EMERGENZA OSTETRICA: LA PERDITA DI SANGUE

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EMERGENZA OSTETRICA: LA PERDITA DI SANGUE
Lezione di gineco
9/04/’03 h:13.30-15.30
Prof. Mangioni
Sbob. Chiara Pastori
EMERGENZA OSTETRICA: LA PERDITA DI SANGUE
Tra le emergenze ostetriche la perdita di sangue è quella in assoluto più frequente e temibile, fate
conto che anche nei paesi industrializzati la morte materna in gravidanza è per lo più dovuta a
problemi di emorragia. Una emorragia ostetrica, dovuta all’evento patologico gravidico, si
considera massiva e pericolosa per la vita della madre quando è superiore a 1,5 litri; nei paesi
industrializzati - anni ‘80-2000 - ricorre in circa 1 evento ostetrico ogni 500-600 , questo per farvi
capire che è un problema reale. Fortunatamente l’emorragia non è sempre massiva a volte ci sono
perdite ematiche modeste che però creano ansia soprattutto quando vengono in gravidanza. In
gravidanza anche due globuli rossi possono destare preoccupazione da parte della gestante o
dell’ambiente familiare ed è per questo che giungono in PS. Noi oggi dobbiamo occuparci dei
quadri clinici più salienti in quest’ambito.
All’inizio dobbiamo comunque precisare che non sempre la perdita di sangue accusata dalla
puerpera o dalla gestante, parliamo della gestante perché è il quadro dal punto di vista emozionale
più importante e quindi di più frequente riscontro nell’emergenza ostetrica, non sempre viene
dall’apparato genitale.
PERDITA DI SANGUE DI ORIGINE EXTRA-GENITALE
Può venire da una emorragia del tratto terminale del tubo digerente come ad es. le emorroidi ( sono
frequenti perché la gravidanza aumenta la stipsi già comune nella donna – qualche maschilista
aveva definito la donna un “bipede stitico”-; il digerente per il diminuito spazio a disposizione è
ipomobile, aumenta quindi il riassorbimento di acqua con conseguente coprostasi, le feci diventano
dure, le emorroidi si irritano, a volte compaiono delle piccole ragadi ). Ci sono situazioni in cui la
donna è preoccupata perché vede sangue rosso vivo o tracce ma non riesce a capire da dove arriva.
Un’altra sede di perdita di sg può essere la vescica nell’ambito di flogosi, sg nelle urine, anche
questo non è un evento infrequente che dobbiamo prendere in considerazione ogni volta che una
donna gravida giunge in PS con un problema di perdite.
PERDITA DI SANGUE GENITALE MA NON DALL’AREA DI PLACENTAZIONE
La perdita di sg dall’area della placentazione è quella che preoccupa perché implica un rischio
diretto per la gravidanza. E’ facile anche che vi sia una perdita dalla via genitale ma non da
quell’area perché dovete pensare che l’apparato genitale in gravidanza è una spugna ematica, più la
gravidanza procede più questa spugna diventa turgida e colma di sg. Basta una piccola lesione
anche banale durante l’igiene intima a livello dell’imene o un piccolo trauma durante l’amplesso per
procurare un’uscita di sg.
Una situazione anatomica frequente della porzione intravaginale del collo dell’utero , ne palerete
meglio quando vi spiegheranno la diagnosi precoce dei tumori del collo dell’utero, è la presenza
sulla esocervice di mucosa endocervicale, quindi ectopia prima che la donna abbia avuto eventi
gravidici e quindi epitelio cilindrico con la giunzione squamo colonnare che anziché essere a livello
dell’orificio uterino esterno è esterna e ricopre in parte la esocervice. Questa è la famosa
“piaghetta” di cui si sente parlare dal fruttivendolo o dal giornalaio nei consessi o incontri
amichevoli tra fanciulle. La mucosa endocervicale è delicatissima, in sede esocervicale è più
frequentemente soggetta a caduta e più frequentemente lesa dal microclima acido vaginale,
qualsiasi flogosi vaginale otterrà da questo epitelio minor resistenza di quella offerta dal canonico
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epitelio pluristratificato di questa zona. Quando c’è l’ectropion, vale a dire: lesione traumatica del
collo dell’utero durante il parto non completamente dissanata per cui l’esocervice all’esame
speculare appare beante e l’estroflessione della mucosa endocervicale non è costituita solo da
epitelio cilindrico semplice di rivestimento ma vi sono frammiste ghiandole della mucosa cervicale.
La presenza delle ghiandole fa chiamare questo ectropion e non ectopia. Nella pluripara l’ectropion
è più soggetto ad alterazioni, a lesioni di tipo infiammatorio a sanguinamenti per modeste
cromatiti (?). In più tenete conto che in gravidanza questo epitelio diviene lussureggiante e
congesto, bastano piccoli traumi a farlo sanguinare. C’è poi la patologia più banale del collo
dell’utero: il polipo cervicale: anch’esso in gravidanza diventa congesto e il suo peduncolo va
incontro a torsione.
SANGUE DALL’AREA DELLA PLACENTAZIONE
Se dopo un’accurata anamnesi della vita della donna e un esame obiettivo dei genitali esterni
introducendo lo speculum vedete che il sg deriva dall’orificio uterino esterno dovete pensare che
provenga dall’area della placentazione , siamo di fronte quindi ad una minaccia di interruzione della
gravidanza che può ripararsi permettendo la prosecuzione della gravidanza o evolvere invece in
aborto.
L’aborto è episodio frequente nella storia ostetrica della coppia che desidera bimbi, questo perché
tutto ciò che in questi anni ha riguardato la fecondazione assistita ha fatto studiare con max
attenzione una perdita di concepimenti in fase precocissima che negli anni passati non si conosceva,
si pensava che l’aborto interessasse il 10% delle gravidanze, oggi si vede che interessa una
percentuale molto più elevata, anche se probabilmente ancor oggi è un dato molto sotto stimato.
Stiamo parlando ovviamente dell’aborto precocissimo, quanto più la diagnosi di gravidanza è
precoce e precisa, quanto più la donna ad ogni minimo sospetto si sottopone a controlli è chiaro che
di conseguenza aumenterà la percentuale di gravidanze terminate in aborto. Quando la donna
ricorreva meno frequentemente all’assistenza ostetrica perché c’erano meno possibilità nell’ambito
pubblico e privato o perché c’era minore educazione e sensibilità è chiaro che la percentuale di
aborti precocissimi conosciuti era inferiore, la percentuale era riferita solo agli aborti clinici. Nel
considerare questa perdita precoce di concepimenti dobbiamo considerare il momento della
fecondazione, tratto ampollare della salpinge, la nostra morula in terza-quarta giornata circa arriva
in cavità uterina, lì si trattiene qualche giorno ben mantenuta dalla secrezione della mucosa
endometriale stimolata dal corpo luteo gravidico e si impianta intorno alla 6^-7^ giornata.
Ovviamente noi dovremmo considerare come perdita di gravidanza tutto quello che avviene dopo il
giorno 1 , solo che i primi gg non è facile riuscire a fare tempestiva diagnosi di gravidanza e di
conseguenza di eventuale perdita di concepimenti. I dati che abbiamo riguardanti i giorni prima
dell’annidamento sono da considerarsi per difetto. E’ uscito un paio di anni fa uno studio sui
problemi dell’impianto precoce della blastocisti, le comunicazioni tra epitelio-stroma(decidua)blastocisti che precedono e accompagnano l’impianto ( ricordo, l’anatomia è sempre maestra, che la
blastocisti supera la compatta e si annida nella spongiosa ). Queste interazioni sono sostenute dagli
ottimali livelli di estrogeni e progesterone, hanno un ruolo particolare le prostaglandine,
l’interleuchina, la calcitonina, i fattori che regolano tutti i meccanismi metabolici della mucosa
endometriale e le sue modificazioni dalla fase basale, follicolinica, luteinica e deciduale . Queste
relazioni se vengono alterate per problemi insiti nella blastocisti ma anche nella decidua, es esiti di
flogosi endometriali o presenza di germi nella cavità uterina, possono non rendere l’impianto
possibile: o per mucosa non preparata nella sua trasformazione a causa per es di un difetto del corpo
luteo o perché alterata da una noxa patogena infiammatoria . La nostra capacità diagnostica attuale
non ci permette di comprendere il dato percentuale reale di blastocisti che non si impiantano; i
nostri dati sono estrapolati dai programmi di fecondazione assistita dove la blastocisti viene
direttamente inserita in cavità: chi effettua questi programmi dai dosaggi hCG effettuati
quotidianamente sono in grado di capire quante di queste blastocisti sopravvivono e si annidano ( in
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questo caso per alcuni gg abbiamo un aumento della produzione delle beta-hCG legata alla
produzione della corona esterna della blastocisti del citosinciziotrofoblasto ). Questo ci da un’idea
della percentuale di attecchimento di queste gravidanze, che in questa fase proprio per il sistema di
monitoraggio vengono dette gravidanze chimiche. Ci sono ormai anche documentazioni
morfologiche al microscopio ottico ed elettronico che vengono dalla linea di sperimentazione
animale anche dei mammiferi fino all’uomo che ci permettono di avere immagini di blastocisti
appena durante e dopo la penetrazione nella compatta in attesa di collocarsi nella spongiosa.
Vi mostro un algoritmo che da un’idea di questa abortività spontanea nelle varie fasi.
1000 donne
1000 ovuli maturi
5% perdita xchè ovocita non becca la tuba
950 ovociti in salpinge
7,5% no fecondazione
879 embrioni
12% blastocisti non si impiantano
776 blastocisti impiantate
10% si perde nelle prime settimane
circa 700 stadio di gravidanza clinica
600 nati vivi
Partiamo da 1000 cicli di fecondazioni possibili e desiderate, abbiamo un 5% in cui la fecondazione
non avviene perché l’ovocita maturo non raggiungo o la tuba o la porzione di tuba ideale per la
fecondazione. 950 ovociti entrano nella salpinge, un 7,5% - sono cifre indicative- non riesce ad
essere fertilizzato anche quando tutti i dati della coppia dimostrano un’ottima capacità di
fertilizzazione; ci rimangono così 879 uova fertilizzate, di queste blastocisti un 12% arriva alla
cavità uterina ma non si impianta, delle 1000 solo 776 riescono ad impiantarsi. Grosso modo un
25% è già perso prima dell’impianto, ma anche di quelle che riescono ad impiantarsi nella
spongiosa un 10%, anzi direi un 13%, si perde rapidamente nelle prime settimane di gravidanza.
Abbiamo così una perdita di embrioni di circa il 15% tra quelle che si erano impiantate. Oltre tutto
fin qui dal punto di vista ecografico e clinico non possiamo fare la diagnosi (spesso non c’è ancora
nemmeno stato il ritardo mestruale), sono tutte diagnosi chimiche con dosaggi seriati delle betahCG, vedete bene il perché vi siano dati in difetto, il dosaggio seriato delle beta-hCG non rientra
nelle normale vita della coppia. Quindi a meno che non si stia seguendo un programma di
fecondazione assistita o nel caso ci sia una donna particolarmente ansiosa che si precipiti a fare il
test di gravidanza per prelievo sanguigno con l’immunoistochimica le gravide a questo stadio non
sanno neppure di attendere. A una gravidanza clinica arrivano circa in 700 casi, tra queste – che son
riuscite a portare avanti una placentazione – abbiamo ancora un 10% di aborti pre-parto. 600 nati
vivi e un 40% perso. Ripeto, sono dati per difetto. E’ così vero questo che quando molti si
lamentano dei risultati della fecondazione assistita che anche nelle mani e nei centri più validi ha
circa un 20 % di successi i colleghi rispondono che anche nel concepimento fisiologico non
sappiamo realmente quanti nati in culla abbiamo rispetto ai concepimenti iniziali. Diciamo
comunque che dalla gravidanza clinica si ha ancora il 10-20% di perdita, clinica vuol dire che la
donna ha l’amenorrea e i segni della gravidanza: dal turgore del seno allo stimolo ad urinare
frequentemente per il peso che l’utero gravido ha nella normale antiverso-flessione sulla vescica ,
potrebbe avere già per un’ondata particolarmente elevata di beta-gonadotropine una nausea
insistente, disturbi simpatici della gravidanza, ma soprattutto ha una ecografia che vede la rima
endometriale non regolare e che presenta già una vescicola embrionale, magari senza embrione,
magari già con l’embrione, magari già con un cuore che batte dopo la settima settimana. E’ questo
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10-20% di aborti che intendiamo quando ci preoccupiamo della clinica dell’aborto. La causa più
frequente di questo tipo di aborto_ perdita in epoca non vitale per il feto, soprattutto primo
trimestre_ sono alterazioni del corredo cromosomico ( sono circa la metà delle gravidanze perse nel
primo trimestre, circa un terzo delle perdite del secondo e un 5% delle perdite del terzo).
Vi do un po’ di dati che aiutano a capire il problema dell’aborto dal punto di vista clinico: il 15% di
tutte le gravidanze diagnosticate termina in aborto, il 60% di tutte le gravidanze diagnosticate con
metodi ormonali ( il metodo radio immunologico delle beta-hCG, dosaggi monoclonali per le beta )
termina in aborto prima della 11^ settimana, dopo un’eco normale alla 10^ settimana abbiamo
ancora dal 2 al 6 % di aborti ; un feto vivo all’eco entro la 10^ sett ma con minaccia d’aborto ( la
donna ha dichiarato presenza di perdite ematiche) dal 3 al 13 % la gravidanza si interrompe. [ dati
da “ Rejinders EJC e Thomas C,MG British obstet.95 1998 ]. Questo è un segnale relativo alla
frequenza dell’abortività di fronte ad una diagnosi clinica di gravidanza.
Definizione di aborto
ABORTO: interruzione della gravidanza prima della vitalità del feto . Quando io ho incominciato
nel ’68 a insegnare, un termine di vitalità era la 26^ settimana, quando ero come voi alla laurea il
termine era alla 28^ settimana, durante i miei quattro anni di specialità prima in Mangiagalli e poi a
Brescia era ritenuto aborto tutto ciò che avveniva come interruzione di gravidanza prima della 28^
settimana. Ovviamente migliorando la qualità di assistenza all’atto prematuro, migliorando le
tecniche di rianimazione il limite sta scendendo, oggi è ritenuto suscettibile di sopravvivere un feto
che nasce a 24-25 settimane. Naturalmente una percentuale minima sopravvive, magari ci saranno
problemi nella qualità della vita di questo sopravvissuto, ma è possibile che nel futuro questo
termine dell’abortività si abbassi ulteriormente. Quanti più feti riusciamo a recuperare in
quest’area che ripeto dal ’59 in cui mi son laureato io 28 sett, al ’68 in cui ho cominciato ad
insegnare26 sett , oggi anni 2000 24 settimane, nulla vieta di pensare che queste 24 possano
scendere nel 2010 a 22, c’è chi poi addirittura pensa alla possibilità che avendo a disposizione
placente artificiali potremo anche teoricamente pensare che si possa giungere ad una gravidanza
condotta fuori dall’utero, qualcuno potrebbe definire questo il sogno di Icaro qualcun altro, molto
fiducioso nella onnipotenza dell’uomo, potrebbe pensare che sia un programma perseguibile.
Quello che di fatto c’è e quello su cui non si può obiettare è che quando a Brescia mi chiamavano
al pronto soccorso e arrivava una 27- 27,5^ settimane, sulla cartella scrivevo “aborto in fase
avanzata” e nessuno si preoccupava del feto. Il problema era riuscire ad ottenere il mini-parto nel
modo più sicuro per la donna, non ci si preoccupava di riuscire a tirar fuori il feto vivo e di
preservarlo, se poi nasceva vivo lo mandavi ovviamente in neonatologia ma sapevi che aveva il
99% di probabilità di non sopravvivere. Quindi l’obiettivo era che l’evento si svolgesse con il
minor traumatismo possibile per la donna. Sto parlando degli anni ‘59-‘60-’63 della mia specialità.
Oggi se entra una donna di 24-25 sett con battito presente noi diciamo che c’è una minaccia di
interruzione ma dobbiamo gestire questa 25^ esattamente come gestiamo la 28^ la 32^ perché le
probabilità che questo feto possa sopravvivere in un adeguato ambiente di assistenza intensiva
neonatale sono importanti e allora è evidente che è importante anche la modalità del parto. Negli
anni della mia specialità nessuno avrebbe pensato di fare un taglio cesareo a 24-25-26 settimane,
oggi si discute e si sa benissimo che un 24-25-26 settimane deve nascere per via addominale perché
il passaggio attraverso il canale da parto renderebbe le % di sopravvivenza che questo feto ha in un
ambito di assistenza intensiva praticamente nulle. Naturalmente, questi non sono limiti non
superabili, ogni caso va personalizzato ma vi dice molto sulle problematiche ostetriche che questa
abortività alta e tardiva ha portato e di come il limite non sia ancora definibile o definito. Crea
problematiche rilevanti anche dal punto di vista emozionale, comunicazione tra ostetrica e
neonatologo, comunicazione dell’ostetrica e del neonatologo alla donna, mi capite? Perché a 2425 sett non abbiamo il 100% di sopravvivenza e i sopravvissuti non hanno tutti una qualità di vita
( in termini di integrità delle funzioni) normalissima. Anche di fronte a questa prematurità occorre
tener presente nelle scelte ostetriche tanti problemi; vi faccio un esempio: stiamo seguendo una
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fanciulla alla seconda gravidanza che ha deciso dopo diagnosi di tumore mesodermale misto del
collo dell’utero a 15 settimane di proseguire la gravidanza - poteva benissimo scegliere di
interrompere la gravidanza, isterectomia radicale con utero e feto dentro - teoricamente avrei
potuto dire a questa gestante che era opportuno attendere almeno 10 sett arrivando così a 25 per
poter dare a questo bimbo la possibilità di sopravvivere, poi dentro questo dialogo abbiamo
convenuto che era molto meglio se avesse risposto alla chemio aspettare fino a 30, magari anche
32-34 settimane. Però era fuor di dubbio che anche dal punto di vista della conduzione ostetrica se
io ottengo un consenso da parte di questa donna ad arrivare a 25 sett con i rischi di non avere una
sopravvivenza del 100% io posso distanziare dalla presentazione, 15 sett, alla interruzione della
gravidanza e terapia radicale per il tumore che questa donna aveva di 10 settimane. Credo che
poche fanciulle, poche coppie rinuncerebbero a questa possibilità quando arrivassimo ad avere a
25 sett una sopravvivenza più elevata di quella che abbiamo oggi intorno al 50-60 % e di feti
normalissimi. Io non dovrei sottoporre questa donna alla attesa di altre 7-10 sett e magari posso
anche decidere di non fare terapie e lasciare che questa gravidanza evolva normalmente e il
tumore anche cresca normalmente, perché in genere il tumore tende a crescere forse
maggiormente in gravidanza. Vi ho citato un caso limite ma è evidente che la possibilità di
recuperare dentro una assistenza neonatologica intensiva dei prodotti del concepimento sempre più
prematuri crea una infinità di problematiche dal punto di vista clinico e di scelte, senza poi entrare
nell’altro campo su cui c’è accordo o disaccordo della interruzione volontaria di gravidanza. Il
messaggio che deve passare per chi non farà l’ostetrico è che questo limite tra aborto, prodotto del
concepimento non recuperabile per una qualità di vita come la nostra e feto che nasce e può
sopravvivere continua a scendere e quello che è oggettivo è che scende sensibilmente nel giro della
vita di un operatore sanitario, come la mia. Nulla vieta di pensare che quel 24 è solo un limite di
passaggio. Oggi c’è spazio per guadagnare non solo in sopravvivenza ma in qualità della
sopravvivenza.
Oggi definiamo
ABORTO PRECOCE: < 16 sett
ABORTO TARDIVO: 16-24 sett
Può darsi che in futuro l’aborto tardivo non esista più perché il limite da 24 sarà sceso a 16-18.
ABORTO INTERNO: quando non abbiamo nessun segno clinico della minaccia di interruzione ma
abbiamo la morte del concepito.
ABORTO LEGALE
TERAPEUTICO
CONTRACCETTIVO fino a 12^ sett
EUGENICO diagnosi certa di anormalità, fino a 20 talvolta 21-22sett
In genere l’aborto terapeutico è l’esempio che vi ho fatto: se quella fanciulla avesse deciso che lei di
fronte alla presenza del tumore non voleva correre alcun rischio e desiderava interrompere la
gravidanza quello era aborto terapeutico, anche prima della legge 194 l’interruzione della
gravidanza per tumore maligno del collo dell’utero era consentito in tutti i paesi industrializzati.
Invece aborto contraccettivo e aborto eugenico riguarda il campo della gravidanza non desiderata
oppure della gravidanza con diagnosi certa di anormalità del concepito e fa parte dell’aborto legale
consentito dalla legge italiana fino alla 11^ settimana per l’aborto contraccettivo e fino alla 20^ per
l’aborto eugenico, a volte si tira fino alla 21-22^ . E’ per questo che vi dico che è una problematica
estremamente delicata perché più si abbassa il limite di possibilità di sopravvivenza e più tende ad
alzarsi il limite dell’interruzione per esempio su indicazione psichiatrica, dobbiamo pensare anche
cosa ce ne faremo di questo nato non desiderato visto che abbiamo la possibilità di farlo
sopravvivere.
CLINICA DELL’ABORTO
La clinica dell’aborto è caratterizzata dal contenuto che c’è in utero e dal suo volume. Il volume del
contenuto uterino presiede alla sintomatologia e alle problematiche cliniche dell’aborto.
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VOLUME PICCOLO ( fino a 7-8 sett o feto macerato): Quanto più il contenuto è piccolo,
irrilevante, inconsistente tanto più il problema dell’aborto è riducibile ad una perdita di sangue di
ciclo mestruale ritardato. Il prof mostra uno schema di embrione alla 5^ settimana. Il feto alla 5^
sett è di 11-14 mm, in genere se è morto non riuscite nemmeno a riconoscerlo nel sangue che
fuoriesce dalla cavità uterina, dai coaguli che trovi in vagina, dai genitali esterni. Solo con molta
attenzione, magari, esaminando questi coaguli ti accorgi che c’è un raggrumato biancastro che non
ti sembra proprio fibrina, lo prelevi, lo fai esaminare e trovi come diagnosi residui embrionali. E’
chiaro che non esiste un problema clinico dell’aborto in questa situazione; esiste il problema del:
sanguina ancora l’utero? Devo provvedere a qualcosa che liberi la cavità uterina da coaguli? Oggi si
fa l’aspirazione. Un tempo quando ero fanciullo si faceva una revisione della cavità uterina con un
cucchiaio smusso e una courette, oggi si mette una canula e si aspira. E’ così vero questo –io vi
porto avanti i due discorsi in parallelo- che nella interruzione volontaria della gravidanza questa
aspirazione con il ritardo mestruale veniva chiamata dagli anglosassoni “mestrual regulation”, cioè
regolazione del ciclo. Chi suggeva all’interno della cavità uterina e nemmeno ci si preoccupava se
ci fosse o meno la gravidanza: la sig.ra Rossi si presentava con un ritardo di 2 sett, mettevano la
Karman ( non sono certa si scriva così -ndr ), la canula di Karman ( la canula è iniziata con questo
collega che ha individuato la possibilità di aspirare il contenuto della cavità uterina con una
canula).Il metodo di Karman dell’interruzione era una regolazione del ciclo mestruale, veniva fatta
con il ritardo mestruale anche in assenza di test di gravidanza positivi o con segni clinici di
gravidanza. Questo era possibile perché ciò che veniva aspirato era come volume e come
consistenza indifferente dal normale sfaldamento della mucosa uterina mestruale. Anche oggi
potrebbe essere applicata così; il problema dell’aborto è le modalità che tu devi usare: quindi come
interrompere, spegnere una gravidanza in atto; chi lo deve fare, dove lo si deve fare e quando lo si
può fare. Come le polemiche che oggi ci sono sull’uso dell’anti-progestinico, già da tempo
utilizzato in Francia e ora agli inizi da noi in via sperimentale in alcune cliniche. Io già nel ’68
quando si discuteva sulla 194 dicevo che quando l’anti-progestinico verrà venduto regolarmente in
farmacia non ci sarà più nemmeno bisogno dei passaggi dalla 194 per quanto riguarda l’interruzione
di gravidanza; basta che la donna sospetti o si accorga di essere in una gravidanza iniziale -quando
cioè il farmaco può ancora agire azzerando la capacità della mucosa endometriale decidua di
accettare la blastocisti e di lasciarla sviluppare- e non ci sarà più bisogno neanche del metodo di
Karman. La canula di Karman poteva avere benissimo solo un uso diagnostico per sapere in che
stato era la mucosa endometriale, evitando di usare un elemento molto più lesivo come la courette o
il cucchiaio. Il cucchiaio è un cucchiaino montato su un manico molto lungo, ha varie dimensioni,
un bordo che può essere tagliente o meno; le courette sono invece cucchiai senza fondo. Io sono
cresciuto all’inizio, appena laureato e specializzando, a revisionare la cavità uterina in questo
modo ma la possibilità con un cucchiaio o una courette, soprattutto se non sei tanto bravo, di
asportare un frammento di stato basale dell’endometrio è elevata. Io mi ricordo che il prof. Remotti
faceva anatomia patologica in Mangiagalli, ad un certo punto io ero diventato bravo come lui e
capivo –nome e cognome- di chi aveva revisionato la cavità uterina negli aborti guardando l’esame
istologico del materiale abortivo che mi arrivava sui vetrini in relazione alla quantità degli strati
basali o di miometrio della parete uterina che trovavo. Oggi ledere uno strato basale
dell’endometrio o perforare con una canula è estremamente più difficile. Questa canula che poteva
avere soltanto una funzione diagnostica cambiando di diametro e di intensità di aspirazione è
diventata lo strumento oggi normale per liberare l’utero dal suo contenuto, sia in termini di coaguli
organizzati, di prodotto embrionale in necrosi, sia di un embrione vivo e vitale come avviene
nell’aborto legale. E’ ovvio che la facilità nel ripulire una cavità uterina è tanto maggiore quanto più
il suoi contenuto 1) è morto; 2) si sta già distaccando a livello del suo letto di inserzione della
decidua spongiosa. E’ tanto più complesso e tanto meno completo l’allontanamento di questo
materiale se è nella spongiosa in normale attività evolutiva quindi con una placentazione che sta
andando avanti; è più facile lasciare dei residui che però vanno incontro a involuzione. Dal punto di
vista tecnico la tecnica di svuotamento e pulizia della cavità uterina è la stessa.
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Il prof. mostra uno schema di un feto di 7-8 sett. Ha un peso di 2-3 gr (7^) –5gr(8^) ma se è
macerato non crea consistenza, non ha bisogno di contrazioni uterine per essere espulso; una volta
che il feto è morto si distacca la placenta e questo materiale embrionale-fetale esce con i coaguli. A
8 sett vuol dire 10 sett dall’ultima mestruazione, un ciclo mestruale saltato. Anche qui possiamo
avere delle interruzioni di gravidanza che possono sfuggire ad una diagnosi clinica di gravidanza,
magari perché non c’era un’eco fatta che faceva vedere una vescicola embrionaria dentro un sacco
amniotico, o il battito cardiaco, se mancano questi dati e ho solo una menometrorragia con un
ritardo rispetto al ciclo mestruale atteso di 4 sett posso anche non pensare ad un evento gravidico
oppure ci posso pensare se sul materiale che mando ad esaminare, perché è doveroso che tutto il
materiale aspirato dall’utero venga mandato ad esaminare, mi danno come risposta presenza di villi
coriali più o meno conservati.
VOLUME GRANDE: diverso è quando il feto ha un certo peso e volume; anche in caso di sua
morte rappresenta un contenuto che l’utero deve attivamente espellere. Non c’è solo il
sanguinamento per distacco a livello dell’area di placentazione nella decidua spongiosa, abbiamo
contrazioni dolorose perché l’utero tende a buttar fuori questo materiale fetale vivo o morto insieme
al suo abbozzo placentare. L’attività contrattile uterina produce anche delle modificazioni del
sistema di chiusura; certo non ho bisogno che l’utero si dilati 9 cm ma che diventi pervio al dito, il
collo si rammolla (non si deve trasformare) e i due orifici uterini diventano beanti. Col dito che
esplora penetrando all’interno del canale cervicale sento del materiale abortivo fetale che sta per
essere espulso. Accanto a perdite di sangue più o meno importanti il quadro clinico deve anche
comprendere una attività contrattile uterina per esprimere all’esterno il suo contenuto. Torniamo
all’anatomia così ci capiamo meglio: noi abbiamo l’annidamento nella spongiosa e l’inizio della
placentazione nelle prime sett della gravidanza ( 5^-6^ ): a questo livello a volte riusciamo a
riconoscere del materiale abortivo e del materiale embrionale perché può venire espulso
completamente mantenendo il sistema di villi placentari e non placentari attorno alla vescicola, il
chorion frondosum. Se mettiamo questo espulso in fisiologica galleggia. Quando ero fanciullo in
Mangiagalli mi insegnavano in accettazione che quando arrivava una donna in ritardo mestruale
bisognava guardare attentamente i coaguli che venivano espulsi e che si trovavano magari in
vagina, oppure, nel caso di collo pervio, che bisognava premere sul corpo dell’utero a livello
sovrapubico per far esprimere l’eventuale contenuto. Se trovavamo qualcosa simile a materiale
embrionale lo mettavamo in un calice colmo di fisiologica e in alcune occasioni si vedeva la
vescicola embrionale col suo chorion frondosum liberarsi dal sangue coagulato e galleggiare. Poi
lo si mandava ad esaminare in laboratorio per avere la conferma e la prova oggettiva della perdita
ematica legata ad un aborto.
Questa situazione dello stato del contenitore uterino di fonte ad un contenuto che abbia superato 8^10^-11^ sett permette di delineare dei quadri clinici di aborto diversi:
MINACCIA DI ABORTO: - perdita ematica
- no attività contrattile dell’utero
- no modificazioni del sistema di chiusura
- ECO spesso normale
dd: se la perdita di sangue avviene in corrispondenza della ricorrenza della prima –più spesso- o
della seconda mestruazione attesa si deve escludere che derivi dalla decidua parietale, cioè dalla
decidua non coinvolta nell’area di annidamento. Ci possono essere variazione dell’ondata estroprogestinica che determinano uno sfaldamento di piccoli strati di decidua parietale. La donna
riferirà date giuste ma perdite assolutamente non paragonabili al suo normale ciclo mestruale e
magari ha già le prime sensazioni della gravidanza, seni turgidi diversi dal solito. Ogni donna sente
soggettivamente in modo diverso queste avvisaglie, soprattutto le modificazioni simpatiche, e vi
dirò di più: anche la stessa donna nelle diverse gravidanze le avverte in modo diverso. A una donna
con queste sensazioni se non ha nulla di clinico chiediamo semplicemente un test di gravidanza, se
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ha qualcosa di clinico chiediamo un’eco. Quando ero appena laureato non esisteva né il dosaggio
delle beta-hCG né il test di gravidanza moderno; in Mangiagalli lo facevamo ancora sulle
conigliette e a Sassari sui rospi: le urine della donna gravida venivano iniettate nella venula di un
orecchio della coniglietta appena pubere che non aveva mai partorito e poi si andava a vedere
l’esplosione di maturazione del follicolo all’interno delle gonadi. Mi ricordo che aiutavo la suora
del laboratorio che si chiamava suor Cira che aveva la conduzione dello stabulario ed era
incaricata di effettuare queste iniezioni. Così a Sassari il bidello per aumentare la remunerazione
del suo lavoro coltivava rospi, si mettevano poi alcuni ml di urina nella cloaca del rospo e l’arrivo
e la migrazione di un numero infinito di spermatozoi dava la positività della reazione. Oggi si parla
di metodi biochimici estremamente più sofisticati, molto meno costosi una volta che sono arrivati a
livello di industrializzazione sia immunologico sia radio-immunologico. Ma è l’eco che ha giocato
un ruolo fondamentale nella clinica delle prime fasi della gravidanza perché l’eco nell’assenza della
attesa mestruazione le caratteristiche della rima endometriale, la presenza o meno della vescicola
embrionaria, il contenuto della vescicola e la presenza del battito cardiaco. Se poi la correli col test
di gravidanza che fai tranquillamente in ambulatorio con risultati dopo mezz’ora, un’ora, tu hai
già il quadro della gravidanza presente in utero e in relazione al quadro clinico della eventuale
minaccia di aborto.
Non abbiamo la certezza che il sangue derivi dalla parietale, nel dubbio consideriamo quel quadro
clinico come minaccia di aborto, anche se in un certo numero di casi il sangue non proviene
dall’area di placentazione.
E’ ovvio che la copiosità del sanguinamento e il sopraggiungere di altri elementi clinici –in
particolare la contrazione dell’utero, il dolore e le modificazioni del sistema di chiusura – mi
faranno fare la diagnosi differenziale tra una perdita della ricorrenza mestruale rispetto ad una vera
minaccia d’aborto.
• ABORTO INEVITABILE –perdita di sangue cospicua + coaguli in vagina
- attività contrattile uterina con dolori +/- regolabili e continui o intermittenti
- modificazioni del sistema di chiusura: ammette il dito esploratore che
spesso sente materiale abortivo ( nell’aborto incompleto)
ABORTO INCOMPLETO: quando parte del materiale fetale è già uscito e parte è ancora in utero.
Il quadro classico che vedevo quand’ero in Mangiagalli durante gli anni della specialità era quello
della donna che sopraggiungeva con perdite ematiche, più o meno presenti a volte anche assenti, e
un frammento di funicolo che penzolava dai genitali esterni o che si ritrovava in vagina in mezzo ai
coaguli; il feto lo aveva già perso. Qualche donna particolarmente attenta magari lo portava insieme
ad altri coaguli che aveva raccolto nel pannolino. Dipendeva molto dalla esperienza di queste
donne, ricordatevi che stiamo parlando dell’epoca pre 194 in cui una gran parte di questi aborti che
arrivavano erano aborti procurati a domicilio o da altre persone non facenti parte dell’ospedale o
della clinica. Le donne venivano poi istruite ad andare dopo l’aborto in ospedale. All’epoca a
Milano c’erano solo due cliniche con l’ostetricia, la Mangiagalli e la Macedonia Melloni, per cui
tutta l’abortività della città sia legale che illegale arrivava a questi due terminali. La maggior parte
di questi aborti arrivavano incompleti, +/- complicati, con perdite ematiche +/- importanti, con stati
clinici delle pazienti +/- gravi fino ai gravissimi quadri settici. Questa è tutta clinica che ormai fa
parte della storia della medicina, anche quando tento di raccontarla ai nostri specializzandi
pensano sia incredibile, fa parte dell’epoca pre 194.
Nella minaccia d’aborto abbiamo diverse gravità determinate quasi esclusivamente dalla perdita di
sangue che può dipendere dall’entità del distacco. L’ecografia oggi ci permette di leggere in alcuni
casi l’entità del distacco dell’area della placentazione e la presenza di coaguli che tendono a
tamponare il distacco. Gli ecografisti riescono a tentare una prognosi sulla minaccia d’aborto; sarà
favorevole se c’è già un coagulo che tampona l’area di distacco, sfavorevole se l’area del distacco è
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molto importante perché in genere queste gravidanze vanno sempre incontro ad una conclusione
abortiva. Sempre con l’eco si fa diagnosi di un distacco totale dell’area della placentazione, in
questi casi per evitare una perdita eccessiva di sangue si può anche procedere ad una aspirazione, un
tempo ad uno svuotamento della cavità uterina ( questo perché se attendo gli eventi spontanei a
volte passa tempo e nel frattempo quell’area continua a sanguinare).
Nelle primigravide con aborto spontaneo capita frequentemente di trovare materiale abortivo con un
orificio uterino esterno che tiene, appena aperto alla punta del dito e il canale cervicale dilatato
perché ha raccolto il materiale abortivo sospinto nel segmento inferiore e nel canale dalle prime
contrazioni uterine. A questo punto basta dilatare delicatamente col dito l’orificio uterino esterno e
produrre quello che mi insegnavano i miei maestri allora: un aborto, uno svuotamento digitale della
cavità uterina; si poteva in questo modo ottenere tranquillamente una restitutio ad integrum senza
usare altri strumenti che una revisione digitale della cavità uterina.
ABORTO COMPLETO: è più facile avvenga nelle prime settimane di gravidanza ( di solito entro
la 12^); la diagnosi è prettamente ecografica, possiamo vedere la linea endometriale pulita o con al
max dei coaguli all’interno ( se questi non sono molti non c’è nemmeno bisogno dell’aspirazione,
vengono espulsi spontaneamente dall’utero nel tempo; quando eravamo giovani noi, i nostri
maestri ci insegnavano ad entrare con un dito nella cavità uterina e se era rimasto del materiale
delicatamente lo si staccava e poi lo si lasciava espellere spontaneamente dall’utero tramite
contrazione o con una compressione sul suo fondo, la contrazione permetteva al solito di stoppare
l’emorragia; nella clinica dell’aborto una riuscita pulizia è documentata dall’arresto del
sanguinamento. Come facevamo: usavamo un cucchiaio; prima si dilatava con una pinza il collo
dell’utero mentre il canale era in genere già beante, i maestri ci insegnavano che era sempre
meglio dilatare al max la cavità uterina per diminuire il rischio di perforazione dovendo usare
strumenti di calibro importante – ricordatevi perché oggi gli operatori facilmente si dimenticano
che una parete uterina delicata come quella della gravidanza quanto più tu dilati il sistema di
chiusura, specialmente nella donna alla prima gravidanza, tanto più puoi usare canule di calibro
maggiore, aspirare meglio la cavità e diminuire l’incidenza di perforazione-. In genere c’erano dei
tempi da rispettare molto precisi, si entrava prima con una pinza ad anelli delicata per asportare il
materiale libero in cavità e poi con una courette prima e il cucchiaio dopo si revisionava la cavità
uterina passando con attenzione la parete anteriore, il fondo, la parete posteriore, la laterale dx e
la laterale sn. Ovviamente la pulizia della cavità era più rapidamente ottenuta dai nostri strumenti
che dalla canula attuale, soprattutto quando il materiale placentare non era da aborto incompleto
o in atto ma da gravidanza in atto. Nell’aborto legale, nell’aborto volontario, è molto più facile che
con l’aspirazione rimangano dei residui ovulari all’interno perché il trofoblasta è attivo, non si è già
in parte staccato, perchè l’embrione o il feto erano vivi ).
Il prof. mostra una immagine di una perforazione iatrogena dovuta ad una mancata diagnosi di
retroversione dell'utero. L'utero normalmente è antiversoflesso, poggia sulla decidua, quando si
entrava con uno strumento esisteva una curvatura della courette, una curvatura del cucchiaio, della
pinza ad anelli che seguiva la curvatura fisiologica dell’utero. Era fondamentale visitare la donna,
capire bene la posizione dell’utero e poi scegliere la curvatura; il classico della perforazione era la
regione istmica anteriore e la regione istmica posteriore se era fatta la diagnosi sbagliata di
anteverso o retroverso flessione; ovviamente la mano pesante dell’operatore metteva del suo. La
canula oggi non ha curvatura ma è mobile, anche se sembrerebbe che così si sia risolto il problema
della perforazione non è vero; quindi la necessità di una clinica che stabilisca con precisione la
posizione dell’utero è fondamentale anche nell’uso della canula. L’antico insegnamento dei vecchi
maestri di dilatare il collo dell’utero e di avere pazienza e di usare una canula di calibro maggiore
per non perforare vale anche oggi.
Il prof. mostra una immagine con le anse del tenue e l’omento tirate fuori dal canale cervicale: vi
sembrerà una cosa strana o drammatica, a me è capitata di vederla almeno 3-4 volte nella mia vita
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per perforazione della cavità uterina a livello del fondo di un operatore di bassa lega: quello entra
con le pinze ad anello convinto di prendere materiale ovulare o embrionale e invece prende qualche
cosa che è nell’addome. Mi ricordo sempre una volta in Mangiagalli in cui ero ancora molto
giovane ma avevo fatto tanta sala anatomica per cui dissi ad uno dei miei aiuti di guardia quel
giorno “ Guardi professore che quello è omento, è impossibile, sono certo”; infatti era un lembo
omentale che attraverso la perforazione del fondo dell’utero era stato preso dalla pinza ad anelli
ed era stato tirato giù in vagina. Questo per dire che può capitare la perforazione e che se la
perforazione non è stata diagnosticata tempestivamente può complicarsi. Questo è raro ma la
perforazione non è così infrequente; a noi ne è capitata una post cesareo circa un mese fa,
naturalmente fatta da personale espertissimo, con canula. La canula però ha infilato l’area di sutura
del segmento inferiore riaprendo così la breccia, di conseguenza abbiamo dovuto fare una
laparotomia per richiudere.
ESITO DELLA CLINICA DELL’ABORTO: l’esito sia per l’aborto spontaneo si per quello
legale è legato ai traumi del canale cervicale. Se il canale cervicale non è rammollato non è dilatato
con cautela si possono creare delle lesioni della rima cervicale che vanno riparate, danno dei
sanguinamenti. La complicanza più frequente è che spontaneamente l’utero non ha espulso tutto il
contenuto oppure l’operatore che doveva presiedere alla pulizia della cavità uterina non ha asportato
tutto ciò che vi era contenuto, questo si può osservare in eco prima della dimissione della puerpera.
Molte volte il materiale è comunque già staccato e quindi viene espulso insieme alle perdite
ematiche post-revisione, altre volte invece, soprattutto nel caso di frammenti di materiale placentare
nell’area dell’abbozzo placentare, rimane ancora adeso alla parete uterina a livello della decidua
spongiosa e magari per penetrazione del trofoblasta anche in parte della decidua basale. In questo
caso può dare quel quadro clinico di polipo placentare con magari menometrorragie, con perdite di
sangue importanti anche a distanza di 30-40 gg. La donna viene riammessa in emergenza con
perdite di sangue copiose a domicilio, le fai l’emoglobina ha 7, sangue rutilante, un utero piccolo
perché siamo di fronte ad aborti di 10 settimane con un utero visto 30-40 gg dopo l’aborto. Queste
emorragie importanti sono dovute al distacco, alla rottura della arteriola che va ad irrorare i polipi
placentari. Questo ovviamente può capitare in ogni periodo della gravidanza quindi anche in quella
a termine e come complicanza di un secondamento incompleto.
CAUSE DELL’ABORTO SPONTANEO:
• Cause geniche: l’alterazione cromosomica e il conseguente non corretto sviluppo
del prodotto del concepimento è la causa più frequente di abortività soprattutto nei
primi due trimestri ( vedi dati precedenti )
• Cause non geniche:
ß Utero polimiomatoso: è una causa molto rara, abbiamo miomi
sottomucosi che impediscono la normale placentazione e producono
un distacco precoce dell’abbozzo placentare con morte di
embrione/feto e relativo aborto
ß Esiti cicatriziali e sinechie endouterine: sono dovute a pregresse
miomectomie o plastiche uterine o in seguito a tagli cesarei. Se l’area
di placentazione va ad inserirsi a livello della cicatrice è facile al
distaccamento di placenta
ß Incarcerazione dell’utero: anche questo è un caso raro. L’utero
retroversoflesso non viene espulso dalla pelvi entro la 10^-11^ sett e
può causare morte del prodotto del concepimento con un classico
aborto interno perché l’utero imprigionato nella pelvi non può
crescere.
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ß
Incontinenza cervicale: è la condizione anatomica più frequente. Il
sistema di chiusura non mantiene la sua funzione, si trasforma
inizialmente ma soprattutto si dilata, si rompono le acque del sacco
amniotico – in genere sono aborti tardivi che caratterizzano le sett
dalla 16^ alla 20^ - può avere anche assenza di perdita di sangue. La
donna si presenta con rottura delle acque a 16-18 sett di gestazione, si
trova un sistema di chiusura già pervio, con un sacco amniotico già
incuneato. Vedremo dopo che ci sono delle tecniche che in assenza di
rottura delle acque tentano di far proseguire la gravidanza chiudendo
il collo dell’utero.
MECCANISMO DELL’ABORTO TARDIVO
Quello che deve essere chiaro nella clinica dell’aborto è che dopo la 16^ sett l’aborto ha un quadro
clinico simile ad un parto in miniatura. Tutti i tempi necessari per il parto eutocico vengono in
modo abbreviato a riproporsi nella clinica dell’aborto tardivo. Così per i meccanismi: ovviamente
basta una dilatazione modesta di 3-4 cm per avere un aborto di 16-20 sett , basta vedere il peso e la
lunghezza del feto, però si deve assistere ad un regolare secondamento che può essere spontaneo o
favorito da un distacco digitale o una revisione della cavità uterina. L’aborto tardivo non spontaneo
è meglio sia prodotto inducendo un travaglio di parto tardivo. L’aborto legale nelle settimane alte
della gravidanza viene attuato inducendo un meccanismo di parto con l’uso delle prostaglandine
(Pg) endocervicali e endovaginali . Un tempo quando non esistevano le Pg, sono una conquista
degli anni ’90, si induceva l’aborto nelle fasi tardive del periodo abortivo usando dei bastoncini di
laminarie compresse che si introducevano nel canale cervicale. Le laminarie si imbibivano di
liquidi, diventavano sempre più voluminose allargando così consensualmente il collo dell’utero in
precedenza già opportunamente dilatato con egar ( una pinza?) fino ad ammettere i bastoncini. In
genere questa dilatazione era sufficiente ad indurre un travaglio di parto; altre volte – questo lo
facevamo abitualmente – si produceva una rottura spontanea delle membrane: con un dito
delicatamente si faceva presa sull’estremo inferiore del feto in genere morto, si legava questo
estremo inferiore fatto fuoriuscire dal collo dell’utero con una benderella a cui si attaccava un peso.
Il corpo del feto in trazione sul segmento inferiore e sul collo dell’utero dilatato magari
precedentemente dalle laminarie induceva un travaglio di parto. Questo perché la rottura delle acque
e la dilatazione del collo stimolava quella quota di Pg presenti endogenamente nella decidua e
induceva il parto esattamente come facciamo noi oggi introducendo Pg direttamente in vagina o nel
canale cervicale ( meglio che endovena).
La patologia da incontinenza tardiva uterina che vi dicevo prima viene rimediata con un
CERCHIAGGIO, cioè con una benderella, con un filo che chiude il collo dell’utero in
corrispondenza dell’orificio uterino interno o nel tragitto tra l’interno e l’esterno. Più la benderella è
vicina all’orificio interno migliore è la tenuta. C’è stato un periodo in cui il cerchiaggio era
utilizzato tantissimo negli aborti ripetuti. Questa tecnica di chiusura del collo è stata messa a punto
da un indiano negli anni ’60, poi si è visto che il più delle volte questi cerchiaggi erano usati
impropriamente perché l’indicazione non era esattamente l’incontinenza della cervice uterina che
rappresenta una piccola area di eziopatogenesi dell’aborto tardivo. E’ evidente che quando tu fai un
cerchiaggio senza indicazione, poi magari sei costretto per il sopraggiungere dell’aborto a togliere il
cerchiaggio che hai appena messo. Oggi si fanno cerchiaggi anche in condizioni diciamo disperate:
per esempio l’ultimo che mi hanno fatto fare c’era già la bocca dell’utero di 4 cm con un sacco
amniotico che protrudeva per cui ho potuto cerchiare solo i contorni della bocca e chiudere, poi il
collo si è riformato ma il feto purtroppo è morto per un’infezione da coli probabilmente perché
nonostante la terapia antibiotica c’era stata una contaminazione del sacco amniotico e dell’ambiente
vaginale prima che provvedessimo al cerchiaggio. In genere il cerchiaggio viene tolto dopo la 36^
sett; però vedete, il cerchiaggio che arriva oltre la 36^ probabilmente non aveva bisogno di essere
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messo. Anche l’aborto che avviene durante il cerchiaggio probabilmente aveva un eziopatogenesi
diversa. Le reali indicazioni al cerchiaggio sono veramente molto poche; a volte può servire a
mantenere il feto in utero quelle settimane che vanno dalla 14-16^ alla 28-29^, sono queste
settimane preziose perché portano il feto alla soglia della speranza della sopravvivenza.
MOTIVAZIONE PER LA RICHIESTA-PROPOSTA DI INTERRUZIONE DI
GRAVIDANZA
Non posso non spendere un momento sul problema dell’interruzione volontaria di gravidanza al di
là delle posizioni personali perché altrimenti passeremmo delle giornate a parlarne. L’interruzione
volontaria della gravidanza è: 1) il terminare dell’effetto dannoso presunto o in atto della gravidanza
sulla madre, caso di prima della donna con ca del collo, aborto terapeutico; 2)impedire la nascita di
un feto danneggiato, aborto eugenetico; 3)impedire la nascita di un figlio non desiderato.
Normalmente la richiesta della interruzione volontaria di gravidanza è fatta a causa del numero o a
causa del tempo “io non voglio altri figli perché ne ho già abbastanza” “io voglio un figlio ma non
in questo momento” .Molte volte l’aborto è usato come strumento di contraccezione perché non c’è
stata una educazione ad una programmazione delle nascite oppure perché il facile ricorso all’aborto
rende questo metodo, fatto nelle prime settimane, più semplice che non magari portare avanti una
contraccezione con strumenti non desiderati dalla donna o dalla coppia. In genere però c’è sempre
un problema duplice: 1) evoluzione della società in cui la donna vive e quindi della condizione
umana dell’ambiente in cui la donna vive, famiglia, comunità, stato, nazione 2) problema della
disponibilità della donna ad accedere a tutte le facilitazioni che oggi un paese come l’Italia ha.
Questo ricorso facile all’aborto per mancata contraccezione vede questi due aspetti molto importanti
che devono essere esaminati bene all’interno di una politica sanitaria. Occorre capire quanto c’è
difetto da parte della comunità a non offrire strumenti di educazione e di assistenza adeguati alla
donna in età fertile e quanto invece c’è un difetto da parte della donna nel non utilizzare pienamente
questi strumenti. Un’area estremamente delicata è la motivazione di ordine psicologico della
interruzione di gravidanza o dei problemi psichiatrici; si hanno spesso posizioni opposte da parte di
diversi specialisti nell’esame di uno stesso caso; la certificazione è difficile.
ASPETTI MEDICI IN EVOLUZIONE:
Vi sono degli aspetti medici in evoluzione, lo erano negli anni ’70 e lo sono anche oggi, nonostante
questo la 194 non è più stata rivista, avrebbe bisogno di una rilettura, ma per una rilettura ci vuole
un momento politico favorevole perché se facciamo muro contro muro non risolviamo niente.
Certamente una legge sull’interruzione come quella nostra che non è migliore o peggiore di tante
altre però avrebbe bisogno dopo tanti anni di applicazione di una meditazione, di una
riproposizione, di rivedere meglio le figure che sono sulla scena di questa decisione; purtroppo
ribadisco che è un problema delicato che nessun governo vuole affrontare per cui rimaniamo per ora
così.
Aspetti da considerare:
1) scomparsa e/o diminuzione del rischio di morte per la madre
2) concetto di salute materna: terapia preventiva anche in ordine alla interruzione
della gravidanza
3) condizioni organiche passibili di controllo prenatale
4) condizioni organiche in cui il controllo prenatale è impossibile o discutibile
5) condizioni di malattia neurologica o psichiatrica
Scomparsa e/o diminuzione del rischio di morte della madre, cioè l’indicazione dell’aborto
terapeutico. Rimane più un rischio legato alla qualità di vita e al futuro della sua vita, questo vale
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per la causa oncologica come quella che vi dicevo prima ma vale anche per le patologie vascolari,
renali, per il diabete. Sono più che altro problemi relativi al concetto di salute materna per cui una
donna può necessitare di una interruzione di gravidanza non perché quella gravidanza le procura la
morte ma perché quella gravidanza influisce così negativamente sulle caratteristiche e sulla durata
della sua vita dopo da essere considerata una condizione sufficiente da parte della donna ,da parte
dei sanitari per effettuare l’interruzione. Vi sono malattie della donna in grado di essere controllate
durante la gravidanza, prendete per es il cancro del collo dell’utero, oggi per particolari npl abbiamo
determinate chemioterapie per cui delle gravidanze che un tempo si dovevano per forza
interrompere oggi hanno offerta la possibilità di continuare, per es facendo una chemio dalla 20^
alla 32^ sett e ottenendo quindi un prodotto del concepimento non solo vivo e vitale ma in grado di
affrontare degnamente la vita senza problemi di lunghe rianimazioni neonatali. Altri esempi
possono essere i disordini metabolici o i disordini vascolari: i progressi della medicina permettono
oggi se non di raggiungere il termine della gravidanza di portare le donne con queste pato in
gravidanza iniziale in epoca vitale per il feto , intendendo per vitale non la 24^ ma la 32^ settimana,
cioè un limite in cui le funzioni vitali fetali sono tutte facilmente conservabili.
Vi sono invece situazioni in cui ancora la patologia non può essere controllata per cui può sussistere
ancora l’indicazione pratica all’aborto terapeutico.
Poi c’è la patologia psicologica e psichica, questa vi ho detto è l’area più delicata in cui entra un po’
di tutto: ci sono anche situazioni di diagnosi tardiva di gravidanza che sfuggono alla 12^ sett della
legge 194 che poi rientrano come indicazione a motivazione psichica , lo specialista certifica che
quella gravidanza crea un grave danno psichico a quel soggetto e una volta che la donna ha in mano
questo certificato può far interrompere la gravidanza.
Il prof. mostra un elenco delle maggiori motivazioni all’aborto riportate come evidenza in uno degli
stati che per primi avevano concesso una legge regolamentata abbastanza ampia sull’aborto: 1)
causa del numero,2) causa del tempo, 3) metodo di contraccezione post concezionale, cioè una
applicazione non adeguata di modalità di contraccezione, 4) indicazione fisica (?).
Vi ho portato questo perché quando cominciai ad insegnare era il periodo in cui era subentrata tutta
la discussione sulla 194 e allora io ero stato il primo nel corso ad introdurre il problema dell’aborto
e questo aveva creato grande fermento anche tra gli studenti, avevamo l’aula della Mangiagalli
piena e anche l’atrio perché in genere ero solito chiamare personaggi di posizioni differenti su
questo tema che era argomento molto acceso. Quello che però a me piace ricordare è che sia negli
stati in cui è entrata da tempo, ‘71-’03 son trent’anni, sia negli stati in cui è entrato più recentemente
come operatori di salute – perchè laureati in medicina vuol dire operatori di salute, soggetto
preoccupato della salute del fratello – dobbiamo tener presente è che :
ß lo scarso o inadeguato uso della contraccezione aumenta sicuramente il ricorso all’aborto; in
tutti gli stati di qualunque tipo è stato visto che dentro un programma preciso di contraccezione
il numero di aborti legali o illegali diminuisce. Questo è un fatto oggettivo dimostrato da tutti,
anche nel nostro paese, anche quando si gridava “ah, la legge sull’aborto …ma continueranno
ad essere presenti gli aborti illegali “… sono tutte storie perchè la patologia dell’aborto con la
194 nel nostro paese è cambiata. Quindi in uno stato dove il problema era una incidenza
spaventosa di aborti illegali - io vi ho riferito solo qualche aspetto ma potrei impiegare una
lezione per raccontarvi tutte le cose orripilanti che ho visto in Mangiagalli, a Sassari e a Brescia
su aborti criminosi per mancanza di legge - io sono stato uno che non ha firmato il referendum
contro la 194, anzi io ero decisamente favorevole al suo arrivo perché è stata una legge che ha
creato ordine. Chi difende la vita cominci a difenderla e a farla difendere per testimonianza da
gente che ha intorno, quindi chi vuol difendere la vita cominci a non far ricorso all’aborto; io
ricordo nella mia esperienza tantissimi difensori della vita che poi in caso di necessità hanno
ricorso all’aborto e la loro unica preoccupazione era andare ad abortire in una città diversa da
quella in cui abitavano perché la loro immagine, dopo la propaganda che avevano fatto come
difensori della vita, non poteva essere contaminata da un figlio, un nipote, una sorella, che
andava ad abortire. Insomma uno se vuol difendere la vita ha gli strumenti senza impedire che
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l’altra popolazione che la pensa diversamente sul problema dell’interruzione possa sanare una
piaga, come c’era nel nostro paese su questo aspetto. Il problema è migliorare la qualità
dell’educazione cominciando dalle scuole e soprattutto dalle famiglie. Il papà e la mamma non
possono demandare alla scuola, alla fabbrica, all’operatore sanitario il problema dell’educazione
alla sessualità dei figli; pensate allora alle vostre mamme e ai vostri papà, come io penso ai
miei, quante volte hanno parlato di sesso o di programmazione delle nascite, figuratevi…non
esisteva questo problema. Invece questo problema se tu vuoi procreare, a chi hai procreato devi
insegnare come procreare e dentro quale logica procreare perché è questo che è importante
prima ancora della scuola o della fabbrica, poi il tuo figlioletto o la tua figlioletta confronterà
quello che tu hai insegnato con quello che ha sentito dall’assistente sociale, dal medico che è
stato chiamato a fare il corso, dal parroco piuttosto che dall’avvocato, dall’esperto di bioetica
…però devi avere un insegnamento che nasce dalle tue viscere di genitore perché questo è
l’insegnamento .più importante. Ma le nostre famiglie che in tante cose sono attente ( il
bambino deve giocare al pallone, imparare la pallavolo, sciare, nuotare, sapere quattro lingue,
essere una specie di prodotto eccezionale) non gli insegnano a come usare il pene a come usare i
suoi genitali quando matura sessualmente; questo lo sa dagli amici, per vie traverse, nel modo
meno educativo possibile. Quindi quando si parla di educazione alla contraccezione si parla di
questo, quando si parla di pianificazione delle nascite si parla di questo, di impatto positivo dei
genitori sui figli, poi della scuola, della fabbrica, dell’ambiente, dell’oratorio, di tutto quello che
volete voi ma il primitivo lo abbiamo in casa. Questo viene facilmente dimenticato, addirittura
mamma e papà dimenticano i loro trascorsi che potrebbero essere di grande esperienza per i
figli, non li rendono pedagogici.
Aborto come inevitabile tappa di transizione: l’aborto è probabilmente un’inevitabile anche se
indesiderabile tappa di transizione tra una assenza di programmazione delle nascite e una
diffusa e sistematica contraccezione per una maternità e una paternità responsabile. Sono cose
ovvie: se c’è una situazione di educazione carente avremo maggior ricorso alla interruzione di
gravidanza.
Aborto come misura di ripiego quando la contraccezione ha fallito: l’aborto non è un metodo
contraccettivo post concezionale preferenziale, l’aborto è usato come emergenza in assenza di
contraccezione od eventualmente come misura di ripiego quando la contraccezione ha fallito. La
contraccezione può fallire o perché non è impiegata bene o perché non è applicata
sistematicamente.
Aborto come mezzo per limitare la fertilità: è chiaro che la facile disponibilità all’aborto, questo
è un altro aspetto della legislazione anche per la nostra comunità importante, può stimolarne
l’uso come metodo di contraccezione, però sempre se non è compensata da una adeguata
educazione. Io credo che ci sarà sempre di più uno spazio anche in una comunità come la nostra
per una educazione alla contraccezione.
Esiste poi il problema di CHI lo deve fare, DOVE e QUANDO. Nell’ambito della 194 le posizioni
di Mangioni sono molto chiare: il percorso della 194 attuale è uno dei percorsi accettabili, io sono
convinto che prima si abortisce e meglio è. Dentro un desiderio di aborto è inutile creare a questa
poveretta o a questa coppia un percorso ad ostacoli con tante difficoltà a volte anche banali, i ritardi
di appuntamenti …; una volta che c’è questa volontà più precoce è l’interruzione e meglio è, meglio
è per l’integrità dell’apparato genitale. Più è piccolo il volume del concepito o della concepita più è
facile il suo allontanamento quando la placentazione è in atto, ogni giorno, ogni settimana di ritardo
nell’esecuzione di un aborto legale complica, crea un rischio di morbosità maggiore. Quindi una
volta che c'è la legge questa legge deve essere rispettata, deve trovare ambiti di accoglienza
opportuni e deve essere effettuata secondo i criteri a mio parere della massima professionalità.
Domanda: a Monza quanti aborti ci sono?
Risposta: sono praticamente in continua diminuzione, rispetto alle nascite avremo un 10% di
richieste di interruzione volontaria di gravidanza; poi più le singole realtà ostetriche e
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ginecologiche si adeguano ogni coppia, ogni donna nella sua area di riferimento ha: i sevizi
consultoriali, i servizi ospedalieri e tutto questo può essere realizzato nei tempi debiti e senza inutili
e lunghe attese. Una volta che c’è il filtro adeguato non ci sono problemi. Un problema che oggi la
legge non affronta bene è come assistere la donna che ha fatto ricorso all’aborto volontario. Questa
è un’area interessantissima, capire quali sono le cause che l’hanno portata a questo attoe il recupero
per evitare che riaccada. Questo vale soprattutto per le giovanissime; questo discorso oltre che dalla
famiglia andrebbe ripreso dalla scuola perché l’aborto ripetuto nelle giovanissime è un dramma;
tenete conto che comunque l’aborto volontario è un trauma che rimane in qualunque donna, in
qualunque coppia come una cicatrice, non scompare. Tutte le coppie che conosco che hanno avuto
la sfortuna di ricorrere all’aborto hanno sempre la memoria di questo evento, quindi è evidente che
dobbiamo pensare ad un modo diverso di essere vicini alle persone che fanno questa scelta. Invece
in quest’ambito i servizi sono ancora carenti, quando parlo di servizio non incolpo solo la comunità,
c’è da un lato la comunità ma dall’altra parte la donna e la coppia che non è sensibile alle
opportunità che pure si danno. Comunque come ribadivo prima dal punto di vista medico e tecnico
dello svuotamento della cavità uterina è importantissimo che dentro questo percorso i tempi
vengano rispettati e si conosca, si sappia con esattezza che ogni ritardo nell’esecuzione non fa altro
che far crescere in modo geometrico la morbosità.
FINE DELLA LEZIONE.
RIPORTO PER CHI E’ INERESSATO LA NORMATIVA DEL 1978 SULLA INTERRUZIONE
VOLONTARIA DI GRAVIDANZA
. 22 maggio 1978, n. 194
Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza.
1. Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della
maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente
legge, non e’ mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie
funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie
per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
2. I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405 (2), fermo restando quanto stabilito dalla
stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza:
a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali,
sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio;
b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela
della gestante;
c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel
territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino
inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a);
d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza.
I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge,
della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che
possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. La somministrazione su prescrizione medica,
nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in
ordine alla procreazione responsabile e’ consentita anche ai minori.
3. Anche per l'adempimento dei compiti ulteriori assegnati dalla presente legge ai consultori familiari, il fondo
di cui all'articolo 5 della legge 29 luglio 1975, n. 405 (2), e’ aumentato con uno stanziamento di L.
50.000.000.000 annui, da ripartirsi fra le regioni in base agli stessi criteri stabiliti dal suddetto articolo.
Alla copertura dell'onere di lire 50 miliardi relativo all'esercizio finanziario 1978 si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nel capitolo 9001 dello stato di previsione della spesa
del Ministero del tesoro per il medesimo esercizio. Il Ministro del tesoro e’ autorizzato ad apportare, con
propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.
4. Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze
per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la
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sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o
familiari, o alle circostanze in cui e’ avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del
concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio
1975 numero 405 (2), o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua
fiducia (2/cost).
5. Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il
compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata
dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con
la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza
della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di
aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di
far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la
donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.
Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel
rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove
la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata
come padre del concepito, anche sulla base dell'esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la
determinano a chiedere l'interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di
carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie.
Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l'esistenza
di condizioni tali da rendere urgente l'intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante
l'urgenza. Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la
interruzione della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell'incontro il medico
del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di
interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze di cui all'articolo 4, le rilascia copia di un documento,
firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l'avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere
per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna puo’ presentarsi, per ottenere la interruzione della
gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi
autorizzate (2/cost).
6. L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, puo’ essere praticata: a) quando la
gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi
patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave
pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
7. I processi patologici che configurino i casi previsti dall'articolo precedente vengono accertati da un medico
del servizio ostetrico-ginecologico dell'ente ospedaliero in cui deve praticarsi l'intervento, che ne certifica
l'esistenza. Il medico può avvalersi della collaborazione di specialisti. Il medico e’ tenuto a fornire la
documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione al direttore sanitario dell'ospedale per
l'intervento da praticarsi immediatamente.
Qualora l'interruzione della gravidanza si renda necessaria per imminente pericolo per la vita della donna,
l'intervento può essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente
e al di fuori delle sedi di cui all'articolo 8. In questi casi, il medico e’ tenuto a darne comunicazione al medico
provinciale. Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può
essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 e il medico che esegue l'intervento deve
adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.
8. L'interruzione della gravidanza e’ praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un
ospedale generale tra quelli indicati nell'articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, numero 132 (3), il quale
verifica anche l'inesistenza di controindicazioni sanitarie. Gli interventi possono essere altresi’ praticati
presso gli ospedali pubblici specializzati, gli istituti ed enti di cui all'articolo 1, penultimo comma, della legge
12 febbraio 1968, n. 132 (3), e le istituzioni di cui alla legge 26 novembre 1973, numero 817 (3), ed al
decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1958, n. 754, sempre che i rispettivi organi di gestione ne
facciano richiesta.
Nei primi novanta giorni l'interruzione della gravidanza può essere praticata anche presso case di cura
autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici. Il
Ministro della sanità con suo decreto limiterà la facoltà delle case di cura autorizzate, a praticare gli interventi
di interruzione della gravidanza, stabilendo:
1) la percentuale degli interventi di interruzione della gravidanza che potranno avere luogo, in rapporto al
totale degli interventi operatori eseguiti nell'anno precedente presso la stessa casa di cura;
2) la percentuale dei giorni di degenza consentiti per gli interventi di interruzione della gravidanza, rispetto al
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totale dei giorni di degenza che nell'anno precedente si sono avuti in relazione alle convenzioni con la
regione. Le percentuali di cui ai punti 1) e 2) dovranno essere non inferiori al 20 per cento e uguali per tutte
le case di cura. (4).
Le case di cura potranno scegliere il criterio al quale attenersi, fra i due sopra fissati. Nei primi novanta giorni
gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresi’ poter essere effettuati, dopo la costituzione
delle unita’ socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente
collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione.
Il certificato rilasciato ai sensi del terzo comma dell'articolo 5 e, alla scadenza dei sette giorni, il documento
consegnato alla donna ai sensi del quarto comma dello stesso articolo costituiscono titolo per ottenere in via
d'urgenza l'intervento e, se necessario, il ricovero.
9. Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non e’ tenuto a prendere parte alle procedure di cui
agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza,
con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata al medico provinciale
e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un
mese dall'entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall'assunzione
presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di
una convenzione con enti previdenziali che comporti l'esecuzione di tali prestazioni. L'obiezione può sempre
essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso
la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale.
L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attivita’ ausiliarie dal compimento
delle procedure e delle attivita’ specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della
gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. Gli enti ospedalieri e le case di
cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall'articolo
7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalita’ previste dagli
articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilita’ del personale.
L'obiezione di coscienza non puo’ essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attivita’ ausiliarie
quando, data la particolarita’ delle circostanze, il loro personale intervento e’ indispensabile per salvare la
vita della donna in imminente pericolo. L'obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato,
se chi l'ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l'interruzione della gravidanza previsti dalla
presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.
10. L'accertamento, l'intervento, la cura e la eventuale degenza relativi alla interruzione della gravidanza
nelle circostanze previste dagli articoli 4 e 6, ed attuati nelle istituzioni sanitarie di cui all'articolo 8, rientrano
fra le prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto 1974, n. 386 (3/a). Sono a carico
della regione tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze necessarie per il compimento della
gravidanza nonche’ per il parto, riguardanti le donne che non hanno diritto all'assistenza mutualistica.
Le prestazioni sanitarie e farmaceutiche non previste dai precedenti commi e gli accertamenti effettuati
secondo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 5 e dal primo comma dell'articolo 7 da medici
dipendenti pubblici, o che esercitino la loro attivita’ nell'ambito di strutture pubbliche o convenzionate con la
regione, sono a carico degli enti mutualistici, sino a che non sara’ istituito il servizio sanitario nazionale.
11. L'ente ospedaliero, la casa di cura o il poliambulatorio nei quali l'intervento e’ stato effettuato sono tenuti
ad inviare al medico provinciale competente per territorio una dichiarazione con la quale il medico che lo ha
eseguito da’ notizia dell'intervento stesso e della documentazione sulla base della quale e’ avvenuto, senza
fare menzione dell'identita’ della donna. Le lettere b) e f) dell'articolo 103 del testo unico delle leggi sanitarie,
approvato con il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (4), sono abrogate.
12. La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente legge e’ fatta
personalmente dalla donna. Se la donna e’ di eta’ inferiore ai diciotto anni, per l'interruzione della gravidanza
e’ richiesto lo assenso di chi esercita sulla donna stessa la potesta’ o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta
giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la
potesta’ o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il
consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le procedure di cui
all'articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice
tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto
della sua volonta’, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, puo’ autorizzare la donna, con
atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza.
Qualora il medico accerti l'urgenza dell'intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore di
diciotto anni, indipendentemente dall'assenso di chi esercita la potesta’ o la tutela e senza adire il giudice
tutelare, certifica l'esistenza delle condizioni che giustificano l'interruzione della gravidanza. Tale
certificazione costituisce titolo per ottenere in via d'urgenza l'intervento e, se necessario, il ricovero. Ai fini
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dell'interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni, si applicano anche alla minore di diciotto anni
le procedure di cui all'articolo 7, indipendentemente dall'assenso di chi esercita la potesta’ o la tutela
(2/cost).
13. Se la donna e’ interdetta per infermita’ di mente, la richiesta di cui agli articoli 4 e 6 puo’ essere
presentata, oltre che da lei personalmente, anche dal tutore o dal marito non tutore, che non sia legalmente
separato. Nel caso di richiesta presentata dall'interdetta o dal marito, deve essere sentito il parere del tutore.
La richiesta presentata dal tutore o dal marito deve essere confermata dalla donna.
Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, trasmette al giudice tutelare,
entro il termine di sette giorni dalla presentazione della richiesta, una relazione contenente ragguagli sulla
domanda e sulla sua provenienza, sull'atteggiamento comunque assunto dalla donna e sulla gravidanza e
specie dell'infermita’ mentale di essa nonche’ il parere del tutore, se espresso. Il giudice tutelare, sentiti se lo
ritiene opportuno gli interessati, decide entro cinque giorni dal ricevimento della relazione, con atto non
soggetto a reclamo. Il provvedimento del giudice tutelare ha gli effetti di cui all'ultimo comma dell'articolo 8.
14. Il medico che esegue l'interruzione della gravidanza e’ tenuto a fornire alla donna le informazioni e le
indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonche’ a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che
devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignita’ personale della donna. In presenza di
processi patologici, fra cui quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro, il medico che esegue
l'interruzione della gravidanza deve fornire alla donna i ragguagli necessari per la prevenzione di tali
processi.
15. Le regioni, d'intesa con le universita’ e con gli enti ospedalieri, promuovono l'aggiornamento del
personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile,
sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull'uso delle tecniche piu’ moderne,
piu’ rispettose dell'integrita’ fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza.
Le regioni promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali possono partecipare sia il personale sanitario ed
esercente le arti ausiliarie sia le persone interessate ad approfondire le questioni relative all'educazione
sessuale, al decorso della gravidanza, al parto, ai metodi anticoncezionali e alle tecniche per l'interruzione
della gravidanza. Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli 2 e 5, le regioni redigono un programma
annuale d'aggiornamento e di informazione sulla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari
e assistenziali esistenti nel territorio regionale.
16. Entro il mese di febbraio, a partire dall'anno successivo a quello dell'entrata in vigore della Presente
legge, il Ministro della sanita’ presenta al Parlamento una relazione sull'attuazione della legge stessa e sui
suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione. Le regioni sono tenute a fornire le
informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal
Ministro. Analoga relazione presenta il Ministro di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni di
specifica competenza del suo Dicastero.
17. Chiunque cagiona ad una donna per colpa l'interruzione della gravidanza e’ punito con la reclusione da
tre mesi a due anni. Chiunque cagiona ad una donna per colpa un parto prematuro e’ punito con la pena
prevista dal comma precedente, diminuita fino alla meta’. Nei casi previsti dai commi precedenti, se il fatto e’
commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro la pena e’ aumentata.
18. Chiunque cagiona l'interruzione della gravidanza senza il consenso della donna e’ punito con la
reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o
minaccia ovvero carpito con l'inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l'interruzione della
gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna. Detta pena e’ diminuita fino alla meta’ se da tali
lesioni deriva l'acceleramento del parto. Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte
della donna si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si
applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione personale e’ grave questa ultima pena e’ diminuita.
Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna e’ minore degli anni diciotto.
19. Chiunque cagiona l'interruzione volontaria della gravidanza senza l'osservanza delle modalita’ indicate
negli articoli 5 o 8, e’ punito con la reclusione sino a tre anni. La donna e’ punita con la multa fino a lire
centomila. Se l'interruzione volontaria della gravidanza avviene senza l'accertamento medico dei casi previsti
dalle lettere a) e b) dell'articolo 6 o comunque senza l'osservanza delle modalita’ previste dall'articolo 7, chi
la cagiona e’ punito con la reclusione da uno a quattro anni. La donna e’ punita con la reclusione sino a sei
mesi. Quando l'interruzione volontaria della gravidanza avviene su donna minore degli anni diciotto, o
interdetta, fuori dei casi o senza l'osservanza delle modalita’ previste dagli articoli 12 e 13, chi la cagiona e’
punito con le pene rispettivamente previste dai commi precedenti aumentate fino alla meta’. La donna non e’
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punibile. Se dai fatti previsti dai commi precedenti deriva la morte della donna, si applica la reclusione da tre
a sette anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da due a cinque anni; se
la lesione personale e’ grave questa ultima pena e’ diminuita. Le pene stabilite dal comma precedente sono
aumentate se la morte o la lesione della donna derivano dai fatti previsti dal quinto comma.
20. Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura l'interruzione della gravidanza sono aumentate
quando il reato e’ commesso da chi ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi dell'articolo 9.
21. Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 326 del codice penale, essendone venuto a conoscenza per
ragioni di professione o di ufficio, rivela l'identita’ - o comunque divulga notizie idonee a rivelarla - di chi ha
fatto ricorso alle procedure o agli interventi previsti dalla presente legge, e’ punito a norma dell'articolo 622
del codice penale.
22. Il titolo X del libro II del codice penale e’ abrogato. Sono altresi’ abrogati il n. 3) del primo comma e il n.
5) del secondo comma dell'articolo 583 del codice penale. Salvo che sia stata pronunciata sentenza
irrevocabile di condanna, non e’ punibile per il reato di aborto di donna consenziente chiunque abbia
commesso il fatto prima dell'entrata in vigore della presente legge, se il giudice accerta che sussistevano le
condizioni previste dagli articoli 4 e 6.
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