Le caratteristiche della progettazione

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Le caratteristiche della progettazione
DIOCESI DI CONCORDIA-PORDENONE
FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA DELL'INFANZIA FISM
Premessa
Il corso di quest'anno porterà l'attenzione sul lavoro di progettazione dell'IRC (o ER) in aula, alla
luce di quanto già anticipato durante lo scorso anno (vedi tipologie di progettazioni annuali e analisi
di una progettazione di IRC considerata 'buona pratica') con l'intenzione di dare visibilità
all'esperienza in campo già attuata e alla costruzione condivisa di sequenze di lavoro in aula.
Il corso prevede 10 ore suddivise in tre incontri. Viene valorizzata l'attività laboratoriale, in gruppi
autonomi guidati da coordinatori preparati (docenti specialisti di IRC e docenti FISM).
L'attività è finalizzata a far prendere coscienza:
- delle caratteristiche e del contributo dell'IRC all'interno della scuola cattolica
- del proprio modo di operare in fase di progettazione e metterlo a confronto con altri
- delle caratteristiche della progettazione IRC
e ad abilitarsi nei singoli passaggi della progettazione: ideazione, realizzazione, valutazione.
Che cosa significa progettare in ambito educativo e didattico? Significa esprimere intenzioni
operative che hanno lo scopo di modificare la realtà, far raggiungere ai bambini esiti apprezzabili
riguardo alle varie dimensioni della loro crescita. Questo avviene attraverso decisioni e
formulazioni relative a: meta, obiettivi, contenuti e metodologie che caratterizzano itinerari
progressivi e differenziati di intervento.
I passaggi delle iniziative di progettazione sono: l'ideazione, l'attivazione, la progettazione, la
realizzazione e la verifica.
IDEAZIONE
La prima domanda da porsi prima di pensare ad un'azione d'aula riguarda la collocazione
dell'IRC/ER, con tutte le sue dimensioni, in vista di una sua efficace integrazione nel progetto della
scuola. Se si procede con l'intento di integrare l'ER/IRC in progetti globali, fonte importante di
ispirazione è data dai campi di esperienza dei bambini (vedi Indicazioni Nazionali, o finalità
educative del POF). In ogni modo il muoversi a partire da contenuti/obiettivi dovrà tener sempre
presenti i bambini e i loro bisogni; il lavorare in modo induttivo partirà da riflessioni sui bisogni dei
bambini per incrociarle con proposte culturali e valoriali. Importante per il momento della ideazione
del progetto servirsi di strumenti che aiutino a precisare gli aspetti contenutistici dell'intervento
didattico: una mappa schematica (schematizzazione cognitiva).
Schematizzazione cognitiva
DIMENSIONE ANTROPOLOGICA
DIMENSIONE
DEL
MESSAGGIO
(esperienze di vita aperte al mistero)
CRISTIANO (biblico-teologica)
DIMENSIONE STORICOFENOMENOLOGICA
DIMENSIONE DIALOGICA (o aperta al
confronto con altre visioni e religioni)
ATTIVAZIONE
L'attivazione della progettazione comporta la sollecitazione dell'espressione dei bambini sul tema
scelto e articolato in una serie di informazioni. Può servire la Conversazione Clinica (CC).
Cos'è? Come si procede?
Serve anzitutto, come già detto, uno schema o una mappa che permetta la chiarificazione e la
delimitazione del contenuto di insegnamento; è questo il passaggio indispensabile per predisporre
l'esplorazione di quanto gli alunni conoscono già, delle loro emozioni e domande.
La Conversazione Clinica (CC) risponde all'esigenza di tener conto del bambino come
elemento centrale della riflessione e programmazione didattica, di partire dal bambino, dal suo
linguaggio, dal suo racconto, dalla sua domanda. E' una conversazione in gruppo, clinica perché
ha interessi di tipo qualitativo, che ha il ruolo di mediazione tra esigenze contenutistiche ed
effettivo percorso in aula.
Lo scopo è quello di prendere atto degli schemi di assimilazione già costruiti dal soggetto in
apprendimento (la sua matrice cognitiva), perché solo a partire dagli schemi posseduti si
potranno generare, per accomodamento e sviluppo, processi pedagogico-didattici adeguati.
L'indagine caratteristica della CC ha come scopo la comprensione della peculiarità del
ragionamento del soggetto, il rendersi conto dei suoi concetti “informali” autentici, di quelli
spontanei, dei preconcetti e dei mis-concetti, sempre in relazione a quell'ipotesi di lavoro che è lo
schema concettuale o mappa concettuale predisposto dall' insegnante.
In altre parole, la CC è un'attività diagnostica, finalizzata a cogliere-all'atto del loro farsi-i
processi spontanei di concettualizzazione dell'informazione per controllare un'ipotesi sui loro passi
di sviluppo e stabilire in che modo ordinare le operazioni didattiche seguenti.
Ecco come si realizza una CC.
Due attenzioni richiede una buona conduzione della CC: saper osservare, lasciar parlare il
fanciullo, non perdere nulla, non falsar nulla; saper cercare qualcosa di preciso, essere
strategici, mirati cioè ad accertare atteggiamenti utili a modulare opportunamente
l'intervento formativo.
Bisogna prepararsi alla CC, predisporre un canovaccio di intervista e decidere modalità concrete di
intervento facendo attenzione a queste linee di azione:
1) bisogna anzitutto identificare sulla mappa contenutistica predisposta i termini chiave
2) si deve formulare il piano dell'intervista fatto di domande-stimolo. Le domande devono
esplorare tutte le zone della MC ed evitare di suggerire le risposte e/o conclusioni.
3) si propone in classe dicendo che si tratta di domande per fare capire all'insegnante che cosa
gli alunni sanno o pensano su un argomento. Regole di comportamento da richiedere sono:
massima spontaneità e franchezza, offrire i propri ragionamenti,...
4) la prima domanda stimolo va fatta in modo aperto, secondo un approccio minimale (secondo
voi...cos'è...?)
5) quando emergono difficoltà di comprensione si deve incalzare con le domande di
specificazione che si rifanno all'esperienza legata ad un determinato concetto (chi, che cosa,
quando, dove, come, perché). Le domande di specificazione nascono da un ascolto flessibile
delle reazioni dei bambini, dal saper utilizzare attivamente le risposte più feconde per
esplorare ulteriormente il mondo delle conoscenze spontanee, le argomentazioni tipiche...
6) durante il colloquio si organizzi il contradditorio tra esperienze diverse senza schierarsi ma
facilitando ed eventualmente orientando lo sforzo di argomentazione.
7) recuperare al dibattito le risposte perse per strada e ridimensionare le risposte che hanno
ottenuto i maggiori consensi: è importante che i punti di vista differenti vengano apprezzati
per la capacità di problematizzare.
8) sintetizzare con gli alunni il materiale emerso richiamando anche le domande che non hanno
ottenuto risposta.
9) è necessario-in fase di prime esperienze dell'insegnante-registrare la CC, farne un protocollo
scritto (segnando l'essenziale) ed elaborare un commento alla CC o tracciare la
rappresentazione della matrice cognitiva del gruppo classe, cioè la sintesi delle conoscenze
emerse.
10) la CC va adattata all'età e situazione del gruppo classe: è prevedibile l'utilizzo di foto da far
interpretare, momenti di brainstorming, di attribuzione di significati ad oggetti,..
PROGETTAZIONE
La progettazione comporta espressioni relative ad obiettivi, contenuti e strumenti, e, in particolare,
la scelta della collocazione dell'ER/IRC all'interno del progetto/piano educativo della classe.
Si considerano gli elementi specifici dell'IRC (le dimensioni biblico-teologico, storicofenomenologica, antropologica-culturale, dialogica (o del confronto con altre visioni e religioni)) e
si formulano gli obiettivi e le fasi di lavoro, indicando le azioni dell'insegnante e degli alunni, gli
strumenti, la metodologia, i mediatori.
PROGETTARE L'UNITA’ DI APPRENDIMENTO
L’Unità di Apprendimento (UA) è l’unità di base dell’attività di apprendimento/insegnamento, un
segmento di attività scolastica che cura conoscenze e abilità affinché la persona viva il suo
processo di crescita, sviluppi le sue competenze.
La fase progettuale ha i suoi punti nodali nella formulazione di un Obiettivo Formativo Generale,
che fa riferimento ad un Principio Educativo Conduttore, nella articolazione (schematizzazione
cognitiva) allargata da parte del docente del contenuto disciplinare, e nella formulazione degli
Obiettivi formativi di fase che guideranno le varie fasi di lavoro (azioni d'aula).
Vediamo nel concreto di spiegare di che cosa si tratta.
1) La formulazione dell'Obiettivo Formativo Generale dell’UA
E’ necessario capire cosa si intende e come si formula un Obiettivo Formativo Generale o
Apprendimento unitario di UA.
Si tratta di una breve espressione articolata che esprime traguardi in un ambito specifico
dell’apprendimento entro cui, se possibile, sarà espressa l’esperienza umana che si analizzerà
insieme al dato della religione cristiana che si vorrà considerare. Questa espressione sarà
caratterizzata da un verbo che indica una abilità da apprendere e da un oggetto culturale specifico
della disciplina IRC (es. scoprire l'importanza della propria nascita ed intuire il valore che i
cristiani danno alla nascita di Gesù; es. il bambino vive relazioni positive con i pari e gli adulti
mettendo in pratica il messaggio evangelico dell'amore fraterno).
Gli Obiettivi Formativi dell’insegnante di religione evidenziano le capacità intellettuali che saranno
sollecitate, ma non dimenticano anche quelle affettive, relazionali, espressive e morali, così che la
riflessione che guida le UA sia sintesi di istruzione ed educazione, di apprendimento come
acquisizione di conoscenza e come cambiamento e maturazione della persona.
Gli Obiettivi Formativi Generali, guida dell'U.A., devono fare riferimento agli orientamenti educativi annuali
del proprio POF, che noi chiamiamo Principi Educativi Annuali (es. La collaborazione e l'accettazione
delle diversità attraverso il confronto sono i primi passi per la costruzione di corretti rapporti
interpersonali).
2) Gli Obiettivi Formativi di fase
Dopo aver formulato un Obiettivo Formativo Generale o Apprendimento unitario che regge e
orienta le scelte relative ad una UA, l’insegnante è chiamato ad altre decisioni e formulazioni: gli
Obiettivi formativi di fase (OFF); la progettazione delle fasi di lavoro (azioni d'aula), la
corrispondente mediazione didattica e la verifica degli apprendimenti.
Gli obiettivi formativi di fase non sono altro che l’articolazione dell’Apprendimento unitario o
Obiettivo Formativo Generale dell’Unità di Apprendimento. Si tratta di una sequenza di Obiettivi
che coprono le varie fasi di lavoro in base a cui si sviluppa tutta l’UA. Quindi non sono altro che
l’articolazione ordinata e graduale per contenuti dell’Obiettivo Formativo Generale.
Nel decidere e formulare la sequenza l’insegnante tiene conto delle dimensioni della disciplina:
antropologico-culturale, biblico-teologica, storico-fenomenologica, dialogica (o del confronto
con altre visioni e religioni). Nella formulazione degli Obiettivi di fase si consideri che deve
apparire definito un livello concreto di apprendimento, cioè una prestazione concreta da parte degli
alunni (es. “individuano gli elementi costitutivi l’esperienza di un gruppo: relazioni faccia a faccia,
obiettivi condivisi, ruoli complementari”, es. “presentano le funzioni della missione della Chiesa:
carità, liturgia, annuncio”) ma non nei termini di un’attività cognitiva frantumata e parziale (es.
“data una scheda colorano questo o quello!”).
L’articolazione del contenuto disciplinare (schematizzazione cognitiva)
Per formulare adeguatamente gli Obiettivi formativi di fase è necessario sviluppare, analizzare il
contenuto disciplinare espresso nell’Obiettivo formativo generale o Apprendimento unitario.
Serve per questo dedicarsi allo studio di fonti della propria disciplina che materialmente e in
modo sintetico sono offerte da dizionari, guide, libri dello studio di carattere antropologico,
culturale e teologico. Questo allargamento dell’orizzonte dal punto di vista dei contenuti disciplinari
può trovar formulazione adeguata in una schematizzazione cognitiva che sia articolata nelle
dimensioni costitutive la disciplina e sopra presentate, o in una descrizione sintetica degli aspetti
costitutivi l’argomento o in una Mappa concettuale.
ALCUNI TERMINI DA RICORDARE...
E' utile richiamare le categorie pedagogiche della riforma (Moratti ripresa da Fioroni e Gelmini), in particolare il
concetto di competenza.
Nella riforma si utilizzano le categorie conoscenze (abbracciano ambiti di sapere, concetti, principi, regole, …) e
abilità (riguardano il saper fare, il come fare per raggiungere un ambito del sapere, e come rispondere a problemi, …).
Per avere il quadro completo dei termini utilizzati nella proposta didattica della riforma queste due categorie vanno
associate a quella di competenza.
Le conoscenze sono il prodotto dell’attività teoretica dell’uomo ricavate dalla ricerca scientifica e dal pensiero
pratico così che vi fanno parte anche principi, regole, e concetti etici. Vengono acquisite tramite la trasmissione del
sapere accumulato dall’umanità, mediante esperienza diretta e attività creativa della mente. E’ utile distinguere
conoscenze dichiarative, condizionali (relative al dove, quando, perché) e procedurali.
Le abilità corrispondono al saper fare bene qualcosa cioè alcune azioni del conoscere; vengono acquisite tramite
apprendimento e sono consolidate dall’esercizio consapevole.
La categoria di competenza è una di quelle che qualificano la proposta della scuola della riforma e richiede
un’analisi puntuale. Competente è “l’agire personale di ciascuno, basato sulle conoscenze e abilità acquisite, adeguato,
in un determinato contesto, in modo soddisfacente e socialmente riconosciuto, a rispondere ad un bisogno, a risolvere
un problema, a eseguire un compito, a realizzare un progetto. Non è mai un agire semplice, atomizzato, astratto, ma è
sempre un agire complesso che coinvolge tutta la persona e che connette in maniera unitaria e inseparabile i saperi
(conoscenze) e i saper fare (abilità), i comportamenti individuali e relazionali, gli atteggiamenti emotivi, le scelte
valoriali, le motivazioni e i fini. Per questo, nasce da una continua interazione tra persona, ambiente e società, e tra
significati personali e sociali, impliciti ed espliciti” (CM n. 84/2005, Linee guida per la definizione e l’impiego del
Portfolio delle competenze nella scuola dell’infanzia e nel rimo ciclo di istruzione, glossario).