esenzione iva per i giochi anche se gestiti da privati
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esenzione iva per i giochi anche se gestiti da privati
ESENZIONE IVA PER I GIOCHI ANCHE SE GESTITI DA PRIVATI Sommario: 1. La fattispecie concreta – 2. Le motivazioni – 3. Conclusioni – 4. Il quadro normativo italiano. Il principio della neutralita’ fiscale sancito dalla VI direttiva IVA è incompatibile con la preclusione ad applicare a gestori privati di giochi ed apparecchi l’esenzione IVA prevista dalla normativa nazionale. Con la sentenza del 17 febbraio 2005, cause riunite C-543/02 e 462/02, su sollecitazione della Corte tributaria federale tedesca, la Corte di giustizia delle comunità europee ha fornito una interpretazione della Sesta direttiva sia sotto un profilo oggettivo, della portata del principio della neutralità fiscale in relazione all’imposizione di tributi sui giochi, sia dal punto di vista soggettivo, dei destinatari dell’esenzione prevista da detta direttiva. La disposizione comunitaria su cui vertono le questioni pregiudiziali esaminate dai giudici di Lussemburgo è l’art. 13, parte B, lettera f) della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 388, che dispone: “Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso: ...(omissis) f) le scommesse, le lotterie e altri giochi d'azzardo con poste di denaro, salvo condizioni e limiti stabiliti da ciascuno Stato membro.” 1. LA FATTISPECIE CONCRETA Le cause trattate congiuntamente riguardano rispettivamente un soggetto che – munito di regolare autorizzazione amministrativa - aveva dichiarato esenti da IVA gli introiti derivanti dall’utilizzo di apparecchi da intrattenimento collocati in pubblici esercizi ed in sale da gioco di sua proprietà (causa C - 453/02) ed un contribuente gestore di un casinò, anch’egli munito di regolare autorizzazione amministrativa, dove, oltre alla roulette, si praticavano giochi di carte senza attenersi agli obblighi imposti dalle prescrizioni normative (causa C - 462/02). In entrambi i casi, l’Amministrazione finanziaria tedesca aveva negato il beneficio dell’esenzione ai proventi derivanti dai giochi d’azzardo, sulla base della considerazione che essi si consideravano assoggettabili ad imposta in quanto – alla stregua della normativa interna – lo sfruttamento del gioco avveniva al di fuori di case da gioco pubbliche autorizzate. Nel primo caso, il Finanzamt ha osservato che “Le macchine automatiche per giochi d’azzardo installate in case da gioco pubbliche in fatto differiscono da quelle installate in pubblici esercizi e nelle sale da gioco private, per quanto riguarda l’entità delle poste, l’entità delle vincite e la percentuale delle poste giocate ridistribuita sotto forma di vincite” (punto 9 della sentenza). Nel secondo caso, ha precisato che “il gioco di carte esercitato dall’attore è solo in parte equiparabile ai giochi di carte proposti nei casinò pubblici” (punto 15 della decisione). Il duplice rinvio pregiudiziale riguardava pertanto la norma nazionale che riconosce l’esenzione IVA, sullo sfruttamento dei giochi di azzardo o di apparecchi per le scommesse, solo ai casinò pubblici autorizzati. 2. LE MOTIVAZIONI Nello sviluppo delle argomentazioni che hanno condotto alla disapplicazione della normativa interna, la Corte ha ripetutamente richiamato la sentenza 11 giugno 1998 (C - 283/95 - Causa Fischer) che aveva già affrontato il problema della interpretazione dell’ art. 13, parte B lett. F) della sesta direttiva all’esercizio illecito di un gioco d’azzardo. Nel caso di specie, si trattava di un gioco d’azzardo svolto al 1 di fuori di un luogo autorizzato, sostanzialmente equivalente al gioco della roulette. In quell’occasione, con riferimento specifico dunque al gioco d’azzardo non autorizzato, la Corte ha invocato il rispetto del principio di neutralità fiscale inerente al sistema dell’IVA. Tale principio vieta che merci o prestazioni di servizi di uno stesso tipo, che si trovano in concorrenza gli uni con gli altri, siano trattati in maniera diversa sotto il profilo dell’IVA, con la conseguenza che i detti prodotti o le dette prestazioni devono essere assoggettati ad un’aliquota uniforme. In quell’occasione, in particolare, già era stato ribadito che “il principio di neutralità fiscale non consente una distinzione generale tra le operazioni lecite e le operazioni illecite” (punto 21 della sentenza) e che “l’esercizio del gioco d’azzardo rientra nell’applicazione della sesta direttiva” (punto 23 della decisione). Conseguentemente, la Corte aveva affermato la non imponibilità, per completa estraneità al tributo, delle sole operazioni assolutamente vietate (es., importazione di stupefacenti o di denaro contraffatto) che, in quanto tali, non creano un problema di concorrenza tra settori economici leciti ed illeciti. Anche nella pronuncia in esame, è stato osservato che – agli effetti dell’esenzione IVA – la differenziazione dei giochi d’azzardo in relazione all’assetto organizzativo dei luoghi in cui vengono esercitati non assume alcun rilievo (punti 37 e 38 delle conclusioni dell’Avvocato generale e punto 26 della sentenza). Viene, tuttavia, tenuta ferma la discrezionalità riconosciuta dal legislatore comunitario agli Stati membri, di avvalersi del potere discrezionale di stabilire condizioni e limiti dell’esenzione. Ciò comporta che alcuni Stati possono assoggettare ad IVA determinate forme di gioco, quando la loro struttura sia compatibile con il tributo e l’aspetto dell’abilità e destrezza venga considerato prevalente su quello della scommessa o dell’azzardo. Il gioco d’azzardo è un’attività dichiarata esente in quanto tale e, per definizione, al di fuori d’ogni valutazione di “interesse pubblico” esercitabile da chiunque, non essendo qualificata in funzione del soggetto che la pone in essere. L’identità del gestore – conclude la Corte – non può essere considerata elemento da cui far dipendere la determinazione delle condizioni e dei limiti del beneficio dell’esenzione. Trattandosi di IVA, ossia di imposta a carattere generale che tendenzialmente si applica a tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi, effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese, arti o professioni, infatti, le ipotesi di esenzione sono tassative ed eccezionali, ricorrendo esclusivamente in presenza di tutti gli elementi che caratterizzano le singole fattispecie. In linea di principio, le operazioni relative ai giochi d’azzardo, lotterie e scommesse sono esentate da IVA ed assoggettate ad una speciale tassazione, in considerazione del fatto che i concetti tributari tipici di tale tributo indiretto, quali “prestazione”, “corrispettivo”, “fornitura”, non si attagliano facilmente all’evento vincita del giocatore, che al corrispettivo pagato dallo stesso a titolo di partecipazione al gioco, è collegato esclusivamente da un fattore casuale. Inoltre, nell’includere tra i destinatari della esenzione contemplata dalla direttiva i gestori di giochi o di apparecchi per giochi d’azzardo, ossia soggetti diversi dalle case da gioco riconosciute, la pronuncia in commento ha riaffermato il fondamentale principio della primauté della norma comunitaria su quella nazionale e l’efficacia diretta del diritto comunitario sugli Stati membri. Ciò comporta che i singoli contribuenti possono invocare le disposizioni di una direttiva comunitaria “in tutti i casi in cui, dal punto di vista sostanziale, essa è incondizionata e sufficientemente precisa, in mancanza di provvedimenti d’attuazione adottati entro i termini, per opporsi a qualsiasi disposizione di diritto interno non conforme alla direttiva”. (punto 33 della decisione) Si è chiarito quindi che la disposizione comunitaria in argomento, anche non recepita o erroneamente trasfusa nell’ordinamento domestico, è una norma direttamente invocabile dai cittadini comunitari dinanzi ai giudici nazionali, ossia cd. self-executing. Infine, un altro principio di diritto statuito dal giudicato, riguarda gli effetti nel tempo delle sentenza. In questa pronuncia, viene affermato che la Corte - nell’esercizio delle competenze attribuitele dall’art. 234 CE - chiarisce e precisa il significato e la portata di una norma come deve o dovrebbe essere intesa dal momento della sua entrata in vigore. 2 Pertanto, l’interpretazione che i giudici di Lussemburgo forniscono in via pregiudiziale, può e deve essere applicata dal giudice anche a ra pporti sorti e sviluppatisi prima della sentenza. Che si sia specificata l’efficacia ex tunc delle pronunce pregiudiziali assume un particolare rilievo, anche in considerazione del fatto che nel percorso argomentativo, la Corte non ha ritenuto conferenti le motivazioni addotte dal governo tedesco per giustificare la limitazione temporale, né il richiamo alla precedente giurisprudenza in materia di determinazione della base imponibile, né il mancato avvio di una procedura di infrazione che in qualche modo ingenererebbe un affidamento sulla conformità del regime tedesco di applicazione dell’IVA all’ordinamento comunitario. 3. CONCLUSIONI In definitiva, la soluzione interpretativa adottata dai giudici di Lussemburgo si innesta coerentemente nel solco della giurisprudenza comunitaria che aveva già affrontato la questione del regime di esenzione IVA relativamente ai proventi derivanti dagli apparecchi automatici per giochi d’azzardo. Rispetto al precedente caso Fischer, più volte richiamato dai giudici di Lussemburgo nel caso di specie, la pronuncia presenta elementi di novità, costituiti dal fatto che al principio di neutralità fiscale viene attribuita una specificazione ulteriore. Partendo dalla affermazione che tali introiti debbano essere assoggettati ad un regime tributario di favore, indipendentemente dal fatto che provengano da operazioni lecite o illecite, la Corte di giustizia fa un passo avanti. Essa infatti giunge ad escludere che, agli effetti dell’imposizione indiretta, beni e servizi di uno stesso tipo possano subire un trattamento differenziato in ragione dell’identità del soggetto passivo che realizza la prestazione. Il profilo soggettivo di quest’ultimo, così come la forma giuridica che questi assume, non hanno alcun rilievo per accertare se i beni e servizi si pongano in posizione concorrenziale, in quanto il legislatore comunitario ha riguardo esclusivamente alla dimensione oggettiva,ossia alla natura dell’attività posta in essere. Poiché esistono numerose varianti per i giochi d’azzardo, osserva l’avvocato generale della Corte nelle sue conclusioni, “non si può attribuire comunque particolare rilevanza alle piccole differenze nell’organizzazione o nella struttura di ciascuno dei giochi da mettere a confronto”. In buona sostanza, i giudici di Lussemburgo hanno fornito una interpretazione del principio della neutralità fiscale che fa salva la uniformità del carico fiscale ai fini dell’IVA, dichiarando pertanto incompatibile con questo un regime di esenzioni interno che fonda la disparità di trattamento sul luogo ove viene esercitata l’attività di gestione dei giochi ed apparecchi per il gioco d’azzardo. La soluzione si prospetta condivisibile ed aderente allo spirito del sistema europeo dell’IVA, che è basato sullo strumento giuridico della direttiva e che, opportunamente, la disposizione interna al nostro sistema recepisce in maniera compiuta nella disposizione indicata nel paragrafo seguente. 4. IL QUADRO NORMATIVO ITALIANO Giova da ultimo fornire un breve cenno sulla norma interna di recepimento dell’art. 13, parte B, lett f) della sesta direttiva, recata in Italia dall’art. 10, D.P.R. n. 633 del 1972. La norma esenta al n° 6) le operazioni relative all’esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi d’abilità e dei concorsi propostici riservati allo Stato ed agli enti indicati nel D.lgs. 14 aprile 1948, n. 496 ratificato con L. 22 aprile 1953, n. 342 e successive modificazioni, nonché quelle relative all’esercizio dei totalizzatori e delle scommesse di cui al regolamento approvato con decreto del Ministro dell’agricoltura e per le foreste 16 novembre 1955 e alla L. 24 marzo 1942, n. 315 e succ. modif., ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate, al n. 7) le operazioni relative all’esercizio delle scommesse in occasione di gare, corse, giuochi, concorsi e competizioni di ogni genere, diverse da quelle indicate al numero precedente, nonché quelle relative all’esercizio del giuoco nelle case da giuoco autorizzate e alle operazioni di sorte locali autorizzate. Per effetto dell’art. 30, 3 comma 1, della L. n. 388 del 2000, dal 1 gennaio 2001 anche tutti i concorsi pronostici e giochi di abilità costituiscono operazioni esenti e sono regolati dal n. 6 dell’art. 10. E’ stato al contempo abrogato l’art. 74, comma 7, del D.P.R. n. 633 del 1972, che disponeva – in conseguenza dell’imposta unica gravante sulle operazioni relative all'esercizio dei giuochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato l’esonero dagli obblighi di fatturazione, registrazione e dichiarazione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che formano oggetto di dette operazioni . Inoltre, l’art. 1 della legge finanziaria 30 dicembre 2004 n. 311, al comma 497, prevede l’estensione del regime di esenzione alla raccolta delle giocate con gli apparecchi da intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, “anche relativamente ai rapporti tra i concessionari della rete per la gestione telematica e i terzi incaricati della raccolta stessa”. Che le operazioni relative all'esercizio delle scommesse, nonché quelle relative alla raccolta delle giocate, siano esenti da Iva, è stato confermato anche da una recente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, la n. 11/E del 28 gennaio 2005. Essa ha evidenziato che una società che esercita l'attività di raccolta di gioco e di scommesse per conto dell'effettivo titolare della concessione non deve assoggettare a Iva il suo compenso, che rientra tra le operazioni esenti previste dall'art. 10, comma 1, n. 9) del D.P.R. n. 633 del 1972 (prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione). Rosamaria Larice Funzionario dei Monopoli di Stato 4