Se fosse vero? - Questa è la pagina di Pierantonio Marone

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Se fosse vero? - Questa è la pagina di Pierantonio Marone
Pierantonio Marone
Se fosse vero?
El jover guardabosquer
Romanzo
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Protagonisti
Lorenzo Marutis
Don Pedro Sarvino
Maddalena Sarvino
Don Alonso
Sergio DeVega
Enrico DeVega
Carolina DeVega
Rosalba Santenja
Federica Molinas
Carmensita Basco
Giulio Basco
Agnese Beznar
Alfonso Beznar
Beppe
Santino
Eugenio Malandus
Maria DeVega
Rosita
Everardo Frezer
Ado Gambini
Terzo Gonzales
Vigos
guardiacaccia
conte tenuta Rancho Sarvino
contessina Rancho Sarvino
parroco iglesia Saint Dionysius
allevatore a Montealegre del Castillo
fratello maggiore finca DeVega
sorella minore
cuoca dei DeVega
cameriera finca Sarvino
cuoca finca Sarvino
autista tutto fare
aiutante cuoca finca
capo braccianti finca
mugnaio di Ontur
staliere finca Sarvino
dottore di Montealegre del Castillo
moglie del dottore
la loro bambina
dottore chirurgo Madrid
professore traumatologia.
direttore clinica
dottore tirocinante
Bello
Licia
stallone
giumenta
Letizia Marutis
Carlos Martis
Alfonso Lados
Carlos Deprimeros
Padre Don Ermenegildo
madre +
zio materno +
sindaco +
prefetto +
parroco +
Rancho a Fuente Alamo, nella regione Castilla de la Mancha
Lago Embalse del Bayoco en provincia di Albacete in Spagna
Montealegre del Castillo residencia antichi feudatari da Huesca
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Rancho tenuta dei Conti Sarvino
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Capitolo Primo
Il guardiacaccia Lorenzo Marutis stava entrando nel sottobosco ai
confini della grande tenuta il Rancho dei conti Sarvino a ridosso delle
prime colline. Doveva controllare il flusso degli animale selvatici che vi
abitavano e pascolavano liberamente, oltre i tanti bovini lasciati liberi sul
pendio della collina boschiva. Nella loro finca il conte non era amante di
allevare tori per finire nelle corride a esaltare il pubblico che adorava
vedere il sangue scorrere nella Plaza de Toro e talvolta non era il toro
uscire morto e trainato dai cavalli, ma qualche torero che aveva calcolato
male l'animare inferocito dalle ferite inferte e pertanto gli era andata male.
Lorenzo era dello stesso parere del conte Don Pedro Sarvino, anche lui
non era un amante delle corride, lui era vivere e lasciar vivere, persone o
animali. Cercava sempre un sistema per accordarsi, se non ch'è fosse
necessario dover abbattere l'animale troppo inferocito e pericoloso.
Al momento era alla ricerca di un daino che da giorni era sparito dal
territorio e non voleva che fosse stato preda di bracconieri o di qualche
lupo solitario che bazzicava da quelle parti, ma che sovente cacciava
soltanto prede piccole e facile da trasportare nella propria tana a sfamare i
cuccioli che aveva visto in primavera aggirarsi ai piedi del monte tra la
bassa vegetazione boschiva.
Lorenzo senza forzare troppo il suo bel stallone, era arrivato dove nasceva
il piccolo lago Embalse, proprio lì da una piccola cascata sorgiva, situata
nell'insenatura tra le due montagne rocciose ai piedi della montagna,
ricoperte di faggio e bassi abeti.
Con quel caldo torrido di quei giorni il giovane guardiacaccia pensò bene
di farsi una buona nuotata e godere di quella fresche acque sorgiva
all'inizio del lago dell'Embalse del Bayoco, da rianimarlo un poco dalla
calura e lasciare libero il stallone che si rinfreschi a sua volta a suo piacere.
Lorenzo senza pensarci su due volte si svesti veloce e si tuffò nell'acqua
abbastanza gelida da rinvigorirlo a nuotare più che contento in quella
piacevole frescura limpida e cristallina. < Che goduria!! > urlò felice. Con
lunghe bracciate si divertiva un mondo a nuotare nella quiete del posto.
In quei giorni di afa Lorenzo preferiva cavalcare il suo cavallo a pelo senza
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sella, e gli sembrava che anche l'animale di nome Bello, ne godeva di
quella libertà concessa senza finimenti, da saltare e sguazzare nell'acqua
contento. Si erano incontrati due anni prima terminate le scuole e subito
era nato un filing tra loro due e il conte uomo comprensivo glie lo regalò
per il compimento dei suoi 18 anni per l'esattezza. Ed ora bastava poco per
capirsi a vicenda, il giovane stallone l'aveva preso in simpatia, da stare in
buona compagnia perlustrando i tanti agri di terreno del Rancho.
Perciò in quel luogo tranquillo era proprio un posto da sogno e poter
passare le giornate estive in tranquillità. L'inverno però era sconsigliabile
con la neve alta e il vento gelido che scendeva giù dal nord. Stava
pensando Lorenzo su quel luogo deserto e tranquillo.
Restò un bel po' a sguazzarsi in bracciate per rinforzare i muscoli
afflosciati dal caldo torrido e opprimente in quelle settimane estive.
Al momento era in vacanza estiva universitaria, pertanto alla finca gli
avevano assegnato il compito da guardiacaccia e lo svolgeva con serietà
dovuta da essere ben voluto e apprezzato dal conte, quasi padrino, una
domanda mai specificata chiaramente, ma al momento andava bene così.
Perciò mentre si godeva il posto, s'immaginava di farsi una posizione
altrove appena avrebbe terminato gli studi e il servizio di leva militare, da
farsi l'anno dopo. Il prossimo con il compimento dei suoi ventuno anni,
avrebbe terminato gli studi liceali d'agraria alla accademia nella città di
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Albacete, ad una ottantina di km di strada da farsi a cavallo ogni inizio di
settimana e il restante della settimana a casa di amici in città come un
giovane pensionato a studiare con profitto la sua materia scelta.
Lorenzo nuotando tra una bracciata ed un'altra si portò più al largo a
godersi quella frescura piacevole da rimanerci per un bel po' a mollo e
prendere il sole rovente del primo pomeriggio estivo.
Poi gli sembrò di essere osservato, o era un rumore di acqua smossa alle
sue spalle, da farlo girare nel pensare che il suo destriero si stava
divertendo a sua volta scalpitando nell'acqua.
Ma la sorpresa fu ben altra, una giovane amazzone con qualcosa di
trasparente addosso e molto aderente, complice l'acqua e le serviva da
costume da bagno, più che adesivo alla pelle. La giovane si stava
divertendo cavalcando il proprio cavallo, nel trovandosi a sorridere per
l'imbarazzo capitato all'altro con l'acqua alla gola da nascondere il resto del
corpo sotto la superficie dell'acqua azzurra.
La giovane cavallerizza stava spronando il cavallo ad avvicinarsi al
giovane che sembrava nudo in acqua, da creargli un bell'impiccio senza via
di fuga al bagnante sorpreso alla sprovvista.
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Lorenzo si trovò spiazzato, sapendo di essere nudo come un verme e
certamente non poteva rimanere sempre in acqua, in attesa che la donna se
ne vada via. Ma dal modo gli sembrava che volesse curiosare nel guidare il
suo cavallo proprio dalla sua parte. Accidenti che fregatura? Immagino lui
più che confuso in quella posizione a mollo.
Perciò al momento era sorto un vero problema, non sapendo con chi
avesse a che fare ed era disdicevole la sua posizione a mollo da nascondere
la sua nudità con movimenti delle mani sull'acqua a creare increspature.
Alla fine Lorenzo rompendo gli indugi con giovialità alzò la mano a
salutarla: < Ehi, la! Giornata calda... > sbottò deciso. < E' piacevole restare
in questa bell'acqua fresca... Sei di passaggio da queste parti? > domandò,
a camuffare la sua sconveniente situazione a coprire il rossore sul viso
bagnato, ma senza infastidirlo da quella presenza offuscata dal riverbero
del sole di fronte e il tutto a sua volta, lo incuriosiva altrettanto, guardando
l'indumento bagnato che era appiccicato al giovane corpo della ragazza.
La giovane con un sorriso birichino sulle labbra, provò a rispondere al
giovane a mollo: < Siete fortunati voi uomini. Giù le braghe e via un bel
tuffo, senza tante storie. Eh!... > trovandosi a ridere divertita.
< Già hai ragione. Pensavo di essere solo... e adesso sono nei guai? >
< Non temere, ho visto molte volte i miei fratelli nudi che giocavano
nell'abbeveratoio dei cavalli nel cortile di casa. Vorrà dire che quando
arriverai a riva mi girerò dall'altra parte... Tranquillo bel giovane! >
< Ma sono giovani i tuoi fratelli muchachi? > s'informò Lorenzo pur
di dire qualcos'altro.
< Certo che sono dei giovani puledri ventottenne uno e trentuno anni
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l'altro, pronti da maritare. Sono le mie guardie del corpo. E senz'altro
adesso, mi stanno cercando e non s'immaginano che sono venuto fin qui al
lago per fare il bagno... Sono un po' troppo protettivi... Io sono Carolina e
tu, come ti chiami giovane straniero? > lo spronò decisa.
< Lorenzo. Lorenzo Marutis, guardiacaccia del conte Sarvino. >
< Accipicchia! Sei tu quello che ha salvato quella anziana contadina,
Carmen, così mi sembra che si chiami? Un orso la stava aggredendo... >
< Beh, insomma! E' un vecchia orsa che proteggeva i suoi tre
cuccioli. Sono riuscito con delle mele a farle comprendere che si era
allontanata troppo dai monti più a nord, dove avrà senz'altro la sua tana.
Ho sprecato due cartucce sparando in aria e ha compreso di ritornare sui
monti. Tutto qui! > mentre era arrivato a riva e sperava che la giovane si
giri dall'altra parte, era imbarazzante uscire dall'acqua a quel modo.
< Ma la sénora Carmen aveva detto che hai lottato con il bestione e
l'hai fatto fuggire via... > rispondeva Carolina girandosi un poco seduta
sulla sella della sua giumenta, capendo che il giovane doveva uscire e
andare un po' lontano per prendersi i propri vestiti. Mentre il suo cavallo si
stava avvicinando alla cavalla della giovane, forse nel corteggiarla.
E distinto Lorenzo rispondeva all'affermazione nel dire senza pensarci
sopra: < Mi vedi delle unghiate sul petto, o la schiena? > coprendosi poi
con le mani vergognoso e lei tranquilla se la rideva di gusto: < Guarda che
il tuo stallone fa le fuse alla mia Licia.... Non vorrei che mi disarciona per
prendere il mio posto in groppa... La mia cavalla è ancora vergine, ma
sembra che non disdegni le avance del tuo bello stallone. >
< Scusami la mia brutta situazione... Mah... > lanciando un fischi al
suo stallone e subito l'animale si spostò da avvicinarsi al fantino nudo da
fargli un po' da scudo e coprire le sue vergogne giovanili: < Vieni Bello
che torniamo a prendermi i calzoni. Ciao Carolina, è stato un piacere
conoscerti! Avrei preferito altrimenti... Spero che mi perdoni un capriccio
di gola, dato l'arsura del momento... Ci vediamo al palio domenica? >
< Tu sai ballare Lorenzo? > domandò decisa la giovane affascinata.
< Certamente è la cosa che ho imparato subito all'università. Ci
vediamo allora? Sei veramente simpatica Carolina... Ciao a presto! >
allontanandosi dalla giovane facendosi scudo del suo Bello, che nitriva a
salutare la cavalla della giovane, che rispondeva al richiamo. Era stato
accettato. Anche la padrona Carolina era dello stesse parere nel guardare il
sedere del bel giovane guardiacaccia, che spariva dietro al cespuglio e
appena dopo lo vedeva montare in groppa con dei calzoni addosso e con la
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mano alzata la salutava festoso. E il tutto appena in tempo nello sparire
dentro al bosco, mentre stavano giungevano a cavallo i fratelli di Carolina,
molto arrabbiati: < Ma sei matta a venire qui da sola e se ti trovavi
quell'orso affamato? > urlò Enrico e l'altro Sergio che le prendeva le
briglia per guidarla verso riva, nel dire a sua volta a rimprovero: < Cosi
svestita, potevano vederti e tutta la contrada ne parlava. Lo sai bene che
fanno presto a spettegolare e poi sì che potranno dire che vai in giro
sempre sola e svestita... E chissà cosa farai poi di nascosto? >
< Ma se non c'è nessuno qui al lago! Mi sono bagnata assieme a
Licia a fare un po' di movimento... Uffa che barba siete voi fratelli cari! >
tirando le briglie e riprendere la strada di casa con i fratelli al suo fianco
brontoloni, ma comprensivi e protettivi dato la sua giovane eta quasi
diciottenne il mese successivo. Carolina stava pensando al bel giovane
Lorenzo, cercando d'immaginare da dove proveniva, lei non l'aveva mai
incontrato all'università ad Albacete. Ma in tutto quelle cognizioni in fondo
a tutto gli piaceva quel giovane, in verità aveva un bel fisico atletico e
chissà, forse era nella squadra di calcio della città?.... stava continuamente
pensando dove e sperare che alla festa patronale ci sia. Quella era la cosa
più bella che poteva capitarle. Poi la voce dei fratelli la ripresero, nel
chiedere: < Carolina se ti comporti bene domenica andremo tutti a
festeggiare in città alla sagra del patrono. Sei d'accordo? >
< Perché non dovrei esserlo? Siete sempre voi che decidete. Ma il
prossimo mese a diciott'anni me la vedrò da sola. Allora sì che saremo
d'accordo, miei bravi fratelli rompiscatole.... Ma in fondo vi voglio bene! >
< Ma che brava a determinare le incombenze. Quando sarai maritata
allora si che ci penserà tuo marito a tenerti in riga. Perciò fino ad allora
dovrai obbedire. Poi ci sembra che in fondo non pretendiamo molto da te.
Ad essere giudiziosa con tanti pericoli che ci sono in giro. Comprendi? >
< Più che bene fratelli. Ma allora trovatemi un pretendente a modo
mio e saremo tutti contenti.... Ah! E' inutile parlare con voi e come dirlo al
vento... Non ho forse ragione? >
< Dai allunghiamo il passo che il pranzo e saltato per cercarti
bricconcella, ma la cena è già pronta. E Rosalba la nostra brava cuoca, sarà
stufa di aspettarci... Andiamo ch'è tardi! >
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Capitolo Secondo
Lorenzo da parte sua, li aveva visti arrivare da lontano i suoi fratelli e
aveva preferito non farsi vedere assieme alla sorella, non voleva che passi
dei guai. E poi se fossero arrivati prima... Dio ci scampi, dal pensare
veramente male? Un maniaco sessuale nudo nel lago di Embalse. Cosa da
finire sul jornalero della città.... Perciò al momento era andate tutto bene e
in fondo quella Carolina gli piaceva e sperava di poterla rivedere: non
sarebbe poi male l'idea? Stava pensando Lorenzo con un sorriso di
approvazione. Sperando proprio che domenica in città alla festa patronale,
possa rivederla nuovamente. E a quel punto ci teneva veramente invitarla a
ballare quella dolce creatura di Carolina. Rivedendo l'immagine di quel
corpo giovane ed acerbo, sotto la stoffa bagnata e aderente alla pelle.
Poi si ricordò che doveva dare una occhiata ai bovini se erano arrivati al
recinto all'alpeggio per la notte e se c'era il mandriano che li controlla.
Trovandolo in ordine, contando velocemente i capi erano al completo.
Perciò chiuse il cancello rimasto aperto e riprese la sua marcia, mentre
consigliava al suo stallone: < Dai Bello ritorniamo alla finca. Proviamo da
quella parte forse faremo prima ad arrivare a casa. Lo sai che nella stalla
troverai del buon fieno da mangiare e riempirti la pancia, oltre riposare... >
sembrava che Bello avesse capito che gli aspettava della buona biada. Da
farlo nitrire contento e allungare il passo deciso.
Lorenzo era ancora frastornato in quell'incontro fortuito da avere mille
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nuovi pensieri in testa, nel mormorare a fior di labbra: < Se fosse vero? >
sbottò alla fine sorridendo felice, nel pensarci bene. Poi come inizio in un
probabile amore platonico, nato proprio per caso quel pomeriggio.
Dopo una buon ora di cammino erano quasi arrivati alla finca e Lorenzo
si fermò un momento ad una fonte a bere e permettere a Bello di bere a sua
volta di un po' d'acqua fresca. Mentre si mettersi in ordine togliendo la
maglietta dalla sacca, non voleva farsi vedere a petto nudo, sapendo che
nell'aia c'era sempre qualcuno che sbirciava e spettegolava e sarebbero
sorti i soliti commenti sul preferito del conte. In special modo tra la servitù
giovanile che non avrebbero disdegnato uno sguardo d'interesse dal jover
guardabosquero. Pertanto non voleva storie sapendo che la contessina
Maddalena era pronta a contrastare e se poteva mandarlo vie, era il suo
scopo prefisso già da tempo. Temeva fortemente quell'intruso rivale.
Lorenzo prima da mandare Bello in stalla, gli fece la solita spazzolata a
rendere il manto bello lucido e da renderlo contento.
Il giorno dopo, pareva che il tempo stesse cambiando in peggio e il lavoro
nei campi non era ancora terminato, i braccianti erano al lavoro fin
dall'alba, ma il raccolto era tanto da caricare sui carri e sistemare nel
magazzino al grande Rancho, la finca antica della famiglia Sarvino, a
Fuente Alamo, nella regione La Mancha.
Il conte Don Pedro Sarvino era preoccupato, chiamando altri braccianti e
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domestici in casa che vadano a dare una mano volenterosa e sbrigare il
raccolto prima che la tempesta in arrivo distrugga tutto. Lui purtroppo
mezzo invalido con una gamba rotta non poteva far nulla, solo reggersi col
bastone e dare ordini di far presto, ma più che ordini erano consigli da dare
come persona anziana ed esperta. Conoscendo ormai bene da settant'anni i
suoi braccianti e il territorio nella sua terra, tramandata dagli avi da più di
trecento anni, dove avevano combattuto per strapparla agli invasori Arabi.
Lorenzo il guardiacaccia era arrivato appena in tempo dal suo giro
quotidiano da dare una mano al raccolto. Quelle nuvole basse e nere sul
fondo della piano non presagivano nulla di buono, sperando che andassero
altrove a scaricare la loro rabbia. Perciò appena smontato da cavallo
Lorenzo si portò nei campi a dare una mano a velocizzare il tanto raccolto,
nel caricare a forcate i covoni sui carri. Anche i buoi attaccati ai carri erano
agitati, presagivano la tempesta in arrivo muggendo e poi con un bel carico
sopra erano ben felici di allungare il passo e rientrare nella stalla al sicuro.
Il giovane guardiacaccia si dava da fare al aiutare e a far presto con il
forcone in mano ad allungarsi per posare i covoni sul carro. Lorenzo era
tutto sudato nella frenesia di far presto ad aiutare un po' tutti.
Poi appena l'ultimo carro era stato caricato e portato alla finca sotto il
grande porticato della cascinale e il tutto appena in tempo.
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I buoi erano stati i primi ad annusare il pericolo in arrivo e dirigersi alla
stalla appena slegati dai carri, anche gli animali da cortile erano spariti a
nascondersi, i cani sempre pronti ad abbaiare si erano rintanati nelle
proprie cucce in silenzio e nascosti al pericolo che era in arrivo sopra di
loro con una cappa nera e assai minacciosa. Solo bello era affacciato alla
finestra della stalla a vedere il suo cavaliere e perché non si riparava?
Poi tutto di colpo un fulmine secco e il botto dopo l'investiti con una forte
ondata di grandine, grossi chicchi ghiacciati cadevano da far un gran
rumore e avrebbero distrutto tutto il raccolto, se non avessero fatto in
tempo a raccogliere i frutti della loro semina. Fuori sulla grande aia veniva
coperta da un manto di grandine da sembrare neve estiva, accompagnata
da un turbinio di acqua e vento impetuoso e, da far volare delle staccionate
fissate malamente dal recinto dei bovini per fortuna tutti nella stalle. Le
saette che solcavano il cielo buio accompagnato dal tuono da spaventare
gli stanchi contadini. Il tutto per completare quell'opera distruttiva dove
passava quella buriana estiva, da sembrare quei tornado d'America.
Al riparo sotto il vecchio porticato della fazenda, gli uomini scaricavano
gli ultimi carri da depositare i covoni di grano, nei magazzini al riparo
dall'intemperia capitata per il troppo caldo e afa di quei giorni estivi.
Quell'anno del 55 il grande caldo aveva investito per un paio di settimane
tutta la Spagna con ondate di vento caldo soffocante, che giungeva
dall'Africa infuocata oltre il mare Mediterraneo a rinforzare i venti che
scendevano giù dal nord e alimentavano i continui temporali sparsi per le
varie province spagnole, con danni gravi in molte parti. Da loro sembrava
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che il peggio, li avesse risparmiati, dovendo ringraziare la provvidenza.
Era ormai notte inoltrata quando la bufera era passata e la calura smorzata
da sentirsi un po' tutti meglio. Le donne avevano apparecchiato una lunga
tavolata dove tutti assieme si stavano godendo il meritato riposo a
mangiare e bere del buon vino fresco, portato su dalle cantine messo a
stagionare nelle grandi botti di rovere e saziare i tanti lavoratori che si
rallegravano della buona riuscita, nel lavoro svolto alacremente alla finca e
il conte ne andava fiero. Don Pedro aveva scelto lui il vino da dar da bere
il migliore dalla sua cantina per dissetare i tanti lavoratori. Da esserne
contento e riconoscente ai suoi uomini e donne che si erano prodigati a
salvare il prezioso raccolto di quei tanti acri di terreno coltivato a grano e
al momento per miracolo salvato in magazzino e poi se tutto andava bene
nei giorni seguente fare una bella trebbiatura e insaccare il frumento da
portare al vecchio mulino a vento, dove il mugnaio Beppe era sempre ben
disposto a soddisfare gli agricoltori che abitavano nei dintorni della
regione a macinare il fabbisogno personale di ognuno.
Alla fazenda del mattino seguente, di buona lena tutti quanti si misero a
trebbiare il grano da insaccarlo e una parte pronta da inviarlo al mulino
poco distante per essere macinato da immagazzinare i sacchi di farina per
il fabbisogno nel prossimi mesi, oltre il lungo inverno annunciato brutto.
In quella splendida giornata di sole, si erano scordati del tempo brutto dei
giorni prima e il sole aveva giù asciugato il terreno da poter lavorare con
sollievo in una temperatura al mattino più che piacevole.
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Il duro lavoro durò per ben due giorni, dalla mattina a sera per terminare
quel lavoro e di preparare i tanti sacchi di grano ormai secco e depositarlo
nel granaio di casa, mentre veniva impacchettata la paglia per il
fabbisogno nelle stalle a rigovernare il tanto bestiame bovino e ovino.
Alla finca erano tutti stanchi ma soddisfatti per il super lavoro fatto, ma di
più ricevere la paga raddoppiata.
Il conte Don Pedro Sarvino non si lesinava a dare più del dovuto alle tante
famiglie che lavoravano alla finca e il conte comprendeva la fatica fatta e
ci teneva a ricompensarli più che bene ad ottenere poi un buon risultato al
prossimo lavoro da svolgere.
Avevano caricato i sacchi di grano sui carri da portare al vecchio mulino e
pronto per essere macinato. Dalle cucine le donne di casa reclamavano la
farina per il fabbisogno quotidiano, a sfamare le tante bocche affamate nel
grande Rancho sempre in movimento fin dall'alba al tramonto del sole.
Al mulino a vento era ad una decina di km e il mugnaio Beppe era
sempre disponibile con chi pagava bene e in contanti, da sopperire le
proprie esigenze famigliari e tentare di servire al meglio i clienti, come el
Don Pedro Conte Sarvino, il tenutario più grande nella loro provincia.
Mentre i carri della finca Sarvino erano arrivati a portare e scaricare i tanti
sacchi di grano da macinare in fresca farina, per fare del pane e dolci, oltre
la pasta spaghetti da fare a mano alla maniera italiana.
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Lorenzo aveva seguito il percorso dei carri e stava discorrendo con il
mugnaio a spiegare i desideri del conte Sarvino: < Don Pedro la prega se
può far almeno un po' di sacchi di grano per il fabbisogno alla finca? >
< Senz'altro Lorenzo, mi metto subito in movimento e prima di sera
avrete un bel po' di sacchi pronti.... Rimane qui il capo bracciante Alfonso
ad aiutarmi e poi potrà portarvi a casa il prodotti finito. D'accordo! >
< Intanto prenda queste 500 Pesetas, che il conte vi manda per
l'anticipo delle spese vostre. Avete anche voi la famiglia da mantenere. >
< Grazie Lorenzo, non posso rifiutare i figli costano a farli studiare.
Ringrazia il sénor Conte che è l'unico che paga in contanti e non in cambio
di altro... Tante grazie! Adesso mi metto subito al lavoro, visto che il vento
rinforza le mie pale... Ci sentiamo giovane Lorenzo. > mentre montava in
sella al suo stallone e salutava: < Arrivederci! Ci sentiamo mastro Beppe e
buon lavoro. > spronando il suo stallone al trotto: < Dai andiamo Bello a
far un buon giro d'ispezione e controllare il bestiame all'alpeggio. >
Intanto all'interno del magazzino nel mulino si stavano ammucchiando i
tanti sacchi da macinare e il mugnaio Beppe si sfregava le mani per il
lavoro assicurato nei prossimi mesi in attesa dell'inverno a riposare a sua
volta. Aveva anche lui quattro figli da mandare a scuola ad impara a
scrivere e a leggere. Quella era la sua prima idea a istruire la sua prole al
meglio, mentre già svuotava i sacchi nella macina a creare della candida
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farina di grano duro. Mentre la moglie portava da bere a tutti i presenti.
Alfonso il capo bracciante del conte Sarvino era rimasto ad aiutarlo a
sveltire il lavoro, mentre dava un sacco di farina già pronta al un
bracciante che terminava di bersi un bicchiere di vino fresco e da riportare
alla fazenda per il primo fabbisogno.
La farina dell'anno prima si era volatilizzata via in fretta, con tanti dolci e
altro, preparate dalle donne in cucina per le feste richieste dalla giovane
contessina Maddalena. Sempre pronta ad accontentare i tanti amici
scrocconi che la riempivano di lusinghe. Ma nulla di fatto a prenderla in
moglie, era un po' troppo autoritaria e i pochi pretendenti si guardavano
per bene prima di decidersi a cosa fare e al momento preferivano
partecipare ai suoi banchetti a riempirsi la pancia e senza dar nulla in
cambio. Quella era la brutta piega che il conte Sarvino tollerava per far
contenta la figlia da maritare e sperando che succeda molto presto.
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Capitolo Terzo
Da sotto il porticato della dependance del guardiacaccia, Lorenzo si stava
gustando il meritato riposo. Anche lui come tutti alla finca non si era tirati
indietro, poi come pupillo del conte Savino, fratellastro così sembra, del
proprio padre morto in guerra e la madre gli era già mancata alla sua
nascita, da essere cresciuto come un figlio dal conte Don Pedro. Vedovo da
parecchi anni con una figlia trentenne di nome Maddalena che si teneva in
disparte dal giovane Lorenzo. Non avevano molto in comune da starsene
alla larga ad evitare discussioni. La giovane aveva acquisito il carattere
forte della povera madre, ed era un po' troppa pretenziosa a condividere le
incombenze nella finca con quel trovatello che il padre adorava.
Il giovane Lorenzo era ben conscio del caratterino della donna più alta di
età, da evitare i contrasti. Il conte uomo saggio e giusto, non voleva astio
in casa e tutti evitavano di far notare i vari battibecchi che sorgevano
appena s'incontravano, lei era la figlia del padrone, da non dimenticare.
Lorenzo dal canto suo aveva da giorni il pensiero altrove, pensava sempre
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e in continuazione alla giovane Carolina e non vedeva l'ora che giunga la
domenica, il giorni della grande sagra contadina per rivederla. Poi si
ricordò che doveva andare giù nella vallata a controllare il bestiame, visto
che il tempo minacciava un altro bel temporale in arrivo da quelle parti.
Per fortuna li aveva incontrate che se ne tornavano a casa da sole, forse
annusando anche loro il tempo brutto in arrivo e pertanto le stalle al
coperto era la cosa migliore al momento fare. Lorenzo stava accarezzando
il suo stallone, nel parlargli sotto voce: < Tranquillo Bello, tra pochi giorni
incontreremo Carolina e Licia e saremo contenti in due, giusto? >
commentò di più con se, ma il nitrire di Bello gli faceva capire che aveva
apprezzato l'idea dell'incontro a quattro domenica in città. Lorenzo capiva
che quella giovane gli aveva fatto perdere ore di sonno al pensarla in
continuazione. Mentre Bello lo stallone, sembrava capire il discorso del
giovane cavaliere, da farlo nitrire ancora contento all'idea di rivedere la
bella giumenta Licia, da sfregare il muso alla spalla del giovane.
Poi il turbinio del vento gli fece presagire che il temporale era
velocemente in arrivo, da montare in sella e spronare il bestiame ad
allungare il passo, mentre tra la mandria i muggiti di paura si stavano
alzando alle scariche elettriche i il tuono assordante dopo, e la finca era
ancora un po' lontana, ma speravano di farcela ad arrivare in tempo al
riparo. Poi dei vitelli più giovani e non abituati alle intemperie erano i più
spaventati da scaraventarsi contro al guardiacaccia e per evitare che nella
furia venisse colpito il suo stallone con una cornata vagante. Lorenzo
calciò il muso del vitello, ma il corno si infilò nella fibbia dello stivale da
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disarcionarlo malamente. Bello si parò davanti e il vitello terrorizzato al
forte nitrito e gli zoccoli del puledro si allontanò seguendo la mandria
verso il recinto e le stalle al coperto. Lorenzo si alzò aggrappandosi alle
briglia di Bello che comprendeva il guaio capitato al suo cavaliere e a
fatica Lorenzo rimontò in sella si era fatto una brutta lacerazione sulla
pancia sopra il bordo dei calzoni e perciò appena in cortile si portò alla sua
dependance a medicarsi alla meglio, nel borbottare e imprecare tra se al
vento: < Accidenti non ci voleva! Devo mettermi dei punti di sutura per
rimediare la ferita troppo aperta?... Accidenti!! > sbottò incavolato,
recandosi nel sottoscala e si diede da fare a sistemare alla meglio la ferita.
Non voleva andare dal dottore al pueblo a Fuente Alamo. Non era ne il
caso e il momento giusto. La contessina Maddalena era pronta a sostituirlo
con altre mansioni, sapendo che non poteva mandarlo via. Pertanto
Lorenzo doveva evitare ogni attrito e spunto. Provò ad arrangiarsi al
meglio a sistemare quella benedetta ferita capitata proprio al momento
sbagliato imprecando: < Accidentaccio! >
Federica la cameriera della contessina, l'aveva visto arrivare dalle finestre
della casa padronale e aveva notato quel suo fianco macchiato di rosso
sangue e subito si era preoccupata e con scuse, nell'uscire fuori dalla casa
padronale di nascosto. Si era messa una borsa a tracolla e aveva infilato
dentro qualcosa per medicare al meglio il ferito. Scesa giù in cucina
nell'uscire poi da dietro con l'ombrello in mano e via sotto la pioggia
battente da arrivare al cottage del guardiacaccia e vedere cosa gli fosse
capitato da ferirsi e aiutare il giovane sempre educato con tutti, da divenire
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il preferito da tutte le donne della finca. Un bravo muchacho. L'aveva poi
trovato nello scantinato del sottoscala e alla vista della bella ferita si trovò
ad esclamare sorpresa: < Ho mio Dio! Cosa mai di è capitato Lorenzo? >
esclamò, facendolo voltare con disappunto per quella presenza, che tra
poco l'avrebbero saputa tutta la finca quel fatto capitato. E prontamente
Lorenzo provò a dire tranquillo alla giovane con gli occhi fuori dalle
orbite: < Federica sai tenere un segreto? > vedendo la donna confusa
mentre si portava la mano alla bocca per paura di urlare, nel rispondere al
ferito: < Certo, certo! Ma come è successo? > commentò incuriosita e il
giovane provò a dire tranquillo con fare segreto: < E' capitato a Fuente
Alamo. Un marito geloso? Sono riuscito a schivare la sua lama di coltello
Navajas... Insomma, un po' l'ho schivato... Anzi tu che sei una brava sarta,
mi potresti dare due punti di sutura e farmi una bella fasciatura, l'ho già
disinfettato prima il taglio? Sono al momento in difficoltà con le mani...
Per favore aiutami, perdo sangue? > piagnucolò, sperando che accetti.
< Cosa? Vorresti che ti cucia la pancia, dopo che ti sei sbattuto la
moglie di quell'altro a Fuente! Tu sei pazzo? > rispose invidiosa: < Devi
andare dal medico e far presto prima che l'infezione si allarghi. Dai fai
presto ad andare, stai perdendo sangue!. Io non dirò nulla a nessuno.
Parola mia! Ti posso solo mettere dei cerotti e la garza per tenerlo pulito...
Dai ti aiuto e faremo prima!.... Ecco così va meglio. Ora puoi andare dal
medico. Vai subito ragazzaccio. Dio mio! Si fa le ammogliate e poi si
prende le coltellate nella pancia. Dio questi giovani d'oggigiorno? Non
pensavo che eri un tosto mandrillo... Eh, bello mio! Dai vai subito dal
dottore! Io devo rientrare altrimenti Maddalena sospetta subito che mi
ruffiano con il suo rivale di lavoro e concorrente. Vero giovanotto? >
< Ah! Ma come la sapete lunga voi donne di casa Sarvino? > sbottò
rassegnato, nel dire avanti: < D'accordo vado appena il temporale è
passato. Altrimenti vado all'altro Pueblo, il medico di Montealegre del
Castillo sarà più socievole a tenere la bocca chiusa. Grazie Federica! >
mentre l'accompagnava alla porta dandole il suo ombrello ad evitare che lo
dimentichi lì a creare altri piccoli problemi di seguito, sapendo che tutti
erano attenti a notare ogni sbavatura di chiunque. E' una goduria per le
malelingue sparlare. Pensò tra se Lorenzo scuotendo la testa. Si era messo
una maglia addosso ed era ritornato alla stalla e trovò che Bello aveva già
mangiato il fieno che l'addetto alle stalle Santino l'aveva foraggiato per
bene e senza mettergli la sella ci montò sopra a fatica, digrignando i denti
dal dolore alla ferita rigovernata malamente.
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Capitolo Quarto
Lo stallone Bello essendo giudizioso e nel capire la gravità della ferita al
suo cavaliere, l'accontentava a fare quel viaggio di una decina di km con
una andatura tranquilla, da evitare scosse e arrivare dal dottore Malandus a
Montealegre de Castillo, ancora in buona salute.
Alle nove di sera Lorenzo bussava alla porta del dottore Eugenio
Malandus, alla periferia del piccolo pueblo. Quando la porta si aprì e
comparve un signore distinto di mezza età, un po' sorpreso a quell'ora.
Lorenzo affaticato domandava: < Per cortesia, c'è il dottore Malandus? >
< Sono io il dottore. L'ambulatorio è da ore chiuso e ho dei parenti a
cena. Comunque mi dica cos'ha d'importante da chiedermi giovanotto? >
guardandolo per bene lui e lo stallone al fianco, nel capire che non stava
bene, dal pallore in viso.
< Avrei una lacerazione nella pancia da sistemare, se è possibile dato
l'ora tarda, dottore? > mentre alzava la maglietta insanguinata, la
medicazione di prima si era inzuppata di sangue per bene. Nel continuare a
spiegare malamente: < Per evitare che un vitello incorni il mio stallone, la
corna mi ha preso lo stivale disarcionandomi e mi sono trovato questo
taglio in pancia... Lei può far qualcosa per rimediare il mio guaio, dottore
Malandus? > domandò sconfortato.
< Dai entri giovanotto e vediamo cosa fare? > mentre Lorenzo
legava le briglie di Bello all'anello per gli animali accanto alla porta, nel
dire all'animale: < Aspettami tranquillo Bello, faremo subito! >
Appena entrato il dottore gli consigliò di togliere la maglia, Lorenzo lo
fece mugugnando dal dolore alla pancia, poi lo fece distendere sul lettino
nella camera attigua all'entrata, adibita a studio medico e con decisione il
medico consultò la ferita, abbassando un poco i calzoni slacciati da avere
spazio per poter sistemare la butta ferita. Poi chiamò una delle sue donne
di casa che stavano rigovernando la cucina: < Maria portami dell'acqua
tiepida? > mentre s'infilava dei guanti in lattice, scuotendo il capo.
< Ecco zio l'acqua tiepida! > la giovane decisa depositava il
contenitore. Ma ebbe un sussulto di spavento, nel dire confusa: < Mio Dio!
Cosa ti sei fatto Lorenzo? > guardata dallo zio e da Lorenzo stupito che
quella Carolina era lì a casa dello zio?.. E prontamente lo zio gli chiedeva
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sorpreso: < Vi conoscete voi due? > guardandola oltre gli occhiali.
E in contemporanea risposero entrambi: < All'università ad Albacete... >
< Dottore al momento delle vacanze estive, faccio il guardiacaccia
alla finca del conte Sarvino... > guardando felice Carolina. Era la nipote
del dottore. Ma che bella sorpresa! Commentava mentalmente Lorenzo.
Mentre lei premurosa e preoccupata chiedeva: < Ma, com'è successo? >
E prontamente il dottore rispondeva, mentre stava pulendo la ferita al
paziente: < Tranquilla nipote! Voleva fare il matador in campagna e il toro
a avuto la meglio. > da stupire di più la giovane che rispondeva più che
sorpresa: < Ma, veramente ti sei messo a far la corrida campestre? Non
bastano già in città quei forsennati a gridare nelle corride. OLE! >
< Già, ha ragione tuo zio! Ho sbagliato a fare il guardiacaccia. Per
un giovane vitello mi sono fatto male. Spero che il dottore riesca a farmi
una bella cucitura... In verità incomincia a farmi male? > borbottò piano.
< Certamente l'infezione si sta diffondendo. Ti farò una puntura di
penicillina e vedrai che domani starai già meglio giovanotto. >
< Dottore non vorrei perdermi il ballo alla sagra annuale in città? >
< Dovrai avvisare la ballerina che certe danze, all'infuori del lento
non li potrai fare al momento. Devi aver riguardo e la ferita guarirà in
fretta... Carolina, per favore metti due dita qui e tieni fermo il filo che
faremo prima a fargli un bel ricamo punto e croce. > consigliò sorridendo.
Lorenzo a fatica tentava di sopportare il dolore oltre l'ago e filo. Poi la
puntura per concludere il lavoro ambulatoriale.
Carolina al contatto con l'epidermide del giovane si sentì turbata da una
piacevole sensazione in quel piccolo contatto di tepore. Pensando che quel
giovane le piaceva da morire ed era la prima volta che provava delle nuove
sensazioni così strane ma memorabili da non scordare. Si sentiva attratta
da quel giovane ferito che non si lamentava, ma in continuazione la stava
fissando con una dolcezza sensazione che la rallegrava, da ringraziare la
provvidenza per averlo indirizzato dallo zio medico a curarsi.
Lorenzo era rimasto folgorato nell'incontro, ed era pronto a rispondere al
dottore nel dire timidamente a denti stretti: < In verità dottore era fin
dell'altro anno che avevamo concordato al liceo con Carolina di trovarsi al
ballo quest'anno... Assieme a ballare come amici s'intende.... Vero? >
rivolto alla giovane che era commossa, ma prontamente Carolina
rispondeva decisa allo zio: < Già! Eravamo d'accordo... Ma se adesso sei
conciato male è meglio non approfittare di certe danze vigorose. Basta tre
passi nei balli lenti e stare seduti a guardare gli altri che strimpellano dei
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boleri. Giusto Lorenzo... Ah, dimenticavo il tuo esame com'è andata? >
< Giusto che? > era la voce alle spalle del fratello maggiore Enrico,
l'aveva interrotta e le domandava sul diffidente nel guardare dal di sopra il
giovane ferito che lo zio lo stava ricucendo per bene e la sorellina che
l'aiutava con la mano sulla pancia del giovane imbambolato a guardarla.
Prontamente lo zio rispondeva ad evitare attriti tra fratelli un po' troppo
protettivi: < Era dall'altro anno all'università che avevano deciso di fare un
ballo assieme questa domenica alla sagra patronale. Ma con questa ferita
potranno solo sedersi a chiacchierare senza strafare in attesa che la ferita
guarisca.... Bene giovanotto può alzarsi e vedere come ti sente e se può
cavalcare fino alla finca del conte Sarvino. Mi raccomando con cautela!
Da quel che mi hai raccontato è dal pomeriggio e hai perso senz'altro
molto sangue dal pallore che ha in viso. Forse era meglio andare
all'ospedale e avere una buona trasfusione per riprendersi meglio
giovanotto... Il tuo pallore non mi piace affatto? >
< Come è uno dei Sarvino il giovane ferito? > domandò Enrico.
< Piacere di conoscerla fratello di Carolina. Spero che non le dispiace
se domenica faremo un ballo assieme noi due? > indicando Carolina un po'
confusa. Il fratello si strofinò la corta barba e alla fine rispose con un
portamento serio: < Certamente che potrà fare qualche ballo Carolina. Gli
abbiamo promesso che saremmo andati tutti alla sagra e pertanto potrete
ballare. Non c'è nulla di male fare due salti tra conoscenti. Io sono Enrico
DeVega. Piacere! > stringendo la mano di Lorenzo con vigore, che
rispondeva: < Il piacere è mio, conoscere uno della famiglia DeVega! Sono
Lorenzo Marutis, guardiacaccia alla finca di Don Pedro el conte Sarvino.
Felicissimo sénor! > rispondeva deciso Lorenzo, sebbene la ferita gli
doleva, sperando che la puntura fatta prima gli faccia effetto. Poi rivoltosi
al dottore nel chiedere il dovuto: < Quanto le devo dottore per la
riparazione e disturbo che le ho recato, a quest'ora tarda? >
< Tranquillo Lorenzo! Dovrai ripassare e vedremo come si comporta
la ferita. In verità non dovresti cavalcare, hai perso un bel po' di sangue e
hai bisogno di riposo, per rimetterti in sesto, se vuoi veramente andare a
ballare domenica? > gli consigliò il dottore. E prontamente Carolina provò
a dire al fratello maggiore: < Potremmo accompagnarlo noi con il calesse.
Vero Enrico, possiamo fare una piccola deviazione? >
< La fazenda del conte è da tutt'altra parte... Beh, possiamo fare
questo giro più lungo. > commentò il fratello mentre la moglie del dottore
e il nipote Sergio erano venuti a vedere cos'era successo nell'ambulatorio.
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E appena compreso il fatto, la sénora Maria dispose la soluzione migliore
nel dire al marito: < Eugenio, non vorresti mandarlo a casa in quel modo
questo giovane diventato un po' smunto. Mi cade da cavallo al primo
sobbalzo. Mettiamolo nella stanzetta degli ospiti e domani gli controllerai
la ferita e magari potrà tornarsene poi con le proprie gambe a casa. >
< Si hai ragione Maria! Non è il caso rischiare. Certo che adesso la
puntura sta facendo effetto, ma poi potrebbe avere un collasso, con il
sangue perso per strada. Dai Lorenzo sistemati di la sul divano e domano
ne parliamo. Il tuo cavallo lo sistemo nella mia stalla e così non avrai
pensieri. Devi avvisare i tuoi famigliari, abbiamo il telefono di la se vuoi
farlo? > mentre Carolina gli consigliava di ascoltare la zia Maria a restare
almeno la notte: < La zia Maria a ragione, qui lo zio ti può dare un occhio
se occorre e domani torni al tuo Rancho. >
< Muy bien ho intendido! Pensate che è meglio restare? In verità mi
sento stanco spossato.... > mettendosi a sedere sulla sedia. E la sénora
Maria gli diede da bere dell'acqua fresca, da rianimare l'arsura in corpo per
il mancato sangue perso. Carolina cercava di essere calma e distaccata, ma
temeva per il suo Lorenzo, stava crollando dallo spossamento capitato.
Alla fine Sergio il più vicino a Lorenzo lo vide inclinarsi su di un fianco e
subito si affrettò a sorreggerlo: < Enrico dammi una mano e mettiamolo di
la sul divano letto. Questo sta crollando! > mentre il dottore si prendeva
dalla sua borsa una fiala e la rompeva aspirando con la siringa da fargli
una puntura di sostegno. Il giovane era al momento rimasto incosciente per
aver perso troppo sangue in tutto il pomeriggio ed era soltanto lo spirito
combattivo che l'aveva sorretto. Carolina era talmente preoccupata che
dava consigli di far piano a muoverlo, da essere notata dalla zia Maria che
se la prendeva accanto nel dire a camuffare un poco il suo troppo
interessamento: < Il tuo compagno di scuola se la caverà. Tranquilla, tuo
zio sa cosa fare... Lasciamolo tranquillo che dorma e domani si sentirà
meglio. Vero esposo mio? > dandogli una leggera gomitata e Eugenio
rispondeva: < Tranquilla donna del mio cuore. Questo giovane è una
roccia. Ha solo bisogno di un lungo riposo ristoratore, questo è sicuro e
domani sarà senz'altro un altro. >
Mentre Il nipote Enrico gli domandava: < Zio, sarà meglio avvisare i suoi
alla finca Sarvino? > poi rivoltosi alla sorella a chiedere: < Tu sai per
caso... Forse hai conosciuto i suoi parenti all'università? >
Carolina per un attimo si era bloccata, ma subito provò a dire: < No! Ma
avevo sentito dire che è ben voluto dal conte alla finca... >
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< Io direi a quest'ora tarda che è meglio aspettare, senza creare
apprensioni nell'avvisare che è ferito e qui in casa nostra. Domani vedremo
come sta e decideremo, anzi sarà lui che deciderà chi avvisare. Giusto
ragazzi? > consigliò lo zio ai presenti.
< Hai ragione zio! Lasciamolo riposare. Vorrà dire che faremo una
capatina da queste parti, mentre vi portiamo quel sacco di patate... Ora
andiamo a casa fratelli, che la nostra buona opera l'abbiamo fatta. A
domani zii! > uscendo tutti fuori casa.
Sergio aveva preso per le briglie Bello nel condurlo nella stalla dello zio e
sembrava che l'animale capisse che qualcosa non quadrava non vedendo il
suo cavaliere che abitualmente andava sempre a salutarlo prima di ritirarsi
a dormire. Mentre sbuffava abbassando un po' le orecchie, ma ubbidiva,
nel capire che erano amici del suo cavaliere. Poi Carolina le si avvicino e
lui subito si strofinò il muso accanto nel capire che era la giovane dell'altro
giorno e addosso odorava ancora un poco della sua cavalla Licia, da farlo
in parte felice, nel nitrire contento. Lei lo accarezzò dandogli un bacio per
rassicurarlo nel dire sotto voce: < Il tuo Lorenzo sta riposando, domattina
lo vedrai. Ciao Bello! > andandosene via con gli altri cavalieri in calesse.
Bello si era girato a guardarla, con un altro nitrito di saluto, gli sembrava
che lei comprenda in parte l'ansia che aveva addosso. Il suo giovane
cavaliere non era presente, ma le parole della giovane lo rassicuravano.
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Carolina poi, sul calesse interrogava i fratelli nel dire: < Domattina non
deve venire quell'allevatore che ha il maneggio di lusso fuori città per
vedere i nuovi puledri? > li avvisò. E prontamente Enrico si batté la mano
sulla fronte, nel dire: < Accidenti l'avevo dimenticato! Sergio tu lo sapevi e
non mi hai detto nulla, vero? >
< Certo che te l'avrei detto. Dobbiamo andare giù nella piana allo
stagno a selezionare i nuovi puledri? Può Carolina portare il sacco di
patate per la zia con il calesse, mentre noi selezioniamo i cavalli e il
problema è risolto. Poi lo sai bene che non la puoi tenere lontana dal bel
guardiacaccia. Lai vista come se lo mangiava con gli occhi, questa nostra
ragazzina che si è fatta grande di colpo. Vero sénorita? > la motteggio
Sergio e Enrico non troppo d'accordo, ma capiva che la giovane stava
avendo le sue esigenze e conoscenza di amicizia e per quello non la si
poteva tenere legarla alla sedia si casa, bisognava dargli un po' di corda,
per ottenere almeno la fiducia. Stava pensando il fratello maggiore nel
rispondere: < Ma certo che più venire lei a vedere come sta il suo
compagno d'università. Poi mi sembra un bravo ragazzo, dal suo modo di
presentarsi. Perciò aspetta alla nostra Carolina essere giudiziosa e capire il
confine dove finisce il bene e nasce il male. Poi non penso che possono
partire per l'America tutto di colpo e di nascosto. Giusto sorellina? >
borbottò sorridendo.
< Avete finito di trattarmi come una bambina appena fuori dalle
fasce. Penso di saper giudicare il prossimo e poi, tanto per la cronaca; Quel
Lorenzo al tempo della scuola è sempre stato un ragazzo a posto e non a
mai fatto o detto cose strane. Da socializzare con poche persone e per caso
in una lezione ci siamo conosciuti da confermare di ritrovarsi alla sagra a
ballare. Ecco, tutto qui! Io da subito lo giudicato un ragazzo a modo. >
< Tranquilla! L'abbiamo capito che il guardiacaccia ti è simpatico. >
< Solo un sacco di patate devo portare alla zia? >
< Dato che vai con il calesse portane due, sarà più contenta la zia. >
< D'accordo, ma non metto Licia attaccato al calesse, non gli piace. >
< Fai come credi meglio sorellina. Fai gli auguri al tuo Lorenzo... >
< Ho capito, dopo torno a casa subito? Ma che fratelli rompiscatole
che ho io... Quando vi sposate voi due? > sbottò brontolando.
< Presto sorellina, molto presto! >
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Capitolo Quinto
Al mattino presto i fratelli DeVega erano già andati via a controllare i
cavalli liberi nella piana e selezionare tre nuovi puledri un po'
addomesticati per il compratore. Il padrone del maneggio ad Albacete, che
sarebbe arrivato a vederli più tardi e se li trovava di suo gradimento li
avrebbe comperati in pesetas sonanti e trasferito al suo maneggio per gente
di lusso a imparare a cavalcare e domare giovani cavalli, già mezzi
ammaestrati dai due fratelli allevatori.
Carolina appena erano andati via i fratelli, si caricò le patate sul calesse e
attaccò il giovane ronzino ai finimenti e via sopra a far quei pochi km dalla
loro casa colonica a Montealegre de Castillo dagli zii. Alla casa del medico
del pueblo, con due bei sacchi di patate nuove da far contenta la zia Maria.
Trovandosi a borbottare, essendo in ritardo sulla sua tabella di marcia. Ma
di più era in ansia di sapere come stava Lorenzo, con quella brutta ferita
sulla pancia. Quel giovane gli piaceva veramente da essere rimasta tutta la
notte sveglia a pensarlo e avrebbe voluto fermarsi dagli zii per poterlo
coccolare e curare. A ricorda l'effetto nel toccare con le dita la pelle
delicata e fine di Lorenzo. Una cosa inimmaginabile. Ripensava.
Alla fine Carolina era arrivata in cortile della casa colonica adibita a
studio medico, la zia Maria la stava osservando dalla finestra mentre con
destrezza scaricava i sacchi e si precipitò ad entrare in casa e salutata
velocemente, nel chiedere alla zia tutta d'un fiato: < Ciao zia Maria, ti ho
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portato le patate e... lo zio dov'è e Lorenzo come sta? >
< Tutto bene Carolina. Il tuo Lorenzo si è ripreso bene ed è fuori con
lo zio e la cuginetta Rosita, voleva salire sul cavallo del tuo ragazzo. >
< Guarda zia che non è il mio ragazzo. Sebbene non mi dispiacerebbe
se un giorno incontri un giovane come lui. Forse lui alla finca dove lavora
ha già una ragazza? Noi ci conoscevano dall'università e null'altro... >
< Ma dal modo che vi guardavate avevo immaginato che c'era del
tenero tra voi. Carolina tu non me la racconti giusta? Con me ti puoi fidare,
non sono come i tuoi fratelli buoni ma protettivi. Tranquilla, vai fuori che
li trovi presso lo stagno a far contenta Rosita. Lo sai che noi non abbiamo
più nessun cavallo, ma la stalla è rimasta. Comunque in confidenza è un
bravo ragazzo e mi ha detto a colazione che sei una ragazza fantastica e
spera tanto di poter ballare con te domenica. Mi sbaglierò ma si è preso
una bella cotta di te. Vero? Anche tu hai un comportamento di affetto. Ti
piace tanto, vero Carolina? > guardandola in viso, nell'alzarle il mento.
<Si hai ragione zia Maria! Non capisco bene ma mi sto innamorando
di quel giovane che in verità è la seconda volta che ci vediamo. Coi miei
fratelli ho mentito, ma non potevo dirgli che per caso ci siamo visti di
sfuggita su al lago di Embalse e lui era la in acqua nudo. Da essere
imbarazzato per la mia presenza... Per fortuna se ne è andato via prima che
arrivino i miei fratelli.... Ecco tutto qui. Questa è la verità zia! >
< Tranquilla ragazza mia, sarà un nostro segreto. Vai ora a vederlo!
Mi sa che è anche lui in apprensione nell'aspettarti. Altrimenti sarebbe già
andato alla sua finca... Mi capisci ragazza mia? >
< Lo pensi veramente zia? Che è rimasto per aspettare che arrivassimo,
come avevamo detto ieri sera. Sebbene era intontito a sentito allora!? >
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Lì trovò giù alla pozza che stavano facendo felice Rosita, era a cavalcioni
del giovane stallone e se la godeva abbracciandolo e Bello sembrava
anch'esso felice di avere in groppo quella deliziosa biondina.
Poi all'arrivo di Carolina Bello nitrì a darle il benvenuto, sembrava che si
comprendano mentre Carolina essendo la più vicina al cavallo si trovò ad
accarezzarlo nel darle una carota da farlo felice e Rosita che urlava alla
cugina: < Che bel cavallo Carolina, lo sai che si chiama Bello! E' proprio
brano... Papà guarda com'è bravo Bello! >
< Certo Rosita! Ci conosciamo già, < accarezzandolo e nel dire allo
stallone: < Un saluta da Licia! > Bello subito nitrì vigorosamente felice.
Lorenzo che si era avvicinato provò a dire: < Grazie per essere ritornata
Carolina! Poi vedo che stai confabulando con Bello... Gli hai per caso
parlato della tua Licia? Sai capire e dialogare con gli animali e intuire le
loro debolezze è una buona prerogativa per andare d'accordo.... >
< Di questi tempi bisogna arrangiarsi in qualche modo. > rispose
sorridendo al suo bel guardiacaccia. Poi si avvicinò lo zio Eugenio a
prendere Rosita in braccio, nel dire ai presenti: < Vieni mia piccola che è
ora di rientrare e far colazione. La mamma sta preparando il pranzo...
Lorenzo prima di rientrare alla tua finca ti fermi a pranzo con noi tutti?
assieme, vero? > aspettando un suo assenso. Si era appoggiato alle sbarre
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di ferro per fermare gli animale da marchiare e alla fine rispose: < In
verità nella telefonata di stamattina alla finca il conte era partito ieri
mattina con la Citroen per Madrid e per mia sfortuna ho parlato con la
figlia la contessina Maddalena. Non mi ha lasciato parlare e m'ha subito
dato il benservito, di trovarmi un altro posto che di fannulloni non gli
occorre nel suo Rancho. Perciò sono belle che sistemato a dovere... >
< Come? Ti ha licenziato! > sbottò stupita Carolina e il dottore
provava a dire: < Non mi hai detto nulla stamattina Lorenzo? >
< E rivuole anche Bello di ritorno... Ma non sa che il conte suo
padre, me la regalato con tanto di documento firmato?... Dovrò far ritorno
e trovare i miei documenti alla svelta prima che mi sgraffigni anche il mio
cavallo... Accidentaccio boia! Questa rogna non ci voleva? > sbottò
Lorenzo incavolato più che mai.
< Ma i tuoi parenti. Genitori... Come la pensano? > provò a chiedere
Carolina preoccupata da tale notizia sgradevole, per aversi fatto una
semplice ferita e quella altolocata contessine la licenziato decisamente.
Anche il dottore commentava la situazione: < Abitano alla finca o in altre
parti della nazione. Dall'accento tuo direi che vieni da Murcia? >
< Mia madre è morta dandomi alla luce e mio padre anch'esso in
guerra. Perciò ho dipeso dal conte amico di mio padre che mi ha cresciuto
bene, non lo posso smentire. Ma la contessina mi vede un rivale ed ha
aspettato che il padre vada a Madrid in clinica per la gamba e lei si da da
fare alla svelta per spedirmi altrove e chissà poi, cosa racconterà al conte
suo padre? Accidenti questa ferita non ci voleva! Devo recuperare i miei
documenti che provano che Bello e mio e non di Maddalena. Donna arida
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senza cuore. Se ne sta in casa a farsi servire di ogni cosa. Lei la padrona! >
In tutto quel discorso il dottore Eugenio provò a suggerigli: < Comunque
se momentaneamente cerchi un posto per dormire. Qui da noi ce lai... Non
avere scrupoli, finché non trovi un altro buco per dormire sai dove
appoggiarti giovanotto. >
< Grazie dottore! Mi ricorderò della sua offerta... Sarei andato via
subito, ma volevo rivederti Carolina. Non sapendo come andrà a finire
dopo. Ho un brutto presentimento che mi perseguita da stanotte e non
vorrei pentirmi di averti detto che mi piaci tanto. Veramente Carolina!
Forse tu hai già un ragazzo e allora dimentica tutto e grazie ancora per aver
premuto la tua mano sulla mia ferita. Me la ricorderò, grazie! Ma devo
andare via subito, quello strano presentimenti mi perseguita. > montando
con fatica sul suo cavallo, nel ringraziare i presenti: < Gracias di tutto e un
caro saluto alla Sènora Maria. Grazie dottore! Ciao Carolina! >
< Ma guarda che io non ho un ragazzo! Quel ragazzo sei tu! >
< Allora se è così... > smontando da cavallo nell'abbracciarla felice e
poi via in sella nel dirle: <Aspettami Carolina che farò presto a tornare. Ti
voglio bene! Arrivederci... < spronando il suo Bello verso la sua fattoria.
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Capitolo Sesto
Lorenzo di buona lena in poco più di mezzora era arrivato alla finca e
trovò un po' tutti che lo guardavano sorpresi e sbigottiti, era ritornato
contro la volontà della padrona, avendo saputa dalla contessina che era
fuggito via malamente.
Lorenzo non ci badò agli sguardi increduli dei contadini e il personale
della casa patronale accorsi fuori a guardare, come se stessero vedendo per
la prima volta una bestia rara. Lorenzo si precipitò nella sua dependance a
prendersi la propria roba, lasciando Bello libero accanto alla veranda, ed
entrò in casa per cercare quei documenti che da persona giudiziosa li aveva
nascosti per bene. Mentre si metteva una camicia era tutto sudato e
arrabbiato. Ma il sopraggiungere del capo braccianti, che lo invitava ad
andare via: < Lorenzo, mi dispiace ma ho ordine della contessina di non
fare entrare nessuno in casa e ti prego. Vai via subito, la contessina ha già
chiamato la policia e tra poco saranno qui ad arrestarti per furto... >
< Cosa vai dicendo Alfonso? Cosa ho mai rubato qui!? >
< La contessina ha detto che gli hai rubato una collana preziosa di
sua madre e la policia accorsa alla sua telefonata di ieri sera, l'hanno
trovato qui dentro la collana e pertanto stanno arrivando per arrestarti. Ti
prego vattene! Oltretutto ho l'ordine e dovrei trattenere il tuo cavallo se
rientravi alla finca, Purtroppo è di proprietà dei Sarvino. Comprendi,
ragazzo mio? Altro non posso fare, ho una famiglia da sfamare e non
posso perdere il posto di lavoro. Vattene subito! > gli consigliò l'uomo.
< Alfonso, tu pensi che sia un ladro? Devo solo prendere dei
documenti che confermano la donazione da parte del conte Pedro in mio
favore di Bello.... Accidenti è troppo tardi! > guardando dalla finestra nel
scorgeva il polverone alzato sulla strada maestra, il giungere della
camionetta della policia. Stavano arrivando i gendarmi sulla Jeep di
servizio e lo staliere si stava portando nella stalla Bello nel togliere le
briglie come sempre e lui era ormai braccato come un criminale in
trappola. < Accidentaccio boia! Non possono prendermi adesso... > sbottò
adirato... < Non temere Alfonso. Non mi prenderanno adesso! >
Il capo braccianti lo sollecitava a sparire prima che sia troppo tardi,
mentre Lorenzo rovesciava il tavolino e dal fondo tirava fuori una busta
ingiallita e un documento esterno in filato nella corda del legaccio, nel dire
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incavolato: < Meno male che ci sono ancora... Grazie Alfonso! Non sono
un ladro e lo dimostrerò!... > uscendo dal dietro della casa prendendo un
pezzo do corda legata in cerchio da usare al posto delle briglie e dando un
bel fischi al suo cavallo e subito Bello si liberò dalle mani del giovane
stalliere e via verso il padrone, che gli montava sopra dal rialzo della
veranda infilando nella testa del suo cavallo la fune per indirizzarlo sul
percorso da prendere e fuggendo via dalla finca attraverso la campagna
velocemente. Ormai era segnato come il perfido ladro che ruba i cavalli.
La policia non aveva avuto il tempo di capire bene cosa stesse
succedendo, mentre Alfonso, avendo visto che la contessina guardava fuori
dalla finestra della casa padronale gesticolando. Lui imprecava al vento,
nel dire forte ai gendarmi accorsi: < Non sono riuscito a trattenerlo! E'
scappato come il vento! > trovandosi a dire sorridendo sotto i grossi baffi,
quel ragazzo gli piaceva e non credere che fosse veramente un ladro.
Quella perfida Maddalena, non lo poteva soffrirlo ed aveva aspettato che il
padre vada in clinica un po' di giorni, per mettere a fuoco il suo piano di
ricatto ben congegnato. Avendo saputo dalla pettegola cameriera Federica,
la storia della ferita e la coltellata presa di un marito tradito a Fuente
Alamo. Perciò era proprio lo spunto che gli occorreva per sputtanare per
bene il giovane rivale una volta per tutte e farlo sbattere in galera. Che
puttanata stava facendo? stava pensando Alfonso scuotendo il capo
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dispiaciuto per il giovane pupillo del padrone ora ricercato dai gendarmi,
come un vero criminale incallito.
Lorenzo nella sua fuga attraverso la campagna, stava pensando cosa fare
e poi di colpo, comprese quali via pigliare per poter dimostrare il contrario.
Lui non era un volgare ladro, ed ora anche di cavalli, stando al racconto di
quella vipera di Maddalena. Lei temeva che gli sottragga il suo Rancho
blasonato, che con le sue tante feste con spese raddoppiate stava mandando
a ramengo i fondi del padre e dei loro avi, se continuava di quel passo a
sperperare da gran signora. < Che vigliaccata stava facendo! > sbottò.
Lorenzo penso di portare il cavallo dal dottore Eugenio avendo una stalla
libera e lasciarlo nascosto per un po'. Non se lo sentiva di separarsi da
quell'animale affezionato e fidato, ed era l'unica cosa buona che aveva,
oltre e forse più avanti l'amore della bella Carolina che ci teneva molto, ma
quel pasticcio capitato poteva farlo apparire altrimenti e ora per giunta
ricercato come un miserabile ladro. Purtroppo lo stavano mettendo sotto
una falsa luce da essere accantonato e denunciato chi l'avrebbe aiutato.
Quella era la situazione saltata fuori tutta d'un colpo al momento.
Poi per fortuna era arrivato a Montealegre del Castillo e il calesse era
ancora la da renderlo felici di vedere la sua adorata Carolina. Smontò
deciso da cavallo e la porta di casa si aprì facendo uscire la giovane che
senza pensarci su, abbracciò felice il suo guardiacaccia. Lorenzo per un
attimo si trovò un po' sorpreso poi in tutta quella guerra appena scoppiata
sentiva il desiderio di abbracciarla a sua volta contento e darle un delicato
bacio. Quella giovane aveva già intuito che gli occorreva un po' di
conforto. Mentre lei gli chiedeva: < Hai poi trovato i documenti che
cercavi ragazzo mio? >
Lorenzo mostrava la sacca e chiedeva a quegli zii fermi sulla porta di
casa: < Dottore posso lasciare qui Bello da voi? Devo andare a Madrid e
trovare il conte in quella clinica dov'è andato a farsi vedere la sua gamba
malferma. E spiegare il guaio sorto alla finca. La gentile contessina mi ha
denunciato per furto di una colla di valore e del cavallo che lei dice che
appartiene alla famiglia Sarvino alla finca. Comprendete il mio guaio? Ora
sono ricercato dalla policia... > dando un pugno al palo della luce,
gridando arrabbiato: < Non me ne va bene una? Accidenti! > sbottò.
< Tranquillo Lorenzo! Non devi arrabbiarti, ma ponderare sugli
avvenimenti. Puoi lasciare liberamente Bello nella mia stalla nascosto al
momenti e tu se riesci a contattare il conte senza farti prendere dai
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gendarmi. Senz'altro la contessina avrà già dato la tua foto alla policia per
farne un affisso di ladro ricercato e in fuga. E presto sarai sui jornalero e
tutti possano vedere e indirizzare i gendarmi a scovarti ragazzo. Dai
entrate in casa io porto bello nella stalla ho ancora del fieno da dagli da
mangiare. Carolina si era afferrata al braccio del giovane nel chiedere
preoccupata: < E la tua ferita come va? Vedo che hai macchiato un po' la
camicia col saltare in groppa. Dovevi far più attenzione ragazzo mio. >
alzandole il bordo della camicia e la fasciatura era tutta arrossata.
Lorenzo era felice nel sentirla dire: ragazzo mio, si sentiva di aver trovato
la persona giusta, ma purtroppo era il momento sbagliato. Dandole un
bacio sulla guancia a confortarsi a vicenda.
La sénora Maria provò lei a chiedere preoccupata: < Figliolo, non mi dire
che hai già mangiato qualcosa tra una cavalcata e fuga assieme? Dai siediti
qui sotto il pergolato a mangiare, e poi a pancia piena si ragiona meglio. E
potrai raccontare meglio la faccenda e il mio esposo di guarderà la ferita.
Qui sei in famiglia e al sicura e nessuno ci spia. Tranquillo figliolo
benedetto... > passandogli una mano sulla spalla a confortarlo.
La piccola Rosita arrivava dalla stalla, appena dopo andò accanto a
Lorenzo nel chiedere: < Hai riportato Bello? Allora potrò salirci ancora
sopra e fare tanti bei giri... Che bello il tuo cavallo! >
< Certamente tesoro! Bello resterà qui e potrai salirci sopra con il
tuo papà. Ma devi essere ubbidiente alla mamma e il tuo papà ti farà fare
dei piccoli giri attorno allo stagno. Sei contenta Rosita? > le domandò.
< Tanto!... Mamma abbiamo un cavallo nella stalla adesso... >
< Certamente piccola mia. Ma non deve saperlo nessuno, altrimenti
ce lo portano via. Hai compreso, di non dirlo a nessuno all'asilo? >
< Ce lo rubano? Non dirò niente... Ssst! > col dito sulla bocca.
Eugenio messosi seduto sotto il pergolato di uva rossa, provò a dire al
fuggitivo: < Io ti consiglierei di dormire qui stanotte e domattina alle 5,10
passa il treno da Almansa per Madrid, e arriva verso mezzogiorno in
Estacion de Atocha. Poi dovrai chiedere dove si trova quella clinica. Tu sai
il nome? > stava domandando il dottore a Lorenzo. Ma venivano interrotti
per l'arrivo dei fratelli a cercare Carolina non avendola vista rientrare alla
loro finca: < Non vedendoti rincasare Carolina abbiamo pensato di venire
a vedere cos'è successo di nuovo? > nel guardarli un po tutti e prontamente
Carolina spiegava ai fratelli: < La contessina la denunciato per furto di una
collana e del cavallo e lui è fuggito per non essere arrestato e domani
vorrebbe andare a Madrid dal conte in ospedale per mettere in chiaro la
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questione. Se lasciamo il calesse allo zio lo può portare alla stazione
avendo la sue vecchia auto rotta e ancora in officina e il suo cavallo rimane
qui nella stalla dello zio nascosto e io tornerei con voi a cavalcioni del tuo
cavallo Enrico. Cosa ne pensate della mia proposta fratelli, di aiutare
Lorenzo che arrivi fino all'ospedale. Insomma alla clinica dove il vecchio
gli sistemano la gamba, senza farsi arrestare prima di sbrogliare
l'imbroglio che ha fatto la figlia del conte per mandarlo via. Anzi in galera
a rovinargli la reputazione per sempre? Che ingrata! >
< Insomma sorellina, hai già pensato a tutto, pur di aiutarlo. Va bene
faremo così. Ma, tu Sergio non hai fatto un po' di mesi il militare a Madrid,
per caso non sai da che parte della città e dove sono le cliniche private
dove bazzicano i signori pieni di pesetas? >
< Che mi ricorda c'è un grosso ospedale proprio di fronte alla stazione
sud dei treni e mi sembra che all'interno dell'ospedale c'era una clinica
privata per signori ricchi. Un altro ospedale e accanto all'università, ma è
dall'altra parte della città. > si spiegò Sergio pensieroso.
Lorenzo provò a dire: < Intanto vi ringrazio tutti di cuore. Siete le uniche
persone da cui posso fidarmi. Purtroppo non so in quale casa di cura è
andato il conte Sarvino? Spero di trovarlo essendo una personalità. Dottore
posso lasciare qui questi documenti al sicuro. Se mi arrestano non ho nulla
addosso che potrebbero far sparire dopo. Non si sa mai? Questo è l'atto
registrato, e conferma che il conte mi ha donato Bello il giovane puledro
ora stallone di tre anni. Ci sono le nostre firme ben in calce. Questa busta
me l'aveva data il conte al compimento dei miei dieci anni, nel dirmi di
non aprirla fino dopo la sua morte. Me la fatto giurare e pertanto non so
cosa contenga, dovrebbe essere le ultime volontà di mio padre morto sul
fronte a Danzica, lui era un esperto tecnico di idraulica e ai tedeschi gli
serviva uno che sappia far funzionare delle pompe da idrovora senza
corrente o motori a scoppio. E' tutto quello che mi aveva detto il conte.
Perciò ho aspettato tanto ad aprirla che può restare ancora un mistero?
Oltretutto voglio essere di parola data. Mi comprendete amici? Sono finito
in un bel guaio se mi pesca la policia?... Ma devo arrivare al conte e capire
bene quali intenzione a la figlia e perché mi odia così tanto da tentare di
distruggermi così meschinamente? >
< Accipicchia che storia ragazzi! > borbottò Enrico.
Carolina era contenta che i fratelli non le facevano ostruzionismo verso
quel giovane che in verità si era un po' invaghita, per non dire innamorata,
poi oltretutto le sembrava di essere ricambiata, anche in quelle circostanze
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scabrose per Lorenzo in fuga. Anche i fratelli incominciavano ad
apprezzare quel povero giovane sfortunato e se la sorellina gli piaceva, non
è che l'avrebbero ostacolata, poteva essere la soluzione migliore per dei
giovani d'oggigiorno un po' troppo attaccati alle sottane della mamma.
Mentre il dottore senza storie controllava la ferita al giovane, ma gli
sembrava che andasse bene, oltretutto il trambusto fatto e la sènora Maria
gli dava un'altra maglia meno appariscente: < Prendi questa maglietta
scura da passare poi inosservato sul treno. Devi solo fare attenzione? > le
consiglio da buona madre protettiva.
< Grazie tante sènora Maria! Le sarò riconoscente... Mi ricorda
nell'immaginaria mia fantasia, mia madre nei sogni che sovente faccio.
Gracias sènora, che la Madonna de Monserrat le renda merito. >
< Gracias a te che mi consideri un po' come la tua mamma. >
Poi dopo cena il sole stava già tramontando e allora decisero di partire e
ritornare alla propria finca i fratelli DeVega, avevano ancora del lavoro da
svolgere. Pertanto con un bel saluto d'affetto a tutto. Mentre gli zii e i
fratelli si avviavano fuori dal cancello da lasciare i due giovani un
momento soli a coccolarsi ancora un poco. Era una cosa immaginata e
dava un senso solidarietà ai ragazzi nel rimirarsi ancora un poco tra loro.
Lorenzo provò a dire deciso alla giovane che lo stava ammirando con
sentimento materno: < Stai tranquilla Carolina, non mi farò prendere dalla
policia. Poi sono troppo impegnato a chiedere e scusarmi verso la mia
ragazza se domenica non la posso portare a ballare. Sono al momento
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impegnato con la legge a schivarla per sopravvivere e ritornare poi libero
dalla mia adorata Carolina... Mi sono innamorato e l'amo! >
< Cosa?... Tu... Mi ami veramente? O mio Dio che bello. Amore! >
Ma non poté dire altro Carolina. Lui la prese e la bacio con tanto
trasporto, nel sussurrarle stretta tra le sue braccia: < Mi sono veramente
innamorato di te Carolina. Ti amo tanto da morire, amore mio! >
Per un lungo momento restarono abbracciati, lui l'aveva persino sollevata
in braccio dalla contentezza, nel continuare a baciarla con affetto e tanto
amore da non voler mai smetterla. Poi si riprese nel dire commosso alla
sua ragazza: < Gracias Amore! Mi sarà di conforto il ricordo di questo
sublime momento... Grazie di tutto. Ti amo! >
< Ti amo anche io e tanto! Mi raccomando fai attenzione amore? >
correndo fuori stava per piangere e non voleva farsi vedere dal suo uomo.
Montando dietro al fratello in silenzio e con un saluto della mano se ne
andarono via verso casa. Lorenzo si era attardato appoggiato al cancello
nel guardare i tre che svoltavano l'angolo della via, mentre Eugenio
provava a dire: < E' una brava ragazza mia nipote. Cocciuta e testarda che
si è presa una bella cotta per un prossimo galeotto... Dai giovanotto
entriamo in casa. Tranquillo la rivedrai presto. E' una tosta quella. >
e Lorenzo rispondeva fiducioso: < E' proprio il mio tipo! >
Si erano alzati alle quattro e via veloce sul calesse, dopo aver infilato
sopra una felpa e salutato la sènora Maria: < Grazie di cuore Sènora! > poi
un saluto veloce a Bello nella stalla, che sembrava intuire il pericolo per il
suo compagno cavaliere, nel nitrire e strofinarsi conto. < Tranquillo Bello
mio! > accarezzandolo come faceva sempre a calmarlo: < Farò presto a
trovare il conte e tutto si rimetterà a posto. Ciao! > correndo sul calesse
era già tardi e via alla Estacion ferroviaria di Almansa, nel prendersi il
biglietto per il viaggio.
Infine un saluto al dottore nel dire: < Ho memorizzato il suo numero di
telefono, vi farò sapere qualcosa. Gracias dottore! > e via sul treno appena
giunto in stazione e ripartiva subito dopo al fischio del capostazione,
sbuffando verso la capitale attraversando le grandi pianure di Castilla de la
Mancha. Lorenzo guardava dal finestrino fra mille pensieri inconcludenti a
vedere distratto le distese di coltivazioni a ridosso sull'altipiano a vigneti, e
più giù frutta e zafferano. Tutta roba locale da far invidia alle altri regioni.
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Capitolo Settimo
Correva il treno sbuffando tra il fumo e vapore per dare una buona spinta
e arrivare nella capitare quasi in orario sul cartellone arrivi e partenze.
Alle 12,15 il treno entrava in stazione sud a Madrid. Lorenzo di furia
usci fuori dalla stazione e di fronte oltre il grande viale, come gli aveva
spiegato Sergio, aveva visto l'ospedale e subito si reco alla portineria a
chiedere se all'interno del complesso ospedaliero, vi era una clinica
privata, dove poteva trovare il sènor conte Pedro Sarvino, ricoverato per
una rottura ad una gamba? L'addetto un po' titubante consultò una lista,
mentre spiegava che all'interno c'era una casa di cura per persone agiate e
magari c'era anche quel conte? Guardando sulla lista di persone che in quei
giorni erano passata dall'accettazione.
E mentre l'uomo controllava un medico che stava uscendo, si interessò
nell'aver sentito parlare del conte Pedro Sarvino, nel dire: < Giovanotto
cerca il conte Sarvino, ricoverato per una frattura alla gamba? Lo troverà
nel quarto padiglione oltre i giardini. E' una casa di cura di alto livello.
Chieda all'accettazione... Sarà meglio che dica che la manda il dottore
Everardo Frezes. > dandole un biglietto da visita. < Così potrà entrare
senza storie. Lei è forse un parente? > domando tranquillo.
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< Certamente signore è il mio padrino, essendo in collegio, solo ora
sono riuscito a sgattaiolare via per vederlo. Mi ha sempre aiutato e almeno
un saluto glie lo devo... Comprende dottore? >
< Eh, sono ormai pochi i giovani oggigiorno riconoscenti a chi li aiuta.
Arrivederci giovanotto e buona giornata! >
< Gracias Sènor! > lo ringraziava Lorenzo uscendo a sua volta dalla
portineria dell'ospedale. Lorenzo percorse diversi padiglioni finché arrivò
ai giardini indicati dal dottore e di lato trovò la lussuosa clinica.
Alla reception si spiego mostrando il biglietto da visita del dottore
Everardo Frezer. E subito gli indicarono il reparto e la stanza del paziente
di riguardo. Arrivato alla stanza bussò ed un infermiera gli aprì la porta
restando a chiedere cosa voleva: < Chi cerca giovanotto? >
< Il Sènor Conte, Pedro Sarvino di Fuento Alamo!.. Quel signore la a
letto. > indicandolo alle spalle dall'infermiera. La donna un po' titubante lo
fece passare e subito Don Pedro si stupì che il suo pupillo era venuta a
trovarlo, m'altrettanto contento di vederlo: < Dai vieni avanti ragazzo mio!
Che piacere vederti, l'altra mattina non ti ho visto alla finca... >
< Nel temporale della sera un vitello impaurito dai fulmini stava per
incornare Bello ed io per evitare il danno ho spinto il vitello col piede, ma
la mia fibbia si è incastrata e sono stato disarcionato, per fortuna che Bello
si è messo davanti ad evitare che mi calpestino le bestie spaventate e mi
sono ferito. Ecco perché non mi ha visto. > alzando la maglia da far vedere
la fasciatura. < E' grave figliolo? > domando il conte allarmato.
< Ero andato dal dottore al borgo, e il medico mi ha trattenuto la notte
per un controllo. Soltanto al mattino verso le diedi ho potuto telefonare
dall'ambulatorio a lei, era già partito e Maddalena incavolata mi ha
licenziato in tronco. Dicendomi di andare altrove a lavorare, non gli
servono i fannulloni... > si spiegò Lorenzo tutto d'un fiato.
< Come? E perché mai l'ha fatto?! > sbottò sull'agitato.
Mentre Lorenzo continuava a raccontare: < Ma oltre il fatto è che mi ha
denunciato alla policia, dicendo che le ho rubato la collana di sua madre e
assieme ai gendarmi conferma lei, che l'hanno trovata nella mia stanza?
Ma non è tutto, mi ha denunciato anche per il furto di Bello che lei Don
Pedro mi ha regalato e Maddalena lo rivuole indietro. Così la policia è
ormai sulle mie tracce per arrestarmi. Ecco perché sono venuto qui da lei
di persona per sbrogliare questa perfida bugia. Mi dispiace che il guaio la
impiantata sua figlia, ma mi sembra che non merito di finire in galera? Se
Maddalena non mi vuole più nel suo Rancho a fare il guardiacaccia.
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Poteva dirmelo e basta, senza inventare bugie e farmi arrestare dai
gendarmi appena mi pescano per strada. Accidenti!... Ho faticato per
arrivare fin qui e trovarla in questa clinica di lusso.... > espose Lorenzo
guadando attorno: < In verità la sempre avuta con me. Non mi sopporta? >
< Ma come? Non può essere. Appena vado via quella mi combina un
sacco di guai? Accidentaccio a questa gamba balorda! Già cosi con tutta
quella gente che invita tutte le settimane mi costa un patrimonio e nessuno
se la sposa, tanto per intendersi. Accidenti! > mentre si apriva la porta e
appariva la figlia Maddalena che al primo momento si era bloccata e poi
incominciò ad aggredire Lorenzo con insulti sgradevoli, per essere una
Sènorita Contessina. Ma prima di tutto chiedeva all'infermiera presente di
chiamare la policia che c'era un ladro d'arrestare: < Chiami la policia!
Presto... Questo è un ladro incallito. Presto! > gridò esageratamente.
< Aspetti Sènorita! Non si chiama nessuno senza il mio permesso.
Chiaro? Basta Maddalena! Finiscila una volta per tutte. Cos'è questa storia
di ladri... Spiegati e alla svelta? Mi sono rotto di assecondarti in ogni cosa
che fai e per giunta storta. Dai parla adesso e spiegami la tua opinione? >
< Ma papi non so cosa ti abbia detto Lorenzo. Ma è scappato via
senza dir nulla e in camera sua la policia ha trovato la collana di mamma.
Capisci è un ladro adesso. Vuole rapinarci tutto quello che abbiamo... >
< E' ora di piantarla figlia mia. Tu se sei una signora lo devi a Lui, a
Lorenzo. Ma in verità mi dispiace di aver fatto un grosso sbaglio a darti un
nome e un titolo che non meriti. Non sei proprio degna di essere una
nobile dal modo che ti comporti così sboccata. Ho fatto male e tentato ad
educarti bene e non è servito a nulla. Purtroppo sei come la tua povera
madre, buona ma senza sugo e gusto. Un vero peccato!... > sciorinò il
conte amareggiato, arrabbiato e deluso.
< Ma cosa vai dicendo? Tu vaneggio papi! Io dovrei ringraziare
questo bifolco? Giammai mi abbasserò a tanto! > sbottò decisa e offesa.
< Penso proprio che capiterà così! Figlia mia ingrata e viziata. E la
colpa è soltanto mia che ti ho lasciato fare, sperando che con gli anni
maturi. Invece sei diventata avida ed egoista. E mi dispiace dirlo ma è la
verità inderogabile.... Maddalena non meriti il titolo che porti.... >
Lorenzo era rimasto zitto e stava ponderando su quelle parole dette
prima dal conte. Che Maddalena doveva ringraziarlo, ma per cosa?
Ripensando alla famosa busta ingiallita da non aprire al momento?
Mentre Maddalena arrabbiata se ne andava via sbattendo la porta.
Lorenzo provò a dire vedendo il conte intristito e agitato: < Non se la
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prenda Don Pedro! Gli passerà. L'importante che ritiri la denuncia con
tanto di scuse. Ho sempre cercato di esserle amico, invece... >
< Quella ragazza è cocciuta e la colpa è mia che lo lasciata vivere
nella bambagia senza provare a lavorare almeno un poco. E sperperare i
pesetas che non ha mai guadagnato. Ecco il risultato! > sbottò adirato.
Poi la porta si riaprì e comparve Maddalena con cinque gendarmi e due
infermieri e un medico, nell'indicare il giovane al fianco del letto di suo
padre: < Ecco è quello il ladro ricercato dalla polizia di Albacete.
Prendetelo! E voi dottore guardate mio padre che stato soggiogato da
questo ladro. > mentre il padre s'infuriava a contrastare la figlia: < Ma tu
sei pazza figlia mia! Fermatevi! Ve lo ordino? Dottore cosa sta facendo?
Non voglio nessuna puntura... > vedendo che aveva in mano una siringa
ed era pronto per fargli una puntura per calmarlo. Spronato dalla figlia.
E che insisteva come una indemoniata: < Calmati papà ti verrà un infarto!
Presto dottore lo calmi? Non vorrei che muoia per questa stolta persona
che mio padre l'ha per anni aiutato e adesso è qui per ricattarlo. E voi
poliziotti, portatelo via! E' un ladro quello.... >
< Infermieri tenete fermo il paziente, gli prende un infarto se si agita a
questo modo! > ordinò il medico pressato dalla contessina arrabbiata e il
conte che tentava di dire: < Ve la farò pagare, licenziare tutti! Bast..... Ma
già l'effetto della puntura doppia lo ammansiva da crollare addormentato.
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Nel frattempo tre agenti tentavano d'immobilizzare Lorenzo, che tentava
d'intervenire in aiuto del conte. Ma veniva bloccato per bene e
ammanettato da essere poi tradotto nelle carceri della città: < State facendo
uno grosso sbaglio agenti... Il conte non è pazzo! > protestò Lorenzo ormai
bloccato e arrabbiato. Pensando che quella megera aveva già prima pagato
bene un po' tutto a reggere il suo losco gioco da buona figlia protettiva,
verso un padre ormai rincitrullito da essere sedato a calmarsi.
Un'altra guardia appena entrata stava dicendo al brigadiere, che avevano
telefonato alla policia di Albacete, ed effettivamente c'era una denuncia di
un ladro fuggitivo dal Rancho della contessa Sarvino. Pertanto il giovane
che si dibatteva era veramente il ladro ricercato. Spintonato fuori e
trasferito di volata al commissariato e poi tradotto nelle carceri della città.
Il conte si era assopito per la forte dose di sonnifero iniettato come
calmante. Maddalena tutta frastornata, ringraziava la policia e con fare
devoto si metteva seduta accanto al paziente ormai inoffensivo.
Intanto fuori Lorenzo veniva accompagnato attraverso i viali in manette
da essere visto dalla gente impressionata di quell'arresto in un ospedale
cittadino e portato all'ingresso con forza e spinto sul furgone per carcerati e
via al commissariato a fare un'affrettata deposizione e interrogatorio e
conferma di arresto. Con l'accusa di furto aggravato e tentata fuga,
disturbo in un luogo di cura, oltre far resistenza alle forze dell'ordine.
Da aggravare la sua posizione ed aumentare la pena che gli verrà inflitta
dal giudice al processo che verrà stabilito a suo tempo e al momento
rinchiuso un una buia cella delle carceri a meditare sugli sbagli fatti e
sbirciare per poco l'ultimo pezzo di sole che tramontava in lontananza.
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Capitolo Ottavo
Lorenzo si era seduto a terra contro la parete della cella e si trovò ad
imprecare contro se stesso, avrebbe dovuto andarsene via subito senza
voltarsi indietro. Ma sentiva un po' di affetto per quel conte che in parte
l'aveva allevato come un figlio e a quel punto glie ne era grato e
dispiaciuto di aver in parte provocato quel pandemonio.... Mentre tanti
dubbi l'assalivano nel pensare al passato, spremendosi la meninge a capire
per bene cose conteneva quella famosa busta ingiallita da anni tenuta per
bene nascosta? Forse storie vecchie, fatti capitati fin dal tempo della
guerra, quando lui era appena nato e il padre morto in guerra e forse era
ebreo dal cognome che portava? E aveva dovuto lavorare per i nazisti
come ingeniere idraulico e poi morire malamente? Pensando che forse era
meglio che l'avesse aperta e scoprire una verità un po' scomoda per tanti e
forse anche al conte che gli aveva chiesto di aprirla soltanto dopo la sua
morte? Forse, forse, troppi se davanti? Pensava confuso e arrabbiato, ma
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ormai il gioco di Maddalena era iniziato molto bene per eliminarlo dalla
finca. Pensando al perché di tanto oddio che gli serbava, solo per il fatto
che il conte fin da piccolo se lo coccolava? Tutto poteva essere, dove la
gelosia si faceva strada nella subdola mente contorta di una figlia troppo
viziata ed egoista?....
Intanto alla clinica per signori facoltosi, la contessina si era allontanata
visto che il padre era ormai sedato, sotto l'effetto dei tranquillanti, nel dare
laute mance agli infermieri del nuovo turno a curare il padre. Lei sarebbe
ritornata l'indomani a vedere come stava il suo papi. E al momento era
andata a casa di amici a passare la serata festeggiando il compleanno di
uno di loro portando un costoso regalo a dimostrare la sua grandezza.
Il direttore della clinica el sènor Terzo Gonzales, aveva ricevuto a casa
una telefonata dell'ufficio amministrazione e accettazioni ad avvisarlo
dell'intrusione di un ladri e l'arrivo della policia a disturbare i tanti clienti
danarosi, che reclamavano il baccano capitato. Pertanto il direttore
scuotendo il capo arrabbiato, si era fatto portare dal suo autista alla clinica
a vedere cos'era mai successo di grave da spaventare gli altolocati pazienti
e clienti ricchi molto arrabbiati da scenate popolari nei corridoi?
Poi venendo a sapere, che il tutto era capitato proprio nella camera del
conte Sarvino, un suo grande amico e paziente danaroso, si infuriò con il
personale che non aveva agito per bene e nella dovuta maniera, senza
creare disturbi ai tanti pazienti della rinomata clinica. Urlando incavolato
alla grave notizia: < Come avete potuto permettere una simile situazione e
distrazione? > chiamando in ufficio la caposala e il dottore di turno e
relativi infermieri del piano, per una buona lavata di testa, nel chiedere un
resoconto dettagliato: < Mi volete spiegare chiaramente la faccenda? Qui
siete pagati profumatamente e mi pare da quel che salta fuori, non state
svolgendo il vostro lavoro con cautela e discrezione. Ma mi sembra che
avete creato un bel guaio! Qui i clienti vengono per un buon servizio e mi
sa che perderete il posto. Io come direttore non tollero distrazioni! Avanti
spiegatevi e in fretta?! > ordinò deciso battendo i pugni sulla scrivania
dell'ufficio da spaventare un po' tutto il personale al corrente della brutta
situazione capitata a infangare la reputazione della rinomata clinica.
La vispa caposala si premurò subito a scolparsi e spiegare: < Direttore,
la figlia del conte è venuta qui strombazzando che in camera del conte suo
padre, c'era un ladro e ha voluto che il dottore di turno gli somministri un
sedativo al padre ad evitare che gli prenda un infarto dallo spavento avuto
dell'energumeno ladro. Avendo già lei chiamato la policia ch'era arrivata
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nello stesso momento, nell'arrestare il giovane ladro che disturbava il
reparto. Forse di più era la voce alta della nobile a creare confusione. Così
la contessa diceva ad alta voce. “C'è un ladro ricattatore!” Ecco com'è
andata tutta la faccenda signor direttore... > rispose risoluta ma dubbiosa.
< Dottore Vigos, quanta dose di sedativo le ha somministrato al sènor
conte? Qui ricoverato per una rottura ad una gamba e sofferente asmatico...
Si spieghi alla svelta? > lo spronò deciso.
< Una fialetta di Vaglians a calmare lo stress al paziente. >
< Ma lei è un pazzo! Non ha letto la sua tabella ai piedi del letto? Se
il conte mi muore la faccio sbattere in galera! Preghi che superi la notte e
smaltisca il sedativo... Ma che somari di dottori ho accorpato!? >
< Ma la contessa insisteva che calmi il padre alterato.... >
< Ma il conte cosa le ha detto prima di fare l'iniezione? Penso che non
era rimbambito, conoscendolo per bene e sono certo che sa cosa dire e
fare. Al momento lei è sospeso dalla clinica e poi vedremo come andrà a
finire la faccenda. Se ne vada sparisca dalla mia vista! >
Uno degli infermiere aggregati al fattaccio, messo a rapporto provò a dire
per salvarsi un poco: < Il paziente era infuriato, dicendo che la farà pagare
a tutti i dirigenti dell'ospedale. Non ha dato il suo consenso per fare
quell'iniezione... Ma il dottore sotto l'insistenza della figlia la fatta e il
paziente è crollato di botto... e ora sta ancora dormendo... >
< Ho mio Dio! Speriamo bene, e che superi lo sciok! Dai andiamo
a vedere il paziente se respira ancora... Ma che bestie di dottori ho nel mio
reparto! Mi faranno chiedere la clinica di questo passo?.. Chiamate a casa
il professore Grambini che venga subito a vedere e salvare la baracca! >
Anche l'infermiera di prima era stata richiamata nella camera del conte e
appena entrati l'infermiera capendo il guaio capitato, col pericolo di
perdere il posto di lavori si premurò a spiegare per bene l'accaduto al
direttore furente: < Quel giovane che dicono ch'è un ladro, era qui con il
conte e discorrevano tranquilli, mentre il giovane spiegava al conte che la
figlia l'aveva licenziato e accusato di furto e il conte gli ha creduto sulla
parola del giovane. Poi è arrivata la figlia ed è entrata come una furia a
contraddire il padre e a quel punto io sono uscita fuori dalla stanza. Non
volevo storie tra parenti. Poi è ritornata la figlia che senz'altro è andata a
telefonare alla policia assieme ai gendarmi e al dottore di turno e
infermieri. La figlia urlava di arrestare il giovane e anche il padre inveiva
contro la figlia, mentre la policia si portava via il giovane arrestato. E il
dottore faceva l'iniezione per calmante il conte alterato, ma rifiutava il
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sedativo. Ecco tutta la faccenda che ho assistito mio malgrado. > si scusò
l'infermiere abbastanza agitata ad assistere quelle scene da cinema.
< Questa brutta storia ci farà chiudere la clinica. Dio ci salvi!
Finiremo su tutti i quotidiani del paese... > imprecò il direttore furente.
Poi arrivò il professore Gambini e capire cosa le era capitato al suo
paziente, ch'era lì soltanto per rivedere la rottura della gamba come
procedeva la guarigione. Ma ora con quel calmante essendo una persona
sofferente e strani problemi con diversi medicinali. Vi era il pericolo che
veramente gli possa prendere un collasso da stroncargli la vita alla sua non
più giovane età. Pertanto si diedero tutti da fare a rimediare in parte il
danno provocato.
Il direttore conoscendo bene il carattere impulsivo del sènor conte Sarvino
e sapendo che quella drastica decisione di contrastare la sua volontà,
l'avrebbe fatto reagire malamente al risveglio e sperando poi, che non
subentri altre controindicazioni ai farmaci subiti. Perciò prendendo per
valida la storia raccontata dall'infermiera di servizio al pomeriggio, si
premurò nel tentare di smuovere un po' le acque in anticipo da calmare in
parte le proteste del conte con giusta ragione.
Pertanto il direttore provò ad andare di persona a parlando con il prefetto
e il questore, suoi conoscenti e spiegare un po' la faccenda del giovane
arrestato e del paziente conte Sarvino, persona conosciuta in tutto il paese.
Spiegandosi il direttore che gli sembra che la rinomata denuncia fosse
fasulla. Impiantata dalla figlia del conte per liberarsi del guardiacaccia un
loro dipendente. Un giovane che si era guadagnata la fiducia del conte.
E da quel poco che aveva appreso, aspettando poi che il conte riprenda
coscienza, essendo sofferente a diversi farmaci somministrati. Pregando
gli ufficiale di sospendere momentaneamente l'arresto al giovane e
l'asciarlo che vada in clinica ad assistere e da essere presente al risveglio
del sénor conte. Da evitare che infuriato per la prontezza sbagliata del
medico, ormai sospeso a voler ascoltare le direttive della figlia, che
obbligava il medico a dare del tranquillante al padre contro la sua volontà
più che urlata, ma purtroppo sottomesso dagli infermieri accorsi a
bloccarlo a letto, mentre il medico gli somministrava il sedativo.
Pertanto dopo una riunione di consiglio in prefettura, capirono che era
meglio evitare poi, delle forti denunce contro la clinica e la policia, non
attenta al proprio personale già licenziato per la disdicevole negligenza
adottata e fatta a discapito del paziente, nell'intromettersi tra i battibecchi
disdicevoli dei famigliari in contrasto tra loro.
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Capitolo Nono
Pertanto il questore diede ordine di scarcerare il presunto ladro e
approfondire per bene le indagini alla finca a Fuente Alamo.
Il giorno dopo dalle carceri dov'era stato rinchiuso Lorenzo in attesa di
giudizio. Fu portato alla clinica e accompagnato senza manette nella
camera del sénor conte. Proprio mentre il conte si riprendeva un poco dopo
la dura mazzata ricevuta, e il professore Gambassi provò a dire per tastare
il terreno, nel pensare; Meno male è ancora vivo. Essendo presente anche
la figlia in ansia a vedere come stava il padre dopo la sfuriata del giorno
prima. Ma ancora nessuno le aveva detto nulla e chiesto qualcosa. Quei
dirigenti della clinica presenti erano in aspettativa di vedere la reazione del
conte alla faccenda successa il giorno prima da essere stato obbligato a
subire l'iniezione? Nel chiedere il professore al paziente al suo risveglio e
deciso lo salutò: < Carissimo Pedro, i miei dottori hanno calcato un po' la
mano e ti hanno messo a dormire. Ora come ti senti? >
Il conte ancora un po' imbastito lo guardò torvo, poi provò a dire
sull'asciutto: < Con la tua clinica ho chiuso. Un sacco di pesetas mi costa
star qui e poi voi mi obbligate a prendere ciò che non voglio? Chiederò i
danni. Poco ma sicuro! > sbottò a fatica era ancora un po' imbambolato dal
forte farmaco che gli avevano somministrato con forza. Ma reagiva.
Il direttore Gonzales e il capo della policia erano presenti, senza
presentazioni, da sembrare dei conoscenti del conte. Quando i poliziotti
accompagnarono dentro il giovane nella stanza e trovando che il conte era
sveglio, alla vista del ragazzo subito si rianimò nel dire: < Vieni qui
ragazzo mio! Portami a casa! Mi sono rotto del bel servizio avuto... >
mentre la figlia si rianimava incavolata nel vedere Lorenzo entrare nella
stanza, da protestare con le guardie che lo accompagnavano: < Ma come!
Non l'avete messo in galera questo miserabile ladro? >
Prontamente il conte urlò deciso: < Ti faccio sbattere te in galera figlia
ingrata! Ti diseredo e non vedrai più una pesetas dalle mie tasche. Non
meriti il bene che tutti alla finca ti hanno dato. Svergognata incolpare
Lorenzo per potertene sbarazzare... Non immaginavo che arrivassi a tanto
e fingere un furto ai suoi danni.... > alzando la mano a fermarla. < Tieni la
bocca chiusa una buona volta? In verità la colpa e soltanto mia nel pensare
che saresti cresciuta diversamente e amorevole con la persone che ti hanno
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sempre voluto bene. Mi dispiace ma ai perso Maddalena... Vergognati! >
urlò decisamente infuriato il conte.
Lorenzo dispiaciuta di quella scenata esposta tra estranei, tentò e provò a
dire al conte per calmare la sua rabbia: < La prego Don Pedro, lasci
perdere, in fondo è sua figlia, sebbene le a dato troppa corda. A me basta
che si scusi e tutto passerà nel dimenticatoio. > consigliò Lorenzo.
Mentre Maddalena inferocita incominciò a gridare e inveire: < Miserabile
accattone... Scusarmi io? Nemmeno se mi baci i piedi non ti accetto alla
finca. Vattene in galera ladro! > invei con tanta cattiveria addosso.
Il conte a quel punto e ancora intontito, ma no rimbambito si era stufato
di quella brutta esposizione che la figlia stava mettendo in mostra a
sputtanare Lorenzo senza colpa. Alla fine, urlò lui più forte nel dire davanti
a tutti: < Vuoi veramente la verità Maddalena?... Bene te la servo qui
davanti a tutte queste nobili persone.... La vera verità è da trent'anni serbo
nel petto un grosso macigno che mi pesa e mi fa tanta rabbia?... Tu non sei
mia figlia! Sei il frutto di una squallida avventura di tua madre, se
l'intendeva con un ufficiale di marina e io ho perdonata tua madre per il
tuo bene. Facendola passare per mia moglie, senza essere sposati
ufficialmente. Ma ho sbagliato! Rivoltosi a Lorenzo: < Lui è mio figlio
della mia vera moglie morta nel darlo alla luce. E in verità ti ho ingannato
Lorenzo, per un sacco di ragione lunghe da spiegare. Ma ti ho allevato da
farti sentire come un figlio e me ne dispiace averti tolto l'affetto che
meritavi, ma a quei tempio ero distrutto per la perdita di tua madre ed ho
accettato l'intrigo con la sua madre e allevare la sua figlia senza un padre.
Ecco ora incominci a capire Maddalena, tutta la pazienza che ho cercato di
farti crescere nella bambagia e tu adesso mi ripaghi in questo modo. Come
vedi anche i nobili hanno le magagne da nascondere e i tanti sbagli fatti in
parte e qualcuno in buona fede?... Mi dispiaca ma da me non avrai più
nulla Maddalena... > per un buon momento in quella stanza d'ospedale non
si sentiva volare una mosca dallo stupore e tanta sorpresa per tutti,
nell'apprendere quella squallida storia di nobili e i loro misteri.
Il commissario con decisione si avvicinò alla sènorita Maddalena nel
chiedere deciso: < Ritira la denuncia di furto signorina Maddalena? >
Maddalena rintronata da quella verità scomoda, che se l'era meritata per
la cattiveria voluta, alla fine rispose sotto voce: < Si, certo, ho fatto un
grosso sbaglio! Lui non centra. Mi sono confusa... Sènor giudice. >
< Don Pedro, non sia così drastico, gli dia una sciance ancora. Per
trent'anni la sopportata ci provi ancora... > provò a dire Lorenzo confuso e
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svuotato di sbagliate illusioni, nel provare a dire avanti. Ormai era come
trovarsi in piazza a lavare i panni sporchi, e davanti a tutti spiattellare i
retroscena. Nel dir alla fine più che deluso: < Da parte mia non cambia
nulla ho lavorato e lei conte Don Pedro mi ha ricompensato bene, ma in
verità quell'affetto che sentivo prima per lei è rimasto, ma solo affetto e
non amore. Purtroppo non penso che ci possa esserne in futuro. Avrei
voluto che quella lettera che mi ha consegnato dieci anni fa e che
immagino contenga la mia vera storia. In verità avrei voluto che m'è
l'avrebbe tetto a quel tempo questa scialba verità, forse sarebbe stato
diverso. Altrimenti?... Peccato! Senza rancore Don Pedro! Il perché ormai
non serve più chiederlo... > voltandosi verso le guardie nel dire
dispiaciuto: < Andiamo signori, sono in arresto fino al processo, giusto? >
mentre alle spalle il conte l'implorava dispiaciuto: < Perdonami Lorenzo
ho sbagliato proprio tutto? > gli urlò con rimpianto dietro.
Lorenzo arrivato alla porta rispose senza voltarsi: < Forse, un giorno? >
andandosene via mentre rivoli di lacrime gli bagnavano il viso. Era
amareggiato e deluso da quel signore che adorava e non sapeva ch'era il
suo vero padre. Rimuginando tra sé amaro: Peccato, un vero peccato!
Mentre fuori nel corridoio il capo della policia, aspettava Lorenzo nel
chiedere: < Possiamo discorrere un momento? Comunque lei è libero, ho
già parlato con il comandante della policia di Fuente Alamo e ho spiegato
che la signorina ha raccontato il falso. Lei può fare una denuncia e una
decisa querela contro la signorina, che l'ha accusato ingiustamente e
chiedere i danni subiti in questo affronto... è un peccato? >
< Non accorre comandante. Non amo le vendette. Mi dispiace che il
conte mi ha tenuto nascosto sulla mia vera nascita e l'alone di mistero che
mi circonda... Voglio solo dimenticare e andare lontano... Allora non sono
in arresto?... Posso ritornare dai miei veri amici... >
< Certamente! Ma se dovremmo aver bisogno di lei dove possiamo
trovarla signor Lorenzo Marutis? >
< Mi troverete a casa del dottor Eugenio Malandus a Montealegre
del Castillo. Comandante.... Allora arrivederci! >
< Arrivederci! Caporale accompagni el sénor dove vuole... >
< Vado solo alla stazione qui di fronte... Arrivederci! >
andandosene via a testa bassa e con tanta rabbia dentro.
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Capitolo Decimo
Lorenzo era sceso dal treno e ad attenderlo, dopo la sua telefonata
laconica nel dire poche cose di preciso, che arrivava a casa. Alla stazione
ad attenderlo c'erano tutti. Il dottore e la moglie e i fratelli DeVega.
Carolina appena l'aveva visto gli corse incontro nel baciarlo contenta che
fosse ritornato da loro. Dicendogli per alzare un po' il morale dal suo viso
smunto: < Il tuo viso è corrucciato e senz'altro hai tante brutte cosa da
raccontare, amore? Il conte ti ha fatto togliere almeno la denuncia? >
< Si è tutto finito! Non ne parliamo più amore... Mi sei mancata
molto. Carolina vuoi sposarmi? Ho bisogno in questo momento e anche
dopo e per sempre il del tuo affetto. Non importa il posto e il momento.
L'importante è che ti amo immensamente e vorrei averti in sposa se tu sei
d'accordo? > mentre i presenti si avvicinavano sorpresi nel sentire quella
richiesta arrivata fresca con il treno dalla capitale.
< Ma certo che lo voglio, mio bel guardiacaccia! > rispose seria e
felice Carolina. Nel riprendere a chiedere un po' titubante: < Ma allora
dopo, tornerai a lavorare nella finca del conte Sarvino? >
< No! Ho chiuso definitivamente con i Sarvino... > rispose Lorenzo
corrucciato nell'abbassare il capo, stava per piangere dalla rabbia e
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delusione avuta tutta assieme da svuotarlo di ogni pensiero immaginato.
Per un momento tutti si erano bloccati ad aspettare che dica qualcos'altro
Lorenzo, nel guardarlo sorpresi. Poi fu la Sènora Maria nel provare a
chiedere al giovane intristito: < Lorenzo, centra qualcosa quella busta
gialla che abbiamo in custodia? > anche Carolina provò ad immaginare la
stessa cosa: < E' veramente importante quella vecchia busta gialla? >
Lorenzo vedendo che tutti erano lì in attesa di una chiarificazione, perciò
non poteva non dire qualcosa e spiegare in parte la sua maratona fatta a
Madrid. Poi quelli erano amici di cuore e non poteva non dare una piccola
spiegazione. Alla fine deglutendo la saliva che non c'era, tentò di dire
qualcosa a quegli amici veri che gli erano rimasti: < Si centra la busta in
parte. E all'interno ci sarà scritta la storia della mia vita e la confessione
del conte sull'ingannevole percorso della mia vita in questi vent'anni.
Dovremmo aprirla o forse dimenticarla, com'è stata per ben dieci anni
accantonata, che senz'altro all'interno ci sarà scritto che il conte si scusa,
ma per tante circostanze traverse. Lui è il mio vero padre... E dal modo e
come lo appreso mi ha fatto molto male dopo vent'anni... >
< Ma come? Tu sei il figlio del conte e Maddalena è tua sorella? >
domandò stupita Carolina a quella affermazione sciok! Da stralunare un
po' tutti. Lui il suo Lorenzo era un conte? < Ma come? Soltanto ora
vengono fuori a dirtelo che sei un nobile e perché mai non prima? >
< Già bella domanda. Perché non prima? > domandò Enrico in attesa.
< Va bene. Vi racconterò per bene la faccenda. Ma possiamo andare a
casa in verità ho fame. Non mangio e bevo, da quando sono partito di qui,
solo dell'acqua in carcere e ad una fontanella in una piazza a Madrid. >
< In carcere sei finito? Oh, mio Dio! > esclamarono un po' tutti.
< E il tutto per scoprire che il conte è mio padre e Maddalena non è la
figlia del conte e la diseredata per la sfuriata fatta in ospedale al mio
riguardo. Tutto un guazzabuglio. Accidentaccio boia! > avvicinandosi al
cavallo di Sergio e nel toccare la borraccia, nel chiedere: < Hai dell'acqua
Sergio? Ho sete! > mentre il dottore Eugenio consigliava: < Andiamo
dall'altra parte c'è quella locanda e potrai mangiare e bere ragazzo mio. >
< Basta un po' di acqua per l'arsura. Poi andiamo a casa. Sono
stanco e la ferita mi fa male... > dalla maglia trasudava del sangue.
< Si hai ragione andiamo a casa che controllo quella ferita, prima
che si diffonda una bella infezione nell'averla trascurata. Poi finire in
carcere, Dio ci salvi dalla scalogna! > farfugliò Eugenio.
< Sei finito in carcere? E quella Maddalena non è una contessa? >
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sbottò Carolina preoccupata dal pallore del suo ragazzo e dai confusi
avvenimenti ammezzati. Nel dire preoccupata: < Zio portiamolo a casa! >
Pertanto decisero a far ritorno a casa. Mentre i fratelli tornavano alla loro
finca avevano del lavoro da sbrigare e sarebbero tornati al giorno dopo a
vederli. Intanto sul calesse con gli zii e Carolina. Lorenzo si stava
appisolato sella spalla della sua ragazza. Era sfinito e stressato e la ferita si
vedeva dalla maglia stava ancora sanguinando ed Eugenio provo a dire,
per rinfrancarlo: < Appena a casa controlleremo quella ferita ragazzo. Sei
proprio finito male. Mah, all'ospedale nessuno ti ha dato un occhio alla tua
ferita? Ma che ospedale del cavolo c'è nella capitale? >
< Stavo spiegando al... Conte. La faccenda della denuncia fatta da
Maddalena e quella entrava nella stanza inveendo contro di me e chiedeva
della policia e ha convertito un medico di dare un forte calmante al conte
che la ingiuriava per il suo comportamento nei miei confronti. Oltretutto si
era portata uno stuolo di gendarmi, indicandomi come un miserabile ladro
e farmi arrestare. Mi hanno ammanettato e portato in carcere e solo questa
mattina mi hanno riportato alla clinica e per fortuna il conte si è ripreso un
poco dallo stordimento del forte sedativo iniettato. Si è messo a inveire e
spiattellare un po tutta la faccenda. E la storia della mia vita è saltata fuori
di getto, quella identità tenuta nascosta e ancora abbastanza oscura. Che
alla fine mi sono rotto le scatole di tutti quei maneggio e il questore
presente mi ha detto ch'ero libero e potevo fare una querela a Maddalena e
chiedere i danni. Ma non ho voluto più saperne, il conte mi ha implorato di
perdonarlo per la grossa bugia non per niente chiara. Gli ho solo detto che
gli ho voluto bene per il sua atteggiamento nei miei confronti di avermi
allevato come un figlio, ma oltre l'affetto è ben difficile che ci possa
andare e esserci dell'amore. Forse con il tempo e calmata la rabbia che ho
dentro, forse? L'amore che avrei voluto tanto dare, vorrei tanto riversarla
sulla persona che amo veramente. E quella persona sei tu Carolina! Ecco
perché ti voglio sposare mi sono innamorato perdutamente e solo al
pensare e vedere la tua immagine vivida mi ha aiutato a resistere dal fare
qualche sciocchezza... > si era fermato portandosi la mano sulla ferita, con
una smorfia sul viso, gli faceva veramente male.
< Ho mio Dio! Ma certo che ti amo Lorenzo e voglio sposarti... >
Poi appena arrivati a casa, Lorenzo sentì il nitrito di Bello che l'aveva
sentito arrivare e appena sceso dal calesse si recò nella stalla e Bello non
stava più nella pelle a far festa al suo amico cavaliere. Lorenzo restò in bel
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po' abbracciato al collo del suo stallone, finché non si era acquietato, nel
dire: < Dopo andremo a fare un galoppata Bello... A dopo! > rientrando in
casa a braccetto di Carolina, che lo rimproverava: < Appena in casa oltre a
dissetarti di farai guardare la ferita dallo zio e speriamo che vada tutto
bene. Sei un po' caldo? Hai la febbre, la ferita si è infettata... >
< Tranquilla amore! Sono a casa e posso riposare un poco. >
< Ci vuole senz'altro del riposo. La ferita si è riaperta per gli sforzi
fatti. > borbottava Eugenio il bravo zio dottore. < Carolina porta dell'acqua
che laviamo per bene la ferita e poi potremo disinfettarla e rimettere
qualche punto di sutura a rimediare il guaio... E dopo dovrai restare a
riposo almeno fino a domani. Hai compreso ragazzo mio? >
< Certo zio! Zia Maria ha qualcosa da mangiare ho un po', anzi tanta
fame e sonno? > tentava di sforzarsi a restare sveglio, ma alla fine crollò la
distesi sul lettino dell'ambulatorio. Si era addormentato di botto. E lo zio,
consiglio di lasciarlo almeno che dorma un po' di ore per riprendersi un
poco. Carolina sentendo Bello nitrire e scalpitare, senz'altro non vedendo
il padrone arrivare, si recò lei nella stalla e portare fuori Bello a fare un
giro a calmarsi, mentre gli spiegava con voce suadente che il suo cavaliere
si era addormentato: < Lorenzo era troppo stanco e sta dormendo adesso.
Andiamo noi a fare due passi a sgranchirti le gambe. Ti andrebbe bene se
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ti monto io in groppa? Non ti arrabbi con me? Uno di questi giorni ti porto
a conoscere Licia... la mia cavallina che hai già incontrato, ti va l'idea? > e
sembrava che Bello capisca il significato e alla parola Licia si è subito
ringalluzzito, nel nitrire contento e accettare la giovane come cavaliere al
momento. Carolina montò sopra allo stallone a pelo e capiva che al cavallo
gli piaceva quel contatto diretto senza sella. Da seguire gli ordini che la
giovane gli imponeva senza pressare, bastava solo un tocco di mano una
parola e il leggero movimenti delle ganba che Bello capiva ciò che voleva.
Dopo un breve giro attorno allo stagno ritornarono indietro e Bello si
fermò davanti alla finestra aperta nel vedere il suo cavaliere che dormiva
stremato. Bello sbuffò e tranquillo si diresse alla stalla, Carolina era già
scesa prima sui gradini di casa, nel dargli solo una pacca a far capire che
poteva andare in stalla da solo. Carolina provò a dire agli zii: < Bello è
fantastico, gli manca soltanto la parola ci s'intende subito... > guardando il
suo ragazzo che russava leggermente, era stremato. < Dorme ancora
Lorenzo? E senza mangiare nulla?.. Avrei voluto essere presente e
ascoltare quella megera di Maddalena che odiava così tanto Lorenzo, da
quel poco che ha raccontato a proprio perso tutto persino dell'affetto di un
padre che la cresciuta come una vera signora e lei ecco cosa ha fatto ah!...
il voler troppo e tutto, perso in un soffio? >
< Voleva troppo e si è scottata da sola. L'ingordigia cosa fa? >
< Certo che per Lorenzo saper soltanto ora che il conte è suo
padre?... Non è stato facile da ingoiare una verità scomoda per tutti... Non
si sa cosa dire e consigliare. Sarà una cosa che dovrà decidere Lorenzo... >
< Hai ragione figliola! Questo benedetto ragazzo, non è il tipo che ci
tiene ad avere un titolo sulla testa, ma è stato la mancanza di fiducia nei
suoi confronti che l'hanno demoralizzato a diventare ostile ad una verità
scomoda per molti. Ma se il conte è uscito dai gangheri a inveire, si vede
che quella Maddalena la proprio esasperato... > commentò Maria.
< Ma sentiremo poi se Lorenzo a voglia di spiegarsi per bene ed aprire
quella benedetta busta da capire cos'è capitato di preciso alla sua nascita
nel lontano 1935, prima che scoppi la seconda guerra mondiale? > si
spiegò Eugenio scuotendo il capo. < Guardate si sta svegliando. Avrà sete
da come si inumidisce le labbra. Carolina prendi dell'acqua fresca per
fargli bere a riprendersi e mangiare qualcosa... > convenne il dottore.
Lorenzo si riprese tentando di alzarsi, sbattendo la bocca per l'arsura e
chiedere assonnato: < Meno male non sono più in quel buco di cella?
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Stavo ancora sognando... Miseriaccia buona o cattiva è sempre una
fregatura trovarsi in cella innocente! > sbottò sull'amaro.
< Dai bevi un po' di acqua fresca e poi vieni di la che mangi qualcosa.
La zia Maria dice sempre che un sacco vuoto non sta in piedi. >
< Già avete ragione! Ho fame e sonno assieme, alla tanta rabbia
dentro che mi tormenta. In fondo a tutto, quel benedetto conte non è mai
stato scorbutico e scontroso nei miei confronti. Mi ha fatto studiare e dato
un lavoro che avevo espresso io. Mi sono incavolato dandomi quella
lettera da conservare ed aprirla soltanto dopo la sua morte. Capite la mia
rabbia! Perché a dieci anni non mi ha raccontato un po' tutta la faccenda? >
< Forse la soluzione e la spiegazione la trovi dentro a questa busta
gialla? > che il dottore e l'appoggiava sul tavolo. Mentre zia Maria
borbottava: < Aspetta Eugenio. Prima deve mangiare 'sto ragazzo e poi a
pancia piena si ragiona meglio. Dai figliolo questo minestrone di verdura
ancora tiepida ti farà bene... > mentre Carolina gli metteva davanti una
caraffa di acqua e del vino fresco di cantina a dagli un po' di animo e
almeno dopo poteva riposare meglio a stomaco pieno.
Lorenzo si mise a mangiare di buona lena, nel chiedere a Carolina che si
era messa seduto di fronte: < Per cortesia apri quella busta e scopriamo
cosa diavolo contiene sulla mia vita passata? Ha questo punto non serve
incavolarsi e far la guerra al mondo interi. Se il conte è mio padre vediamo
cosa aveva scritto dieci anni fa, al compimento dei miei dieci anni. Dai
leggi per cortesia. E' inutile girarci attorno e finirla una volta per tutte. >
Carolina prese un coltello a aprì la famosa busta, nel tirare fuori dei
foglio scritti a mano e dei certificati autentici di quell'epoca lontana. Che
attestavano la nascita di Lorenzo nel lontano 10 aprile del 1935 nella
grande tenuta dei conti Sarvino a Fuente Alamo. Il padre Don Pedro
Sarvino e la madre spirata dandolo alla luce, Donna Letizia Marutis....>
stava leggendo a voce alta ascoltata dai presenti e Carolina di tanto in tanto
guardando il suo ragazzo che aveva smesso di mangiare e sembrava
meditare su quegli avvenimenti del passato che gli riguardavano. Nel dire
alla fine: < Allora porto il cognome di mia madre. Marutis?.. Mah! Dai
prosegui Carolina per favore... > commentò mettendo in bocca una
cucchiaiata di minestrone, aveva proprio molta fame.
Carolina si riprese e proseguiva a leggere quelle carte e il documento
scritto di pugno del conte Pedro Sarvino e scriveva testualmente: < Ascolta
bene Lorenzo cosa esponeva di pugno il conte. Insomma tuo padre.... >
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Capitolo Undicesimo
“Io conte Pedro Sarvino di nobile famiglia dei conti Sarvino. Qui
ormai siamo giunti nell'anno del 1945. E non ho il coraggio di svelare
questa storia di bugie, fatte in buona fede per salvare una vita umana
succube delle circostanze di stato, come ministro dissociato dalle vicende
sovversive statali che si sono succedute negli anni passati.
Nell'anno del 1935 precisamente il 10 aprile. Dichiaro la nascita di mio
figlio Lorenzo Marutis Sarvino. Dalla mia diletta moglie Letizia
Marutis, deceduta alla sua nascita. Con validi testimoni segreti, nel
sènor prefetto Carlos Deprimeros e il sindaco di Fuente Alamo, Alfonso
Lados e padre Don Ermenegildo che la battezzato e che confermano la
veridicità dei fatti. Ma che per ragioni politiche al momento saranno
nascoste. Con a capo il generale Francesco Franco appena salito al
potere, ho dovuto manipolare diversi documenti e far figurare che il mio
figlio legittimo Lorenzo, fosse al momento figlio del fratellastro della mia
povera moglie. Carlos Martis impegnato ad assistere alla nascita del
proprio figlio e dover star lontano dal ministero a Madrid e salvarsi la
vita. Un valido ingeniere idraulico richiesto poi dai nazisti nel 39 e morto
in circostanze misteriose a Danzica in Germania. Denunciato da qualche
franchista sovversivo, avendo Carlos Martis rifiutato di far parte dei
rivoluzionari nel lontano 36 a Albacete. Pertanto questo documento è
veritiero e chiedo perdono a mio figlio Lorenzo di avergli negato di facciata
l'affetto che gli aspettava. Ma che non è mai mancata da parte mia a
continuare ad allevarlo e istruirlo da buon ragazzo che si dimostra essere
ormai a dieci anni. E gli consegno questi documenti che per vergogna
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nell'averlo tradito nell'affetto che non gli ho mai fatto mancare. Ma
preferisco che venga a saperlo dopo la mia morte. Forse per vigliaccheria
a non avergli mai permesso di dire e sentirmi chiamare papà.
Perdonami figlio mio. Non ho il coraggio a guardarti negli occhi. Scusa!
Con affetto e riconoscenza per l'amore che mi hai donato inconsciamente
ma che ho gradito tanto. Tu sei il vero conte Lorenzo Marutis Sarvino e
la giovane Maddalena e sua madre li ho raccolte in casa fingendo che
fosse mia moglie e la figlia Maddalena non è mia figlia ma il frutto di
una facile avventura della madre. Io gli ho dato una parvenza di titolo,
ma non veritiera tengo un documenti che confermano l'estraneità di
parentela. Anche da parte mia non ho mai avuto rapporti con la madre,
sebbene tutti pensano che è mia moglie in tutti i sensi. Solo per coprire i
tanti misteri c che le circostanze di stato a quel tempo imponevano a non
evidenziare e mostrare apertamente.
Grazie di tutto e perdonami figliolo caro, Tuo padre Pedro Sarvino.
li 10 aprile 1945 -”
< Accipicchia che baraonda è successo alla tua nascita? Sei veramente
un conte Lorenzo Marutis Sarvino. Chi l'avrebbe immaginato! > sbottò
Carolina più che sorpresa ma felice per il suo ragazzo che finalmente,
sebbene in ritardo di vent'anni approdava alla verità rimasta nascosta.
< Già! Proprio così è andata... Allora il conte mi ha sempre amato in
segreto, dimostrandolo con un pizzico di durezza ed è forse per quello che
l'apprezzavo nel mio volergli bene, forse il mio subconscio se lo sentiva il
richiamo del sangue. Mah! Al momento sono ancora bloccato e mi
dispiace che lo lasciato un po' duramente, forse aveva veramente bisogno
che lo perdoni... Mi dispiace di essere stato duro e drastico. Ma era furente,
più con me stesso... Comprendi Carolina? > espose Lorenzo e alla fine
provò a chiedere: < Se non le spiace zia Maria. Io andrei giù nella stalla a
dormire, mi metto nella mangiatori sul fieno e vi lascio liberi di sistemarvi,
sono abbastanza stanco e il sonno mi aggredisce... >
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< Non ci sono problemi. Io torno con il calesse a casa mia. > provò a
confermare Carolina più che tranquilla nel capire la situazione.
< Tranquilla ragazza mia, i tuoi fratelli hanno fiducia in te e pertanto
puoi rimanere e sappiamo che ci tieni rimanergli accanto ed anche lui ne
ha tanto bisogno di una persona di fiducia che lo comprenda e conforta.
Perciò tu vai di sopra nel solaio a dormire e lui rimani qui sul divano, poi
un fondo la già provato a dormirci sopra. Se da bravi, senza storia e
domani a mente riposata discuterete meglio. Buona notte ragazzi! >
< Grazie zia sei troppo buona a darti da fare per dei nipoti
complicati. Buona notte!.. Zio devi fargli un'altra medicazione? >
< Va tutto bene, basta un po' di riposo e passerà un po' tutto. Notte! >
< Ancora grazie dottore. Per tutto il disturbo che le reco. Notte! >
< Come non sono più lo zio dottore adesso? A domani, riposa! >
mentre la zia dall'altra stanza gli domandava: < Lì sul divano ho messo dei
calzoncini. Lascia i tuoi vestiti Lorenzo che li lavo. Notte! >
Loro due erano rimasti li ad ammirarsi ancora un poco, tra un bacio ed un
altro per acquietare l'ardore che li aggrediva nello star accanto poi decisi si
diedero l'ultimo bacio e via lei in soffitta e lui sul divano a restare a
pensare un sacco di cose senza concludere un bel niente. Poi il sonno
l'aggredì senza accorgersene, addormentandosi di botto.
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Era mezzogiorno inoltrato quando lo svegliarono per pranzare, si era
messo cosi bene a dormire e aveva un leggero russare, da dimostrare la
tanta stanchezza accumulata in quei giorni di vero fuoco alla caccia del
ladro nelle fattorie.
Carolina non resisteva da non dargli un bacio per svegliarlo e si abbassò
baciandolo con dolcezza sulla guancia e subito con un bel respiro di
sollievo Lorenzo aprì gli occhi nel dire felice: < Grazie amore! Questo è il
più bel risveglio che un ex galeotto può avere. Buon giorno! >
< Dai pigrone è quasi l'una pomeridiana e il pranzo è pronto. La zia
ha preparato delle cose buone per stuzzicare l'appetito. >
< Come? Così tardi, accidenti che dormita ho fatto... >
< C'è anche Bello che viene alla finestra a vedere se ti svegli. >
Appena Lorenzo si era alzato il nitrito di Bello si vece sentire ad
accoglierlo contento. Capendo che stava bene. Lorenzo alzò la mano a
salutarlo, nel dire: < Vado a lavarmi almeno il viso per svegliarmi... Buon
giorno a voi zii sempre premurosi! >
< Buon giorno a te figliolo! Vai che il pranzo è pronto... >
Lorenzo era uscito fuori accanto alla vasca in legno per lavarsi almeno il
viso, nel riempire il secchiello con un po' d'acqua fresca e vuotandosela in
testa. Mentre alle sue spalle Bello lo spingeva col muso sulla schiena felice
di vederlo finalmente in piedi nel far sentire la sua presenza.
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Lorenzo si girò alzandosi ad abbracciarlo contento nel chiedere
sorridendo: < Hai fatto il bravo! Lo sai che qui dagli zii siamo ospiti... Ti
voglio bene... > baciandolo com'era sovente fare e Bello capiva e
ricambiava quell'affetto tra loro due. Poi Lorenzo si sguazzò un poco
ancora, mettendo il capo sotto l'acqua sorgiva che sgorgava dal tubo.
Anche bello si beveva la fresca acqua che usciva dal tubo in legno. Poi
arrivò Carolina ad accarezzare Bello che nitriva felice e lei consigliava al
suo ragazzo dandole un asciugamano: < Dai che il pranzo si raffredda!...
Ciao Bello! Non allontanarti troppo... > e il cavallo si mise a correre nel
prato accanto nitrendo contento.
Si stavano mettendo a tavola, quando erano giunti a cavallo i fratelli
DeVega a vedere come procedeva quella famiglia allargata. La zia pronta
metteva altri piatti in tavola da fare una bella tavolata tra parenti a
mangiare e discorrere in buona armonia. Sergio stava mostrando il
jornalero appena preso al pueblo: < Guardate un po' qua. Stanno già
parlando della tua vicenda capitata in clinica. Il conte Pedro Sarvino a
lasciato una intervista alla stampa in città. Spiegando in sintesi la faccenda
capitata alla rinomata clinica a Madrid. Dicendo che è molto dispiaciuto
che il vero figlio abbia saputo la notizia in malo modo e pertanto a reagito
di conseguenza. Il fatto era iniziato 1935 alla nascita del figlio e per
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salvare dalla fucilazione un bravo ingegnere e cognato, che non centrava
nulla con le beghe di stato, ma qualcuno dei sovversivi voleva incastrarlo.
Pertanto, il conte ha fatto supporre che il figlio fosse del cognato e la
sorellastra figurava essere la moglie e madre, morta disgraziatamente
dando alla luce il figlio. Pertanto l'ingegnere non poteva trovarsi nella
capitare coi sovversivi, ma accanto alla moglie appena deceduta e il figlio
appena nato. E per completare l'opera di un matrimonio avvenuto nel
palazzo del conte a Fuente Alamo ha fatto passare una povera conoscente
con figlia senza padre. come la sua consorte, allevandole con rispetto e
null'altro, senza un rapporto e ben messo in chiaro. Vitto e alloggio e una
parvenza di nobiltà da guadagnarsela giorno per giorno. Ma la figlia troppo
ingorda a preteso troppo, incolpando il vero figlio, il conte Lorenzo
Marutis Sarvino. Da dover intervenire il conte infuriato e mettere fine a
tutto. Il conte si scusa ancora per non aver raccontato prima la faccenda al
figlio tanto amato. Sperando che un giorno si ravveda e magari possa
perdonare un padre che l'ha amato in silenzio, per il troppo dolore per la
perdita della propria moglie che è spirata appena averlo dato alla luce. Il
conte distrutto dal dolore, voleva aiutare una brava persona amorevole, il
cognato, ma che purtroppo è finita tragicamente a Danzica, costretto a
lavorare per i nazisti essendo un valido ingegnere idraulico... Però? Ecco
com'è la vera storia spiegata vent'anni dopo... L'hai trovato poi Lorenzo in
quella busta gialla la spiegazione a tutto?.. Come hanno scritto i reporter
nel loro diario sulle prime pagine dei quotidiani andati a ruba alla notizia
svelata dal conte Sarvino dopo vent'anni.... >
< Si la faccenda è quella. Ormai tutta la nazione ne è al corrente.
Personalmente mi dispiace per Don Pedro. Ma sul momento ero furente e
arrabbiato. D'altronde gli avevo detto subito che l'affetto che avevo per lui
è rimasto. L'amore sarà difficile da ripristinare forse in un secondo
momento. Se si riesce a dar un po' di pace e calma dopo i tanti
ripensamenti troppo affrettati e capitati tutti assieme..... >
< Figliolo, lascia che le cose vadano da sole a posto. > provò a dire
la sènora Maria posando la grossa padella in tavola con dentro la fumante
e genuina paella: < Questa è una specialità di Albacete, dove sono nata e
mi ha insegnato mia madre a farla così special. Provare per credere! El mi
sposo e mia figlia sono golosi. > consigliò e il marito confermava, anche la
piccola Rosita ne era ghiotta. Consigliando ai cugini: < La mamma quando
fa la paella vuol dire che è festa. > e tutti si servivano con il grosso
mestolo da riempire per bene il piatto. Complimentandosi per la bontà e
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Maria ne era contenta del risultato, con una bella tavolata famigliare. E il
tutto durò fino a sera in cordiale compagnia, tra discorsi di altro genere e
dei brindisi di pace.
Più nessuno menzionò la faccenda di Lorenzo da lasciarli che si
raccontino le proprie cose e alla fine fu Lorenzo a chiedere a Carolina: < Ti
andrebbe di fare due passi e andare giù in paese, come due bravi fidanzarti
mano nella mano? > domandò tranquillo da far sorridere un po' tutti.
Carolina guardò i fratelli e poi rispose tranquilla: < Certamente Lorenzo,
mi fa piacere fare due passi fino al bar in centro a prenderci un gelato. >
E prontamente la piccola Rosita, domandava al giovane: < Lorenzo posso
stare con Bello? > guardando la mamma se approvava. < Se ti accompagna
papà... Non da sola. > mentre Lorenzo dava un fischio e subito bello era
già alla finestra a guardare dentro, nel dire: < Mi raccomando Bello non
farla cadere Rosita. Solo un piccolo giro... > e il cavallo che nitriva a
conferma. Da far stupire i fratelli di Carolina che chiedevano al giovane
Lorenzo: < Ce lo puoi prestare il tuo bello stallone abbiamo delle giumente
che non disdegnerebbero la sua presenza. >
< Ho paura che sarà difficile! Lui ha una preferenza con la sua
cavallina Licia. < Bello sentendo dire da Lorenzo il nome Licia già si
ringalluzziva nel nitrire contento. < Come vedete ha già capito di chi
parliamo e se viene sarà solo per quella giovane cavallina... Credetemi. >
< Aveva ragione Carolina nel dire che il tuo cavallo gli manca
soltanto la parola. Come capisce subito di chi si sta parlando. Beh, se a
Carolina sta bene che si accoppiano, non sarebbe poi male avere dei buoni
puledrini di razza. > guardando la sorella che tentennava sul da farsi. Poi
provò a dire: < Visto che fin dalla prima volta che si sono incontrati si sono
piaciuti, non sarebbe male fargli formare una bella famiglia... Va bene ci
penseremo. Adesso andiamo a fare questi due passi, altrimenti il gelato si
soglie. > nel salutare un po' tutti e prendere sotto braccio il proprio ragazzo
e andare per le strade del pueblo ormai al tramonto.
Camminando piano piano erano arrivati al centro della piccola cittadina,
poche persone c'erano in giro, il caldo afoso li teneva rintanati in casa e
quelle poche si voltavano al loro passaggio e la voce si spargeva.
Alla fine davanti al bar centrale entrarono, trovando pochi avventori a
bere e giocare a carte. Loro si presero un bel cono gelato per rinfrescarsi la
gola, mentre Lorenzo stava guardando il jukebox all'interno del locale, nel
chiedere a Carolina con un sorriso amorevole, mentre lei stava già
terminando il proprio gelato al cioccolato: < Quale canzone ti piace sentire
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di queste sulla lista? > guardando gli spiccioli che aveva tirato fuori dalla
tasca nel controllare in mano e pronto da inserire nell'apposita fessura.
< Quella! Quella canzone “La vie en rose”, cantata da E'dith Piaf. >
< Ecco fatto sènorita! >
Poi la musica si diffuse a ravvivare il locale da far voltare le poche
persone e vedere chi è che aveva voglia di far baccano a quell'ora della
siesta pomeridiana.
Ma la dolce canzone li metteva di buon umore. Lorenzo aveva messo il
suo braccio sulle spalle di Carolina a rafforzare la loro compagnia ad
ascoltare la canzone e la sua melodia tanto rinomata nel mondo.
Carolina la canticchiava rilassata stando accanto al suo bel guardacaccia.
Poi alla fine della canzone. Lui le domandò: < Vuoi sentirne un altra? >
< No, per m'è ve bene così! Mi ronza ancora in testa e mi piace... >
< Allora prendiamoci ancora un gelato? >
Poi mano nella mano ritornavano verso casa, vedendo che qualche
persona uscita fuori casa si soffermavano a guardarli al loro passaggio e
qualche signora la si vedeva sbirciavano tra le persiane socchiuse. Erano le
comari del posto a commentare, sul giovane conte ormai rinomato e
apparso sui jornalero nazionale. Ed era in compagnia della nipote del
dottor Malandus. Senz'altro era el novio moroso dal come si tenevano per
mano. Era tutto un spettegolare su quelle ultime novità giunte fresche dalla
capitale. Persino una sènora anziana con l'ombrellino per il sole li
salutava: < Buenas tardes sènori! >
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< Altrettanto a lei sènora! > rispondevano gentilmente, ormai
capivano che erano nell'occhio del ciclone e fin ch'è non uscivano altre
novità dovevano accettare di essere i nuovo protagonisti da telenovelas.
Carolina temeva che Lorenzo si arrabbi per la troppa popolarità capitata
in malo modo. Ma poi capì che il suo ragazzo stava smaltendo il grosso
macigno che gli era capitato sul capo senza preavviso. Perciò, provò
timidamente a chiedergli: < Posso chiederti una cosa senza che t'arrabbi? >
< Perché dovrei arrabbiarmi! Prova a dire e ti risponderò se è una cosa
che la so anche io? > gli domandò incuriosito.
< Uno di questi giorni andrai a parlare al conte, insomma tuo padre? >
< Certamente è inutile tenere il muso. Ma non pensare che m'interessi
il titolo da nobile. Proprio non so che farmene. Per m'è sarà Don Pedro
Sarvino e si tenga pure i suoi titoli blasonati. E se ci metteremo d'accordo
potrò fare ancora il guardiacaccia. Come lavoro al momento mi andrebbe
bene. Poi dopo il servizio di leva, ci penserò. Al momento stavo solo
pensando dove potremo impiantare la nostra casa. Ecco tutto qui! >
< In qualsiasi posto. Purché assieme, ragazzo mio!.... In verità non
sono mai stata così felice, nell'averti incontrato, mio bel Guardiacaccia! >
< E' la stessa cosa anche per me amore! >
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Capitolo Tredicesimo
Appena fuori dal pueblo presero la strada di campagna per arrivare
dall'altro lato della casa degli zii, oltre cambiare il panorama del posto.
Però ad un certo punto si trovarono Bello che nitriva contento nel vederli
arrivare. Lui aveva fatto una corsa nel prato ed ora era lì davanti a loro che
aspettava una parola del suo cavaliere e Lorenzo aveva già compreso, nel
dirgli: < Ti stai allontanando troppo dalla casa degli zii. Va bene Bello,
vorrà dire che saliremo in groppo tutte e due. > unendo le mani da
permettere a Carolina di montare col piede sulle sue mani e salire sul
cavallo e lui dopo con un balzo era già sopra dietro a Carolina, che
protestava: < Ecco! Come fai a far riaprire la tua ferita! >
< Va tutto bene amore. Con te vicino mi sento invincibile! > e Bello si
avviava contento di sentire le persone che gli volevano bene sulla propria
schiena. Camminando tranquillo da infilare il cortile di casa e avvicinarsi
al balcone della cucina, da poter farli scendere tranquillamente.
< Grazie Bello! Hai ancora del fieno nella mangiatoia? > e Bello
muoveva la testa su e giù, affermativamente. < Vai tranquillo nella stalla
passerò più tardi a trovarti. Ciao! > E Bello nitrì, avvicinandosi a Carolina
e lei con un bacio, lo coccolò da renderlo felice e via nella stalla nitrendo.
Lorenzo si era fermato a sguazzarsi un po' sotto la fontanella e infine
tranquilli entrarono in casa e tra i famigliari che discorrevano trovarono
una inaspettata sorpresa.
Il conte Don Pedro Sarvino era la in casa e discorreva tra loro tranquilli.
Appena i giovani entrarono ci fu un momento di silenzio. Lorenzo non
aveva notato l'auto ferma davanti casa, essendo arrivati da dietro a cavallo.
La reazione immaginata quella che poteva essere da parte del giovane non
c'era stata, anzi Lorenzo a fatica si portò accanto al conte nel dire deciso
senza cattiveria: < Come si sente Don Pedro oggi? Ci fa piacere vederla in
piedi dopo la batosta ricevuta... >
< Abbastanza bene! Grazie figliolo per l'interessamento... Se mi
permetti vorrei solo poter dire... > ma fermato da Lorenzo, alzando la
mano e li stupiva un po' tutti: < Non c'è bisogno di dire nulla. Già così se
ne parlano troppo e in tutto la nazione. E' successo e basta! Piuttosto lei
deve rimettersi in forza, se deve guidare la sua finca Don Pedro. Mi
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farebbe piacere vederla ristabilito. Avrà senz'altro molto da fare al rancho,
ma so che ha dei validi collaboratori che la stimano e sapranno aiutarla al
meglio. Ci terrei che tutto vada bene... Auguri Sènor Pedro! > dandole la
mano e il conte era talmente emozionato che stava per piangere, a non
saper cosa fare...nell'alzarsi dalla sedia e a quel punto Lorenzo non riuscì
ad essere in disparte, ma con slancio lo abbracciò con forza in silenzio, nel
mormorare commosso... < Perdonatemi se sono stato sgarbato nei suoi
confronti. Ma era talmente arrabbiato. Ero furente... Mi dispiace! >
< Figliolo caro! Quanto ho atteso questo momento? Sono passati
vent'anni e ho sempre avuto una gran paura a svelarti la nostra storia.
Temevo di perderti per sempre. Ecco il mio grosso sbaglio figliolo! >
< Quasi c'era riuscito a liberarsi di me e di quel che resta di un
guardiacaccia.... Se permette vorrei presentarle la mia fidanzata, la sènorita
Carolina DeVega. E ci farà piacere se verrà alle nostre nozze, appena
decideremo dove sistemarci, oltre un lavoro... >Prego Carolina, il Sènor
conte Don Pedro Sarvino. > espose Lorenzo con garbo.
< Felicissima di conoscerla papà Pedro! > sbottò decisa Carolina.
Da far sorridere un po' tutti in quella mezza pace fatta e lei decisa stava
soverchiando le divergenze latenti.
Il conte provò a dire: < Sono veramente fortunato figliola nel conoscerti e
sono altresì contento che sei la donna giusta per questo mio ragazzo, che
ho amato tanto e di nascosto. Credimi non far che succeda un'altra volta. Io
ho sbagliato e vorrei che non succeda più in avvenire... Credetemi! >
< Tranquillo pa', non succederà mai più in futuro. > sbottò Lorenzo
nel capire ch'era inutile continuare a negare le circostanze. Bisognava
guardare avanti: < Comunque tanto per non perdere le vecchie abitudini,
finché non vado a far il mio servizio di leva a militare. Vorrei continuare il
mio lavoro, se a te pa' non dispiace? >
< Veramente vorresti riprendere il tuo lavoro alla finca? Ti
ringrazio figliolo... Grazie tante di aver ascoltato il tuo cuore. Grazie! >
E prontamente Maria provava a dire entusiasta: < Caro conte, le avevo
detto che ha un figliolo d'oro e non tiene rancore e nemmeno miraggi di
grandezza. Da quel che ho saputo è amato da tutti alla vostra finca e
merita la più grande stima. Un buon lavoratore... > fermata da Carolina nel
dire lei: < E sarà senz'altro un buon marido appena ci sposiamo. >
Mentre Sergio arrivava su dalla cantina con delle bottiglie di vino per
brindare la pace ritrovata: < Zio Eugenio sono queste bottiglie di vino che
ho preso? > appoggiandole sulla tavola, aiutato dall'autista del conte,
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Giulio il marito della cuoca Carmensita alla finca. Carolina a quel punto
tirava fuori la torta che aveva fatto al mattino per mangiarla al giorno dopo
la famosa domenica, dato che la sagra era sfumata e pertanto la torta era
proprio il momento giusto da presentarla a tutti: < Questa l'ho fatta io
stamattina, come la mia prima opera dolciaria. Sapendo che domani non
saremmo andati alla sagra. Invece adesso è proprio il momento giusto per
assaggiarla. Spero che piaccia a tutti voi... > espose dubbiosa.
< Hai fatto la torta amore, che bella presenza e ben guarnita! >
dandole un bacio per ricompensa.
Mentre il fratello maggiore Enrico, commentava il fatto con il fratello
Sergio: < Meno male che non ci siamo impegnati a trovargli un marito
fatto su misura. Non immaginavo che la nostra sorellina sapesse
arrangiarsi da sola e molto bene. > mentre tutti si gustavano il dolce e il
buon vino fresco di cantina, il conte provò a dire commosso: < E'
veramente buona figliola cara! In verità avevo sempre sperato e
immaginato che Lorenzo trovi la donna per proseguire il cammino della
vita. Carolina ti meriti i miei più grandi elogi. Sei la ragazza giusta! >
< Avevi ragione zia Maria! Le prime idee sono quelle giuste.
Cin,cin! Ai giorni migliori! > ma non poté finire Lorenzo la baciava sulla
guancia per la felicità ritrovata in tutti i sensi. Nel dire poi con una luce
diversa negli occhi innamorati: < Il conte mio padre mi ha dato prima,
questo anello che apparteneva a mia madre e io vorrei donartelo come
richiesta di fidanzamento ufficiale... Posso mettertelo? >
< Ho mio Dio che bello! Certo che lo voglio, > porgendo la
mano, nel dire commosso con una piccola lacrima che le scivolava sul
viso. < Grazie Amore! > buttandole le braccia al collo e baciandolo con
decisione, da esserne ricambiata. Con un augurio di tutti i presenti.
Era ormai l'una di notte quando il conte lasciò la casa del dottore e tutti
quelle brave persona che avevano sostenuto il proprio figliolo. Con
l'accordo che all'indomani Lorenzo sarebbe rientrato alla finca. Carolina fu
la prima ad abbracciarlo con affetto nel dire: < Tranquillo papà, se
permette domani verrò anche io al vostro rancho? >
< Guai se manchi figliola benedetta! Hai dei modi di fare che mi
ricordano la sua povera madre, la mia adorata moglie... >
< Passo a prendere la mia Licia e arriveremo al più presto papà! >
< Questa è stata la serata più bella della mia vita dopo tanti anni
dalla sua nascita, che lo seguito con fervore, ma sempre di nascosto.
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Grazie a tutti e buenas noches! > salendo in auto contento.
Lorenzo e Carolina lo salutavano con le mani alzate, mentre l'auto si
allontanava giù per la via tra le case del pueblo.
Anche i fratelli si prendevano i propri cavalli e con un bel saluto a tutto,
rientravano contenti alla propria finca a una decina di km di strada.
Poi in casa zia Maria gli consigliava ai due piccioni innamorati: < Vi ho
sistemato meglio la soffitta ragazzi. Penserà lo zio a dare la biada a Bello
domattina. Potete dormire e riposare un poco, ve lo meritate. Notte! >
< Grazie e Buenas Noces Zii ! > risposero assieme mentre salivano
sulla scala a chiocciola, Nel trovare la stanza sistemata al meglio, fatta
apposta per due persone che si vogliono bene, senza strani pregiudizi.
Si trovarono distesi nudi sul letto a discutere come se fosse una cosa
abituale, invece era prima volta per tutte e due. Ma si sa l'amore fa dei
brutti scherzi ai giovani inesperti, ma che apprezzano e s'accontentano
anche di poco. Poi l'amore vero irrompeva senza preavviso da renderli
felici di quel poco che avevano di offrirsi tra loro. Capendo che la loro vita
stava appena incominciando il cammino ed era assai lungo e pertanto
dovevano usare la giusta misura e la saggezza acquisita in quel poco tempo
avuto a disposizione. Poi tra baci e carezze a scoprire ogni parte nascosta.
Lorenzo aveva messo la mano sotto la propria testa e restava ad ascoltare
le parole che la sua dolce Carolina e gli stava dicendo con affetto: < Amore
mio, senza aspettare gli anni migliori, io desidero avere dei figli nostri. Tu
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sei d'accordo? > vedendo che approvava senza parlare, muovendo il capo
sorridendo tra un bacio e un altro e lei continuava a dire nella foga di
quella loro prima notte d'amore: < Poi lo sai bene che abbiamo un papà che
desidera essere nonno e sarà ben felice di guardare crescere i nipotini che
gli daremo. Nel poter riprendere ed esprimere ciò che per anni ha tenuto
nascosto.... Non sei d'accordo? Si hai ragione amore, parlo sempre
troppo... > si scusò dopo quella trafila di parole dette velocemente.
< Tranquilla amore! Le cose belle verranno fuori da sole, sempre che
il tuo cuore li aspiri con desiderio e tanto amore! Ora proviamo a dormire
se dobbiamo fare domani quella cavalcata e incontrare gli amici sinceri
alla finca dei Sarvino.... > consigliò baciandola da tapparle la bocca. Nel
trovarsi a far nuovamente l'amore, stavano diventando insaziabili di baci e
carezze in continuazione, da divenire un rituale senza immaginarselo.
Erano le undici del mattino, quando si svegliarono assonnato avevano
dormito poco. L'amore li aveva tenuti svegli per molte ore tra baci e
carezze a profusione.
Poi il nitrito di Bello fece capire ch'era un po' dardi. Stava giocando con
cuginetta Rosita fuori nel grande cortile ai confini del prato, affettuoso.
Loro due si alzarono contenti con piccoli baci e carezze a giocare ancora
come dei giovincelli insaziabili al giochi amorosi. Poi, con decisione
Lorenzo provò a dire risoluto: < Ragazza mia è ora di alzarsi dal caldo di
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questo letto, costretto ad essere muto. Sarebbe troppo bello poter restare e
continuare a sbaciucchiarsi avanti. Però, per essere la prima notte passata
assieme, ne abbiamo già fatto di tutti i colori.... Dai coraggio Amore! >
< Hai ragione dobbiamo metterci in ordine e presentarsi a casa tua
doverosamente a posto. Non ti spiace se vado prima io in bagno da basso?
Mi scappa.... > commentò sorridendo Carolina.
< Tranquilla Amore! Io vado fuori a lavarmi alla fontana e a calmare
Bello irrequieto quanto sembra. Ha senz'altra sentito ieri sera che saresti
tornata alla tua finca a prendere Licia ed è per questo che non sta più nella
pelle. Si è innamorato cotto come noi due. Giusto amore! >
< Eh, l'amore che brutti scherzi che fa? E non immaginavo ch'è così
bello volersi bene e in verità continuerei a far all'amore... Dai andiamo che
abbiamo molte cose da fare oggi... > dandogli un bacio e via giù per le
scale di corsa. Le scappava veramente.
Lorenzo era uscito fuori e trovò Eugenio che stava discorrendo con Bello
e la figliola Rosita, poi nel vedere Lorenzo provò a chiedere: < Non so
cos'ha Bello oggi? > mentre lo stallone si avvicinava a Lorenzo
strofinandosi contro il muso e lui si spiegava allo zio: < Ieri sera ha sentito
dire da Carolina che sarebbe andata alla sua finca a prendere Licia e lui...
Ecco vedi, si è subito eccitato, vero Bello? > mentre il cavallo nitriva di
contentezza all'approssimarsi all'incontro con la sua amata cavallina dal
manto nero: < Tranquillo la vedrai tra poco Licia! > l'informò Lorenzo
mentre andava alla fontana a lavarsi almeno il viso e poi via in casa a
mettersi in ordine, nel frattempo erano arrivati i fratelli DeVega e
portavano la cavallina Licia e subito Bello si mise d'impegno a corteggiare
la cavallina, che sembrava gradire il focoso stallone innamorato, mentre
arrivava Carolina a vedere il trambusto che i due cavalli nel farsi le fuse e
fu lei che prese la sua Licia e gli tolse le briglie. Nel dire ai due cavalli, per
lo più a Bello: < Andate a far una bella corsa nel prato, ma tornate presto
che dobbiamo partire. D'accordo? > e Bello che nitriva muovendo il capo a
intesa, assieme alla giumenta in calore e via di corsa nel prato a far
all'amore. Eugenio provò a dire alla nipote sul preoccupato: < Carolina,
pensi veramente che tornano presto quei due in calore, scappati laggiù nel
prato. Temo che non ritornano in tempo? > guardando il rincorrersi dei
due cavalli nel verde prato la davanti.
< Bello si è sempre comportato con dovuta intelligenza e saprà capire
i suoi compiti di buon cavallo ad assecondare il proprio cavaliere... Vado a
terminare di vestirmi. Devo fare una buona impressione alla finca. Ma,
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anche voi venite tutti al Rancho Sarvino? > vedendoli messi in ordine.
< Siamo stati invitati dal conte e pertanto dovremo fare una bella
figura ad arrivare io e la zia. > prontamente Rosita rispondeva: < Anche io
sul tuo calesse e i tuoi fratelli miei cugini a cavallo. Giusto papà? >
< Certamente Rosita! Ecco Carolina perché temo che quei due
innamorati si stanno trastullando troppo nel prato?... > provò a dire
Eugenio pensieroso. Nel frattempo era arrivato Lorenzo discretamente
messosi in ordine e con un bel fischio chiamò a rapporto Bello e la
cavallina che correva al suo fianco ad accorrere al fischio amico e dopo un
momento erano lì accanto a fissare il cavaliere Lorenzo che gli diceva più
che tranquillo: < Vorrà dire che appena a casa alla finca, sarete liberi di
correre. > e lo stallone nitrì vigorosamente a confermare l'accordo:< Così
potrete riprendere a rincorrervi. Giusto Bello? > e un'altr bel nitrito di
approvazione e anche Licia approvava a nitrire strofinandosi al proprio
partner felice. Da stupire il dottore nel dire sorpreso: < Hanno ragione di
dire che gli mancano soltanto la parola. Che bravi! > accarezzandoli
entrambi e dimostravano gradire quelle carezze amiche.
Poi Eugenio gli mise le briglie e Sergio rimise la sella alla cavallina da
essere pronta per Carolina, a Bello non serviva una sella il suo cavaliere
non ne faceva uso. Rimanendo accanto alla sua Licia che lo coccolava
affettuosa nello strofinarsi i musi assieme.
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Capitolo Quattordicesimo
Alla fine si erano messi in marcia, come una bella comitiva di gitanti
domenicali. Mentre passavano per il pueblo i cittadini pensavano che il
dottore condotto e amici si recavano alla sagra patronale ad Albacete.
Loro invece avevano preso un'altra strada appena fuori in periferia, erano
diretti al Rancho Sarvino situato poco lontano dal pueblo di Fuente Alamo.
Avevano da poco superato il pueblo di Fuente Alamo e sul calesse lo zio
aveva messo in mano a Rosita le briglie del cavallo a guidarlo contenta e ai
lati i nipoti a cavallo che chiacchieravano animatamente sulla buona
riuscita della scabrosa faccenda di Lorenzo, il giovane conte Sarvino.
Più in dietro Lorenzo e Carolina sui propri destrieri che in continuazione i
due cavalli si complimentavano in toccate di muso a mantenere il loro
ardire sempre pronto, da far sorridere Carolina che commentava con
Lorenzo: < Roba da non credere che degli animali sappiano corteggiare ed
amare la propria partner come gli umani. Guardali come tubano, si vede
che si sono piaciuti subito fin da quel giorno e in verità mi sei piaciuto
anche tu, nel vedere il tuo bel sedere sodo, mentre correvi dietro al
cespuglio a vestirti. Sì mi sei piaciuto subito e mi ero prefissa nel dirmi da
sole, quella sarà il mio uomo. Non poteva essere diversamente.... Ecco ora
lo sai cosa ho pensato in quel momento. > espose seria al ricordare.
Da far sorridere Lorenzo, che aggiungeva al racconto: < In verità son
rimasto colpito dalla tua bella presenza con quel vestito trasparente,
appiccicato contro, da far risaltare le tue morbide curve che sembravi una
apparizione celeste.. Roba da non credere!...> commentò.
< Cosa sembrava il mio seno? > domando curiosa.
< Qualcosa di sublime sotto la trasparente stoffa e la prima cosa che
mi son detto tra me: Se fosse vero? E non un sogno... Ma non immaginavo
che diventasse realtà reale.... > rispose serio. Poi Sergio li interruppe e
chiamò la sorella e lei guidò la sua cavallina dal fratello per sentire cosa
doveva dirgli: < Non ci siamo ricordati di portare qualcosa?... >
< Già hai ragione... > rispose nel pensare...
Poi uno sparo di doppietta risuonò tra gli alberi del bosco e Carolina
girandosi appena dopo aveva visto Lorenzo a terra, immaginando una
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caduta dal destriero per il colpo sentito sparare. Ma era ben altro. Lorenzo
era stato colpito dal proiettile vagante? L'avevano colpito veramente, da
farlo urlare di dolore: < Accidentaccio! Che male!!> borbottò cadendo.
< Nooo!! > Solo un urlo di disperazione di Carolina uscì fuori dalla sua
gola e appena dopo lo stupore a non capire bene il perché del guaio?....
Qualcosa di sgradevole era successo tra gli alberi del bosco. Forse un
cacciatore distratto che aveva sbagliato mira? Ma la faccenda sembrava
ben diversa, Lorenzo era caduto a terra bocconi col il petto intriso di
sangue e Bello che correva infuriato su per la collina tra gli alberi. Poi un
altro sparo e il forte nitrito di Bello che aveva calciato con furia il
cacciatore terrorizzato, se non veniva salvato dall'intervento di Enrico nel
rincorrere dietro al cavallo di Lorenzo e a capire dove andava il suo
cavallo spaventato e invece aveva individuato lo sparo e stava punendo il
vile cacciatore criminale.
Intanto Sergio aiutava Carolina a dare il primo soccorso al proprio
ragazzo ferito gravemente. Anchee il dottore Eugenio era sceso dal calesse
e accorreva indietro a vedere cos'era mai capitato di grave. Subito si dava
da fare a capire quale fosse l'identità del danno provocato dal fucile di
caccia e nella rosa dello sparo, che per fortuna solo tre pallini avevano
preso Lorenzo tra la spalla e il petto da scaraventarlo giù da cavallo.
Eugenio si prodigò subito a prendere la sua borsa che per fortuna non la
lasciava mai a casa, portandosela a presso e in quel momento era
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l'essenziale avere qualcosa per il primo intervento. Zia Maria aveva
lasciato Rosita sul calesse: < Tu rimani qui e non muoverti, Hai capito! > e
di corsa stava aiutando con dei pezzi di stoffa pulita del suo nuovo
sottoveste, mentre il marito tentava di estrarre subito il tre pallini
conficcati nella carne ad evitare una infezione dal piombo caldo, essendo
debole il giovane dopo la prima ferita e perdita di sangue. Pertanto
bisognava far presto e bene e magari poi portarlo in ospedale a Albacete.
Carolina era più che mai incavolata con chi non sapeva nemmeno andare
a caccia: < Ma chi è quel miserabile cacciatore strabico?! > urlò disperata,
tentando di non lasciarsi prendere dal panico, non era il momento di
lasciarsi andare e nemmeno a piangere.
Poi il ritorno del fratello maggiore con un fucile in mano e stava
spintonando un cacciatore a piedi al fianco del suo destriero e dietro Bello
che nitriva arrabbiato tenendo d'occhio il cacciatore criminale. Enrico
stava dicendo arrabbiato: < Questo manigoldo può ringraziarmi se sono
arrivato in tempo. Bello l'avrebbe stirato sotto gli zoccoli e sistemato per
sempre. Lui è quello che ha sparato a Lorenzo! Per cosa? Parla adesso,
altrimenti ti sparo io in bocca?... Anzi lascio che bello termini il lavoro...
Parla bastardo! > mentre Bello si stava avvicinando minaccioso. Aveva
subito individuato chi minacciava il suo cavaliere e l'aveva rincorso e
quello aveva tentato di sparare al cavallo, ma Bello l'aveva preceduto con
una zoccolata, l'aveva fatto ruzzolare giù dalla scarpata. Per fortuna che
Enrico l'aveva rincorso e fermato dal pestarlo con gli zoccoli. Alla fine
quello si mise a parlare tremante di paura e tenendosi una mano sulla
pancia, dove aveva ricevuto una zoccolata da Bello: < Mi hanno pagato
per sparare a quel ladro di cavalli... > alzando la mano a fermare il cavallo
che voleva avvicinarsi a colui che aveva sparato al suo amico cavaliere, nel
frignare: < Tenetelo fermo! La contessina mi ha dato tremila pesetas per
fare il lavoro. > Mentre Carolina inviperita a quelle risposte si era
avvicinata a chiedere con fermezza: < Ma da chi ha saputo che oggi
passavamo di qui? Parla disgraziato! Miserabile verme! > sbottò adirata.
< La sua fidata cameriera gli ha riferito che oggi il ladro tornava alla
finca. E lei mi ha promesso un anticipo di pesetas per il lavoro e il resto
più avanti appena tutto è sistemato.... Per me è un lavoro, cacciare fagiani
o persone cosa importa. Basta far bene il proprio lavoro ordinato su
commissione... Se non era per quel maledetto cavallo non mi avreste
preso.. eh! > ma non poté finire Carolina gli allungò un poderoso pugno
sul naso da farlo sanguinare e cadere nel frignare dal dolore. < Bastardo!
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Tu e quella megera? > urlò Carolina. Nell'andare dal suo uomo per bene
impallinato. Lo trovò che si era un po' ripreso e lo zio che trafficava a
togliere i pallini, che per fortuna non erano in profondità, nel dire: < Meno
male ragazzo mio, ne hai presi soltanto tre e non in profondo. Tieni duro
ancora un poco e abbiamo finito di macellarti. E ringrazia ragazzo che mi
porto sempre la borsa del mestiere... > commentò nel capire che dopo tutto
non era grave il danno fatto, solo una bella infezione poteva sorgere dopo.
< Caro zio dottore, mi sa che dovrò stipendiarti di questo passo. Su
tre, per due mi devi risistemare la pelle... Grazie zio Eugenio! >
< Uauh! Ma ce la proprio a morte con te, la pazza ex sorellastra? >
< Immagino che la saputa da sua madre prima di morire e gli abbia
svelato qualcosa che aveva anch'essa saputo dall'ufficiale di marina che
frequentava? Erano le voci raccontate delle anziane alla finca. Quello
ch'era un nipote del vecchio sindaco di Fuente Alamo e pertanto sapeva
che ero il vero figlio del conte. Penso proprio che è andata così. Ed ora a
trovato un mezzo pazzo criminale per vendicarsi. Uno che va in giro a fare
il killer di professione per tre pesetas. Roba dell'altro mondo!
Accidentaccio boia, com'è dura la vita! Per tre pesetas ti scannano? Zia
Maria hai la fiasca dell'acqua ho molta sete.... > e prontamente Sergio si
prendeva la sua borraccia dalla sella del suo destriero e la porgeva al ferito,
nel dire sorridendo: < Questa è fresca lo riempita a casa dello zio. Bevi
piano. Non voglio perdere un cognato ancora prima che si sposi mia
sorella. Poi ci toccherà per davvero cercarne uno non blasonato per evitare
cose di questo genere. Dai coraggio, futuro cognato! >
< Già, hai ragione. Doverla lasciare vedova prima di sposarsi.. Hai! >
Mentre Sergio andava subito a Fuente Alamo ad avvisare i gendarmi che
vengano a prendersi il killer cacciatore. Loro stavano mettendo sul calesse
Lorenzo abbastanza stordito e poi la puntura che il dottore gli aveva
somministrato stava facendo effetto. Bello stava seguendo il calesse al suo
fianco nel controllare il proprio amici cavaliere. Carolina dall'altro lato su
Licia che seguiva il calesse di pari passo.
Dalla finca il giovane stalliere Santino che al momento sostituiva
Lorenzo stava venendo in contro all'arrivo del giovane conte suo amico.
Aveva sentito da lontano gli spari, ma non immaginava. Poi appena aveva
appreso il fattaccio e saputo che era stata Maddalena a escogitare
l'attentato, era corso di volata alla finca ad avvisare il conte del misfatto
capitato al figlio Lorenzo.
Perciò appena arrivato nei pressi alla finca aveva incontrato il capo
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braccianti e velocemente gli raccontò l'accaduto. Alfonso si infurio nel
dare ordine al ragazzo: < Santino corri alla finca e stacca i cavalli dalla
carrozza e portali nella stalla. Quella megera di Maddalena non se ne deve
andare via con, e senz'altro con un sacco di roba di valore. Aveva caricato
la carrozza della sua roba, diceva lei? Andiamo di volata a fermarla! > Poi
alla finca mentre smontavano da cavallo, Santino slegava i cavalli dalla
carrozza, ferma davanti alla casa patronale e prontamente Maddalena e la
sua serva Federica da sopra la carrozza aspettava che il cocchiere le porti
via. Perciò si mise ad urlare al cocchiere: < Andiamo via! Mah, cosa fate?
Riattaccate i cavalli, il conte mi ha dato il permesso di prendermi la mia
roba... Presto bifolchi rimettete i cavalli alla carrozza. Muovetevi!? >
urlava gesticolando come una forsennata.
< Hai finito di comandare Maddalena! > Alfonso prendendo il fucila
da caccia che aveva preso da sotto la sella del suo cavallo: < Restate dove
siete donna ingrata. Rimanete ferme prima che vi impallino per bene. >
mentre il cocchiere se la dava a gambe levate. Alfonso aveva il fucile
ancora sotto il braccio, ma sapeva che non si azzardavano a scendere dalla
carrozza.
< Chiamate la policia e avvisate il conte! Hanno sparato a Lorenzo! >
gridò forte Alfonso da farsi sentire da tutti i dipendenti della finca. Mentre
stavano uscendo fuori un po' tutti a vedere cos'aveva combinato ancora
quella perversa donna di Maddalena? Erano tutti ben contenti che se ne
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vada altrove a spadroneggiare e a comandare persino per un bicchiere di
acqua se non era fresca poi se gocciolante diventava cattiva e egoista. < E'
una pazza quella! I pesetas gli hanno montato la testa... > dicevano.
Il conte allo scuro dei fatti aveva permesso a Maddalena di restare
qualche giorno ancora, salvata da una denuncia per truffa e spergiura di
falso. Permettendo che si prenda le sue poche cose e sparisca dalla finca,
ma senza controllare cosa si prendeva in quei bauli e valige caricate sulla
vecchia carrozza presa in prestito per l'occasione.
Poi alla fine il conte avvisato era arrivato fuori casa, alla notizia che
avevano sparato al figlio e le voci dicevano che era stata Maddalena a dare
l'ordine ad mezzo matto che dia il ben servito al giovane conte...
Don Pedro si alterò alla grama notizia e stava per urlare, nel dire ad
Alfonso sull'adirato: < Se scendono dalla carrozza sparagli! > proprio
mentre arrivava il calesse con Lorenzo ferito e per fortuna con il medico
accanto, nel correre accanto e chiedere: < Come stai figliolo? Non me la
perdonerò mai di averle dato una tetto sulla testa e fiducia spropositata a
delle pazze?... Ecco il ringraziamento! > guardando Lorenzo che soffriva e
a fatica rispondeva: < Tranquillo pà! Solo tre pallini mi sono preso... Ohi!
In verità prima stavo meglio. C'è la proprio a morte con me! > rispose.
< Stai calmo Lorenzo, non ti affaticare. Cosa dici zio è meglio
portarlo all'ospedale? > domando preoccupata Carolina. Poi vedendo
Maddalena che inveiva a scendere dalla carrozza inservibile senza cavalli.
Carolina si stava dirigendo da quella parte, ma subito Sergio la fermo
deciso: < Calma sorellina! Vedi sta già arrivando la Jeep della policia e se
la porterà via stavolta. > Carolina si era fermata più che mai infuriata.
Mentre i contadini e il personale di casa Sarvino si erano attorniati al
giovane a confortarlo e scusarsi della loro poca fiducia adottata nei giorni
precedenti. Anche il giovane staliere Santino si era avvicinato ad ascoltare
e poi dare una carezza a Bello che rimaneva accanto alla carrozzina
dov'era sopra il suo cavaliere ferito. Lorenzo lo chiamo: < Santino, per
favore dai da mangiare a bello e alla cavallina Licia e poi lasciali liberi che
corrano nel prato... Tranquillo, Licia segue costantemente il suo stallone. >
Mentre la Policia si informava con il sènor conte e appena dopo si
portavano via le due donne a visitare le carceri di Fuente Alamo. Il
cacciatore killer era già stato sistemato in una bella cella, in attesa di
giudizio per tentato omicidio.
Gli uomini della finca prendevano Lorenzo e lo portavano in casa da
aver migliori cure dallo zio dottore. Seguita da Carolina ancora troppo
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agitata. Mentre zia Maria discuteva con il conte sui fatti accaduti.
Frattanto i due cavalli erano lasciati liberi a correre nel prato che Bello
conosceva più che bene e senz'altro insegnava alla sua bella Licia il
perimetro dove scorrazzare, ora che il suo cavaliere era in mani sicure.
In casa era tutto un vie vai di persone che si davano da fare a dar almeno
da bere a tutti quanto, per il caldo e i tanti problemi capitati che facevano
aumentare la temperatura spropositamente. Mentre Lorenzo con un forte
sedativo si era addormentato e Carolina non lo lasciava neanche un
secondo. Erano ormai le cinque di pomeriggio e decisero di mangiare
qualcosa di quel che il conte aveva fatto preparare per gli ospiti di
riguardo. Chiedendo poi ai fratelli DeVega di fermarsi lì a riposare. Ma
avevano del lavoro a casa e sul tardi avrebbero ripresero la marci del
ritorno. La zia e lo zio con Rosita si sarebbero fermati quella notte, da dare
un controllo al ferito, se veramente fosse il caso di peggioramento doverlo
portare in ospedale. Alla fine a notte tarda il conte aveva già fatto
preparare delle stanze per gli ospiti da riposare in tutto quel trambusto
capitato. Mentre il conte si scusava ancora con tutto, nel dire: < Mi scuso
ancora con tutti voi, per la mia sbadataggine a tentare di lasciar perdere il
male provocato dalla tanta avidità accumulata. So di aver sbagliato un
sacco di cose nella mia vita passata. Spero amici miei che comprendiate la
mia stupidità, ma non l'ho fatto con cattiveria, speravo di far del bene, ma
era sordità latente. Grazie amici cari! >
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Capitolo Quindicesimo
In mattinata il dottore riferiva al conte l'andamento buono del paziente.
Spiegando: < Dovrà restare un po' di giorni a letto e se la febbre non sale
vorrà dire che ha superato il guaio. >
< Grazie Eugenio per l'assistenza a mio figlio! > mentre Rosita gli
tirava la manica della camicia, nel chiedere: < Sènor Pedro, posso prendere
un po' di fiori dal suo bel giardino? > guardandolo dal basso. E il conte si
accucciò nel rispondere:< Dai piccina, vieni con me che ti porto in mezzo
al giardino a raccogliere i fiori che preferisci. Andiamo piccola Rosita! >
Al primo pomeriggio gli zii rientravano alla loro casa, il dottore doveva
aprire l'ambulatorio a Montealegre del Castillo. Il ferito progrediva molto
bene da sembrare che i pallini di piombo non potevano sconfiggerlo, nel
ringraziare gli zii premuroso: < Grazie di tutto cuore! Ho trovato dei
parenti magnifici... Vorrà dire che in settimana prepareremo le nostre
nozze e non dovete mancare. Non voglio aspettare ancora. Amo troppo la
mia futura sposa che si sta prodigando a tenermi il morale alto e la voglio
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far felice, senza troppe complicazioni. Ma con fermezza la voglio far
diventare mia moglie. > espose Lorenzo deciso davanti a tutti i presenti.
< Grazie ragazzo mio per la tua richiesta a chiedermi in sposa e alla
svelta. Sono anch'io ansiosa di par parte delle tua vita, anzi nostra amore!
Troppe cose storte ci sono state nel passato e spero che d'ora in avanti ci
sia un po' di pace per tutti noi... Mi pare che assomigliamo ad una bella
famiglia allargata e per una volta si è tutti d'accordo. Voglio sposare il mio
ragazzo e veder crescere i nostri figli appena verranno. Nel poter dare un
po' d'incombenza a tutti nell'aiutarci a far crescere dei figli buoni ed
educati. Grazie di avermi ascoltata! In verità parlo sempre troppo... Ma
sono tanto felice ed innamorata del mio bel Guardiacaccia! >
< Figliola cara! > commentò il conte orgoglioso di una nuora dolce
ma decisa: < Sei la ben venuta nella nostra, vostra casa, figli miei. Spero
che accettiate un vecchio brontolone che non vedo l'ora di vedervi uniti
nella nostra cappella di famiglia, dove ventitré anni fa mi sposavo sua
madre, la mia adorata sposa e sarei orgoglioso di vedere il mio adorato
figlio prenderti in sposa... Auguri figlioli! >
< Don Pedro! > domandò Lorenzo dal letto: < Ti voglio bene pa'! >
< L'ho sempre saputo che nel tuo cuore non serbi rancore. Hai lo
stesso carattere buono della tua povera madre. Che l'ho amata tanto... >
Prontamente Carolina interveniva a dire: < Papà Pedro, Sono orgogliosa
di poter far parte della vostra famiglia. Ma vogliamo affrettarci con i
preparativi, io per carattere sono impaziente. Perciò rimbocchiamoci le
maniche e dimentichiamo il passato e tutte le cose storte. Domenica che
ricorre la festività di san Lorenzo e ho intravvisto nella cappella di casa
che avete un bel affresco del santo patrono della finca. Pertanto penso sia
di buon auspicio... Giusto? > espose Carolina sorridendo felice.
Perciò si misero un po' tutti in movimento a creare una bella festa di
matrimonio senza troppi fronzoli ma con tanto amore da parte di tutta la
comunità del Rancho.
Tutti quanti si diedero da fare in quella settimana a preparare il meglio di
ognuno loro, cose mai pensate prima ma che al momento erano migliori.
Nel grande salone di casa da tempo dimenticato veniva per bene rimesso
in ordine, preparando un bel banchetto nuziale e dalle cucina si davano da
fare in qui pochi giorni rimasti a preparare delle specialità di dolci prelibati
oltre i preparare e tirare fuori le tante ricette un po' accantonate per un
evento da ricordare nei prossimi anni a raccontare poi ai figli che verranno.
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Era tutto un fermento e nelle cucine di casa non c'erano dei luoghi
appartati, ma tutti assieme a collaborare, poi nel provare il vestito della
sposa e vederla sorridere di gioia per la complicità di ogni persona che
partecipava con affetto e devozione. Sembrava che le rogne e battibecchi
fossero state accantonate, ho magari andate via con l'arresto della perfida
Maddalena e sembrava proprio che tutti avevano tirato un grosso respiro.
Lorenzo dal canto suo si stava rimettendo per bene e incominciava a fare
due passi fuori nell'aia. E subito veniva avvicinato dai due puledri che
affiatati e innamorati non si lasciavano mai. Poi essendo liberi di
scorrazzare a loro piacere nei prati attorno si sentivano anch'essi felici e
vedendo poi il loro cavaliere un po' rimesso, li faceva nitriti di felicità
sfregandosi il muso contro al giovane conte Lorenzo, che li accarezzava
nel parlare amorevolmente: < Mi raccomando Bello! Abbi cura di Licia e
non essere troppo irruente. Sai che l'amore è bello ma non bisogna
esagerare? > e sembrava che Bello capisca dal modo che baciava la sua
Licia e scuoteva la testa affermativamente. < Bravi! Ora andate a correre,
ma non allontanatevi dalla finca. Poi dovete ubbidire a Santino che vi da la
biada da mangiare... Andate ora a divertitevi e appena mi rimetterò faremo
una bella cavalcata assieme. Grazie Bello per avermi salvato dal
cacciatore! >
Bello nitrì più forte aveva compreso il significato del suo gesto fatto.
Mentre correvano via contenti nel grande spazio verde che li attendeva.
I tanti contadini affaccendati nelle proprie mansioni passavano a salutarlo
nel fare gli augura di una presto guarigione e complimentarsi per il suo
rientro alla finca e ristabilire la giusta gerarchia dovuta.
Poi domenica mattina messi tutti in ordine ben vestiti a festa, dove il
conte aveva voluto che tutti possano partecipare all'evento di quelle nozze
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tanto attese e finalmente, ringraziando il Signore, che tutto vada bene.
I parenti erano arrivati al completo e Enrico come figlio maggiore
accompagnava la sposa all'altare da consegnarla allo sposo fremente di
gioia e felicità nel fare quel grande passo tanto atteso in quei giorni di
burrasca. Ma sembrava che quel Santo protettore sistemato nel grande
mosaico sopra l'altare vegli su di loro e li benedica. Nell'iniziare una nuova
strada assieme nel lungo percorso della loro giovani vite.
Lorenzo abbastanza emozionato stava dicendo alla sua sposa dopo il
rituali sì di forma e avergli messo al dito l'anello del loro matrimonio
d'amore: < Con questo anello accetti di diventare mia sposa Carolina? >
< Certa che lo voglio e sono onorata di appartenerti amore! >
< Anch'io ti amo immensamente o mia amata sposa! >
< Non te lo immagini nemmeno, quanto anche io ti amo o mio bel
esposo, el guardiacaccia! >
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Mentre se la stringeva amorevolmente contro e la baciava un po'
timidamente, ma tanto felici in quel sublime momento.....
Un grosso scroscio di battiti di mani a il lancio del riso a completare
finalmente il congiungimento di tue persone tanto innamorate....
Fine della favola
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Luoghi, personaggi e fatti e avvenimenti succeduti,
sono puramente casuali
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Romanzi inseriti sul Web
Romanzi d'amore e d'avventura sono disponibili sul
mio SitoWeb gratuitamente in formato - PDF - ebook
1968 - Sahadja - Hilde
1970 - Un amore diverso
1974 - Viaggio al Sud
1980 - Rincorrere il rischio
1983 - Per colpa di uno stupro
1990 - Il dolore fatuo della riviviscenza
1996 - Far West - La mappa scomparsa
1997 - Anche i clown si spogliano
1999 - L’identità perduta
2006 - L’ardua risorsa
2007 - Memorie confuse del passato
2009 - Un fluttuare di un fico nella notte
2009 - La ragazza del lago Maggiore
2010 - Venti anni e un giorno per vivere
2010 - Futili pensieri a Wadi-Rum
2010 - La vita è come un grande gioco
2010 - Viaggio inaspettato
2011 - Le vie del Signore sono infinite
2011 - Pura fatalità
2011 - Una fermata di troppo
2011 - Un legame difficile
2011 - Oltre il riflesso l'inganno
2012 - Perché l'hai fatto?
2012 - Stagioni da ricordare
2012 - Valida soluzione
2012 - Il fuoco non perdona
2012 - Il verde profondo della foresta
2012 - L'ereditiera scomoda
2012 - L'attesa primavera
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febbraio
2013 - Viaggio a Lourdes
2013 - Tutto da rifare
2013 - Merorie confuse e un po' contorte
2013 - Camille
2013 - Sotto un cielo stellato
2013 - Karim il vichingo
2013 - Tutto è possibile
2013 - Sole rovente
2013 - Insidie pericolose
2013 - Bersaglio mobile
2013 - Racconti del passato
2014 - Fuga complicata
2014 - Senza destino
2014 - Vacanza complicata
2014 - Complice il ritratto
2014 - Ritorno alla vita
2014 - Lo scrigno conteso
2014 - Las leyenda misteriosa an Machu Picchu
2014 - Qualcosa di sbagliato
2014 - Quella panchina vuota
2014 - Una particolare situazione
2014 - La lotta per la pagnotta
2015 - Quei fiori sulla scogliera
2015 - La custode del faro
2015 - Una questione di classe
2015 - La cosa più bella che ho di te
2015 - Se fosse Vero?
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http://erosmenkhotep.altervista.org/
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Pierantonio Marone
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