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FAMIGLIA – SCUOLA – SALUTE PSICOSOMATICA
Sede: Piazza Trasimeno n.2 - 00198 Roma – Tel. 06/84.14.142
“L’AUTOSTIMA NEI NOSTRI FIGLI”
Il ruolo della famiglia e della scuola
A cura del Prof. Antonio Popolizio e della sua équipe
L’importanza del fattore “AUTOSTIMA” è sempre più avvalorata soprattutto
da coloro che con i bambini ed i ragazzi ci lavorano. E’ infatti difficile stare a stretto
contatto con i bambini/ragazzi e non preoccuparsi dei loro stati emotivi.
Nel mese di novembre scorso, un ragazzo di anni 11 si è rivolto al nostro Centro con un
forte stato d’ansia. Stava già prendendo un ansiolitico comune da alcuni mesi, ma la sua agitazione
non riusciva a tenerla sotto controllo. Aveva degli stati d’ansia durante la giornata con punte più
alte quando era a scuola e soprattutto se veniva interrogato, meno quando era impegnato nelle
attività extrascolastiche.
Il ragazzo aveva una sorella di 16 anni molto brava a scuola e la sua famiglia era presente e
seguiva da vicino i propri figli in particolare lui nel passaggio dalle elementari alla prima media
poiché aveva iniziato a presentare inaspettatamente un insuccesso scolastico quando nelle
elementari era tra i primi della classe.
Ha iniziato il suo percorso scolastico di I media con voti mediocri a causa di un'autostima di
base insufficiente; il passaggio da un insegnante unico che ormai lo stimava a una scuola media con
più insegnanti che non lo conoscevano e lo giudicavano da capo, non lo hanno aiutato a riprendere
fiducia in se stesso.
Attraverso un percorso di potenziamento è stata scoperta la causa del suo insuccesso
scolastico. La sua mancanza di autostima di base era nata dal confronto con la sorella bravissima
(che lui stesso si era creato) e una maturazione della fiducia in sé non ancora raggiunta in tutti i
settori di vita, lo hanno bloccato alle prime difficoltà e lui ha pensato di non farcela.
Ha effettuato una serie d'incontri per ricostruire un'autostima di base (non solo quella
scolastica) basati soprattutto sulla scoperta delle sue potenzialità e attraverso il test d’orientamento è
emerso
che
aveva
un
talento
matematico
a
prescindere
dai
risultati
scolastici.
Ha iniziato così a credere nelle sue capacità e ad avere buoni risultati in matematica che via via
sono andati ad aumentare la sua fiducia anche nelle altre materie raggiungendo così un'autostima di
base buona attraverso il nostro metodo della "psicologia positiva”.
Mario (nome inventato per motivi di privacy) ha terminato la terza media con buoni risultati,
ma è tornato a trovarci per scegliere la scuola superiore avvalendosi del nostro Test d'orientamento
e di una nostra consulenza.
Oggi, più che in passato, il concetto di autostima è sotto le luci della ribalta
tanto che si possono trovare numerose pubblicazioni per genitori, insegnanti,
terapeuti e per gli stessi bambini. Le scuole stanno iniziando a far comprendere ai
bambini l’importanza di essere consapevoli delle proprie qualità.
E’ però facile fare confusione quando si pensa all’autostima dei bambini;
spesso manca chiarezza perché “autostima” e “concetto di sé” sono spesso usati in
modo interscambiabile. Anche il legame tra causa ed effetto, come sottolineato da A.
Pope, è molto difficile da capire: è una bassa autostima che causa problemi o sono
i problemi che contribuiscono a far vacillare il senso del proprio valore
personale? Ma la domanda cruciale è
Cosa si può fare per aiutare i bambini ed i ragazziche non hanno autostima
sufficiente per migliorarsi?
Cercheremo in questo eBook, rivolto ai genitori, di capire come rispondere a
questa domanda e, più in generale, come aiutare i propri figli a sviluppare una sana
autostima.
Che cos’è l’autostima?
L’autostima va prima di tutto differenziata dal concetto di sé.
CONCETTO DI SE’
=
E’ la costellazione di elementi a
cui una persona fa riferimento
per descrivere se stessa. Es: un
bambino può vedersi come un
calciatore, come l’amico di…,
come uno studente, etc.
AUTOSTIMA
E’ una valutazione circa le
informazioni
contenute
nel
concetto di Sé, e deriva
daisentimenti del bambino nei
confronti di se stessoin senso
globale.
Quindi l’autostima di un individuo è basata sulla combinazione di:
1) Informazioni oggettive riguardanti se stesso
2) Valutazione soggettiva di quelle informazioni
SE’ PERCEPITO = Concetto di Sé: Una visione
oggettiva di quelle abilità, caratteristiche
AUTOSTIMA
e qualità che sono presenti o assenti.
SE’ IDEALE: E’ l’immagine della persona che
Desideriamo essere, il desiderio convinto
di possedere determinate qualità.
Ladifferenza tra Sé Percepito e Sé Ideale può essere una delle cause della
mancanza di Autostima
Per esempio, un bambino che dà valore al successo scolastico (Sé Ideale) ed è
un bravo studente (Sé Percepito) sarà soddisfatto di se stesso. Al contrario un
bambino il cui Sé Ideale consiste in una grande popolarità tra i compagni, ma nella
realtà ha pochissimi amici, soffrirà di bassa autostima.
Ma cosa si intende con “alta” e “bassa” autostima?
Un’alta autostima viene considerata una visione “sana” di sé, avere carenze e
difetti, ma non essere ipercritici nel considerarli. Una persona che ha fiducia in sé
spesso lavora per migliorare le sue debolezze e tuttavia si concede di non riuscire a
raggiungere tali miglioramenti.
Una
autostima
persona
è
con
bassa
essenzialmente
una
persona convinta che ci sia poco in lei
di cui andare fieri.
Ci sono persone con bassa autostima
che
di
frequente
esibiscono
un
atteggiamento artificioso di fiducia in
se stessi, per dimostrare a sé e agli altri di essere “all’altezza”.
Altre persone si ritirano in se stesse, timorose del contatto con gli altri poiché
convinte che alla fine saranno rifiutate.
Una bassa autostima può incidere negativamente solo su alcune parti del Sé. Il
concetto di Sé, e quindi di autostima, sono articolati in vari elementi correlati con gli
aspetti della vita che sono importanti per noi.
Per esempio un bambino, o un ragazzo, che
esprime valutazioni di sé nell’area sportiva,
di partecipazione al gruppo e della riuscita
scolastica, avrà un’autostima globale che
dipenderà dall’importanza che attribuirà a
ciascuna componente: ovvero se attribuisce
valore alle aree in cui è bravo, la sua
autostima globale sarà positiva, mentre una svalutazione di quelle stesse aree darà
come risultato dei sentimenti negativi del sé nel suo complesso.
Alcuni bambini hanno difficoltà ad apprezzare le loro qualità, concentrandosi
su tutte quelle cose che non sanno fare bene. Questi bambini, ovviamente, avranno
maggiori difficoltà con la propria autostima globale, rispetto a quelli che tengono
nella giusta considerazione i propri punti di forza.
Ogni persona da un valore differente alle cose che la riguardano. I bambini ed i
ragazzi, però, tendono ad essere piuttosto simili tra loro rispetto alle caratteristiche a
cui danno valore. Questo perché, generalmente, la loro struttura di vita è simile
(andare a scuola, fare i compiti, stare in famiglia etc.)
Circa 6 mesi fa, si è presentata al nostro Centro una mamma di un ragazzo di 11 anni preoccupata
perché il figlio, nonostante lo studio costante, non riusciva ad ottenere risultati soddisfacenti. Una
psicologa del nostro Centro ha incontrato il ragazzo e parlando con lui ha ipotizzato che la sua
autostima era piuttosto bassa. Il ragazzo non credeva nelle sue capacità e tutti i suoi sforzi
risultavano vani; inoltre il metodo di studio utilizzato non era adeguato per la scuola secondaria di I
grado. Il percorso è iniziato lavorando parallelamente sia sul metodo di studio che sull’autostima.
Al ragazzo è stato spiegato che nella scuola secondaria di I grado la metodologia di studio era
diversa rispetto alla scuola primaria e che era necessario approfondire gli argomenti cercando
insieme le modalità di apprendimento più efficaci per lui. Questo primo obiettivo ha permesso di
mettere delle buone basi per lavorare sull’autostima.
La sua autostima fino a circa un anno prima era piuttosto buona, anche se la timidezza lo
penalizzava nelle relazioni con conseguenze sull’autostima sociale. Gli insuccessi scolastici, però,
hanno aumentato la sua disistima. Il ragazzo ripeteva spesso frasi del tipo: “non ce la faccio…è
tropo difficile…io non le capisco..”.
La Dott.ssadel Centro ha lavorato sulle qualità che gli altri gli riconoscevano, per poi includere pian
piano anche qualità non ancora espresse, ma che gli appartenevano. Lavorando sul piano razionale
il ragazzo ha iniziato a convincersi delle sue capacità. Il suo pensiero emotivo era così forte ed
influente che spesso rinunciava a fare qualcosa ancor prima di iniziare per la paura di non riuscire. I
primi successi scolastici sono stati di rinforzo. Abbiamo lavorato per tutta la prima parte dell’anno
scolastico per consolidare i risultati positivi e accettare, però, anche i risultati negativi, ma la
sicurezza acquisita in se stesso gli hanno permesso di impegnarsi maggiormente in quelle materie
dove era più carente.
Il ragazzo ha compreso che l'autostima è un processo soggettivo e duraturo che lo ha portato a
valutare e apprezzare se stesso tramite l'autoapprovazione del proprio valore personale fondato su
autopercezioni.
E’ possibile considerare l’autostima in quattro ambiti specifici:
SCOLASTICA
SOCIALE
AUTOSTIMA
GLOBALE
FAMILIARE
CORPOREA
I quattro principali ambiti dell’autostima dei figli:
1. AUTOSTIMA SOCIALE (INTERPERSONALE): include i sentimenti
riguardo a se stesso come amico degli altri.
2. AUTOSTIMA SCOLASTICA: riguarda il valore che il bambino, o il
ragazzo, attribuisce a se stesso come studente. Non è semplicemente la
valutazione delle capacità e dei successi scolastici, è invece la misura in cui
percepisce che è “bravo quanto basta”. Se riesce a raggiungere i suoi
standard di successo scolastico (e naturalmente questi standard sono
modellati dalla famiglia, dai compagni e dagli insegnanti), allora la sua
autostima scolastica sarà positiva.
3. AUTOSTIMA FAMILIARE: riflette i vissuti che prova come membro
della famiglia. Se sente di essere apprezzato dalla sua famiglia, che dà il suo
contributo e che si sente certo dell’amore e del rispetto dei genitori e dei
fratelli, avrà un’autostima positiva in quest’ambito.
4. AUTOSTIMA CORPOREA: è una combinazione dell’aspetto fisico e di
capacità. Essa consiste nella soddisfazione che prova rispetto al modo in cui
il suo corpo appare e alle prestazioni che riesce ad eseguire.
5. AUTOSTIMA GLOBALE: è un apprezzamento più generale del sé e si
basa sull’autovalutazione integrata di tutte le componenti della propria
personalità.
Se desideriamo modificare l’autostima di una persona possiamo agire in diversi modi:
1. Possiamo focalizzarci su un particolare ambito problematico (diventare più
ragionevoli).
2. Aiutare a modificare il suo Sé Percepito, affinché possa vedersi sotto una luce
migliore.
3. Possiamo
suggeriread esempio leabilità che migliorerebbero la sua
performance in un particolare ambito.
L’approccio con ogni bambino o ragazzo varierà secondo i suoi bisogni, ma gli
aspetti fin qui considerati costituiscono in genere i punti cruciali su cui indirizzare il
proprio intervento.
LE INFLUENZE DELLA FAMIGLIA – L’autostima Scolastica
L’interesse e le aspettative dei genitori costruiscono la convinzione dei figli di
possedere competenze necessarie per lo svolgimento delle attività scolastiche.
Il coinvolgimento dei genitori nell’apprendimento dei figli può influire
sull’attribuzione causale del successo e dell’insuccesso dei figli stessi.
L’attribuzione di causalità e la conseguente stima di sé contribuiscono alla
formazione di una motivazione intrinseca all’apprendimento e ridurranno la
motivazione del soggetto ad un apprendimento superficiale.
I comportamenti dei genitori verso l’apprendimento dei figli
Benché lo studente sia responsabile in prima istanza del proprio
apprendimento, anche la famiglia ha un ruolo importante da svolgere.
I genitori possono assumere due posizioni estreme riguardo l’apprendimento
del figlio e nello svolgimento dei compiti o dei lavori richiesti dagli insegnanti:
A. CONTROLLO COSTANTE
B. COMPLETO DISINTERESSE
Tra questi due estremi si situa l’apprendimento autoregolato.
Da alcuni dati di ricerca (Flouris, Spiridakis, Campbell 1994) emerge che i
genitori esercitando una minore pressione sui figli affinché studino, offrendo meno
aiuto diretto sia nello studio, sia nel fare i compiti e lasciando loro la facoltà di
disporre del tempo di studio, hanno ottenuto migliori risultati scolastici dei genitori
che controllavano e sorvegliavano eccessivamente i figli nello studio, come pure di
quelli che li lasciavano a se stessi nello svolgimento dei loro doveri scolastici.
Cosa fare per migliorare l’Autostima Sociale? Il ProblemSolving interpersonale.
Anche i bambini si trovano tutti i giorni di fronte a dei problemi; li può ferire la
derisione dei compagni, sono sopraffatti dall’ansia prima di un’interrogazione,
provano l’angoscia del rifiuto e dell’abbandono quando sono esclusi dal gioco etc–
ecc. Spesso ci sono adulti pronti ad aiutarli, ma i bambini possono risolvere molti dei
loro problemi senza l’aiuto costante di un adulto. Basta insegnare loro i passi di un
problem solving efficace.
I bambini cui è stato insegnato il Problem solving
tendono a fronteggiare con maggior efficacia lo
stress e le frustrazioni. L’essere competenti in
fatto di problemsolving sembra abbia anche un
impatto positivo sul rendimento scolastico. A un
livello più generale sembrerebbe che la capacità di
risolvere problemi autonomamente costituisce di per sé una fonte di orgoglio e di
autostima positiva per un bambino.
Nel
Problem
solving
sono
coinvolte
componenti
emotive,
cognitive
e
comportamentali. Le emozioni costituiscono il primo indizio che un problema esiste e
deve essere risolto. Le cognizioni vengono utilizzate per identificare il problema, per
la messa a punto di strategie concernenti le possibili soluzioni e nella scelta della
“soluzione migliore”.
Le abilità comportamentali sono poi indispensabili per portare a termine quanto
programmato.
I passi del Problem-solving:
1. Rendersi conto che c’è un problema, individuando gli stati emotivi correlati.
2. Fermarsi a pensare estabilire qualè il problema.
3. Decidere un obiettivo (quel che si desidera che avvenga).
4. Pensare a molte soluzioni possibili.
5. Pensare alle conseguenze di ciascuna soluzione.
6. Scegliere la soluzione migliore.
7. Fare un piano graduale per attuare la soluzione.
Inizialmente l’adulto accompagnerà il bambino nelle 7 tappe del Problem solving,
aiutandolo a comprendere ogni singola fase,
stimolandolo
con
domande
aperte
nell’identificazione del problema, nella presa di
coscienza delle emozioni in gioco, individuando le
possibili alternative valutandone l’attuabilità.
Questo tipo di strategia potrà poi essere utilizzata,
in modo autonomo, dal bambino in ogni situazione
critica relazionale, scolastica etc.
Nel caso il bambino abbia difficoltà a memorizzare i 7 passi del Problem solving a
causa dell’incapacità di ricordare e manipolare un materiale troppo complesso, il
processo può essere semplificato in quattro passi:
1. Qual è il problema?
2. Quali sono le soluzioni?
3. Che cosa succede se provo questa soluzione?
4. Qual è la soluzione migliore?
Gli Stili di Attribuzione: come modificarli e perché
Quando sperimentiamo un successo o un insuccesso, noi misuriamo la nostra
performance in base ad uno standard interiore. Talvolta questi standard sono
espliciti,:(come per esempio prendere tutti 10 nella pagella), altri possono essere
meno chiari e di cui non siamo pienamente consapevoli. Quando avviene ciò, si
rischia di sentirsi a disagio senza sapere perché.
E’ chiaro quindi che il modo in cui fissiamo gli standard per il nostro
comportamento e l’interpretazione che diamo del risultato avrà un impatto diretto
sull’autostima.
Un’attribuzione è un processo cognitivo mediante il quale si cerca di spiegare
un evento collegandolo a una causa. Questa influisce molto sul modo in cui ci
sentiamo e, conseguentemente, sul nostro agire.
Le dimensioni principali di un’attribuzione sono:
“SITUAZIONALE”
Globale:
Specifica:
“TEMPO”
“Ho sbagliato la prova perché
alle prove vado sempre male”
“Ho avuto un cattivo risultato
perché in matematica vado
sempre male”
Stabile:
“Nella mia vita non sono mai
riuscito in una prova di
matematica”
Instabile:
“Ho sbagliato la prova perché
oggi non misentivo molto bene”
“Ho sbagliato la prova di
matematica, perché non riesco a
capirla”
“LOCUS OF CONTROL”
Interno:
“Ho sbagliato la prova di
matematica perché il compito
Esterno: era troppo difficile”.
Vostro figlio per modificare i suoi stili di attribuzione e quindi gli standard che si
prefigge dovrebbe seguire i seguenti punti:
A. Pensare ad un’area in cui gli capita di fare esperienza di successi e fallimenti.
B. Fare delle affermazioni concrete ed esplicite su ciò che per sé equivale a un
successo e ciò che equivale ad un fallimento. C’è tra questi due estremi un
livello di prestazione, un “campo intermedio”, che corrisponde né ad un
successo né ad un fallimento?
C. Con quale frequenza le sue prestazioni possono definirsi successi? Fallimenti?
Campi intermedi? Quali sono i suoi stati d’animo ogni volta che le sue prove
sono comprese in ciascuna di queste categorie?
D. Riflettere se sente troppo spesso di aver fallito. Se non è così, i suoi standard
sono probabilmente appropriati, in caso contrario passa al punto successivo.
E. Pensare ai possibili modi di modificare i suoi standard, può abbassare il suo
standard di successo, così da sentirsi bene più spesso, o abbassare quello del
fallimento, così da sperimentare con più frequenza la zona intermedia.
F. Esaminare le attribuzioni e le autoaffermazioni che usa dopo le prestazioni, sia
che rientrino nei successi, negli insuccessi o nei capi intermedi. Sarebbe
opportuno che i suoi pensieri lo aiutassero a sentirsi bene col successo, in
modo neutro quando la prestazione ricade nel campo intermedio e deluso (ma
non distrutto) se si è verificato un fallimento.
L’immagine corporea
E’ provato che le idee su noi stessi si basano sul nostro
Sé fisico che comprende sia l’aspetto corporeo sia le
nostre abilità fisiche. Così il rapporto tra concetto
corporeo e autostima muta in maniera significativa nei
vari stadi di sviluppo.Uno dei primi compiti che i
bambini ed i ragazzi devono affrontare è quello di
apprendere a riconoscere se stessi, a distinguere le
proprie abilità motorie, e le relative conseguenze, dal
mondo che li circonda. Si tratta di acquisire il controllo
sul proprio corpo così da sentirsi in grado di guidare le proprie attività. Giunti alla
fanciullezza i bambini hanno acquisito queste capacità e continuano, durante gli anni
scolastici, a sviluppare e rifinire le proprie abilità motorie. Per questo l’immagine che
i bambini piccoli hanno del loro Sé fisico tende a basarsi sulle attività e capacità
fisiche. Ma via via che si avvicinano all’adolescenza la loro immagine corporea si
connette sempre più al loro aspetto esteriore e alle convinzioni che nutrono sul
proprio aspetto fisico. Certo i mutamenti evolutivi della pubertà non rivestono la
stessa importanza per maschi e femmine; le ragazze danno maggior importanza alle
proprie attrattive fisiche nel concetto di sé, mentre i maschi basano maggiormente il
concetto di sé su quello di autoefficacia.
In generale si può affermare che l’immagine corporea dei ragazzi appare
centralerispetto a come vedono se stessi, come vengono trattati dagli altri e come
entrano in relazione con gli altri, per questo è opportuno sollecitarli ad ottimizzare il
proprio aspetto fisico attraverso la scelta degli abiti, l’igiene, l’esercizio fisico. Però è
ancora più importante quel che i preadolescenti e gli adolescenti pensano del proprio
corpo. Studi clinici suggeriscono che alcuni ragazzi si formano un’immagine distorta
di sé e possono giungere a vedersi in termini molto più negativi di come li vedono gli
altri.
Per aiutare i ragazzi ad affrontare serenamente i propri cambiamenti corporei
dobbiamo considerare:
1) Il loro aspetto reale.
2) Gli standard rispetto ai quali vorrebbe apparire.
Alla base di problemi riguardanti la sfera fisica, ci potrebbe essere una mancata
consapevolezza di quale siano gli standard che la maggior parte dei ragazzi considera
accettabili, oppure non aver consapevolezza di come raggiungere questi standard.
Quindi una prima serie di strategie educative potrebbero da un lato aiutare i
ragazzi a essere consapevoli degli standard altrui e dall’altro fargli conoscere i mezzi
con cui diventare più attraenti.
Altra strategia utile è la ri-focalizzazione ovvero aiutare i ragazzi a concentrarsi
sugli aspetti positivi del proprio corpo (sorriso gradevole, corpo armonioso..)
piuttosto che su quello che non va (naso troppo grande..) che lo fa sentire a disagio.
Ovviamente quanto fin qui detto fa riferimento alla sfera dell’autostima, ma
vista l’alta incidenza di disturbi alimentari tra i giovani e i giovanissimici teniamo a
precisare che nonostante la questione dell’autostima possa essere nodale per questi
problemi, i disturbi alimentari non possono ridursi a problemi di autostima ma
costituiscono una forma particolare e generalmente acuta di difficoltà di adattamento,
di cui questo eBook non si può occupare.
Un’altra area che riveste un ruolo importante nel rapporto tra immagine
corporea e autostima è quella della qualità della performance nelle attività fisiche.
Come per le attrattive fisiche anche qui ci sono delle strategie che possono
essere impiegateper migliorare la percezione che i ragazzi hanno di se stessi nell’area
della performance fisica e dell’immagine corporea. Esse includono sia un training
specifico (esempio lezioni per un dato sport) sia modificare gli standard di “successo”
che un ragazzo si è costruito. Un’ottima strategia è quella di insegnare ai giovani
l’importanza di combinare i propri punti di forza con i propri interessi; un ragazzo
basso ed esile non può aspirare a fare pallacanestro o football ma può essere
indirizzato verso il tennis o la ginnastica.
Consigli ai genitori per l’autostima dei figli
Che cosa possiamo fare noi adulti per rendere il più possibile armonica la percezione
che il bambino o il ragazzo ha di sé e migliorare quindi la sua autostima?
POCHI CONCETTI MA CHIARI
Non bisogna fare discorsi troppo lunghi, ma fare riferimento solo all’argomento di
cui si vuol parlare, senza girarci troppo intorno, altrimenti rischiano di entrare in
confusione. Poche cose, chiare, circoscritte e vere, altrimenti il messaggio che arriva
è talmente generico che non solo non capiscono cosa ci aspettiamo da loro o cosa
devono fare, ma non facendo nulla proveranno un senso di inadeguatezza.
DIMOSTRARE AFFETTO
Hanno bisogno di sentirsi accettati e amati. Non lesiniamo le dimostrazioni di affetto
e facciamo capire loro che li amiamo. Come? Con il contatto fisico, che è per loro la
più importante forma di comunicazione. Soprattutto se sono stati separati da noi per
un certo tempo (ad esempio dopo la scuola), non perdiamo l’occasione per
abbracciarli e coccolarli: sentirsi amati fa crescere i bambini più sereni e sicuri di sé.
ELOGIARE IL SUO SFORZO ANCHE SE IL RISULTATO...............
Se gli affidiamo un compito e lui cerca di svolgerlo al meglio delle sue possibilità,
elogiamo il suo sforzo. Sia a casa che a scuola bisogna cercare di premiare più gli
sforzi che il risultato, valorizzare più il miglioramento che la perfezione.
NON SOSTITUIRSI MAI A LUI
Va bene aiutare, accompagnare, sostenere, ma non ci sostituiamo a lui, perché deve
avere la possibilità di sperimentare e di sbagliare. Prendiamo ad esempio i compiti:
non bisogna farli al posto suo, ma è giusto lasciarlo anche libero di sbagliare. E se
prende un bruttovoto, pazienza: un voto tutto suo è sempre meglio di un voto preso in
comproprietà. Altrimenti non diventerà mai autonomo e non acquisirà mai la
consapevolezza di potercela fare da solo.
ESSERE CONVINTI DI QUELLO CHE SI DICE
Quando parliamo, facciamo attenzione non solo a quel che diciamo, ma a come lo
diciamo, ad esempio attraverso la mimica o la postura. È necessario che non ci sia
contraddizione tra il canale verbale e il non verbale, perché più sono piccoli, più i
bambini recepiscono prevalentemente il secondo aspetto. Ecco perché bisogna essere
convinti di quel che si dice, altrimenti si crea confusione e il bambino percepisce
quasi un inganno da parte nostra.
ATTACCARE L’ERRORE NON LA PERSONA
È fondamentale che vostro figlio impari a separare quel che fa da quel che è. Se
commette qualcosa di sbagliato, non è lui sbagliato. Per questo se ad esempio rompe
un bicchiere non bisogna dirgli: “Sei un disastro!” perché in tal modo si colpisce la
sua persona. Meglio dirgli: “Hai fatto un pasticcio!” limitandosi a rimproverarlo per
quello che ha fatto. Allo stesso modo, è sbagliato dire: ”Non sei capace di fare…”,
meglio: “Non hai ancora imparato a capire come si fa…”. Non bisogna punire la
persona, ma il suo errore.
AMMETTERE L’ERRORE QUANDO SI SBAGLIA
Se il genitore si rende conto che un rimprovero è stato eccessivo o che ha preso una
svista, deve avere il coraggio di ammetterlo. A volte si ha paura di sembrare deboli o
di perdere la propria credibilità, ma chiedere scusa non è abbassare la guardia, è un
atto di umiltà, che aiuta il bambino a capire che se si sbaglia si può rimediare – senza
sentirsi sbagliati - ed anche noi “grandi” non siamo invulnerabili o perfetti. Se poi un
giorno siamo nervosi per motivi nostri, meglio dirlo a priori, se no il bambino, che
crede di essere sempre al centro del mondo, si colpevolizza, senza sapere che mamma
e papà possono avere tanti altri problemi.
NON RINVANGARE IL PASSATO
Se un comportamento non va bene bisogna dirglielo, certo, ma non è necessario
rivangare il passato. Inutile ricordare al bambino che anche altre volte ha commesso
quel determinato errore: probabilmente non se lo ricorda, comincia a fare domande
per capire a cosa ci riferiamo e nel frattempo si perde di vista il “qui e ora”. Se
dobbiamo rimproverarlo per situazioni presenti, non cerchiamo collegamenti con
situazioni passate: è inutile se non controproducente.
Conclusioni
Quanto fin qui esposto, vuole essere un piccolo trattato per sollecitare riflessioni atte
ad aiutare i genitori a considerare l’autostima dei propri figli come un importante
elemento, pur ricollocandolo nella giusta dimensione della crescita globale
dell’essere umano, oltre che fornire strategiedi baseper aiutare i ragazzi a sviluppare
e/o rafforzare la loro autostima.
Per consultazioni e incontri di approfondimento
www.cenpisorion.it
Tel. 06/84.14.142
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