TESI DOTT XXIII CICLO - ABSTRACT
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TESI DOTT XXIII CICLO - ABSTRACT
Università degli Studi di Roma FORO ITALICO Dottorato di Ricerca in ‘Culture, disabilità e inclusione : educazione e formazione’ Gaetanina Villanella QUANDO L’OCCIDENTE INCONTRA L’ORIENTE CULTURE, EDUCAZIONE INCLUSIVA E PROCESSI D’INTEGRAZIONE SCOLASTICA A TAIWAN Abstract L’uso di una certa terminologia ed il suo significato in rapporto alla politica educativa di un paese sono collegati alle caratteristiche sociali e culturali, a quelle del sistema educativo ed al contesto d’uso dei termini; caratteri che questi riflettono e insieme contribuiscono a modificare; un aspetto nell’uso dell’uno o dell’altro termine è il suo collegamento alle prospettive di innovazione e di sviluppo dei sistemi educativi, in base alle indicazioni degli organismi internazionali. Nell’ambito dello stesso paese possono coesistere termini diversi per indicare lo stesso concetto, o concetti analoghi. In campo pedagogico ciò è in parte dovuto all’evoluzione del sistema e delle politiche educative, ma comporta sempre una riflessione e una ridefinizione costante del quadro di riferimento: si tratta di una questione che non può essere risolta adottando acriticamente l’una o l’altra terminologia, l’una o l’altra visione del problema, purché in linea con quella che riscuote un maggiore consenso. Uno dei temi che hanno maggiormente coinvolto gli studenti del corso di dottorato è stato quello della riflessione sul significato e sull’uso dei termini integrazione e inclusione nell’ambito delle politiche educative e in relazione ai processi educativi e formativi realizzati dalla comunità scolastica. A questa riflessione è dedicata tutta la prima parte della tesi di dottorato, che riguarda i temi dell’integrazione e dell’inclusione nel sistema educativo italiano e in quelli di altri paesi dell’Occidente, e che rappresenta la premessa del confronto con un paese molto lontano dell’Oriente, cui sono dedicate le altre tre parti della tesi. La riflessione sui concetti d’integrazione scolastica e d’inclusione e il confronto con la letteratura di riferimento hanno consentito di estendere la ricerca sulle politiche d’integrazione scolastica e d’inclusione, in relazione alla terminologia usata e al quadro concettuale cui si collegano, passando dalla realtà a noi più familiare a quella apparentemente così lontana, da un punto di vista geografico, sociale e culturale, di Taiwan. Lo spirito che ha mosso tutto il percorso di ricerca è stato infatti quello di guardare al di fuori, non solo dell’Italia ma anche rispetto agli abituali punti di riferimento, per poter comprendere meglio ciò che avviene presso di noi, o più vicino a noi. Si è trattato di una preziosa occasione di riflessione per riscoprire il valore dell’integrazione scolastica realizzata in Italia, identificandone sia le caratteristiche che la distinguono da quanto realizzato in altri paesi, sia gli elementi che l’avvicinano al concetto di educazione inclusiva, o a quanto realizzato in contesti geograficamente molto lontani. Nella prima parte, dopo un’accurata analisi del modello d’integrazione scolastica in Italia, viene tracciata la storia dei concetti d’integrazione scolastica e d’inclusione, e vengono affrontate le principali tematiche ad essi collegate, con particolare riguardo al tema dei Bisogni Educativi Speciali nel suo rapporto con la speciale attenzione presente nel modello italiano. La riflessione abbraccia la visione in merito a queste tematiche, ma anche le politiche degli organismi internazionali e quelle nazionali dei paesi considerati. Considerando l’uso generalizzato del termine inclusion nei documenti internazionali, dovuto all’uso della lingua inglese e all’origine anglofona del termine (che viene contrapposto a integration), il confronto ha abbracciato il sistema educativo degli USA e del Regno Unito, ma anche le politiche educative all’interno dell’Unione Europea, senza trascurare il contributo degli autori francesi, con l’obiettivo di definire differenze, tendenze e prospettive d’innovazione collegate al concetto di inclusione e di educazione inclusiva. Sono stati utilizzati i contributi dei principali studiosi italiani e di molti autori stranieri che si occupano di educazione inclusiva e di politiche educative, insieme alle ricerche sul tema che sono state realizzate dall’Unione Europea e i documenti prodotti (tra cui i Glossari). Sono stati esaminati testi istituzionali e normativi, contributi di associazioni delle persone disabili e degli insegnanti. Il concetto di inclusione è stato sviluppato a partire dalla metà degli anni ’90 ed è stato diffuso dai documenti degli organismi internazionali, oltre che dall’uso generalizzato dell’inglese. Si tratta di un concetto non trova una completa rispondenza nella lingua italiana, in cui il termine è collegato all’idea di un contesto chiuso e di semplice inserimento. Esso appare a molti più efficace di quello d’integrazione perché trasmette l’idea d’appartenenza (più che quella di costruzione, di percorso, di crescita), perché si riferisce alla generalità degli studenti (e non solo a quelli in situazione di disabilità), perchè circoscrive il discorso collegandolo al mondo della scuola e delle scienze dell’educazione senza perdere di vista all’impegno degli organismi internazionali per rimuovere le cause dell’esclusione socio-culturale ed economica, perché implica una prospettiva d’innovazione. In Italia abbiamo una lunga tradizione pedagogica nei confronti delle persone in situazione di disabilità. Restando nell’ambito del ‘900, Maria Montessori contribuì a porre le basi dell’integrazione educativa, che è stata realizzata in Italia a partire dagli anni ’70 del secolo, attraverso una politica educativa sollecitata dal basso (e cioè da studenti, genitori, docenti e associazioni di persone disabili) che ha consentito l’integrazione degli studenti in situazione di disabilità in tutti gli ordini di scuola fino all’università. I due concetti d’integrazione scolastica e d’inclusione sono contrapposti nelle politiche educative di altri paesi e nel pensiero di molti studiosi; recentemente anche alcuni autori italiani sottolineano una maggiore ampiezza del concetto d’inclusione, pur nel suo rapporto con l’integrazione scolastica realizzata in Italia a partire dagli anni ’70 e che resta alla sua base. Nella letteratura internazionale si afferma sempre di più il concetto d’inclusione, mentre quello d’integrazione scolastica tende a scomparire; ne deriva che l’esperienza italiana, più che trentennale, rischia di essere letta in termini riduttivi non solo all’estero ma anche all’interno del nostro paese. Sminuire il senso dell’integrazione scolastica - che in Italia non equivale all’inserimento (o all’inserirsi) nel contesto ma è espressione dello stesso diritto all’istruzione - non sembra utile al miglioramento del sistema italiano, e neppure al miglioramento degli altri sistemi nella direzione indicata dagli organismi internazionali L’educazione inclusiva si basa sull’idea di partecipazione di tutti gli studenti nell’ambito del contesto, ma la sua realizzazione nelle politiche educative non implica in sé e non comporta necessariamente la creazione di sistemi pienamente integrati o inclusivi, come conferma la presenza di sistemi separati d’istruzione e di formazione anche in quei paesi che affermano di realizzare politiche inclusive nella società e nella scuola. In Italia, l’integrazione scolastica ruota intorno al concetto di processo ed a quello di contesto, che richiedono continui aggiustamenti e ridefinizioni dei rapporti e degli equilibri. La stanchezza e l’avvicendamento di docenti ed operatori costituisce una variabile importante; anche l’invecchiamento di quei genitori che animarono il dibattito pedagogico a partire dagli anni ’60 può contribuire ad una perdita, in termini di consapevolezza e di difesa dei diritti; ancora di più influiscono sul funzionamento complessivo del sistema le scelte politiche, amministrative ed economiche, come quelle che vanno in direzione contraria rispetto al welfare e quelle che vanno nella direzione della competizione, tra studenti e tra scuole. La realizzazione di un confronto internazionale sulla qualità dell’educazione, ad esempio, prevede l’uso di strumenti di valutazione di tipo statistico che rischiano di ‘escludere’ le situazioni di disabilità e di svantaggio dalla valutazione stessa, ricreando uno standard in cui rientrare e riproponendo l’esclusione. Sono di improbabile applicazione in Italia, salvo adeguamenti alle situazioni individuali, ovvero salvo escludere dal campione tutti coloro che nel sistema italiano sono inclusi a pieno titolo (mentre possono non esserlo altrove), ma che non possono rientrare in uno standard che non tenga conto delle peculiarità del sistema italiano. Serve perciò, anche in Italia, un pensiero di riferimento che scaturisca dalla riflessione sul senso storico e culturale delle scelte operate: se l’obiettivo è davvero quello di battersi per la realizzazione del diritto all’educazione di ciascuno e di tutti, forse è bene descrivere ciò che esiste nella vita quotidiana delle persone e nella realtà dei contesti educativi piuttosto che negare il valore di ciò che esiste, in un momento storico in cui affermare i diritti ancora da realizzare può essere molto arduo e in cui può rivelarsi difficile anche solo difendere i diritti già acquisiti e apparentemente consolidati. Perciò è sembrato utile riflettere, anche in termini storici, su un quadro terminologico e concettuale che non ci rappresenta più, o non lo fa pienamente, nella misura in cui si presta a fraintendimenti sulla realtà italiana: una prospettiva che la Prof.ssa Lucia de Anna e il suo team di ricerca hanno sempre perseguito, insieme ai maggiori esperti italiani, e che è stata sviluppata anche attraverso il Dottorato di ricerca internazionale grazie al confronto con altri paesi. La mia ricerca parte dall’ipotesi che nel sistema educativo italiano è presente un’attenzione ai fattori contestuali e alla persona che trae le sue origini proprio dall’integrazione scolastica degli studenti in situazione di disabilità, per giungere a comprendere la generalità degli studenti. Si tratta di un fenomeno che ha valorizzato il ruolo dei genitori e quello delle associazioni dei disabili che l’avevano richiesta, insieme ai docenti che l’avevano sollecitata; ha sviluppato la flessibilità, la ricerca pedagogica e tecnologica, l’aggiornamento e la formazione degli insegnanti; ha comportato l’ingresso nella scuola di altre professionalità provenienti dal contesto socio-sanitario, in un’ottica non di medicalizzazione ma di collaborazione finalizzata ad ampliare la conoscenza e lo scambio intorno ai temi dei bisogni diversi; ha determinato la creazione di nuove figure professionali nelle scuole e nelle università; ha prodotto la presa in carico da parte degli enti locali in collaborazione con le scuole e le altre agenzie formative. L’integrazione scolastica ha favorito i processi inclusivi di tutte le diversità ed ha prodotto, in trent’anni, l’innovazione nel sistema educativo, in quello giuridico e amministrativo, contribuendo a cambiare la rappresentazione sociale della disabilità nella società italiana. Ciò è confermato dall’alto numero di studenti disabili (non solo sensoriali e/o motori) che frequenta i nostri atenei, ma anche il maggiore livello di autonomia e di autorealizzazione raggiunto da molti giovani italiani che lavorano in contesti comuni, guadagnano e impiegano il tempo libero in un’ottica di autodeterminazione; ragazzi con potenzialità analoghe non avevano, in passato, altra scelta se non quella dei contesti di vita e di lavoro separati, in cui l’amore e la sessualità non trovano sempre uno spazio adeguato. Il modello italiano d’integrazione scolastica ha influenzato il dibattito internazionale, concorrendo alla nascita stessa del concetto di inclusione e di educazione inclusiva, contribuendo alla definizione di quelle variabili contestuali e di quegli indicatori che sono considerati fondamentali per la realizzazione di contesti inclusivi e per la realizzazione di un’offerta educativa di qualità. Perciò nel sistema educativo italiano integrazione non è sinonimo di mero inserimento che punta alla normalizzazione (mainstreaming), e neppure di limite degli interventi ai soli studenti in situazione di disabilità, quindi ‘meno ampio’ di quello di inclusione. Integrazione ha una valenza filosofica profonda che attiene alla dimensione olistica dell’approccio italiano ed alla stessa storia della pedagogia nel nostro paese. Il concetto italiano di integrazione scolastica pone l’accento sul percorso, sulle caratteristiche del sistema e su quelle del contesto, nell’ambito di una pedagogia che valorizza la persona, i pensieri diversi ed i diversi stili di apprendimento. Secondo alcuni dei maggiori esperti italiani, integrazione scolastica significa cambiamento reciproco e integrazione di contesti diversi, grazie all’uso di mediatori adeguati. L’attenzione al contesto è funzionale all’importanza delle capacità di osservazione, progettazione, programmazione; è uno strumento per la ricerca di percorsi possibili e adeguati per lo studente - che viene considerato in termini globali e nel suo rapporto (non solo relazionale) con i compagni; gli studenti vengono stimolati alla condivisione, tanto più che non è detto che tutti svolgano lo stesso compito per raggiungere l’obiettivo. In Italia i termini integrazione e inclusione, i concetti di integrazione scolastica e educazione inclusiva, sono stati definiti dagli studiosi in maniera non sempre concorde. Nella realtà delle politiche e delle pratiche educative sono spesso utilizzati come sinonimi, o affiancati senza ulteriori specificazioni; i documenti istituzionali italiani conservano il termine integrazione (o usano spesso ‘integrazione e inclusione’) anche parlando di altre categorie di studenti, come ad esempio i figli degli immigrati. Facendo un parallelo con il cinese, in cui esiste una sola traduzione sia per integrazione scolastica sia per educazione inclusiva, il problema in Italia non è solo di tipo linguistico. Sarebbe forse più facile sostituire il termine integrazione con inclusione nelle accezioni indicate dalla letteratura internazionale: ma non è questa, a mio avviso, una soluzione in armonia con la prospettiva tutta italiana che ha prodotto l’integrazione scolastica. Una prospettiva del dubbio e della riflessione, una posizione scomoda che può produrre, però, utili ampliamenti e approfondimenti del dibattito sull’inclusione. L’obiettivo di questo lavoro non è stato quello di rifiutare il pensiero che viene ricondotto all’inclusione, ma quello di sfatare alcune banalizzazioni sul sistema italiano e semmai verificare, anche in termini storici, come l’integrazione scolastica italiana rappresenti già un modello inclusivo, in cui la partecipazione dello studente in situazione di disabilità arricchisce il contesto educativo e di relazione rendendolo più democratico e incoraggiandone la modifica, con interventi pedagogici e didattici che sono utili a tutti le componenti (docenti compresi). Questo non significa contrapporre integrazione a inclusione, e neppure cercare di stabilire a quale dei due concetti vada un’ipotetica palma della vittoria in un conflitto privo di senso storico, almeno in Italia (dove l’uno implica l’altro e non esiste una chiara linea demarcatoria che abbia un senso nella vita delle persone); significa, invece, non perdere di vista l’obiettivo della scuola per tutti e realizzarlo: non solo perché si sa dove si vuole arrivare, ma anche perché si sa da dove si proviene Il confronto internazionale è da intendersi come strumento di comprensione e di sviluppo di proficui legami internazionali, così come è stato illustrato nel seminario di apertura del dottorato internazionale: un aspetto tra i più rilevanti del dottorato è quello del confronto internazionale tra le politiche e le pratiche educative. Si prevedeva la conoscenza teorica e sul campo di altri sistemi educativi e di altre culture, utilizzando lingue veicolari come il francese, l’inglese e il portoghese: nel mio caso si trattava di proseguire un percorso iniziato alla fine degli anni ’80 grazie alla Prof.ssa Lucia de Anna, e che nel corso degli anni mi ha consentito di conoscere le realtà educative di gran parte dei paesi europei e degli USA. Oltre alla già richiamata riflessione sui concetti d’integrazione e d’inclusione in ambito internazionale, il dottorato ne sollecitava un’altra riguardante i sistemi e le buone prassi educative, con l’obiettivo di estendere il confronto riguardante le due problematiche al di fuori dell’Occidente, effettuando degli stage in aree per noi poco familiari, in cui raccogliere informazioni sui processi d’integrazione scolastica e d’inclusione. Perciò ho accolto con grande gioia l’opportunità di conoscere realtà per noi lontane: più recentemente la repubblica Russa e particolarmente il contesto della Republic of China (R.O.C.), più comunemente (e impropriamente) conosciuta in Occidente come Taiwan. Si è trattato di un’esperienza da qualcuno definita ‘estrema’ nella quale poter mettere in evidenza il significato del termine ‘Culture’ prima ancora delle problematiche della disabilità e dell’integrazione: a Taiwan (come più tardi nella Federazione Russa, ad Astrakhan) troviamo situazioni geografiche, climatiche e sociali molto diverse dalle nostre. Qui la convivenza di numerose etnie è una realtà secolare che comprende molte culture, pochissime delle quali a noi familiari; le lingue che vi si parlano sono ancora poco diffuse in Occidente, mentre l’uso corrente dell’inglese riguarda soprattutto le generazioni più giovani. L’ipotesi della ricerca partiva dalla conoscenza del sistema educativo e dei percorsi d’educazione inclusiva realizzati nella R.O.C. per metterli in relazione con la riflessione sull’inclusione e confrontarli con il modello italiano. Nelle politiche educative, infatti, troviamo continui riferimenti all’inclusione e agli orientamenti raccomandati dagli organismi internazionali, soprattutto dalla metà degli anni ’90; anche a Taiwan, tuttavia, come nella maggior parte del mondo (e a differenza dell’Italia) esistono, accanto alla scuola regolare e alla classe comune, anche le scuole speciali, oltre all’insegnamento speciale realizzato in contesti diversi dalla classe comune. L’interesse per le istanze d’integrazione scolastica e d’inclusione risale del resto ad epoche molto recenti ed è collegato al processo di democratizzazione e liberalizzazione avviato a Taiwan a partire dalla metà degli anni ’80. Il titolo del dottorato rileva che un sistema educativo è strettamente collegato al contesto sociale e culturale, ma nel caso specifico ho nettamente percepito la necessità di conoscere la storia, la cultura e le culture di questo popolo coraggioso per risalire alle radici dell’impegno civile e morale che si riflette nell’educazione dei giovani e nella realizzazione dei processi inclusivi. Ben presto mi sono resa conto di dovermi avvicinare a questi temi nelle prime settimane del mio soggiorno, con molte ore di studio nella sezione inglese della biblioteca della NTUE e con la visita di tutto quanto fosse connesso alla storia, alla cultura e alle culture del paese, avvalendomi della presenza di templi, musei, memoriali e altri luoghi raccomandati per l’elevato valore storico e culturale. Ho verificato personalmente la generale disposizione all’accoglienza e ho cercato di entrare in contatto con luoghi e persone. Ho cercato di approfondire questa conoscenza impegnandomi anche nello studio della lingua cinese: grazie alle esortazioni della Prof.ssa de Anna, al contributo del nostro ateneo e alla disponibilità della NTUE, è stato organizzato per me un corso intensivo individuale dal Centro linguistico dell’ateneo, che nel mio caso si è avvalso di due insegnanti straordinarie. Ho potuto così capire la stretta connessione tra pensiero, cultura, società e ‘segno’, scrittura e calligrafia nell’ambito della lingua e della cultura cinese, oltre ad poter apprezzare lo studio dei radicali che introduce il novizio in un fantastico mondo. Ho perciò dedicato la seconda parte della tesi alla storia, alla civiltà, alla società e alla cultura, anzi alle culture, contemporaneamente e sincreticamente presenti nella R.O.C.: un contesto fondamentalmente coeso - nonostante le tragedie della storia e le profonde diversità etniche, sociali e culturali - intorno a una cultura di prevalente origine cinese e soprattutto intorno a un’orgogliosa e sentita identità nazionale. Esiste un collegamento, che ho cercato di delineare, tra questa dimensione culturale complessa e dimensione educativa. La seconda parte è in lingua inglese, come le fonti su cui è basata e secondo il quadro internazionale del dottorato. La ricerca realizzata a Taiwan prevedeva l’uso dell’inglese in una realtà in cui si parla il cinese e in cui l’inglese è, come per noi italiani, una lingua veicolare. Era perciò essenziale capire e capirsi avendo una chiara consapevolezza dei termini usati e del loro significato nei rispettivi contesti. E’ stato possibile realizzare un confronto, anche se non in termini strettamente comparativi e sperimentali. Le problematiche linguistiche non hanno consentito di somministrare questionari e a realizzazione di interviste è stata limitata dallo stesso problema. Ci si è basati sull’osservazione, resa possibile dalle numerose visite di studio organizzate dalla prof. LIN Kuei Mei che fungeva da advisor. Ci si è anche avvalsi di scambi con i tutor e/o con i docenti che erano in grado di parlare in inglese, o che potevano fruire con me della mediazione linguistica svolta da altri tra i presenti. Perciò l’attenzione si è concentrata sull’educazione prescolare e sulla scuola primaria, pur non trascurando le informazioni dugli altri ordini di scuola Fondamentali sono stati gli scambi con la mia advisor, prof. LIN Kuei Mei, e con altri docenti della National Taipei University of Education (NTUE). Sono stati esaminati gli atti normativi e le politiche educative; il quadro teorico è stato costruito attraverso la lettura dei testi in inglese disponibili presso la NTUE e attraverso il web: sono disponibili in rete molti documenti istituzionali e statistiche, realizzati dal MOE (Ministero dell’Educazione) e dagli altri organismi educativi preposti a livello territoriale. Sono anche disponibili numerosi articoli e saggi di docenti e ricercatori delle università pedagogiche e delle università normali taiwanesi, che affrontano le problematiche più rilevanti nell’ambito del sistema educativo e dell’educazione inclusiva; tali contributi appaiono in linea con la letteratura internazionale sull’argomento. Tutte le informazioni sono state completate con il materiale raccolto sul campo e verificate attraverso lo scambio con gli informatori; sono anche stati anche messe in relazione con la riflessione a proposito sull’educazione inclusiva, e con il concetto di integrazione scolastica secondo l’approccio italiano. La mia ricerca nella Republic of China (R.O.C.) si è svolta nella Taipei County e soprattutto nella Taipei City, anche se ho potuto partecipare a un viaggio di conoscenza della realtà educativa delle regioni di Y – Lan e Hualien. Ho potuto approfittare dei legami di collaborazione scientifica con la National Taipei University of Education (NTUE), che si occupa della formazione di docenti e docenti specializzati di scuola dell’infanzia e primaria, e interviene nel quadro del dottorato internazionale. A Taipei ho avuto l’opportunità di essere seguita dalla Prof.ssa Kuei Mei LIN, che avevo già conosciuto nel giugno del 2000, quando una delegazione della NTUE (allora chiamata ancora National Taipei Teachers’ College) guidata proprio dalla professoressa LIN venne a Roma per incontrare la Prof.ssa de Anna presso l’Università degli Studi Roma Tre. La mia advisor mi è stata vicina anche al di là della sua funzione di mentore o tutor: ha reso possibile la mia ricerca e un confronto tra modello formativo taiwanese e modello italiano durante corsi dello Special Education Department, con particolare riguardo all’integrazione scolastica e all’inclusione; ne è derivato un articolo scritto in comune, che è stato pubblicato in cinese sul Bulletin of National Institute of Educational Resources and Research. Il fulcro della ricerca riguarda il sistema educativo e formativo con particolare riguardo ai processi d’integrazione scolastica e di tipo inclusivo: queste tematiche sono sviluppate in tutta la terza parte. Vengono esaminati motivazioni, aspetti e tappe dell’esperienza taiwanese, ma anche la storia della Pedagogia Speciale a Taiwan, la storia della NTUE, la sua missione e le struttura organizzativa attuali, insieme alle caratteristiche dell’offerta formativa. Le politiche educative realizzate a Taiwan, all’indomani, del processo di democratizzazione hanno profondamente rinnovato il sistema educativo: quest’ultimo viene analizzato estesamente, con particolare riguardo all’educazione prescolare (principale oggetto della mia osservazione sul campo). Sono state analizzate le politiche educative a Taiwan e gli interventi normativi a favore dell’integrazione scolastica e dell’inclusione; vengono riferite le esperienze di osservazione, riassunti i dati emersi dalle interviste e illustrato quanto emerso dalla ricerca sui processi inclusivi: infatti mi è stato possibile visitare numerose istituzioni educative, pubbliche e private, principalmente nel territorio della Taipei City e della Taipei County ma anche altrove, al seguito della Prof.ssa LIN e dei suoi studenti, incontrando anche referenti sociosanitari e rappresentanti dell’amministrazione della Taipei City. Le visite si sono svolte soprattutto in scuole comuni (ma anche in un istituto speciale di recente fondazione e in un kindergarten privato), nelle sedi di organismi preposti all’erogazione di servizi specifici e che concorrono alla realizzazione dei processi inclusivi sulla base delle collaborazioni previste tra istituzioni sociali, sanitarie ed educative. Dappertutto sono stata accolta con grande disponibilità, da sola o insieme a gruppi di laureandi e/o di studenti dei master/PhD (di specializzazione disciplinare e/o relativa ai bisogni educativi speciali, di specializzazione nell’organizzazione pedagogica e nell’amministrazione scolastica), o con gruppi di docenti in formazione. Le iniziative erano sempre organizzate e guidate dalla Prof.ssa Lin, che mi ha ampiamente informato sui rapporti intrattenuti dalla NTUE (e di cui ella stessa è personalmente investita) nell’ambito della rete di collaborazioni creata con lo scopo di fornire consulenza alle scuole, agli insegnanti e alle famiglie. Una delle ambizioni di questo lavoro è di evidenziare il grande impegno profuso a favore della formazione e dell’integrazione scolastica nel contesto in cui ho avuto la fortuna di vivere e studiare per tre mesi. È questo il mio modo di ringraziare per la quotidiana esperienza di accoglienza, rispetto, civismo e armonia in cui personalmente ho vissuto, ma che ho sperimentato anche nell’ambito della ricerca. Del resto, il popolo di questa piccola repubblica - che pochi conoscono in Occidente se non per l’economia e i prodotti di mercato - non ha bisogno di raccomandazioni perché se ne apprezzino pienamente la civiltà e la cultura. La ricerca evidenzia una volta di più che l’emergere di istanze riferite a queste tematiche si accompagna alla nascita delle istanze democratiche, la loro presenza nelle politiche educative caratterizza in senso democratico il contesto scolastico e l’offerta formativa. Rappresentano un potente stimolo in direzione di soluzioni sempre più inclusive, anche se, in un’ottica di libertà di scelta e di molteplicità delle soluzioni, il sistema di educazione speciale che affianca la scuola comune viene confermato (e in alcuni casi rafforzato) a livello centrale e periferico, e talvolta trova anche spazio all’interno della stessa scuola comune attraverso dispositivi specifici e attività pull – out che da più parti si chiede di trasformare, indirizzando le risorse in direzione di quella che a Taiwan si definisce total inclusion. Queste istanze, presenti nella comunità e nei contributi degli autori, caratterizzano quella che viene definita una fase di transizione e trovano espressione nell’impegno pedagogico e sperimentale degli insegnanti. Si è cercato, perciò, di analizzare i modelli di avvicinamento all’esperienza italiana, non solo sulla base delle esperienze sul campo, ma anche in un confronto realizzato attraverso lo scambio con esperti, docenti e studenti: un confronto che testimonia innanzi tutto l’interesse che in una realtà così lontana viene manifestato per l’Italia e il suo modello educativo. Un interesse che ho potuto verificare anche ad Astrakhan, dove ho partecipato a lezioni e seminari e a una riunione presso il Ministero degli Affari Sociali. In queste occasioni mi è stato richiesto di illustrare l’esperienza italiana, in uno scambio che promette ulteriori e fruttuosi sviluppi, considerando l’aspirazione che comincia a manifestarsi nella Regione di Astrakhan in direzione della piena partecipazione, sociale ed educativa, delle persone in situazione di disabilità. Nelle Considerazioni finali ho tratto le fila della ricerca, senza dimenticare il confronto con la realtà italiana e il pensiero italiano che è parte di quanto trattato nel primo capitolo. La tesi termina, naturalmente, con una bibliografia, di cui si è già detto in parte, ma siamo stati incoraggiati a fornire anche con un’ampia sitografia, tanto più considerando il numero elevato di documenti istituzionali (non solo della R.O.C., ma anche dell’UE, degli USA e di nazioni occidentali, tra cui l’Italia) disponibili in rete. Il web è mezzo di comunicazione, fonte d’informazione, strumento della sua diffusione e rielaborazione, contesto utile alla comprensione dell’evoluzione del pensiero sull’argomento in esame. Ormai ampiamente disponibile, è diffuso in tutto il mondo e, almeno per il momento, appare come uno spazio sostanzialmente libero che incoraggia l’aggregazione intorno ad una comunità, territoriale o ideale, una community che rappresenta il bisogno delle persone di riconoscersi in termini di identità. Il web, tuttavia, è anche uno strumento che consente un certo controllo del pensiero, che viene condizionato dalle stesse caratteristiche tecnologiche del mezzo e che, in un mondo globalizzato e sempre più condizionato dalle logiche di mercato, può contribuire ad incoraggiare una certa omologazione culturale. Il cambiamento cui il web è soggetto è oggi sempre più rapido, direi in uno stato di costante accelerazione dovuto al bombardamento di informazioni che devono essere assimilate e integrate: esso influenza il rapporto tra le persone e l’informazione, fino a modificare la consapevolezza dei limiti del proprio sé e della propria posizione nella società. Il modello di perfezione fittizia cui l’individuo tenta di fare fronte adeguandovisi, può ricondurre il pensiero a parcellizzazioni e frammentazioni che, lungi dal ‘dominare’ la realtà nel suo fluire, determinano un’aspirazione di controllo illusorio accompagnata da una perdita di storicità, purtroppo reale e spesso drammatica, che incoraggia ‘riflussi’ verso una parcellizzazione dell’educazione, della formazione, dello stesso studente e dei suoi bisogni. Tant’è vero che sembra affermarsi sempre di più un approccio all’educazione e ai bisogni speciali di tipo tecnico e tecnologico, che è nello stesso tempo globalizzante (ma non olistico) eppure estremamente parcellizzato (e non per questo efficace). Il web è perciò un contesto di cui bisogna tenere conto, considerando lo spazio che può avere nella vita quotidiana delle persone, la sua centralità rispetto agli scambi e alla diffusione di informazioni, il suo ruolo crescente nel mondo della scuola e nello sviluppo del pensiero pedagogico. Poiché la ricerca ha abbracciato l’intero arco del dottorato, è possibile che alcuni website siano nel frattempo scaduti; inoltre, è stato possibile verificare durante la ricerca come il panorama terminologico e concettuale sia ampiamente mutato nel corso di due soli anni. Questo fenomeno dimostra la continua evoluzione del pensiero sulle tematiche educative e su quelle dell’integrazione scolastica e dell’inclusione, sia a livello delle singole nazioni che a livello internazionale: si tratta di un dato stimolante, ma pone anche delle sfide e molti dilemmi, che suggerisce di continuare il cammino intrapreso, nella ricerca di un significato storico accanto ad una visione progressiva delle scelte e delle realizzazioni poste in essere