l`osservatore romano

Transcript

l`osservatore romano
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004
Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00
L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLII n. 137 (46.083)
Città del Vaticano
venerdì 15 giugno 2012
.
Chiesa
e diritti umani
Moody’s taglia il rating di Spagna e Cipro mentre in Grecia cresce l’attesa per il voto di domenica
Cantiere zona euro
di LUCETTA SCARAFFIA
Il presidente francese propone di affidare alla Bce la vigilanza bancaria e Merkel si dice d’accordo
BRUXELLES, 14. Si fa sempre più
complessa e sfaccettata la situazione
nella zona euro, con la moneta unica
sottoposta a forti pressioni e con alcuni Paesi dalla precaria salute finanziaria, come la Grecia, dove cresce l’attesa per il cruciale voto di domenica prossima. Ieri l’agenzia
Moody’s ha tagliato il rating della
Spagna e di Cipro. Quello di Madrid è stato tagliato di tre livelli: da
A3 è stato portato a BAAA3; quello cipriota da BA1 a BA3. A pesare sulla
valutazione, rilevano gli analisti, sono le tensioni sul debito che aumenteranno dopo il salvataggio da cento
miliardi appena concordato con l’Ue
per le banche, le difficoltà di rifinanziarsi sul mercato con i tassi di interesse sul debito ai massimi storici, la
persistente debolezza dell’economia
iberica. Il presidente del Governo
spagnolo, Mariano Rajoy, ha difeso
ieri, davanti al Parlamento, l’accordo
sul sostegno alle banche raggiunto
domenica. Intanto il presidente francese François Hollande — che oggi,
in visita in Italia, incontra il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti — ha
indicato la prospettiva di un piano
(che sarà presentato al vertice di
Bruxelles a fine giugno) che prevede
di affidare alla Bce la vigilanza delle
banche. Nello stesso tempo si contempla la possibilità, per il futuro
Esm, di intervenire direttamente nella ricapitalizzazione degli istituti di
credito. L’Eliseo non ha ancora confermato ufficialmente l’iniziativa, che
però sembra in linea con la posizione più volta espressa da Hollande in
queste settimane: vale a dire, muoversi verso una sempre maggiore integrazione della zona euro, di cui
proprio l’unione bancaria potrebbe
essere il primo passo concreto.
Nel frattempo si segnala che in
Germania potrebbe prendere piede
l’idea di un’unione bancaria. In questi giorni il cancelliere Angela Merkel è al lavoro per trovare consenso
Position Paper della Santa Sede
al Comitato Preparatorio di Rio+20
Per un’alleanza
tra uomo e ambiente
PAGINA 2
P
La sede del Banco de España a Madrid (Afp)
interno sulla cessione di sovranità, e
ieri il Parlamento ha dato il suo appoggio all’ipotesi di un fondo di riscatto dei debiti pubblici. E sempre
ieri Merkel ha incontrato l’opposizione socialdemoratica e verde, di
cui il cancelliere ha bisogno per approvare, con i due terzi del Bundestag, sia il fiscal compact, sia il trattato costitutivo del meccanismo di
stabilità Esm. Stamane, a proposito
del piano di Hollande, Merkel si è
detta favorevole.
E a Berlino, ieri, Mario Monti ha
ricevuto, dal ministro delle Finanze
tedesco, Wolfgang Schäuble, il premio «Leader responsabile». Il ministro delle Finanze ha affermato che
«l’euro ha bisogno di un’Italia forte». E si è poi detto convinto che
l’economia italiana «si riprenderà nel
2013 se il Paese proseguirà sulla stra-
da del consolidamento fiscale e delle
riforme». Monti ha osservato che
l’Italia non dovrebbe oscillare, come
spesso accade, «tra momenti di euforia irresponsabile e momenti di depressione ingiustificata». Quindi ha
aggiunto: «Non sarei sicuro quale
dei due sistemi bancari, quello italiano e quello tedesco, sia più solido,
tenendo conto di tutti gli elementi
che bisogna considerare».
Pressioni diplomatiche su Mosca
La Francia apre all’uso della forza in Siria
DAMASCO, 14. Si vanno radicalizzando in sede Onu le posizioni diplomatiche sulla crisi siriana. La
Francia ha chiesto ieri esplicitamente di intervenire con la forza per
scongiurare l’allargamento della
guerra civile già in corso in alcune
regioni chiave del Paese. Il ministro
degli Esteri francese, Laurent
Fabius, ha chiesto che l’Onu dichiari obbligatorio il rispetto del
piano di pace messo a punto da
Kofi Annan, ha evocato il ricorso al
Udienza
al direttore generale della Fao
capitolo
settimo
della
Carta
dell’Onu, quello che prevede l’uso
delle armi, ed è tornato a parlare di
imposizione di una zona di non
sorvolo aereo. Gli Stati Uniti hanno fatto nuove pressioni sulla Russia, dichiarando che il presidente siriano Bashir al Assad deve lasciare
il potere e definendo sbagliato il
sostegno che Mosca continua a fornirgli. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha detto che «la comunità internazionale deve agire
velocemente in Siria per aiutare la
popolazione e stabilizzare la regione», specificando che «il processo
di transizione verso la democrazia
non può includere Assad. Per
Assad non c’è futuro in Siria».
La Russia, che ha più volte ribadito il suo no a ogni ipotesi di ricorso alla forza, ha respinto le contestazioni di Washington e Parigi
sulle sue forniture di armi usate dal
Governo siriano nella repressione,
in particolare gli elicotteri militari
di recente usati nelle regioni di
Homs, Hama, Latakia e Idlib. «Si
tratta di materiali difensivi in linea
con i dettami del Consiglio di sicurezza dell’Onu e di altri accordi in-
ternazionali», hanno detto fonti ufficiali a Mosca. Il ministro degli
esteri russo, Serghiei Lavrov, ieri in
visita a Teheran, ha anzi accusato a
sua volta gli Stati Uniti di fornire
armi ai ribelli siriani.
Nel frattempo, nella regione costiera siriana di Latakia l’esercito
governativo ha preso il controllo di
Haffe, la citta di 55.000 abitanti, in
prevalenza musulmani sunniti e cristiani, circondata da villaggi abitati
dagli alawiti, musulmani di confessione sciita. «La zona di Haffe è
stata ripulita da terroristi armati penetrati dalla Turchia», hanno riferito gli organi di stampa ufficiali di
Damasco, mentre i ribelli hanno affermato di essersi ritirati da Haffe
per evitare un nuovo massacro della
popolazione civile. Il giorno prima,
gli osservatori Onu presenti in Siria
avevano provato a raggiungere la
cittadina, ma erano stati costretti a
tornare indietro dopo che ignoti
hanno sparato colpi di arma da
fuoco contro i loro veicoli. L’esercito governativo ha ripreso il controllo anche del centro orientale di Dayr az Zor, al confine con l’Iraq, altra roccaforte della rivolta armata.
y(7HA3J1*QSSKKM( +$!z!.!#!\
Cinque bambini afghani
uccisi ogni giorno
Giovedì 14 giugno, Benedetto XVI
ha ricevuto in udienza il direttore
generale della Fao (Organizzazione
delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), José Graziano
da Silva, il quale, successivamente,
ha incontrato il cardinale Tarcisio
Bertone, segretario di Stato, accompagnato dall’arcivescovo Dominique
Mamberti, segretario per i Rapporti
con gli Stati.
Durante i cordiali colloqui è stato
vivamente apprezzato l’impegno
della Santa Sede e della Chiesa cattolica per combattere la fame e la
povertà, soprattutto nel continente
africano, e rimediare alla preoccu-
pante situazione della sicurezza alimentare mondiale.
Si è quindi rilevato come, nonostante vi siano risorse sufficienti per
soddisfare i bisogni alimentari di
tutto il mondo, persistano ostacoli
di ordine economico, sociale e politico che impediscono di soddisfare
tali bisogni. Si è infine auspicato
che il settore rurale torni ad assumere un ruolo primario nelle strategie
di sviluppo, che siano promossi modelli sostenibili di produzione agricola e di consumo alimentare e che
si garantisca maggiore equità ed efficienza nella gestione del sistema
alimentare.
KABUL, 14. Stime tragiche. Secondo
un rapporto dell’Unicef reso noto
ieri, il conflitto, che da tempo segna l’Afghanistan, provoca la morte, ogni giorno, di cinque bambini.
Si tratta di un rapporto sui bambini
e i conflitti armati, curato su iniziativa del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Il documento
parla di un totale di 1.756 bambini
uccisi o feriti a causa del conflitto
nel 2011. Si denuncia poi che sempre nel 2011, 316 bambini e ragazzi
sotto i diciotto anni, sono stati reclutati dalle parti in conflitto nel
Paese: nella maggior parte dei casi,
dai gruppi armati d’opposizione. I
bambini, afferma il rapporto, sono
stati utilizzati per attacchi suicidi,
per posizionare ordigni esplosivi e
per portare viveri ai gruppi armati.
Da qui l’esortazione a tutti i gruppi
armati d’opposizione a fermare il
reclutamento di bambini e ragazzi.
Nello stesso tempo l’Onu invita il
Governo di Kabul a vigilare su
questo increscioso fenomeno, nonché a far sì che i minorenni non finiscano poi a ingrossare le fila delle
forze di sicurezza nazionali afghane. L’Unicef fa infine appello affinché venga sempre rispettato il diritto umanitario internazionale.
Il cardinale Bertone ha inaugurato
in Polonia
il primo Centro Studi Ratzinger
I figli di Bronisław
SILVIA GUIDI
A PAGINA
arlare di Chiesa e diritti umani — a partire dalla Dichiarazione del 1789 — significa affrontare il nodo del rapporto di
questa istituzione con la modernità. Lo ha ben presente Daniele
Menozzi, che ripercorre con grande attenzione le posizioni prese
sulla questione dalle gerarchie ecclesiastiche nel libro Chiesa e diritti
umani (il Mulino), consapevole che
sul tema vivace, fin dall’inizio, è
stato il dibattito.
I papi dell’Ottocento hanno
condannato la Dichiarazione in
quanto la vedevano, con buone ragioni, come «una via di emancipazione del consorzio civile dalla direzione della Chiesa sulla società».
In sostanza, pensavano che i diritti
degli esseri umani, necessariamente
mutevoli, si opponessero a quelli di
Dio — fondati sulla verità e quindi
eterni — di cui era depositaria la
Chiesa.
Ma le vessazioni politiche ed
economiche a cui molti regimi laici
avevano sottoposto la Chiesa imposero presto una maggiore duttilità: i diritti cominciarono infatti a
venire invocati per ottenere la libertà religiosa e di insegnamento.
Ma la svolta teorica fondamentale
è quella di Leone XIII, che apre ai
diritti economico-sociali, ma anche
all’idea che i diritti umani sono positivi, perché dipendono dalla legge naturale voluta da Dio, custodita dalla Chiesa.
L’obiettivo proposto ai cattolici,
però, non è la realizzazione dei diritti, ma quella, anche sul piano sociale, del regno di Cristo, progetto
che purtroppo si accompagna spesso a posizioni ostili nei confronti
degli ebrei, per i quali si chiede sì
la sospensione di ogni violenza, ma
non l’uguaglianza. Un conflitto tra
verità e libertà, dunque, che di fatto cade davanti alle grandi dittature. Queste fanno riscoprire agli oppositori cattolici — come il vescovo
Clemens August von Galen — l’importanza dei diritti umani. Ma è
anche il loro disprezzo da parte
delle stesse dittature atee a contribuire al rafforzamento, nella cultura cattolica, dell’idea che solo la
fondazione trascendente della persona dà la possibilità di attribuire
all’uomo quel valore assoluto che
sta alla base dei diritti. E lo vediamo — Menozzi però non lo nota —
4
già nella condanna dell’eugenetica,
contenuta nell’enciclica Casti connubii (1930), unica fra le voci autorevoli del tempo.
Le posizioni cattoliche a favore
dei diritti umani — la più rilevante
fu senza dubbio quella di Jacques
Maritain — si moltiplicano durante
e dopo la seconda guerra mondiale, e svolgeranno un ruolo non secondario nella stesura della Carta
del 1948. Ma il vero scoglio alla totale accettazione da parte della
Chiesa è la libertà di coscienza, che
verrà accolta solo da Giovanni
XXIII con l’enciclica Pacem in terris
(1963): i diritti umani vi sono apprezzati come una «tappa di avvicinamento», valida a livello planetario, al «modello ideale di organizzazione del consorzio civile»
proposto dai cattolici.
Da quel momento — grazie anche all’apporto decisivo di Paolo VI
— la Chiesa diventa sincera sostenitrice dei diritti umani, considerati
«punto di riferimento essenziale
per tutelare la dignità della persona». Menozzi rimprovera però a
Giovanni Paolo II e a Benedetto
XVI una involuzione ecclesiocentrica testimoniata, secondo lui, dal richiamo sempre più forte alla legge
naturale di cui è sola interprete la
Chiesa. Accusata in sostanza di
mancanza di aggiornamento e
quindi di un «invasivo ritorno (…)
alla legge naturale a danno dei diritti umani».
Lo storico dimentica che, in questi anni, proprio i diritti umani sono cambiati, aprendosi a una estensione senza limiti della libertà individuale, a cominciare dai cosiddetti
diritti riproduttivi che comprendono anche l’aborto. Allargamento in
cui la Chiesa vede una violazione
del primo diritto, quello alla vita.
Questa presunta involuzione è determinata dunque da ragioni perfettamente comprensibili.
Molto polemico Menozzi è anche verso una ricostruzione storica
da lui considerata apologetica — lo
studioso definisce in questo modo
qualunque posizione non critica —
che vede i cattolici, Benedetto XVI
compreso, attribuire la genesi dei
diritti alla tradizione cristiana. Dimenticando che questa tesi è stata
sostenuta da intellettuali che difficilmente possono essere considerati
apologeti, da Alexis de Tocqueville
a Marcel Gauchet.
NOSTRE INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza le Loro
Eccellenze Reverendissime i
Monsignori:
— Luis Madrid Merlano, Arcivescovo di Nueva Pamplona
(Colombia), in visita «ad limina
Apostolorum»;
— Luis Augusto Castro
Quiroga, Arcivescovo di Tunja
(Colombia), in visita «ad limina
Apostolorum»;
— Jaime Muñoz Pedroza, Vescovo di Arauca (Colombia), in
visita «ad limina Apostolorum»;
— Julio César Vidal Ortiz,
Vescovo di Cúcuta (Colombia),
in visita «ad limina Apostolorum»;
— Jorge Enrique Lozano
Zafra, Vescovo di Ocaña (Colombia), in visita «ad limina
Apostolorum»;
— Omar Alberto Sánchez
Cubillos, Vescovo di Tibú (Colombia), in visita «ad limina
Apostolorum»;
—
Luis
Felipe
Sánchez
Aponte, Vescovo di Chiquinquirá (Colombia), in visita «ad
limina Apostolorum»;
— Carlos Prada Sanmiguel,
Vescovo di Duitama-Sogamoso
(Colombia), in visita «ad limina
Apostolorum»;
— José Vicente Huertas
Vargas, Vescovo di Garagoa
(Colombia), in visita «ad limina
Apostolorum»;
— Misael Vacca Ramírez, Vescovo di Yopal (Colombia), in
visita «ad limina Apostolorum»;
— Héctor Javier Pizarro
Acevedo, Vescovo titolare di
Ceramo, Vicario Apostolico di
Trinidad (Colombia), in visita
«ad limina Apostolorum»;
— Henri Brincard, Vescovo di
Puy-en-Velay (Francia).
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza Sua
Eccellenza il Signor José Graziano da Silva, Direttore Generale della FAO (Organizzazione
delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura), con
la Consorte, e Seguito.
In data 14 giugno il Santo
Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della Diocesi
di Poreč e Pula (Croazia), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Ivan
Milovan, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.
Gli succede Sua Eccellenza
Reverendissima
Monsignor
D ražen Kutleša, finora Vescovo
Coadiutore della medesima
D iocesi.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
Position Paper della Santa Sede in occasione della
III
venerdì 15 giugno 2012
Firma
di Accordo
tra Santa Sede
e Repubblica
di Lituania
sessione del Comitato Preparatorio della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile Rio+20
Per un’alleanza tra uomo e ambiente
1. Introduzione
La Conferenza delle Nazioni Unite
sullo sviluppo sostenibile, Rio+20,
rappresenta un’importante tappa di
un percorso che ha offerto significativi contributi per una migliore comprensione del concetto di sviluppo
sostenibile, così come delle interazioni tra quelli che sono ritenuti i
tre pilastri di tale concetto: la crescita economica, la protezione dell’ambiente e la promozione del benessere
sociale. Detto percorso è cominciato
a Stoccolma nel lontano 1972 e ha
vissuto due momenti cruciali a Rio
de Janeiro nel 1992, con il cosiddetto
Earth Summit, e a Johannesburg nel
2002.
Nell’ambito di questo percorso è
emerso un consenso unanime sul
fatto che la tutela dell’ambiente passa per il miglioramento della vita dei
popoli e, viceversa, che il degrado
ambientale ed il sotto-sviluppo sono
temi tra loro fortemente interdipendenti e vanno affrontati congiuntamente in maniera responsabile e solidale.
In tutti questi avvenimenti internazionali, la presenza della Santa
Sede si è contraddistinta non tanto
nel promuovere determinate soluzioni tecniche alle differenti problematiche poste al conseguimento di un
corretto processo di sviluppo sostenibile, ma soprattutto nel sottolineare come non possa ridursi a problema “tecnico” ciò che tocca la dignità
dell’uomo e dei popoli: non si può,
infatti, affidare il processo di sviluppo alla sola tecnica, perché in tal
modo esso rimarrebbe senza orientamento etico. La ricerca di soluzioni
a dette problematiche non può essere separata dalla nostra comprensione dell’essere umano.
È l’essere umano, infatti, che viene per primo. È bene ricordarlo. È
la persona umana ad essere al centro
dello sviluppo sostenibile. La persona umana, alla quale è affidata la
buona gestione della natura, non
può però essere dominata dalla tecnica e divenirne l’oggetto. Una tale
presa di coscienza deve portare gli
Stati a riflettere insieme sul futuro a
breve e medio termine del pianeta,
richiamando le loro responsabilità
nei confronti della vita di ogni persona, così come delle tecnologie utili
per migliorarne la qualità. Adottare
e favorire in ogni circostanza un modo di vivere rispettoso della dignità
di ogni essere umano e sostenere la
ricerca e lo sfruttamento di energie e
tecnologie adeguate che salvaguardino il patrimonio del creato e non
comportino pericolo per l’essere
umano devono essere priorità politiche ed economiche. In questo senso,
appare necessario rivedere il nostro
approccio alla natura, che è il luogo
in cui nasce e interagisce l’essere
umano, la sua “casa”.
Il cambiamento di mentalità in
questo ambito e gli obblighi che ciò
comporta devono permettere di
giungere rapidamente a un’arte di
vivere insieme che rispetti l’alleanza
tra l’essere umano e la natura, senza
la quale la famiglia umana rischia di
scomparire. Occorre compiere una
riflessione seria e proporre soluzioni
precise e sostenibili; riflessione che
non deve essere offuscata da interessi politici, economici o ideologici
ciecamente di parte, che tendono in
maniera miope a privilegiare l’interesse particolare rispetto alla solidarietà. È vero che la tecnica imprime
alla globalizzazione un ritmo particolarmente accelerato, ma va ribadito il primato dell’essere umano sulla
tecnica, senza il quale si rischia uno
smarrimento esistenziale e una perdita del senso della vita. Il fatto che
la tecnologia corra più in fretta di
tutto il resto fa sì che spesso le sedimentazioni dei perché siano sistematicamente travolte dall’urgenza del
come e non abbiano quindi il tempo
di coagularsi. È dunque importante
arrivare a coniugare la tecnica con
una forte dimensione etica fondata
sulla dignità dell’essere umano (cfr.
Benedetto XVI, in occasione della
presentazione collettiva delle Lettere
Credenziali di alcuni Ambasciatori,
9 giugno 2011).
In tale prospettiva, va sottolineato
come la dignità dell’essere umano
sia intimamente collegata ai diritti
allo sviluppo, ad un ambiente sano
e alla pace; questi tre diritti mettono
in luce le dinamiche delle relazioni
tra le persone, la società e l’ambien-
te; ciò stimola la responsabilità di
ogni essere umano verso se stesso,
verso l’altro, verso la creazione e, in
ultima istanza, verso Dio. Responsabilità che chiama in causa l’attenta
analisi dell’impatto e delle conseguenze delle nostre azioni, con particolare attenzione ai più poveri e alle generazioni future.
2. La centralità dell’essere umano
nello sviluppo sostenibile
È quindi essenziale porre a fondamento della riflessione di Rio+20 il
primo principio della Dichiarazione
di Rio su Ambiente e Sviluppo, adottata alla Conferenza di Rio de Janeiro del giugno 1992, che, riconoscendo la centralità dell’essere umano,
sancisce che «gli esseri umani sono
al centro delle preoccupazioni relative allo sviluppo sostenibile. Essi
hanno diritto di una vita sana e produttiva in armonia con la natura».
Collocare il bene dell’essere umano al centro dell’attenzione per lo
sviluppo sostenibile è, in realtà, la
maniera più sicura per il suo conseguimento, così come per promuovere la salvaguardia della creazione; in
tal modo, come detto, viene stimolata la responsabilità di ciascuno nei
confronti degli altri, delle risorse naturali e del loro giudizioso utilizzo.
D’altronde, partire dalla centralità
dell’essere umano e della sua dignità
porta ad evitare i rischi derivanti
dall’adozione di un approccio riduzionista e inefficace di carattere neomalthusiano, che vede l’essere umano come ostacolo allo sviluppo sostenibile. Non vi è opposizione tra
essere umano ed ambiente, ma esiste
un’alleanza stabile ed inseparabile
nella quale l’ambiente condiziona
l’esistenza e lo sviluppo dell’essere
umano, mentre quest’ultimo perfeziona e nobilita l’ambiente con la
sua attività creativa, produttiva e responsabile. È tale alleanza che va
rafforzata; un’alleanza che rispetti la
dignità dell’essere umano fin dal suo
concepimento; e qui è bene ribadire
anche che l’espressione “equità di
genere” significa l’eguale dignità tra
uomini e donne.
3. Necessità di una revisione
profonda e lungimirante
dello sviluppo
Negli ultimi 4 decenni si sono verificati cambiamenti molto significativi nell’ambito della comunità internazionale, basti pensare agli straordinari progressi nelle conoscenze
tecnico-scientifiche che sono state
applicate in settori strategici per
l’economia e la società come quelli
dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni. Progressi straordinari
che si scontrano con le distorsioni e
i drammatici problemi dello sviluppo di molti Paesi, nonché con la crisi economico-finanziaria che gran
L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Vent’anni
di confronto
La conferenza mondiale
annuale dell’Onu su ambiente
e sviluppo sostenibile che si
svolgerà dal 20 al 22 a Rio de
Janeiro arriva vent’anni dopo
la prima edizione tenuta nel
1992 nella medesima città
brasiliana (da qui il titolo di
Rio+20) che pose le basi delle
grandi convenzioni
internazionali per la
protezione dell’ambiente
globale riguardo a clima,
biodiversità e desertificazione.
Nell’aprire ieri i lavori
preliminari, il presidente
brasiliano, Dilma Rousseff, ha
sottolineato che l’attenzione
per l’ambiente deve
caratterizzare lo sviluppo di
qualsiasi Paese e non può
venir meno al primo segnale di
crisi. Tra le prime proposte
avanzate alla conferenza, c’è
quella congiunta della Cina e
del cosiddetto G77, del quale
fanno parte 130 Paesi
emergenti di America latina,
Africa e Asia del sud, di
costituire un fondo per
progetti sostenibili dotato di
30 miliardi di dollari all’anno.
parte dell’attuale società sta vivendo.
Queste problematiche interpellano
sempre più la comunità internazionale ad una nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e
dei suoi fini, nonché ad una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, per correggerne le
disfunzioni e le distorsioni. Lo esige,
in realtà, lo stato di salute ecologica
del pianeta; soprattutto lo richiede
la crisi culturale e morale dell’uomo,
i cui sintomi da tempo sono evidenti
in ogni parte del mondo (cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 32).
Partendo da questi presupposti, la
Santa Sede, nel contesto del processo di Rio+20, intende soffermarsi in
particolare su alcuni aspetti, che
buto alla ridefinizione di un nuovo
modello di sviluppo tanto più significativo quanto più il dibattito che
emergerà dalla Conferenza tenderà
ad edificare tale modello di sviluppo
sui suddetti principi.
hanno chiare ripercussioni etiche e
sociali sull’intera umanità.
Un primo aspetto riguarda il fatto
che questa ridefinizione di un nuovo
modello di sviluppo, alla quale intende contribuire anche Rio+20, deve essere permeata e ancorata su
quei principi che sono capisaldi
dell’effettiva tutela della dignità
umana. Tali principi sono alla base
della corretta implementazione di
uno sviluppo che abbia una peculiare attenzione nei confronti delle persone in situazioni più vulnerabili e
garantiscono quindi il rispetto della
centralità dell’essere umano. Detti
principi chiamano in causa:
— la responsabilità, pure nei confronti del necessario cambiamento
dei modelli di produzione e di consumo affinché siano specchio di un
appropriato stile di vita;
— la promozione e la condivisione
del bene comune;
— l’accesso ai beni primari, inclusi
quei beni essenziali e fondamentali,
come il nutrimento, l’educazione, la
sicurezza, la pace, la salute; in quest’ultimo caso, va sempre ricordato
che il diritto alla salute deriva dal
diritto alla vita: l’aborto e la contraccezione sono strumenti che si
oppongono gravemente alla vita e
non possono essere considerate questioni di salute; la salute riguarda infatti la cura e non meri servizi: questa mercificazione delle cure sanitarie pone le problematiche tecniche al
di sopra di quelle umane;
— una solidarietà a dimensione
universale, capace di riconoscere
l’unità della famiglia umana;
— la salvaguardia del creato, a sua
volta connessa con l’equità inter-generazionale; d’altronde, la solidarietà
intergenerazionale richiede di prendere in considerazione le abilità delle generazioni future a superare le
difficoltà dello sviluppo;
— l’equità intra-generazionale, che
è intimamente collegata alla giustizia
sociale;
— la destinazione universale non
solo dei beni ma anche dei frutti
dell’attività umana.
Questi principi dovrebbero fare
da collante di quella “visione condivisa” che illumina il cammino di
Rio+20 e del post-Rio+20. D’altronde, Rio+20 potrebbe dare un contri-
tanto è concorrente alla definizione
di regole e forme istituzionali. Una
corretta sussidiarietà può consentire
ai poteri pubblici, dal livello locale
sino alla più vasta dimensione mondiale, di operare in maniera efficace
per la valorizzazione di ogni persona, per la salvaguardia delle risorse e
per la promozione del bene comune.
Tuttavia, il principio di sussidiarietà
va mantenuto strettamente connesso con
il principio di solidarietà e viceversa,
perché se la sussidiarietà senza la solidarietà scade nel particolarismo sociale, è altrettanto vero che la solidarietà senza la sussidiarietà scade
nell’assistenzialismo che umilia il
portatore di bisogno (cfr. Benedetto
XVI, Caritas in veritate, n. 58). E
questo va ancora più rimarcato nelle
riflessioni di carattere internazionale
come quelle di Rio+20, dove l’attuazione di questi due principi va tradotta nell’adozione di meccanismi
volti a contrastare le iniquità esistenti tra e all’interno degli Stati e quindi a favorire: il trasferimento di tecnologie appropriate a livello locale,
la promozione di un sistema commerciale globale più equo e inclusivo, il rispetto degli impegni presi
nei confronti dell’aiuto allo sviluppo, l’individuazione di nuovi e innovativi strumenti finanziari che pongano al centro della vita economica
la dignità umana, il bene comune e
la salvaguardia del creato.
Nell’ambito dell’applicazione del
principio di sussidiarietà, è importante inoltre riconoscere e valorizzare il ruolo della famiglia, cellula fondante della nostra società umana come sancito dall’Art. 16 della Dichiarazione dei Diritti Umani. Inoltre,
essa è l’ultima linea di difesa del
principio di sussidiarietà contro i totalitarismi. È, infatti, nella famiglia
che comincia quel fondamentale
processo educativo di crescita di
ogni persona, nel quale i suddetti
principi possono essere assimilati e
trasmessi alle generazioni future.
D’altronde, è in seno alla famiglia
che l’uomo riceve le prime e determinanti nozioni intorno alla verità
ed al bene, apprende che cosa vuol
dire amare ed essere amati e, quindi,
che cosa vuol dire in concreto essere
una persona (cfr. Giovanni Paolo II,
Centesimus annus, n. 39).
GIOVANNI MARIA VIAN
don Sergio Pellini S.D.B.
Carlo Di Cicco
Segreteria di redazione
direttore responsabile
vicedirettore
00120 Città del Vaticano
[email protected]
Antonio Chilà
http://www.osservatoreromano.va
TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE «L’OSSERVATORE ROMANO»
Piero Di Domenicantonio
redattore capo
redattore capo grafico
direttore generale
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
[email protected]
Gaetano Vallini
segretario di redazione
4. Il principio di sussidiarietà
e il ruolo della famiglia
Un altro principio fondamentale è
quello della sussidiarietà, quale rafforzamento di quella governance internazionale dello sviluppo sostenibile,
che è uno dei principali oggetti di
discussione di Rio+20. Oggi, il principio di sussidiarietà, anche nella
Comunità internazionale, è sempre
più considerato come strumento regolatore delle relazioni sociali e per-
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
La discussione sul “quadro internazionale per lo sviluppo sostenibile” dovrebbe essere quindi ancorata
ad un principio di sussidiarietà, che
valorizzi in pieno il ruolo della famiglia, unito a quello di solidarietà,
avendo come elementi fondanti il rispetto della dignità umana e la centralità dell’essere umano.
5. Lo sviluppo sostenibile
come parte
dello sviluppo umano integrale
Un terzo aspetto che intende promuovere la Santa Sede nel quadro
del processo di Rio+20 è il collegamento tra lo sviluppo sostenibile e
lo sviluppo umano integrale. Accanto
al benessere materiale e sociale devono essere considerati i valori etici
e spirituali che orientano e danno significato alle scelte economiche e
quindi al progresso tecnologico, visto che ogni decisione economica ha
una conseguenza di carattere morale.
La sfera tecnico-economica non è né
eticamente neutrale né di sua natura
disumana e antisociale. Essa appartiene all’attività dell’uomo e, proprio
perché umana, deve essere strutturata e istituzionalizzata eticamente
(cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, nn. 36 e 37).
Certo, questa è una sfida complessa, ma, d’altronde, va sostenuta l’importanza di passare da uno sviluppo
meramente economico ad uno sviluppo integralmente umano nelle
sue dimensioni: economica, sociale
ed ambientale (cfr. Angelus di Giovanni Paolo II del 25 agosto 2002, la
domenica precedente l’inizio del
Vertice di Johannesburg) che parta
dalla dignità di ogni persona.
Ciò vuol dire ancorare sempre più
i tre pilastri dello sviluppo sostenibile ad una dimensione etica fondata,
appunto, sulla dignità umana. Tale
sfida può essere concretamente affrontata nell’avvio di quel processo
volto all’individuazione di una serie
di “Obiettivi dello sviluppo sostenibile” – Sustainable Development
Goals, promuovendo un lavoro di
innovazione sulla modulazione di
vecchi e nuovi indicatori dello sviluppo nel breve e nel lungo periodo;
indicatori capaci di individuare in
maniera efficace il miglioramento o
meno negli aspetti non solo economici, sociali o ambientali dello sviluppo sostenibile, ma anche in quelli
etici, chiamando in causa risorse e
bisogni, nonché l’accesso a beni e
servizi, sia materiali che immateriali.
6. L’economia verde
e lo sviluppo umano integrale
Un quarto ambito di interesse per
la Santa Sede riguarda l’economia
verde. Come messo in luce dal dibattito svoltosi durante gli incontri preparatori a Rio+20, non mancano
preoccupazioni nei confronti di una
transizione verso l’“economia verde”.
Questo concetto, che fatica a trovare
una chiara definizione, potenzialmente potrebbe dare un importante
contributo alle cause della pace e
della solidarietà internazionali. È
tuttavia importante che sia applicato
in modo inclusivo, orientandolo
chiaramente alla promozione del bene comune e allo sradicamento locale
della povertà, elemento essenziale per
il conseguimento dello sviluppo sostenibile. Va altresì accuratamente
evitato che l’economia verde dia luogo a nuove forme di “condizionamenti” del commercio e dell’assistenza internazionale, diventando
una forma nascosta di “protezionismo verde”. Ma è altrettanto importante che l’economia verde abbia come focus principale lo sviluppo
umano integrale. In tale prospettiva,
e alla luce dell’individuazione di
modelli di consumo e di produzione
appropriati, l’economia verde può
diventare uno strumento rilevante
per promuovere un lavoro decente,
capace di favorire una crescita economica rispettosa non solo dell’ambiente, ma anche della dignità
dell’essere umano.
È auspicio della Santa Sede che
quanto emergerà da Rio+20 sia considerato non solo un buon risultato
ma anche e soprattutto un risultato
innovativo e capace di guardare al
futuro, contribuendo al benessere
materiale e spirituale di tutte le persone, delle loro famiglie e comunità.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818,
[email protected]
Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480,
fax 06 698 85164, [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
Venerdì 8 giugno corrente, nella
Green Hall del Palazzo del Governo a Vilnius, è stato sottoscritto
un Accordo tra la Santa Sede e la
Repubblica di Lituania, relativo al
riconoscimento reciproco delle
qualifiche riguardanti l’insegnamento superiore (Agreement on the
Recognition of Qualifications Concerning Higher Education).
Hanno firmato: per la Santa
Sede l’Ecc.mo Mons. Luigi Bonazzi, Nunzio Apostolico in Lituania, e per la Repubblica di Lituania Sua Eccellenza Audronius
Ažubalis, Ministro degli Affari
Esteri.
Assistevano al solenne atto:
per parte della Santa Sede:
S.Em.za il Cardinale Audrys Juozas Bačkis, Arcivescovo di Vilnius;
S.E. Mons. Sigitas Tamkevičius,
Arcivescovo di Kaunas e Presidente della Conferenza Episcopale
della Lituania; S.E. Mons. Rimantas Norvila, Vescovo di Vilkaviškis; S.E. Mons. Eugenijus Bartulis, Vescovo di Šiauliai; S.E.
Mons. Gintaras Grušas, Ordinario
Militare della Lituania e Segretario Generale della Conferenza
Episcopale; S.E. Arūnas Poniškaitis, Vescovo Ausiliare di Vilnius;
Rev.do Don Ričardas Doveika,
Sotto-Segretario della Conferenza
Episcopale; Padre Gintaras Vitkus,
S.I., Provinciale dei Gesuiti in Lituania; Sig. Vygantas Malinauskas, Consigliere giuridico della
Conferenza Episcopale, e Sig.
Paulius
Subačius,
Presidente
dell’Accademia Cattolica Lituana
delle Scienze;
per parte della Repubblica di Lituania: Sig. Andrius Kubilius, Primo Ministro della Repubblica di
Lituania; Sig. Deividas Matulionis, Cancelliere del Primo Ministro; Sig. Ramojus Kraujelis, Capo Archivista della Lituania; Sig.
Egidijus Meilūnas, Vice-Ministro
degli Affari Esteri; Sig.ra Audra
Mikalauskaitė, Vice-Ministro degli
Affari Sociali e del Lavoro; Sig.ra
Nerija Putinaitė, Vice-Ministro
dell’Educazione; Sig. Gediminas
Rutkauskas, Vice-Ministro della
Cultura; Sig. Tomas Vaitkevičius,
Vice-Ministro della Giustizia; Sig.
Vytautas Umbrasas, Vice-Ministro
della Difesa; Sig.ra Rosita Jonušaitė, della Sezione degli Affari
Bilaterali e Istituzionali del Ministero degli Affari Esteri; Sig.ra
Aurelija Širkaitė, della Sezione
Relazioni Internazionali del Ministero dell’Educazione, e Sig.ra
Diana Varnaitė, Direttrice del Dipartimento del Patrimonio Culturale del Ministero della Cultura.
La stipulazione dell’Accordo è
in sintonia con la Convenzione di
Lisbona sull’omonimo tema (1997)
che, tra i vari obiettivi, contempla
quello di favorire il mutuo riconoscimento dei periodi e dei titoli di
studio dell’insegnamento superiore. Detto riconoscimento serve, fra
l’altro, per facilitare la mobilità
degli studenti e la libera circolazione, nell’ambito dell’educazione
superiore, nella regione europea.
Inoltre, l’Accordo s’inserisce negli
obiettivi del Processo di Bologna, a
carattere europeo, che ha realizzato uno Spazio Comune dell’Istruzione Superiore (European Higher
Education Area - EHEA), coinvolgendo attualmente 47 Paesi europei, tra cui la Santa Sede, con il
sostegno di alcune organizzazioni
internazionali.
Il presente Accordo, oltre a definire i termini principali che utilizza e il suo campo di applicazione, stabilisce le regole, le procedure e gli strumenti per garantire il
riconoscimento degli studi superiori. Esso perfeziona il quadro
giuridico delle mutue relazioni tra
la Santa Sede e la Repubblica di
Lituania, già regolate dai tre Accordi firmati il 5 maggio 2000:
sulla cooperazione in campo educativo e culturale; sugli aspetti
giuridici delle relazioni tra la
Chiesa cattolica e lo Stato e sull’assistenza pastorale ai cattolici
nelle Forze Armate.
Il presente Accordo entrerà in
vigore nel giorno in cui entrambe
le Parti avranno informato di avere adempiuto le rispettive procedure legali interne.
Concessionaria di pubblicità
Il Sole 24 Ore S.p.A
System Comunicazione Pubblicitaria
Alfonso Dell’Erario, direttore generale
Romano Ruosi, vice direttore generale
Sede legale
Via Monte Rosa, 91, 20149 Milano
telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214
[email protected]
Aziende promotrici della diffusione de
«L’Osservatore Romano»
Intesa San Paolo
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Banca Carige
Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
Assicurazioni Generali S.p.A.
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 15 giugno 2012
pagina 3
In Tunisia
condannato
all’ergastolo
Ben Ali
Dopo la missione di Lavrov
Ottimismo
di Teheran
per il dialogo
sul nucleare
TEHERAN, 14. Il ministro degli
Esteri iraniano, Ali Akbar Salehi,
si è detto ottimista sull’esito dei
colloqui che si terranno la settimana prossima a Mosca sul programma nucleare iraniano. In una conferenza stampa con il collega russo, Serghiei Lavrov, il capo della
diplomazia iraniana ha ammesso
che c’è ogni tanto «un’accelerazione» e un «rallentamento» ma «sono ottimista riguardo all’esito finale». Salehi ha confermato che
Iran e il gruppo cinque più uno (i
membri permanenti del Consiglio
di sicurezza dell’Onu: Stati Uniti,
Gran Bretagna, Francia, Russia e
Cina; più la Germania) hanno
concordato l’agenda dei lavori del
18 e 19 giugno a Mosca e che
l’Iran si avvicina all’incontro in
modo costruttivo.
«È una questione complessa e
dobbiamo essere pazienti ma siamo sulla strada giusta», ha detto
fra l’altro Salehi. Dal canto suo,
riferisce l’agenzia iraniana Fars, il
ministro degli Esteri russo si è
pronunciato ancora una volta contro sanzioni unilaterali contro
l’Iran aggiungendo che secondo il
Cremlino queste sanzioni non sono né costruttive né positive.
Oltre che quello con Salehi, il
capo della diplomazia russa ha
avuto ieri un colloquio anche con
il capo negoziatore per il nucleare
iraniano, Saeed Jalili, il quale ha
ribadito che «la strategia della
pressione» perseguita dall’O ccidente nei colloqui «è finita» e se
il gruppo cinque più uno vuole
ottenere qualche risultato «deve
lavorare sulla base del dialogo e
della cooperazione». Dal canto
suo, il presidente del Parlamento
iraniano, Ali Larijani, pur confermando una flessibilità nel dialogo,
ha ribadito la fermezza sul diritto
al nucleare civile di Teheran.
Aung San Suu Kyi
alla conferenza
dell’Ilo
di Ginevra
GINEVRA, 14. Esordio pubblico in
Europa dopo quasi 25 anni per
Aung San Suu Kyi, leader
dell’opposizione in Myanmar.
Oggi, il premio Nobel per la
pace è intervenuta all’annuale
conferenza ministeriale dell’Ilo,
Organizzazione internazionale del
lavoro, al Palazzo delle Nazioni di
Ginevra, dove è stata accolta dal
presidente
dell’organizzazione,
Juan Somavia, e da una vera e
propria ovazione degli oltre quattromila delegati in rappresentanzqa di 185 Paesi.
Nel suo discorso, Aung San
Suu Kyi ha lanciato un appello a
investire nel Myanmar per sostenere il recente processo di democratizzazione e soprattutto i tanti
giovani disoccupati del Paese, vittime di una carenza educativa. Secondo il premio Nobel per la pace, un efficace coordinamento delle politiche economiche, politiche
e sociali potrà «spingere il Paese
sulla strada dell’ottimismo e del
successo»
L’appello è stato di fatto già accolto dall’Ilo, che per festeggiare
il ritorno sulla scena politica internazionale di Aung San Suu Kyi,
ha deciso di togliere dopo un decennio le restrizioni punitive nei
confronti del Myanmar. L’Ilo ha
definito tale decisione come un riconoscimento dei progressi compiuti dal nuovo Governo civile del
Paese del sudest asiatico, inclusa
una nuova legge sui sindacati e
sul diritto allo sciopero, e dell’impegno a porre fine al lavoro forzato entro il 2015. La decisione
dell’Ilo potrebbe aprire la porta a
una riduzione delle tariffe sulle
importazioni
del
Myanmar
nell’Unione europea.
Quella in Svizzera è la prima
tappa del viaggio di sedici giorni
in Europa di Aung San Suu Kyi.
Sabato, il leader dell’opposizione
del Myanmar andrà a Oslo, in
Norvegia, per la consegna formale
del premio Nobel per la pace, del
quale fu insignita nel 1991 quando
si trovava già in carcere nel suo
Paese.
I ministri degli Esteri Somanahalli Mallaiah Krishna e Hillary Clinton (Reuters)
Incontro a Washington tra il segretario di Stato americano e il ministro degli Esteri di New Delhi
Cooperazione tra Stati Uniti e India
WASHINGTON, 14. L’esigenza di una sempre più
forte cooperazione fra Stati Uniti e India è stata
richiamata con forza dal segretario di Stato americano, Hillary Clinton, e dal ministro degli Esteri di New Delhi, Somanahalli Mallaiah Krishna,
nel corso di una conferenza stampa congiunta,
svoltasi ieri a Washington. Nell’occasione il capo
della diplomazia statunitense ha salutato con favore l’annuncio dell’accordo preliminare firmato
dal gruppo statunitense di equipaggiamento nucleare Westinghouse, filiale del conglomerato
giapponese Toshiba, per lo sviluppo di reattori
nucleari, con il gruppo indiano Nuclear Power.
Tale accordo è stato definito da Hillary Clinton
«un passo significativo» verso la realizzazione di
un patto di cooperazione siglato da Stati Uniti e
India nel 2008. Clinton ha comunque osservato
che su questo versante «resta ancora molto lavoro
da fare».
Nel corso della conferenza stampa il capo della
diplomazia statunitense ha tenuto a evidenziare
l’importanza di un dialogo aperto e costruttivo
con l’India: un dialogo che abbracci non solo temi bilaterali, ma anche le questioni che caratterizzano l’intero scenario internazionale. Clinton ha
fatto riferimento ai temi della sicurezza, agli im-
perativi economici, ai valori democratici, alle dinamiche diplomatiche. Nell’ambito strettamente
economico, il segretario di Stato americano ha
detto che i due Paesi hanno compiuto progressi:
basti pensare agli investimenti, alle iniziative riguardo al mondo degli affari. L’obiettivo, adesso,
è quello di creare le condizioni perché gli investimenti possano svilupparsi con sempre maggiore
vigore.
L’incontro tra Clinton e Mallaiah Khishna è
poi servito a ribadire la necessità di accomunare
forze e risorse a sostegno della lotta contro il terrorismo: una minaccia, questa, che riguarda tutti
e che, di conseguenza, richiede un fronte comune
ben serrato e coeso.
Durante la conferenza stampa si è posto l’accento sulla situazione in Afghanistan e nella regione in generale. È stata confermata la volontà,
sia di Washington, sia di New Delhi, di aiutare
con determinazione la causa afghana, nella chiara
consapevolezza che dalla stabilità dell’Afghanistan dipende non poco la stabilità dell’intera
area, ancora profondamente segnata dalle sanguinose violenze scatenate dai miliziani.
Il ministro degli Esteri indiano si è detto particolarmente soddisfatto riguardo alla prospettiva
Tensione in Egitto
alla vigilia del voto
di un rafforzamento dei legami tra India e Stati
Uniti, dall’ambito nucleare a quello dell’economia, dal contesto dell’energia a quello della lotta
contro il terrorismo. E dal canto suo il capo della
diplomazia indiana ha tenuto a sottolineare quanto sia importate distruggere i «rifugi» per i terroristi, sia in territorio afghano, sia in quello pakistano. Del resto l’India, ricordano gli osservatori,
non può non seguire con particolare attenzione
gli sviluppi della situazione nell’Afpak, area dalla
quale passano inevitabilmente le dinamiche politiche e diplomatiche dell’intera regione. E in passato, più volte, l’India, ricordano gli analisti, ha
invitato sia Islamabad, sia Kabul a fare di più per
combattere il terrorismo all’interno dei rispettivi
territori.
Il ministro degli Esteri indiano ha detto, tra
l’altro, che il dialogo strategico con gli Stati Uniti
permette all’India di avere una certa visibilità e
un certo peso nell’ambito dell’intero scenario internazionale. Da ricordare che Hillary Clinton,
agli inizi di luglio, compirà una missione in Asia.
Prima tappa, la Corea del Sud. Successivamente
il capo della diplomazia americana si recherà in
Giappone e in Cambogia.
Altri raid contro Al Qaeda
nel sud dello Yemen
SAN’A, 14. Una trentina di persone
sono rimaste uccise in due diversi
raid aerei compiuti ieri contro postazioni di Al Qaeda nella provincia
yemenita di Shabwa, nel sudest del
Paese. A riferirlo è stato il comandante militare della provincia, generale Ahmed Al Maqdashi. Qualche
ora prima le autorità locali avevano
riferito di un attacco messo in atto
da un drone statunitense che centrando un’abitazione e un’auto aveva ucciso nove miliziani. Le milizie
fondamentaliste di Al Qaeda sono
in fuga dopo la vittoriosa offensiva
dell’esercito yemenita che in questa
settimana ha riconquistato le città
di Jaar e di Zinjibar capoluogo del-
la provincia di Abyan in mano dal
maggio del 2011 dei terroristi.
Dallo scorso 12 maggio, oltre
ventimila soldati appoggiati dall’aviazione e dai droni (aerei senza
piloti) hanno lanciato una vasta offensiva nel sud dello Yemen per riprendere le posizioni che i qaedisti
approfittando dei mesi di proteste
nei confronti dell’ex presidente Ali
Abdullah Saleh, hanno occupato
facendone le loro roccaforti. Dall’inizio dell’offensiva, sono stati uccise almeno 515 persone, tra cui 398
qaedisti, 72 militari, 26 miliziani locali pro regime e 19 civili. Inoltre
l’esercito ha sequestrato ai terroristi
armi, munizioni e mezzi.
TUNISI, 14. Zine El Abidine Ben
Ali, ha subito ieri due condanne,
la prima a vent’anni di reclusione,
la seconda all’ergastolo. Condanne che per lui non significheranno
granché perché, dopo la fuga in
Arabia Saudita (dove ancora vive), il 14 gennaio dello scorso anno, è già stato giudicato in contumacia, così come negli altri processi (per malversazioni) per i
quali ha collezionato già una novantina di anni di reclusione. Le
accuse di ieri riguardavamo, in entrambi i processi (celebrati in due
differenti tribunali militari, a Tunisi e a Kef), la repressione dei
moti della rivolta e le decine di
morti che essa provocò in alcune
città come Thala, Kasserine e
Ouardanine. A Tunisi, per i morti
della notte tra il 15 e il 16 gennaio
dello scorso anno a Ouardanine,
Ben Ali è stato condannato a
vent’anni di reclusione. Per le vittime della repressione a Thala e
Kasserine, tra l’8 e il 12 gennaio
sempre del 2011, la condanna è
stata al carcere a vita. Con lui è
stato condannato a dodici anni di
reclusione l’ultimo ministro degli
Esteri del suo regime, Rafik
Belhaj Kacem, che gli è stato fedelmente accanto sino alla fine e
mai lo ha rinnegato. Kacem ha assistito al procedimento in stato di
reclusione, detenuto come è, insieme ad altri esponenti del regime,
nella caserma della Gendarmeria
di Alaouina (a nord di Tunisi),
trasformata in una prigione.
Disordini
tribali
nell’ovest
della Libia
TRIPOLI, 14. Almeno 14 persone
sono rimaste uccise e altre 89 ferite in due giorni di combattimenti
tribali nella zona delle montagne
di Nefussa, vicino a Zintan, a
sudest di Tripoli, nell’ovest della
Libia, secondo quanto comunicato
dal Consiglio nazionale di transizione libico in una conferenza
stampa. Sul posto sono state inviate «unità dell’esercito nazionale», ha detto il portavoce del Governo di Tripoli, Nasser Al
Manaa, che ha invitato le parti in
causa alla moderazione. La situazione nel Paese, dopo la fine del
regime di Gheddafi, resta ancora
difficile e complessa a poche settimane dal voto per l’Assemblea costituente. Gli scontri vedono uno
contro l’altro i membri delle tribù
di Gontrar e della cittadina di
Zintan a quelli di Mashashia, accusata di aver sostenuto Gheddafi,
dicono fonti fra loro concordanti.
Intanto, il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen,
ha espresso «profondo rammarico» per la detenzione di Melinda
Taylor, giunta la scorsa settimana
in Libia con una delegazione della
Corte penale internazionale e arrestata dopo aver incontrato in carcere il figlio di Gheddafi, con l’accusa di aver provato a consegnare
a Saif Al Islam una lettera in codice di Mohammed Ismail, attualmente ricercato.
Khartoum rifiuta un arbitrato internazionale su petrolio e confini proposto da Juba
Migliaia di profughi sudanesi stremati
La sede della suprema Corte costituzionale presidiata dalla polizia (La Presse/Ap)
IL CAIRO, 14. Si chiude con una
bordata di accuse fra i due candidati rivali la campagna elettorale per
le prime elezioni presidenziali del
post-Mubarak in Egitto. Ahmad
Shafiq, ultimo premier sotto l’ex
presidente Mubarak, e il candidato
dei Fratelli musulmani, Mohammed
Mursi, si sono lanciati attacchi per
giorni nella speranza di dimostrare
di essere la scelta migliore per gli
ottanta milioni di egiziani dopo la
rivolta dello scorso anno. Le elezioni si tengono in un clima reso più
teso dalla sentenza del processo
Mubarak e dalle voci di un aggra-
vamento delle condizioni di salute
dell’ottanquatrenne ex presidente
ricoverato da oltre dieci giorni
nell’ospedale della prigione di Tora.
Intanto, la Corte costituzionale egiziana è riunita per l’attesa udienza
sulla legge che impedisce ai vertici
dell’ex regime di rientrare in politica e che riguarda da vicino il candidato alla presidenza e ultimo premier di Mubarak, Ahmad Shafiq. I
giudici, arrivati questa mattina sotto pesante scorta, devono anche
stabilire la costituzionalità della legge elettorale. Blindati dell’esercito
circondano tutto l’edificio.
JUBA, 14. Un numero sempre crescente di rifugiati stanno arrivando
in Sud Sudan dalle zone di confine
contese con il Sudan. L’organizzazione Medici senza frontiere (Msf)
denuncia che i campi d’accoglienza
in territorio sudsudanese, compresi
quelli nella capitale Juba, sono sovraffollati, senz’acqua e non in grado di garantire adeguata assistenza.
La situazione negli Stati dell’Upper
Nile e Unity — scrive Msf — si sta
rapidamente trasformando in una
vera e propria crisi: l’acqua inizia a
scarseggiare e i ripari sono del tutto
insufficienti. L’assistenza medica
non basta e mancano rifugi, cibo e
acqua per chi arriva già debilitato».
Nello Stato di Unity, il campo rifugiati di Yida è notevolmente cresciuto negli ultimi due mesi raggiungendo una popolazione di circa
cinquantamila persone, con un migliaio di nuovi arrivi ogni giorno.
Sul piano politico, intanto, il Governo sudanese ha respinto la proposta di quello sudsudanese di affidare alla Corte permanente di arbitrato dell’Aia la soluzione di dispute
sulla delimitazione dei confini tra i
due Paesi. «Questa proposta fa venir meno la fiducia di Khartoum
verso il rispetto da parte di Juba di
quanto è stato concordato con l’accordo di pace di Naivasha del
2005», ha dichiarato il portavoce
del ministero degli Esteri sudanese,
Obaid Ahmed Murawah. La Corte
permanente di arbitrato è un’organizzazione internazionale istituita
nel 1899 per fornire mediazioni nelle
controversie fra gli Stati. Ha sede
all’Aja nello stesso palazzo della
Corte internazionale di giustizia.
L’arbitrato richiede che le due parti
si rivolgano insieme alla Corte per
ogni disputa, e non consente che sia
una sola delle due parti a ricorrervi.
Il portavoce di Khartoum ha esclu-
so che il suo Governo intenda di rivolgersi alla Corte internazionale di
arbitrato.
Ad Addis Abeba, sono ripresi la
scorsa settimana i negoziati tra le
due parti, con la mediazione
dell’Unione africana, sui contrasti
lasciati irrisolti dalla proclamazione
dell’indipendenza sudanese, lo scorso 9 luglio, soprattutto riguardo la
definizione dei confini e la ripartizione dei proventi dall’estrazione e
dell’esportazione del petrolio. Da
mesi continuano scaramucce, confronti militari e dispute intense tra i
due Governi, che si accusano reciprocamente di violazioni degli accordi. Per quanto riguarda i proventi dal petrolio, Khartoum intende
mantenere la divisione che venne
stabilita, in via provvisoria. con gli
accordi del 2005, mentre Juba intende gestire in proprio le perforazioni,
limitandosi a pagare a Khartoum
l’uso degli oleodotti.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
La festa del Sacro Cuore di Gesù e il mistero della Croce
Il cardinale Bertone ha inaugurato in Polonia il primo Centro Studi Ratzinger
Quella ferita
che non si rimargina
I figli di Bronisław
vanni, 7, 37-39). Ora invece dal
fianco aperto di Cristo esaltato
sulla croce, strumento di supplizio
e trofeo di gloria, dopo il sangue
dell’immolazione, fluisce l’acqua
dello Spirito. E, così, si avverano
le parole di Gesù sui fiumi d’acqua che sgorgano dal suo grembo.
«Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me», aveva affermato (Giovanni, 12, 32). Sul
Calvario egli appare nella solenne
maestà della morte, levato in alto
e vulnerato: e su di lui si posa lo
sguardo di coloro che lo hanno
trafitto, ossia di tutta l’umanità,
La lezione non scritta del beato che non riuscì mai a diventare sacerdote
il battesimo e l’altro l’Eucaristia,
che sono i sacramenti principali»
(Summa Theologiae, III, q, 62, 5, c).
a festa in onore del SaDallo stesso fianco è quindi, coi
cro Cuore ci fa rivolgesacramenti, scaturita la Chiesa, core lo sguardo alla Crome già Eva dalla costola di Adace, dove Gesù ha versamo. Ed è ancora il pensiero di
to il suo Sangue ed efTommaso: «Dal costato di Cristo
fuso il suo Spirito e quindi alla
dormiente sulla croce sono scatucarità del Crocifisso da cui è scariti i sacramenti, cioè il sangue e
turita la salvezza ed è nata la
l’acqua da cui è formata la ChieChiesa. Com’è detto nella Lettera
sa» (Summa Theologiae, I, 92, 3, c);
agli Efesini: Cristo «ha amato la
«Come dal fianco di Cristo dorChiesa e ha dato se stesso per lei»
miente sulla croce sono usciti il
sangue e l’acqua, con cui viene
(Efesini, 5, 25).
consacrata la Chiesa, così dal fianGiovanni, specialmente attento
co di Adamo doral senso simbolico e
miente è stata formaalla dimensione “prota la donna, che prefetica” degli eventi
figura la stessa Chiedel Signore, scrive
sa» (Super evangelium
che i soldati, dopo
Ioannis, 19, 5, n.
che Gesù ebbe «con2448).
segnato il respiro viGià sant’Ambrogio
tale» (Giovanni, 19,
30), «venuti da Gesù,
lo
aveva
notato:
vedendo che era già
«Quando il soldato
morto, non gli spezaprì il fianco a Crizarono le gambe, ma
sto, subito ne uscì
uno di essi con una
l’acqua e il sangue,
lancia gli colpì il
versato per la vita del
fianco, e subito ne
mondo. Questa vita
uscì sangue e acqua»
del mondo è la costa
(19, 33-14).
di Cristo, questa è la
E aggiunge: a Gecosta del secondo
sù, l’Agnello di Dio
Adamo (...) La costa
crocifisso, nessun osdi Cristo è la vita
so è spezzato, perché
della Chiesa» (Expositio evangelii secunsi compia la Scrittura
dum Lucam, II, 86).
(Esodo, 12, 46), mentre ne viene trafitto il
La festa liturgica
costato, ancora perdel Sacro Cuore, che
potremmo
anche
ché si attui la profechiamare festa del
zia di Zaccaria: «VolCuore trafitto e apergeranno lo sguardo a
to — o della «ferita
colui che hanno trache non si rimarginefitto» (Zaccaria, 12,
10). Afferma il misterà più» (Paul Claurioso testo del profedel, Hymne du SacréCœur) — ci riporta
ta: «Riverserò uno
così alla carità di Gespirito di grazia e di
sù, che ha redento il
consolazione: guardemondo con la sua
ranno a me, colui che
immolazione e lo ha
hanno trafitto».
Meister Francke, «Der Schmerzensmann» (1435 circa)
Da quella trafittura
rinnovato col dono
sgorgarono
subito
del suo Spirito. Ma
sangue e acqua, annota puntual- che con il suo peccato lo ha colpi- quel sangue e quell’acqua non
mente l’evangelista, dichiarandosi to e che dai doni di quella ferita è hanno cessato di sgorgare: essi
testimone verace. È come dire che redenta.
zampillano incessantemente nei
La salvezza del mondo viene da sacramenti, e sono destinati a ediai suoi occhi, teologicamente penetranti, non si tratta di un parti- questa compunta contemplazione ficare la Chiesa.
colare trascurabile, ma di un avve- del Crocifisso nel cui cuore squarE la considerazione è importannimento denso di significato cri- ciato è raccolto tutto l’amore divi- te, per farci comprendere che i sastologico: il sangue, anzitutto, in no. In realtà, da sempre ogni gra- cramenti non sono una iniziativa
cui è rappresentato il sacrificio di zia ha la sua fonte nel cuore di degli uomini. Cristo ne è l’autore.
Cristo, che «ci monda da ogni Cristo, segno e ritrovo di tutta la Dove essi vengono celebrati, là è
peccato» (1 Giovanni, 1, 7); e l’ac- tenerezza misericordiosa di Dio, presente e agisce la passione di
qua che designa lo Spirito, del che aveva proclamato in Osea: Gesù; là oggi ancora egli apre il
«Quando Israele era fanciullo, io suo costato: di fronte al rischio di
quale il Signore è la fonte.
Lo stesso evangelista aveva ri- l’ho amato e dall’Egitto ho chia- intenderli come gesti umani, tromato mio figlio. A Efraim io inse- vati da noi.
cordato il grido di Gesù nell’ultignavo a camminare, tenendolo per
Di conseguenza è opera di Crimo e solenne giorno alla festa del- mano Io li traevo con legami di
le Capanne: «Se qualcuno ha sete, bontà, con vincoli d’amore, ero sto la Chiesa, da lui di continuo
plasmata
nei segni sacramentali,
venga a me, e beva chi crede in per loro come chi solleva un bimme. Come dice la Scrittura: “D al bo alla sua guancia. Il mio cuore in cui essa ritrova inesausta la virtù
del
suo
Sangue e la risorsa pesuo grembo sgorgheranno fiumi si commuove dentro di me, il mio
renne del suo Spirito. E anche
d’acqua viva”». Cristo chiama a sé intimo freme di compassione. Li
questo è urgente capire, perché
guarirò
e
li
amerò
profondamenripetendo la chiamata e la promesnon ci avvenga di smarrire il misa della Sapienza: «La Sapienza te» (Osea, 11, 1. 3-4. 8; 14, 5).
Ma, se il sangue raffigura la stero della Chiesa, che sorge ed è
grida: “Ecco io effonderò il mio
morte redentrice e l’acqua è im- custodita dal Crocifisso, al quale
spirito su di voi”» (Proverbi, 2, 23)
magine dello Spirito di vita, tra- sta immensamente a cuore. Essa,
e rinnovando l’invito di Isaia: «O spare allora il riferimento ai sacra- infatti, gli è legata dai vincoli
voi tutti assetati, venite all’acqua» menti principali: l’Eucaristia, nella sponsali, che non si spezzeranno
(Isaia, 55, 1).
quale si mangia il Corpo e si beve mai, poiché unica è la carne di
Ma ecco il commento di Gio- il sangue di Cristo, e il Battesimo, Cristo e della Chiesa. Certo, si
vanni: «Questo egli disse dello che è rinascita nello Spirito. «Dal potrebbe osservare che questi soSpirito che avrebbero ricevuto i fianco di Cristo pendente sulla no discorsi inconsueti, lontani dalcredenti in lui: infatti non vi era croce — scrive Tommaso alla scuo- la diffusa conversazione cristiana,
ancora lo Spirito, perché Gesù la dei Padri — sono defluiti l’ac- e anomali nell’attuale riflessione
non era ancora glorificato» (Gio- qua e il sangue, l’una riguardante teologica.
di INOS BIFFI
L
venerdì 15 giugno 2012
dal nostro inviato SILVIA GUIDI
Quelle tracce di sangue sul muro
proprio non se ne volevano andare.
Neanche passando più mani di vernice, o raschiando l’intonaco; è stato
necessario abbattere la chiesa dei
gesuiti, nella piazza centrale, per far
sparire quel segno, fastidioso come
un grido, che continuava a riaffiorare dalle pietre, impresso dalla mano
di un ragazzo durante la fucilazione. La storia della distruzione da
parte dei nazisti del collegio dei gesuiti di Bydgoszcz, uno dei capoluoghi del voivodato della CuiaviaPomerania, è una leggenda che potrebbe nascondere una buona parte
di verità: il 4 settembre del 1939, pochi giorni dopo l’invasione tedesca
della Polonia, vennero trucidate più
di mille persone, comprese alcune
dozzine di scout dell'età di 12-16 anni. Migliaia di altri deportati sarebbero morti qualche anno più tardi
nei campi di sterminio nazisti.
La «Caritas in veritate»
ci aiuta a entrare nel tessuto
dei nostri giorni e capire il presente
trasformandoci da cronisti distratti
in costruttori di realtà
Molte volte nella storia, la testimonianza cristiana è arrivata fino al
sangue tra i placidi canali della
“piccola Venezia” attraversata dal
fiume Brda; in questa città Jerzy
Popiełuszko ha celebrato la sua ultima messa prima di essere rapito ed
ucciso, il 19 ottobre 1984.
Non è facile cancellare le tracce
del male compiuto, tanto meno annullare la misteriosa fecondità che
scaturisce dal sacrificio di sè liberamente accettato per amore, come insegna la storia di Bronisław
Kostkowski, beatificato da Giovanni
Paolo II il 13 giugno 1999 insieme ad
altre 107 vittime della persecuzione
contro la Chiesa polacca durante
l’occupazione tedesca. Morto a 27
anni, Bronisław non è mai stato ordinato sacerdote. Il suo seminario,
dopo la cattura da parte della Gestapo, il 7 novembre del 1939, è stato sui generis, itinerante da un lager
all’altro: dal convento salesiano di
Ląd, trasformato in campo di internamento per ecclesiastici — ai
verfluchte Pfaffe, i “dannati preti” era
riservato un trattamento particolarmente crudele — è proseguito nei
campi di Szczeglin e Sachsenhausen,
per concludersi tragicamente a
Dachau nell’agosto del 1942.
Di lui non resta nessuna reliquia
— il suo corpo è stato bruciato nei
forni crematori del lager e sua madre ha usato la stoffa della sua talare, che i compagni sopravvissuti
avevano riportato da Dachau, per
confezionare l’abito della sua sepoltura — ma «dove un santo ha abitato (...) il luogo è santo, e la santità
non si partirà mai di là. Se pure dagli eserciti sarà calpestato» scrive
Eliot nel celebre Murder in the
Cathedral: il liceo dove Bronisław ha
studiato e ha detto il suo primo sì
alla chiamata di Gesù — pagata subito con la bocciatura alla maturità,
voluta da un professore che aveva
saputo della sua vocazione — è oggi
il Seminario Maggiore della diocesi
di Bydgoszcz.
Nella stessa città, presso l’università Kujawy e Pomorze, è stato appena inaugurato, l’11 giugno scorso,
un Centro Studi Ratzinger, con lo
scopo di rendere continuità educativa il pensiero teologico di Benedetto XVI. Alla cerimonia, presieduta
dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, è seguito un convegno sulla Caritas in veritate, «Etica
ed economia alla luce dell’insegnamento di Benedetto XVI». Non è
nella riuscita apparente che sta il valore di una vita; la realtà è più vasta
della frontiera del visibile e delle limitate categorie umane; le due lezioni non scritte che il beato
Kostkowski ha lasciato ai suoi fratelli nella fede non sono mai state
così attuali e utili. La nostra epoca è
malata di astrazione, la ricchezza
stessa è diventata virtuale, come dimostrano le “nubi tossiche” che
contaminano l’economia mondiale:
il ministro Giulio Tremonti, durante
il suo intervento, ha mostrato la selva di parentesi e simboli che costituiscono la schema di un derivato
per far capire quanto le attuali rendite finanziarie siano lontane dalla
concretezza dei capita di bestiame
che costituiscono la radice etimogica
della parola “capitalismo”.
Non c’è antidoto all’astrazione
più potente della carità («alla filantropia bastano un assegno e una fotografia, mentre la carità esige la
prossimità fino alla boxe» ha scritto
recentemente il filosofo Fabrice
Hadjadj), anche per questo «la Caritas in veritate ci aiuta ad entrare
nel tessuto dei nostri giorni, trasformandoci da cronisti distratti in costruttori di realtà» ha ribadito monsignor Giuseppe Antonio Scotti,
presidente della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger Benedetto XVI,
introducendo e concludendo i lavori
del convegno che ha visto, tra gli al-
Bronisław Kostkowski (a sinistra del sacerdote) con altri compagni di ginnasio
tri, i contributi di Achim Buckenmaier (Pontificia Università Lateranense), Flavio Felice (Pontificia
Università Lateranense, presidente
del Centro Studi Tocqueville-Acton),
monsignor Mario Toso, vescovo segretario del Pontificio Consiglio Iustitia et Pax, il cistercense Justinus
C. Pech (Hochschule Benedikt XVI.,
Heiligenkreuz) e don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice
Vaticana. «La mutilazione della ragione distrugge la politica, sottomettendola al transitorio» ha detto il
cardinale Bertone nella sua lectio magistralis; non sono rimasti in molti,
purtroppo, a difendere i più deboli
in assoluto, i “non-ancora-nati”, le
generazioni future.
Dal diario di padre Tucci
Giovanni XXIII
e la libertà
del concilio
«Nella prima sessione il Papa
ha preferito non intervenire ai
dibattiti per lasciare ai Padri
la libertà di discussione e la
possibilità di trovare la giusta
via da sé; d’altra parte egli,
non avendo la necessaria
competenza nelle varie
questioni, con qualche suo
intervento avrebbe potuto
creare più disturbo che aiuto;
i vescovi dovevano imparare
da sé e lo hanno fatto». Così
scriveva Roberto Tucci, creato
cardinale nel 2001, nel suo
diario del concilio citato sul
prossimo numero della
«Civiltà Cattolica» dallo
storico gesuita Giovanni Sale
che del diario sta preparando
un’edizione.
«Il Papa — scrive Sale — si
sfoga con il gesuita su alcune
posizioni che erano emerse
nella prima sessione del
Concilio, a suo avviso troppo
dure e poco aperte al dialogo,
soprattutto in materia di
Scrittura e di ecclesiologia.
Egli, soprattutto su queste
materie, fece di tutto per
assicurare la tanto auspicata
libertà del Concilio».
Padre Tucci annotava nel suo
diario che Giovanni XXIII
criticava «quei padri conciliari
che, per il fatto di essere stati
professori di teologia, credono
di dover fare dei testi
conciliari dei manuali di
teologia». Secondo il
Pontefice, «non si tratta di
dirimere questioni dottrinali,
poiché non gli pare vengano
oggi agitate questioni la cui
soluzione è necessaria per
evitare gravi danni alla fede
della Chiesa» continua il
diario del gesuita.
Questo, secondo Sale, «era lo
spirito della pedagogia
conciliare di Giovanni XXIII»,
che ha inaugurato il lungo
cammino del Vaticano II «e,
già da subito, ha permesso ai
vescovi di diventare i
protagonisti del “grande
evento” del Concilio, della
“nuova Pentecoste”, che si
stava celebrando nella basilica
vaticana».
Gli studi sul battistero lateranense dagli architetti rinascimentali ai rilievi in 3D
Troppo bella per essere distrutta
Il 14 giugno nei Musei Vaticani si tiene la
quarta conferenza del ciclo «Il restauro del patrimonio architettonico. Cultura e metodo» ideato dal direttore Antonio Paolucci. Pubblichiamo
stralci della relazione del segretario del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana dedicata al
Battistero Lateranense.
di OLOF BRANDT
Il battistero è oggetto di un progetto di rilievo tridimensionale, fatto con laser scanner e con un’altra tecnologia ormai in grande sviluppo, nota come fotogrammetria,
photoscan o structure from movement. Si tratta
dell’ultima tappa di un lavoro corale che da
diversi anni coinvolge due istituzioni della
Santa Sede, i Musei Vaticani e il Pontificio
Istituto di Archeologia Cristiana; e due istituzioni svedesi, l’Istituto Svedese di Studi
Classici a Roma e la soprintendenza archeologica svedese, lo Swedish National
Heritage Board.
Il battistero lateranense ha una storia molto complessa, ma allo stesso tempo molto
chiara tranne per quello che riguarda il suo
corpo centrale di pianta ottagonale. Il Liber
pontificalis del VI secolo racconta che il battistero fu fondato dall’imperatore Costantino.
Oggi è composto da un corpo centrale ottagonale, circondato da altri corpi, cappelle e
vestiboli, di cui si conoscono le date di costruzioni, sempre dal Liber pontificalis, che
racconta di interventi dei Papi Sisto III e
Ilaro nel V secolo e di Giovanni IV nel VII
secolo.
La maggior parte dei dubbi e delle questioni ancora da chiarire riguardano invece
l’ottagono centrale, che in sé deve contenere
diverse fasi. Come si devono distinguere?
Dalla fondazione circolare, alla parte ottagonale bassa con una finestra, alla parte ottagonale alta con una finestra più grande non
compatibile con l’altra — quanta parte di tutto questo fa parte del battistero di Costantino, e quanta parte è stata aggiunta dopo?
Buona parte delle risposte a queste domande si trova nella lettura delle cortine laterizie
antiche dei muri perimetrali, rimaste scoperte e visibili dopo l’ultimo grande restauro
nel 1966.
Dal 2005 è in corso un lavoro di analisi e
lettura delle stratigrafie murarie in collaborazione tra i musei, l’Istituto Svedese e il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana. Nel
2010 è iniziata una nuova fase con un lavoro
di documentazione tridimensionale con il laser scanner e fotogrammetria. In questa fase
è coinvolto anche lo Swedish National
Heritage Board.
Grazie al lavoro già fatto, si ha ormai una
buona idea della forma antica, si potrebbe
dire del disegno, del battistero lateranense
nella sua forma del V secolo, dopo la lunga
ricostruzione iniziata da Sisto III e terminata
da Ilaro. Sostanzialmente è la forma in cui
l’edificio è arrivato a noi, anche se la copertura è stata rifatta e le pareti interne sono
state affrescate. Il battistero del V secolo è
una sala ottagonale alta, con una grande finestra arcuata posta in alto su ogni lato
dell’ottagono, e con un baldacchino interno
a due ordini sovrapposti che sorreggeva un
ottagono interno coperto probabilmente da
una piccola cupola. Questo nucleo ottagonale era poi circondato a un vestibolo e diverse
cappelle.
Della prima fase del IV secolo sappiamo
meno, conosciamo solo la sua forma ottagonale con porte su ogni lato e finestre arcuate
più piccole e più in basso. Non sappiamo se
c’era un colonnato interno o come fosse la
copertura.
Nel battistero lateranense, l’esibizione di
bravura dell’architetto e di generosità del costruttore è particolarmente evidente nel baldacchino interno con otto colonne in due
ordini sovrapposti. Questo disegno collega il
battistero allo sviluppo più raffinato dell’architettura tardoantica, quello che Richard
Krautheimer chiama l’edificio centrale a
doppio involucro, dove colonne e pilastri co-
stituiscono un baldacchino interno, protetto
dai muri perimetrali. La tendenza dell’ambiente a pianta centrale ad aprirsi era presente già nei mausolei del III secolo.
Un passo decisivo viene compiuto sotto
Costantino con il Santo Sepolcro, dove la
parete dell’ambiente centrale viene perforata
e trasformata in un colonnato circondato da
un deambulatorio. A Roma il disegno viene
replicato nel mausoleo di Santa Costanza.
Nel IV secolo l’idea viene sviluppata in San
Lorenzo a Milano, e nel VI secolo nei Santi
Sergio e Bacco a Costantinopoli e in San Vitale a Ravenna.
Nel contesto dei battisteri monumentali,
il battistero lateranense è l’esempio più evoluto di questa tendenza, almeno nella seconda fase, quella del V secolo che ancora vediamo.
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 15 giugno 2012
pagina 5
I giorni della liberazione dell’Urbe raccontati in diretta dalle cronache degli ordini religiosi
L’ansiosa attesa
«Timore e speranze! Quale sarà la sorte riservata a Roma?»
per evitare un inutile spargimento di
sangue.
«Il giorno 11 maggio [1944] — si
enerdì 2 giugno 1944,
l’orologio segna le 23.15 legge nelle cronache del monastero
quando dai microfoni di camaldolese di San Gregorio al CeRadio Londra viene tra- lio — inizia da parte degli Alleati
smesso un messaggio in l’offensiva. Lunghi e forti combatticodice rivolto a tutta la popolazione menti dei quali ci giunge l’eco lontaromana nel quale risuona forte e no. I tedeschi resistono, poi pian
chiara la fatidica parola “elefante” piano retrocedono e la morsa si
che segnala alla Resistenza capitoli- stringe intorno a Roma, ma all’urto
na che ormai le truppe alleate sono dell’avanzata resistono i capisaldi.
pronte a sferrare l’attacco finale per Tutto ci fa prevedere quindi un’anla liberazione della città eterna dopo cor lunga attesa e un’incerta sorte
nove lunghi mesi di occupazione nazista. Gli AlAlle 23.15 del 2 giugno 1944
leati, infatti, in virtù
dell’Operazione Shingle, tedai microfoni di Radio Londra
nacemente
caldeggiata
risuona forte la parola «elefante»
dal premier britannico
Winston Churchill e porÈ il segnale: le truppe alleate
tata a termine vittoriosasono pronte a sferrare l’attacco finale
mente dalla task force del
VI Corpo della V Armata
al comando del generale John P. Lu- per ciò che può succedere a questa
cas, erano riusciti a varcare la linea nostra Roma. Affluiscono ancora e
Gustav infliggendo una brusca bat- specie di notte uomini e mezzi sul
fronte di battaglia mentre le strade
tuta d’arresto alla Wehrmacht.
«Ansiosa attesa della liberazione sono continuamente sotto il tiro di
di Roma. Timore e speranze! Quale un’aviazione anglo-americana numesarà la sorte riservata a Roma?», si rosissima e instancabile. Nella notte
chiedeva, con una certa inquietudi- tra il 2 e 3 [giugno 1944] un contine, il 21 maggio 1944 la cronista nuo movimento nella sottostante via
dell’Istituto Santa Elisabetta delle dei Trionfi ci tiene svegli. È incosuore Francescane Missionarie del minciato il ritiro delle artiglierie e
Sacro Cuore. Dall’occupazione tede- dei mezzi. Continua il movimento
sca, infatti, la capitale viveva ore di per tutto il giorno e s’intensifica neldi GIOVANNI PREZIOSI
V
Il generale Clark chiede informazioni a un sacerdote
ansia e di angoscia sotto il martellamento continuo dei bombardamenti
dell’aviazione statunitense che, a
partire dal 19 luglio 1943, aveva preso di mira dapprima il quartiere di
San Lorenzo e successivamente —
nonostante il governo Badoglio, con
il contributo determinante della Santa Sede, il 15 agosto 1943 avesse dichiarato Roma «città aperta» — altri
punti nevralgici: la città fu bombardata ben 51 volte sino al giorno della
sua liberazione, tanto che a un certo
punto corse persino voce che il Papa
volesse allontanare i religiosi dalla
capitale. Anche questa illazione, tut-
la notte, alla mattina del 4 e per tutto il giorno fino al pomeriggio è
chiara la rotta dei tedeschi che passano con tutti i mezzi possibili e
passano passano; poi appariscono
gruppi a piedi stanchi, disarmati, in
silenzio, umiliati: Qualche soldato
dei reparti italiani che è riuscito a
fuggire in abiti borghesi chiede ospitalità».
Tirando un sospiro di sollievo, il 4
giugno 1944, scrive la cronista di
«Villa Lante» al Gianicolo della Società del Sacro Cuore: «Dopo un’attività sempre crescente l’arrivo degli
Alleati si è effettuato questa sera! La
notte era stata rumorosissima, e la giornata
«Non è vero che il Papa si adoperi
ugualmente. Pare che i
tedeschi si ritirino, già
per far partire religiose e religiosi»
questa mattina hanno
scriveva madre Pessina
aperto le vicine carceri e
vediamo i detenuti polisuperiora provinciale
tici sfilare liberi. Manca
delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù
l’acqua e la corrente elettrica, per conseguenza
tavia, viene seccamente smentita dal- non tram né autobus in città (...).
la Superiora Provinciale delle Figlie Presso il nostro muraglione sul Giadel Sacro Cuore di Gesù, Madre nicolo sono disposte mitragliatrici
Maria Ignazia Pessina che, scrivendo che assordano col loro rombo, un
il 26 febbraio 1944 alla Superiora proiettile è arrivato non si sa come,
Generale Alessandrina Maccari, di- fin nel salottino delle Palme dove il
chiara senza giri di parole: «Non è Cappellano lo ha visto entrare e balvero che il S. Padre si adoperi per zare poi verso la statuetta dell’Ecce
far partire religiose e religiosi e nep- Homo. Si spera che sia l’ultimo fuopure che si vociferi di far sfollare co, perché i tedeschi vanno ritiranRoma. Naturalmente, al punto in dosi: le radio sono silenziose per
mancanza di elettricità, ma non c’era
cui siamo, dove si è sicuri?».
Con l’incalzare dell’avanzata delle dubbio che l’arrivo degli AngloAmericani sia prossimo, (...) pare
truppe alleate che si erano riconsiano alle porte».
giunte davanti a Valmontone aggiDifatti, sul far della sera del 3 giurando da nord i colli Albani per
gno, si notava un lungo corteo di
puntare verso Roma, tutto lasciava camion militari tedeschi convergere
presagire il graduale ripiegamento verso ponte Milvio per attraversare il
dei reparti tedeschi verso nord, so- Tevere e poi proseguire lungo le vie
prattutto dopo la conquista di Cassi- consolari della Cassia e della Flamino e l’ultimo attacco alla testa di nia col preciso intento di abbandoponte di Anzio. Cosa che suggerì al nare definitivamente la capitale senfeldmaresciallo Kesselring, agli inizi za opporre resistenza. Poco dopo,
di giugno, di concentrare la X e XI fiutando il pericolo ormai alle porte,
armata sulla Linea gotica, dove alle- anche le SS decisero di lasciare prestì una serie di linee di resistenza col cipitosamente la sede di via Tasso,
preciso intento di logorare gli Allea- trascinandosi dietro di sé due gruppi
ti, rinunciando a ogni velleitario ten- di prigionieri che furono fatti salire
tativo di difendere la città di Roma su due distinti autocarri diretti al
assordante dei carri.
Alle 2 dopo mezzanotte ecco un altro
fragoroso passaggio,
più lungo del primo,
di
anglo-americani
seguiti da battimani e
da evviva festosi. Insomma fu una nottata di veglia; ma pazienza se l’esito di
questi arrivi sarà favorevole alla pace che
tutti implorano ed
aspettano da Dio».
«Chi potrà non riconoscere — aggiunge
la cronista — nell’incontro pacifico dei
Pio XII a Sant’Ignazio prega la Madonna del Divino Amore
due eserciti nemici
l’aiuto potente di
Dio, l’intervento efficace della SS. asilo alle case religiose e sebbene gresso trionfale nella capitale cercanVergine tanto pregata nei pellegri- non se ne condivida i principi di ro- do di farsi largo tra ali di folla. In
naggi da parecchie Parrocchie vina loro, carità ci obbliga ad aprire Campidoglio, infatti, erano stati
dell’Urbe; specialmente a S. Ignazio, le porte. Attendono che passi la bu- convocati tutti i comandanti dei cordov’è stata portata la Madonna del fera. È più paura, forse giustificata pi d’armata per fare il punto della
Divino amore, considerata qui e nei dagli atti loro, che realtà, ché la rea- situazione. In tale circostanza si indintorni la più sicura protettrice dei zione è calma e benigna. Non sono sediò, in qualità di comandante militare e civile di Roma, su designaziobisognosi? Il S. Pane del Comitato di liberazione nadre stesso si è recato
«Alle 2 dopo mezzanotte
zionale (Cln), il generale Roberto
a S. Ignazio, e là, dal
Bencivenga che, insieme ad altri
pulpito ha invitato la
un altro fragoroso passaggio
esponenti antifascisti, aveva trovato
gente che gremiva la
di anglo-americani
rifugio presso il Pontificio Seminario
Chiesa, a ringraziare
Maggiore del Laterano.
con Lui la SS. VergiFu una nottata di veglia ma pazienza
Sotto il cielo di Roma, fino ad alne, Madre di miseril’esito sarà favorevole alla pace»
lora costellato dai lugubri bombarcordia».
dieri dell’aviazione alleata, adesso si
Nel frattempo, nella città e nei suoi dintorni si era svi- pagati con quella misura colla quale incominciava a respirare la libertà,
presagendo un avvenire foriero di
luppata una vera e propria jacquerie loro pagarono gli avversari!».
All’improvviso Roma, fin ad allora speranze. Animati da questo entusiaurbana tra le varie bande partigiane,
che cercavano di spianare la strada deserta, si era riempita di folla. Tanti smo, decine di migliaia di romani
all’arrivo degli Alleati contrastando uomini e donne, rimasti nascosti nei nel pomeriggio del 5 giugno si riverle retroguardie tedesche che, a loro loro rifugi, potevano finalmente re- sarono in piazza San Pietro per trivolta, tentavano strenuamente di ar- spirare l’aria pulita della libertà, do- butare il loro omaggio al Papa, che
ginarne l’avanzata. In uno di questi po mesi di attesa. Piazza Venezia, tanto si era adoperato per la liberascontri rimase vittima il dodicenne un tempo luogo prediletto delle fa- zione di Roma.
«Giornata di grandi emozioni! —
Ugo
Forno,
soprannominato migerate adunate oceaniche fasciste,
scrive il 5 giugno nel Gior«Ughetto»: il 5 giugno 1944 pagò
nale della casa “Villa Lante”
con la vita il tentativo, andato a
la cronista delle religiose
buon fine, di impedire che un repardella Società del Sacro Cuoto di genieri tedeschi facessero saltare —. Erano alle ore 18 alle
re il ponte ferroviario sull’Aniene,
porte e alle 21 sono entrati;
lungo la statale Cassia. Di questo
sentivamo ier sera acclamamarasma generale approfittò l’ex
zioni, chiasso per istrada, sul
questore fascista di Roma, il famigetardi si picchiava ripetutarato Pietro Caruso che, fiutando il
mente al portone, invece del
pericolo che incombeva su di lui, il
solito silenzio imposto dal
4 giugno, alle prime luci dell’alba,
coprifuoco si udivano grida
fuggì rapidamente dall’hotel Plaza
di gioia (...) Stamane poi a
dove risiedeva insieme al suo braccio
colazione la Nostra Rev.da
destro Roberto Occhetto e all’autista
Madre Saladini ha annunFranzetti, a bordo di un’Alfa Romeo
ziato infatti che gli Anglo
carica d’oro e di gioielli, diretto verAmericani sono entrati ier
so l’Italia settentrionale. Tuttavia,
sera in Roma e che i primi
poche ore dopo, in prossimità di Veson andati direttamente in
tralla, a causa di un incidente, fu coPiazza San Pietro ad ossestretto a farsi ricoverare, sotto mentiquiare il Santo Padre che si
te spoglie, presso l’ospedale di Baè degnato mostrarsi alla fignoregio. Riconosciuto dai partigianestra per benedirli; ne siani, venne tradotto nel carcere di Remo entusiaste perché sappiagina Coeli.
mo quanto ha lavorato il Pa«Sono le 20,35 — scrive, con un
pa per ottenere che Roma
senso di sollievo, il cronista del mosia rispettata; per intervento
nastero di San Gregorio al Celio —
divino attraverso le sue inEntra in coro fr. Giovanni gridando
stancabili, paterne, caritate“sono arrivati gl’inglesi, sono arrivavoli sollecitudini Roma sacra
ti, sono qui sotto!”. Si lascia di corsa
è preservata dal divenire teaUgo Forno, detto «Ughetto»
il coro e si va alle finestre. All’incrotro di guerra! Il popolo rocio sottostante carri armati anglomano come primo attestato
americani circondati da partigiani
italiani armati sparano colle loro mi- era ora gremita di persone entusiaste dei suoi sentimenti si è già adunato
tragliatrici sulla via dei Cerchi, dei che accoglievano con gioia i libera- stamane alle 7 in Piazza San Pietro
Trionfi, battono la strada che sale tori statunitensi che, nelle prime ore ad esternare la sua commossa gratiall’Aventino. (...) È questa l’ora dei del pomeriggio di quel memorabile 5 tudine al Pontefice Defensor Civitagerarchi fascisti che per sottrarsi giugno, raggiunto il centro della ca- tis e come ier sera Sua Santità è apall’ira popolare o agli arresti del pitale al comando del generale Mark parso alla finestra benedicendo. Vernuovo governo d’Italia domandano Wayne Clark, facevano il loro in- so le 10:15 la manifestazione si è rinnovata ardentissima e più volte il
Santo Padre ha benedetto con effusione. Anche alle 18 la Piazza rigurgitava di popolo, allora il Papa ha
Un percorso storico attraverso rari documenti d’epoca
rivolto al popolo parola di conforto
e di nuove speranze».
Tutti i romani, infatti, in quei momenti d’angoscia trovarono nella
Chiesa e soprattutto nel Papa,
Il 4 giugno del 1944 i primi reparti degli eserun’autorità capace di svolgere una
citi alleati entravano a Roma. La prima capifunzione di sostegno, ordine, pacifitale europea era libera dopo nove mesi di occazione e moderazione degli animi.
cupazione nazista. A sessantotto anni da
Proprio per questo suo perspicace
quell’avvenimento, dal 15 al 27 giugno ai mumodus operandi, in seguito Pio XII si
sei capitolini si tiene la mostra «Roma liberameritò l’appellativo di Defensor
ta, 4 giugno 1944», che propone un percorso
civitatis.
storico-documentario, costituito da centinaia
Come previsto dal compromesso
di fotografie e di documenti.
faticosamente raggiunto il 12 aprile
L’iniziativa vuole essere un momento inizia1944 con i vari leader dei partiti antile di informazione e di divulgazione rivolta al
fascisti, il giorno successivo alla libegrande pubblico, ai giovani, al mondo della
razione di Roma, Vittorio Emanuele
scuola e ai visitatori italiani e stranieri in preIII abdicò firmando, nella sua resivisione delle celebrazioni del settantesimo andenza di Villa Episcopio a Ravello,
niversario.
il decreto di nomina del figlio UmIl programma prevede anche un convegno,
berto di Savoia luogotenente generache il 14 giugno proporrà una serie di testimole del Regno. L’incubo era finito. La
nianze storiche. L’iniziativa — promossa conliberazione di Roma era il preludio
giuntamente dal delegato del sindaco per la
della vittoria finale di cui si dovrà
liberazione di Roma, Aladino Lombardi, e dal
attendere, però, ancora un altro anCentro per la Promozione del Libro, che ha
no. In questo modo l’Italia, dopo il
curato il percorso espositivo — offre tra l’altro
bieco ventennio, voltava definitivarare copie di quotidiani italiani ed esteri pubmente pagina e si accingeva a scriblicati in quelle giornate. Tra queste anche pavere un nuovo capitolo della sua
gine dell’«Osservatore Romano».
storia.
nord. Tra di essi figuravano il sindacalista Bruno Buozzi, tre spie italiane dell’Office of Strategic Service statunitense e alcuni membri dei Gruppi di Azione Patriottica. Tuttavia,
mentre il primo autocarro si avviò
spedito lungo la Cassia, l’altro, probabilmente a causa di un guasto,
non riuscì a partire. Grazie a questo
provvidenziale inconveniente, i prigionieri si salvarono: lasciati nelle
celle incustodite, furono liberati poco dopo grazie all’intervento della
Resistenza romana.
Il camion sul quale si trovava invece Buozzi, dopo aver percorso pochi chilometri appena uscito da Roma, improvvisamente, si arrestò nei
pressi del sobborgo de La Storta. I
14 prigionieri furono immediatamente fatti scendere e rinchiusi in un garage. Il mattino successivo, mentre
gli Alleati erano alle porte della capitale, le SS, considerandoli ormai
un peso inutile, decisero di sbarazzarsene definitivamente. Li condussero dietro dei cespugli e, a bruciapelo, esplosero un colpo di rivoltella
alla nuca di ognuno di loro lasciandoli esanimi in un boschetto al chilometro 14,200 di via Cassia. Insieme al sindacalista Buozzi fu barbaramente trucidato anche John
Armstrong, nome di copertura di
Gabor Adler, un agente dello Special
Operation Executive, il braccio operativo dei servizi segreti britannici
ideato da Churchill
per coordinare le
azioni di sabotaggio
dietro le linee nemiche.
Una ulteriore dettagliata descrizione di
quanto accadde in
quei giorni convulsi
ci viene offerta dalle
Memorie della Casa
romana «Sacro Cuore» delle Figlie del
Sacro Cuore di Gesù:
«Oggi [4 giugno] è
stato un continuo
cannoneggiare come
lo fu nella notte scorsa. Questa sera alle
8,20 arrivarono i soldati americani che
destarono
un
grand’entusiasmo
nella popolazione e
vivaci battimani con
“evviva” in alto tono.
Sia dalle finestre che
dalla via Cavour, ove
la gente s’agglomerava straordinariamente. Passò anche la carrozza di S. Eccellenza Badoglio, salutato esso pure
con “evviva”, ma più garbati. Dio
l’aiuti e gli risparmi umiliazioni e
guai! Intanto noi non avevamo la luce elettrica, ma splendeva una bella
luna che illuminava la via ed i soldati anglo-americani, entrati tranquillamente in città, dopo qualche sparo
di cannoni alle porte periferiche.
Purtroppo la bella luce lunare servì
a parecchi ladri italiani per entrare
in alcuni negozi a svaligiarli senza
pietà. Che vergogna! Verso le 11, ancora per via Cavour, dalla parte destra, venivano carri e carretti pieni di
americani che silenziosamente si fermarono nell’incontrarsi coi camion
tedeschi, in partenza, i quali venivano alla sinistra, essi pure in silenzio,
non potendo però evitare il rumore
Mostra sul 4 giugno 1944
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
venerdì 15 giugno 2012
Al Congresso eucaristico internazionale di Dublino
Un deciso no al progetto governativo sulle cerimonie tra omosessuali
Bisogna rafforzare
la spiritualità
Cattolici e anglicani inglesi
difendono il matrimonio
dal nostro inviato MARY NOLAN
Gilbert Keith Chesterton fu presente al Congresso eucaristico internazionale di Dublino del 1932. Un
giorno, seduto in un tram, sentì due
anziane signore parlare della processione eucaristica che si sarebbe svolta il giorno seguente. L’una osservò
che era un peccato che sarebbe piovuto. L’altra rispose: «Oh, no, non
pioverà! Altrimenti il Signore farebbe piovere su se stesso». Mi è scappato un sorriso nel ricordare questo
aneddoto, quando ho visto le nubi
allontanarsi e far spazio a un radioso tramonto nel cielo d’Irlanda; proprio in quel momento, infatti, nella
serata di ieri, mercoledì 13 giugno,
stava per iniziare a Dublino la processione eucaristica.
Sin dall’apertura del 50° Congresso eucaristico internazionale, il clima è stato piacevole ma forse un
po’ timido o, per usare un’espressione più corretta, “d’attesa”. La gente
semplicemente non sa che cosa accadrà; che aspetto dovrebbe avere
un incontro come questo, specialmente in una terra in cui le radici
culturali della Chiesa sono state innegabilmente scosse. Tuttavia, le
persone sono davvero aperte al migliore dei risultati. Gli oratori, gli
ospiti internazionali, i cittadini di
Dublino: tutti si sono mostrati attenti e gentili, sperando in un’esperienza feconda.
Solo ieri sera, però, il ghiaccio si
è veramente rotto. Il cardinale
Ouellet — appena rientrato da Lough Derg, dove ha incontrato e pregato con persone che avevano subito abusi sessuali — ha portato l’ostia
per le strade di Dublino, seguito da
cardinali e numerosi vescovi e circa
dodicimilacinquecento fedeli. La
processione si è conclusa a Simmonscourt, proprio davanti al «Chiara
Luce Youth Centre».
Dopo la benedizione, invece di
rientrare alla spicciolata negli alberghi, i gruppi hanno dato vita a una
celebrazione. Un gruppo di giovani,
membri di un’organizzazione nota
come Youth Defence, ha iniziato a
ballare, sorprendendo tutti. Un
gruppo di settantacinque coreani
non ha potuto fare a meno di unirsi
subito a loro, insieme a quarantanove pellegrini angolani. Molto presto
tutti i presenti interagivano in un
modo che non avevo mai visto prima. È stato il modo migliore, anzi,
l’unico, di concludere una celebrazione eucaristica, vale a dire in comunità.
Nella giornata di oggi, il Congresso è stato dedicato a «Il sacerdozio e il ministero al servizio della
comunione». In diversi interventi è
stato ribadito che senza il sacerdozio non ci sono sacramenti, non c’è
eucaristia. Esso è l’umile servizio
che lega il popolo di Dio e il suo
nutrimento. Ma il sacerdozio sta
soffrendo, qui come altrove. Non si
tratta solo di numeri, come è stato
detto chiaramente, ma di sostanza. I
sacerdoti stessi hanno bisogno di ricevere i sacramenti, la loro spiritualità deve essere rafforzata. I
workshop come quelli di suor Briege
Mckenna sono stati dedicati proprio
a questo argomento. Altri hanno dipinto il ritratto intimo del rapporto
che i sacerdoti hanno con il corpo
di Cristo, come quello di don Paul
Murray: «Una grazia meravigliosa: i
poeti dell’eucaristia».
In altri ambiti ministeriali, il cattolico scozzese Tony Schmitz ha dato testimonianza del ruolo dei diaconi nel servizio della comunione.
Lui stesso, diacono permanente,
sposato e padre di tre figli, è stato
invitato al Congresso per aiutare ad
affrontare la questione in un momento molto speciale della storia irlandese: solo il 2 giugno scorso l’arcivescovo Diarmuid Martin ha ordinato i primi otto diaconi permanenti per la diocesi di Dublino.
È ormai noto a tutti in Irlanda
che, martedì, il cardinale Marc
Ouellet, legato pontificio, insieme
all’arcivescovo Charles John Brown,
nunzio apostolico in Irlanda, e al
vescovo di Clogher, Liam S. MacDaid, ha incontrato alcune vittime
di abusi sessuali. La notizia, riportata sui giornali di ieri, è stata diffusa
solo dopo l’evento, per mantenere
la riservatezza dovuta alle vittime e
ai loro familiari. Sul verde della Royal Dublin Society, mentre proseguivano le attività pomeridiane in
tutto il campus, il Congresso ha deciso di trasmettere e ritrasmettere
sul grande schermo l’intervento
dell’arcivescovo di Manila, Luis Antonio G. Tagle, presentato martedì
mattina, sul tema «L’abuso nei confronti dei bambini: accettare la responsabilità, portare guarigione».
L’intervento è stato molto apprezzato da quanti lo hanno seguito, è stato elogiato, considerandolo «tanto
diretto quanto pastorale».
Oggi, giovedì 14 giugno, sarà celebrata una Liturgia di riconciliazione, durante la quale certamente tutti
i partecipanti porteranno nel cuore
questi tempi difficili e tuttavia pieni
di speranza.
LONDRA, 14. Un deciso «no» al progetto promosso dal primo ministro
inglese David Cameron per consentire, entro il 2015, la celebrazione di
matrimoni tra coppie dello stesso
sesso è stato espresso, martedì 12,
dai vescovi cattolici e da quelli anglicani in due distinti documenti in
risposta alla consultazione sul tema
promossa dal Government Equalities Office di Londra.
Nella lettera d’accompagno del
documento dei vescovi cattolici, indirizzata alla parlamentare Theresa
May che ricopre la carica di Home
Secretary, monsignor Peter David
Gregory Smith, arcivescovo di
Southwark, vicepresidente della
Conferenza dei vescovi cattolici
d’Inghilterra e del Galles e presidente del Department for Christian
Responsability and Citizenship, ha
dichiarato che «nell’interesse di difendere l’unicità del matrimonio come una istituzione civile per il bene
comune della società, si consiglia vivamente al Governo di non procedere con proposte legislative che
“consentano a tutte le coppie, indipendentemente dal loro sesso, di
avere una celebrazione per il matrimonio civile”». Nel testo, il presule
ha anche sottolineato che «il documento di consultazione chiarisce
che il Governo è principalmente interessato a raccogliere pareri su come il cambiamento legislativo potrebbe essere realizzato al meglio e
non se tale cambiamento dovrebbe
o meno avvenire. Questo è per noi
un motivo di grave preoccupazione
perché si tratta di una proposta che
ha una immensa importanza per la
stabilità della nostra società e ha
implicazioni significative per l’unicità dell’istituzione matrimoniale e
della vita familiare; una proposta
che viene invece incentrata su una
ristretta base di discussione e con
una argomentazione molto limitata».
Nel «no» alle nozze tra omosessuali espresso dai presuli anglicani
inglesi si afferma: «Per noi non è
possibile sostenere il proposito del
Governo di consentire a tutte le
coppie, indipendentemente dal loro
sesso, di celebrare un matrimonio».
Nel messaggio, indirizzato anch’esso
alla Home Secretary, si mette in evidenza che nelle preposizioni del
Government Equalities Office si distinguono, in modo del tutto erroneo, due categorie di matrimonio,
quello civile e quello religioso, e che
basandosi su questa distinzione «si
fornisce una interpretazione falsa sul
valore della cerimonia nuziale nel
contesto della istituzione matrimoniale». Per i vescovi anglicani inglesi «cambiando il significato del matrimonio si arriva alla conseguenza
che anche la cerimonia potrà avere
delle variazioni e questo porterà
mutamenti alla natura stessa di tutti
i matrimoni celebrati nelle chiese o
in altri luoghi di culto».
Nella risposta alla consultazione,
le ragioni del rifiuto ai matrimoni
tra omosessuali dei vescovi anglicani
vengono introdotte da un breve testo firmato dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams e dall’arcivescovo di York John Sentamu. In
questa introduzione si fanno presenti al Governo inglese alcune serie
osservazioni di carattere legale, etico
e religioso. Tra l’altro, si pone in
evidenza che, al di là delle assicurazioni fornite sul rispetto della libertà delle organizzazioni religiose in
materia matrimoniale, rimane co-
L’assemblea ha deciso a larga maggioranza la non adozione
Il sinodo di Edimburgo
respinge l’Anglican Covenant
EDIMBURGO, 14. Un deciso voto negativo all’adozione dell’Anglican
Covenant è stato espresso, lo scorso
fine settimana, dalla assoluta maggioranza dei membri del Sinodo generale degli anglicani di Scozia dopo che il documento, inteso a definire alcuni punti comuni tra le diverse correnti presenti nell’ambito
dell’Anglican Communion, era stato
respinto anche da gran parte dei
consigli diocesani degli anglicani
d’Inghilterra.
Commentando gli esiti dell’assemblea sinodale, il reverendo David Chillingworth, che ricopre la carica di Primus della Scottish Episcopal Church, ha affermato che le ragioni che hanno precedentemente
spinto a sviluppare il patto contenuto nell’Anglican Covenant hanno
costituito «un originale e onorevole
tentativo per dare maggiori motivazioni all’Anglican Communion. Tuttavia — ha aggiunto — nel corso della discussione sono sorte tra i mem-
Nello Sri Lanka incontro di riflessione promosso dal World Council of Churches
Al servizio dei più emarginati
COLOMBO, 14. Una diakonia capace
di essere soprattutto «profetica e
trasformativa» che «non si adatti alle sole forme convenienti» ma che
sappia «incarnarsi nella realtà»: è
questa, in estrema sintesi, l’indicazione scaturita in occasione di una
conferenza promossa dal World
Council of Churches (Wcc-Consiglio Ecumenico delle Chiese Cec) a
Colombo, nello Sri Lanka. L’iniziativa, ospitata a cura del National
Christian Council of Sri Lanka, ha
visto la partecipazione di oltre cinquanta rappresentanti di comunità
religiose e organizzazioni affiliate
che sono attualmente impegnate,
nell’ambito della collaborazione con
l’organismo ecumenico, a sviluppare
nuove iniziative di solidarietà a favore delle popolazioni più povere e
marginalizzate nel mondo.
Il Wcc ha da tempo avviato un
profonda riflessione sui temi del ministero e della diakonia, quali funzioni essenziali per le comunità religiose, alla luce delle trasformazioni
in atto nel mondo e, in particolare
relazione, con le questioni legate alla giustizia sociale, l’ecologia e lo
sviluppo sostenibile. Si tratta di
un’azione che è stata rilanciata a
partire soprattutto dalla nona assemblea svoltasi, nel 2006, a Porto
Alegre (Brasile), in occasione della
quale sono state formulate una serie
di priorità per il lavoro dei sette anni successivi, istituendo in particolare sei aree programmatiche, comprendenti progetti e attività specifiche. Tali aree di lavoro sono: «Il
Wcc e il movimento ecumenico nel
XXI secolo»; «Unità, missione, evan-
gelizzazione e spiritualità»; «Testimonianza pubblica: confrontarsi con
il potere, affermare la pace»; «Giustizia, diakonia e responsabilità per
il creato»; «Istruzione e formazione
ecumenica»; «Dialogo e cooperazione interreligiosa». A tale riguardo,
le comunità religiose sono state
chiamate a promuovere la testimonianza comune nella missione e
nell’evangelizzazione, a sostenere il
rinnovamento nell’unità, nel culto,
nella missione e nel servizio e a impegnarsi nel servire i bisogni umani,
nell’abbattere le barriere tra popoli,
nel cercare pace e giustizia e nel
preservare l’integrità del Creato.
«La diakonia è una funzione ecclesiale essenziale — è stato sottolineato durante l’incontro in Sri Lanka — e deve essere profetica e trasformativa e non può essere scelta
in forme soltanto convenienti». Essa, è stato osservato, deve essere soprattutto un servizio autentico, una
missione e un supporto per le popolazioni marginalizzate nella loro
lotta per l’affermazione della giusti-
munque il fatto che «se la legge venisse cambiata la cerimonia di matrimonio potrebbe divenire oggetto
di contenzioso sia presso i tribunali
del Regno Unito sia presso le Corti
europee». Si fa inoltre presente che
«il cambiamento della legge potrebbe mettere in discussione la natura
intrinseca del matrimonio inteso come unione tra un uomo e una donna secondo quanto è sempre stato
stabilito nel corso della storia». Per
i presuli anglicani inglesi «il matrimonio ha dato un fondamentale
contributo al bene dell’intera società
in diversi modi; non solo promuovendo valori come la solidarietà
e la fedeltà, ma anche riconoscendo
una complementarietà biologica
basilare per l’unione e che comprende, per molti, la possibilità di procreazione». Quindi, per i presuli «la
legge certamente non dovrebbe
cancellare le obbiettive differenze
che esistono tra un uomo e una
donna».
Per quanto riguarda l’atteggiamento verso le coppie omosessuali, i
presuli anglicani ricordano le loro
precedenti iniziative per rimuovere
nel Regno Unito le disparità di carattere legale e le discriminazioni
nel trattamento assistenziale tra le
coppie etero e quelle omosessuali.
Per i vescovi anglicani, un cambiamento della natura del matrimonio
non recherà alcun beneficio aggiuntivo alle coppie omosessuali che già
sono comunque protette dalla legislazione sulle unioni civili. Nella risposta ufficiale si sottolinea infine
che «non è certamente saggio imporre, per ragioni essenzialmente
ideologiche, un profondo cambiamento di significato a un termine
così familiare e fondamentale come
quello del matrimonio».
zia. Walter Altmann, moderatore
del Comitato centrale del Wcc ha
invitato «le comunità religiose a collaborare per affrontare le emergenze
della fame e della povertà che appaiono in aumento a causa degli effetti dell’economia globalizzata».
Altmann ha spiegato che «le comunità religiose di più piccole dimensioni, con le loro modeste risorse,
hanno imparato che lo spirito di
servizio per il prossimo non è un
privilegio delle sole comunità più
ricche, perché non è una questione
di risorse economiche, ma invece
della capacità delle persone di porsi
accanto a coloro che hanno bisogno
di solidarietà, compassione e amore». La diakonia, ha osservato ancora Reinerio Arce Valentin, presidente dell’ Evangelical Theological Seminary di Matanzas, a Cuba, «deve
diventare un impegno incarnato nella realtà in cui si vive». Per la rappresentante dell’Ecumenical Disability Advocates Network, Gertrude
Oforiwa Fefoame, «la diakonia di
Gesù è iniziata tra le persone emarginate per farle riappropriare della
loro dignità. La diakonia oggi deve
confrontarsi con gli emarginati».
Il tema sarà anche al centro della
prossima assemblea del Wcc che si
terrà a Busan, in Corea del Sud, nel
2013. L’incontro nello Sri Lanka,
conclude una nota dell’organismo
ecumenico, è servito infatti ad arricchire la riflessione in vista dell’evento. Al centro dei lavori, a Busan, saranno infatti proprio i temi della
giustizia, pace, salvaguardia del
creato, declinati sotto il tema della
pace giusta. In un documento redatto al termine della Conferenza
ecumenica internazionale per la pace, svoltasi nel maggio 2011 in Giamaica, si spronano «le comunità religiose perché sviluppino e rafforzino reti di “ministri” di pace giusta.
Le comunità sono chiamate ad alzare in pubblico la sua voce riguardo
a questi problemi, dicendo la verità
al di fuori delle mura dei propri
santuari». A Busan questo impegno
troverà ulteriore spazio di approfondimento.
bri del Sinodo generale una serie di
preoccupazioni a riguardo di alcuni
contenuti ritenuti non conformi allo
spirito anglicano che rendono il testo non più adatto a raggiungere i
traguardi che erano stati all’inizio
fissati».
Il testo dell’Anglican Covenant è
sempre stato sostenuto dal primate
della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury, Rowan
Williams, che si è ripetutamente dichiarato convinto che il documento
debba essere sottoscritto dai sinodi
di tutte le province che compongono l’Anglican Communion. Per il
primate, l’adesione al testo dovrebbe consolidare i rapporti tra le diverse comunità di fedeli anglicani
mentre gli oppositori al documento
sostengono invece che le norme
contenute nel testo potrebbero creare di fatto dei legami troppo vincolanti e contrari allo spirito delle comunità anglicane.
I punti più controversi dell’Anglican Covenant riguardano le ordinazioni di donne vescovo e l’accettazione di persone dichiaratamente
omosessuali nell’ambito della missione pastorale. Questi due punti
hanno ormai di fatto diviso le diverse comunità di fedeli della Comunione anglicana ed è ormai netta la
contrapposizione tra i pastori di alcuni Paesi africani, generalmente
contrari alla omossessualità, e i vertici episcopaliani degli Stati Uniti
che, invece, hanno scelto per guida
una donna ordinata vescovo e che
intrattiene una pubblica relazione
con una persona del suo stesso
sesso.
Commentando le varie motivazioni che hanno indotto la maggioranza dei membri del Sinodo generale
degli anglicani scozzesi a negare la
loro adesione all’Anglican Covenant, il reverendo David Chillingworth ha affermato che «la nostra
decisione negativa a riguardo
dell’adozione di questo documento
significa che non pensiamo che esso
possa indicare a noi una strada giusta da percorrere. Abbiamo riconosciuto che quello che può dividere e
causare difficoltà alla nostra fede
comune non può essere ricondotto
unicamente a una serie di problemi
che riguardano la sessualità umana
ma, invece, a una serie di questioni
tra loro collegate e alle quali dobbiamo fornire un ampio numero di
risposte».
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 15 giugno 2012
pagina 7
L’assemblea dei vescovi degli Stati Uniti
L’appello dell’arcivescovo di Mendoza
Una chiamata
all’azione
L’essenza del matrimonio
WASHINGTON, 14. Libertà religiosa,
misure per assicurare la protezione
di bambini e dei giovani dagli abusi
sessuali commessi da esponenti del
clero, nuova evangelizzazione e lotta
alla povertà: sono i principali temi
al centro delle riflessioni dei vescovi
degli Stati Uniti, riuniti fino al 15
giugno, ad Atlanta, per l’assemblea
generale. All’apertura ieri, 13 giugno, della tradizionale riunione di
primavera è stato soprattutto il tema
della libertà religiosa a dominare
l’agenda dei lavori. Nel presentare
la prossima iniziativa Fortnight for
Freedom, la manifestazione promossa
dall’episcopato in programma dal 21
giugno al 4 luglio in tutte le arcidiocesi e diocesi del Paese, i presuli
hanno nuovamente levato la loro
voce contro le politiche di riforma
del Governo. Il fronte di contrasto
aperto è vasto: vari provvedimenti
legislativi promossi dalle autorità
governative federali e da quelle locali stanno incidendo in maniera significativa sul principio del rispetto
della libertà di coscienza nel campo
della tutela della vita e del matrimonio. Si tratta, ad esempio delle nuove direttive di riforma sanitaria che
rendono più agevole alle donne il
ricorso alle pratiche abortive, mediante piani assicurativi privati che
tutti i datori di lavoro, inclusi quelli
appartenenti a istituzioni e organizzazioni religiose, dovrebbero assicurare alle proprie dipendenti; oppure,
dei tentativi di obbligare i ministri
religiosi a celebrare cosiddetti «matrimoni» fra persone dello stesso
sesso. Una questione, quest’ultima,
peraltro affrontata in una lettera-appello che, nel gennaio scorso, un
gruppo di leader cattolici e di varie
confessioni cristiane e della comunità ebraica hanno voluto rendere nota, nella quale si osserva che il principale rischio per la libertà religiosa
è rappresentato proprio dai tentativi
di obbligare i ministri a celebrare tali unioni.
A prendere la parola sul tema è
stato il presidente della Commissione
per la libertà religiosa della Conferenza episcopale, l’arcivescovo di
Baltimore, William Edward Lori, che
ha definito «assurdi e singolari» i
provvedimenti delle autorità federali,
visti come un’aperta intrusione nella
sfera di libertà delle comunità religiose. I presuli hanno tenuto a puntualizzare che l’iniziativa Fortnight
for Freedom non intende affatto influenzare l’opinione pubblica dal
punto di vista politico, ma che essa
costituisce un impegno nella società
volto a sottolineare «il prezioso valore dell’eredità cristiana e della libertà
in America».
L’assemblea ha votato in maniera
unanime una mozione, presentata
dallo stesso arcivescovo di Baltimore, per richiamare i cattolici all’unità
nell’ambito della campagna di sensibilizzazione sulle istituzioni civili. Si
tratta, è stato sottolineato, «di una
chiamata all’azione». I vescovi indicano con «esempi concreti» le violazioni della libertà religiosa: fra l’altro, si indica il rischio di chiusura
per molte agenzie caritative che si
occupano di assistenza alle donne
immigrate, ma che nel contempo si
trovano ad affrontare pesanti ostacoli alle loro attività in quanto non
garantiscono l’accesso alle pratiche
abortive. Inoltre, vi sono diversi casi
di ministri che subirebbero pressioni
per celebrare «matrimoni» fra persone dello stesso sesso. Proprio sulla
promozione e tutela del matrimonio
tradizionale, quale unione fra un
uomo e una donna, è prevista una
relazione del vescovo di Oakland,
Salvatore Joseph Cordileone, che
presiede l’apposito subcomitato
dell’episcopato. La linea condivisa è
quella di proseguire sulla strada della fermezza, pur nel mantenimento
del dialogo. Nel concludere il suo
intervento, monsignor Lori ha ribadito che «le critiche e le derisioni»
ricevute dall’episcopato per quanto
riguarda la propria visione sui temi
etici e morali non scoraggerà affatto, «ma anzi indurrà a fare esattamente l’opposto».
Le riflessioni sono proseguite sul
tema degli abusi sessuali sui minori,
in particolare riferimento all’implementazione degli effetti del Charter
for Protection of Children and Young
People, la Carta per la protezione
dei bambini e dei giovani, redatta
dall’episcopato nel 2002. La strada
da seguire è stata già indicata da
tempo dal cardinale arcivescovo di
New York e presidente della Conferenza episcopale, Timothy Michael
Dolan: «La Chiesa deve continuare
a vigilare e a fare tutto il possibile
affinché gli abusi non si ripetano».
Membri laici del National Review
Board (Nrb) hanno illustrato all’assemblea gli sviluppi in tema di pre-
venzione e tutela: «Da dieci anni —
si osserva — vi è stato un evidente
progresso nella risposta della Chiesa
riguardo alla protezione dei minori.
I bambini sono ora più sicuri, perché sono stati creati ambienti protetti e sono state prese azioni per rimuovere in maniera permanente coloro che hanno offeso il proprio ministero». Ad esempio, si sottolinea
che prima della pubblicazione nel
2002 della Carta, soltanto venticinque tra diocesi ed eparchie avevano
nelle parrocchie gruppi di coordinatori per la protezione delle vittime
degli abusi; mentre nel 2012 il loro
numero è salito a 195. Nella relazione annuale relativa al 2011 sullo sviluppo della Carta, presentata lo
scorso aprile, sono stati riportati 683
nuovi casi di abusi denunciati da
persone adulte e relativi a fatti accaduti nella maggior parte fra il 1960
e il 1984. In quell’occasione il cardinale Dolan aveva affermato che
«anche se la maggioranza delle denunce riguarda il passato, tutti dobbiamo continuare a lavorare per una
piena guarigione e riconciliazione
con le vittime». Per i vescovi, ha aggiunto il porporato, affrontare la
questione «è una comune priorità».
L’assemblea di Atlanta ha avviato
poi una riflessione sulla nuova evan-
gelizzazione e la lotta alla povertà.
Per celebrare l’Anno della fede —
che avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel
cinquantesimo anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II, e
terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo — i vescovi statunitensi hanno approntato un nutrito programma di iniziative. Il vescovo di Green Bay e presidente del
comitato dell’episcopato su Evangelizzazione e Catechesi, David Laurin Ricken, ha in particolare posto
in evidenza il documento dal titolo
«Discepoli chiamati alla testimonianza: la nuova evangelizzazione»,
con oggetto il tema della riscoperta
della fede. Inoltre, nell’ambito del
Sinodo dei vescovi sulla nuova
evangelizzazione, in programma, a
Roma, dal 7 al 28 ottobre, è prevista
la partecipazione del cardinale arcivescovo di Washington, Donald
William Wuerl, in qualità di relatore.
Per quanto concerne la lotta in
generale alla povertà e all’esclusione
sociale, i vescovi hanno approvato
infine la stesura di un messaggio
speciale che include anche la questione della disoccupazione e della
situazione economica generale.
La manifestazione Fortnight for Freedom
Per il valore prezioso
della libertà
WASHINGTON, 14. C’è fermento
nelle diocesi degli Stati Uniti in
vista dell’avvio della Fortnight for
freedom, la campagna di sensibilizzazione promossa dalla Chiesa cattolica sul tema della libertà religiosa. Una lista delle attività è presente nel sito internet dell’episcopato. La Fortnight for freedom vuole
essere essenzialmente una campagna di insegnamento e di testimonianza, cui sono chiamate ad aderire anche altre comunità religiose
e che culminerà il 4 luglio con la
celebrazione
dell’Independence
Day, la principale festa del Paese.
A caratterizzare la conclusione
dell’iniziativa sarà la celebrazione,
a Washington, della messa presso
la basilica dell’Immacolata Concezione, presieduta dal cardinale arcivescovo della città, Donald William Wuerl. L’omelia sarà invece
letta dall’arcivescovo di Philadelphia, Charles Joseph Chaput. Il 21
giugno sarà, invece, l’arcivescovo
di Baltimore, William Edward Lori, a inaugurare nella sua città l’avvio della campagna, con una messa che verrà celebrata presso la basilica dell’Assunzione della Beata
Vergine Maria. L’arcidiocesi di
Washington ha inoltre programmato per il 24 giugno una «celebrazione orante della libertà», presso
il George Washington University’s
Smith Center, dove il cardinale
Wuerl parteciperà a un incontro
dedicato alla storia della libertà religiosa e all’esperienza della comunità cattolica. L’arcidiocesi invita
anche i fedeli a recitare giornalmente una breve preghiera dedicata alla libertà, dal tema «Minute
to win it !» fino alla celebrazione
della solennità di Nostro Signore
Gesù Cristo Re dell’Universo (25
novembre).
L’episcopato, è aggiunto, esorta
anche vescovi e sacerdoti a utilizzare le omelie della solennità del
25 novembre per la predicazione
sullo stato della libertà religiosa,
sia nel contesto domestico che in
quello internazionale. Non mancherà, infine, l’utilizzo di moderni
mezzi di comunicazione, come per
esempio Twitter, per diffondere il
tema della campagna. Vari sono
poi i cortei che sfileranno nelle città per manifestare l’impegno delle
comunità religiose, ai cui fedeli
verranno distribuiti cartelloni, medaglie e spille, come simboli di appartenenza della campagna: tra
queste vi è Wichita, nello Stato di
Kansas, dove il vescovo Michael
Owen Jackels guiderà un gruppo
di fedeli fino alla sede della Palazzo di Giustizia. In aggiunta, l’arcidiocesi di Oklahoma City ospiterà
una manifestazione ecumenica.
L’arcidiocesi di Philadelphia si aggiunge alla lista delle iniziative
con una conferenza; mentre la diocesi di Rochester ha organizzato
un Festival per la libertà che prevede, fra gli altri, interventi di rappresentanti del Catholic Family
and Human Rights Institute e della New York State Catholic Conference. Messe e speciali preghiere
coinvolgeranno le comunità di immigrati: il 24 giugno la diocesi di
Dallas celebrerà una Fortnight
Mass per la comunità ispanica, cui
seguirà un incontro educativo sempre in lingua spagnola.
BUENOS AIRES, 14. L’arcivescovo di
Mendoza, monsignor José María
Arancibia, ha ribadito l’impegno
della Chiesa cattolica in Argentina
per il diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale e si è
rammaricato che nel Paese si stia
impoverendo l’immagine della famiglia e del matrimonio.
In un’intervista al quotidiano «El
Sol», l’arcivescovo, a proposito della
riforma del codice civile, ha affermato «che la Chiesa ha già espresso
un parere critico riguardo alla parte
relativa alla famiglia e al divorzio.
Ci sono aspetti che stanno impoverendo l’immagine della famiglia e
del matrimonio. E questo mi preoccupa. Se un matrimonio non ha come valore la fedeltà, tutto perde
consistenza».
Inoltre,
il
presule
riguardo
all’adozione dei bambini, ha messo
in discussione il fatto che si voglia
dare questo diritto a coppie dello
stesso sesso. «Alcuni — ha sottolineato — pensano che la figura materna e quella paterna siano più
adatte per lo sviluppo di bambini e
adolescenti. Sono ruoli complementari. La questione è se tutti i cambiamenti culturali siano in realtà
vantaggiosi per gli esseri umani. La
Chiesa cattolica difende un modello
non solo dai tratti religiosi, ma anche umani». Monsignor Arancibia
ha anche criticato la depenalizzazione dell’aborto in caso di stupro, e
ha affermato che «nessuna donna
merita un aborto: il nascituro non è
colpevole. Un’ingiustizia non si risolve con un’altra. La donna che subisce violenza è già una grave ingiustizia. Ma se sopprimiamo una vita,
anche questa lo è». L’arcivescovo di
Mendoza si è detto preoccupato
perché con la recente decisione della
Corte suprema di giustizia i casi di
aborto non punibile stanno diventando sempre più numerosi nel
Paese.
Attualmente, il codice penale argentino stabilisce che l’aborto non è
punibile se la gravidanza è frutto di
atto commesso contro una donna
affetta da disturbi mentali o nei casi
in cui sia a rischio la vita o la salute
della donna, ma nello specifico è
stata riconosciuta dal tribunale la legittimità della volontà di abortire
anche in assenza di disturbi mentali
della minorenne.
«Deploro — ha sottolineato il presule — anche tanta inclinazione da
parte di numerosi movimenti femministi che difendono l’aborto come
se fosse un diritto della donna. Mi
dispiace che vi siano queste correnti
femministe quando è proprio la
donna colei che accompagna e assiste malati, bambini, genitori, con
sentimento materno o umanitario».
Lutto nell’episcopato
Monsignor Luiz Gonzaga Bergonzini, vescovo emerito di Guarulhos, in
Brasile, è morto nell’ospedale Stella
Maris della città episcopale, dopo
una lunga malattia.
Il compianto presule era nato in
São João da Boa Vista il 20 maggio
1936 ed era stato ordinato sacerdote
il 29 giugno 1959. Eletto alla sede
residenziale di Guarulhos il 4 dicembre 1991, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 7 febbraio 1992.
Dopo circa vent’anni di ministero, il
23 novembre 2011 aveva rinunciato
al governo pastorale della diocesi.
Le esequie vengono celebrate giovedì pomeriggio, 14 giugno, alle ore
16, nella cattedrale Nossa Senhora
Imaculada Conceição di Guarulhos,
dove il presule sarà anche sepolto.
Nel marzo scorso in Argentina è
partita una campagna promossa dalla Chiesa per la raccolta di firme a
sostegno di una «Legge per la tutela integrale della famiglia». Per la
sua approvazione il disegno di legge
richiede cinquecentomila firme. Alcuni tra i punti salienti della legge
riguardano i princìpi basilari della
politica familiare argentina, il riconoscimento della famiglia come società naturale e primaria, fondata
sul matrimonio, inteso come unione
stabile tra un uomo e una donna, e
aperto alla vita nascente; la promo-
zione integrale della donna e il riconoscimento della maternità come
bene sociale e personale, valorizzando il suo ruolo insostituibile di madre ed educatrice; il rispetto e la tutela della vita di tutti gli esseri umani sin dal momento del concepimento, a partire dalla fecondazione
dell’ovulo, fino alla sua fine naturale. Tra i punti cardine si dichiara
anche che l’interruzione volontaria
della gravidanza costituisce una grave violazione del diritto fondamentale alla vita di ogni essere umano.
Monsignor Morga sul congresso catechistico argentino
Architrave
della formazione
BUENOS AIRES, 14. «Un’esperienza
ecclesiale intensa, molto significativa; una Chiesa viva, dinamica che
intende, mediante la catechesi, attuare la nuova evangelizzazione
fortemente auspicata da Benedetto
XVI». Con queste espressioni l’arcivescovo Celso Morga Iruzubieta,
segretario della Congregazione per
il Clero, sintetizza l’intenzionalità
profonda del terzo Congresso catechistico nazionale svoltosi, nei
giorni scorsi, a Morón, in Argentina, promosso dalla Commissione
episcopale per la catechesi della
Conferenza episcopale argentina,
sul tema generale «Anticipare l’aurora, attivare la speranza». Vi hanno preso parte circa 40 vescovi e
1200 congressisti delegati, tra sacerdoti, religiosi, religiose e laici,
provenienti da tutte le diocesi del
Paese.
Sulla scia del Congresso di Aparecida, il Continente latinoamericano e caraibico — sottolinea il
presule, delegato del Papa al congresso — è attualmente impegnato
«in una radicale e capillare evangelizzazione che esige una necessaria conversione sia a livello personale che pastorale; una vera missione continentale che richiede un
rinnovato impegno missionario tale da rispondere alle sfide epocali
in atto in ambito culturale, familiare, sociale. Quindi una nuova e
urgente azione pastorale nella quale la catechesi ha, e deve sempre
più avere, il suo ruolo specifico».
Essa, infatti, «nell’esprimere il mistero della Chiesa e nel trasmettere
integralmente e nella verità il depositum fidei, non può sottrarsi a
questa dinamica di crescita e di
ascolto delle rinnovate esigenze
del credente». Secondo il segretario della Congregazione per il Clero, dinanzi alle profonde trasformazioni della società argentina, e
in generale di tutta l’America Latina, «la Chiesa non può pensare di
adagiarsi nella consapevolezza che
la tradizione cristiana sociale, culturale e familiare sia bastevole ad
affrontare un cammino di rinnovamento e di crescita. Anche in quel
continente ci si ritrova al cospetto
di una situazione di avanzata secolarizzazione, indice di un decremento dello spirito religioso, che
ha favorito la crescita della presenza delle sette religiose». In tale
contesto allora — evidenzia l’arcivescovo Morga Iruzubieta — «i catechisti, guidati dai pastori, hanno
optato per una catechesi di iniziazione cristiana, di ispirazione catecumenale, che implica un processo
di crescita e di maturazione della
fede iniziale e di coerenza di vita
(valore della testimonianza), alla
luce della Parola di Dio interpretata dal Magistero, radicata nella vita liturgica, parte principale di tale
processo. Questa catechesi è ispirala al Rituale dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti e dura tutta la
vita mediante una formazione cristiana permanente». Con l’iniziazione cristiana — puntualizza il
presule — la «Chiesa madre genera
i suoi figli e rigenera se stessa.
Nell’iniziazione esprime il suo volto missionario verso chi chiede la
fede e verso le nuove generazioni.
In prospettiva catecumenale il
cammino scandito in tappe offre
percorsi differenziati e integrali.
Occorre promuovere la maturazione di fede e soprattutto bisogna
integrare tra loro le varie dimensioni della vita cristiana: conoscere,
celebrare e vivere la fede, ricordando che chi costruisce la casa sulla
roccia deve “ascoltare” la Parola di
Gesù e “metterla in pratica”». La
fede, dunque, deve essere «nutrita
di Parola di Dio e resa capace di
mostrarne la credibilità per l’uomo
d’oggi. All’immagine di una Chiesa che continua a generare i propri
figli all’interno di un percorso di
trasmissione generazionale della
fede, nel continente latinoamericano si affianca quella di una Chiesa
che, prendendo atto della scissione
tra fede e cultura nella società,
propone quindi itinerari di iniziazione cristiana per tutti: bambini,
giovani ed adulti». Per l’arcivescovo Celso Morga Iruzubieta, l’Anno della Fede, voluto dal Santo
Padre, unitamente alla celebrazione del prossimo Sinodo per la
Nuova Evangelizzazione ha avuto
una profonda eco nel simposio dei
catechisti in Argentina. Tali eventi,
infatti, «sono preziosissimi per ricordare all’Orbe cattolico l’importanza della catechesi, per riscoprire
i contenuti della fede “professata,
celebrata, vissuta e pregata” e il
valore della nuova evangelizzazione. Ho personalmente riscontrato
poi, in vista di tali eventi, tanto
desiderio ed entusiasmo missionario per rilanciare una catechesi
davvero incisiva. Si vuole puntare
sul catechismo come sull’architrave
della formazione permanente».
Anche il rettore dell’Istituto superiore di catechesi argentino
(Isca), il sacerdote José Luis
Quijano, riferendosi al congresso,
ha detto che l’evento è stato innanzitutto un segno di ecclesialità,
una sinfonia di linguaggi nell’unica Parola di Dio: «Il Catechismo è
un libro della fede, per l’insegnamento della fede, un’esperienza
profondamente umana».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
venerdì 15 giugno 2012
Il cardinale Gianfranco Ravasi presenta il nuovo dipartimento del suo dicastero
Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede
Sport e cultura
per un rinnovato umanesimo
Il cardinale Levada
incontra monsignor Fellay
Lo sport ha bisogno di una catarsi
contro le degenerazioni, affinché
torni a essere un fenomeno culturale
significativo. Non usa mezzi termini
il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, nell’esprimere il suo pensiero sullo sport. Lo ha fatto durante la presentazione presso il dicastero, giovedì mattina, 14 giugno, del
nomeno degenerato. È questo del
resto il senso dell’analisi culturale
che il Pontificio Consiglio ha come
missione, in vista di un discernimento, ovvero: comprendere per poter
evangelizzare. La cultura non si
evangelizza dal di fuori, ma dal suo
cuore, dal di dentro di ogni fenomeno culturale. Detto in altri termini,
prima di parlare al mondo dello
capace anche di scatenare le passioni
più forti. In taluni casi si trasforma
in un fenomeno preoccupante di
violenza, rifugio di frange estremiste, xenofobe e radicali. Altre volte,
invece, è un fattore di aggregazione
sociale: la squadra nazionale, per
esempio, in alcuni casi rimane l’unico collante che tiene insieme un
Paese laddove i simboli tradizionali
Il calciatore della nazionale greca Dimitris Salpingidis nel classico atteggiamento di chi affida al cielo le proprie prestazioni sportive (foto Ansa)
nuovo dipartimento «Cultura e
sport».
L’iniziativa si affianca a quella
analoga del Pontificio Consiglio per
i Laici, che dal 2004 ha al suo interno una sezione Chiesa e sport.
Obiettivo dichiarato è quello di definire nuove linee di approccio culturale al fenomeno sportivo, tese a
individuare nello sport il «luogo»
privilegiato del dialogo tra la Chiesa, la cultura e il mondo giovanile, e
un nuovo areopago di incontro tra
credenti e non-credenti, nello spirito
del «cortile dei gentili».
Dal punto di vista ecclesiale, è
stato fatto anche notare, il mondo
dello sport richiede uno sguardo attento che cerchi di capirne le dinamiche e i valori di cui è portatore,
prima di condannarlo come un fe-
Raccolti in volume
e in e-book
i discorsi del Papa
a Milano
I discorsi e le omelie pronunciati
da Benedetto XVI in occasione
della visita pastorale all’arcidiocesi di Milano e per l’Incontro
mondiale delle famiglie sono stati
raccolti in un volume, con la prefazione del cardinale arcivescovo
Angelo Scola.
In libreria da lunedì scorso, 11
giugno, appena una settimana
dopo gli avvenimenti, la pubblicazione ha come titolo il tema del
VII raduno internazionale «La famiglia: il lavoro e la festa».
«Il presente volume — scrive il
cardinale Scola nella prefazione —
raccoglie il prezioso insegnamento che il Santo Padre ci ha offerto a Milano. Chiedo a tutti i fedeli ambrosiani di farne oggetto
di lavoro, personale e comunitario, in famiglia, nelle parrocchie,
negli oratori, nelle aggregazioni
dei fedeli. Quale migliore introduzione all’Anno della fede ormai alle porte?».
Pubblicato dal Centro ambrosiano l’instant book (64 pagine,
3,40 euro) propone tutti gli otto
interventi del Pontefice nella metropoli milanese dal 1° al 3 giugno — dal saluto in piazza Duomo fino all’omelia della messa solenne a Bresso, davanti a oltre un
milione di fedeli — e, per concludere, la catechesi all’udienza generale in piazza San Pietro mercoledì 6 giugno, nella quale Benedetto XVI ha definito l’Incontro
di Milano «un’eloquente epifania
della famiglia».
La raccolta è disponibile anche
in formula di e-book, acquistabile
in tutte le librerie italiane on-line
al prezzo ridotto di 1,99 euro.
sport, è necessario ascoltarlo e cercare di capirlo. Perciò, il Dipartimento
non cercherà soltanto di parlare al
mondo dello sport ma anche portare
alla Chiesa l’eco delle grandi aspirazioni culturali di questo mondo, approfondendo le sue attese contemporanee ed esplorando nuove vie di
dialogo culturale con i suoi protagonisti.
La nuova struttura, ha spiegato il
cardinale Ravasi, si colloca sulla scia
di altri organismi della Santa Sede
che cercano di collegare la Chiesa al
mondo dello sport, ma con lo stile
proprio del Pontificio Consiglio della Cultura. Punto di partenza è l’importanza che lo sport ha acquisito
nella cultura contemporanea come
fenomeno di massa. Il mercato dello
sport muove cifre da capogiro, ma è
(la bandiera e l’inno) sono messi in
discussione.
Nel mondo cristiano, lo sport, ha
fatto notare il porporato, è evocato
anche nel suo aspetto ludico e come
rappresentazione dell’attività creatrice. San Paolo, ha ricordato, parla
dello sport almeno una o due volte
nel nuovo Testamento. Nel suo «testamento», nel secondo capitolo della seconda Lettera a Timoteo, l’Apostolo paragona la sua vita a una corsa. Dalle sue parole si evince come
egli conosca la tecnica del pugilato.
E su questa scia il nuovo dipartimento cercherà di promuovere l’incontro tra il messaggio salvifico del
Vangelo e il mondo dello sport, affinché esso si apra sempre più alla
fede cristiana, creatrice di cultura e
fonte ispiratrice di scienze, lettere e
arti; favorire l’utilizzo dello sport
come risorsa educativa e strumento
di sviluppo culturale dei popoli; allacciare, assieme agli altri uffici della
Santa Sede operanti in questo settore, rapporti con gli organismi internazionali dello sport, e con le associazioni cattoliche sportive; facilitare
il dialogo Chiesa-sport a livello di
università e di centri e organizzazioni sportivi, e promuovere incontri significativi mediante questi mondi
culturali.
Alla presentazione del nuovo dipartimento sono intervenuti tra gli
altri anche padre Kevin Lixey, responsabile della sezione Chiesa e
sport del Pontificio Consiglio per i
Laici, monsignor Melchor José
Sánchez de Toca y Alameda, il quale ha annunciato l’avvio della seconda edizione della Scuola di Pensiero
«per ridare anima allo sport e formare educatori sportivi». È stata
inoltre annunciata la nascita del
nuovo sito internet del dicastero
www.cultura.va.
È poi intervenuto Edio Costantini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, il quale
si è soffermato sui valori interni ed
esterni dell’attività sportiva notando
come purtroppo il mercato abbia
narcotizzato lo sport. Il pallavolista
Andrea Zorzi ha sottolineato poi
l’importanza di ridefinire il concetto
di sport.
Da annotare poi che il cardinale
Ravasi ha anche informato a proposito di due appuntamenti promossi
dal dicastero. Il primo avrà luogo,
venerdì 22 giugno: nella sede del
Pontificio Consiglio, il presidente
della Repubblica dell’Azerbaigian
firmerà l’intesa per il finanziamento
dei lavori nelle catacombe romane
dei Santi Marcellino e Pietro ad
duas lauros, sulla via Casilina. Sarà
la prima volta che un capo di Stato
musulmano contribuisce al restauro
di una catacomba cristiana.
L’altro appuntamento è per martedì 26 giugno, nell’ambasciata
d’Italia presso la Santa Sede, dove si
riunirà il «cortile dei gentili» sul tema «Verità e diplomazia», riservato
agli ambasciatori accreditati presso
la Santa Sede e il Quirinale. L’incontro sarà presieduto dallo stesso
cardinale Ravasi e dal rappresentante diplomatico del Governo italiano
presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco.
Successo e promozione della Petriana basket nel campionato nazionale
Dall’oratorio alla serie C
Festa grande domenica prossima, 17
giugno, al Pontificio Oratorio di
San Pietro. C’è da festeggiare l’ennesima impresa della squadra di basket che, nonostante un calendario
da brivido nei play off per l’accesso
alla divisione nazionale C, riesce a
centrare l’obiettivo.
Sebbene società amatoriale, o meglio oratoriana, la Petriana basket è
una delle più antiche società sportive della capitale. È stata infatti fondata nel 1929. Nell’ambito oratoriano si esercitano diverse attività sportive a livello regionale e provinciale
riservate ai giovani: dal calcio, al
nuoto, al calcetto, ma il vero fiore
all’occhiello è proprio la squadra di
basket che ha tra l’altro militato addirittura nella serie B nazionale nel
1996. «Dopo la vittoria del 1996 che
ci portò nella serie B — dice il presi-
dente Fioravanti, — oggi, dopo un
periodo difficile, si è realizzato un
altro sogno, il ritorno ad alti livelli
con la promozione in serie C. Il merito va a tutti i ragazzi del giovane
coach Pazzi, figlio di due “petrianini” doc: Giorgio e Anna; al suo vice
Di Giacomo; ai “senatori” Coltellacci, Focardi, Forti, e Piazza».
Un merito particolare il presidente lo attribuisce proprio ai ragazzi
cresciuti nel vivaio della Petriana:
Martongelli, Fioravanti, Nero, Lombardi, Fiori, Forgione, De Santis,
Spalvieri, Arena, Battistini, Buonfiglio, Lorenzi, Melillo, Michele, Maselli, Umar e Cesareni.
«Un risultato che ci inorgoglisce
— aggiunge monsignor Bruno
Guiotto, direttore storico del Pontificio Oratorio San Pietro — perché
maturato nel “clima” che si respira
nell’Oratorio San Pietro. Per questo
io credo che questo successo vada
suddiviso tra tutte le numerose famiglie dei nostri giovani atleti — che
non hanno fatto mai mancare il loro
caloroso apporto — i dirigenti Cacciatori, Papi, Lombardi e il direttore
sportivo Fabbri». Un buon auspicio
anche per il neo presidente della
Polisportiva monsignor Tolotto. Il
presidente Fioravanti e il direttore
tecnico Tuccinardi già guardano alla
prossima stagione, quando, oltre al
rientro dalla Germania di Emanuele
Tuccinardi sarà fondamentale l’apporto dei vari Battistini, Arena e degli altri “under” che avranno un
ruolo determinante nel prossimo
campionato.
Risultato eccellente anche per la
squadra femminile, promossa quest’anno in serie B.
Nel pomeriggio di mercoledì 13
giugno si sono incontrati il cardinale William Levada, prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede e presidente della Pontificia
Commissione Ecclesia Dei, e monsignor Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità Sacerdotale
San Pio X, insieme a un suo assistente. Lo riferisce la Sala Stampa
della Santa Sede in un comunicato.
Erano presenti anche l’arcivescovo
Luis Ladaria, segretario della medesima Congregazione, e monsignor
Guido Pozzo, segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei.
L’oggetto dell’incontro era quello
di presentare la valutazione della
Santa Sede circa il testo consegnato
dalla Fraternità Sacerdotale San
Pio X nel mese di aprile, in risposta
al Preambolo dottrinale, sottoposto
dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 14 settembre 2011 a
detta Fraternità. Nella discussione
successiva si è avuta anche la possi-
bilità di offrire le opportune spiegazioni e precisazioni. Monsignor
Fellay da parte sua ha illustrato la
situazione attuale della Fraternità
Sacerdotale San Pio X e ha promesso di far conoscere la sua risposta
in tempi ragionevoli.
Durante il medesimo incontro si
è anche consegnata una bozza di
documento con il quale viene proposta una Prelatura Personale come
strumento più adatto a un eventuale riconoscimento canonico della
Fraternità.
Come già detto nel comunicato
stampa del 16 maggio 2012, si conferma che la situazione degli altri
tre vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X sarà trattata separatamente e singolarmente.
A conclusione della riunione si è
auspicato che anche attraverso questo momento ulteriore di riflessione
si possa giungere alla piena comunione della Fraternità Sacerdotale
San Pio X con la Sede Apostolica.
Concluso il convegno dei cappellani dell’aviazione civile
Il Vangelo
in aeroporto
È possibile fare evangelizzazione in un luogo dove ogni giorno si
incrociano le strade di
migliaia di persone «di
passaggio», in viaggio
per motivi diversi — lavoro, istruzione, turismo, necessità economiche, costrizioni sociali — alla volta di
Paesi geograficamente
e culturalmente lontani
da quelli di origine? È
la sfida alla quale hanno cercato di dare risposta in questi giorni
i partecipanti al quindicesimo
seminario
mondiale dei cappellani cattolici dell’aviazioUn viaggiatore all’aeroporto statunitense di Atlanta (foto Ap)
ne civile e membri delle cappellanie, riuniti
da lunedì 11 giugno a Roma per Una situazione rispecchiata con eviiniziativa del Pontificio Consiglio denza nel mondo della mobilità aedella Pastorale per i Migranti e gli rea, che ormai ha assunto i caratteri
Itineranti.
di «un vero crocevia umano».
A partire dalle indicazioni di BePartendo dalla constatazione che
nedetto XVI — che ricevendoli in il nostro tempo è caratterizzato anudienza proprio all’inizio dei lavori che dalla «secolarizzazione» e seha raccomandato di «annunciare gnato dall’emergere di «nuovi mocon forza rinnovata la Buona No- vimenti settari», con una «diffusa
vella, con la parola, con la presen- insensibilità nei confronti della fede
za, con l’esempio e con la testimo- cristiana» e da «una marcata tennianza, ben consapevoli che, pur denza alla frammentarietà» — come
nell’occasionalità degli incontri, la afferma Benedetto XVI nel recente
gente sa riconoscere un uomo di messaggio per la Giornata mondiaDio e che spesso anche un piccolo le del migrante e del rifugiato — la
seme in un terreno accogliente può Chiesa, ha sottolineato il porporagermogliare e produrre frutti ab- to, «si sente sollecitata a rivedere i
bondanti» — e dalle esperienze del- suoi metodi, le sue espressioni e il
le varie cappellanie rappresentate suo linguaggio, rinnovando il suo
(32 aeroporti internazionali di 15 ardore e slancio missionario».
Paesi dell’Europa, delle Americhe e
Tra le prime indicazioni emerse
dell’Africa), i convegnisti hanno la- in questo senso il cardinale Vegliò
vorato fino a mercoledì sera, 13 giu- ha segnalato la necessità di un
gno, al testo del documento finale. coinvolgimento diretto da parte
Nel quale sono convenute le rifles- delle diverse componenti ecclesiali,
sioni e le testimonianze di tre inten- prime fra tutte proprio le diocesi
se giornate di studio scandite dalla interessate dal fenomeno, nel quale
volontà di individuare strumenti e ha detto «si possono scoprire nuove
modalità al passo con i tempi, per
modalità di presenza e di annunrealizzare il compito della «nuova
cio». Resta naturalmente fermo il
evangelizzazione
nel
mondo
ruolo degli operatori pastorali, chiadell’aviazione civile».
mati ad agire in comunione d’intenCompito non facile, ha avvertito
ti con il vescovo e in assoluta fedelsin dall’inizio il cardinale Antonio
tà agli insegnamenti della Chiesa.
Maria Vegliò, presidente del dicaTra i relatori che si sono sussestero promotore. Soprattutto perché
ha a che fare con il complesso guiti in queste giornate l’arcivescomondo della mobilità umana, nel vo Rino Fisichella, presidente del
quale convergono le aspirazioni e le Pontificio Consiglio per la Promosperanze ma anche i disagi e i zione della Nuova Evangelizzaziodrammi dell’umanità contempora- ne, il quale ha confermato l’impornea. Diverse infatti, ha notato il tanza che — per gli obiettivi voluti
porporato, sono «le cause che spin- dal Papa nell’istituire il dicastero —
gono la gente a varcare i confini gioca proprio la pastorale negli aegeografici della propria patria, dai roporti.
Un contributo interessante è vemovimenti intrapresi in piena libertà a quelli fatti con la massima co- nuto dalla relazione del reverendo
strizione». E il fatto che oggi molti Louis Cameli, cappellano dell’aerodi questi spostamenti siano possibi- porto internazionale statunitense di
li «grazie alla facilità di viaggiare Chicago-O’hare. Sottolineata l’imofferta dal trasporto aereo» non fa portanza della formazione dei capche accentuare il legame tra mobili- pellani — ha posto l’accento in partà umana e globalizzazione: un fe- ticolare sulla capacità di comunicanomeno che «non è semplicemente re attraverso i mezzi messi a dispoun processo socio-economico — ha sizione dalle nuove tecnologie —
rilevato il porporato — ma un per- Cameli si è soffermato sulle azioni
corso che rende l’umanità sempre da porre in atto per centrare
più interconnessa, superando i con- l’obiettivo: favorire l’incontro casuafini geografici e culturali». Essa le; organizzare incontri programma«ha prodotto una mescolanza di ti; adottare il metodo della «espanpersone e di popoli senza preceden- sione virale» del messaggio prenti, con problematiche nuove non dendo a modello la metodologia di
solo dal punto di vista umano, ma diffusione video su internet; agire
anche etico, religioso e spirituale». con il metodo «ricerca-intervento».