Teca tematica

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Teca tematica
Il velo e lo specchio. Pratiche di bellezza come forma
di resistenza agli integralismi
Autore: Ivana Trevisani
Editore: Baldini Castoldi Dalai, Milano
Anno: 2006
Data inserimento: 18/07/2011
Gruppo: Aggiornamenti 2011
«Io lotto per essere un giorno ciò che voglio. Non come mi vorrebbero i nostri teocratici e nemmeno come mi
vogliono i vostri capi o i vostri intellettuali ma... come voglio io!»
Una delle contrapposizioni più diffuse e strumentalizzate nell'attuale panorama delle società umane è senza dubbio
quella tra Islam e Occidente. È questo lo scenario in cui si addentra l'autrice per far affiorare una realtà perlopiù
ignorata dagli occidentali: una pratica di resistenza politica delle donne musulmane fondata sulla cura della
bellezza. Il fronte è duplice: se da un lato il mondo islamico le soffoca nel «velo» estromettendole da qualsiasi
forma di potere sociale riconosciuto, dall'altro l'Occidente, attraverso il filtro del proprio «specchio», riesce a vedere
soltanto quei veli da cui doverle liberare. Già sapienza antica e consolidata in gesti e rituali quotidiani, la bellezza
diviene allora mezzo per rivendicare la propria individualità. Non solo essa eleva lo spirito e il pensiero salvando
dall'immiserimento dell'anima e dall'abbrutimento del corpo, ma si oppone alla negazione dell'identità femminile
restituendo la donna alla sua consapevole unicità. È la voce delle protagoniste stesse a parlare: confidenze,
denunce, semplici racconti di vita quotidiana affidati all'autrice nel corso di incontri e relazioni si intrecciano a
frammenti letterari, cinematografici e teatrali. Non c'è traccia di rancore o minaccia ma la speranza e l'invito a un
ascolto profondo, che non solo renda loro giustizia ma apra, al di là di ogni pregiudizio e luogo comune, alla
possibilità di un mondo dove le diversità culturali e spirituali non dividano, ma possano coesistere arricchendosi e
comprendendosi tra di loro.
Ivana Trevisani, psicologa psicoterapeuta con formazione antropologica, svolge attività di formatrice all'estero, in
fasi post-belliche, per progetti psico-sociali e con le donne. Ha operato in Palestina, Vietnam, Rwanda, Kosovo e
Iraq. In Italia è impegnata in ambito clinico, di formazione e di psicologia dell'emergenza. Collabora con
associazioni, enti e organizzazioni non non governative nazionali e internazionali, elaborando progetti rivolti a
donne straniere, immigrati, profughi, richiedenti asilo. Ha pubblicato articoli in varie riviste specialistiche. Ha firmato
un intervento nel collettaneo Fare pace dove c'è guerra (2003) e in Il bagaglio invisibile - Storie di vita e pratiche di
mediazione interculturale (2004). Per Baldini e Castoldi Dalai editore nel 2004 ha pubblicato Lo sguardo oltre le
mie colline - Testimonianze del genocidio in Rwanda.
(dalla seconda e terza di copertina)
Maria Mancuso, [senza nome]
foto da: I «cocci» di Maria Mancuso, Catanzaro, Fucina Ionica, 1988, p. 12
Le pratiche delle donne islamiche combattono la violenza di un integralismo fanatico che stravolge il sentimento di
rispetto per la bellezza femminile, profondamente radicato nell'Islam. Il cupo e anacronistico oscurantismo di
integralisti e teocrazie, la fosca ossessione per il corpo delle donne, disegnano il grande paradosso di un Islam
che, dopo aver riconosciuto alle donne quella libertà che il sistema tribale preesistente negava, con una mossa
regressiva le vorrebbe sottrarre di nuovo totalmente, costringendole a scomparire dalla scena del mondo. Ma le
donne, stanche di piegarsi a pesanti imposizioni e sempre meno disposte ad accettare la loro cancellazione, ogni
giorno scoprono, riscoprono, inventano originali forme di rivolta per sottrarsi all'insensatezza.
«Dopo giorni di promesse quando ormai le mie figlie erano stanche di stare rinchiuse e minacciavano di tornare in
Italia, una sera finalmente mi hanno detto che l'indomani ci avrebbero portate al Caspio. Al mare. Dei corridoi,
incastrati fra alti teloni di plastica spessa dalla spiaggia fino a qualche centinaio di metri dentro l'acqua,
nascondevano un sacco di donne e ragazze, quasi tutte in costume. Sulla spiaggia c'erano delle piccole dune e
alcune delle ragazze si rotolavano dall'alto fin giù, facevano il bagno e poi si rotolavano coprendosi completamente
di sabbia. Erano lì clandestine, erano quelle a cui era vietato andare al mare e non potevano rischiare di tornare a
casa con un'abbronzatura che le avrebbe tradite, avrebbe dimostrato che erano state al mare... Così avevano
escogitato il modo per andare ugualmente al mare e far sì che nessuno lo sapesse... tanto avevano sequestrato
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tutti i cellulari nello sgabuzzino d'ingresso e non c'era il pericolo che qualcuna potesse scattare delle foto...»
Carmen mi ripete l'ammirazione per l'abilità e la tenacia delle donne iraniane nell'aggirare l'insensatezza e donare
ai loro corpi il piacere di un bagno in mare.
Le donne musulmane, in fedeltà al profondo senso della bellezza radicato nell'Islam più autentico, evocano e
ricercano di essere belle con la cura di sé, del sé profondo e del proprio essere nel mondo.
Non perseguono un particolare culto estetico, ma il piacere della cura della bellezza, per spingersi fino alla cura di
un essere donna tanto potente da poter sopportare e andare oltre deliri di morte e distruzione, oltre la violenza e la
sua insensatezza.
(p. 39-40)
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- [1] http://www.bnnonline.it/index.php?it/136/teca-tematica/list/tabgroup/6
- [2] http://www.edizioniorientamento.it/Il%20velo%20e%20lo%20specchio.pdf
- [3] http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20090305075120AACqVWt
- [4] http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20090305075120AACqVWt
- [5] http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20090305075120AACqVWt
- [6] http://www.women.it/cms/index.php?option=com_content&task=view&id=505&Itemid=89
- [7] http://www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=195
- [8] http://www.racine.ra.it/udi/bibliografie/donne-islam.htm
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