Intervento al C - Associazione Dirigenti Giustizia
Transcript
Intervento al C - Associazione Dirigenti Giustizia
Intervento al C. S. M.del Ministro della Giustizia On. Piero Fassino Roma, 7 giugno 2000 Da qualche anno in Italia la questione della giustizia è diventata uno dei punti più sensibili della vita nazionale ed ha assunto una centralità senza precedenti. Sulla giustizia si sono spesso riversate le molte tensioni che attraversano il nostro paese, provengano esse dai cittadini, dalla pubblica amministrazione, o dalla politica. Avvertiamo tutti la necessità oggi di un salto di qualità, di uno scatto di comune responsabilità. E ciò proprio perché sono in gioco valori, fondamenti e interessi di portata generale che riguardano tutti. L’uguaglianza del cittadino di fronte alla legge e l’imparzialità dell’amministrazione della giustizia, cardini del nostro ordinamento, sono beni che devono essere garantiti sempre e a tutti, e la cui realizzazione richiede l’impegno solidale di tutte le parti politiche. Per questo auspico che questi dieci mesi di completamento della legislatura siano l’occasione di uno sforzo comune di tutte le forze che siedono in Parlamento per portare a compimento provvedimenti legislativi essenziali e misure organizzative conseguenti. E, in ogni caso, sarà mio impegno quotidiano operare perché ciò possa avvenire, in un clima sereno e costruttivo. Obiettivo primario è mettere pienamente al centro del pianeta giustizia il cittadino, per conseguire due obiettivi: in primo luogo una giustizia che sia capace di fornire sicurezza attraverso la legalità, soprattutto in una fase in cui la sensibilità dell’opinione pubblica è più acuta verso ogni fenomeno che procuri allarme sociale; in secondo luogo, una giustizia a cui il cittadino possa rivolgersi con fiducia, che lo garantisca ogni qualvolta ne abbia bisogno per la tutela di un diritto leso. Tutto ciò deve sollecitarci a proseguire con convinzione e decisione il programma di riforme della giustizia portato avanti dal Parlamento e dal Governo durante questa legislatura. Si tratta di un’opera che ha teso ad una riforma complessiva della giustizia, grazie all’azione del Ministro Flick, che con numerosi provvedimenti ha disegnato la nuova architettura del sistema e ne ha avviato la realizzazione. Parimenti, un ringraziamento va dato al Ministro Diliberto, che ha proseguito con convinzione l’opera del Ministro Flick. Riformare la giustizia non è stato, né è un’ azione semplice. Conosciamo tutti i mali cronici della giustizia italiana: un numero enorme di cause civili arretrate; di processi penali di cui non si riesce spesso a vedere la fine; di controversie che, con il loro ritardo, non riescono a fornire giustizia. Le aule del tribunale spesso sono divenute così il luogo del conflitto non solo tra le parti, ma anche del cittadino con lo Stato. Un conflitto tanto aspro da raggiungere spesso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo. Anche se gli stessi organi di Strasburgo, pur stigmatizzando questa difficile situazione, hanno contemporaneamente riconosciuto la straordinarietà dello sforzo in atto per migliorare strutturalmente il sistema giustizia: sforzo che il Governo intende sviluppare anche nei prossimi mesi mediante la istituzione di gruppi di lavoro interministeriali a ciò stabilmente dediti e mediante la approvazione di un apposito disegno di legge (il c.d. disegno di legge "Pinto"). Grazie al pacchetto di riforme del Ministro Flick, in buona misura approvate dal Parlamento, oggi non serve un ulteriore grande produzione di nuova legislazione. Ci troviamo infatti nella situazione di colui che per edificare una nuova casa ha già comprato il terreno, tutti i materiali, e costruito le fondamenta: adesso bisogna ultimare la costruzione e renderla abitabile e confortevole. E in quest’opera è particolarmente importante uno sforzo di comprensione delle ragioni di tutti i diversi operatori perché non solo il Ministero, ma anche l’organo di autogoverno dei magistrati e l’avvocatura partecipino con le azioni necessarie e le realizzino costruendo su fondamenta solide e bilanciate un sistema giudiziario moderno ed efficiente. L’introduzione del giudice unico è un esempio dell’opera di completamento prima citata: fatta la riforma dell’impianto generale, adesso bisogna calarla nel funzionamento di ogni giorno. Per questo motivo è stata estremamente importante l’approvazione del decreto legge 82/2000, che integra la c.d. legge Carotti e che risolve anche alcune questioni relative al giudizio abbreviato e in materia di competenza di diritti dell’imputato assente, prima affidate unicamente all’interpretazione del magistrato; così come è importante pensare alla possibilità di ampliare gli spazi della depenalizzazione, anche oltre quelli già coperti dal provvedimento entrato in vigore alla fine del 1999 sulla materia, e all’istituzione dei tribunali metropolitani (di cui sono stati già approvati i decreti delegati con il conseguente rispetto dei termini della delega da parte del Governo) con riferimento ai quali sarà entro breve tempo fissato l’inizio dell’operatività e per i quali si tratta ora di definire gli organici dei magistrati e del personale amministrativo (che dovrà essere assegnato sia ai tribunali di nuova istituzione - Tivoli, Giugliano, e alle sezioni distaccate di Ostia e Poggio Mirteto - sia ai tribunali - Torino, Milano e Palermo - nei quali si sono apportate sensibili modifiche all’organizzazione degli uffici e alle circoscrizioni esistenti). La soluzione operativa, pienamente condivisa dal CSM, è quella di graduare il trasferimento di dotazione organica dagli uffici dei capoluoghi agli uffici che hanno visto aumentare le competenze. Inoltre, per i due tribunali di nuova istituzione si è deciso di rendere operativo il D.M. 7/4/2000 soltanto a partire dalla data in cui sarà emanato il decreto che, ai sensi dell’articolo 7 comma 5 del decreto legislativo, fisserà l’inizio di operatività dei nuovi uffici. Si è poi provveduto a formare una proposta di variazione per le dotazioni organiche del personale amministrativo, compreso quello degli Uffici Notificazione Esecuzione e Protesti (UNEP): proposta poi sottoposta alle associazioni sindacali, sulla base anche delle osservazioni fatte pervenire a richiesta dai presidenti di corte d’appello e dai procuratori generali dei cinque distretti. Su questa base complessiva si sta predisponendo un procedimento conclusivo per le nuove piante organiche. Una delle questioni più spinose per l’operatività di queste strutture sono poi le dotazioni edilizie: una attenzione specifica sarà riservata agli uffici di nuova istituzione, poiché la soluzione degli aspetti di natura edilizia costituisce la principale condizione per l’inizio dell’operatività dei nuovi tribunali. A tal fine verrà chiesta la necessaria collaborazione alle amministrazioni locali, per la sollecita predisposizione dei necessari immobili. Parimenti, per quanto riguarda la competenza penale del giudice di pace, al più presto si perverrà all’inizio dell’attività della magistratura onoraria in campo penale. Lo schema del decreto legislativo è quasi pronto per essere presentato di fronte alle competenti commissioni parlamentari oltre che al CSM in modo da rispettare i tempi della legge delega. Il processo avanti al giudice di pace, nel rispetto dei principi della delega, valorizzerà al massimo il fattore di celerità e immediatezza con una procedura semplificata pur garantendo i principi costituzionali del "giusto processo" Le competenze sono state precisate in maniera tale da evitare scompensi con le altre competenze penali dei magistrati ordinari. Per quanto riguarda, inoltre, l’adeguamento del sistema processuale ai principi del "giusto processo" introdotti in Costituzione, esso è ora all’esame della Commissione Giustizia della Camera. Di esso va affrettata l’approvazione per evitare che persista il più volte denunciato vuoto normativo di attuazione e che la magistratura si trovi di fronte a eccessive difficoltà interpretative. L’efficienza del servizio giustizia è certo un problema di procedure, ma riguarda anche la quantità e la qualità delle risorse. In questo senso è volontà del Governo approvare rapidamente il disegno di legge sull’aumento dell’organico e sulla nuova disciplina concorsuale - pur rimanendo alcune diversità di valutazione su aspetti di merito tra l’amministrazione e il CSM - ma anche dare corso al bando di concorso. Accogliendo infatti la sollecitazione espressa nelle deliberazioni del CSM, si è deciso di pubblicare un bando di concorso in tempi rapidi, con le preselezioni già in autunno, senza aspettare la modifica della legge, ma intervenendo solo con piccole modificazioni regolamentari. Per quanto riguarda la nuova normativa, strettamente connessa alla rapida approvazione del d.d.l. è l’allestimento, entro qualche mese, di due sedi decentrate per l’espletamento delle preselezioni informatiche. L’esigenza di un aumento dell’organico ha due motivazioni: primo, l’aumento può fungere da moltiplicatore dei miglioramenti apportati dai provvedimenti di riforma; secondo, in questo modo sarà possibile riequilibrare l’asimmetria sussistente tra ruolo organico della magistratura e piante organiche degli uffici giudiziari (istituendo più posti per gli uditori in tirocinio, i posti per i magistrati applicati alla Cassazione e alla procura generale, e un organico per i fuori ruolo). Con questa proposta si intende, inoltre, introdurre nell’ordinamento un meccanismo che, attraverso un sistema immediato e precostituito di sostituzione, assicuri la continuità del servizio mediante la destinazione all’ufficio ove si è verificata l’assenza di un magistrato per impedimento di un magistrato "distrettuale" supplente, mobile nell’ambito del singolo distretto al quale è destinato. All’aumento dell’organico si accompagna poi la modifica dell’attuale disciplina del concorso per uditore giudiziario, per ridurre e accelerare i tempi di espletamento - mantenendo peraltro la prova scritta e anonima - e per precisare taluni aspetti che hanno dato luogo a fraintendimenti e questioni approdate davanti al giudice amministrativo; si introduce inoltre una specifica modalità concorsuale finalizzata a consentire al sistema giustizia di avvalersi in via stabile e permanente delle migliori professionalità maturate in ambito forense. Per ciò che attiene all’aumento della dotazione organica del personale amministrativo, si punterà da subito sulla valorizzazione dell’intesa raggiunta con il contratto collettivo integrativo, predisponendo lo schema di decreto — d’intesa con la Funzione pubblica e il Tesoro — per arrivare il più rapidamente possibile al conseguente DPR. Per quanto riguarda i cosiddetti lavoratori socialmente utili, data la loro importanza nell’organizzazione del lavoro degli uffici giudiziari, il Governo ha presentato il 19 maggio 2000 il disegno di legge n. 6998/C che pone, quale requisito per la stipula di contratti, la partecipazione del lavoratore a progetti aventi scadenza successiva al 1 aprile 2000. Contestualmente si è richiesto alla Funzione Pubblica di prevedere nel programma di assunzioni del 2000 il potenziamento dell’organico dell’Amministrazione Giudiziaria di 1000 unità di profilo amministrativo. Un moderno sistema giudiziario richiede il riconoscimento del ruolo dell’avvocatura che tenga conto della specificità e dell’unicità del servizio di utilità pubblica e sociale svolta dall’attività forense. La disciplina delle astensioni degli avvocati costruisce però un problema estremamente delicato. Da una parte le astensioni (non solo quelle proclamate a livello nazionale, ma in particolare quelle attuate da consigli dell’ordine locali, a volte per periodi lunghissimi) producono effetti paralizzanti sull’amministrazione, dall’altro è però necessario trovare una soluzione concordata. Riconoscendo la specificità dei problemi connessi alla particolare natura dell’attività svolta dai professionisti del foro, il ministero aveva aperto un tavolo di confronto dal quale ci si aspettava risultati positivi. Il dialogo è proseguito con alterne fortune. E’ necessario riprendere le fila del discorso. Ciò, anche in recenti importanti incontri, ho cominciato a fare e di ciò un impegno ovviamente a tenere informato il CSM secondo le consuete forme collaborative. Per ottenere un servizio più efficiente è però anche indispensabile razionalizzare e selezionare il ricorso alle aule di giustizia. Abbiamo bisogno di più magistrati, ma anche di destinare la loro qualificata professionalità a casi che giustifichino realmente il ricorso ad un bene prezioso come la giurisdizione. Ciò è assolutamente evidente per quanto riguarda il settore civile, dove il sovraccarico della giurisdizione è prodotto anche dalla mancanza di altre sedi di risoluzione dei conflitti. E per questo occorre ampliare il ricorso a forme extragiudiziali e di concertazione arbitrale dei conflitti, direzione verso la quale il governo intende con decisione muoversi. La sicurezza dei cittadini, che costituisce un bisogno fondante della convivenza civile, non è garantita dalla quantità delle sanzioni e dalla possibilità astratta di ricondurre ogni minima infrazione ad un precetto penale, agitando lo spettro di una punizione che poi in realtà è solo ipotetica e paradossalmente in grado di intimorire soprattutto il cittadino già rispettoso delle regole. Occorre che il singolo cittadino abbia fiducia in istituzioni capaci di rispondere con efficacia quando sono realmente lesi in modo grave diritti fondamentali, quali i diritti costituzionali di libertà, la propria incolumità, le relazioni familiari, il domicilio, il lavoro, i beni, il rapporto con una amministrazione pubblica onesta ed imparziale. Per questa ragione è indispensabile portare a termine gli interventi normativi già proposti con il "pacchetto sicurezza" concepito per rispondere in modo organico e non emergenziale ad un crescente allarme sociale, rafforzando sul territorio la presenza investigativa della polizia giudiziaria, ampliando i casi di giudizio immediato per direttissima, rendendo più difficile l’accesso alla libertà per i soggetti ritenuti particolarmente pericolosi. Al tema è collegato anche il dibattito in corso sulle modifiche alla legge Simeone in materia di misure alternative alla detenzione. Il ministero, pur avendo contribuito costruttivamente all’approvazione della legge, i cui principi sono coerenti con quelli della 1. 3 54/75 (legge Gozzini), che rimane nelle linee ispiratrici un punto di riferimento indiscusso, sostiene l’introduzione di alcuni correttivi la cui necessità è stata messa in evidenza proprio dall’applicazione pratica della legge. Tali correttivi mirano ad evitare, mediante la "notifica" e non la "consegna" dei provvedimenti relativi all’esecuzione l’inutile dispersione di attività da parte delle forze di polizia e la posizione di particolare favore in cui vengono a trovarsi latitanti e irreperibili, a far sì che la sospensione dell’esecuzione della pena privilegi in primo luogo i "rei primari" e non i recidivi. Sul punto occorre segnalare che ad alcune delle disfunzioni nell’applicazione della legge può porsi significativo rimedio anche attraverso misure organizzative e amministrative, in atto e allo studio. In particolare, l’aggiornamento e la riorganizzazione dei casellari giudiziari, consentendo la verifica tempestiva dei precedenti penali (condanne definitive) e delle pendenze (procedimenti in corso), permetterà di evitare la concessione indebita di sospensioni di esecuzione della pena e concessione dei benefici a pluricondannati e, garantendo la verifica dell’identità certa dell’imputato, eviterà che, attraverso l’uso di false generalità, la stessa persona possa godere indefinitivamente del trattamento riservato agli incensurati. E naturalmente è parte importante ed essenziale di una efficace strategia della sicurezza nella legalità dare piena e concreta attuazione alle misure predisposte contro la mafia e la criminalità organizzata, a partire da una puntuale applicazione del 41 bis. Dieci istituti penitenziari sono stati predisposti con sezioni riservate per detenuti sottoposti al 41 bis. L’avvicinarsi della scadenza del 31 dicembre 2000 imporrà al governo e al Parlamento una scelta su questi temi, che dovrà in ogni caso tenere conto dell’efficacia dimostrata dallo strumento e della sua insostituibilità nella lotta alla criminalità organizzata. Per quanto riguarda le videoconferenze, la possibilità di avvalersi di questo strumento scade anch’essa il 31 dicembre: tale strumento, che è complementare al funzionamento del 4lbis, ha richiesto ingenti risorse finanziarie e per la sua novità suscita anche a livello internazionale estremo interesse. Ed è intenzione del Governo sottoporre al Parlamento la opportunità di una estensione dell’utilizzo delle videoconferenze ad un più ampio spettro di procedimenti. Da alcuni anni il tema dei procedimenti per fatti di criminalità organizzata si collega direttamente a quello dei collaboratori di giustizia. Sarà impegno del Governo assecondare il Parlamento nel portare a termine la nuova legge che ne disciplina le modalità di protezione oltre che il trattamento sanzionatorio e processuale. L’accordo tra maggioranza e opposizione su questo terreno e la decisione di costituzionalizzare il "giusto processo" nell’articolo 111 della Costituzione evidenziano una volontà di ribadire nella sede normativa più autorevole i principi della parità tra le parti processuali, della terzietà e imparzialità del giudice. Promuovere la parità tra le parti richiede al tempo stesso di rimuovere quell’ostacolo all’accesso alla giustizia rappresentato oggi dall’onere economico richiesto per la difesa in giudizio. Diventa perciò prioritaria una nuova legge sul gratuito patrocinio e sulla difesa d’ufficio, che superi il requisito di non abbienza per sostituirlo con quello di onere del processo rapportato al reddito familiare dell’utente. E, al tempo stesso, occorre dare maggiore incisività al ruolo del difensore attraverso la nuova disciplina delle indagini difensive. La razionalizzazione del ricorso alla giurisdizione avrà necessarie ricadute anche sul mondo penitenziario. Un mondo difficile, dove la vita quotidiana di tutti i protagonisti è sovraccarica di tensioni che possono in qualunque momento esplodere in forme violente, come è avvenuto recentemente nel carcere di Sassari. Un mondo dove sono presenti 54mila detenuti per 4Omila posti disponibili, ed un terzo di essi è recluso per fatti connessi alla droga e un quarto è costituito da cittadini extracomunitari, il che sollecita a rafforzare la strategia di circuiti differenziati, capaci di aderire più efficacemente a esigenze trattamentali assai diverse. Circuiti differenziati che, insieme ad una politica di edilizia penitenziaria, siano in grado di alleviare l’attuale pesante condizione di disagio, causa di sofferenza — che si aggiunge alla pena — per i detenuti e per il personale causa di appesantimento di condizioni di lavoro già difficilissime. Credo che sia dovere del Governo e del Parlamento proseguire un’ azione di riforma che abbia al suo centro l’obiettivo di un sistema penitenziario degno di un paese civile. Per conseguire tale obiettivo è essenziale concentrare il ricorso al carcere per i reati che presentano reale pericolosità sociale, riservando invece agli altri reati altre forme di pena e di sanzione. Il che richiede anche che si verifichi fino a che punto la depenalizzazione operata in questi anni sia stata efficace e, come ho già detto, se esistano margini per un’ulteriore depenalizzazione per reati che non destano allarme sociale. Ecco perché nel contesto più organico del già citato provvedimento sulla competenza penale del giudice di pace, che con l’estate sarà legge dello Stato, troverà la sua più naturale anche collocazione la nuova disciplina delle pene alternative alla detenzione. Perché anche il carcere, come la giurisdizione, è un servizio oneroso per la collettività. Come ho detto, l’applicazione di pene detentive merita di essere circoscritta ai soli fatti che attentano alla sicurezza sociale e ai soggetti la cui pericolosità risulta accertata. D’altro canto non solo il ricorso alle sanzioni sostitutive ma l’estensione della sperimentazione di forme di mediazione penale, già operata con successo nel settore minorile, apre prospettive significative. Per ciò che attiene alla giustizia minorile, accanto al nuovo regolamento di attuazione dell’ordinamento penitenziario, l’introduzione di un regolamento penitenziario minorile e la copertura degli organici destinati all’attività trattamentale, dovrebbero contribuire a restituire serenità ad una realtà che necessita più che di interventi emergenziali, di meccanismi strutturali di decongestione e soprattutto di attività trattamentali, finalizzate al recupero del minore e al suo successivo reinserimento. La scelta di fare dei bisogni del cittadino il fulcro della riforma del sistema giustizia rende assolutamente prioritaria l’esigenza di portare a compimento l’opera avviata nel settore civile. Il giudice monocratico, operativo già dal 1995, si è armonicamente inserito nella riforma del giudice unico, di cui costituiva un primo tassello. Le sezioni stralcio, avvalendosi anche del prezioso contributo dei giudici onorari aggregati, stanno riducendo con sensibile progressione l’arretrato: pur risultando nel 1999 coperto solo un terzo dell’organico degli uffici dei giudici onorari aggregati (con conseguente assegnazione dei vecchi procedimenti ai giudici ordinari, che non possono così dedicarsi alle nuove sopravvenienze) è possibile rilevare, anche se la durata media dei procedimenti rimane assai alta, un rapido e netto miglioramento. Con il recente aumento del numero dei giudici onorari aggregati, reso possibile dall’impegno del CSM, sarà potenziata la capacità degli uffici di esaurire le cause ancora pendenti. Sotto l’aspetto dei giudici di pace la percentuale delle impugnazioni di questi provvedimenti rimane modestissima. Occorre però prestare la massima attenzione ai primi segni di affaticamento di questo istituto, per evitare che essi vengano amplificati all’imminente attribuzione effettiva di competenze penali, e porre mano ai correttivi già ipotizzati. E’ altresì in corso con Il CSM un confronto sulla messa a regime di questo istituto: il Governo si impegna a continuare questo confronto per poter formulare una proposta congiunta entro l’anno. Se possibile ancora più urgente che per il settore penale è la riduzione dell’area della giurisdizione nel settore civile, con l’istituzione di sistemi alternativi di risoluzione delle controversie civili e l’introduzione di camere di conciliazione, utili per realizzare una collaborazione produttiva tra magistratura e avvocatura, recependo nel nostro ordinamento una tendenza già presente in altri paesi europei. In questo senso si muove il disegno di legge che il Ministero della Giustizia ha già predisposto sui sistemi alternativi di risoluzione delle controversie civili (ADR), che introduce un servizio di informazione e consulenza legale tale da trasformare gli stessi uffici giudiziari in sedi più aperte e predisposte all’accesso da parte dei cittadini. Col medesimo disegno di legge si intendono poi introdurre modifiche nel codice di procedura destinate a velocizzare i tempi della giustizia civile. Tuttavia, l’attuale situazione di congestione soprattutto della giustizia civile rende necessaria l’approvazione del già richiamato disegno di legge Pinto 3813S che prevede un’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo. Ciò non solo per rispondere alle sollecitazioni della Corte Europea di Strasburgo, ma anche per dare, da parte dell’amministrazione, una risposta, seppur parziale, ad un deficit reale. Sotto la spinta dell’evoluzione dei sistemi economici sta mutando il quadro delle situazioni soggettive che richiedono l’intervento del giudice e le esigenze a cui tale intervento deve far fronte. Per esempio, è esigenza di un moderno sistema paese europeo adeguare alla nuova economia il diritto societario e quello fallimentare. Per quanto riguarda il primo, è già stato approvato in Consiglio dei Ministri e trasmesso al C.S.M. lo schema di legge delega, frutto di un lavoro di lungo respiro, assolutamente non condizionato da qualunque legame con l’attualità politica, portato avanti in modo meritorio e tenace dalla Commissione Mirone. Per quanto riguarda il diritto fallimentare, invece, è in avanzata fase di elaborazione uno schema di legge delega. Un’altra priorità nella ricerca dell’efficienza dell’amministrazione verso il cittadino è costituita da una adeguata e moderna riforma del suo stesso funzionamento e della sua struttura. Una significativa tappa del disegno di innovazione è in fase di realizzazione con l’attuazione della riforma del Ministero, dettata dal decreto legislativo 3 00/99, che finalmente supera l’attuale ordinamento, risalente al Regio Decreto del 1927. Per quanto qui più direttamente interessa, la nuova normativa razionalizza le strutture ministeriali, concentrando in un unitario Dipartimento dell’Organizzazione e dei Servizi tutte le responsabilità di gestione delle risorse umane, materiali e strumentali, e riducendo il numero dei magistrati. L’amministrazione è disponibile a concordare con il CSM il graduale rientro dei magistrati in conformità alle nuove previsioni. Il regolamento di attuazione della decreto legislativo, ormai alla sua definizione, tradurrà in pratica l’impostazione di riordino voluto dalla legge delega "Bassanini" n. 5 9/97. Completerà la riforma l’attuazione del decentramento del Ministero previsto dal d.d.l. 32 15/5, già approvato dalla Camera dei deputati ed oggi al Senato, che intendiamo accelerare. Una riforma tanto più efficace in quanto si accompagna ad uno sforzo straordinario di informatizzazione di tutta l’amministrazione, con riflessi anche sul miglioramento dell’offerta di sicurezza, in particolare per quanto riguarda la realizzazione del fascicolo informatico e l’aggiornamento e la riorganizzazione del casellario giudiziario. Rimane però centrale, per realizzare un servizio moderno e funzionante, il problema della dirigenza. Non tratto qui gli aspetti di amministrazione della giurisdizione, ma quelli propriamente organizzativi ai sensi dell’art. 110 della Costituzione. Questo perché le società complesse di oggi impongono con forza propria, e in modo indifferibile, il parametro della qualità dei servizi, che presuppone una specifica cultura delle tecniche e della gestione delle risorse. Si tratta di un’esigenza alla quale occorre dare una risposta adeguata, se non si vuole arrivare al blocco di un sistema concepito in altri tempi per dare risposte prevalentemente quantitative. Tale risposta richiede il superamento di ogni concezione meramente amministrativa della dirigenza, puntando sulla formazione e la responsabilizzazione dei dirigenti (magistrati ed amministrativi), attraverso anche una forte collaborazione tra CSM e Ministero per la formazione dei dirigenti degli uffici giudiziari, necessaria per un equilibrata gestione del sistema di controllo di gestione obbligatorio anche per l’amministrazione giudiziaria dopo il D.Lgs. n. 296/99. Allo scopo si potrebbe designare una commissione mista Ministero-CSM. Un esempio di questo nuovo tipo di collaborazione tra Ministero e CSM, reso urgente dal cambiamento della cultura della qualità del servizio, è il gruppo misto che sta operando nel campo della statistica giudiziaria, con incontri a cadenza settimanale e con spirito di effettiva collaborazione. Grazie a tale collaborazione è stato raggiunto un primo importante risultato concernente il settore civile, e cioè la individuazione di metodologie e contenuti standard per le iscrizioni delle cause civili presso i tribunali. Ottenuto il consenso del Consiglio Nazionale Forense, con cui sono in corso incontri di lavoro, sarà possibile ottenere informazioni sui flussi e sulle caratteristiche dei procedimenti civili in modo uniforme sul territorio nazionale e, quindi, informazioni attendibili e comparabili. Analoga cooperazione sta iniziando per il settore penale, così come una particolare attenzione il Ministero sta dedicando, sia mediante la collaborazione al lavoro di analisi sia mediante l’assegnazione di un collaboratore statistico al CSM, a una migliore gestione delle tabelle degli uffici giudiziari e delle preziose informazioni raccoglibili in quella sede. Del resto questa amministrazione è fortemente convinta della necessità di corrispondere a questa esigenza, e sta investendo molto nella formazione anche del personale amministrativo, secondo anche le linee guida del contratto integrativo sottoscritto il 5 aprile scorso. Per meglio utilizzare tutte le potenzialità interne all’amministrazione giudiziaria e accrescere lo sviluppo professionale del personale amministrativo, è stata introdotta, per ora a titolo sperimentale come "posizione organizzativa" (in numero di 1.200), una nuova figura professionale, particolarmente qualificata nella attività di studio e di ricerca, che assista il magistrato nella preparazione e nella esecuzione dell’attività giurisdizionale. A tal fine è stata prevista una adeguata indennità economica. Si tratta di un’innovazione di enorme rilievo, che anticipa per via contrattuale un segmento significativo dell’ufficio del giudice e realizza l’esigenza da tutti condivisa di sostenere e potenziare quantitativamente e qualitativamente l’attività dei magistrati requirenti e giudicanti per accrescere la risposta di giustizia alle domande dei cittadini. E’ stata pure prevista la possibilità - incentivata economicamente- di svolgere lavoro pomeridiano negli uffici giudiziari in via ordinaria, al fine di meglio utilizzare le risorse immobiliari e strumentali esistenti, che oggi sono solitamente utilizzate soltanto per sei ore al giorno. L’applicazione del nuovo contratto produrrà nuove potenzialità per l’amministrazione, la cui traduzione nella concreta vita giudiziaria chiama in causa la capacità organizzativa dei dirigenti degli uffici, nonché la disponibilità di magistrati e avvocati di realizzare nuovi moduli organizzativi, in linea con le esigenze dei cittadini e secondo standard da servizio pubblico europeo. Per questo la creazione di commissioni miste tra avvocati e magistrati (es. Milano e Bologna) con finalità di confronto sugli aspetti organizzativi è una esperienza da incoraggiare. Per quanto riguarda le problematiche relative ai limiti temporali previsti per il fuori ruolo dei magistrati, il Ministero non pone assolutamente discussione i principi enucleati da codesto Consiglio Superiore sulla specifica materia. Il criterio di graduale richiamo in ruolo indicato nella circolare 7361 del 27 aprile 1994 è quindi da condividere, pur nella necessità- che so essere condivisa dal Consiglio — di procedere a valutazioni che tengono comunque conto del ruolo ricoperto dai singoli all’interno del Ministero e della straordinarietà del momento connessa al già avviato riassetto della struttura organizzativo-funzionale del Ministero, (e alla prevista riduzione a 50 più 21 del numero di magistrati utilizzabili). La gradualità, personalizzata, nel ricollocamento è tanto più necessaria nel caso di incarichi all’estero, dove la mancata continuità avrebbe anche il costo aggiuntivo di una caduta della credibilità internazionale del nostro paese. In riferimento, infine, alle ispezioni ordinarie in materia di produttività dei magistrati e ai differenti apprezzamenti in ordine ai suoi criteri di valutazione, ritengo che potrebbe essere molto utile un incontro tra i responsabili dell’Ispettorato generale e le commissioni consiliari competenti, al fine di individuare i migliori criteri d’accertamento ispettivo e la loro rispondenza agli orientamenti emersi dalle sentenze della sezione disciplinare del CSM e dalle sezioni unite della Corte di Cassazione. Se anche l’amministrazione della giustizia non potrà che continuare ad essere competenza primaria dello Stato, una sua efficiente gestione richiede e richiederà sempre di più un rapporto di sempre più ampia collaborazione tra il Ministero della Giustizia e il sistema dei poteri locali, tanto più in una prospettiva di riforma federalista dello Stato. A questo fine il Ministero della Giustizia intende darsi un apposito strumento, proponendo alle regioni — come già si è fatto per la Regione Lombardia la sottoscrizione di veri e propri "Protocolli di cooperazione" che, individuando specifici obiettivi e programmi di azione consentano un comune impegno nella direzione di un sistema giustizia più efficiente. Per quanto riguarda la sfera d’attività internazionale, sono in fase di elaborazione, in attuazione delle conclusioni di Tampere, iniziative sui temi indicati da parte italiana come prioritari, quali la istituzione di un primo nucleo di autorità giudiziaria comune (Eurojust), l’elaborazione di uno statuto europeo delle vittime, quella di una incentivazione dei meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie civili. In ambito ONU, il Ministero è impegnato nella definizione della convenzione contro il crimine organizzato transnazionale, che sarà sottoscritta a Palermo a fine anno. Sicurezza ed efficienza rappresentano, come ho detto in apertura, le chiavi per offrire una nuova politica della giustizia che sia strutturata per fornire un servizio, possibilmente in tempi rapidi, e che non renda più il cittadino ostaggio di inefficienze e ritardi. Questo è un paese nel quale, quando si pone un problema, ancora in troppi pensano che si possa risolverlo facendo una nuova legge o ricorrendo ad un giudice. Abbiamo bisogno di affermare una cultura opposta: meno leggi, attraverso un diffuso processo delegificazione che favorisca e incentivi sempre di più gli strumenti amministrativi e organizzativi lungo la strada di riforma della pubblica amministrazione avviata in questi anni; e meno sentenze, a favore di un’amministrazione della giustizia che si concentri sulla tutela dei diritti essenziali dei cittadini e sulla repressione dei reati che rappresentano effettivamente un pericolo per l’ordinata convivenza della società. Avvertiamo tutti come l’opinione pubblica chieda alla politica di occuparsi non solo della Giustizia, con la "G" maiuscola, ma anche e soprattutto della concreta giustizia di cui i cittadini hanno bisogno: leggi più chiare, processi più brevi, sentenze e pene più efficaci, una giustizia "amica" a cui il cittadino possa rivolgersi facilmente e con fiducia. Per questi obiettivi sento il dovere di lavorare, come ministro della Giustizia, investito di tale responsabilità in una fase così delicata.