l`ultimo lupo - Lo Spettacolo del Veneto

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l`ultimo lupo - Lo Spettacolo del Veneto
Federazione
[email protected]
Italiana
Cinema
d’Essai
INTERPRETI:
Feng Shaofeng,
Shawn Dou,
Ankhanyam Racchaam,
Yin Zhusheng
SCENEGGIATURA:
Alain Godard, JeanJacques Annaud,
Lu Wei (III),
John Collee
FOTOGRAFIA: JeanMarie Dreujou
MONTAGGIO:
Reynald Bertrand
SCENOGRAFIA:
Quan Rongzhe
DISTRIBUZIONE:
Notorius Pictures
NAZIONALITÀ:
Cina, 2014
DURATA:
118 min
[email protected]
wwww.spettacoloveneto.it
Associazione
Generale
Italiana
dello Spettacolo
di Jean-Jacques Annaud
PRESENTAZIONE E CRITICA
Chen Zhen, giovane studente nella Cina della 'rivoluzione culturale', è
trasferito in Mongolia da Pechino per educare una comunità di pastori nomadi.
In quella terra, piena di una bellezza selvaggia e vertiginosa, è tuttavia Chen
Zhen ad apprendere qualcosa sugli uomini e sui lupi, che il governo
comunista ha deciso di sterminare. Colpevoli di 'frenare' l'avanzata del
progresso della Cina di Mao, i lupi vengono abbattuti da cuccioli o dentro
safari crudeli, che alterano l'equilibrio uomo-natura che le tribù mongole
avevano conquistato nei secoli. Affascinato dai lupi, Chen ne alleva uno di
nascosto, compromettendo a suo modo l'ordine naturale delle cose. Il cinema
di Jean-Jacques Annaud ha da sempre due anime: qualche volta si 'diverte' a
precipitare i suoi protagonisti dentro una cultura esotica (Bianco e nero a
colori, Sette anni in Tibet) e qualche altra a elevare gli animali a protagonisti
(L'orso, Due fratelli). Contrariamente al titolo e alle apparenze, L’ULTIMO
LUPO appartiene alla prima categoria. Blockbuster à l'ancienne e
adattamento del romanzo di Lü Jiamin ("Il totem del lupo"), L’ULTIMO LUPO
è una storia cinese, raccontata da un francese, sul tramonto del nomadismo
mongolo. 'Raccomandato' dalla sua amante, film censurato in Cina ma il più
visto illegalmente in Cina, Annaud è stato ingaggiato dalla China Film Group
Corporation per girare in Mongolia un bestseller locale sulla civiltà nomade
degli allevatori mongoli e la colonizzazione comunista. Favola spettacolare, dentro un cinema classico e
popolare, L’ULTIMO LUPO racconta l'avventura di due allievi-precettori che lasciano Pechino per
alfabetizzare le comunità della Mongolia Interna e finiscono invece alfabetizzati.
Sedotti da quell'idillio pastorale e da un'arcaicità serena, in cui uomini e animali convivono in
armonia, bevono come il latte delle giumente le parole del capo del villaggio, che insegna loro i rudimenti di
un equilibrio ecologico fondato su una cosmogonia animista. Il regista francese svolge questa educazione
concentrandosi sullo sguardo di Chen Zhen, portatore critico della rivoluzione culturale di Mao. Nella
magnificenza dei paesaggi e sotto lo sguardo delle creature selvagge della steppa, il film cerca e trova il
battito barbaro del cuore di Chen Zhen, sorpreso di frequente in primo piano e davanti all'orizzonte come in
una vecchia cartolina della propaganda comunista. Cronaca della fine di un mondo e di un modo di vivere,
L’ULTIMO LUPO esalta col 3D l'animale del titolo, divinità tutelare e predatore antico. Venerato e temuto dai
nomadi mon goli, il lupo condivide la scena con Chen Zhen e la riempie con tutta la sua dignità. Se il vento
freddo e pungente della steppa increspa la sua pelliccia e lo coglie in piena corsa, la terza dimensione trova
la sua ragione nei piani fissi, che ne afferrano la consumata immobilità e la maestosa monumentalità.
Misurando la loro perfetta fotogenia, la regia di Annaud elude esotismo e antropomorfismo, privilegiando un
modello di messa in scena in rilievo che rende addirittura palpabile la presenza del lupo, vicino eppure
sfuggente. Pioniere di questa tecnologia, nel 1995 aveva girato in Imax 3D Wings of courage, l'autore rileva,
dentro un paesaggio irriducibile e sotto il pretesto di studiare i predatori di Chen Zhen, la speranza chimerica
di una conciliazione tra onnivori e carnivori, tra un uomo di buona volontà e un animale selvaggio, tra una
cultura nomade e una sedentaria, che muore di fame e sogna una terra intorno al lago in cui coltivare i suoi
cereali. Dentro il recinto, eretto da Chen Zhen per crescere il suo cucciolo, però qualcosa si perde, una
perdita ineluttabile, forse necessaria ma irreparabile. Fuori intanto urlano i lupi, lupi senza pelliccia che
rompono un equilibrio ancestrale sparando agli animale e soffocando la volontà di libertà degli uomini.
(www.mymovies.it)
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di Jean-Jacques Annaud
La sceneggiatura de L’ULTIMO LUPO è tratta dall’opera di Jiang Rong Il totem del lupo, uscito nel
2004, il secondo libro più venduto nella storia della repubblica popolare Cinese dopo Il libretto rosso di Mao,
un fenomeno letterario scampato alla severa censura del regime. La trama narra le vicende di Chen, un
giovane studente universitario di Pechino, inviato nel 1967, nel pieno della rivoluzione culturale, tra le steppe
delle Mongolia ad insegnare ad una tribù nomade a leggere e a scrivere. Il ragazzo rimarrà folgorato dalla
semplice vita di queste popolazioni, fatta di allevamento e spostamenti da un luogo all’altro, di tende e
antiche tradizioni. La vita di questa popolazione, uguale da migliaia di anni, viene però modificata
bruscamente dall’intervento dei funzionari di Pechino, i quali pretendono di sfruttare a loro piacimento il
territorio. Il problema maggiore per i burocrati cinesi è la presenza di temibili branchi di lupi, incontrastati
padroni di queste lande che cacciano la fauna locale, oltre che quella d’allevamento. Da qui nascerà una
politica di sterminio delle cucciolate dei lupi, le quali renderanno i branchi più aggressivi e assetati di
vendetta. In questo contesto, Chen Zhen rifiuterà gli ordini di Pechino, salvando da morte un cucciolo di lupo
ed allevandolo in gran segreto nella sua tenda. Il lupo è la figura principe della pellicola, sia quello libero ed
indomato, sia quello allevato dal giovane cinese.
Esso appare legato in maniera indissolubile alla terra e alla sua natura vergine, turbato dalla
presenza della modernità, elemento di disordine e rottura di un equilibrio ormai assodato tra questi predatori,
gli abitanti delle steppe e le steppe stesse. L’arrivo del regime, considerato non chiave politica bensì come il
portatore di un mondo diverso, segna l’inevitabile declino sia dei lupi, sia dei nomadi. Essi si vedono travolti
dalla fiumara del progresso, inesorabile e impietosa di fronte a chi si oppone, a chi resta inamovibile verso la
novità e a chi rimane saldo sulle sue origini. Chen Zhen si trova ad essere un semplice spettatore della
storia, dovrebbe insegnare a leggere e a scrivere ai nomadi, in realtà è la Mongolia a fargli narrare la
vicenda dello scontro tra il lupo e l’uomo, tra la terra e la modernità. Il percorso che affronta nel
lungometraggio è quello del richiamo della foresta, un’istintiva volontà di tonare ad uno stato primordiale
lontano dalle pratiche burocratiche e dalle gabbie della città. La steppa lo rapisce grazie al capo della tribù,
l’anziano uomo che lo tratterà al pari di un figlio, insegnandoli il rispetto verso la terra e verso i lupi, degli Dei
espressione pura della libertà. Le riprese sono state girate in un ambiente surreale, l’atmosfera che si respira
ha il profumo di un’eternità immobile e sorda al cambiamento oltre che incontaminata dalla presenza umana.
Le scene d’azione sono davvero spettacolari, esse contengono degli elementi difficili da gestire anche solo
singolarmente, mentre qui hanno convissuto fianco a fianco: lupi, cavalli, uomini e le proibitive condizioni
metereologiche. Il regista Jean-Jacques Annaud, il medesimo de Il nome della rosa e de Sette anni in Tibet,
ha potuto adoperarsi per questo film per sette anni, riuscendo a creare nel film un’accuratezza stilistica molto
dettagliata, una cura per l’inquadratura che ha sia dato risalto alla storia e che ha sottolineato l’andamento
cronologico del film oltre che lo stato d’animo di uomini e lupi. In questo movie sono presenti molti punti di
forza, come la trama, una delle più apprezzate di sempre in Cina, la maestria con cui sono state gestire le
difficoltà delle riprese, l’ottima risposta dei lupi di fronte agli stimoli di film interamente incentrato su di loro,
elemento da non sottovalutare data la loro natura selvatica, il paesaggio e una narrazione su delle tematiche
tutt’altro che banali (…).
(www.justnews.it)
(…) L’ULTIMO LUPO si inserisce nell’ottica di una progressiva sensibilizzazione alla cura e alla
protezione dell’ambiente. Come detto il film si basa su una storia vera raccontata anni fa da un autore
sconosciuto e celatosi dietro ad uno pseudonimo, che in Cina ha avuto un successo incredibile. Annaud ha
messo a disposizione tutta la sua arte e conoscenza da vecchio mestierante per confezionare un film
tecnicamente straordinario, visivamente sbalorditivo. Una fotografia incredibile che ci permette di apprezzare
a pieno i meravigliosi paesaggi della sconfinata steppa mongola, sequenze da mozzare il fiato e che
raggiungono il loro apice quando ad essere protagonista è proprio lui, il lupo. Primi piani incredibili che
ritraggono l’animale mentre scruta l’orizzonte con sguardo fiero oppure mentre digrigna i denti minaccioso
pronto ad assalire la preda. Sembra che recitino i lupi di Annaud, non sono semplici elementi della storia, ne
sono assoluti protagonisti attivi e indiscussi. Un film che generea suspence, emozioni forti, un film che
commuove e intenerisce, che impressiona e sa anche far sorridere. L’ULTIMO LUPO vuole sottolineare
quanto sia importante preservare e rispettare tradizioni millenarie, culture cui radici risalgono all’alba della
civiltà e che ancora oggi possono insegnare all’uomo moderno come si debba e si possa coinvivere in
perfetta armonia con l’ambiente che ci circonda, con l’ecosistema a cui facciamo parte. Un giovane uomo
venuto dalla città senza conoscere la vita e che tra questi pastori, solo apparentemente primitivi, impara
valori e principi come la fedeltà, il rispetto, l’amicizia e l’amore (...).
(www.cinefilos.it)
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