Città di Torino Assessorato per la Cultura giovedì 28 agosto

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Città di Torino Assessorato per la Cultura giovedì 28 agosto
Città
di Torino
Assessorato
per
la Cultura
giovedì 28 agosto 1986, ore 21
San Filippo
London Symphony Orchestra
Maxim Sostakovic, direttore
Mstislav Rostropovic,
violoncello
La London Symphony Orchestra venne f o n d a t a nel 1904 ("principal c o n d u c t o r " era H a n s Richter) ed è tra i più autorevoli complessi inglesi.
L'albo d'onore dei direttori stabili elenca Edward Elgar, Josef Krips,
Pierre Monteux, Istvan Kertesz, André Previn e Claudio A b b a d o .
Sull'esempio di molte orchestre inglesi la L o n d o n Symphony si organizza da sola l'attività; esiste infatti un comitato artistico coordinato dal direttore principale e composto dal caporchestra e d a un
gruppo di musicisti più frequentemente " o s p i t i " . Un sistema molto articolato delle sponsorizzazioni e del lavoro discografico non
limitato al repertorio classico (le colonne sonore dei più noti film
di Spielberg, ad esempio, sono state registrate dalla LSO), consente
agli strumentisti di avere un'attività a t e m p o pieno.
La presenza pubblica dell'orchestra si articola in tre sezioni: le tournées interne (il cosiddetto National T o u r , cui prendono parte giovani solisti inglesi), quelle all'estero e le stagioni concertistiche a
Londra effettuate alla Royal Festival Hall e al Barbican Centre.
Maxim Sostakovic, figlio del noto compositore Dimitri, è nato a
Leningrado nel 1938.
H a iniziato lo studio del pianoforte presso la Scuola Centrale di Musica della sua città. H a in seguito frequentato, presso il conservatorio di Mosca, i corsi di pianoforte e direzione d'orchestra, questi
ultimi tenuti da Gennedi Rozdestvenskij e Igor Markevitch.
Dopo il diploma è diventato assistente alla direzione dell'Orchestra
Sinfonica di Mosca e direttore dell'Orchestra Sinfonica di Stato
dell'URSS.
Nel 1971 ha ottenuto la carica di direttore stabile e direttore artistico dell'Orchestra Sinfonica della Radiotelevisione Sovietica, con la
quale ha effettuato numerosi concerti in tutto il m o n d o .
Mstislav Rostropovic, nato a Baku nel 1927 d a una famiglia di musicisti, è entrato all'età di otto anni alla Scuola di Musica di Mosca
frequentando la classe di violoncello. H a continuato poi gli studi
al conservatorio di Mosca nei corsi di violoncello e composizione,
quest'ultimo sotto la guida di Dimitri Sostakovic.
P r o k o f ' e v , Sostakovic, Bernstein e Britten sono fra i compositori
che gli hanno dedicato i loro pezzi.
H a ottenuto numerosissimi riconoscimenti ed onoreficenze, tra i quali
le nomine a Socio Onorario dell'Accademia di S. Cecilia di R o m a ,
dell'Academy of Art and Science negli Stati Uniti e della Royal Academy of Music in Inghilterra.
H a diretto le più prestigiose orchestre europee e partecipa ogni anno al Festival di Aldeburgh di cui è direttore artistico.
Suona un violoncello Stradivari del 1711.
Antonin Dvorak
(1841-1904)
Concerto in si minore
per violoncello e orchestra op. 104
Allegro
Adagio ma non troppo
Finale. Allegro moderato
Gustav Mahler
(1860-1911)
Prima Sinfonia in re maggiore
(Il Titano)
Lento
Mosso energico
Solenne
Tempestoso
Antonin Dvorak
Concerto in si minore per violoncello e orchestra op. 104
L'affascinante Concerto in si minore per violoncello e orchestra op. 104 fu l'ultima composizione che Dvorak condusse a termine durante il suo soggiorno negli Stati Uniti ove
egli si era recato nell'autunno del 1892 per assumervi la direzione del conservatorio di New York, mantenendo poi tale incarico per un triennio. L'intima amicizia con il
violoncellista Hanus Wihan, valente strumentista, membro
del celebre Quartetto Boemo, favorita da una serie di fortuite circostanze, costituì certamente uno degli elementi decisivi che indussero Dvorak, ormai giunto all'apice della propria
brillante carriera artistica, molti anni dopo un infruttuoso
tentativo giovanile, ad intraprendere la composizione di un
impegnativo Concerto per violoncello. Seguendo il suo abituale metodo di lavoro Dvorak procedette immediatamente
alla strumentazione delle pagine che veniva componendo, sicché l'allestimento della partitura orchestrale progredì alquan-
to speditamente e l'intero Concerto, iniziato l'8 novembre
1894, potè venir completato il 9 febbraio dell'anno successivo, un paio di mesi prima che il musicista rientrasse definitivamente in patria. Durante la composizione del Concerto,
dalla spontanea vena melodica, intriso, talora, d'una nostalgica mestizia, sicuramente uno dei brani più interessanti dell'intera parabola creativa di Dvorak, nel quale, si può ben
dire, appaiono riassunti i tratti più significativi del suo maturo stile compositivo, egli ebbe notizia della grave malattia
di Josefina Cermàkovà della quale era stato innamorato in
gioventù; la citazione nel movimento centrale del Concert
di una pagina particolarmente cara a Josefina, "Lasciami SL
lo" primo dei Quattro Lieder op. 82, ora rielaborato e rifuso in una nuova ancora più struggente formulazione,
rappresenta un esplicito omaggio alla donna amata. In seguito alla sua scomparsa, avvenuta nel maggio del 1895, intraprendendo la revisione del movimento conclusivo del
Concerto, Dvorak fu indotto a riscrivere l'ultima parte, una
sessantina di battute circa, includendovi un'ulteriore versione della medesima melodia liederistica in memoria dell'adorata Josefina.
Dvorak stesso accompagnò al pianoforte l'amico Wihan, dedicatario della composizione, in occasione della prima esecuzione del Concerto, in forma privata, nell'agosto di quello
stesso anno presso il castello di Luzany. La prima esecuzione pubblica ebbe luogo, invece, a Londra il 19 marzo 1896,
esecutore Leo Stern, giacché, nel frattempo, erano sorti dissapori tra il compositore ed Hanus Wihan; in particolare se
Dvorak accolse benevolmente il suggerimento di attuare alcune brevi correzioni in un paio di passi, volentieri realizzandole, s'oppose, invece, risolutamente all'inserzione, nel
finale, di un'estesa cadenza approntata dallo stesso cellista,
giudicandola inopportuna e per nulla rispondente alla struttura formale ed alla Stimmung espressiva del movimento così
quale egli l'aveva concepito; una virtuosistica cadenza ne
avrebbe infatti stravolto irreparabilmente il carattere - osservava l'autore stesso in una missiva all'editore Simrock - vanificando in modo inesorabile il suggestivo effetto derivante
dall'introduzione dell'intimistico lied prima delle tempestose misure conclusive.
Il Concerto che, scritto nella umbratile tonalità di si minore
e modellato sui tradizionali schemi formali, si avvale di una
smagliante veste orchestrale, ha inizio con un icastico elemento tematico affidato ai clarinetti nel quale taluno ha inteso
scorgere una certa somiglianza con l'incipit della Settima Sinfonia; tale tema, inoltre, rivela un'analogia, forse ancor più
evidente, con il celeberrimo tema dei corni nel Finale della
Sinfonia n. 9 (Dal Nuovo Mondo). Proprio ai corni, al ter-
mine di una maestosa introduzione, viene demandata l'esecuzione del secondo tema, lirico e cantabile, di questo
incantevole Concerto; esso conduce tosto ad una nuova veemente esplosione di sonorità con la quale si conclude l'esposizione orchestrale seguita subito dall'esordio del solista. Il
materiale tematico già esposto ora, nella nuova formulazione violoncellistica, riceve un iridescente rivestimento armonico, impreziosito da arabescanti figurazioni decorative, ed
appare caratterizzato, altresì, da un singolare trattamento orchestrale. Spicca, poco oltre, la presenza di un esteso passaggio in arpeggi dalla fantomatica pregnanza armonica.
Merita segnalare, inoltre, come i singoli elementi subiscano,
nel corso dello sviluppo, radicali trasformazioni riapparendo di volta in volta in una quantità di suggestive immagini
che incessantemente rigenerano l'incandescente materia sonora di questo primo movimento; in esso alle oasi liriche ove
le potenzialità timbriche del cello, la cui scrittura raggiunge
talora vertici di notevole complessità, appaiono sfruttate nella
loro pienezza, si contrappongono momenti di impetuosa concitazione dalla sfolgorante scrittura orchestrale. Una quieta
serenità pervade l'amabilissimo Adagio centrale, in sol maggiore, dagli inconsueti impasti timbrici, all'interno del quale
emerge la tenera melodia del lied "Lasciami solo" punteggiata da freschi episodi che l'adozione di un trascolorante
cangiantismo armonico rende ancor più pregevoli.
Alimentato da una rigogliosa sovrabbondanza tematica e vivificato da una robusta vivacità ritmica il Finale più d'una
volta ci sorprende per l'eccezionale bellezza dei suoi variegati episodi e la raffinatezza della scrittura: questa, unita alla brillantezza della strumentazione ed al perfetto equilibrio
fonico tra il solista e la compagine orchestrale, rappresenta
sicuramente uno degli aspetti più caratteristici della pagina,
non priva di reminiscenze dei movimenti precedenti e suggellata infine, al termine di un tenerissimo episodio ove per
l'ultima volta riappare, trasfigurata, la melodia del lied protagonista de\VAdagio, dalle luminose sonorità di una rutilante coda a piena orchestra.
Gustav Mahler
Prima Sinfonia in re maggiore (Il Titano)
I primi abbozzi della Prima Sinfonia di Gustav Mahler, concepita inizialmente in forma di "Poema Sinfonico in due parti" ed articolata originariamente in cinque movimenti,
risalgono al 1885. A quell'epoca il giovanissimo compositore stava per lasciare l'incarico di direttore d'orchestra che ave-
va ricoperto presso il Teatro Imperiale di Kassel fin dal 1883;
di lì a poco, infatti, egli avrebbe assunto analoghi compiti
a Praga ove il lavoro di composizione della Sinfonia, nonostante il gravoso impegno quotidiano richiesto dall'attività
direttoriale, procedette piuttosto rapidamente. Trasferitosi
quindi a Lipsia, quale sostituto di Nikisch, ivi Mahler intraprese una poliedrica e frenetica attività che rallentò parzialmente la composizione della sua partitura sinfonica. Il 29
marzo 1888, in una lettera ai genitori, il compositore annunciava trionfalmente di aver ultimato la Sinfonia; solamente
il 20 novembre 1889, tuttavia, egli l'avrebbe diretta per la
prima volta a Budapest, sfumata ormai ogni speranza di una
sua esecuzione presso il locale Gewandhaus.
Presentata al pubblico ancora con il titolo di "Poema Sinfonico", ma priva bensì di ogni indicazione programmatica, la Sinfonia venne accolta piuttosto freddamente. Mahler
compì una prima sofferta revisione nel gennaio del 1893; vi
lavorò di nuovo durante l'estate e rimaneggiò ancora la composizione in vista della sua seconda esecuzione ch'ebbe luogo ad Amburgo il 27 ottobre; in quell'occasione il musicista,
indotto dalle pressioni di alcuni amici ed utopisticamente fiducioso nelle possibilità di facilitare la comprensione della
partitura, provvide il lavoro di un articolato programma letterario inteso ad evocare il differente carattere e le specifiche connotazioni dei singoli movimenti. La composizione si
intitolò "Titan, poema sinfonico in forma di sinfonia". Furono in molti ad intravedere un legame, peraltro assai tenue,
tra tale titolo e l'omonimo romanzo di Jean Paul Richter,
l'amatissimo scrittore preromantico alle cui opere già Schumann più volte era ricorso traendovi ispirazione per numerose sue pagine pianistiche. Un'altra debole, ma non certo
casuale reminiscenza letteraria si avverte nel suggestivo titolo Blumine (Raccolta di fiori), che Mahler oppose al movimento originariamente inserito in seconda posizione, ma in
seguito, dopo varie esitazioni, definitivamente espunto, con
il quale ancora Jean Paul aveva designato una raccolta di suoi
articoli.
Scomparso ormai ogni programma nelle riprese successive
del lavoro ch'ebbero luogo a Weimar ed a Berlino nel giugno del 1894 e nella primavera del 1896, subito un ulteriore
processo di revisione, la composizione, dal lineare taglio quadripartito, venne pubblicata semplicemente quale Sinfonia
in re maggiore a Vienna nel febbraio del 1899.
Con la ripetizione insistita di un intervallo di quarta, su un
lungo pedale dalle stranite sonorità, quasi a simboleggiare
il lento primaverile ridestarsi della natura cui si riconnettono altresì le esplicite allusioni al verso del cùcùlo ed una festosa fanfara anch'essa di sapore squisitamente bucolico,
esordisce il movimento iniziale della Sinfonia, primo maturo raggiungimento della produzione mahleriana, intrisa di
riferimenti alle precedenti pagine liederistiche e costellata di
vere e proprie citazioni. La lunga introduzione dalle luci soffuse e dai caratteristici toni cromatici, approdando finalmente
alla tonalità d'impianto, conduce all'esposizione del primo
tema nel quale non è difficile riconoscere la melodia del Lied
"Me ne andavo un mattino fra i campi" dal ciclo dei Canti
di un giovane giramondo, la cui esuberante vitalità permea
l'intero primo movimento, indugiante, talora, in zone di relativo ristagno dalle quali i temi, rifrangendosi in una quantità di fantasiose immagini ed originando innumerevoli
episodi, riemergono con incontaminata vitalità. Con una spumeggiante coda, nella quale ritorna, variato, l'elemento caratteristico dell'incipit si conclude questo primo tempo seguito
da un gioviale Scherzo avviato dalla citazione del lied "Hans
und Grethe" che ne costituisce l'elemento principale. Nell'intero movimento, pervaso d'una infantile e naturalistica
ingenuità, si percepisce un intenso profumo di terra austriaca: lo Scherzo, infatti, il cui Trio è giocato su elementi piuttosto simili, presenta strette affinità con un festoso e rustico
làndler: all'insegna di un'ottimistica serenità si chiude la pagina contrastando fortemente con la struggente melanconia,
non priva di ironiche e parodistiche venature, del terzo tempo che ha inizio con il pulsare misterioso del timpano sul quale vari strumenti, intrecciandosi a canone, enunciano il
popolare tema di Bruder Martin (ovvero il nostro Fra'Martino), in una bizzarra formulazione in minore. La composizione di questa singolare pagina dalle algide atmosfere e dai
colori lividi, nella quale non mancano reminiscenze slave ed
ungheresi, venne ispirata dalla visione di un grottesco quadro del pittore Moritz von Schwind intitolato "Il funerale
del cacciatore". Con un drammatico accordo seguito da parossistiche figurazioni si apre l'ultimo tempestoso movimento,
assai più esteso dei precedenti, caratterizzato da un'inconsueta ricchezza di temi. La dolce cantabilità di alcuni momenti si alterna a tratti di vivacissima animazione; più volte,
come in una sontuosa lussureggiante ricapitolazione, ritornano gli elementi già intesi nel movimento iniziale finché, fugata ormai ogni ombra di angoscia residua, in un clima di
ebbra felicità, un poderoso crescendo conduce alla trionfale
perorazione finale con la quale la composizione giunge infine all'epilogo.
Attilio P i o v a n o
I
leggere di musica
Ben diversamente dall'interesse editoriale e discografico che ha circondato, specie negli ultimi anni, la figura di Mahler, per quanto
riguarda Dvorak non possiamo che rifarci al volume inglese di Robertson (1) e alle pagine tradotte in francese di Holzknecht (2). Tranne la monografia pubblicata nell'84, su Sibelius, scarsa fortuna
hanno goduto i compositori appartenenti alla equivoca categoria delle
"scuole nazionali": in italiano su Dvorak si potranno solo consultare le relative voci su enciclopedie e dizionari. Nel nostro paese la
"riscoperta" di Mahler iniziava già nel '63 con un ampio saggio
sull'autore occupante ben due numeri dell'"Approdo musicale" (3),
mentre Tanno precedente Duse compilava uno studio
introduttivo
(4) che avrebbe portato al più ampio e completo volume del 1973
(5). Su Mahler, ricordiamo ancora la ponderosa biografia del De
La Grange (6), la raccolta di lettere a cura della moglie de! compositore (7), le prospettive particolari di Adorno (8) e Schoenberg (9),
•l'ottica interpretativa di Bruno Walter (10). Nel 1983 usciva, presso Rusconi, la curiosa monografia di Quirino Principe (11), più di
mille pagine ricche di accenti polemici nei confronti di certa critica,
di certe posizioni dogmatiche, di certo approccio superficiale e approssimativo con l'autore, sviluppatosi negli anni del boom mahler iano.
Laura Cosso
(1) A. ROBERTSON, Dvorak, London, DENT 1964
(2) V. H O L Z K N E C H T , Antonin Dvorak, Praga, Fond Musical
Tcheque 1977
(3) AA.VV., "L'Approdo musicale" n° 16/17, Torino, ERI 1963
(4) U. DUSE, Gustav Mahler. Introduzione allo studio della vita
e delle opere, Padova 1962
(5) U. DUSE, Gustav Mahler, Torino, Einaudi 1973
(6) H. DE LA G R A N G E , Mahler (2 volumi), Paris, Fayard 1984
(7) A. M A H L E R , Ricordi e lettere, Milano, Il Saggiatore 1984
(8) T. W. A D O R N O , Wagner-Mahler: due studi, Torino, Einaudi 1978
(9) A. SCHOENBERG, Gustav Mahler in Stile e idea, Milano,
Feltrinelli 1980
(10) B. W A L T E R , Gustav Mahler, Roma, Editori Riuniti 1981
(11) Q. P R I N C I P E , Mahler, Milano, Rusconi 1983
La maggior parte dei testi indicati può essere consultata presso la Civica Biblioteca Musicale "Andrea Della Corte" - Villa Tesoriera - corso
Francia, 192
Stampa: Tip. Artale s.n.c.