PRIMA ESPERIENZA - Corso di Laurea Magistrale in Scienza dei

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PRIMA ESPERIENZA - Corso di Laurea Magistrale in Scienza dei
Corso di Laurea in Scienza dei Materiali
Laboratorio di Fisica II
ESPERIENZA AC1
Circuiti in corrente alternata
Scopo dell'esperienza:
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2.
3.
4.
5.
Uso di un generatore di funzioni (onda quadra e sinusoidale);
uso dell'oscilloscopio;
misura dell'induttanza di una bobina conduttrice reale;
caratterizzazione del funzionamento di un trasformatore reale;
risposta di un diodo ad un'onda sinusoidale, circuito raddrizzatore, squadratore e livello
di continua
Richiami teorici
Generatore di funzioni
Un generatore di funzioni e' un dispositivo che genera delle forme d'onda di andamento
temporale definito (onda quadra, onda rettangolare, onda sinusoidale, onda triangolare),
caratterizzato fondamentalmente da due parametri:
AMPIEZZA (V) : differenza di potenziale tra il livello alto ed il livello basso dell'onda
quadra o rettangolare, ampiezza della sinusoide nel caso dell'onda sinusoidale, della forma
d'onda nel caso di quella triangolare;
PERIODO (T) : intervallo di tempo dopo il quale l'onda si ripete uguale a se stessa,
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riassumendo lo stesso valore dell'ampiezza e della sua derivata. Vale la relazione: T =

dove  indica la frequenza.
Oscilloscopio
L'oscilloscopio e' uno strumento che permette la visualizzazione di una forma d'onda sotto
forma di una tensione variabile nel tempo che venga applicata al suo ingresso. Puo' essere
analogico o digitale. Per il modello analogico, il funzionamento e' basato sull'utilizzo di un
fascio di elettroni (pennello elettronico), che viene fatto passare attraverso due coppie di
piastre deflettrici, una orizzontale ed una verticale, prima di andare ad urtare uno schermo
fluorescente.
Le piastre orizzontali permettono di produrre una deviazione del pennello nella direzione
verticale; ad esse viene applicata, dopo opportuna amplificazione, la tensione variabile che
arriva all'ingresso dell'oscilloscopio.
Le piastre verticali permettono di produrre una deviazione del pennello nella direzione
orizzontale; ad esse viene applicato un segnale a “dente di sega” che permette al punto
luminoso sullo schermo, prodotto dal pennello di elettroni, di percorrere la larghezza dello
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schermo fluorescente dell'oscilloscopio con velocità costante, scelta dall'utilizzatore: questa e'
la BASE TEMPI con la quale viene osservata la forma d'onda.
Gli oscilloscopi digitali si basano sulla conversione del segnale analogico in ingresso in un
numero (digitalizzazione). Per poter rappresentare l'andamento della tensione nel tempo, e'
necessario ripetere la digitalizzazione con una frequenza molto elevata: un indicatore delle
performances (e del costo!) di un oscilloscopio digitale e' dato quindi dal numero di
campionamenti (samples, indicati con S) effettuati in ogni secondo. Per quanto riguarda i
controlli, quelli di base (illustrati qui) sono identici per oscilloscopi analogici e digitali.
L'oscilloscopio digitale ha in più la possibilità di effettuare un ampio numero di tipi di misura
(ad es. misure mediate su molti impulsi, misure di picchi, misure di carica..).
(4)
(5)
(9)
(6)
(10)
∆V
(2)
∆t
(7)
(14)
(3)
(1)
(11) (12)
(8)
(13)
Lo schermo presenta una griglia, disegnata ed illuminabile, del tipo indicato in figura.
La dimensione orizzontale di ogni quadretto grande della griglia rappresenta la base tempi del
segnale,  t , selezionabile tra un insieme di valori calibrati per mezzo di una apposita
manopola (1). La dimensione verticale di ogni quadretto rappresenta la scala delle ampiezze
del segnale,  V , anch'essa selezionabile tra un insieme di valori (che possono essere
diversi per ciascun canale) per mezzo di manopole (2) e (3).
Entrambi i lati del quadrato fondamentale sono suddivisi in 5 parti per mezzo di 4 tacche più
piccole; ognuna di queste tacche rappresenta la risoluzione dello strumento. Se si misura, ad
esempio, l'ampiezza di un segnale sinusoidale, come distanza verticale tra picco positivo e
picco negativo, con una scala di ampiezze di 1V e si legge un'ampiezza di 4V, l'errore che
viene commesso su tale lettura e' pari a  V =1/5 V ; dato poi che l'ampiezza dell'onda e'
pari alla meta' della massima escursione misurata, alla fine si avrà' V =2.0±0.1 V .
Un discorso analogo vale per le misure temporali, effettuate sull'asse orizzontale.
Come appare ovvio, al fine di commettere l'errore più piccolo possibile nelle misure e' utile
scegliere sempre il valore di base tempi e di scala delle ampiezze più' piccolo possibile, cioè
tale da permettere di visualizzare sullo schermo solo un periodo della forma d'onda in modo
che essa occupi tutto lo schermo in ampiezza.
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Altri controlli presenti sul pannello frontale dell'oscilloscopio e di uso comune sono i
seguenti (naturalmente, a seconda del modello di oscilloscopio presente in laboratorio le
posizioni dei controlli possono essere differenti):
– POSIZIONE VERTICALE ED ORIZZONTALE: permettono di spostare le forme d'onda
sullo schermo, senza modificarle, in orizzontale (un controllo per canale: (4) e (5)) e in
verticale (un solo controllo per tutti i canali, (6));
– COUPLING e IMPEDENZA ((7) e (8), un controllo per ogni canale): permette di
selezionare il modo di visualizzazione dell'onda. 'DC' mostra l'onda esattamente come e',
mentre 'AC' toglie un'eventuale componente continua e mostra solo la componente che
varia nel tempo. 'GND' corrisponde alla terra: in questo caso sull'oscilloscopio viene
visualizzata una linea orizzontale che serve da riferimento (corrisponde ad una d.d.p.
uguale a zero). IMPORTANTE: prima di effettuare le misure, bisogna mettere il canale in
GND e sovrapporre il segnale alla linea orizzontale centrale dello schermo (azzeramento)
mediante il controllo delle posizione verticale (vedi sopra). Inoltre, in alcuni modelli si può
scegliere l'impedenza dell'oscilloscopio (1 MΩ o 50 Ω).
– TRIGGER: permette di selezionare il valore (level, (9)) e il segno della derivata (slope,
(10)) del segnale di ingresso a partire dal quale la forma d'onda viene visualizzata sullo
schermo, la modalità (auto o norm, 11)) e il canale sul quale triggerare (source, (12)).
– FUOCO (13): permette di ottenere una immagine il più possibile nitida della forma d'onda;
– INTENSITA' (14): permette di far variare la larghezza della linea luminosa che descrive
sullo schermo la forma d'onda.
Gli oscilloscopi in dotazione permettono di visualizzare contemporaneamente 2 forme d'onda
differenti, applicate a due ingressi distinti. La base tempi e' la stessa per entrambi i segnali,
mentre la scala delle ampiezze può essere diversa.
Occorre poi ricordare che e' possibile visualizzare la forma d'onda solo se essa si ripete ad
ogni spazzata dello schermo da parte del pennello di elettroni in modo da sovrapporre la
traccia attuale a quella prodotta nella passata precedente: il processo che permette di ottenere
tale fine prende il nome di SINCRONIZZAZIONE e viene effettuato per mezzo di una scelta
opportuna dei valori della base tempi e di trigger. Il segnale di trigger viene fornito da uno dei
due segnali, scelto dall'utilizzatore, ed agisce su entrambe le forme d'onda, cioè la
visualizzazione di entrambe inizia nel momento in cui il segnale che fornisce il trigger supera
il valore selezionato come soglia (level), con la derivata opportuna.
Per visualizzare un'onda 'ferma' tipicamente bisogna impostare la base tempi su un valore
simile a quello del periodo dell'onda: per quanto riguarda il trigger, e' utile impostare la
modalità su auto, il source sul canale che si vuole visualizzare e il level su 0.
L'oscilloscopio permette anche di effettuare misure di sfasamento tra due onde diverse. Si
consideri la figura seguente:
3
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In essa l'onda 1 arriva in anticipo rispetto all'onda 2 di un tempo pari a  t ; entrambe
hanno la stessa frequenza. Lo sfasamento tra le due onde può essere determinato grazie alla
proporzione:  t : T =  : 2  che deriva direttamente dal fatto che l'argomento della
funzione sinusoidale e' un angolo = t  dove  e' la fase iniziale dell'onda; tale
angolo descrive un periodo di 2  quando il tempo e' pari ad un periodo T.
Circuiti reali
I circuiti elettrici che vengono utilizzati in laboratorio, così come tutti quelli di uso comune,
hanno un comportamento che, in generale, si discosta da quello teorico atteso.
Quasi sempre essi manifestano delle proprietà non ideali, cioè delle deviazioni dal
comportamento ideale, dovute alle caratteristiche fisiche dei componenti interni, quali la
presenza di resistenze (impedenze) interne (o di ingresso), che causano la dissipazione di
parte della potenza in ingresso o la presenza di capacità e/o induttanze parassite, che
producono sfasamenti del segnale di uscita rispetto a quello di ingresso.
A causa di ciò si cerca di ottimizzare il comportamento di ogni circuito per uno scopo
preciso, cosicché esso presenti un comportamento il più possibile prossimo a quello ideale
per certi aspetti, fondamentali per l'applicazione specifica, e “meno ideale” per altri aspetti,
secondari per l'applicazione in questione.
Ogni circuito resta cosi' caratterizzato dal tipo di utilizzo per il quale e' stato progettato, che
ne fissa alcune proprietà quali la banda passante (intervallo di frequenze del segnale di
ingresso per le quali il circuito mostra un comportamento“ideale”), il tempo di risposta (cioè
il tempo che il circuito impiega per svolgere la sua azione sul segnale di ingresso e produrre il
segnale di uscita), la linearità (cioè la capacita' di non distorcere il segnale di ingresso),
l'impedenza di ingresso e di uscita (cioè l'impedenza che il circuito presenta al segnale in
ingresso ed in uscita).
Uno studio completo delle caratteristiche di funzionamento risulta, pertanto, necessario per
comprendere a fondo il segnale di uscita, adattarvi il resto del circuito, se necessario, ovvero
scegliere un elemento diverso se tali caratteristiche risultano incompatibili con lo scopo finale
del circuito globale.
Trasformatore ideale
Il trasformatore e' un dispositivo che permette di variare l'ampiezza di una tensione alternata,
senza modificare la sua frequenza e conservando la potenza e l'energia associate all'onda.
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Nella sua forma ideale, esso e' costituito da due avvolgimenti su un nucleo di ferro dolce,
isolati tra loro. Il primo avvolgimento, cioè quello su cui “arriva” l'onda da trasformare
prende il nome di PRIMARIO e consta di Np spire; il secondo, dal quale viene “prelevata”
l'onda trasformata, prende il nome di SECONDARIO e consta di Ns spire.
 attraverso ad ogni spira del primario e' uguale al flusso
Poiché il flusso del vettore B
attraverso ad ogni spira del secondario, il rapporto tra le tensioni ai capi dei due avvolgimenti
(almeno se il secondario non e' chiuso su una resistenza), per la legge di Faraday-Lenz, vale:
V S NS
=
VP NP
Tale relazione permette di ottenere l'ampiezza della tensione che può essere prelevata dal
secondario e prende il nome di RAPPORTO DI TRASFORMAZIONE.
Trasformatore reale
Tale elemento potrà presentare in genere le seguenti caratteristiche:
– rapporto di trasformazione che dipende dalla frequenza del segnale di ingresso:
NS
V S=
⋅V P ;
NP
– banda passante limitata, ossia presenza di un intervallo di frequenze per le quali vale
V S NS
=
(quasi) esattamente la relazione
, mentre al di fuori di tale intervallo il
VP NP
rapporto di trasformazione varia;
– sfasamento, eventuale, dovuto alla presenza di effetti di autoinduzione.
Conduttori non ohmici: Diodi
Ricordiamo che la relazione fra tensione e corrente nel caso di una giunzione p-n non è
lineare ma esponenziale:
I = I 0 e
qe V / k B T
−1
(7)
dove η è una costante numerica che dipende dal diodo e vale circa 1.5, kB è la costante di
Boltzmann (pari a 1.38 10-23 J K-1 ovvero 8.5⋅10-5 eV K-1) e qe è la carica dell’elettrone. Il
potenziale V è inteso positivo per polarizzazione diretta. Dato che Io è molto piccolo, si inizia
ad avere correnti apprezzabili, con i diodi normali, per tensioni applicate superiori a 0.6-0.7
V, con potenziale del lato p della giunzione maggiore di quello del lato n. Si dice in tal caso
che il diodo e' in conduzione ed esso mantiene ai suoi capi una tensione costante pari a 0.7 V
qualunque sia il valore della corrente che lo attraversa.
Applicando invece alla giunzione una differenza di potenziale V tale che il lato p sia a
potenziale più basso del lato n, cioè V sia negativo (polarizzazione “inversa”), il passaggio
degli elettroni dal lato n al lato p della giunzione e quello delle buche in senso inverso sono
ulteriormente ridotti per cui, come si vede dalla (7), la corrente è negativa ma così piccola da
non essere rivelabile con un normale amperometro. Si dice in tal caso che il diodo non
conduce: esso si comporta come se la sua resistenza fosse infinita.
Nella figura sono esemplificati due semplici circuiti, in polarizzazione diretta e inversa.
Ricordiamo che negli schemi dei circuiti elettrici il diodo viene indicato con un simbolo
5
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formato da una barra e un triangolo, con il lato p della giunzione associato al triangolo (ossia
la corrente circola nella direzione indicata dalla punta del triangolo).
Polarizzazione diretta
V
Polarizzazione inversa
R
V
Attività sperimentale
D1. Misure a traccia singola
Scegliete sul generatore di funzioni la forma d’onda sinusoidale e una frequenza sulla scala
dei 10 kHz. Collegate l’uscita (OUT) al canale 2 di ingresso dell’oscilloscopio con il cavo
coassiale (BNC) ed eseguite le seguenti misure:
a) lettura del periodo e relativo errore,
b) lettura dell’ampiezza max. (positiva e negativa) del segnale e relativo errore.
Esercitatevi, sull’oscilloscopio, a:
a) passare da lettura dc a lettura ac,
b) spostare il segnale in verticale e orizzontale,
c) individuare il “ground”,
d) cambiare la scala dei tempi,
e) cambiare la scala del potenziale,
f) cambiare il livello di soglia del “trigger”,
g) cambiare il livello di trigger da positivo a negativo.
Esercitatevi, sul generatore di funzioni, a:
a) variare la frequenza del segnale, sia con continuità sia passando a scale diverse,
b) variare l’ampiezza,
c) passare da onda sinusoidale a onda triangolare e quadra.
Per ognuna di queste prove dovete riuscire a seguire il segnale con l’oscilloscopio.
Verificate almeno una volta sull'oscilloscopio che la frequenza nominale, indicata sullo
schermo del generatore, corrisponda a quella osservata sull'oscilloscopio; se cosi' non fosse,
determinate il valore dello scostamento e dite se si tratta di un valore sistematico.
D2. Misura dell'induttanza di una bobina conduttrice
RL a
Considerate il solenoide toroidale a disposizione. Misurate la sua resistenza,
temperatura ambiente.
6
6
Realizzate il semplice circuito indicato in figura disponendo in serie un resistore R 0=50
e il solenoide e chiudete il circuito sul generatore di funzioni selezionando una forma d'onda
sinusoidale di ampiezza pari a circa 1 V; fate attenzione a sdoppiare il segnale del generatore
utilizzando l'apposito connettore a T e a controllare che l'ampiezza che si misura su ciascun
ramo dopo lo sdoppiamento corrisponda a circa 700 mV ( V 0 ).
Collegate a uno dei due canali dell'oscilloscopio il segnale del generatore e all'altro canale il
segnale prelevato ai capi della bobina, v Z .
Misurate l'ampiezza della tensione, V Z (e il suo sfasamento L rispetto a V0) per due
valori di frequenza, uno intorno a 10 kHz e l'altro intorno a 20 kHz, riportandoli in una
tabella.
Calcolate il valore del modulo dell'impedenza presentata dall'induttanza, tenendo presente che
la bobina costituisce una induttanza reale e perciò il suo comportamento può essere
schematizzato come se essa fosse sostituita da una composizione in serie di un'induttore
ideale ed un resistore di valore pari a R L , come schematizzato nella figura.
Per un tale circuito valgono le seguenti relazioni:
V Z ZL
=
V R R0
(3)
0
Z L= R0
VZ
VZ
=R 0
VR
V 0 −V Z
(4)
0
Z L=  R 2L2 L 2
2
2
2
2
(5)
2
2
Z ' L −Z L= L 2   f ' − f 
(6)
Potete, allora, determinare in base alla (4) il valore di Z L , che riporterete in tabella, e poi,
invertendo la (5), determinare il valore di L per ciascun valore della frequenza. Potete, infine,
valutare il valore di L dalla differenza tra le due impedenze misurate, secondo la (6).
Verificate la compatibilità' dei valori di L cosi' ottenuti con un test normale.
7
7
D3. Misure con il trasformatore
Scegliete una coppia di bobine differenti tra loro, ed annotate il numero di spire Np (bobina
primaria) e Ns (bobina secondaria). Alimentate il trasformatore con una tensione alternata di
ampiezza pari a 200-300 mV (servitevi dell'attenuatore da 20 dB incorporato nel generatore,
se necessario), v =V sin t =V , e di frequenza inizialmente bassa, dell'ordine di
qualche centinaia di Hz.. Sdoppiate il segnale del generatore ed inviate una delle due parti al
primo canale dell'oscilloscopio. Collegate direttamente l'altra parte del segnale del generatore,
V ing , al primario del trasformatore. Prelevate il segnale in uscita dal trasformatore, V out
, e mandatelo sul secondo canale dell'oscilloscopio.
Misurate il valore del rapporto di trasformazione, V out / V ing , al variare della frequenza,
per 10 differenti frequenze, equispaziate e comprese tra 100 Hz e 20 kHz. Per tali frequenze
misurare anche lo sfasamento, u , tra segnale di ingresso e di uscita. Verificate che il
rapporto di trasformazione misurato sia compatibile con il valore teorico N s / N p
Riportate i risultati in una tabella.
Riportate su un grafico su carta millimetrata sia il rapporto di trasformazione che lo
sfasamento, in funzione della frequenza. In base al grafico, dite quale intervallo di frequenze
potrebbe coincidere con la banda passante del trasformatore.
D4. Diodi: circuiti raddrizzatori
In questa e nelle seguenti misure, utilizzate in ingresso un’onda sinusoidale, di ampiezza pari
a circa 2V, frequenza intorno a 10 kHz e una resistenza R di 1kΩ.
Per ciascun circuito, riportate sul quaderno lo schema elettrico e il grafico della Vin e Vout in
funzione del tempo, da cui si capisca l’andamento.
Scrivete anche esplicitamente i massimi e minimi valori di Vout rilevati.
Spiegate a parole il perché dell’andamento osservato, facendo riferimento ai diversi valori che
assume la resistenza del diodo al variare di VD (che avete determinato al punto E4).
Spiegate anche perché il circuito si comporta da “raddrizzatore”.
Circuito a)
8
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Circuito b)
Circuito c)
Circuito d)
Nel circuito d), Vcc rappresenta una tensione continua: aumentate gradatamente a partire dal
valore 0 (per il quale dovete ritrovare la situazione del circuito a) fino a circa 1V e descrivete
come cambia la Vout.
D5. Diodi: circuiti squadratori
Realizzate i due circuiti qui sotto rappresentati. Nel circuito f), Vcc rappresenta una tensione
continua: aumentate gradatamente a partire dal valore 0 (per il quale dovete ritrovare la
situazione del circuito e)) fino a circa 1V.
Per ciascun circuito, riportate sul quaderno lo schema elettrico e il grafico della Vin e Vout in
funzione del tempo, da cui si capisca l’andamento.
Scrivete anche esplicitamente i massimi e minimi valori di Vout rilevati.
Spiegate a parole il perché dell’andamento osservato. Spiegate anche perché il circuito si
comporta da “squadratore”.
Circuito e)
Circuito f)
9
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D6. Livello di “continua”
Questo circuito è simile al circuito c) realizzato prima, funziona cioè da semplice
raddrizzatore se il valore di C è piccolo. In realtà ciò che importa non è tanto il valore di C in
sé, ma il valore di RC e della frequenza ν che state inviando nel diodo.
Cercate di scoprirlo variando la frequenza e illustrate sul quaderno come è possibile, con una
opportuna frequenza, ottenere un livello di tensione continua.
Oltre a determinare il livello medio di potenziale continuo, determinate anche, per almeno
due diversi valori di ν , il “ripple”, cioè le variazioni in positivo e negativo del potenziale
intorno al valore medio.
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