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indice
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Cronache chitarristiche
Citta’ di Pedara 2012, Brussels International Guitar
Festival, 1° Megaraduno Chitarristico...
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Intervista
Xuefei Yang
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Approfondimenti
Consigli dal passato…
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Osservatorio contemporaneo
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Responsabile di redazione
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Caporedattore
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Coordinamento
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Hanno collaborato a questo numero
Isabella Abbonizio, Fabio De Simone,
Sergio Sorrentino, Gianluigi Giglio,
Ciro Fiorentino, Francesco Taranto
Ufficio pubblicità
Rosamaria Curcio
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Registrazione trib. di Avellino n. 335
del 19-1-1996
Tutti i diritti riservati.
Legislazione scolastica
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Didattica
For he is a jolly good fellow, Bananaman, Studio
n. 1 sulle legature discendenti, Canzone milanese
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Recensioni
Angelo Gilardino, B.Aires ‘73 quartet, Carlo
Ambrosio, Heitor Villa-Lobos, Alexandre Tansman
37
Copertina
Maria Lucia Carrillo Exposito
Intervista
XUEFEI
YANG
LA CHITARRA CONQUISTA L’ORIENTE…
di Isabella Abbonizio
Il 26 febbraio scorso la Carnegie Hall di
New York ha ospitato Xuefei Yang, la prima
chitarrista cinese ad aver intrapreso una
carriera professionale e ad aver conquistato i palcoscenici internazionali. Acclamata
quale eccezionale virtuosa dello strumento, la giovane artista si
è esibita in più di quaranta paesi tra Europa, Asia e Nord America; ha collaborato con le orchestre più importanti del mondo ed
ha all’attivo già diversi dischi con la EMI. Di recente, la chitarrista ha conquistato le copertine dei periodici specializzati con
il suo nuovo progetto su Bach, basato sull’arrangiamento di tre
concerti (due per violino, uno per clavicembalo) e di alcuni lavori per strumento solista del compositore tedesco. L’originalità
dell’iniziativa e l’alto livello del risultato ci hanno stimolati a
conoscere più da vicino Xuefei Yang. In particolare ci ha incuriositi il suo percorso, che l’ha portata da Pechino all’Europa, e
al Nord America, un tragitto in verità oggi comune a diversi giovani chitarristi orientali, rinomati per virtuosismo e perfezione
tecnica, ai quali la Yang ha sicuramente
spianato la strada.
Abbiamo incontrato Fei, come ama farsi chiamare dagli amici, in un assolato
pomeriggio in un caffè newyorkese, il giorno precedente il suo
concerto di debutto alla Carnegie Hall. L’artista ha condiviso
con noi informazioni relative alla sua formazione, all’attuale
status della chitarra classica in Cina e, naturalmente al suo nuovo progetto sugli arrangiamenti dei concerti di Bach.
Nata a Pechino, Fei vive da anni a Londra, città nella quale ha
condotto gli ultimi studi presso la prestigiosa Royal Academy of
Music. La sua formazione è tuttavia iniziata in Oriente, al Conservatorio Centrale di Pechino. La chitarrista è stata avvicinata
alla musica dai suoi genitori all’età di sette anni: entrambi insegnanti, essi trovavano nell’arte una possibile risposta all’esigenza di temperarne il carattere irrequieto. Il primo approccio di Fei
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con la chitarra è stato tuttavia casuale: avvicinata inizialmente
alla fisarmonica, uno strumento molto popolare in Cina in quegli anni, è stata poi invitata a frequentare la classe collettiva
di chitarra della sua scuola elementare. Ai tempi si era appena
conclusa la rivoluzione culturale cinese (1966-1976 ca.), durante la quale ogni espressione culturale ed artistica occidente era
messa al bando, dunque la chitarra, strumento d’importazione,
era uno strumento negletto, pochi sapevano persino cosa fosse.
Fei ha invece percepito un immediato fascino per le sei corde,
rivelando fin dall’inizio degli studi, un’inconsueta facilità nell’esecuzione.
Inaugurata la prima cattedra di chitarra al Conservatorio Centrale di Pechino, Fei è stata la prima studentessa ad essere ammessa e a diplomarsi. Il suo docente, attualmente ancora in carica, è
stato Chen Zhi, pioniere, promotore e massimo esponente della
chitarra in Cina, maestro impeccabile di altri rinomati chitarristi
orientali, tra cui le due chitarriste del Beijing Guitar Duo, Meng
Su e Yameng Wang.
Durante l’incontro abbiamo chiesto a Fei alcune curiosità sul
tipo di formazione chitarristica impartita in China.
Prima di tutto, qual è il segreto di un’impeccabile preparazione tecnica che spesso si riscontra negli artisti orientali?
Il mio maestro di Pechino, Chen Zhi, punta molto sulla tecnica,
tutti i suoi studenti possono vantare un’ottima tecnica, compresa me. Credo, tuttavia, che la questione principale risieda nella
possibilità di selezionare i migliori tra un alto numero di candidati, considerata la vasta popolazione della Cina; poi, di certo,
un grande merito va assegnato all’imposizione di uno studio
rigorosissimo, basato su numerose ore di pratica quotidiana (Fei
ci parlava di 10 ore al giorno di studio). Infine, gli studenti lavorano insieme e sono sempre spronati alla competizione, l’uno
contro l’altro: ciò li porta ad essere sempre molto preparati per
i concorsi. Tuttavia, le mie idee sulla didattica si discostano da
questo metodo. Al momento attuale, insegno sono nelle master
class, ma penso sempre al metodo che impiegherei con i miei
allievi qualora iniziassi ad insegnare regolarmente.
Quale chitarrista occidentale è noto oggi in Cina?
Segovia, Julian Bream, John Williams. Diversi chitarristi oggi
vengono invitati, ma nessuno può essere paragonato a questi
grandi nomi. Inoltre, l’ambito della chitarra è tendenzialmente
chiuso, non raggiunge il più ampio contesto musicale.
Esistono Festival e Concorsi di un certo rilievo?
Sì ma sono locali, di piccole proporzioni. La nazione è molto
grande e sebbene molte persone si siano avvicinate alla chitarra, non si può ancora paragonare la notorietà dello strumento
a quella del pianoforte, o del violino. Oggi, tuttavia, dopo circa
quindici anni, la chitarra in Cina è insegnata in diversi conservatori, nei quali sono proposti due diversi percorsi formativi,
per la musica occidentale o per quella cinese. Dunque, similmente ad altri paesi non-occidentali, in Cina la musica occidentale è insegnata parallelamente a quella tradizionale. Abbiamo
posto a Fei alcune domande sulla relazione tra queste due sfere
dell’espressione musicale, cercando di scoprire se, e in quale
misura, esse sono messe in relazione, come accade ad esempio
in Turchia (cfr. articolo su Tolgahan Ço ulu in GuitArt n. 64).
Credi che la chitarra possa essere considerata vicina a qualcuno degli strumenti cinesi popolari?
La tradizione musicale cinese è caratterizzata da un ampio numero di strumenti a corda; in particolare la chitarra può essere
paragonata alla pipa, un liuto a quattro corde, la cui sonorità è
molto vicina a quella della chitarra.
Esistono contaminazioni tra la musica occidentale e quella
cinese?
Sì, io stessa ho trascritto alcuni brani di musica tradizionale
cinese per chitarra. Tre anni fa è uscito un mio CD per la EMI,
dal titolo 40 Degrees North (dalla comune latitudine delle capitali di Spagna e Cina), nel quale metà del programma è basato
sulla musica cinese, l’altra metà sulla musica spagnola. Proprio
perché la tradizione chitarristica in Cina è ancora giovane e
non ha ancora maturato un repertorio specifico, i brani del CD
sono arrangiamenti di musica cinese tradizionale (comprese
due canzoni tradizionali cinesi adattate per la chitarra di Gerald Garcia); oppure nuove composizioni basate si temi popolari
cinesi (come ad esempio Chinese Garden del compositore inglese Stephen Gosss, a me dedicato). Questo CD comprende anche
Butterfly Lovers, uno dei brani più popolari di musica cinese,
scritto originariamente come concerto per violino, utilizzando
strumenti d’orchestra occidentali.
Utilizzi microtoni negli arrangiamenti?
No, gli arrangiamenti sono pensati per la chitarra classica. A me
piace preservare le sonorità della chitarra.
Dunque i brani suonano più ‘occidentali’?
No, non credo, credo che mantengano lo stesso spirito. Anche
perché molta musica cinese popolare, com’è il caso di Butterfly
Lovers, è già all’origine nata da un ‘matrimonio’ tra la cultura
musicale cinese e quello dell’occidente. Il motivo originale è infatti estratto da un opera cinese, basato su una trama antica di
duemila anni, ma è divenuto famoso come concerto per violino
e orchestra.
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“Quando ero teen-ager, i miei gusti
musicali erano differenti, preferivo
la musica romantica, che sentivo
più naturale e coinvolgente, o brani
più veloci e accattivanti; inoltre mi
rendeva molto nervosa eseguire
Bach alla chitarra..”
sione a stampa. Tuttavia, vorrei davvero che i miei arrangiamenti entrassero nel repertorio per chitarra, sebbene si tratti
di brani di una notevole complessità tecnica. Inoltre, il mio
obiettivo è anche quello di contribuire a dare una nuova sonorità a questi brani.
C’è qualche compositore cinese che si occupa di questo tipo
di contaminazioni?
Diversi compositori cinesi che intraprendono una carriera internazionale preservano molte influenze dalla musica cinese, come
Tan Dun, ad esempio.
Ci sono compositori che scrivono per chitarra e intraprendono questa direzione?
Sì, per esempio lo stesso Tan Dun ha scritto un concerto per chitarra dedicato a Sharon Isbn. E ci sono pochi altri compositori
che hanno scritto qualche brano. Io ho cercato di approcciare
altri compositori per stimolarli a scrivere per lo strumento. Ma,
prima di tutto c’è una certa misconoscenza nei confronti della chitarra. In Cina la chitarra è ancora uno strumento nuovo,
poco conosciuto nel panorama concertistico, diversamente dal
pianoforte o dal violino.
E le istituzioni, come il Conservatorio, forniscono qualche
supporto per promuovere lo strumento e la musica cinese?
No, nessun supporto, bisogna fare da sé, essere in grado di trovare il sostegno economico. Passiamo adesso al nuovo lavoro di
Fei su Bach, pubblicato lo scorso febbraio dalla EMI.
Quando è nata la tua passione per la musica di Bach?
Quando ero teen-ager, i miei gusti musicali erano differenti,
preferivo la musica romantica, che sentivo più naturale e coinvolgente, o brani più veloci e accattivanti; inoltre mi rendeva
molto nervosa eseguire Bach alla chitarra. La mia stima per la
musica antica e per Bach è tuttavia cresciuta con la mia maturità.
Quando è nata la tua idea per il nuovo progetto su Bach e in
quanto tempo l’hai portata a termine?
L’idea è nata dopo la conclusione della mia incisione del Concerto di Rodrigo e ho impiegato circa un anno a portare a termine
il progetto.
Credi di pubblicare gli arrangiamenti dei concerti di Bach
che hai realizzato?
Sì, mi piacerebbe, ma dovrei avere il tempo di realizzare la ver-
Quale versione dei concerti hai utilizzato per gli arrangiamenti?
Nei concerti per violino, oltre alla versione originale ho utilizzato la trascrizione per clavicembalo che Bach stesso ci ha
lasciato. E’ stata proprio l’esistenza di questa versione che mi ha
spronato a realizzare gli arrangiamenti. La versione per violino
sarebbe risultata troppo scarna trasposta sulla chitarra; il clavicembalo è uno strumento in qualche modo vicino a quest’ultima
e l’esistenza di una doppia versione mi ha dato una maggiore
sicurezza nel rispetto dell’originale. Non ho dovuto sacrificare
le linee contrappuntistiche, in molti casi eseguite dagli archi.
Dunque ho lavorato all’arrangiamento per chitarra come se dovesse suonare non come la versione per violino, né come quella
per clavicembalo, ma come una nuova versione pensata per lo
strumento, allo stesso modo in cui operava Bach con le trascrizioni per liuto.
Perché hai scelto il quartetto d’archi invece dell’orchestra?
Intanto per una questione di volume. Nella musica antica non
sono utilizzate tecniche esecutive che garantiscono grandi sonorità, come il rasgueado ad esempio, dunque la chitarra risulta penalizzata se accostata alla sezione degli archi. Inoltre, in
molti passi lo strumento solista suona all’unisono con gli altri
strumenti, per questo è difficile raggiungere un bilanciamento
dei volumi. In passato avevo già sperimentato il quartetto d’archi con i concerti Vivaldi e mi è sembrato un’ottima soluzione.
Nel suo ultimo CD, Fei, oltre ai due Concerti per violino in Mi
maggiore BWV 1042 e in La minore BWV 1041, e al Concerto
n.1 per clavicembalo in Re minore BWV 1052 (ricostruito dal
concerto per violino perduto), ha anche arrangiato tre brani
di Bach per strumento solista: la Sonata n. 1 per violino BWV
1001, il Preludio n.1 dal Primo libro del Clavicembalo ben temperato (BWV846), trasposto in La maggiore, e la nota Aria sulla
quarta corda.
La chitarrista cinese è inoltre una grande amante dell’Italia e ci
ha confidato che le piacerebbe un giorno poter lavorare ad un
progetto sulla musica italiana. Ringraziamo Fei e le auguriamo
di continuare la sua brillante carriera in giro per il mondo.