del dovere di informazione precontrattuale, riprendendo così aspetti essenziali disciplinati dalla MiFID36. 4.3.1 Mozione per il recepimento della MiFID nell’ordinamento giuridico svizzero Benché, come sopra esposto, la FINMA si sia ispirata per alcuni aspetti agli standard SEE, nell’ordinamento giuridico svizzero non vi è stato un vero e proprio recepimento della MiFID. V’è da sottolineare però che tale ipotesi è stata valutata concretamente dal Governo federale, il quale però, per i motivi che vedremo, ha deciso di scartarla. In data 19 marzo 2008, l’ex Consigliera agli Stati, ora Consigliera federale, Simonetta Sommaruga ha presentato una mozione al Consiglio Federale concernente la MiFID e il suo adeguamento in Svizzera37. Obiettivo della mozione era l’elaborazione da parte dell‘Esecutivo di un disegno di legge ispirato alla MiFID, al fine di rafforzare il mercato finanziario svizzero e di salvaguardarne la competitività rispetto ai concorrenti dell'UE. 36 37 KPMG, Application de la MiFID en Suisse, Perspectives et risques de nouveautés juridiques 2010/2011, Schultess, 2011, p. 97 Cfr. Mozione n. 08.3140 del 19 marzo 2008. 26 Ilaria Borsetti A supporto della mozione è stata addotta la seguente motivazione: agli investitori viene proposta una gamma sempre più completa di servizi e strumenti finanziari. È necessario intervenire con urgenza soprattutto sulle retrocessioni. Secondo indicazioni del Tribunale federale, l'81% dei gestori patrimoniali esterni trascura di riversare le retrocessioni ai propri clienti, sebbene i clienti vi rinuncino espressamente soltanto nel 40% dei casi all'incirca. Secondo stime, si tratterebbe di centinaia di milioni di franchi l'anno38. Questa situazione è preoccupante poiché, oltre al fatto che i clienti vengono depauperati di somme che spettano loro di diritto, i noti conflitti di obiettivi tra gestore patrimoniale e cliente vengono taciuti a quest’ultimo. Secondo la mozione, la MiFID risolverebbe questo problema perseguendo i seguenti obiettivi: - esposizione trasparente dei costi dei servizi nei riguardi dei clienti; - migliore esecuzione possibile dei mandati dei clienti secondo i seguenti criteri: corso, costi, rapidità e probabilità dell'esecuzione39. A sostegno della propria tesi, la Consigliera Sommaruga ha rilevato che, da quando è entrata in vigore la MiFID nell'Unione europea, gli investitori nello spazio europeo risultano avvantaggiati rispetto agli investitori in Svizzera. Oggi le filiali di società svizzere di intermediazione mobiliare negli Stati dell'Unione europea, sono già assoggettate agli standard MiFID. Inoltre, le disposizioni applicabili ai conflitti di interessi si applicano all'intero gruppo e quindi anche alla sede principale svizzera. Gli Stati membri dell'UE dichiareranno che gli standard MiFID sono applicabili anche alle succursali di Stati terzi. Sotto la pressione del mercato, numerose società di intermediazione svizzere si sentono costrette a introdurre gli standard MiFID per rimanere competitive rispetto ai concorrenti dell'Unione europea. In data 14 maggio 2008 il Consiglio federale ha respinto la mozione osservando come in Svizzera, le questioni delineate nella stessa sono già regolamentate; inoltre, la giurisprudenza sulle disposizioni del Codice delle obbligazioni relative al mandato stabilisce, per la gestione del patrimonio, gli obblighi di diligenza, fedeltà, informazione, pubblicazione e conteggio. La legge sulle borse (art. 11) e la legge sugli investimenti collettivi (art. 19 segg.) contengono le prescrizioni in materia di vigilanza. L’Esecutivo ha altresì precisato che, tali norme vengono inoltre concretizzate mediante l'autodisciplina del settore finanziario per il tramite, ad esempio: delle "regole di condotta per commercianti di valori mobiliari" (1997), delle "direttive concernenti il mandato di gestione patrimoniale" (2005), delle "direttive sulle informazioni relative ai prodotti strutturati destinati agli investitori" (2007) dell'Associazione dei banchieri, delle "norme di comportamento per l'economia svizzera dei fondi di investimento" (2000), della "direttiva concernente la trasparenza nelle commissioni di gestione" (2005) della Swiss Funds Association come pure delle "regole deontologiche per l'esercizio della gestione indipendente di patrimoni"40 (1999) dell'Associazione svizzera di gestori di patrimoni. La FINMA sorveglia il rispetto di tali prescrizioni della legislazione in materia di vigilanza presso i maggiori gestori patrimoniali, ovvero le banche e i commercianti di valori mobiliari. 38 39 40 Cfr. Mozione n. 08.3140 del 19 marzo 2008. Cfr. Mozione n. 08.3140 del 19 marzo 2008. Sostituite dal 1. ottobre 2009 dal Codice deontologico. 27 Ilaria Borsetti Il Governo federale ha altresì osservato che, a seguito della sentenza del Tribunale federale del marzo 2006,41 concernente le retrocessioni incassate da un gestore patrimoniale indipendente, numerosi attori del settore finanziario hanno adeguato i loro modelli aziendali e le basi contrattuali dopo averli controllati di propria iniziativa. Pertanto, le affermazioni e le cifre citate nella motivazione della mozione devono essere, a dire dell’Esecutivo federale, chiaramente relativizzate. Inoltre, le affermazione secondo cui gli investitori in Svizzera sarebbero svantaggiati rispetto a quelli nello spazio europeo risultano discutibili, poiché non è da escludere che per i clienti l'ammontare delle spese amministrative costituisca un fattore decisivo da cui, contrariamente a quanto sostenuto dall'autrice della mozione, la piazza finanziaria svizzera trae un vantaggio competitivo. Infine, il Governo ha osservato che le questioni sollevate sono strettamente correlate alla vigilanza dei gestori patrimoniali indipendenti. Durante gli ultimi dibattiti relativi alla legge sulla vigilanza dei mercati finanziari, nel 2007, il Parlamento aveva aderito al parere del Consiglio federale, secondo il quale (almeno allora) bisognava rinunciare a un tale controllo42. Nonostante quanto sopra, non è da escludere che, alla luce dell’elezione di Simonetta Sommaruga a Consigliera Federale, eletta peraltro a capo di un dipartimento chiave, quale è il Dipartimento federale di giustizia e polizia, e considerata la sua presidenza decennale della Fondazione per la protezione dei consumatori, la questione di un eventuale recepimento della MiFID nell’ordinamento giuridico svizzero possa ritornare in auge. 4.3.2 MiFID e Convenzione di Lugano: quali rischi per le banche svizzere? Nonostante l’inapplicabilità della MiFID per le banche svizzere, la stessa può comunque avere delle ripercussioni sugli Istituti di credito svizzeri giocando un ruolo in ambito processuale in virtù delle implicazioni che potrebbe comportare, in sede di contenzioso “banca vs. cliente” (e viceversa), un mancato adeguamento alla MiFID. La MiFID detta le procedure proprie del settore finanziario e stabilisce standard in materia di offerta di servizi finanziari per diverse categorie di clienti. La direttiva non prevede invece alcuna disposizione sulla competenza internazionale, locale e materiale dei tribunali negli Stati SEE, nel caso in cui un cliente insoddisfatto dei servizi ricevuti intenda far valere i propri diritti tramite azione giudiziaria contro il fornitore all’interno dello SEE. Pertanto, per la questione della competenza internazionale e locale dei tribunali nelle relazioni tra lo SEE e la Svizzera, continua a far fede (nei confronti degli Stati SEE che l’hanno ratificata) la Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale («Convenzione di Lugano»), stipulata a Lugano il 16 settembre 1988. La Convenzione di Lugano concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie in materia civile e commerciale, entrata in vigore per la Svizzera nel 1992, stabilisce le competenze 41 42 DTF 132 III 460. Cfr. Mozione n. 08.3140 del 19 marzo 2008. 28 Ilaria Borsetti internazionali dei tribunali degli Stati contraenti. La Convenzione garantisce inoltre che le decisioni emanate in uno degli Stati contraenti, siano riconosciute ed eseguite anche negli altri Stati contraenti. In data 18 febbraio 2009 ,il Consiglio federale ha lanciato il Messaggio concernente l’attuazione e l’approvazione della Convenzione di Lugano e ne ha fissato l’entrata in vigore al 1. gennaio 2011. La novità più importante in pratica è l’estensione del campo d’applicazione territoriale della Convenzione ai nuovi Stati dell’UE. L’adesione di questi Stati alla Convenzione di Lugano migliora notevolmente la certezza giuridica, a beneficio soprattutto del commercio, ma anche dei consumatori.43 Riguardo quest’ultimo aspetto, la CL prevede un foro imperativo al domicilio del consumatore, o meglio, del cliente ragionando in termini bancari, qualora questi si trovi in uno Stato contraente. Di seguito viene illustrata la disposizione che, a seguito della revisione del testo normativo, interessa maggiormente gli attori del mondo finanziario svizzero. L’art. 15 cpv. 1 CL dispone che (omissis), la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore44, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale è regolata dalla presente sezione: a) qualora si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali; o b) qualora si tratti di un prestito con rimborso rateizzato o di un’altra operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni; o c) in tutti gli altri casi, qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato vincolato dalla presente convenzione in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato o verso una pluralità di Stati comprendente tale Stato, purché il contratto rientri nell’ambito di dette attività. Se le condizioni previste all’art. 15 cpv. 1 della Convenzione di Lugano sono soddisfatte, l’azione giudiziaria del consumatore nei confronti della controparte contrattuale può essere promossa dinanzi ai tribunali dello Stato contraente, sul cui territorio è domiciliata la suddetta parte o dinanzi ai tribunali dello Stato contraente, sul territorio del quale è domiciliato il consumatore (in uno Stato SEE che ha ratificato la Convenzione di Lugano). L’azione giudiziaria della controparte contrattuale nei confronti del consumatore, può essere promossa soltanto dinanzi ai tribunali dello Stato contraente nel quale è domiciliato il consumatore. In un contratto non è possibile derogare anticipatamente da tali eccezioni a favore del foro generale della banca in Svizzera, ai danni del consumatore; in altri termini, la determinazione del foro nelle condizioni generali deve necessariamente ottemperare a queste norme. La condizione secondo la quale,. la controparte del consumatore deve dirigere le sue attività commerciali o professionali verso lo Stato del consumatore, assumerà grande importanza nella pratica. La questione risulta problematica soprattutto in ragione del commercio elettronico, per via della questione a sapere se una pagina web che, per definizione, è accessibile da non importa quale luogo o Stato, deve essere considerata o meno come un’attività commerciale diretta verso qualunque Stato e recepibile da qualsivoglia potenziale consumatore. È difficile risolvere la questione a priori e fornire una risposta univoca, poiché tale problematica dovrà essere 43 44 DFGP, Maggior certezza giuridica per imprese e consumatori. Il Consiglio federale avvia la consultazione per la ratifica della Convenzione di Lugano riveduta, Comunicato del 30 maggio 2008 (consultabile su: http://www.bfm.admin.ch/content/bj/it/home/dokumentation/medieninformationen/2008/ref_2008-05-302.html). Sottolineature a cura della scrivente. 29 Ilaria Borsetti risolta tenendo conto delle circostanze del singolo caso concreto, ciò che peraltro ingenera incertezza circa il campo di applicazione della disposizione in disamina45. Giova comunque osservare che una prima presa di posizione, in merito alla determinazione del concetto di “attività diretta all’estero”, è stata resa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nell’ambito di due controversie concernenti dei contratti conclusi a distanza46. La Corte è stata chiamata a determinare se, la presentazione di prodotti o servizi attraverso un sito internet può essere considerata un'attività orientata verso lo Stato di domicilio del consumatore47. La Corte ha chiaramente statuito che non è sufficiente avere un sito Internet accessibile anche dall’estero, per dar luogo all’applicazione dell’art. 15 cpv. 1 lett. c) CL. È infatti necessario che il prestatore di servizi abbia manifestato la sua volontà di intrattenere una relazione commerciale con i consumatori domiciliati in uno o più Stati membri. A questo proposito, la sola distinzione tra un sito internet interattivo o meno (solo consultivo), non è determinante48. L’art. 17 cpv. 1 CL dispone che il consumatore non può rinunciare al foro stabilito dalla convenzione stessa a suo favore prima della nascita della controversia. Pertanto, se i rapporti contrattuali fra il cliente della banca e quest’ultima dovessero essere qualificati alla stregua di un contratto concluso con un consumatore, le clausole di proroga del foro a favore dei tribunali ove è ubicata la sede della banca comunemente inserite nelle condizioni generali d’affari sono da considerare inefficaci. La banca non potrà legittimamente invocare una clausola di questo tipo a sostegno di un’eccezione di incompetenza territoriale nel caso in cui il cliente la convenga al proprio domicilio. A causa del conflitto di leggi applicabili all'interno della Comunità europea, il diritto materiale del Paese di origine del cliente querelante si applicherà qualora la banca abbia concentrato i suoi servizi in tale Paese, che in caso di prestazioni finanziarie potrà comportare l’applicazione da parte del giudice straniero dei precetti della MiFID. In considerazione di ciò, possono essere rilevanti per la banca le misure di tutela quali la classificazione dei clienti nelle categorie d’investimento “clienti al dettaglio”, “clienti professionali” e “controparti qualificate”. Si presume che potrà ricorrere a tali misure di tutela dei consumatori la categoria «clienti al dettaglio». 45 46 47 48 Romy I., Le for du consommateur» et les contrats de services financiers à la lumière de la jurisprudence récente du Tribunal fédéral, SZZP 3/2009, p. 317 ss. Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 7 dicembre 2010, incarti C-585/08 e C-144/09. Nel caso in esame si trattava di contratti di viaggio. La Corte ha individuato alcuni indizi atti ad indicare la presenza di una volontà del prestatore di servizi di dirigere le proprie attività verso lo Stato membro di domicilio del consumatore, con conseguente applicazione, in caso di sussistenza degli stessi, del foro imperativo del consumatore. Gli indizi che la Corte ha individuato sono i seguenti: la natura internazionale dell’attività del prestatore di servizi; l’indicazione dell’itinerario da seguire a partire da uno Stato membro per recarsi presso la sede del prestatore di servizi; l’utilizzazione di una lingua o di una moneta diverse da quelle abitualmente utilizzate nello Stato di domicilio del prestatore di servizi; la menzione del recapito telefonico con l’indicazione di un prefisso internazionale; la menzione di una clientela internazionale composta da clienti domiciliati in differenti Stati membri. La Corte non ha fornito alcuna indicazione sulla ponderazione e quantificazione di tali indizi. La citata Autorità giusdicente ha altresì omesso di pronunciarsi su una questione spinosa quale è quella a sapere se, affinché sia dato il foro imperativo, il contratto deve essere concluso a distanza o in presenza delle parti. Per avere delle chiare indicazioni in merito occorrerà quindi attendere l’evolversi della giurisprudenza. Pertanto…affaire à suivre. 30 Ilaria Borsetti Non si può escludere che, nell’ambito della MiFID, i clienti al dettaglio che intendono promuovere un’azione giudiziaria ricorreranno con sempre maggiore frequenza al foro competente, in conformità all’art. 15 della CL, al fine di far valere, nei confronti della banca le proprie pretese relative al diritto di informazione e alla trasparenza delle spese di transazione e delle spese complementari, nonché al diritto di esecuzione alle condizioni migliori49, col rischio quindi di soccombenza per la banca per non aver implementato gli standard imposti dalla MiFID. Si ricorda altresì che le decisioni emesse nel quadro della Convenzione di Lugano possono essere riconosciute in Svizzera e quindi essere dichiarate esecutive nei confronti della banca. In conclusione, a seguito dell’entrata in vigore della riveduta Convenzione di Lugano e in ragione degli sforzi di regolamentazione attuati dalla FINMA (vedi Rapporto sulla Distribuzione di Prodotti finanziari 2010), le banche svizzere dovranno analizzare, se già non l’hanno fatto, il loro modello di business e porsi il problema dell’attuazione volontaria o meno degli standard MiFID.50 5. Alternative Investment Fund Managers Directive (AIFMD) In questo capitolo, come nel precedente, ci si propone di illustrare brevemente le novità introdotte dalla Alternative Investment Fund Managers Directive, per poi procedere ad una disamina delle problematiche ingenerate da tale normativa per il sistema finanziario svizzero. I progetti di regolamentazione in corso su scala internazionale interessano da vicino anche il mercato dei fondi d’investimento. Dopo la recente crisi finanziaria, si esaminano a fondo in particolare gli interventi normativi necessari nel settore degli hedge fund. Con la partecipazione della Svizzera, la IOSCO ha definito sei principi generali per la regolamentazione e il monitoraggio degli hedge fund. Questi principi prevedono obblighi di trasparenza più severi nei confronti degli investitori e delle autorità di vigilanza, ma anche requisiti prudenziali, ad esempio nel campo della gestione dei rischi. L’Unione europea ha emanato una direttiva destinata ai gestori di fondi d’investimento alternativi: Alternative Investment Fund Managers Directive (AIFMD), che riguarda tutti gli investimenti collettivi di capitale non conformi agli standard UE51. La direttiva è stata adottata dal Parlamento europeo l’11 novembre 2010, approvata dal Consiglio dell’Unione Europea in data 27 maggio 2011, ed entra in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’unione Europea52. Gli stati membri dispongono di un periodo transitorio di due anni per recepire la direttiva nel loro diritto nazionale, di modo che la direttiva dovrà essere “operativa” al più tardi nel corso dell’estate 2013. 49 50 51 52 ASB, La MiFID e le Banche in Svizzera, luglio 2007, p. 22. KPMG, Perspectives et risques de nouveautés juridiques 2010/2011, Schultess, Zurigo, 2011, p. 96. Devono considerarsi alternativi tutti i fondi non armonizzati, ossia, non autorizzati secondo la direttiva 2009/65/CE e i relativi provvedimenti di implementazione (direttiva 2010/42/UE, direttiva 2010/43/UE, regolamento 583/UE e regolamento 584/UE), comunemente UCITS III/IV. http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/fr/ecofin/122251.pdf 31 Ilaria Borsetti I gestori di fondi di investimento alternativi, che si conformeranno alle regole e ai requisiti previsti dalla Direttiva, potranno commercializzare, sulla base di una singola autorizzazione (ottenibile presso ciascuno Stato Membro), i loro servizi all’interno di tutta l’UE. Il sistema del passaporto, per i gestori dell’UE che commercializzano fondi alternativi UE, entrerà in vigore già nel 2013, ovvero a seguito del recepimento negli Stati membri della direttiva (c.d. “passaporto europeo”). Per contro, i gestori di fondi di investimento alternativi extra UE (ad esempio i gestori svizzeri) che svolgono attività di gestione e/o commercializzazione in seno all’UE e i gestori dell’UE che gestiscono fondi di investimento alternativi extra UE, potranno ottenere il passaporto solo a partire dal 2015, ossia dopo un periodo transitorio di 2 anni nel corso del quale continueranno a essere applicabili i regimi nazionali degli Stati membri. Finito tale periodo, il regime armonizzato del passaporto europeo, per un ulteriore periodo transitorio di tre anni, coesisterà con i regimi nazionali degli Stati membri che saranno soggetti al rispetto di determinate condizioni di armonizzazione minime. Trascorso tale periodo di coesistenza, infine, si prevede la totale abolizione dei regimi nazionali previa l’entrata in vigore di un atto delegato della Commissione europea a tal fine. Di seguito viene illustrata schematicamente* la tempistica dell’entrata in vigore della Direttiva AIFMD53 e del passaporto europeo per gli Stati membri e per gli Stati extra-UE. *Fonte: KPMG INTERNATIONAL, Alternative Investment Fund Managers Directive, novembre 2010, p. 2 (consultabile su www.kpmg.com) 53 A causa del ritardo nel tradurre la Direttiva nelle lingue di tutti gli Stati membri, la pubblicazione della stessa nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea è stata posticipata da gennaio 2011, come inizialmente previsto, a fine maggio 2011 (cfr. pag. 36 supra). 32 Ilaria Borsetti 5.1 Scopo della Direttiva AIFM Essa persegue l’obiettivo di sottoporre tutti i gestori di fondi d’investimento, esclusi dal campo d’applicazione della Direttiva Ucits III e Ucits IV, a delle esigenze appropriate in materia d’autorizzazione e registrazione; inoltre punta ad elaborare un quadro di controllo e limitazione dei rischi rappresentati dalla gestione collettiva, nonché a definire una strategia comune in ambito di protezione degli “investitori professionisti” nei fondi d’investimento alternativi. Infine, vuole sviluppare un mercato unico dei fondi alternativi vigilando che le attività siano proporzionate ai rischi e differenziate secondo modelli economici. Si tratta, tuttavia, di un obiettivo assai difficile da raggiungere senza intervenire nel processo di revisione del quadro normativo e prudenziale svizzero per i gestori di fondi d’investimento alternativi. A prescindere dalla situazione internazionale, anche in Svizzera s’impone la necessità di intervento. La Svizzera deve decidere che posizione assumere rispetto alle disposizioni contenute nella Direttiva AIFMD, disposizioni che in taluni settori si spingono ben oltre i requisiti della IOSCO, le prescrizioni della legge sugli investimenti collettivi e la Direttiva UCITS. Per quanto riguarda un eventuale rischio sistemico associato agli hedge fund, la Svizzera prende attivamente parte ai rilevamenti che la IOSCO sta effettuando a livello mondiale, in relazione ai quali ha già condotto due sondaggi tra i gestori di fondi svizzeri. Considerata la struttura transfrontaliera di queste attività, si rende necessario un coordinamento internazionale. 5.2 Ambito di applicazione La direttiva si applica (i) a tutti i gestori di fondi alternativi, situati nell'Unione europea, che forniscono servizi di gestione per uno o più fondi d’investimento alternativi, indipendentemente dal fatto che il fondo sia situato all'interno o all'esterno dell'Unione europea, (ii) a tutti i gestori stabiliti in uno Stato terzo, che gestiscono uno o più fondi d’investimenti alternativi situati in uno Stato UE; (iii) inoltre, indipendentemente dal fatto che il fondo d’investimento sia un fondo UE o non-UE, la direttiva si applica anche a tutti quei gestori che commercializzano fondi all’interno dell’UE. La direttiva si applica a qualsiasi gestore di fondi alternativi, indipendentemente dalla forma giuridica rivestita. Il legislatore europeo ha scelto di regolamentare i gestori di fondi di investimento alternativi, che gestiscono e/o commercializzano questi fondi, e non i fondi stessi, in ragione del fatto che le decisioni importanti, dalla struttura amministrativa al profilo di rischio, sono prese a livello di gestione. Questo "approccio orizzontale" permette di affrontare il problema alla radice; in effetti, è più facile regolamentare i gestori di tali fondi, piuttosto che cercare di determinare un target e regolamentare tutti i modelli economici corrispondenti ai fondi di investimento alternativi. Inoltre, i rischi che la direttiva mira a ridurre derivano in gran parte dal settore economico dei gestori di fondi di investimento alternativi e non soltanto dai fondi stessi54. 54 Maradan L., Rizzello M., Barakat A., La Directive AIFMD et ses conséquences pour la Suisse, 5 maggio 2011, p. 9 33 Ilaria Borsetti Affinché la direttiva si applichi, deve quindi sussistere un legame fra il gestori di fondi di investimento e l’Unione europea. Fuori dal campo di applicazione della direttiva resteranno, quindi, i gestori di fondi di investimento situati in Stati terzi, che gestiscono o distribuiscono fondi di investimento alternativi fuori dall’Unione europea. 5.3 Conseguenze per gli Stati terzi Con l'introduzione della direttiva AIFMD, e il passaporto europeo per i fondi europei o riconosciuti come tali, l'Europa ha ulteriormente concretizzato uno dei suoi primari obiettivi, l'unificazione del mercato interno. Tuttavia, la direttiva ha anche un effetto isolazionista. Infatti, diversi fattori tendono a dimostrare ciò, come l'obbligo per gli Stati terzi di adattare una pratica corrente all'interno dell'Unione europea o addirittura l'obbligo per gli Stati terzi di stipulare accordi con ciascuno degli Stati membri, al fine di garantire l’operatività tra questi Paesi. La direttiva in esame lascia poco spazio di manovra per gli Stati terzi, poiché questi ultimi dipendono dagli accordi con gli Stati membri, per poter essere in grado di continuare a distribuire o gestire fondi di investimento alternativi. 5.4 Attuale regolamentazione svizzera in materia di fondi di investimento La normativa di riferimento svizzera, disciplinante i fondi di investimento, è rappresentata dalla Legge federale sugli investimenti collettivi di capitale (LICol) del 23 giugno 2006, entrata in vigore il 1. gennaio 2007. La LICol definisce all’art. 2, il suo campo di applicazione, che comprende in linea di massima, a prescindere dalla forma giuridica, tutti gli investimenti collettivi, così come tutte le persone che custodiscono o gestiscono tali investimenti, che chiaramente hanno un nesso sufficiente con la Svizzera. La differenza fra. la LICol e la direttiva AIFMD, è che la prima si applica anche ai fondi. Le entità assoggettate alla LICol devono essere autorizzate per essere in grado di esercitare la loro attività e sottostanno al controllo prudenziale della FINMA. I gestori patrimoniali svizzeri di investimenti collettivi esteri possono, se lo desiderano, chiedere un’autorizzazione alla FINMA alle condizioni poste dall’art. 13 cpv. 4 LICol. L'introduzione nella LICol, della possibilità di richiedere l’autorizzazione anche per il gestore di investimenti collettivi sottoposti d una vigilanza meno rigorosa di quella svizzera, o addirittura a nessuna vigilanza (come ad esempio è il caso per i veicoli di collocamento domiciliati alle Isole Cayman o per le SICAR lussemburghesi), era stata espressamente respinta per ragioni di tutela della reputazione delle istituzioni finanziarie svizzere55. Questi fondi non essendo soggetti alle stesse regole delle altre entità che rientrano nel campo di applicazione della LICol, vantano una maggiore libertà a livello organizzativo, causando quindi l’insorgere di problematiche di distorsione della concorrenza nei confronti degli altri soggetti sottoposti alla disciplina della LICol56. 55 56 Meyer P. K., Ryhner S., Objectifs de la gestion alternative, L’AGEFI, 8 novembre 2010, p. 12. Stahler O., Directive européenne sur les gestionnaires de fonds alternatifs : quelles répercussions pour la Suisse?, 14 dicembre 2010 (consultabile su : http://cms.unige.ch/droit/cdbf, article n° 718, 14 décembre 2010). 34 Ilaria Borsetti 5.5 Conseguenze dell’AIFMD per la Svizzera L'impatto che la Direttiva AIFMD avrà in Svizzera è importante. La nuova legislazione europea avrà l'effetto di far riconsiderare drasticamente la prassi, così com’è attualmente conosciuta da alcuni gestori, segnatamente dai gestori indipendenti di patrimoni, in Svizzera notoriamente molto liberi. La direttiva costringerà altresì la Svizzera a concludere accordi con un gran numero di Stati membri ed, infine, la porterà a riprendere nella propria legislazione le condizioni e i termini della direttiva in modo da consentire che i gestori svizzeri possano operare investimenti alternativi con fondi europei. Se la Svizzera non dovesse riconoscere, né conseguentemente adeguarsi alla direttiva, la stessa diventerebbe visà-vis dell’Europa un luogo di libertà per i gestori patrimoniali indipendenti. Tuttavia, questo risultato porterebbe immancabilmente ad un isolamento, poiché significherebbe che solo i fondi di Paesi terzi potrebbero essere gestiti dalla Svizzera senza rischio di assoggettamento alla direttiva. È improbabile che la Confederazione opti per tale ipotesi, la quale comporterebbe un isolamento rispetto all'Unione europea, nonché la probabile compromissione di altri accordi conclusi con la Svizzera. Difatti, il Consiglio federale ha incaricato in data 11 marzo 2011, il Dipartimento federale delle finanze di elaborare, entro l’estate 2011, un avamprogetto di modifica di legge, al dichiarato scopo di allineare la normativa in vigore per i gerenti patrimoniali di investimenti collettivi di capitale, agli sviluppi internazionali e in particolare, garantire l’accesso al mercato dell’UE. La LICol e le relative ordinanze saranno dunque adeguate agli standard europei, senza però disporre di alcuna garanzia sulle intenzioni dell’Unione europea di permettere agli intermediari finanziari svizzeri un accesso ai propri mercati, se nel frattempo il Parlamento e il Governo federale non avranno negoziato degli accordi al riguardo. Con la prospettata modifica legislativa, il Consiglio federale vuole evitare il rischio che la Svizzera diventi un polo di attrazione per prodotti e fornitori di servizi finanziari che non intendono sottoporsi alla più restrittiva regolamentazione dell’UE. Gli adeguamenti di legge auspicati dall’Esecutivo federale sono finalizzati ad aumentare la protezione degli investitori e la qualità della gestione patrimoniale in Svizzera, nonché a preservare l’acceso al mercato dell’UE per i fornitori svizzeri di servizi57. Un mancato allineamento della Svizzera alla disciplina europea sui fondi di investimento alternativi, costituirebbe per l’Unione Europea un ulteriore pretesto, dopo il segreto bancario e il sistema fiscale, per accusare la Confederazione di voler creare, in questo caso, una sorta di paradiso per gli investimenti alternativi58. 57 58 DFF, Adeguamento della legge sugli investimenti collettivi come reazione alla direttiva dell’UE sui gestori di fondi di investimento alternativi, comunicato stampa, 11 marzo 2011 (consultabile su: http://www.sif.admin.ch/00488/index.html?lang=it&msg-id=38070). Maradan L., Rizzello M., Barakat A., La Directive AIFMD et ses conséquences pour la Suisse, 5 maggio 2011, p. 15. 35 Ilaria Borsetti 6. Conclusioni Col presente contributo si è voluto esporre quelle che sono le molteplici sfide normative a cui la piazza finanziaria, quale attore primario dello scenario internazionale, è confrontata. Riassumendo, tali sfide possono essere distinte in due categorie: (i) sfide di carattere endogeno, ovvero che provengono direttamente dalla regolamentazione nazionale, e qui basti pensare alle aspettative espresse dalla FINMA nei confronti degli intermediari finanziari, che dalla Svizzera prestano o offrono servizi e prodotti all’estero (cfr. capitolo 3); (ii) e sfide di carattere esogeno, scaturenti non dal Regolatore o Legislatore svizzero, bensì estero (cfr. capitoli 4 e 5). Prescindendo da qualsiasi valutazione di natura politica, per affrontare tali pressioni sia interne, sia esterne, gli intermediari finanziari svizzeri necessiteranno di accrescere il proprio know-how per affrontare con cognizione di causa le difficoltà poste sul piano normativo nazionale ed internazionale, dovranno selezionare accuratamente i mercati di riferimento, ed infine dovranno mantenere degli elevati standard qualitativi nella prestazione dei servizi finanziari per restare competitivi sullo scenario internazionale. 36