Se fosse vero? - Questa è la pagina di Pierantonio Marone
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Se fosse vero? - Questa è la pagina di Pierantonio Marone
Pierantonio Marone Se fosse vero? El jover guardabosquer Romanzo 1 Protagonisti Lorenzo Marutis Don Pedro Sarvino Maddalena Sarvino Don Alonso Sergio DeVega Enrico DeVega Carolina DeVega Rosalba Santenja Federica Molinas Carmensita Basco Giulio Basco Agnese Beznar Alfonso Beznar Beppe Santino Eugenio Malandus Maria DeVega Rosita Everardo Frezer Ado Gambini Terzo Gonzales Vigos guardiacaccia conte tenuta Rancho Sarvino contessina Rancho Sarvino parroco iglesia Saint Dionysius allevatore a Montealegre del Castillo fratello maggiore finca DeVega sorella minore cuoca dei DeVega cameriera finca Sarvino cuoca finca Sarvino autista tutto fare aiutante cuoca finca capo braccianti finca mugnaio di Ontur staliere finca Sarvino dottore di Montealegre del Castillo moglie del dottore la loro bambina dottore chirurgo Madrid professore traumatologia. direttore clinica dottore tirocinante Bello Licia stallone giumenta Letizia Marutis Carlos Martis Alfonso Lados Carlos Deprimeros Padre Don Ermenegildo madre + zio materno + sindaco + prefetto + parroco + Rancho a Fuente Alamo, nella regione Castilla de la Mancha Lago Embalse del Bayoco en provincia di Albacete in Spagna Montealegre del Castillo residencia antichi feudatari da Huesca 2 Rancho tenuta dei Conti Sarvino 3 Capitolo Primo Il guardiacaccia Lorenzo Marutis stava entrando nel sottobosco ai confini della grande tenuta il Rancho dei conti Sarvino a ridosso delle prime colline. Doveva controllare il flusso degli animale selvatici che vi abitavano e pascolavano liberamente, oltre i tanti bovini lasciati liberi sul pendio della collina boschiva. Nella loro finca il conte non era amante di allevare tori per finire nelle corride a esaltare il pubblico che adorava vedere il sangue scorrere nella Plaza de Toro e talvolta non era il toro uscire morto e trainato dai cavalli, ma qualche torero che aveva calcolato male l'animare inferocito dalle ferite inferte e pertanto gli era andata male. Lorenzo era dello stesso parere del conte Don Pedro Sarvino, anche lui non era un amante delle corride, lui era vivere e lasciar vivere, persone o animali. Cercava sempre un sistema per accordarsi, se non ch'è fosse necessario dover abbattere l'animale troppo inferocito e pericoloso. Al momento era alla ricerca di un daino che da giorni era sparito dal territorio e non voleva che fosse stato preda di bracconieri o di qualche lupo solitario che bazzicava da quelle parti, ma che sovente cacciava soltanto prede piccole e facile da trasportare nella propria tana a sfamare i cuccioli che aveva visto in primavera aggirarsi ai piedi del monte tra la bassa vegetazione boschiva. Lorenzo senza forzare troppo il suo bel stallone, era arrivato dove nasceva il piccolo lago Embalse, proprio lì da una piccola cascata sorgiva, situata nell'insenatura tra le due montagne rocciose ai piedi della montagna, ricoperte di faggio e bassi abeti. Con quel caldo torrido di quei giorni il giovane guardiacaccia pensò bene di farsi una buona nuotata e godere di quella fresche acque sorgiva all'inizio del lago dell'Embalse del Bayoco, da rianimarlo un poco dalla calura e lasciare libero il stallone che si rinfreschi a sua volta a suo piacere. Lorenzo senza pensarci su due volte si svesti veloce e si tuffò nell'acqua abbastanza gelida da rinvigorirlo a nuotare più che contento in quella piacevole frescura limpida e cristallina. < Che goduria!! > urlò felice. Con lunghe bracciate si divertiva un mondo a nuotare nella quiete del posto. In quei giorni di afa Lorenzo preferiva cavalcare il suo cavallo a pelo senza 4 sella, e gli sembrava che anche l'animale di nome Bello, ne godeva di quella libertà concessa senza finimenti, da saltare e sguazzare nell'acqua contento. Si erano incontrati due anni prima terminate le scuole e subito era nato un filing tra loro due e il conte uomo comprensivo glie lo regalò per il compimento dei suoi 18 anni per l'esattezza. Ed ora bastava poco per capirsi a vicenda, il giovane stallone l'aveva preso in simpatia, da stare in buona compagnia perlustrando i tanti agri di terreno del Rancho. Perciò in quel luogo tranquillo era proprio un posto da sogno e poter passare le giornate estive in tranquillità. L'inverno però era sconsigliabile con la neve alta e il vento gelido che scendeva giù dal nord. Stava pensando Lorenzo su quel luogo deserto e tranquillo. Restò un bel po' a sguazzarsi in bracciate per rinforzare i muscoli afflosciati dal caldo torrido e opprimente in quelle settimane estive. Al momento era in vacanza estiva universitaria, pertanto alla finca gli avevano assegnato il compito da guardiacaccia e lo svolgeva con serietà dovuta da essere ben voluto e apprezzato dal conte, quasi padrino, una domanda mai specificata chiaramente, ma al momento andava bene così. Perciò mentre si godeva il posto, s'immaginava di farsi una posizione altrove appena avrebbe terminato gli studi e il servizio di leva militare, da farsi l'anno dopo. Il prossimo con il compimento dei suoi ventuno anni, avrebbe terminato gli studi liceali d'agraria alla accademia nella città di 5 Albacete, ad una ottantina di km di strada da farsi a cavallo ogni inizio di settimana e il restante della settimana a casa di amici in città come un giovane pensionato a studiare con profitto la sua materia scelta. Lorenzo nuotando tra una bracciata ed un'altra si portò più al largo a godersi quella frescura piacevole da rimanerci per un bel po' a mollo e prendere il sole rovente del primo pomeriggio estivo. Poi gli sembrò di essere osservato, o era un rumore di acqua smossa alle sue spalle, da farlo girare nel pensare che il suo destriero si stava divertendo a sua volta scalpitando nell'acqua. Ma la sorpresa fu ben altra, una giovane amazzone con qualcosa di trasparente addosso e molto aderente, complice l'acqua e le serviva da costume da bagno, più che adesivo alla pelle. La giovane si stava divertendo cavalcando il proprio cavallo, nel trovandosi a sorridere per l'imbarazzo capitato all'altro con l'acqua alla gola da nascondere il resto del corpo sotto la superficie dell'acqua azzurra. La giovane cavallerizza stava spronando il cavallo ad avvicinarsi al giovane che sembrava nudo in acqua, da creargli un bell'impiccio senza via di fuga al bagnante sorpreso alla sprovvista. 6 Lorenzo si trovò spiazzato, sapendo di essere nudo come un verme e certamente non poteva rimanere sempre in acqua, in attesa che la donna se ne vada via. Ma dal modo gli sembrava che volesse curiosare nel guidare il suo cavallo proprio dalla sua parte. Accidenti che fregatura? Immagino lui più che confuso in quella posizione a mollo. Perciò al momento era sorto un vero problema, non sapendo con chi avesse a che fare ed era disdicevole la sua posizione a mollo da nascondere la sua nudità con movimenti delle mani sull'acqua a creare increspature. Alla fine Lorenzo rompendo gli indugi con giovialità alzò la mano a salutarla: < Ehi, la! Giornata calda... > sbottò deciso. < E' piacevole restare in questa bell'acqua fresca... Sei di passaggio da queste parti? > domandò, a camuffare la sua sconveniente situazione a coprire il rossore sul viso bagnato, ma senza infastidirlo da quella presenza offuscata dal riverbero del sole di fronte e il tutto a sua volta, lo incuriosiva altrettanto, guardando l'indumento bagnato che era appiccicato al giovane corpo della ragazza. La giovane con un sorriso birichino sulle labbra, provò a rispondere al giovane a mollo: < Siete fortunati voi uomini. Giù le braghe e via un bel tuffo, senza tante storie. Eh!... > trovandosi a ridere divertita. < Già hai ragione. Pensavo di essere solo... e adesso sono nei guai? > < Non temere, ho visto molte volte i miei fratelli nudi che giocavano nell'abbeveratoio dei cavalli nel cortile di casa. Vorrà dire che quando arriverai a riva mi girerò dall'altra parte... Tranquillo bel giovane! > < Ma sono giovani i tuoi fratelli muchachi? > s'informò Lorenzo pur di dire qualcos'altro. < Certo che sono dei giovani puledri ventottenne uno e trentuno anni 7 l'altro, pronti da maritare. Sono le mie guardie del corpo. E senz'altro adesso, mi stanno cercando e non s'immaginano che sono venuto fin qui al lago per fare il bagno... Sono un po' troppo protettivi... Io sono Carolina e tu, come ti chiami giovane straniero? > lo spronò decisa. < Lorenzo. Lorenzo Marutis, guardiacaccia del conte Sarvino. > < Accipicchia! Sei tu quello che ha salvato quella anziana contadina, Carmen, così mi sembra che si chiami? Un orso la stava aggredendo... > < Beh, insomma! E' un vecchia orsa che proteggeva i suoi tre cuccioli. Sono riuscito con delle mele a farle comprendere che si era allontanata troppo dai monti più a nord, dove avrà senz'altro la sua tana. Ho sprecato due cartucce sparando in aria e ha compreso di ritornare sui monti. Tutto qui! > mentre era arrivato a riva e sperava che la giovane si giri dall'altra parte, era imbarazzante uscire dall'acqua a quel modo. < Ma la sénora Carmen aveva detto che hai lottato con il bestione e l'hai fatto fuggire via... > rispondeva Carolina girandosi un poco seduta sulla sella della sua giumenta, capendo che il giovane doveva uscire e andare un po' lontano per prendersi i propri vestiti. Mentre il suo cavallo si stava avvicinando alla cavalla della giovane, forse nel corteggiarla. E distinto Lorenzo rispondeva all'affermazione nel dire senza pensarci sopra: < Mi vedi delle unghiate sul petto, o la schiena? > coprendosi poi con le mani vergognoso e lei tranquilla se la rideva di gusto: < Guarda che il tuo stallone fa le fuse alla mia Licia.... Non vorrei che mi disarciona per prendere il mio posto in groppa... La mia cavalla è ancora vergine, ma sembra che non disdegni le avance del tuo bello stallone. > < Scusami la mia brutta situazione... Mah... > lanciando un fischi al suo stallone e subito l'animale si spostò da avvicinarsi al fantino nudo da fargli un po' da scudo e coprire le sue vergogne giovanili: < Vieni Bello che torniamo a prendermi i calzoni. Ciao Carolina, è stato un piacere conoscerti! Avrei preferito altrimenti... Spero che mi perdoni un capriccio di gola, dato l'arsura del momento... Ci vediamo al palio domenica? > < Tu sai ballare Lorenzo? > domandò decisa la giovane affascinata. < Certamente è la cosa che ho imparato subito all'università. Ci vediamo allora? Sei veramente simpatica Carolina... Ciao a presto! > allontanandosi dalla giovane facendosi scudo del suo Bello, che nitriva a salutare la cavalla della giovane, che rispondeva al richiamo. Era stato accettato. Anche la padrona Carolina era dello stesse parere nel guardare il sedere del bel giovane guardiacaccia, che spariva dietro al cespuglio e appena dopo lo vedeva montare in groppa con dei calzoni addosso e con la 8 mano alzata la salutava festoso. E il tutto appena in tempo nello sparire dentro al bosco, mentre stavano giungevano a cavallo i fratelli di Carolina, molto arrabbiati: < Ma sei matta a venire qui da sola e se ti trovavi quell'orso affamato? > urlò Enrico e l'altro Sergio che le prendeva le briglia per guidarla verso riva, nel dire a sua volta a rimprovero: < Cosi svestita, potevano vederti e tutta la contrada ne parlava. Lo sai bene che fanno presto a spettegolare e poi sì che potranno dire che vai in giro sempre sola e svestita... E chissà cosa farai poi di nascosto? > < Ma se non c'è nessuno qui al lago! Mi sono bagnata assieme a Licia a fare un po' di movimento... Uffa che barba siete voi fratelli cari! > tirando le briglie e riprendere la strada di casa con i fratelli al suo fianco brontoloni, ma comprensivi e protettivi dato la sua giovane eta quasi diciottenne il mese successivo. Carolina stava pensando al bel giovane Lorenzo, cercando d'immaginare da dove proveniva, lei non l'aveva mai incontrato all'università ad Albacete. Ma in tutto quelle cognizioni in fondo a tutto gli piaceva quel giovane, in verità aveva un bel fisico atletico e chissà, forse era nella squadra di calcio della città?.... stava continuamente pensando dove e sperare che alla festa patronale ci sia. Quella era la cosa più bella che poteva capitarle. Poi la voce dei fratelli la ripresero, nel chiedere: < Carolina se ti comporti bene domenica andremo tutti a festeggiare in città alla sagra del patrono. Sei d'accordo? > < Perché non dovrei esserlo? Siete sempre voi che decidete. Ma il prossimo mese a diciott'anni me la vedrò da sola. Allora sì che saremo d'accordo, miei bravi fratelli rompiscatole.... Ma in fondo vi voglio bene! > < Ma che brava a determinare le incombenze. Quando sarai maritata allora si che ci penserà tuo marito a tenerti in riga. Perciò fino ad allora dovrai obbedire. Poi ci sembra che in fondo non pretendiamo molto da te. Ad essere giudiziosa con tanti pericoli che ci sono in giro. Comprendi? > < Più che bene fratelli. Ma allora trovatemi un pretendente a modo mio e saremo tutti contenti.... Ah! E' inutile parlare con voi e come dirlo al vento... Non ho forse ragione? > < Dai allunghiamo il passo che il pranzo e saltato per cercarti bricconcella, ma la cena è già pronta. E Rosalba la nostra brava cuoca, sarà stufa di aspettarci... Andiamo ch'è tardi! > 9 Capitolo Secondo Lorenzo da parte sua, li aveva visti arrivare da lontano i suoi fratelli e aveva preferito non farsi vedere assieme alla sorella, non voleva che passi dei guai. E poi se fossero arrivati prima... Dio ci scampi, dal pensare veramente male? Un maniaco sessuale nudo nel lago di Embalse. Cosa da finire sul jornalero della città.... Perciò al momento era andate tutto bene e in fondo quella Carolina gli piaceva e sperava di poterla rivedere: non sarebbe poi male l'idea? Stava pensando Lorenzo con un sorriso di approvazione. Sperando proprio che domenica in città alla festa patronale, possa rivederla nuovamente. E a quel punto ci teneva veramente invitarla a ballare quella dolce creatura di Carolina. Rivedendo l'immagine di quel corpo giovane ed acerbo, sotto la stoffa bagnata e aderente alla pelle. Poi si ricordò che doveva dare una occhiata ai bovini se erano arrivati al recinto all'alpeggio per la notte e se c'era il mandriano che li controlla. Trovandolo in ordine, contando velocemente i capi erano al completo. Perciò chiuse il cancello rimasto aperto e riprese la sua marcia, mentre consigliava al suo stallone: < Dai Bello ritorniamo alla finca. Proviamo da quella parte forse faremo prima ad arrivare a casa. Lo sai che nella stalla troverai del buon fieno da mangiare e riempirti la pancia, oltre riposare... > sembrava che Bello avesse capito che gli aspettava della buona biada. Da farlo nitrire contento e allungare il passo deciso. Lorenzo era ancora frastornato in quell'incontro fortuito da avere mille 10 nuovi pensieri in testa, nel mormorare a fior di labbra: < Se fosse vero? > sbottò alla fine sorridendo felice, nel pensarci bene. Poi come inizio in un probabile amore platonico, nato proprio per caso quel pomeriggio. Dopo una buon ora di cammino erano quasi arrivati alla finca e Lorenzo si fermò un momento ad una fonte a bere e permettere a Bello di bere a sua volta di un po' d'acqua fresca. Mentre si mettersi in ordine togliendo la maglietta dalla sacca, non voleva farsi vedere a petto nudo, sapendo che nell'aia c'era sempre qualcuno che sbirciava e spettegolava e sarebbero sorti i soliti commenti sul preferito del conte. In special modo tra la servitù giovanile che non avrebbero disdegnato uno sguardo d'interesse dal jover guardabosquero. Pertanto non voleva storie sapendo che la contessina Maddalena era pronta a contrastare e se poteva mandarlo vie, era il suo scopo prefisso già da tempo. Temeva fortemente quell'intruso rivale. Lorenzo prima da mandare Bello in stalla, gli fece la solita spazzolata a rendere il manto bello lucido e da renderlo contento. Il giorno dopo, pareva che il tempo stesse cambiando in peggio e il lavoro nei campi non era ancora terminato, i braccianti erano al lavoro fin dall'alba, ma il raccolto era tanto da caricare sui carri e sistemare nel magazzino al grande Rancho, la finca antica della famiglia Sarvino, a Fuente Alamo, nella regione La Mancha. Il conte Don Pedro Sarvino era preoccupato, chiamando altri braccianti e 11 domestici in casa che vadano a dare una mano volenterosa e sbrigare il raccolto prima che la tempesta in arrivo distrugga tutto. Lui purtroppo mezzo invalido con una gamba rotta non poteva far nulla, solo reggersi col bastone e dare ordini di far presto, ma più che ordini erano consigli da dare come persona anziana ed esperta. Conoscendo ormai bene da settant'anni i suoi braccianti e il territorio nella sua terra, tramandata dagli avi da più di trecento anni, dove avevano combattuto per strapparla agli invasori Arabi. Lorenzo il guardiacaccia era arrivato appena in tempo dal suo giro quotidiano da dare una mano al raccolto. Quelle nuvole basse e nere sul fondo della piano non presagivano nulla di buono, sperando che andassero altrove a scaricare la loro rabbia. Perciò appena smontato da cavallo Lorenzo si portò nei campi a dare una mano a velocizzare il tanto raccolto, nel caricare a forcate i covoni sui carri. Anche i buoi attaccati ai carri erano agitati, presagivano la tempesta in arrivo muggendo e poi con un bel carico sopra erano ben felici di allungare il passo e rientrare nella stalla al sicuro. Il giovane guardiacaccia si dava da fare al aiutare e a far presto con il forcone in mano ad allungarsi per posare i covoni sul carro. Lorenzo era tutto sudato nella frenesia di far presto ad aiutare un po' tutti. Poi appena l'ultimo carro era stato caricato e portato alla finca sotto il grande porticato della cascinale e il tutto appena in tempo. 12 I buoi erano stati i primi ad annusare il pericolo in arrivo e dirigersi alla stalla appena slegati dai carri, anche gli animali da cortile erano spariti a nascondersi, i cani sempre pronti ad abbaiare si erano rintanati nelle proprie cucce in silenzio e nascosti al pericolo che era in arrivo sopra di loro con una cappa nera e assai minacciosa. Solo bello era affacciato alla finestra della stalla a vedere il suo cavaliere e perché non si riparava? Poi tutto di colpo un fulmine secco e il botto dopo l'investiti con una forte ondata di grandine, grossi chicchi ghiacciati cadevano da far un gran rumore e avrebbero distrutto tutto il raccolto, se non avessero fatto in tempo a raccogliere i frutti della loro semina. Fuori sulla grande aia veniva coperta da un manto di grandine da sembrare neve estiva, accompagnata da un turbinio di acqua e vento impetuoso e, da far volare delle staccionate fissate malamente dal recinto dei bovini per fortuna tutti nella stalle. Le saette che solcavano il cielo buio accompagnato dal tuono da spaventare gli stanchi contadini. Il tutto per completare quell'opera distruttiva dove passava quella buriana estiva, da sembrare quei tornado d'America. Al riparo sotto il vecchio porticato della fazenda, gli uomini scaricavano gli ultimi carri da depositare i covoni di grano, nei magazzini al riparo dall'intemperia capitata per il troppo caldo e afa di quei giorni estivi. Quell'anno del 55 il grande caldo aveva investito per un paio di settimane tutta la Spagna con ondate di vento caldo soffocante, che giungeva dall'Africa infuocata oltre il mare Mediterraneo a rinforzare i venti che scendevano giù dal nord e alimentavano i continui temporali sparsi per le varie province spagnole, con danni gravi in molte parti. Da loro sembrava 13 che il peggio, li avesse risparmiati, dovendo ringraziare la provvidenza. Era ormai notte inoltrata quando la bufera era passata e la calura smorzata da sentirsi un po' tutti meglio. Le donne avevano apparecchiato una lunga tavolata dove tutti assieme si stavano godendo il meritato riposo a mangiare e bere del buon vino fresco, portato su dalle cantine messo a stagionare nelle grandi botti di rovere e saziare i tanti lavoratori che si rallegravano della buona riuscita, nel lavoro svolto alacremente alla finca e il conte ne andava fiero. Don Pedro aveva scelto lui il vino da dar da bere il migliore dalla sua cantina per dissetare i tanti lavoratori. Da esserne contento e riconoscente ai suoi uomini e donne che si erano prodigati a salvare il prezioso raccolto di quei tanti acri di terreno coltivato a grano e al momento per miracolo salvato in magazzino e poi se tutto andava bene nei giorni seguente fare una bella trebbiatura e insaccare il frumento da portare al vecchio mulino a vento, dove il mugnaio Beppe era sempre ben disposto a soddisfare gli agricoltori che abitavano nei dintorni della regione a macinare il fabbisogno personale di ognuno. Alla fazenda del mattino seguente, di buona lena tutti quanti si misero a trebbiare il grano da insaccarlo e una parte pronta da inviarlo al mulino poco distante per essere macinato da immagazzinare i sacchi di farina per il fabbisogno nel prossimi mesi, oltre il lungo inverno annunciato brutto. In quella splendida giornata di sole, si erano scordati del tempo brutto dei giorni prima e il sole aveva giù asciugato il terreno da poter lavorare con sollievo in una temperatura al mattino più che piacevole. 14 Il duro lavoro durò per ben due giorni, dalla mattina a sera per terminare quel lavoro e di preparare i tanti sacchi di grano ormai secco e depositarlo nel granaio di casa, mentre veniva impacchettata la paglia per il fabbisogno nelle stalle a rigovernare il tanto bestiame bovino e ovino. Alla finca erano tutti stanchi ma soddisfatti per il super lavoro fatto, ma di più ricevere la paga raddoppiata. Il conte Don Pedro Sarvino non si lesinava a dare più del dovuto alle tante famiglie che lavoravano alla finca e il conte comprendeva la fatica fatta e ci teneva a ricompensarli più che bene ad ottenere poi un buon risultato al prossimo lavoro da svolgere. Avevano caricato i sacchi di grano sui carri da portare al vecchio mulino e pronto per essere macinato. Dalle cucine le donne di casa reclamavano la farina per il fabbisogno quotidiano, a sfamare le tante bocche affamate nel grande Rancho sempre in movimento fin dall'alba al tramonto del sole. Al mulino a vento era ad una decina di km e il mugnaio Beppe era sempre disponibile con chi pagava bene e in contanti, da sopperire le proprie esigenze famigliari e tentare di servire al meglio i clienti, come el Don Pedro Conte Sarvino, il tenutario più grande nella loro provincia. Mentre i carri della finca Sarvino erano arrivati a portare e scaricare i tanti sacchi di grano da macinare in fresca farina, per fare del pane e dolci, oltre la pasta spaghetti da fare a mano alla maniera italiana. 15 Lorenzo aveva seguito il percorso dei carri e stava discorrendo con il mugnaio a spiegare i desideri del conte Sarvino: < Don Pedro la prega se può far almeno un po' di sacchi di grano per il fabbisogno alla finca? > < Senz'altro Lorenzo, mi metto subito in movimento e prima di sera avrete un bel po' di sacchi pronti.... Rimane qui il capo bracciante Alfonso ad aiutarmi e poi potrà portarvi a casa il prodotti finito. D'accordo! > < Intanto prenda queste 500 Pesetas, che il conte vi manda per l'anticipo delle spese vostre. Avete anche voi la famiglia da mantenere. > < Grazie Lorenzo, non posso rifiutare i figli costano a farli studiare. Ringrazia il sénor Conte che è l'unico che paga in contanti e non in cambio di altro... Tante grazie! Adesso mi metto subito al lavoro, visto che il vento rinforza le mie pale... Ci sentiamo giovane Lorenzo. > mentre montava in sella al suo stallone e salutava: < Arrivederci! Ci sentiamo mastro Beppe e buon lavoro. > spronando il suo stallone al trotto: < Dai andiamo Bello a far un buon giro d'ispezione e controllare il bestiame all'alpeggio. > Intanto all'interno del magazzino nel mulino si stavano ammucchiando i tanti sacchi da macinare e il mugnaio Beppe si sfregava le mani per il lavoro assicurato nei prossimi mesi in attesa dell'inverno a riposare a sua volta. Aveva anche lui quattro figli da mandare a scuola ad impara a scrivere e a leggere. Quella era la sua prima idea a istruire la sua prole al meglio, mentre già svuotava i sacchi nella macina a creare della candida 16 farina di grano duro. Mentre la moglie portava da bere a tutti i presenti. Alfonso il capo bracciante del conte Sarvino era rimasto ad aiutarlo a sveltire il lavoro, mentre dava un sacco di farina già pronta al un bracciante che terminava di bersi un bicchiere di vino fresco e da riportare alla fazenda per il primo fabbisogno. La farina dell'anno prima si era volatilizzata via in fretta, con tanti dolci e altro, preparate dalle donne in cucina per le feste richieste dalla giovane contessina Maddalena. Sempre pronta ad accontentare i tanti amici scrocconi che la riempivano di lusinghe. Ma nulla di fatto a prenderla in moglie, era un po' troppo autoritaria e i pochi pretendenti si guardavano per bene prima di decidersi a cosa fare e al momento preferivano partecipare ai suoi banchetti a riempirsi la pancia e senza dar nulla in cambio. Quella era la brutta piega che il conte Sarvino tollerava per far contenta la figlia da maritare e sperando che succeda molto presto. 17 Capitolo Terzo Da sotto il porticato della dependance del guardiacaccia, Lorenzo si stava gustando il meritato riposo. Anche lui come tutti alla finca non si era tirati indietro, poi come pupillo del conte Savino, fratellastro così sembra, del proprio padre morto in guerra e la madre gli era già mancata alla sua nascita, da essere cresciuto come un figlio dal conte Don Pedro. Vedovo da parecchi anni con una figlia trentenne di nome Maddalena che si teneva in disparte dal giovane Lorenzo. Non avevano molto in comune da starsene alla larga ad evitare discussioni. La giovane aveva acquisito il carattere forte della povera madre, ed era un po' troppa pretenziosa a condividere le incombenze nella finca con quel trovatello che il padre adorava. Il giovane Lorenzo era ben conscio del caratterino della donna più alta di età, da evitare i contrasti. Il conte uomo saggio e giusto, non voleva astio in casa e tutti evitavano di far notare i vari battibecchi che sorgevano appena s'incontravano, lei era la figlia del padrone, da non dimenticare. Lorenzo dal canto suo aveva da giorni il pensiero altrove, pensava sempre 18 e in continuazione alla giovane Carolina e non vedeva l'ora che giunga la domenica, il giorni della grande sagra contadina per rivederla. Poi si ricordò che doveva andare giù nella vallata a controllare il bestiame, visto che il tempo minacciava un altro bel temporale in arrivo da quelle parti. Per fortuna li aveva incontrate che se ne tornavano a casa da sole, forse annusando anche loro il tempo brutto in arrivo e pertanto le stalle al coperto era la cosa migliore al momento fare. Lorenzo stava accarezzando il suo stallone, nel parlargli sotto voce: < Tranquillo Bello, tra pochi giorni incontreremo Carolina e Licia e saremo contenti in due, giusto? > commentò di più con se, ma il nitrire di Bello gli faceva capire che aveva apprezzato l'idea dell'incontro a quattro domenica in città. Lorenzo capiva che quella giovane gli aveva fatto perdere ore di sonno al pensarla in continuazione. Mentre Bello lo stallone, sembrava capire il discorso del giovane cavaliere, da farlo nitrire ancora contento all'idea di rivedere la bella giumenta Licia, da sfregare il muso alla spalla del giovane. Poi il turbinio del vento gli fece presagire che il temporale era velocemente in arrivo, da montare in sella e spronare il bestiame ad allungare il passo, mentre tra la mandria i muggiti di paura si stavano alzando alle scariche elettriche i il tuono assordante dopo, e la finca era ancora un po' lontana, ma speravano di farcela ad arrivare in tempo al riparo. Poi dei vitelli più giovani e non abituati alle intemperie erano i più spaventati da scaraventarsi contro al guardiacaccia e per evitare che nella furia venisse colpito il suo stallone con una cornata vagante. Lorenzo calciò il muso del vitello, ma il corno si infilò nella fibbia dello stivale da 19 disarcionarlo malamente. Bello si parò davanti e il vitello terrorizzato al forte nitrito e gli zoccoli del puledro si allontanò seguendo la mandria verso il recinto e le stalle al coperto. Lorenzo si alzò aggrappandosi alle briglia di Bello che comprendeva il guaio capitato al suo cavaliere e a fatica Lorenzo rimontò in sella si era fatto una brutta lacerazione sulla pancia sopra il bordo dei calzoni e perciò appena in cortile si portò alla sua dependance a medicarsi alla meglio, nel borbottare e imprecare tra se al vento: < Accidenti non ci voleva! Devo mettermi dei punti di sutura per rimediare la ferita troppo aperta?... Accidenti!! > sbottò incavolato, recandosi nel sottoscala e si diede da fare a sistemare alla meglio la ferita. Non voleva andare dal dottore al pueblo a Fuente Alamo. Non era ne il caso e il momento giusto. La contessina Maddalena era pronta a sostituirlo con altre mansioni, sapendo che non poteva mandarlo via. Pertanto Lorenzo doveva evitare ogni attrito e spunto. Provò ad arrangiarsi al meglio a sistemare quella benedetta ferita capitata proprio al momento sbagliato imprecando: < Accidentaccio! > Federica la cameriera della contessina, l'aveva visto arrivare dalle finestre della casa padronale e aveva notato quel suo fianco macchiato di rosso sangue e subito si era preoccupata e con scuse, nell'uscire fuori dalla casa padronale di nascosto. Si era messa una borsa a tracolla e aveva infilato dentro qualcosa per medicare al meglio il ferito. Scesa giù in cucina nell'uscire poi da dietro con l'ombrello in mano e via sotto la pioggia battente da arrivare al cottage del guardiacaccia e vedere cosa gli fosse capitato da ferirsi e aiutare il giovane sempre educato con tutti, da divenire 20 il preferito da tutte le donne della finca. Un bravo muchacho. L'aveva poi trovato nello scantinato del sottoscala e alla vista della bella ferita si trovò ad esclamare sorpresa: < Ho mio Dio! Cosa mai di è capitato Lorenzo? > esclamò, facendolo voltare con disappunto per quella presenza, che tra poco l'avrebbero saputa tutta la finca quel fatto capitato. E prontamente Lorenzo provò a dire tranquillo alla giovane con gli occhi fuori dalle orbite: < Federica sai tenere un segreto? > vedendo la donna confusa mentre si portava la mano alla bocca per paura di urlare, nel rispondere al ferito: < Certo, certo! Ma come è successo? > commentò incuriosita e il giovane provò a dire tranquillo con fare segreto: < E' capitato a Fuente Alamo. Un marito geloso? Sono riuscito a schivare la sua lama di coltello Navajas... Insomma, un po' l'ho schivato... Anzi tu che sei una brava sarta, mi potresti dare due punti di sutura e farmi una bella fasciatura, l'ho già disinfettato prima il taglio? Sono al momento in difficoltà con le mani... Per favore aiutami, perdo sangue? > piagnucolò, sperando che accetti. < Cosa? Vorresti che ti cucia la pancia, dopo che ti sei sbattuto la moglie di quell'altro a Fuente! Tu sei pazzo? > rispose invidiosa: < Devi andare dal medico e far presto prima che l'infezione si allarghi. Dai fai presto ad andare, stai perdendo sangue!. Io non dirò nulla a nessuno. Parola mia! Ti posso solo mettere dei cerotti e la garza per tenerlo pulito... Dai ti aiuto e faremo prima!.... Ecco così va meglio. Ora puoi andare dal medico. Vai subito ragazzaccio. Dio mio! Si fa le ammogliate e poi si prende le coltellate nella pancia. Dio questi giovani d'oggigiorno? Non pensavo che eri un tosto mandrillo... Eh, bello mio! Dai vai subito dal dottore! Io devo rientrare altrimenti Maddalena sospetta subito che mi ruffiano con il suo rivale di lavoro e concorrente. Vero giovanotto? > < Ah! Ma come la sapete lunga voi donne di casa Sarvino? > sbottò rassegnato, nel dire avanti: < D'accordo vado appena il temporale è passato. Altrimenti vado all'altro Pueblo, il medico di Montealegre del Castillo sarà più socievole a tenere la bocca chiusa. Grazie Federica! > mentre l'accompagnava alla porta dandole il suo ombrello ad evitare che lo dimentichi lì a creare altri piccoli problemi di seguito, sapendo che tutti erano attenti a notare ogni sbavatura di chiunque. E' una goduria per le malelingue sparlare. Pensò tra se Lorenzo scuotendo la testa. Si era messo una maglia addosso ed era ritornato alla stalla e trovò che Bello aveva già mangiato il fieno che l'addetto alle stalle Santino l'aveva foraggiato per bene e senza mettergli la sella ci montò sopra a fatica, digrignando i denti dal dolore alla ferita rigovernata malamente. 21 Capitolo Quarto Lo stallone Bello essendo giudizioso e nel capire la gravità della ferita al suo cavaliere, l'accontentava a fare quel viaggio di una decina di km con una andatura tranquilla, da evitare scosse e arrivare dal dottore Malandus a Montealegre de Castillo, ancora in buona salute. Alle nove di sera Lorenzo bussava alla porta del dottore Eugenio Malandus, alla periferia del piccolo pueblo. Quando la porta si aprì e comparve un signore distinto di mezza età, un po' sorpreso a quell'ora. Lorenzo affaticato domandava: < Per cortesia, c'è il dottore Malandus? > < Sono io il dottore. L'ambulatorio è da ore chiuso e ho dei parenti a cena. Comunque mi dica cos'ha d'importante da chiedermi giovanotto? > guardandolo per bene lui e lo stallone al fianco, nel capire che non stava bene, dal pallore in viso. < Avrei una lacerazione nella pancia da sistemare, se è possibile dato l'ora tarda, dottore? > mentre alzava la maglietta insanguinata, la medicazione di prima si era inzuppata di sangue per bene. Nel continuare a spiegare malamente: < Per evitare che un vitello incorni il mio stallone, la corna mi ha preso lo stivale disarcionandomi e mi sono trovato questo taglio in pancia... Lei può far qualcosa per rimediare il mio guaio, dottore Malandus? > domandò sconfortato. < Dai entri giovanotto e vediamo cosa fare? > mentre Lorenzo legava le briglie di Bello all'anello per gli animali accanto alla porta, nel dire all'animale: < Aspettami tranquillo Bello, faremo subito! > Appena entrato il dottore gli consigliò di togliere la maglia, Lorenzo lo fece mugugnando dal dolore alla pancia, poi lo fece distendere sul lettino nella camera attigua all'entrata, adibita a studio medico e con decisione il medico consultò la ferita, abbassando un poco i calzoni slacciati da avere spazio per poter sistemare la butta ferita. Poi chiamò una delle sue donne di casa che stavano rigovernando la cucina: < Maria portami dell'acqua tiepida? > mentre s'infilava dei guanti in lattice, scuotendo il capo. < Ecco zio l'acqua tiepida! > la giovane decisa depositava il contenitore. Ma ebbe un sussulto di spavento, nel dire confusa: < Mio Dio! Cosa ti sei fatto Lorenzo? > guardata dallo zio e da Lorenzo stupito che quella Carolina era lì a casa dello zio?.. E prontamente lo zio gli chiedeva 22 sorpreso: < Vi conoscete voi due? > guardandola oltre gli occhiali. E in contemporanea risposero entrambi: < All'università ad Albacete... > < Dottore al momento delle vacanze estive, faccio il guardiacaccia alla finca del conte Sarvino... > guardando felice Carolina. Era la nipote del dottore. Ma che bella sorpresa! Commentava mentalmente Lorenzo. Mentre lei premurosa e preoccupata chiedeva: < Ma, com'è successo? > E prontamente il dottore rispondeva, mentre stava pulendo la ferita al paziente: < Tranquilla nipote! Voleva fare il matador in campagna e il toro a avuto la meglio. > da stupire di più la giovane che rispondeva più che sorpresa: < Ma, veramente ti sei messo a far la corrida campestre? Non bastano già in città quei forsennati a gridare nelle corride. OLE! > < Già, ha ragione tuo zio! Ho sbagliato a fare il guardiacaccia. Per un giovane vitello mi sono fatto male. Spero che il dottore riesca a farmi una bella cucitura... In verità incomincia a farmi male? > borbottò piano. < Certamente l'infezione si sta diffondendo. Ti farò una puntura di penicillina e vedrai che domani starai già meglio giovanotto. > < Dottore non vorrei perdermi il ballo alla sagra annuale in città? > < Dovrai avvisare la ballerina che certe danze, all'infuori del lento non li potrai fare al momento. Devi aver riguardo e la ferita guarirà in fretta... Carolina, per favore metti due dita qui e tieni fermo il filo che faremo prima a fargli un bel ricamo punto e croce. > consigliò sorridendo. Lorenzo a fatica tentava di sopportare il dolore oltre l'ago e filo. Poi la puntura per concludere il lavoro ambulatoriale. Carolina al contatto con l'epidermide del giovane si sentì turbata da una piacevole sensazione in quel piccolo contatto di tepore. Pensando che quel giovane le piaceva da morire ed era la prima volta che provava delle nuove sensazioni così strane ma memorabili da non scordare. Si sentiva attratta da quel giovane ferito che non si lamentava, ma in continuazione la stava fissando con una dolcezza sensazione che la rallegrava, da ringraziare la provvidenza per averlo indirizzato dallo zio medico a curarsi. Lorenzo era rimasto folgorato nell'incontro, ed era pronto a rispondere al dottore nel dire timidamente a denti stretti: < In verità dottore era fin dell'altro anno che avevamo concordato al liceo con Carolina di trovarsi al ballo quest'anno... Assieme a ballare come amici s'intende.... Vero? > rivolto alla giovane che era commossa, ma prontamente Carolina rispondeva decisa allo zio: < Già! Eravamo d'accordo... Ma se adesso sei conciato male è meglio non approfittare di certe danze vigorose. Basta tre passi nei balli lenti e stare seduti a guardare gli altri che strimpellano dei 23 boleri. Giusto Lorenzo... Ah, dimenticavo il tuo esame com'è andata? > < Giusto che? > era la voce alle spalle del fratello maggiore Enrico, l'aveva interrotta e le domandava sul diffidente nel guardare dal di sopra il giovane ferito che lo zio lo stava ricucendo per bene e la sorellina che l'aiutava con la mano sulla pancia del giovane imbambolato a guardarla. Prontamente lo zio rispondeva ad evitare attriti tra fratelli un po' troppo protettivi: < Era dall'altro anno all'università che avevano deciso di fare un ballo assieme questa domenica alla sagra patronale. Ma con questa ferita potranno solo sedersi a chiacchierare senza strafare in attesa che la ferita guarisca.... Bene giovanotto può alzarsi e vedere come ti sente e se può cavalcare fino alla finca del conte Sarvino. Mi raccomando con cautela! Da quel che mi hai raccontato è dal pomeriggio e hai perso senz'altro molto sangue dal pallore che ha in viso. Forse era meglio andare all'ospedale e avere una buona trasfusione per riprendersi meglio giovanotto... Il tuo pallore non mi piace affatto? > < Come è uno dei Sarvino il giovane ferito? > domandò Enrico. < Piacere di conoscerla fratello di Carolina. Spero che non le dispiace se domenica faremo un ballo assieme noi due? > indicando Carolina un po' confusa. Il fratello si strofinò la corta barba e alla fine rispose con un portamento serio: < Certamente che potrà fare qualche ballo Carolina. Gli abbiamo promesso che saremmo andati tutti alla sagra e pertanto potrete ballare. Non c'è nulla di male fare due salti tra conoscenti. Io sono Enrico DeVega. Piacere! > stringendo la mano di Lorenzo con vigore, che rispondeva: < Il piacere è mio, conoscere uno della famiglia DeVega! Sono Lorenzo Marutis, guardiacaccia alla finca di Don Pedro el conte Sarvino. Felicissimo sénor! > rispondeva deciso Lorenzo, sebbene la ferita gli doleva, sperando che la puntura fatta prima gli faccia effetto. Poi rivoltosi al dottore nel chiedere il dovuto: < Quanto le devo dottore per la riparazione e disturbo che le ho recato, a quest'ora tarda? > < Tranquillo Lorenzo! Dovrai ripassare e vedremo come si comporta la ferita. In verità non dovresti cavalcare, hai perso un bel po' di sangue e hai bisogno di riposo, per rimetterti in sesto, se vuoi veramente andare a ballare domenica? > gli consigliò il dottore. E prontamente Carolina provò a dire al fratello maggiore: < Potremmo accompagnarlo noi con il calesse. Vero Enrico, possiamo fare una piccola deviazione? > < La fazenda del conte è da tutt'altra parte... Beh, possiamo fare questo giro più lungo. > commentò il fratello mentre la moglie del dottore e il nipote Sergio erano venuti a vedere cos'era successo nell'ambulatorio. 24 E appena compreso il fatto, la sénora Maria dispose la soluzione migliore nel dire al marito: < Eugenio, non vorresti mandarlo a casa in quel modo questo giovane diventato un po' smunto. Mi cade da cavallo al primo sobbalzo. Mettiamolo nella stanzetta degli ospiti e domani gli controllerai la ferita e magari potrà tornarsene poi con le proprie gambe a casa. > < Si hai ragione Maria! Non è il caso rischiare. Certo che adesso la puntura sta facendo effetto, ma poi potrebbe avere un collasso, con il sangue perso per strada. Dai Lorenzo sistemati di la sul divano e domano ne parliamo. Il tuo cavallo lo sistemo nella mia stalla e così non avrai pensieri. Devi avvisare i tuoi famigliari, abbiamo il telefono di la se vuoi farlo? > mentre Carolina gli consigliava di ascoltare la zia Maria a restare almeno la notte: < La zia Maria a ragione, qui lo zio ti può dare un occhio se occorre e domani torni al tuo Rancho. > < Muy bien ho intendido! Pensate che è meglio restare? In verità mi sento stanco spossato.... > mettendosi a sedere sulla sedia. E la sénora Maria gli diede da bere dell'acqua fresca, da rianimare l'arsura in corpo per il mancato sangue perso. Carolina cercava di essere calma e distaccata, ma temeva per il suo Lorenzo, stava crollando dallo spossamento capitato. Alla fine Sergio il più vicino a Lorenzo lo vide inclinarsi su di un fianco e subito si affrettò a sorreggerlo: < Enrico dammi una mano e mettiamolo di la sul divano letto. Questo sta crollando! > mentre il dottore si prendeva dalla sua borsa una fiala e la rompeva aspirando con la siringa da fargli una puntura di sostegno. Il giovane era al momento rimasto incosciente per aver perso troppo sangue in tutto il pomeriggio ed era soltanto lo spirito combattivo che l'aveva sorretto. Carolina era talmente preoccupata che dava consigli di far piano a muoverlo, da essere notata dalla zia Maria che se la prendeva accanto nel dire a camuffare un poco il suo troppo interessamento: < Il tuo compagno di scuola se la caverà. Tranquilla, tuo zio sa cosa fare... Lasciamolo tranquillo che dorma e domani si sentirà meglio. Vero esposo mio? > dandogli una leggera gomitata e Eugenio rispondeva: < Tranquilla donna del mio cuore. Questo giovane è una roccia. Ha solo bisogno di un lungo riposo ristoratore, questo è sicuro e domani sarà senz'altro un altro. > Mentre Il nipote Enrico gli domandava: < Zio, sarà meglio avvisare i suoi alla finca Sarvino? > poi rivoltosi alla sorella a chiedere: < Tu sai per caso... Forse hai conosciuto i suoi parenti all'università? > Carolina per un attimo si era bloccata, ma subito provò a dire: < No! Ma avevo sentito dire che è ben voluto dal conte alla finca... > 25 < Io direi a quest'ora tarda che è meglio aspettare, senza creare apprensioni nell'avvisare che è ferito e qui in casa nostra. Domani vedremo come sta e decideremo, anzi sarà lui che deciderà chi avvisare. Giusto ragazzi? > consigliò lo zio ai presenti. < Hai ragione zio! Lasciamolo riposare. Vorrà dire che faremo una capatina da queste parti, mentre vi portiamo quel sacco di patate... Ora andiamo a casa fratelli, che la nostra buona opera l'abbiamo fatta. A domani zii! > uscendo tutti fuori casa. Sergio aveva preso per le briglie Bello nel condurlo nella stalla dello zio e sembrava che l'animale capisse che qualcosa non quadrava non vedendo il suo cavaliere che abitualmente andava sempre a salutarlo prima di ritirarsi a dormire. Mentre sbuffava abbassando un po' le orecchie, ma ubbidiva, nel capire che erano amici del suo cavaliere. Poi Carolina le si avvicino e lui subito si strofinò il muso accanto nel capire che era la giovane dell'altro giorno e addosso odorava ancora un poco della sua cavalla Licia, da farlo in parte felice, nel nitrire contento. Lei lo accarezzò dandogli un bacio per rassicurarlo nel dire sotto voce: < Il tuo Lorenzo sta riposando, domattina lo vedrai. Ciao Bello! > andandosene via con gli altri cavalieri in calesse. Bello si era girato a guardarla, con un altro nitrito di saluto, gli sembrava che lei comprenda in parte l'ansia che aveva addosso. Il suo giovane cavaliere non era presente, ma le parole della giovane lo rassicuravano. 26 Carolina poi, sul calesse interrogava i fratelli nel dire: < Domattina non deve venire quell'allevatore che ha il maneggio di lusso fuori città per vedere i nuovi puledri? > li avvisò. E prontamente Enrico si batté la mano sulla fronte, nel dire: < Accidenti l'avevo dimenticato! Sergio tu lo sapevi e non mi hai detto nulla, vero? > < Certo che te l'avrei detto. Dobbiamo andare giù nella piana allo stagno a selezionare i nuovi puledri? Può Carolina portare il sacco di patate per la zia con il calesse, mentre noi selezioniamo i cavalli e il problema è risolto. Poi lo sai bene che non la puoi tenere lontana dal bel guardiacaccia. Lai vista come se lo mangiava con gli occhi, questa nostra ragazzina che si è fatta grande di colpo. Vero sénorita? > la motteggio Sergio e Enrico non troppo d'accordo, ma capiva che la giovane stava avendo le sue esigenze e conoscenza di amicizia e per quello non la si poteva tenere legarla alla sedia si casa, bisognava dargli un po' di corda, per ottenere almeno la fiducia. Stava pensando il fratello maggiore nel rispondere: < Ma certo che più venire lei a vedere come sta il suo compagno d'università. Poi mi sembra un bravo ragazzo, dal suo modo di presentarsi. Perciò aspetta alla nostra Carolina essere giudiziosa e capire il confine dove finisce il bene e nasce il male. Poi non penso che possono partire per l'America tutto di colpo e di nascosto. Giusto sorellina? > borbottò sorridendo. < Avete finito di trattarmi come una bambina appena fuori dalle fasce. Penso di saper giudicare il prossimo e poi, tanto per la cronaca; Quel Lorenzo al tempo della scuola è sempre stato un ragazzo a posto e non a mai fatto o detto cose strane. Da socializzare con poche persone e per caso in una lezione ci siamo conosciuti da confermare di ritrovarsi alla sagra a ballare. Ecco, tutto qui! Io da subito lo giudicato un ragazzo a modo. > < Tranquilla! L'abbiamo capito che il guardiacaccia ti è simpatico. > < Solo un sacco di patate devo portare alla zia? > < Dato che vai con il calesse portane due, sarà più contenta la zia. > < D'accordo, ma non metto Licia attaccato al calesse, non gli piace. > < Fai come credi meglio sorellina. Fai gli auguri al tuo Lorenzo... > < Ho capito, dopo torno a casa subito? Ma che fratelli rompiscatole che ho io... Quando vi sposate voi due? > sbottò brontolando. < Presto sorellina, molto presto! > 27 Capitolo Quinto Al mattino presto i fratelli DeVega erano già andati via a controllare i cavalli liberi nella piana e selezionare tre nuovi puledri un po' addomesticati per il compratore. Il padrone del maneggio ad Albacete, che sarebbe arrivato a vederli più tardi e se li trovava di suo gradimento li avrebbe comperati in pesetas sonanti e trasferito al suo maneggio per gente di lusso a imparare a cavalcare e domare giovani cavalli, già mezzi ammaestrati dai due fratelli allevatori. Carolina appena erano andati via i fratelli, si caricò le patate sul calesse e attaccò il giovane ronzino ai finimenti e via sopra a far quei pochi km dalla loro casa colonica a Montealegre de Castillo dagli zii. Alla casa del medico del pueblo, con due bei sacchi di patate nuove da far contenta la zia Maria. Trovandosi a borbottare, essendo in ritardo sulla sua tabella di marcia. Ma di più era in ansia di sapere come stava Lorenzo, con quella brutta ferita sulla pancia. Quel giovane gli piaceva veramente da essere rimasta tutta la notte sveglia a pensarlo e avrebbe voluto fermarsi dagli zii per poterlo coccolare e curare. A ricorda l'effetto nel toccare con le dita la pelle delicata e fine di Lorenzo. Una cosa inimmaginabile. Ripensava. Alla fine Carolina era arrivata in cortile della casa colonica adibita a studio medico, la zia Maria la stava osservando dalla finestra mentre con destrezza scaricava i sacchi e si precipitò ad entrare in casa e salutata velocemente, nel chiedere alla zia tutta d'un fiato: < Ciao zia Maria, ti ho 28 portato le patate e... lo zio dov'è e Lorenzo come sta? > < Tutto bene Carolina. Il tuo Lorenzo si è ripreso bene ed è fuori con lo zio e la cuginetta Rosita, voleva salire sul cavallo del tuo ragazzo. > < Guarda zia che non è il mio ragazzo. Sebbene non mi dispiacerebbe se un giorno incontri un giovane come lui. Forse lui alla finca dove lavora ha già una ragazza? Noi ci conoscevano dall'università e null'altro... > < Ma dal modo che vi guardavate avevo immaginato che c'era del tenero tra voi. Carolina tu non me la racconti giusta? Con me ti puoi fidare, non sono come i tuoi fratelli buoni ma protettivi. Tranquilla, vai fuori che li trovi presso lo stagno a far contenta Rosita. Lo sai che noi non abbiamo più nessun cavallo, ma la stalla è rimasta. Comunque in confidenza è un bravo ragazzo e mi ha detto a colazione che sei una ragazza fantastica e spera tanto di poter ballare con te domenica. Mi sbaglierò ma si è preso una bella cotta di te. Vero? Anche tu hai un comportamento di affetto. Ti piace tanto, vero Carolina? > guardandola in viso, nell'alzarle il mento. <Si hai ragione zia Maria! Non capisco bene ma mi sto innamorando di quel giovane che in verità è la seconda volta che ci vediamo. Coi miei fratelli ho mentito, ma non potevo dirgli che per caso ci siamo visti di sfuggita su al lago di Embalse e lui era la in acqua nudo. Da essere imbarazzato per la mia presenza... Per fortuna se ne è andato via prima che arrivino i miei fratelli.... Ecco tutto qui. Questa è la verità zia! > < Tranquilla ragazza mia, sarà un nostro segreto. Vai ora a vederlo! Mi sa che è anche lui in apprensione nell'aspettarti. Altrimenti sarebbe già andato alla sua finca... Mi capisci ragazza mia? > < Lo pensi veramente zia? Che è rimasto per aspettare che arrivassimo, come avevamo detto ieri sera. Sebbene era intontito a sentito allora!? > 29 Lì trovò giù alla pozza che stavano facendo felice Rosita, era a cavalcioni del giovane stallone e se la godeva abbracciandolo e Bello sembrava anch'esso felice di avere in groppo quella deliziosa biondina. Poi all'arrivo di Carolina Bello nitrì a darle il benvenuto, sembrava che si comprendano mentre Carolina essendo la più vicina al cavallo si trovò ad accarezzarlo nel darle una carota da farlo felice e Rosita che urlava alla cugina: < Che bel cavallo Carolina, lo sai che si chiama Bello! E' proprio brano... Papà guarda com'è bravo Bello! > < Certo Rosita! Ci conosciamo già, < accarezzandolo e nel dire allo stallone: < Un saluta da Licia! > Bello subito nitrì vigorosamente felice. Lorenzo che si era avvicinato provò a dire: < Grazie per essere ritornata Carolina! Poi vedo che stai confabulando con Bello... Gli hai per caso parlato della tua Licia? Sai capire e dialogare con gli animali e intuire le loro debolezze è una buona prerogativa per andare d'accordo.... > < Di questi tempi bisogna arrangiarsi in qualche modo. > rispose sorridendo al suo bel guardiacaccia. Poi si avvicinò lo zio Eugenio a prendere Rosita in braccio, nel dire ai presenti: < Vieni mia piccola che è ora di rientrare e far colazione. La mamma sta preparando il pranzo... Lorenzo prima di rientrare alla tua finca ti fermi a pranzo con noi tutti? assieme, vero? > aspettando un suo assenso. Si era appoggiato alle sbarre 30 di ferro per fermare gli animale da marchiare e alla fine rispose: < In verità nella telefonata di stamattina alla finca il conte era partito ieri mattina con la Citroen per Madrid e per mia sfortuna ho parlato con la figlia la contessina Maddalena. Non mi ha lasciato parlare e m'ha subito dato il benservito, di trovarmi un altro posto che di fannulloni non gli occorre nel suo Rancho. Perciò sono belle che sistemato a dovere... > < Come? Ti ha licenziato! > sbottò stupita Carolina e il dottore provava a dire: < Non mi hai detto nulla stamattina Lorenzo? > < E rivuole anche Bello di ritorno... Ma non sa che il conte suo padre, me la regalato con tanto di documento firmato?... Dovrò far ritorno e trovare i miei documenti alla svelta prima che mi sgraffigni anche il mio cavallo... Accidentaccio boia! Questa rogna non ci voleva? > sbottò Lorenzo incavolato più che mai. < Ma i tuoi parenti. Genitori... Come la pensano? > provò a chiedere Carolina preoccupata da tale notizia sgradevole, per aversi fatto una semplice ferita e quella altolocata contessine la licenziato decisamente. Anche il dottore commentava la situazione: < Abitano alla finca o in altre parti della nazione. Dall'accento tuo direi che vieni da Murcia? > < Mia madre è morta dandomi alla luce e mio padre anch'esso in guerra. Perciò ho dipeso dal conte amico di mio padre che mi ha cresciuto bene, non lo posso smentire. Ma la contessina mi vede un rivale ed ha aspettato che il padre vada a Madrid in clinica per la gamba e lei si da da fare alla svelta per spedirmi altrove e chissà poi, cosa racconterà al conte suo padre? Accidenti questa ferita non ci voleva! Devo recuperare i miei documenti che provano che Bello e mio e non di Maddalena. Donna arida 31 senza cuore. Se ne sta in casa a farsi servire di ogni cosa. Lei la padrona! > In tutto quel discorso il dottore Eugenio provò a suggerigli: < Comunque se momentaneamente cerchi un posto per dormire. Qui da noi ce lai... Non avere scrupoli, finché non trovi un altro buco per dormire sai dove appoggiarti giovanotto. > < Grazie dottore! Mi ricorderò della sua offerta... Sarei andato via subito, ma volevo rivederti Carolina. Non sapendo come andrà a finire dopo. Ho un brutto presentimento che mi perseguita da stanotte e non vorrei pentirmi di averti detto che mi piaci tanto. Veramente Carolina! Forse tu hai già un ragazzo e allora dimentica tutto e grazie ancora per aver premuto la tua mano sulla mia ferita. Me la ricorderò, grazie! Ma devo andare via subito, quello strano presentimenti mi perseguita. > montando con fatica sul suo cavallo, nel ringraziare i presenti: < Gracias di tutto e un caro saluto alla Sènora Maria. Grazie dottore! Ciao Carolina! > < Ma guarda che io non ho un ragazzo! Quel ragazzo sei tu! > < Allora se è così... > smontando da cavallo nell'abbracciarla felice e poi via in sella nel dirle: <Aspettami Carolina che farò presto a tornare. Ti voglio bene! Arrivederci... < spronando il suo Bello verso la sua fattoria. 32 Capitolo Sesto Lorenzo di buona lena in poco più di mezzora era arrivato alla finca e trovò un po' tutti che lo guardavano sorpresi e sbigottiti, era ritornato contro la volontà della padrona, avendo saputa dalla contessina che era fuggito via malamente. Lorenzo non ci badò agli sguardi increduli dei contadini e il personale della casa patronale accorsi fuori a guardare, come se stessero vedendo per la prima volta una bestia rara. Lorenzo si precipitò nella sua dependance a prendersi la propria roba, lasciando Bello libero accanto alla veranda, ed entrò in casa per cercare quei documenti che da persona giudiziosa li aveva nascosti per bene. Mentre si metteva una camicia era tutto sudato e arrabbiato. Ma il sopraggiungere del capo braccianti, che lo invitava ad andare via: < Lorenzo, mi dispiace ma ho ordine della contessina di non fare entrare nessuno in casa e ti prego. Vai via subito, la contessina ha già chiamato la policia e tra poco saranno qui ad arrestarti per furto... > < Cosa vai dicendo Alfonso? Cosa ho mai rubato qui!? > < La contessina ha detto che gli hai rubato una collana preziosa di sua madre e la policia accorsa alla sua telefonata di ieri sera, l'hanno trovato qui dentro la collana e pertanto stanno arrivando per arrestarti. Ti prego vattene! Oltretutto ho l'ordine e dovrei trattenere il tuo cavallo se rientravi alla finca, Purtroppo è di proprietà dei Sarvino. Comprendi, ragazzo mio? Altro non posso fare, ho una famiglia da sfamare e non posso perdere il posto di lavoro. Vattene subito! > gli consigliò l'uomo. < Alfonso, tu pensi che sia un ladro? Devo solo prendere dei documenti che confermano la donazione da parte del conte Pedro in mio favore di Bello.... Accidenti è troppo tardi! > guardando dalla finestra nel scorgeva il polverone alzato sulla strada maestra, il giungere della camionetta della policia. Stavano arrivando i gendarmi sulla Jeep di servizio e lo staliere si stava portando nella stalla Bello nel togliere le briglie come sempre e lui era ormai braccato come un criminale in trappola. < Accidentaccio boia! Non possono prendermi adesso... > sbottò adirato... < Non temere Alfonso. Non mi prenderanno adesso! > Il capo braccianti lo sollecitava a sparire prima che sia troppo tardi, mentre Lorenzo rovesciava il tavolino e dal fondo tirava fuori una busta ingiallita e un documento esterno in filato nella corda del legaccio, nel dire 33 incavolato: < Meno male che ci sono ancora... Grazie Alfonso! Non sono un ladro e lo dimostrerò!... > uscendo dal dietro della casa prendendo un pezzo do corda legata in cerchio da usare al posto delle briglie e dando un bel fischi al suo cavallo e subito Bello si liberò dalle mani del giovane stalliere e via verso il padrone, che gli montava sopra dal rialzo della veranda infilando nella testa del suo cavallo la fune per indirizzarlo sul percorso da prendere e fuggendo via dalla finca attraverso la campagna velocemente. Ormai era segnato come il perfido ladro che ruba i cavalli. La policia non aveva avuto il tempo di capire bene cosa stesse succedendo, mentre Alfonso, avendo visto che la contessina guardava fuori dalla finestra della casa padronale gesticolando. Lui imprecava al vento, nel dire forte ai gendarmi accorsi: < Non sono riuscito a trattenerlo! E' scappato come il vento! > trovandosi a dire sorridendo sotto i grossi baffi, quel ragazzo gli piaceva e non credere che fosse veramente un ladro. Quella perfida Maddalena, non lo poteva soffrirlo ed aveva aspettato che il padre vada in clinica un po' di giorni, per mettere a fuoco il suo piano di ricatto ben congegnato. Avendo saputo dalla pettegola cameriera Federica, la storia della ferita e la coltellata presa di un marito tradito a Fuente Alamo. Perciò era proprio lo spunto che gli occorreva per sputtanare per bene il giovane rivale una volta per tutte e farlo sbattere in galera. Che puttanata stava facendo? stava pensando Alfonso scuotendo il capo 34 dispiaciuto per il giovane pupillo del padrone ora ricercato dai gendarmi, come un vero criminale incallito. Lorenzo nella sua fuga attraverso la campagna, stava pensando cosa fare e poi di colpo, comprese quali via pigliare per poter dimostrare il contrario. Lui non era un volgare ladro, ed ora anche di cavalli, stando al racconto di quella vipera di Maddalena. Lei temeva che gli sottragga il suo Rancho blasonato, che con le sue tante feste con spese raddoppiate stava mandando a ramengo i fondi del padre e dei loro avi, se continuava di quel passo a sperperare da gran signora. < Che vigliaccata stava facendo! > sbottò. Lorenzo penso di portare il cavallo dal dottore Eugenio avendo una stalla libera e lasciarlo nascosto per un po'. Non se lo sentiva di separarsi da quell'animale affezionato e fidato, ed era l'unica cosa buona che aveva, oltre e forse più avanti l'amore della bella Carolina che ci teneva molto, ma quel pasticcio capitato poteva farlo apparire altrimenti e ora per giunta ricercato come un miserabile ladro. Purtroppo lo stavano mettendo sotto una falsa luce da essere accantonato e denunciato chi l'avrebbe aiutato. Quella era la situazione saltata fuori tutta d'un colpo al momento. Poi per fortuna era arrivato a Montealegre del Castillo e il calesse era ancora la da renderlo felici di vedere la sua adorata Carolina. Smontò deciso da cavallo e la porta di casa si aprì facendo uscire la giovane che senza pensarci su, abbracciò felice il suo guardiacaccia. Lorenzo per un attimo si trovò un po' sorpreso poi in tutta quella guerra appena scoppiata sentiva il desiderio di abbracciarla a sua volta contento e darle un delicato bacio. Quella giovane aveva già intuito che gli occorreva un po' di conforto. Mentre lei gli chiedeva: < Hai poi trovato i documenti che cercavi ragazzo mio? > Lorenzo mostrava la sacca e chiedeva a quegli zii fermi sulla porta di casa: < Dottore posso lasciare qui Bello da voi? Devo andare a Madrid e trovare il conte in quella clinica dov'è andato a farsi vedere la sua gamba malferma. E spiegare il guaio sorto alla finca. La gentile contessina mi ha denunciato per furto di una colla di valore e del cavallo che lei dice che appartiene alla famiglia Sarvino alla finca. Comprendete il mio guaio? Ora sono ricercato dalla policia... > dando un pugno al palo della luce, gridando arrabbiato: < Non me ne va bene una? Accidenti! > sbottò. < Tranquillo Lorenzo! Non devi arrabbiarti, ma ponderare sugli avvenimenti. Puoi lasciare liberamente Bello nella mia stalla nascosto al momenti e tu se riesci a contattare il conte senza farti prendere dai 35 gendarmi. Senz'altro la contessina avrà già dato la tua foto alla policia per farne un affisso di ladro ricercato e in fuga. E presto sarai sui jornalero e tutti possano vedere e indirizzare i gendarmi a scovarti ragazzo. Dai entrate in casa io porto bello nella stalla ho ancora del fieno da dagli da mangiare. Carolina si era afferrata al braccio del giovane nel chiedere preoccupata: < E la tua ferita come va? Vedo che hai macchiato un po' la camicia col saltare in groppa. Dovevi far più attenzione ragazzo mio. > alzandole il bordo della camicia e la fasciatura era tutta arrossata. Lorenzo era felice nel sentirla dire: ragazzo mio, si sentiva di aver trovato la persona giusta, ma purtroppo era il momento sbagliato. Dandole un bacio sulla guancia a confortarsi a vicenda. La sénora Maria provò lei a chiedere preoccupata: < Figliolo, non mi dire che hai già mangiato qualcosa tra una cavalcata e fuga assieme? Dai siediti qui sotto il pergolato a mangiare, e poi a pancia piena si ragiona meglio. E potrai raccontare meglio la faccenda e il mio esposo di guarderà la ferita. Qui sei in famiglia e al sicura e nessuno ci spia. Tranquillo figliolo benedetto... > passandogli una mano sulla spalla a confortarlo. La piccola Rosita arrivava dalla stalla, appena dopo andò accanto a Lorenzo nel chiedere: < Hai riportato Bello? Allora potrò salirci ancora sopra e fare tanti bei giri... Che bello il tuo cavallo! > < Certamente tesoro! Bello resterà qui e potrai salirci sopra con il tuo papà. Ma devi essere ubbidiente alla mamma e il tuo papà ti farà fare dei piccoli giri attorno allo stagno. Sei contenta Rosita? > le domandò. < Tanto!... Mamma abbiamo un cavallo nella stalla adesso... > < Certamente piccola mia. Ma non deve saperlo nessuno, altrimenti ce lo portano via. Hai compreso, di non dirlo a nessuno all'asilo? > < Ce lo rubano? Non dirò niente... Ssst! > col dito sulla bocca. Eugenio messosi seduto sotto il pergolato di uva rossa, provò a dire al fuggitivo: < Io ti consiglierei di dormire qui stanotte e domattina alle 5,10 passa il treno da Almansa per Madrid, e arriva verso mezzogiorno in Estacion de Atocha. Poi dovrai chiedere dove si trova quella clinica. Tu sai il nome? > stava domandando il dottore a Lorenzo. Ma venivano interrotti per l'arrivo dei fratelli a cercare Carolina non avendola vista rientrare alla loro finca: < Non vedendoti rincasare Carolina abbiamo pensato di venire a vedere cos'è successo di nuovo? > nel guardarli un po tutti e prontamente Carolina spiegava ai fratelli: < La contessina la denunciato per furto di una collana e del cavallo e lui è fuggito per non essere arrestato e domani vorrebbe andare a Madrid dal conte in ospedale per mettere in chiaro la 36 questione. Se lasciamo il calesse allo zio lo può portare alla stazione avendo la sue vecchia auto rotta e ancora in officina e il suo cavallo rimane qui nella stalla dello zio nascosto e io tornerei con voi a cavalcioni del tuo cavallo Enrico. Cosa ne pensate della mia proposta fratelli, di aiutare Lorenzo che arrivi fino all'ospedale. Insomma alla clinica dove il vecchio gli sistemano la gamba, senza farsi arrestare prima di sbrogliare l'imbroglio che ha fatto la figlia del conte per mandarlo via. Anzi in galera a rovinargli la reputazione per sempre? Che ingrata! > < Insomma sorellina, hai già pensato a tutto, pur di aiutarlo. Va bene faremo così. Ma, tu Sergio non hai fatto un po' di mesi il militare a Madrid, per caso non sai da che parte della città e dove sono le cliniche private dove bazzicano i signori pieni di pesetas? > < Che mi ricorda c'è un grosso ospedale proprio di fronte alla stazione sud dei treni e mi sembra che all'interno dell'ospedale c'era una clinica privata per signori ricchi. Un altro ospedale e accanto all'università, ma è dall'altra parte della città. > si spiegò Sergio pensieroso. Lorenzo provò a dire: < Intanto vi ringrazio tutti di cuore. Siete le uniche persone da cui posso fidarmi. Purtroppo non so in quale casa di cura è andato il conte Sarvino? Spero di trovarlo essendo una personalità. Dottore posso lasciare qui questi documenti al sicuro. Se mi arrestano non ho nulla addosso che potrebbero far sparire dopo. Non si sa mai? Questo è l'atto registrato, e conferma che il conte mi ha donato Bello il giovane puledro ora stallone di tre anni. Ci sono le nostre firme ben in calce. Questa busta me l'aveva data il conte al compimento dei miei dieci anni, nel dirmi di non aprirla fino dopo la sua morte. Me la fatto giurare e pertanto non so cosa contenga, dovrebbe essere le ultime volontà di mio padre morto sul fronte a Danzica, lui era un esperto tecnico di idraulica e ai tedeschi gli serviva uno che sappia far funzionare delle pompe da idrovora senza corrente o motori a scoppio. E' tutto quello che mi aveva detto il conte. Perciò ho aspettato tanto ad aprirla che può restare ancora un mistero? Oltretutto voglio essere di parola data. Mi comprendete amici? Sono finito in un bel guaio se mi pesca la policia?... Ma devo arrivare al conte e capire bene quali intenzione a la figlia e perché mi odia così tanto da tentare di distruggermi così meschinamente? > < Accipicchia che storia ragazzi! > borbottò Enrico. Carolina era contenta che i fratelli non le facevano ostruzionismo verso quel giovane che in verità si era un po' invaghita, per non dire innamorata, poi oltretutto le sembrava di essere ricambiata, anche in quelle circostanze 37 scabrose per Lorenzo in fuga. Anche i fratelli incominciavano ad apprezzare quel povero giovane sfortunato e se la sorellina gli piaceva, non è che l'avrebbero ostacolata, poteva essere la soluzione migliore per dei giovani d'oggigiorno un po' troppo attaccati alle sottane della mamma. Mentre il dottore senza storie controllava la ferita al giovane, ma gli sembrava che andasse bene, oltretutto il trambusto fatto e la sènora Maria gli dava un'altra maglia meno appariscente: < Prendi questa maglietta scura da passare poi inosservato sul treno. Devi solo fare attenzione? > le consiglio da buona madre protettiva. < Grazie tante sènora Maria! Le sarò riconoscente... Mi ricorda nell'immaginaria mia fantasia, mia madre nei sogni che sovente faccio. Gracias sènora, che la Madonna de Monserrat le renda merito. > < Gracias a te che mi consideri un po' come la tua mamma. > Poi dopo cena il sole stava già tramontando e allora decisero di partire e ritornare alla propria finca i fratelli DeVega, avevano ancora del lavoro da svolgere. Pertanto con un bel saluto d'affetto a tutto. Mentre gli zii e i fratelli si avviavano fuori dal cancello da lasciare i due giovani un momento soli a coccolarsi ancora un poco. Era una cosa immaginata e dava un senso solidarietà ai ragazzi nel rimirarsi ancora un poco tra loro. Lorenzo provò a dire deciso alla giovane che lo stava ammirando con sentimento materno: < Stai tranquilla Carolina, non mi farò prendere dalla policia. Poi sono troppo impegnato a chiedere e scusarmi verso la mia ragazza se domenica non la posso portare a ballare. Sono al momento 38 impegnato con la legge a schivarla per sopravvivere e ritornare poi libero dalla mia adorata Carolina... Mi sono innamorato e l'amo! > < Cosa?... Tu... Mi ami veramente? O mio Dio che bello. Amore! > Ma non poté dire altro Carolina. Lui la prese e la bacio con tanto trasporto, nel sussurrarle stretta tra le sue braccia: < Mi sono veramente innamorato di te Carolina. Ti amo tanto da morire, amore mio! > Per un lungo momento restarono abbracciati, lui l'aveva persino sollevata in braccio dalla contentezza, nel continuare a baciarla con affetto e tanto amore da non voler mai smetterla. Poi si riprese nel dire commosso alla sua ragazza: < Gracias Amore! Mi sarà di conforto il ricordo di questo sublime momento... Grazie di tutto. Ti amo! > < Ti amo anche io e tanto! Mi raccomando fai attenzione amore? > correndo fuori stava per piangere e non voleva farsi vedere dal suo uomo. Montando dietro al fratello in silenzio e con un saluto della mano se ne andarono via verso casa. Lorenzo si era attardato appoggiato al cancello nel guardare i tre che svoltavano l'angolo della via, mentre Eugenio provava a dire: < E' una brava ragazza mia nipote. Cocciuta e testarda che si è presa una bella cotta per un prossimo galeotto... Dai giovanotto entriamo in casa. Tranquillo la rivedrai presto. E' una tosta quella. > e Lorenzo rispondeva fiducioso: < E' proprio il mio tipo! > Si erano alzati alle quattro e via veloce sul calesse, dopo aver infilato sopra una felpa e salutato la sènora Maria: < Grazie di cuore Sènora! > poi un saluto veloce a Bello nella stalla, che sembrava intuire il pericolo per il suo compagno cavaliere, nel nitrire e strofinarsi conto. < Tranquillo Bello mio! > accarezzandolo come faceva sempre a calmarlo: < Farò presto a trovare il conte e tutto si rimetterà a posto. Ciao! > correndo sul calesse era già tardi e via alla Estacion ferroviaria di Almansa, nel prendersi il biglietto per il viaggio. Infine un saluto al dottore nel dire: < Ho memorizzato il suo numero di telefono, vi farò sapere qualcosa. Gracias dottore! > e via sul treno appena giunto in stazione e ripartiva subito dopo al fischio del capostazione, sbuffando verso la capitale attraversando le grandi pianure di Castilla de la Mancha. Lorenzo guardava dal finestrino fra mille pensieri inconcludenti a vedere distratto le distese di coltivazioni a ridosso sull'altipiano a vigneti, e più giù frutta e zafferano. Tutta roba locale da far invidia alle altri regioni. 39 Capitolo Settimo Correva il treno sbuffando tra il fumo e vapore per dare una buona spinta e arrivare nella capitare quasi in orario sul cartellone arrivi e partenze. Alle 12,15 il treno entrava in stazione sud a Madrid. Lorenzo di furia usci fuori dalla stazione e di fronte oltre il grande viale, come gli aveva spiegato Sergio, aveva visto l'ospedale e subito si reco alla portineria a chiedere se all'interno del complesso ospedaliero, vi era una clinica privata, dove poteva trovare il sènor conte Pedro Sarvino, ricoverato per una rottura ad una gamba? L'addetto un po' titubante consultò una lista, mentre spiegava che all'interno c'era una casa di cura per persone agiate e magari c'era anche quel conte? Guardando sulla lista di persone che in quei giorni erano passata dall'accettazione. E mentre l'uomo controllava un medico che stava uscendo, si interessò nell'aver sentito parlare del conte Pedro Sarvino, nel dire: < Giovanotto cerca il conte Sarvino, ricoverato per una frattura alla gamba? Lo troverà nel quarto padiglione oltre i giardini. E' una casa di cura di alto livello. Chieda all'accettazione... Sarà meglio che dica che la manda il dottore Everardo Frezes. > dandole un biglietto da visita. < Così potrà entrare senza storie. Lei è forse un parente? > domando tranquillo. 40 < Certamente signore è il mio padrino, essendo in collegio, solo ora sono riuscito a sgattaiolare via per vederlo. Mi ha sempre aiutato e almeno un saluto glie lo devo... Comprende dottore? > < Eh, sono ormai pochi i giovani oggigiorno riconoscenti a chi li aiuta. Arrivederci giovanotto e buona giornata! > < Gracias Sènor! > lo ringraziava Lorenzo uscendo a sua volta dalla portineria dell'ospedale. Lorenzo percorse diversi padiglioni finché arrivò ai giardini indicati dal dottore e di lato trovò la lussuosa clinica. Alla reception si spiego mostrando il biglietto da visita del dottore Everardo Frezer. E subito gli indicarono il reparto e la stanza del paziente di riguardo. Arrivato alla stanza bussò ed un infermiera gli aprì la porta restando a chiedere cosa voleva: < Chi cerca giovanotto? > < Il Sènor Conte, Pedro Sarvino di Fuento Alamo!.. Quel signore la a letto. > indicandolo alle spalle dall'infermiera. La donna un po' titubante lo fece passare e subito Don Pedro si stupì che il suo pupillo era venuta a trovarlo, m'altrettanto contento di vederlo: < Dai vieni avanti ragazzo mio! Che piacere vederti, l'altra mattina non ti ho visto alla finca... > < Nel temporale della sera un vitello impaurito dai fulmini stava per incornare Bello ed io per evitare il danno ho spinto il vitello col piede, ma la mia fibbia si è incastrata e sono stato disarcionato, per fortuna che Bello si è messo davanti ad evitare che mi calpestino le bestie spaventate e mi sono ferito. Ecco perché non mi ha visto. > alzando la maglia da far vedere la fasciatura. < E' grave figliolo? > domando il conte allarmato. < Ero andato dal dottore al borgo, e il medico mi ha trattenuto la notte per un controllo. Soltanto al mattino verso le diedi ho potuto telefonare dall'ambulatorio a lei, era già partito e Maddalena incavolata mi ha licenziato in tronco. Dicendomi di andare altrove a lavorare, non gli servono i fannulloni... > si spiegò Lorenzo tutto d'un fiato. < Come? E perché mai l'ha fatto?! > sbottò sull'agitato. Mentre Lorenzo continuava a raccontare: < Ma oltre il fatto è che mi ha denunciato alla policia, dicendo che le ho rubato la collana di sua madre e assieme ai gendarmi conferma lei, che l'hanno trovata nella mia stanza? Ma non è tutto, mi ha denunciato anche per il furto di Bello che lei Don Pedro mi ha regalato e Maddalena lo rivuole indietro. Così la policia è ormai sulle mie tracce per arrestarmi. Ecco perché sono venuto qui da lei di persona per sbrogliare questa perfida bugia. Mi dispiace che il guaio la impiantata sua figlia, ma mi sembra che non merito di finire in galera? Se Maddalena non mi vuole più nel suo Rancho a fare il guardiacaccia. 41 Poteva dirmelo e basta, senza inventare bugie e farmi arrestare dai gendarmi appena mi pescano per strada. Accidenti!... Ho faticato per arrivare fin qui e trovarla in questa clinica di lusso.... > espose Lorenzo guadando attorno: < In verità la sempre avuta con me. Non mi sopporta? > < Ma come? Non può essere. Appena vado via quella mi combina un sacco di guai? Accidentaccio a questa gamba balorda! Già cosi con tutta quella gente che invita tutte le settimane mi costa un patrimonio e nessuno se la sposa, tanto per intendersi. Accidenti! > mentre si apriva la porta e appariva la figlia Maddalena che al primo momento si era bloccata e poi incominciò ad aggredire Lorenzo con insulti sgradevoli, per essere una Sènorita Contessina. Ma prima di tutto chiedeva all'infermiera presente di chiamare la policia che c'era un ladro d'arrestare: < Chiami la policia! Presto... Questo è un ladro incallito. Presto! > gridò esageratamente. < Aspetti Sènorita! Non si chiama nessuno senza il mio permesso. Chiaro? Basta Maddalena! Finiscila una volta per tutte. Cos'è questa storia di ladri... Spiegati e alla svelta? Mi sono rotto di assecondarti in ogni cosa che fai e per giunta storta. Dai parla adesso e spiegami la tua opinione? > < Ma papi non so cosa ti abbia detto Lorenzo. Ma è scappato via senza dir nulla e in camera sua la policia ha trovato la collana di mamma. Capisci è un ladro adesso. Vuole rapinarci tutto quello che abbiamo... > < E' ora di piantarla figlia mia. Tu se sei una signora lo devi a Lui, a Lorenzo. Ma in verità mi dispiace di aver fatto un grosso sbaglio a darti un nome e un titolo che non meriti. Non sei proprio degna di essere una nobile dal modo che ti comporti così sboccata. Ho fatto male e tentato ad educarti bene e non è servito a nulla. Purtroppo sei come la tua povera madre, buona ma senza sugo e gusto. Un vero peccato!... > sciorinò il conte amareggiato, arrabbiato e deluso. < Ma cosa vai dicendo? Tu vaneggio papi! Io dovrei ringraziare questo bifolco? Giammai mi abbasserò a tanto! > sbottò decisa e offesa. < Penso proprio che capiterà così! Figlia mia ingrata e viziata. E la colpa è soltanto mia che ti ho lasciato fare, sperando che con gli anni maturi. Invece sei diventata avida ed egoista. E mi dispiace dirlo ma è la verità inderogabile.... Maddalena non meriti il titolo che porti.... > Lorenzo era rimasto zitto e stava ponderando su quelle parole dette prima dal conte. Che Maddalena doveva ringraziarlo, ma per cosa? Ripensando alla famosa busta ingiallita da non aprire al momento? Mentre Maddalena arrabbiata se ne andava via sbattendo la porta. Lorenzo provò a dire vedendo il conte intristito e agitato: < Non se la 42 prenda Don Pedro! Gli passerà. L'importante che ritiri la denuncia con tanto di scuse. Ho sempre cercato di esserle amico, invece... > < Quella ragazza è cocciuta e la colpa è mia che lo lasciata vivere nella bambagia senza provare a lavorare almeno un poco. E sperperare i pesetas che non ha mai guadagnato. Ecco il risultato! > sbottò adirato. Poi la porta si riaprì e comparve Maddalena con cinque gendarmi e due infermieri e un medico, nell'indicare il giovane al fianco del letto di suo padre: < Ecco è quello il ladro ricercato dalla polizia di Albacete. Prendetelo! E voi dottore guardate mio padre che stato soggiogato da questo ladro. > mentre il padre s'infuriava a contrastare la figlia: < Ma tu sei pazza figlia mia! Fermatevi! Ve lo ordino? Dottore cosa sta facendo? Non voglio nessuna puntura... > vedendo che aveva in mano una siringa ed era pronto per fargli una puntura per calmarlo. Spronato dalla figlia. E che insisteva come una indemoniata: < Calmati papà ti verrà un infarto! Presto dottore lo calmi? Non vorrei che muoia per questa stolta persona che mio padre l'ha per anni aiutato e adesso è qui per ricattarlo. E voi poliziotti, portatelo via! E' un ladro quello.... > < Infermieri tenete fermo il paziente, gli prende un infarto se si agita a questo modo! > ordinò il medico pressato dalla contessina arrabbiata e il conte che tentava di dire: < Ve la farò pagare, licenziare tutti! Bast..... Ma già l'effetto della puntura doppia lo ammansiva da crollare addormentato. 43 Nel frattempo tre agenti tentavano d'immobilizzare Lorenzo, che tentava d'intervenire in aiuto del conte. Ma veniva bloccato per bene e ammanettato da essere poi tradotto nelle carceri della città: < State facendo uno grosso sbaglio agenti... Il conte non è pazzo! > protestò Lorenzo ormai bloccato e arrabbiato. Pensando che quella megera aveva già prima pagato bene un po' tutto a reggere il suo losco gioco da buona figlia protettiva, verso un padre ormai rincitrullito da essere sedato a calmarsi. Un'altra guardia appena entrata stava dicendo al brigadiere, che avevano telefonato alla policia di Albacete, ed effettivamente c'era una denuncia di un ladro fuggitivo dal Rancho della contessa Sarvino. Pertanto il giovane che si dibatteva era veramente il ladro ricercato. Spintonato fuori e trasferito di volata al commissariato e poi tradotto nelle carceri della città. Il conte si era assopito per la forte dose di sonnifero iniettato come calmante. Maddalena tutta frastornata, ringraziava la policia e con fare devoto si metteva seduta accanto al paziente ormai inoffensivo. Intanto fuori Lorenzo veniva accompagnato attraverso i viali in manette da essere visto dalla gente impressionata di quell'arresto in un ospedale cittadino e portato all'ingresso con forza e spinto sul furgone per carcerati e via al commissariato a fare un'affrettata deposizione e interrogatorio e conferma di arresto. Con l'accusa di furto aggravato e tentata fuga, disturbo in un luogo di cura, oltre far resistenza alle forze dell'ordine. Da aggravare la sua posizione ed aumentare la pena che gli verrà inflitta dal giudice al processo che verrà stabilito a suo tempo e al momento rinchiuso un una buia cella delle carceri a meditare sugli sbagli fatti e sbirciare per poco l'ultimo pezzo di sole che tramontava in lontananza. 44 Capitolo Ottavo Lorenzo si era seduto a terra contro la parete della cella e si trovò ad imprecare contro se stesso, avrebbe dovuto andarsene via subito senza voltarsi indietro. Ma sentiva un po' di affetto per quel conte che in parte l'aveva allevato come un figlio e a quel punto glie ne era grato e dispiaciuto di aver in parte provocato quel pandemonio.... Mentre tanti dubbi l'assalivano nel pensare al passato, spremendosi la meninge a capire per bene cose conteneva quella famosa busta ingiallita da anni tenuta per bene nascosta? Forse storie vecchie, fatti capitati fin dal tempo della guerra, quando lui era appena nato e il padre morto in guerra e forse era ebreo dal cognome che portava? E aveva dovuto lavorare per i nazisti come ingeniere idraulico e poi morire malamente? Pensando che forse era meglio che l'avesse aperta e scoprire una verità un po' scomoda per tanti e forse anche al conte che gli aveva chiesto di aprirla soltanto dopo la sua morte? Forse, forse, troppi se davanti? Pensava confuso e arrabbiato, ma 45 ormai il gioco di Maddalena era iniziato molto bene per eliminarlo dalla finca. Pensando al perché di tanto oddio che gli serbava, solo per il fatto che il conte fin da piccolo se lo coccolava? Tutto poteva essere, dove la gelosia si faceva strada nella subdola mente contorta di una figlia troppo viziata ed egoista?.... Intanto alla clinica per signori facoltosi, la contessina si era allontanata visto che il padre era ormai sedato, sotto l'effetto dei tranquillanti, nel dare laute mance agli infermieri del nuovo turno a curare il padre. Lei sarebbe ritornata l'indomani a vedere come stava il suo papi. E al momento era andata a casa di amici a passare la serata festeggiando il compleanno di uno di loro portando un costoso regalo a dimostrare la sua grandezza. Il direttore della clinica el sènor Terzo Gonzales, aveva ricevuto a casa una telefonata dell'ufficio amministrazione e accettazioni ad avvisarlo dell'intrusione di un ladri e l'arrivo della policia a disturbare i tanti clienti danarosi, che reclamavano il baccano capitato. Pertanto il direttore scuotendo il capo arrabbiato, si era fatto portare dal suo autista alla clinica a vedere cos'era mai successo di grave da spaventare gli altolocati pazienti e clienti ricchi molto arrabbiati da scenate popolari nei corridoi? Poi venendo a sapere, che il tutto era capitato proprio nella camera del conte Sarvino, un suo grande amico e paziente danaroso, si infuriò con il personale che non aveva agito per bene e nella dovuta maniera, senza creare disturbi ai tanti pazienti della rinomata clinica. Urlando incavolato alla grave notizia: < Come avete potuto permettere una simile situazione e distrazione? > chiamando in ufficio la caposala e il dottore di turno e relativi infermieri del piano, per una buona lavata di testa, nel chiedere un resoconto dettagliato: < Mi volete spiegare chiaramente la faccenda? Qui siete pagati profumatamente e mi pare da quel che salta fuori, non state svolgendo il vostro lavoro con cautela e discrezione. Ma mi sembra che avete creato un bel guaio! Qui i clienti vengono per un buon servizio e mi sa che perderete il posto. Io come direttore non tollero distrazioni! Avanti spiegatevi e in fretta?! > ordinò deciso battendo i pugni sulla scrivania dell'ufficio da spaventare un po' tutto il personale al corrente della brutta situazione capitata a infangare la reputazione della rinomata clinica. La vispa caposala si premurò subito a scolparsi e spiegare: < Direttore, la figlia del conte è venuta qui strombazzando che in camera del conte suo padre, c'era un ladro e ha voluto che il dottore di turno gli somministri un sedativo al padre ad evitare che gli prenda un infarto dallo spavento avuto dell'energumeno ladro. Avendo già lei chiamato la policia ch'era arrivata 46 nello stesso momento, nell'arrestare il giovane ladro che disturbava il reparto. Forse di più era la voce alta della nobile a creare confusione. Così la contessa diceva ad alta voce. “C'è un ladro ricattatore!” Ecco com'è andata tutta la faccenda signor direttore... > rispose risoluta ma dubbiosa. < Dottore Vigos, quanta dose di sedativo le ha somministrato al sènor conte? Qui ricoverato per una rottura ad una gamba e sofferente asmatico... Si spieghi alla svelta? > lo spronò deciso. < Una fialetta di Vaglians a calmare lo stress al paziente. > < Ma lei è un pazzo! Non ha letto la sua tabella ai piedi del letto? Se il conte mi muore la faccio sbattere in galera! Preghi che superi la notte e smaltisca il sedativo... Ma che somari di dottori ho accorpato!? > < Ma la contessa insisteva che calmi il padre alterato.... > < Ma il conte cosa le ha detto prima di fare l'iniezione? Penso che non era rimbambito, conoscendolo per bene e sono certo che sa cosa dire e fare. Al momento lei è sospeso dalla clinica e poi vedremo come andrà a finire la faccenda. Se ne vada sparisca dalla mia vista! > Uno degli infermiere aggregati al fattaccio, messo a rapporto provò a dire per salvarsi un poco: < Il paziente era infuriato, dicendo che la farà pagare a tutti i dirigenti dell'ospedale. Non ha dato il suo consenso per fare quell'iniezione... Ma il dottore sotto l'insistenza della figlia la fatta e il paziente è crollato di botto... e ora sta ancora dormendo... > < Ho mio Dio! Speriamo bene, e che superi lo sciok! Dai andiamo a vedere il paziente se respira ancora... Ma che bestie di dottori ho nel mio reparto! Mi faranno chiedere la clinica di questo passo?.. Chiamate a casa il professore Grambini che venga subito a vedere e salvare la baracca! > Anche l'infermiera di prima era stata richiamata nella camera del conte e appena entrati l'infermiera capendo il guaio capitato, col pericolo di perdere il posto di lavori si premurò a spiegare per bene l'accaduto al direttore furente: < Quel giovane che dicono ch'è un ladro, era qui con il conte e discorrevano tranquilli, mentre il giovane spiegava al conte che la figlia l'aveva licenziato e accusato di furto e il conte gli ha creduto sulla parola del giovane. Poi è arrivata la figlia ed è entrata come una furia a contraddire il padre e a quel punto io sono uscita fuori dalla stanza. Non volevo storie tra parenti. Poi è ritornata la figlia che senz'altro è andata a telefonare alla policia assieme ai gendarmi e al dottore di turno e infermieri. La figlia urlava di arrestare il giovane e anche il padre inveiva contro la figlia, mentre la policia si portava via il giovane arrestato. E il dottore faceva l'iniezione per calmante il conte alterato, ma rifiutava il 47 sedativo. Ecco tutta la faccenda che ho assistito mio malgrado. > si scusò l'infermiere abbastanza agitata ad assistere quelle scene da cinema. < Questa brutta storia ci farà chiudere la clinica. Dio ci salvi! Finiremo su tutti i quotidiani del paese... > imprecò il direttore furente. Poi arrivò il professore Gambini e capire cosa le era capitato al suo paziente, ch'era lì soltanto per rivedere la rottura della gamba come procedeva la guarigione. Ma ora con quel calmante essendo una persona sofferente e strani problemi con diversi medicinali. Vi era il pericolo che veramente gli possa prendere un collasso da stroncargli la vita alla sua non più giovane età. Pertanto si diedero tutti da fare a rimediare in parte il danno provocato. Il direttore conoscendo bene il carattere impulsivo del sènor conte Sarvino e sapendo che quella drastica decisione di contrastare la sua volontà, l'avrebbe fatto reagire malamente al risveglio e sperando poi, che non subentri altre controindicazioni ai farmaci subiti. Perciò prendendo per valida la storia raccontata dall'infermiera di servizio al pomeriggio, si premurò nel tentare di smuovere un po' le acque in anticipo da calmare in parte le proteste del conte con giusta ragione. Pertanto il direttore provò ad andare di persona a parlando con il prefetto e il questore, suoi conoscenti e spiegare un po' la faccenda del giovane arrestato e del paziente conte Sarvino, persona conosciuta in tutto il paese. Spiegandosi il direttore che gli sembra che la rinomata denuncia fosse fasulla. Impiantata dalla figlia del conte per liberarsi del guardiacaccia un loro dipendente. Un giovane che si era guadagnata la fiducia del conte. E da quel poco che aveva appreso, aspettando poi che il conte riprenda coscienza, essendo sofferente a diversi farmaci somministrati. Pregando gli ufficiale di sospendere momentaneamente l'arresto al giovane e l'asciarlo che vada in clinica ad assistere e da essere presente al risveglio del sénor conte. Da evitare che infuriato per la prontezza sbagliata del medico, ormai sospeso a voler ascoltare le direttive della figlia, che obbligava il medico a dare del tranquillante al padre contro la sua volontà più che urlata, ma purtroppo sottomesso dagli infermieri accorsi a bloccarlo a letto, mentre il medico gli somministrava il sedativo. Pertanto dopo una riunione di consiglio in prefettura, capirono che era meglio evitare poi, delle forti denunce contro la clinica e la policia, non attenta al proprio personale già licenziato per la disdicevole negligenza adottata e fatta a discapito del paziente, nell'intromettersi tra i battibecchi disdicevoli dei famigliari in contrasto tra loro. 48 Capitolo Nono Pertanto il questore diede ordine di scarcerare il presunto ladro e approfondire per bene le indagini alla finca a Fuente Alamo. Il giorno dopo dalle carceri dov'era stato rinchiuso Lorenzo in attesa di giudizio. Fu portato alla clinica e accompagnato senza manette nella camera del sénor conte. Proprio mentre il conte si riprendeva un poco dopo la dura mazzata ricevuta, e il professore Gambassi provò a dire per tastare il terreno, nel pensare; Meno male è ancora vivo. Essendo presente anche la figlia in ansia a vedere come stava il padre dopo la sfuriata del giorno prima. Ma ancora nessuno le aveva detto nulla e chiesto qualcosa. Quei dirigenti della clinica presenti erano in aspettativa di vedere la reazione del conte alla faccenda successa il giorno prima da essere stato obbligato a subire l'iniezione? Nel chiedere il professore al paziente al suo risveglio e deciso lo salutò: < Carissimo Pedro, i miei dottori hanno calcato un po' la mano e ti hanno messo a dormire. Ora come ti senti? > Il conte ancora un po' imbastito lo guardò torvo, poi provò a dire sull'asciutto: < Con la tua clinica ho chiuso. Un sacco di pesetas mi costa star qui e poi voi mi obbligate a prendere ciò che non voglio? Chiederò i danni. Poco ma sicuro! > sbottò a fatica era ancora un po' imbambolato dal forte farmaco che gli avevano somministrato con forza. Ma reagiva. Il direttore Gonzales e il capo della policia erano presenti, senza presentazioni, da sembrare dei conoscenti del conte. Quando i poliziotti accompagnarono dentro il giovane nella stanza e trovando che il conte era sveglio, alla vista del ragazzo subito si rianimò nel dire: < Vieni qui ragazzo mio! Portami a casa! Mi sono rotto del bel servizio avuto... > mentre la figlia si rianimava incavolata nel vedere Lorenzo entrare nella stanza, da protestare con le guardie che lo accompagnavano: < Ma come! Non l'avete messo in galera questo miserabile ladro? > Prontamente il conte urlò deciso: < Ti faccio sbattere te in galera figlia ingrata! Ti diseredo e non vedrai più una pesetas dalle mie tasche. Non meriti il bene che tutti alla finca ti hanno dato. Svergognata incolpare Lorenzo per potertene sbarazzare... Non immaginavo che arrivassi a tanto e fingere un furto ai suoi danni.... > alzando la mano a fermarla. < Tieni la bocca chiusa una buona volta? In verità la colpa e soltanto mia nel pensare che saresti cresciuta diversamente e amorevole con la persone che ti hanno 49 sempre voluto bene. Mi dispiace ma ai perso Maddalena... Vergognati! > urlò decisamente infuriato il conte. Lorenzo dispiaciuta di quella scenata esposta tra estranei, tentò e provò a dire al conte per calmare la sua rabbia: < La prego Don Pedro, lasci perdere, in fondo è sua figlia, sebbene le a dato troppa corda. A me basta che si scusi e tutto passerà nel dimenticatoio. > consigliò Lorenzo. Mentre Maddalena inferocita incominciò a gridare e inveire: < Miserabile accattone... Scusarmi io? Nemmeno se mi baci i piedi non ti accetto alla finca. Vattene in galera ladro! > invei con tanta cattiveria addosso. Il conte a quel punto e ancora intontito, ma no rimbambito si era stufato di quella brutta esposizione che la figlia stava mettendo in mostra a sputtanare Lorenzo senza colpa. Alla fine, urlò lui più forte nel dire davanti a tutti: < Vuoi veramente la verità Maddalena?... Bene te la servo qui davanti a tutte queste nobili persone.... La vera verità è da trent'anni serbo nel petto un grosso macigno che mi pesa e mi fa tanta rabbia?... Tu non sei mia figlia! Sei il frutto di una squallida avventura di tua madre, se l'intendeva con un ufficiale di marina e io ho perdonata tua madre per il tuo bene. Facendola passare per mia moglie, senza essere sposati ufficialmente. Ma ho sbagliato! Rivoltosi a Lorenzo: < Lui è mio figlio della mia vera moglie morta nel darlo alla luce. E in verità ti ho ingannato Lorenzo, per un sacco di ragione lunghe da spiegare. Ma ti ho allevato da farti sentire come un figlio e me ne dispiace averti tolto l'affetto che meritavi, ma a quei tempio ero distrutto per la perdita di tua madre ed ho accettato l'intrigo con la sua madre e allevare la sua figlia senza un padre. Ecco ora incominci a capire Maddalena, tutta la pazienza che ho cercato di farti crescere nella bambagia e tu adesso mi ripaghi in questo modo. Come vedi anche i nobili hanno le magagne da nascondere e i tanti sbagli fatti in parte e qualcuno in buona fede?... Mi dispiaca ma da me non avrai più nulla Maddalena... > per un buon momento in quella stanza d'ospedale non si sentiva volare una mosca dallo stupore e tanta sorpresa per tutti, nell'apprendere quella squallida storia di nobili e i loro misteri. Il commissario con decisione si avvicinò alla sènorita Maddalena nel chiedere deciso: < Ritira la denuncia di furto signorina Maddalena? > Maddalena rintronata da quella verità scomoda, che se l'era meritata per la cattiveria voluta, alla fine rispose sotto voce: < Si, certo, ho fatto un grosso sbaglio! Lui non centra. Mi sono confusa... Sènor giudice. > < Don Pedro, non sia così drastico, gli dia una sciance ancora. Per trent'anni la sopportata ci provi ancora... > provò a dire Lorenzo confuso e 50 svuotato di sbagliate illusioni, nel provare a dire avanti. Ormai era come trovarsi in piazza a lavare i panni sporchi, e davanti a tutti spiattellare i retroscena. Nel dir alla fine più che deluso: < Da parte mia non cambia nulla ho lavorato e lei conte Don Pedro mi ha ricompensato bene, ma in verità quell'affetto che sentivo prima per lei è rimasto, ma solo affetto e non amore. Purtroppo non penso che ci possa esserne in futuro. Avrei voluto che quella lettera che mi ha consegnato dieci anni fa e che immagino contenga la mia vera storia. In verità avrei voluto che m'è l'avrebbe tetto a quel tempo questa scialba verità, forse sarebbe stato diverso. Altrimenti?... Peccato! Senza rancore Don Pedro! Il perché ormai non serve più chiederlo... > voltandosi verso le guardie nel dire dispiaciuto: < Andiamo signori, sono in arresto fino al processo, giusto? > mentre alle spalle il conte l'implorava dispiaciuto: < Perdonami Lorenzo ho sbagliato proprio tutto? > gli urlò con rimpianto dietro. Lorenzo arrivato alla porta rispose senza voltarsi: < Forse, un giorno? > andandosene via mentre rivoli di lacrime gli bagnavano il viso. Era amareggiato e deluso da quel signore che adorava e non sapeva ch'era il suo vero padre. Rimuginando tra sé amaro: Peccato, un vero peccato! Mentre fuori nel corridoio il capo della policia, aspettava Lorenzo nel chiedere: < Possiamo discorrere un momento? Comunque lei è libero, ho già parlato con il comandante della policia di Fuente Alamo e ho spiegato che la signorina ha raccontato il falso. Lei può fare una denuncia e una decisa querela contro la signorina, che l'ha accusato ingiustamente e chiedere i danni subiti in questo affronto... è un peccato? > < Non accorre comandante. Non amo le vendette. Mi dispiace che il conte mi ha tenuto nascosto sulla mia vera nascita e l'alone di mistero che mi circonda... Voglio solo dimenticare e andare lontano... Allora non sono in arresto?... Posso ritornare dai miei veri amici... > < Certamente! Ma se dovremmo aver bisogno di lei dove possiamo trovarla signor Lorenzo Marutis? > < Mi troverete a casa del dottor Eugenio Malandus a Montealegre del Castillo. Comandante.... Allora arrivederci! > < Arrivederci! Caporale accompagni el sénor dove vuole... > < Vado solo alla stazione qui di fronte... Arrivederci! > andandosene via a testa bassa e con tanta rabbia dentro. 51 Capitolo Decimo Lorenzo era sceso dal treno e ad attenderlo, dopo la sua telefonata laconica nel dire poche cose di preciso, che arrivava a casa. Alla stazione ad attenderlo c'erano tutti. Il dottore e la moglie e i fratelli DeVega. Carolina appena l'aveva visto gli corse incontro nel baciarlo contenta che fosse ritornato da loro. Dicendogli per alzare un po' il morale dal suo viso smunto: < Il tuo viso è corrucciato e senz'altro hai tante brutte cosa da raccontare, amore? Il conte ti ha fatto togliere almeno la denuncia? > < Si è tutto finito! Non ne parliamo più amore... Mi sei mancata molto. Carolina vuoi sposarmi? Ho bisogno in questo momento e anche dopo e per sempre il del tuo affetto. Non importa il posto e il momento. L'importante è che ti amo immensamente e vorrei averti in sposa se tu sei d'accordo? > mentre i presenti si avvicinavano sorpresi nel sentire quella richiesta arrivata fresca con il treno dalla capitale. < Ma certo che lo voglio, mio bel guardiacaccia! > rispose seria e felice Carolina. Nel riprendere a chiedere un po' titubante: < Ma allora dopo, tornerai a lavorare nella finca del conte Sarvino? > < No! Ho chiuso definitivamente con i Sarvino... > rispose Lorenzo corrucciato nell'abbassare il capo, stava per piangere dalla rabbia e 52 delusione avuta tutta assieme da svuotarlo di ogni pensiero immaginato. Per un momento tutti si erano bloccati ad aspettare che dica qualcos'altro Lorenzo, nel guardarlo sorpresi. Poi fu la Sènora Maria nel provare a chiedere al giovane intristito: < Lorenzo, centra qualcosa quella busta gialla che abbiamo in custodia? > anche Carolina provò ad immaginare la stessa cosa: < E' veramente importante quella vecchia busta gialla? > Lorenzo vedendo che tutti erano lì in attesa di una chiarificazione, perciò non poteva non dire qualcosa e spiegare in parte la sua maratona fatta a Madrid. Poi quelli erano amici di cuore e non poteva non dare una piccola spiegazione. Alla fine deglutendo la saliva che non c'era, tentò di dire qualcosa a quegli amici veri che gli erano rimasti: < Si centra la busta in parte. E all'interno ci sarà scritta la storia della mia vita e la confessione del conte sull'ingannevole percorso della mia vita in questi vent'anni. Dovremmo aprirla o forse dimenticarla, com'è stata per ben dieci anni accantonata, che senz'altro all'interno ci sarà scritto che il conte si scusa, ma per tante circostanze traverse. Lui è il mio vero padre... E dal modo e come lo appreso mi ha fatto molto male dopo vent'anni... > < Ma come? Tu sei il figlio del conte e Maddalena è tua sorella? > domandò stupita Carolina a quella affermazione sciok! Da stralunare un po' tutti. Lui il suo Lorenzo era un conte? < Ma come? Soltanto ora vengono fuori a dirtelo che sei un nobile e perché mai non prima? > < Già bella domanda. Perché non prima? > domandò Enrico in attesa. < Va bene. Vi racconterò per bene la faccenda. Ma possiamo andare a casa in verità ho fame. Non mangio e bevo, da quando sono partito di qui, solo dell'acqua in carcere e ad una fontanella in una piazza a Madrid. > < In carcere sei finito? Oh, mio Dio! > esclamarono un po' tutti. < E il tutto per scoprire che il conte è mio padre e Maddalena non è la figlia del conte e la diseredata per la sfuriata fatta in ospedale al mio riguardo. Tutto un guazzabuglio. Accidentaccio boia! > avvicinandosi al cavallo di Sergio e nel toccare la borraccia, nel chiedere: < Hai dell'acqua Sergio? Ho sete! > mentre il dottore Eugenio consigliava: < Andiamo dall'altra parte c'è quella locanda e potrai mangiare e bere ragazzo mio. > < Basta un po' di acqua per l'arsura. Poi andiamo a casa. Sono stanco e la ferita mi fa male... > dalla maglia trasudava del sangue. < Si hai ragione andiamo a casa che controllo quella ferita, prima che si diffonda una bella infezione nell'averla trascurata. Poi finire in carcere, Dio ci salvi dalla scalogna! > farfugliò Eugenio. < Sei finito in carcere? E quella Maddalena non è una contessa? > 53 sbottò Carolina preoccupata dal pallore del suo ragazzo e dai confusi avvenimenti ammezzati. Nel dire preoccupata: < Zio portiamolo a casa! > Pertanto decisero a far ritorno a casa. Mentre i fratelli tornavano alla loro finca avevano del lavoro da sbrigare e sarebbero tornati al giorno dopo a vederli. Intanto sul calesse con gli zii e Carolina. Lorenzo si stava appisolato sella spalla della sua ragazza. Era sfinito e stressato e la ferita si vedeva dalla maglia stava ancora sanguinando ed Eugenio provo a dire, per rinfrancarlo: < Appena a casa controlleremo quella ferita ragazzo. Sei proprio finito male. Mah, all'ospedale nessuno ti ha dato un occhio alla tua ferita? Ma che ospedale del cavolo c'è nella capitale? > < Stavo spiegando al... Conte. La faccenda della denuncia fatta da Maddalena e quella entrava nella stanza inveendo contro di me e chiedeva della policia e ha convertito un medico di dare un forte calmante al conte che la ingiuriava per il suo comportamento nei miei confronti. Oltretutto si era portata uno stuolo di gendarmi, indicandomi come un miserabile ladro e farmi arrestare. Mi hanno ammanettato e portato in carcere e solo questa mattina mi hanno riportato alla clinica e per fortuna il conte si è ripreso un poco dallo stordimento del forte sedativo iniettato. Si è messo a inveire e spiattellare un po tutta la faccenda. E la storia della mia vita è saltata fuori di getto, quella identità tenuta nascosta e ancora abbastanza oscura. Che alla fine mi sono rotto le scatole di tutti quei maneggio e il questore presente mi ha detto ch'ero libero e potevo fare una querela a Maddalena e chiedere i danni. Ma non ho voluto più saperne, il conte mi ha implorato di perdonarlo per la grossa bugia non per niente chiara. Gli ho solo detto che gli ho voluto bene per il sua atteggiamento nei miei confronti di avermi allevato come un figlio, ma oltre l'affetto è ben difficile che ci possa andare e esserci dell'amore. Forse con il tempo e calmata la rabbia che ho dentro, forse? L'amore che avrei voluto tanto dare, vorrei tanto riversarla sulla persona che amo veramente. E quella persona sei tu Carolina! Ecco perché ti voglio sposare mi sono innamorato perdutamente e solo al pensare e vedere la tua immagine vivida mi ha aiutato a resistere dal fare qualche sciocchezza... > si era fermato portandosi la mano sulla ferita, con una smorfia sul viso, gli faceva veramente male. < Ho mio Dio! Ma certo che ti amo Lorenzo e voglio sposarti... > Poi appena arrivati a casa, Lorenzo sentì il nitrito di Bello che l'aveva sentito arrivare e appena sceso dal calesse si recò nella stalla e Bello non stava più nella pelle a far festa al suo amico cavaliere. Lorenzo restò in bel 54 po' abbracciato al collo del suo stallone, finché non si era acquietato, nel dire: < Dopo andremo a fare un galoppata Bello... A dopo! > rientrando in casa a braccetto di Carolina, che lo rimproverava: < Appena in casa oltre a dissetarti di farai guardare la ferita dallo zio e speriamo che vada tutto bene. Sei un po' caldo? Hai la febbre, la ferita si è infettata... > < Tranquilla amore! Sono a casa e posso riposare un poco. > < Ci vuole senz'altro del riposo. La ferita si è riaperta per gli sforzi fatti. > borbottava Eugenio il bravo zio dottore. < Carolina porta dell'acqua che laviamo per bene la ferita e poi potremo disinfettarla e rimettere qualche punto di sutura a rimediare il guaio... E dopo dovrai restare a riposo almeno fino a domani. Hai compreso ragazzo mio? > < Certo zio! Zia Maria ha qualcosa da mangiare ho un po', anzi tanta fame e sonno? > tentava di sforzarsi a restare sveglio, ma alla fine crollò la distesi sul lettino dell'ambulatorio. Si era addormentato di botto. E lo zio, consiglio di lasciarlo almeno che dorma un po' di ore per riprendersi un poco. Carolina sentendo Bello nitrire e scalpitare, senz'altro non vedendo il padrone arrivare, si recò lei nella stalla e portare fuori Bello a fare un giro a calmarsi, mentre gli spiegava con voce suadente che il suo cavaliere si era addormentato: < Lorenzo era troppo stanco e sta dormendo adesso. Andiamo noi a fare due passi a sgranchirti le gambe. Ti andrebbe bene se 55 ti monto io in groppa? Non ti arrabbi con me? Uno di questi giorni ti porto a conoscere Licia... la mia cavallina che hai già incontrato, ti va l'idea? > e sembrava che Bello capisca il significato e alla parola Licia si è subito ringalluzzito, nel nitrire contento e accettare la giovane come cavaliere al momento. Carolina montò sopra allo stallone a pelo e capiva che al cavallo gli piaceva quel contatto diretto senza sella. Da seguire gli ordini che la giovane gli imponeva senza pressare, bastava solo un tocco di mano una parola e il leggero movimenti delle ganba che Bello capiva ciò che voleva. Dopo un breve giro attorno allo stagno ritornarono indietro e Bello si fermò davanti alla finestra aperta nel vedere il suo cavaliere che dormiva stremato. Bello sbuffò e tranquillo si diresse alla stalla, Carolina era già scesa prima sui gradini di casa, nel dargli solo una pacca a far capire che poteva andare in stalla da solo. Carolina provò a dire agli zii: < Bello è fantastico, gli manca soltanto la parola ci s'intende subito... > guardando il suo ragazzo che russava leggermente, era stremato. < Dorme ancora Lorenzo? E senza mangiare nulla?.. Avrei voluto essere presente e ascoltare quella megera di Maddalena che odiava così tanto Lorenzo, da quel poco che ha raccontato a proprio perso tutto persino dell'affetto di un padre che la cresciuta come una vera signora e lei ecco cosa ha fatto ah!... il voler troppo e tutto, perso in un soffio? > < Voleva troppo e si è scottata da sola. L'ingordigia cosa fa? > < Certo che per Lorenzo saper soltanto ora che il conte è suo padre?... Non è stato facile da ingoiare una verità scomoda per tutti... Non si sa cosa dire e consigliare. Sarà una cosa che dovrà decidere Lorenzo... > < Hai ragione figliola! Questo benedetto ragazzo, non è il tipo che ci tiene ad avere un titolo sulla testa, ma è stato la mancanza di fiducia nei suoi confronti che l'hanno demoralizzato a diventare ostile ad una verità scomoda per molti. Ma se il conte è uscito dai gangheri a inveire, si vede che quella Maddalena la proprio esasperato... > commentò Maria. < Ma sentiremo poi se Lorenzo a voglia di spiegarsi per bene ed aprire quella benedetta busta da capire cos'è capitato di preciso alla sua nascita nel lontano 1935, prima che scoppi la seconda guerra mondiale? > si spiegò Eugenio scuotendo il capo. < Guardate si sta svegliando. Avrà sete da come si inumidisce le labbra. Carolina prendi dell'acqua fresca per fargli bere a riprendersi e mangiare qualcosa... > convenne il dottore. Lorenzo si riprese tentando di alzarsi, sbattendo la bocca per l'arsura e chiedere assonnato: < Meno male non sono più in quel buco di cella? 56 Stavo ancora sognando... Miseriaccia buona o cattiva è sempre una fregatura trovarsi in cella innocente! > sbottò sull'amaro. < Dai bevi un po' di acqua fresca e poi vieni di la che mangi qualcosa. La zia Maria dice sempre che un sacco vuoto non sta in piedi. > < Già avete ragione! Ho fame e sonno assieme, alla tanta rabbia dentro che mi tormenta. In fondo a tutto, quel benedetto conte non è mai stato scorbutico e scontroso nei miei confronti. Mi ha fatto studiare e dato un lavoro che avevo espresso io. Mi sono incavolato dandomi quella lettera da conservare ed aprirla soltanto dopo la sua morte. Capite la mia rabbia! Perché a dieci anni non mi ha raccontato un po' tutta la faccenda? > < Forse la soluzione e la spiegazione la trovi dentro a questa busta gialla? > che il dottore e l'appoggiava sul tavolo. Mentre zia Maria borbottava: < Aspetta Eugenio. Prima deve mangiare 'sto ragazzo e poi a pancia piena si ragiona meglio. Dai figliolo questo minestrone di verdura ancora tiepida ti farà bene... > mentre Carolina gli metteva davanti una caraffa di acqua e del vino fresco di cantina a dagli un po' di animo e almeno dopo poteva riposare meglio a stomaco pieno. Lorenzo si mise a mangiare di buona lena, nel chiedere a Carolina che si era messa seduto di fronte: < Per cortesia apri quella busta e scopriamo cosa diavolo contiene sulla mia vita passata? Ha questo punto non serve incavolarsi e far la guerra al mondo interi. Se il conte è mio padre vediamo cosa aveva scritto dieci anni fa, al compimento dei miei dieci anni. Dai leggi per cortesia. E' inutile girarci attorno e finirla una volta per tutte. > Carolina prese un coltello a aprì la famosa busta, nel tirare fuori dei foglio scritti a mano e dei certificati autentici di quell'epoca lontana. Che attestavano la nascita di Lorenzo nel lontano 10 aprile del 1935 nella grande tenuta dei conti Sarvino a Fuente Alamo. Il padre Don Pedro Sarvino e la madre spirata dandolo alla luce, Donna Letizia Marutis....> stava leggendo a voce alta ascoltata dai presenti e Carolina di tanto in tanto guardando il suo ragazzo che aveva smesso di mangiare e sembrava meditare su quegli avvenimenti del passato che gli riguardavano. Nel dire alla fine: < Allora porto il cognome di mia madre. Marutis?.. Mah! Dai prosegui Carolina per favore... > commentò mettendo in bocca una cucchiaiata di minestrone, aveva proprio molta fame. Carolina si riprese e proseguiva a leggere quelle carte e il documento scritto di pugno del conte Pedro Sarvino e scriveva testualmente: < Ascolta bene Lorenzo cosa esponeva di pugno il conte. Insomma tuo padre.... > 57 Capitolo Undicesimo “Io conte Pedro Sarvino di nobile famiglia dei conti Sarvino. Qui ormai siamo giunti nell'anno del 1945. E non ho il coraggio di svelare questa storia di bugie, fatte in buona fede per salvare una vita umana succube delle circostanze di stato, come ministro dissociato dalle vicende sovversive statali che si sono succedute negli anni passati. Nell'anno del 1935 precisamente il 10 aprile. Dichiaro la nascita di mio figlio Lorenzo Marutis Sarvino. Dalla mia diletta moglie Letizia Marutis, deceduta alla sua nascita. Con validi testimoni segreti, nel sènor prefetto Carlos Deprimeros e il sindaco di Fuente Alamo, Alfonso Lados e padre Don Ermenegildo che la battezzato e che confermano la veridicità dei fatti. Ma che per ragioni politiche al momento saranno nascoste. Con a capo il generale Francesco Franco appena salito al potere, ho dovuto manipolare diversi documenti e far figurare che il mio figlio legittimo Lorenzo, fosse al momento figlio del fratellastro della mia povera moglie. Carlos Martis impegnato ad assistere alla nascita del proprio figlio e dover star lontano dal ministero a Madrid e salvarsi la vita. Un valido ingeniere idraulico richiesto poi dai nazisti nel 39 e morto in circostanze misteriose a Danzica in Germania. Denunciato da qualche franchista sovversivo, avendo Carlos Martis rifiutato di far parte dei rivoluzionari nel lontano 36 a Albacete. Pertanto questo documento è veritiero e chiedo perdono a mio figlio Lorenzo di avergli negato di facciata l'affetto che gli aspettava. Ma che non è mai mancata da parte mia a continuare ad allevarlo e istruirlo da buon ragazzo che si dimostra essere ormai a dieci anni. E gli consegno questi documenti che per vergogna 58 nell'averlo tradito nell'affetto che non gli ho mai fatto mancare. Ma preferisco che venga a saperlo dopo la mia morte. Forse per vigliaccheria a non avergli mai permesso di dire e sentirmi chiamare papà. Perdonami figlio mio. Non ho il coraggio a guardarti negli occhi. Scusa! Con affetto e riconoscenza per l'amore che mi hai donato inconsciamente ma che ho gradito tanto. Tu sei il vero conte Lorenzo Marutis Sarvino e la giovane Maddalena e sua madre li ho raccolte in casa fingendo che fosse mia moglie e la figlia Maddalena non è mia figlia ma il frutto di una facile avventura della madre. Io gli ho dato una parvenza di titolo, ma non veritiera tengo un documenti che confermano l'estraneità di parentela. Anche da parte mia non ho mai avuto rapporti con la madre, sebbene tutti pensano che è mia moglie in tutti i sensi. Solo per coprire i tanti misteri c che le circostanze di stato a quel tempo imponevano a non evidenziare e mostrare apertamente. Grazie di tutto e perdonami figliolo caro, Tuo padre Pedro Sarvino. li 10 aprile 1945 -” < Accipicchia che baraonda è successo alla tua nascita? Sei veramente un conte Lorenzo Marutis Sarvino. Chi l'avrebbe immaginato! > sbottò Carolina più che sorpresa ma felice per il suo ragazzo che finalmente, sebbene in ritardo di vent'anni approdava alla verità rimasta nascosta. < Già! Proprio così è andata... Allora il conte mi ha sempre amato in segreto, dimostrandolo con un pizzico di durezza ed è forse per quello che l'apprezzavo nel mio volergli bene, forse il mio subconscio se lo sentiva il richiamo del sangue. Mah! Al momento sono ancora bloccato e mi dispiace che lo lasciato un po' duramente, forse aveva veramente bisogno che lo perdoni... Mi dispiace di essere stato duro e drastico. Ma era furente, più con me stesso... Comprendi Carolina? > espose Lorenzo e alla fine provò a chiedere: < Se non le spiace zia Maria. Io andrei giù nella stalla a dormire, mi metto nella mangiatori sul fieno e vi lascio liberi di sistemarvi, sono abbastanza stanco e il sonno mi aggredisce... > 59 < Non ci sono problemi. Io torno con il calesse a casa mia. > provò a confermare Carolina più che tranquilla nel capire la situazione. < Tranquilla ragazza mia, i tuoi fratelli hanno fiducia in te e pertanto puoi rimanere e sappiamo che ci tieni rimanergli accanto ed anche lui ne ha tanto bisogno di una persona di fiducia che lo comprenda e conforta. Perciò tu vai di sopra nel solaio a dormire e lui rimani qui sul divano, poi un fondo la già provato a dormirci sopra. Se da bravi, senza storia e domani a mente riposata discuterete meglio. Buona notte ragazzi! > < Grazie zia sei troppo buona a darti da fare per dei nipoti complicati. Buona notte!.. Zio devi fargli un'altra medicazione? > < Va tutto bene, basta un po' di riposo e passerà un po' tutto. Notte! > < Ancora grazie dottore. Per tutto il disturbo che le reco. Notte! > < Come non sono più lo zio dottore adesso? A domani, riposa! > mentre la zia dall'altra stanza gli domandava: < Lì sul divano ho messo dei calzoncini. Lascia i tuoi vestiti Lorenzo che li lavo. Notte! > Loro due erano rimasti li ad ammirarsi ancora un poco, tra un bacio ed un altro per acquietare l'ardore che li aggrediva nello star accanto poi decisi si diedero l'ultimo bacio e via lei in soffitta e lui sul divano a restare a pensare un sacco di cose senza concludere un bel niente. Poi il sonno l'aggredì senza accorgersene, addormentandosi di botto. 60 Era mezzogiorno inoltrato quando lo svegliarono per pranzare, si era messo cosi bene a dormire e aveva un leggero russare, da dimostrare la tanta stanchezza accumulata in quei giorni di vero fuoco alla caccia del ladro nelle fattorie. Carolina non resisteva da non dargli un bacio per svegliarlo e si abbassò baciandolo con dolcezza sulla guancia e subito con un bel respiro di sollievo Lorenzo aprì gli occhi nel dire felice: < Grazie amore! Questo è il più bel risveglio che un ex galeotto può avere. Buon giorno! > < Dai pigrone è quasi l'una pomeridiana e il pranzo è pronto. La zia ha preparato delle cose buone per stuzzicare l'appetito. > < Come? Così tardi, accidenti che dormita ho fatto... > < C'è anche Bello che viene alla finestra a vedere se ti svegli. > Appena Lorenzo si era alzato il nitrito di Bello si vece sentire ad accoglierlo contento. Capendo che stava bene. Lorenzo alzò la mano a salutarlo, nel dire: < Vado a lavarmi almeno il viso per svegliarmi... Buon giorno a voi zii sempre premurosi! > < Buon giorno a te figliolo! Vai che il pranzo è pronto... > Lorenzo era uscito fuori accanto alla vasca in legno per lavarsi almeno il viso, nel riempire il secchiello con un po' d'acqua fresca e vuotandosela in testa. Mentre alle sue spalle Bello lo spingeva col muso sulla schiena felice di vederlo finalmente in piedi nel far sentire la sua presenza. 61 Lorenzo si girò alzandosi ad abbracciarlo contento nel chiedere sorridendo: < Hai fatto il bravo! Lo sai che qui dagli zii siamo ospiti... Ti voglio bene... > baciandolo com'era sovente fare e Bello capiva e ricambiava quell'affetto tra loro due. Poi Lorenzo si sguazzò un poco ancora, mettendo il capo sotto l'acqua sorgiva che sgorgava dal tubo. Anche bello si beveva la fresca acqua che usciva dal tubo in legno. Poi arrivò Carolina ad accarezzare Bello che nitriva felice e lei consigliava al suo ragazzo dandole un asciugamano: < Dai che il pranzo si raffredda!... Ciao Bello! Non allontanarti troppo... > e il cavallo si mise a correre nel prato accanto nitrendo contento. Si stavano mettendo a tavola, quando erano giunti a cavallo i fratelli DeVega a vedere come procedeva quella famiglia allargata. La zia pronta metteva altri piatti in tavola da fare una bella tavolata tra parenti a mangiare e discorrere in buona armonia. Sergio stava mostrando il jornalero appena preso al pueblo: < Guardate un po' qua. Stanno già parlando della tua vicenda capitata in clinica. Il conte Pedro Sarvino a lasciato una intervista alla stampa in città. Spiegando in sintesi la faccenda capitata alla rinomata clinica a Madrid. Dicendo che è molto dispiaciuto che il vero figlio abbia saputo la notizia in malo modo e pertanto a reagito di conseguenza. Il fatto era iniziato 1935 alla nascita del figlio e per 62 salvare dalla fucilazione un bravo ingegnere e cognato, che non centrava nulla con le beghe di stato, ma qualcuno dei sovversivi voleva incastrarlo. Pertanto, il conte ha fatto supporre che il figlio fosse del cognato e la sorellastra figurava essere la moglie e madre, morta disgraziatamente dando alla luce il figlio. Pertanto l'ingegnere non poteva trovarsi nella capitare coi sovversivi, ma accanto alla moglie appena deceduta e il figlio appena nato. E per completare l'opera di un matrimonio avvenuto nel palazzo del conte a Fuente Alamo ha fatto passare una povera conoscente con figlia senza padre. come la sua consorte, allevandole con rispetto e null'altro, senza un rapporto e ben messo in chiaro. Vitto e alloggio e una parvenza di nobiltà da guadagnarsela giorno per giorno. Ma la figlia troppo ingorda a preteso troppo, incolpando il vero figlio, il conte Lorenzo Marutis Sarvino. Da dover intervenire il conte infuriato e mettere fine a tutto. Il conte si scusa ancora per non aver raccontato prima la faccenda al figlio tanto amato. Sperando che un giorno si ravveda e magari possa perdonare un padre che l'ha amato in silenzio, per il troppo dolore per la perdita della propria moglie che è spirata appena averlo dato alla luce. Il conte distrutto dal dolore, voleva aiutare una brava persona amorevole, il cognato, ma che purtroppo è finita tragicamente a Danzica, costretto a lavorare per i nazisti essendo un valido ingegnere idraulico... Però? Ecco com'è la vera storia spiegata vent'anni dopo... L'hai trovato poi Lorenzo in quella busta gialla la spiegazione a tutto?.. Come hanno scritto i reporter nel loro diario sulle prime pagine dei quotidiani andati a ruba alla notizia svelata dal conte Sarvino dopo vent'anni.... > < Si la faccenda è quella. Ormai tutta la nazione ne è al corrente. Personalmente mi dispiace per Don Pedro. Ma sul momento ero furente e arrabbiato. D'altronde gli avevo detto subito che l'affetto che avevo per lui è rimasto. L'amore sarà difficile da ripristinare forse in un secondo momento. Se si riesce a dar un po' di pace e calma dopo i tanti ripensamenti troppo affrettati e capitati tutti assieme..... > < Figliolo, lascia che le cose vadano da sole a posto. > provò a dire la sènora Maria posando la grossa padella in tavola con dentro la fumante e genuina paella: < Questa è una specialità di Albacete, dove sono nata e mi ha insegnato mia madre a farla così special. Provare per credere! El mi sposo e mia figlia sono golosi. > consigliò e il marito confermava, anche la piccola Rosita ne era ghiotta. Consigliando ai cugini: < La mamma quando fa la paella vuol dire che è festa. > e tutti si servivano con il grosso mestolo da riempire per bene il piatto. Complimentandosi per la bontà e 63 Maria ne era contenta del risultato, con una bella tavolata famigliare. E il tutto durò fino a sera in cordiale compagnia, tra discorsi di altro genere e dei brindisi di pace. Più nessuno menzionò la faccenda di Lorenzo da lasciarli che si raccontino le proprie cose e alla fine fu Lorenzo a chiedere a Carolina: < Ti andrebbe di fare due passi e andare giù in paese, come due bravi fidanzarti mano nella mano? > domandò tranquillo da far sorridere un po' tutti. Carolina guardò i fratelli e poi rispose tranquilla: < Certamente Lorenzo, mi fa piacere fare due passi fino al bar in centro a prenderci un gelato. > E prontamente la piccola Rosita, domandava al giovane: < Lorenzo posso stare con Bello? > guardando la mamma se approvava. < Se ti accompagna papà... Non da sola. > mentre Lorenzo dava un fischio e subito bello era già alla finestra a guardare dentro, nel dire: < Mi raccomando Bello non farla cadere Rosita. Solo un piccolo giro... > e il cavallo che nitriva a conferma. Da far stupire i fratelli di Carolina che chiedevano al giovane Lorenzo: < Ce lo puoi prestare il tuo bello stallone abbiamo delle giumente che non disdegnerebbero la sua presenza. > < Ho paura che sarà difficile! Lui ha una preferenza con la sua cavallina Licia. < Bello sentendo dire da Lorenzo il nome Licia già si ringalluzziva nel nitrire contento. < Come vedete ha già capito di chi parliamo e se viene sarà solo per quella giovane cavallina... Credetemi. > < Aveva ragione Carolina nel dire che il tuo cavallo gli manca soltanto la parola. Come capisce subito di chi si sta parlando. Beh, se a Carolina sta bene che si accoppiano, non sarebbe poi male avere dei buoni puledrini di razza. > guardando la sorella che tentennava sul da farsi. Poi provò a dire: < Visto che fin dalla prima volta che si sono incontrati si sono piaciuti, non sarebbe male fargli formare una bella famiglia... Va bene ci penseremo. Adesso andiamo a fare questi due passi, altrimenti il gelato si soglie. > nel salutare un po' tutti e prendere sotto braccio il proprio ragazzo e andare per le strade del pueblo ormai al tramonto. Camminando piano piano erano arrivati al centro della piccola cittadina, poche persone c'erano in giro, il caldo afoso li teneva rintanati in casa e quelle poche si voltavano al loro passaggio e la voce si spargeva. Alla fine davanti al bar centrale entrarono, trovando pochi avventori a bere e giocare a carte. Loro si presero un bel cono gelato per rinfrescarsi la gola, mentre Lorenzo stava guardando il jukebox all'interno del locale, nel chiedere a Carolina con un sorriso amorevole, mentre lei stava già terminando il proprio gelato al cioccolato: < Quale canzone ti piace sentire 64 di queste sulla lista? > guardando gli spiccioli che aveva tirato fuori dalla tasca nel controllare in mano e pronto da inserire nell'apposita fessura. < Quella! Quella canzone “La vie en rose”, cantata da E'dith Piaf. > < Ecco fatto sènorita! > Poi la musica si diffuse a ravvivare il locale da far voltare le poche persone e vedere chi è che aveva voglia di far baccano a quell'ora della siesta pomeridiana. Ma la dolce canzone li metteva di buon umore. Lorenzo aveva messo il suo braccio sulle spalle di Carolina a rafforzare la loro compagnia ad ascoltare la canzone e la sua melodia tanto rinomata nel mondo. Carolina la canticchiava rilassata stando accanto al suo bel guardacaccia. Poi alla fine della canzone. Lui le domandò: < Vuoi sentirne un altra? > < No, per m'è ve bene così! Mi ronza ancora in testa e mi piace... > < Allora prendiamoci ancora un gelato? > Poi mano nella mano ritornavano verso casa, vedendo che qualche persona uscita fuori casa si soffermavano a guardarli al loro passaggio e qualche signora la si vedeva sbirciavano tra le persiane socchiuse. Erano le comari del posto a commentare, sul giovane conte ormai rinomato e apparso sui jornalero nazionale. Ed era in compagnia della nipote del dottor Malandus. Senz'altro era el novio moroso dal come si tenevano per mano. Era tutto un spettegolare su quelle ultime novità giunte fresche dalla capitale. Persino una sènora anziana con l'ombrellino per il sole li salutava: < Buenas tardes sènori! > 65 < Altrettanto a lei sènora! > rispondevano gentilmente, ormai capivano che erano nell'occhio del ciclone e fin ch'è non uscivano altre novità dovevano accettare di essere i nuovo protagonisti da telenovelas. Carolina temeva che Lorenzo si arrabbi per la troppa popolarità capitata in malo modo. Ma poi capì che il suo ragazzo stava smaltendo il grosso macigno che gli era capitato sul capo senza preavviso. Perciò, provò timidamente a chiedergli: < Posso chiederti una cosa senza che t'arrabbi? > < Perché dovrei arrabbiarmi! Prova a dire e ti risponderò se è una cosa che la so anche io? > gli domandò incuriosito. < Uno di questi giorni andrai a parlare al conte, insomma tuo padre? > < Certamente è inutile tenere il muso. Ma non pensare che m'interessi il titolo da nobile. Proprio non so che farmene. Per m'è sarà Don Pedro Sarvino e si tenga pure i suoi titoli blasonati. E se ci metteremo d'accordo potrò fare ancora il guardiacaccia. Come lavoro al momento mi andrebbe bene. Poi dopo il servizio di leva, ci penserò. Al momento stavo solo pensando dove potremo impiantare la nostra casa. Ecco tutto qui! > < In qualsiasi posto. Purché assieme, ragazzo mio!.... In verità non sono mai stata così felice, nell'averti incontrato, mio bel Guardiacaccia! > < E' la stessa cosa anche per me amore! > 66 Capitolo Tredicesimo Appena fuori dal pueblo presero la strada di campagna per arrivare dall'altro lato della casa degli zii, oltre cambiare il panorama del posto. Però ad un certo punto si trovarono Bello che nitriva contento nel vederli arrivare. Lui aveva fatto una corsa nel prato ed ora era lì davanti a loro che aspettava una parola del suo cavaliere e Lorenzo aveva già compreso, nel dirgli: < Ti stai allontanando troppo dalla casa degli zii. Va bene Bello, vorrà dire che saliremo in groppo tutte e due. > unendo le mani da permettere a Carolina di montare col piede sulle sue mani e salire sul cavallo e lui dopo con un balzo era già sopra dietro a Carolina, che protestava: < Ecco! Come fai a far riaprire la tua ferita! > < Va tutto bene amore. Con te vicino mi sento invincibile! > e Bello si avviava contento di sentire le persone che gli volevano bene sulla propria schiena. Camminando tranquillo da infilare il cortile di casa e avvicinarsi al balcone della cucina, da poter farli scendere tranquillamente. < Grazie Bello! Hai ancora del fieno nella mangiatoia? > e Bello muoveva la testa su e giù, affermativamente. < Vai tranquillo nella stalla passerò più tardi a trovarti. Ciao! > E Bello nitrì, avvicinandosi a Carolina e lei con un bacio, lo coccolò da renderlo felice e via nella stalla nitrendo. Lorenzo si era fermato a sguazzarsi un po' sotto la fontanella e infine tranquilli entrarono in casa e tra i famigliari che discorrevano trovarono una inaspettata sorpresa. Il conte Don Pedro Sarvino era la in casa e discorreva tra loro tranquilli. Appena i giovani entrarono ci fu un momento di silenzio. Lorenzo non aveva notato l'auto ferma davanti casa, essendo arrivati da dietro a cavallo. La reazione immaginata quella che poteva essere da parte del giovane non c'era stata, anzi Lorenzo a fatica si portò accanto al conte nel dire deciso senza cattiveria: < Come si sente Don Pedro oggi? Ci fa piacere vederla in piedi dopo la batosta ricevuta... > < Abbastanza bene! Grazie figliolo per l'interessamento... Se mi permetti vorrei solo poter dire... > ma fermato da Lorenzo, alzando la mano e li stupiva un po' tutti: < Non c'è bisogno di dire nulla. Già così se ne parlano troppo e in tutto la nazione. E' successo e basta! Piuttosto lei deve rimettersi in forza, se deve guidare la sua finca Don Pedro. Mi 67 farebbe piacere vederla ristabilito. Avrà senz'altro molto da fare al rancho, ma so che ha dei validi collaboratori che la stimano e sapranno aiutarla al meglio. Ci terrei che tutto vada bene... Auguri Sènor Pedro! > dandole la mano e il conte era talmente emozionato che stava per piangere, a non saper cosa fare...nell'alzarsi dalla sedia e a quel punto Lorenzo non riuscì ad essere in disparte, ma con slancio lo abbracciò con forza in silenzio, nel mormorare commosso... < Perdonatemi se sono stato sgarbato nei suoi confronti. Ma era talmente arrabbiato. Ero furente... Mi dispiace! > < Figliolo caro! Quanto ho atteso questo momento? Sono passati vent'anni e ho sempre avuto una gran paura a svelarti la nostra storia. Temevo di perderti per sempre. Ecco il mio grosso sbaglio figliolo! > < Quasi c'era riuscito a liberarsi di me e di quel che resta di un guardiacaccia.... Se permette vorrei presentarle la mia fidanzata, la sènorita Carolina DeVega. E ci farà piacere se verrà alle nostre nozze, appena decideremo dove sistemarci, oltre un lavoro... >Prego Carolina, il Sènor conte Don Pedro Sarvino. > espose Lorenzo con garbo. < Felicissima di conoscerla papà Pedro! > sbottò decisa Carolina. Da far sorridere un po' tutti in quella mezza pace fatta e lei decisa stava soverchiando le divergenze latenti. Il conte provò a dire: < Sono veramente fortunato figliola nel conoscerti e sono altresì contento che sei la donna giusta per questo mio ragazzo, che ho amato tanto e di nascosto. Credimi non far che succeda un'altra volta. Io ho sbagliato e vorrei che non succeda più in avvenire... Credetemi! > < Tranquillo pa', non succederà mai più in futuro. > sbottò Lorenzo nel capire ch'era inutile continuare a negare le circostanze. Bisognava guardare avanti: < Comunque tanto per non perdere le vecchie abitudini, finché non vado a far il mio servizio di leva a militare. Vorrei continuare il mio lavoro, se a te pa' non dispiace? > < Veramente vorresti riprendere il tuo lavoro alla finca? Ti ringrazio figliolo... Grazie tante di aver ascoltato il tuo cuore. Grazie! > E prontamente Maria provava a dire entusiasta: < Caro conte, le avevo detto che ha un figliolo d'oro e non tiene rancore e nemmeno miraggi di grandezza. Da quel che ho saputo è amato da tutti alla vostra finca e merita la più grande stima. Un buon lavoratore... > fermata da Carolina nel dire lei: < E sarà senz'altro un buon marido appena ci sposiamo. > Mentre Sergio arrivava su dalla cantina con delle bottiglie di vino per brindare la pace ritrovata: < Zio Eugenio sono queste bottiglie di vino che ho preso? > appoggiandole sulla tavola, aiutato dall'autista del conte, 68 Giulio il marito della cuoca Carmensita alla finca. Carolina a quel punto tirava fuori la torta che aveva fatto al mattino per mangiarla al giorno dopo la famosa domenica, dato che la sagra era sfumata e pertanto la torta era proprio il momento giusto da presentarla a tutti: < Questa l'ho fatta io stamattina, come la mia prima opera dolciaria. Sapendo che domani non saremmo andati alla sagra. Invece adesso è proprio il momento giusto per assaggiarla. Spero che piaccia a tutti voi... > espose dubbiosa. < Hai fatto la torta amore, che bella presenza e ben guarnita! > dandole un bacio per ricompensa. Mentre il fratello maggiore Enrico, commentava il fatto con il fratello Sergio: < Meno male che non ci siamo impegnati a trovargli un marito fatto su misura. Non immaginavo che la nostra sorellina sapesse arrangiarsi da sola e molto bene. > mentre tutti si gustavano il dolce e il buon vino fresco di cantina, il conte provò a dire commosso: < E' veramente buona figliola cara! In verità avevo sempre sperato e immaginato che Lorenzo trovi la donna per proseguire il cammino della vita. Carolina ti meriti i miei più grandi elogi. Sei la ragazza giusta! > < Avevi ragione zia Maria! Le prime idee sono quelle giuste. Cin,cin! Ai giorni migliori! > ma non poté finire Lorenzo la baciava sulla guancia per la felicità ritrovata in tutti i sensi. Nel dire poi con una luce diversa negli occhi innamorati: < Il conte mio padre mi ha dato prima, questo anello che apparteneva a mia madre e io vorrei donartelo come richiesta di fidanzamento ufficiale... Posso mettertelo? > < Ho mio Dio che bello! Certo che lo voglio, > porgendo la mano, nel dire commosso con una piccola lacrima che le scivolava sul viso. < Grazie Amore! > buttandole le braccia al collo e baciandolo con decisione, da esserne ricambiata. Con un augurio di tutti i presenti. Era ormai l'una di notte quando il conte lasciò la casa del dottore e tutti quelle brave persona che avevano sostenuto il proprio figliolo. Con l'accordo che all'indomani Lorenzo sarebbe rientrato alla finca. Carolina fu la prima ad abbracciarlo con affetto nel dire: < Tranquillo papà, se permette domani verrò anche io al vostro rancho? > < Guai se manchi figliola benedetta! Hai dei modi di fare che mi ricordano la sua povera madre, la mia adorata moglie... > < Passo a prendere la mia Licia e arriveremo al più presto papà! > < Questa è stata la serata più bella della mia vita dopo tanti anni dalla sua nascita, che lo seguito con fervore, ma sempre di nascosto. 69 Grazie a tutti e buenas noches! > salendo in auto contento. Lorenzo e Carolina lo salutavano con le mani alzate, mentre l'auto si allontanava giù per la via tra le case del pueblo. Anche i fratelli si prendevano i propri cavalli e con un bel saluto a tutto, rientravano contenti alla propria finca a una decina di km di strada. Poi in casa zia Maria gli consigliava ai due piccioni innamorati: < Vi ho sistemato meglio la soffitta ragazzi. Penserà lo zio a dare la biada a Bello domattina. Potete dormire e riposare un poco, ve lo meritate. Notte! > < Grazie e Buenas Noces Zii ! > risposero assieme mentre salivano sulla scala a chiocciola, Nel trovare la stanza sistemata al meglio, fatta apposta per due persone che si vogliono bene, senza strani pregiudizi. Si trovarono distesi nudi sul letto a discutere come se fosse una cosa abituale, invece era prima volta per tutte e due. Ma si sa l'amore fa dei brutti scherzi ai giovani inesperti, ma che apprezzano e s'accontentano anche di poco. Poi l'amore vero irrompeva senza preavviso da renderli felici di quel poco che avevano di offrirsi tra loro. Capendo che la loro vita stava appena incominciando il cammino ed era assai lungo e pertanto dovevano usare la giusta misura e la saggezza acquisita in quel poco tempo avuto a disposizione. Poi tra baci e carezze a scoprire ogni parte nascosta. Lorenzo aveva messo la mano sotto la propria testa e restava ad ascoltare le parole che la sua dolce Carolina e gli stava dicendo con affetto: < Amore mio, senza aspettare gli anni migliori, io desidero avere dei figli nostri. Tu 70 sei d'accordo? > vedendo che approvava senza parlare, muovendo il capo sorridendo tra un bacio e un altro e lei continuava a dire nella foga di quella loro prima notte d'amore: < Poi lo sai bene che abbiamo un papà che desidera essere nonno e sarà ben felice di guardare crescere i nipotini che gli daremo. Nel poter riprendere ed esprimere ciò che per anni ha tenuto nascosto.... Non sei d'accordo? Si hai ragione amore, parlo sempre troppo... > si scusò dopo quella trafila di parole dette velocemente. < Tranquilla amore! Le cose belle verranno fuori da sole, sempre che il tuo cuore li aspiri con desiderio e tanto amore! Ora proviamo a dormire se dobbiamo fare domani quella cavalcata e incontrare gli amici sinceri alla finca dei Sarvino.... > consigliò baciandola da tapparle la bocca. Nel trovarsi a far nuovamente l'amore, stavano diventando insaziabili di baci e carezze in continuazione, da divenire un rituale senza immaginarselo. Erano le undici del mattino, quando si svegliarono assonnato avevano dormito poco. L'amore li aveva tenuti svegli per molte ore tra baci e carezze a profusione. Poi il nitrito di Bello fece capire ch'era un po' dardi. Stava giocando con cuginetta Rosita fuori nel grande cortile ai confini del prato, affettuoso. Loro due si alzarono contenti con piccoli baci e carezze a giocare ancora come dei giovincelli insaziabili al giochi amorosi. Poi, con decisione Lorenzo provò a dire risoluto: < Ragazza mia è ora di alzarsi dal caldo di 71 questo letto, costretto ad essere muto. Sarebbe troppo bello poter restare e continuare a sbaciucchiarsi avanti. Però, per essere la prima notte passata assieme, ne abbiamo già fatto di tutti i colori.... Dai coraggio Amore! > < Hai ragione dobbiamo metterci in ordine e presentarsi a casa tua doverosamente a posto. Non ti spiace se vado prima io in bagno da basso? Mi scappa.... > commentò sorridendo Carolina. < Tranquilla Amore! Io vado fuori a lavarmi alla fontana e a calmare Bello irrequieto quanto sembra. Ha senz'altra sentito ieri sera che saresti tornata alla tua finca a prendere Licia ed è per questo che non sta più nella pelle. Si è innamorato cotto come noi due. Giusto amore! > < Eh, l'amore che brutti scherzi che fa? E non immaginavo ch'è così bello volersi bene e in verità continuerei a far all'amore... Dai andiamo che abbiamo molte cose da fare oggi... > dandogli un bacio e via giù per le scale di corsa. Le scappava veramente. Lorenzo era uscito fuori e trovò Eugenio che stava discorrendo con Bello e la figliola Rosita, poi nel vedere Lorenzo provò a chiedere: < Non so cos'ha Bello oggi? > mentre lo stallone si avvicinava a Lorenzo strofinandosi contro il muso e lui si spiegava allo zio: < Ieri sera ha sentito dire da Carolina che sarebbe andata alla sua finca a prendere Licia e lui... Ecco vedi, si è subito eccitato, vero Bello? > mentre il cavallo nitriva di contentezza all'approssimarsi all'incontro con la sua amata cavallina dal manto nero: < Tranquillo la vedrai tra poco Licia! > l'informò Lorenzo mentre andava alla fontana a lavarsi almeno il viso e poi via in casa a mettersi in ordine, nel frattempo erano arrivati i fratelli DeVega e portavano la cavallina Licia e subito Bello si mise d'impegno a corteggiare la cavallina, che sembrava gradire il focoso stallone innamorato, mentre arrivava Carolina a vedere il trambusto che i due cavalli nel farsi le fuse e fu lei che prese la sua Licia e gli tolse le briglie. Nel dire ai due cavalli, per lo più a Bello: < Andate a far una bella corsa nel prato, ma tornate presto che dobbiamo partire. D'accordo? > e Bello che nitriva muovendo il capo a intesa, assieme alla giumenta in calore e via di corsa nel prato a far all'amore. Eugenio provò a dire alla nipote sul preoccupato: < Carolina, pensi veramente che tornano presto quei due in calore, scappati laggiù nel prato. Temo che non ritornano in tempo? > guardando il rincorrersi dei due cavalli nel verde prato la davanti. < Bello si è sempre comportato con dovuta intelligenza e saprà capire i suoi compiti di buon cavallo ad assecondare il proprio cavaliere... Vado a terminare di vestirmi. Devo fare una buona impressione alla finca. Ma, 72 anche voi venite tutti al Rancho Sarvino? > vedendoli messi in ordine. < Siamo stati invitati dal conte e pertanto dovremo fare una bella figura ad arrivare io e la zia. > prontamente Rosita rispondeva: < Anche io sul tuo calesse e i tuoi fratelli miei cugini a cavallo. Giusto papà? > < Certamente Rosita! Ecco Carolina perché temo che quei due innamorati si stanno trastullando troppo nel prato?... > provò a dire Eugenio pensieroso. Nel frattempo era arrivato Lorenzo discretamente messosi in ordine e con un bel fischio chiamò a rapporto Bello e la cavallina che correva al suo fianco ad accorrere al fischio amico e dopo un momento erano lì accanto a fissare il cavaliere Lorenzo che gli diceva più che tranquillo: < Vorrà dire che appena a casa alla finca, sarete liberi di correre. > e lo stallone nitrì vigorosamente a confermare l'accordo:< Così potrete riprendere a rincorrervi. Giusto Bello? > e un'altr bel nitrito di approvazione e anche Licia approvava a nitrire strofinandosi al proprio partner felice. Da stupire il dottore nel dire sorpreso: < Hanno ragione di dire che gli mancano soltanto la parola. Che bravi! > accarezzandoli entrambi e dimostravano gradire quelle carezze amiche. Poi Eugenio gli mise le briglie e Sergio rimise la sella alla cavallina da essere pronta per Carolina, a Bello non serviva una sella il suo cavaliere non ne faceva uso. Rimanendo accanto alla sua Licia che lo coccolava affettuosa nello strofinarsi i musi assieme. 73 Capitolo Quattordicesimo Alla fine si erano messi in marcia, come una bella comitiva di gitanti domenicali. Mentre passavano per il pueblo i cittadini pensavano che il dottore condotto e amici si recavano alla sagra patronale ad Albacete. Loro invece avevano preso un'altra strada appena fuori in periferia, erano diretti al Rancho Sarvino situato poco lontano dal pueblo di Fuente Alamo. Avevano da poco superato il pueblo di Fuente Alamo e sul calesse lo zio aveva messo in mano a Rosita le briglie del cavallo a guidarlo contenta e ai lati i nipoti a cavallo che chiacchieravano animatamente sulla buona riuscita della scabrosa faccenda di Lorenzo, il giovane conte Sarvino. Più in dietro Lorenzo e Carolina sui propri destrieri che in continuazione i due cavalli si complimentavano in toccate di muso a mantenere il loro ardire sempre pronto, da far sorridere Carolina che commentava con Lorenzo: < Roba da non credere che degli animali sappiano corteggiare ed amare la propria partner come gli umani. Guardali come tubano, si vede che si sono piaciuti subito fin da quel giorno e in verità mi sei piaciuto anche tu, nel vedere il tuo bel sedere sodo, mentre correvi dietro al cespuglio a vestirti. Sì mi sei piaciuto subito e mi ero prefissa nel dirmi da sole, quella sarà il mio uomo. Non poteva essere diversamente.... Ecco ora lo sai cosa ho pensato in quel momento. > espose seria al ricordare. Da far sorridere Lorenzo, che aggiungeva al racconto: < In verità son rimasto colpito dalla tua bella presenza con quel vestito trasparente, appiccicato contro, da far risaltare le tue morbide curve che sembravi una apparizione celeste.. Roba da non credere!...> commentò. < Cosa sembrava il mio seno? > domando curiosa. < Qualcosa di sublime sotto la trasparente stoffa e la prima cosa che mi son detto tra me: Se fosse vero? E non un sogno... Ma non immaginavo che diventasse realtà reale.... > rispose serio. Poi Sergio li interruppe e chiamò la sorella e lei guidò la sua cavallina dal fratello per sentire cosa doveva dirgli: < Non ci siamo ricordati di portare qualcosa?... > < Già hai ragione... > rispose nel pensare... Poi uno sparo di doppietta risuonò tra gli alberi del bosco e Carolina girandosi appena dopo aveva visto Lorenzo a terra, immaginando una 74 caduta dal destriero per il colpo sentito sparare. Ma era ben altro. Lorenzo era stato colpito dal proiettile vagante? L'avevano colpito veramente, da farlo urlare di dolore: < Accidentaccio! Che male!!> borbottò cadendo. < Nooo!! > Solo un urlo di disperazione di Carolina uscì fuori dalla sua gola e appena dopo lo stupore a non capire bene il perché del guaio?.... Qualcosa di sgradevole era successo tra gli alberi del bosco. Forse un cacciatore distratto che aveva sbagliato mira? Ma la faccenda sembrava ben diversa, Lorenzo era caduto a terra bocconi col il petto intriso di sangue e Bello che correva infuriato su per la collina tra gli alberi. Poi un altro sparo e il forte nitrito di Bello che aveva calciato con furia il cacciatore terrorizzato, se non veniva salvato dall'intervento di Enrico nel rincorrere dietro al cavallo di Lorenzo e a capire dove andava il suo cavallo spaventato e invece aveva individuato lo sparo e stava punendo il vile cacciatore criminale. Intanto Sergio aiutava Carolina a dare il primo soccorso al proprio ragazzo ferito gravemente. Anchee il dottore Eugenio era sceso dal calesse e accorreva indietro a vedere cos'era mai capitato di grave. Subito si dava da fare a capire quale fosse l'identità del danno provocato dal fucile di caccia e nella rosa dello sparo, che per fortuna solo tre pallini avevano preso Lorenzo tra la spalla e il petto da scaraventarlo giù da cavallo. Eugenio si prodigò subito a prendere la sua borsa che per fortuna non la lasciava mai a casa, portandosela a presso e in quel momento era 75 l'essenziale avere qualcosa per il primo intervento. Zia Maria aveva lasciato Rosita sul calesse: < Tu rimani qui e non muoverti, Hai capito! > e di corsa stava aiutando con dei pezzi di stoffa pulita del suo nuovo sottoveste, mentre il marito tentava di estrarre subito il tre pallini conficcati nella carne ad evitare una infezione dal piombo caldo, essendo debole il giovane dopo la prima ferita e perdita di sangue. Pertanto bisognava far presto e bene e magari poi portarlo in ospedale a Albacete. Carolina era più che mai incavolata con chi non sapeva nemmeno andare a caccia: < Ma chi è quel miserabile cacciatore strabico?! > urlò disperata, tentando di non lasciarsi prendere dal panico, non era il momento di lasciarsi andare e nemmeno a piangere. Poi il ritorno del fratello maggiore con un fucile in mano e stava spintonando un cacciatore a piedi al fianco del suo destriero e dietro Bello che nitriva arrabbiato tenendo d'occhio il cacciatore criminale. Enrico stava dicendo arrabbiato: < Questo manigoldo può ringraziarmi se sono arrivato in tempo. Bello l'avrebbe stirato sotto gli zoccoli e sistemato per sempre. Lui è quello che ha sparato a Lorenzo! Per cosa? Parla adesso, altrimenti ti sparo io in bocca?... Anzi lascio che bello termini il lavoro... Parla bastardo! > mentre Bello si stava avvicinando minaccioso. Aveva subito individuato chi minacciava il suo cavaliere e l'aveva rincorso e quello aveva tentato di sparare al cavallo, ma Bello l'aveva preceduto con una zoccolata, l'aveva fatto ruzzolare giù dalla scarpata. Per fortuna che Enrico l'aveva rincorso e fermato dal pestarlo con gli zoccoli. Alla fine quello si mise a parlare tremante di paura e tenendosi una mano sulla pancia, dove aveva ricevuto una zoccolata da Bello: < Mi hanno pagato per sparare a quel ladro di cavalli... > alzando la mano a fermare il cavallo che voleva avvicinarsi a colui che aveva sparato al suo amico cavaliere, nel frignare: < Tenetelo fermo! La contessina mi ha dato tremila pesetas per fare il lavoro. > Mentre Carolina inviperita a quelle risposte si era avvicinata a chiedere con fermezza: < Ma da chi ha saputo che oggi passavamo di qui? Parla disgraziato! Miserabile verme! > sbottò adirata. < La sua fidata cameriera gli ha riferito che oggi il ladro tornava alla finca. E lei mi ha promesso un anticipo di pesetas per il lavoro e il resto più avanti appena tutto è sistemato.... Per me è un lavoro, cacciare fagiani o persone cosa importa. Basta far bene il proprio lavoro ordinato su commissione... Se non era per quel maledetto cavallo non mi avreste preso.. eh! > ma non poté finire Carolina gli allungò un poderoso pugno sul naso da farlo sanguinare e cadere nel frignare dal dolore. < Bastardo! 76 Tu e quella megera? > urlò Carolina. Nell'andare dal suo uomo per bene impallinato. Lo trovò che si era un po' ripreso e lo zio che trafficava a togliere i pallini, che per fortuna non erano in profondità, nel dire: < Meno male ragazzo mio, ne hai presi soltanto tre e non in profondo. Tieni duro ancora un poco e abbiamo finito di macellarti. E ringrazia ragazzo che mi porto sempre la borsa del mestiere... > commentò nel capire che dopo tutto non era grave il danno fatto, solo una bella infezione poteva sorgere dopo. < Caro zio dottore, mi sa che dovrò stipendiarti di questo passo. Su tre, per due mi devi risistemare la pelle... Grazie zio Eugenio! > < Uauh! Ma ce la proprio a morte con te, la pazza ex sorellastra? > < Immagino che la saputa da sua madre prima di morire e gli abbia svelato qualcosa che aveva anch'essa saputo dall'ufficiale di marina che frequentava? Erano le voci raccontate delle anziane alla finca. Quello ch'era un nipote del vecchio sindaco di Fuente Alamo e pertanto sapeva che ero il vero figlio del conte. Penso proprio che è andata così. Ed ora a trovato un mezzo pazzo criminale per vendicarsi. Uno che va in giro a fare il killer di professione per tre pesetas. Roba dell'altro mondo! Accidentaccio boia, com'è dura la vita! Per tre pesetas ti scannano? Zia Maria hai la fiasca dell'acqua ho molta sete.... > e prontamente Sergio si prendeva la sua borraccia dalla sella del suo destriero e la porgeva al ferito, nel dire sorridendo: < Questa è fresca lo riempita a casa dello zio. Bevi piano. Non voglio perdere un cognato ancora prima che si sposi mia sorella. Poi ci toccherà per davvero cercarne uno non blasonato per evitare cose di questo genere. Dai coraggio, futuro cognato! > < Già, hai ragione. Doverla lasciare vedova prima di sposarsi.. Hai! > Mentre Sergio andava subito a Fuente Alamo ad avvisare i gendarmi che vengano a prendersi il killer cacciatore. Loro stavano mettendo sul calesse Lorenzo abbastanza stordito e poi la puntura che il dottore gli aveva somministrato stava facendo effetto. Bello stava seguendo il calesse al suo fianco nel controllare il proprio amici cavaliere. Carolina dall'altro lato su Licia che seguiva il calesse di pari passo. Dalla finca il giovane stalliere Santino che al momento sostituiva Lorenzo stava venendo in contro all'arrivo del giovane conte suo amico. Aveva sentito da lontano gli spari, ma non immaginava. Poi appena aveva appreso il fattaccio e saputo che era stata Maddalena a escogitare l'attentato, era corso di volata alla finca ad avvisare il conte del misfatto capitato al figlio Lorenzo. Perciò appena arrivato nei pressi alla finca aveva incontrato il capo 77 braccianti e velocemente gli raccontò l'accaduto. Alfonso si infurio nel dare ordine al ragazzo: < Santino corri alla finca e stacca i cavalli dalla carrozza e portali nella stalla. Quella megera di Maddalena non se ne deve andare via con, e senz'altro con un sacco di roba di valore. Aveva caricato la carrozza della sua roba, diceva lei? Andiamo di volata a fermarla! > Poi alla finca mentre smontavano da cavallo, Santino slegava i cavalli dalla carrozza, ferma davanti alla casa patronale e prontamente Maddalena e la sua serva Federica da sopra la carrozza aspettava che il cocchiere le porti via. Perciò si mise ad urlare al cocchiere: < Andiamo via! Mah, cosa fate? Riattaccate i cavalli, il conte mi ha dato il permesso di prendermi la mia roba... Presto bifolchi rimettete i cavalli alla carrozza. Muovetevi!? > urlava gesticolando come una forsennata. < Hai finito di comandare Maddalena! > Alfonso prendendo il fucila da caccia che aveva preso da sotto la sella del suo cavallo: < Restate dove siete donna ingrata. Rimanete ferme prima che vi impallino per bene. > mentre il cocchiere se la dava a gambe levate. Alfonso aveva il fucile ancora sotto il braccio, ma sapeva che non si azzardavano a scendere dalla carrozza. < Chiamate la policia e avvisate il conte! Hanno sparato a Lorenzo! > gridò forte Alfonso da farsi sentire da tutti i dipendenti della finca. Mentre stavano uscendo fuori un po' tutti a vedere cos'aveva combinato ancora quella perversa donna di Maddalena? Erano tutti ben contenti che se ne 78 vada altrove a spadroneggiare e a comandare persino per un bicchiere di acqua se non era fresca poi se gocciolante diventava cattiva e egoista. < E' una pazza quella! I pesetas gli hanno montato la testa... > dicevano. Il conte allo scuro dei fatti aveva permesso a Maddalena di restare qualche giorno ancora, salvata da una denuncia per truffa e spergiura di falso. Permettendo che si prenda le sue poche cose e sparisca dalla finca, ma senza controllare cosa si prendeva in quei bauli e valige caricate sulla vecchia carrozza presa in prestito per l'occasione. Poi alla fine il conte avvisato era arrivato fuori casa, alla notizia che avevano sparato al figlio e le voci dicevano che era stata Maddalena a dare l'ordine ad mezzo matto che dia il ben servito al giovane conte... Don Pedro si alterò alla grama notizia e stava per urlare, nel dire ad Alfonso sull'adirato: < Se scendono dalla carrozza sparagli! > proprio mentre arrivava il calesse con Lorenzo ferito e per fortuna con il medico accanto, nel correre accanto e chiedere: < Come stai figliolo? Non me la perdonerò mai di averle dato una tetto sulla testa e fiducia spropositata a delle pazze?... Ecco il ringraziamento! > guardando Lorenzo che soffriva e a fatica rispondeva: < Tranquillo pà! Solo tre pallini mi sono preso... Ohi! In verità prima stavo meglio. C'è la proprio a morte con me! > rispose. < Stai calmo Lorenzo, non ti affaticare. Cosa dici zio è meglio portarlo all'ospedale? > domando preoccupata Carolina. Poi vedendo Maddalena che inveiva a scendere dalla carrozza inservibile senza cavalli. Carolina si stava dirigendo da quella parte, ma subito Sergio la fermo deciso: < Calma sorellina! Vedi sta già arrivando la Jeep della policia e se la porterà via stavolta. > Carolina si era fermata più che mai infuriata. Mentre i contadini e il personale di casa Sarvino si erano attorniati al giovane a confortarlo e scusarsi della loro poca fiducia adottata nei giorni precedenti. Anche il giovane staliere Santino si era avvicinato ad ascoltare e poi dare una carezza a Bello che rimaneva accanto alla carrozzina dov'era sopra il suo cavaliere ferito. Lorenzo lo chiamo: < Santino, per favore dai da mangiare a bello e alla cavallina Licia e poi lasciali liberi che corrano nel prato... Tranquillo, Licia segue costantemente il suo stallone. > Mentre la Policia si informava con il sènor conte e appena dopo si portavano via le due donne a visitare le carceri di Fuente Alamo. Il cacciatore killer era già stato sistemato in una bella cella, in attesa di giudizio per tentato omicidio. Gli uomini della finca prendevano Lorenzo e lo portavano in casa da aver migliori cure dallo zio dottore. Seguita da Carolina ancora troppo 79 agitata. Mentre zia Maria discuteva con il conte sui fatti accaduti. Frattanto i due cavalli erano lasciati liberi a correre nel prato che Bello conosceva più che bene e senz'altro insegnava alla sua bella Licia il perimetro dove scorrazzare, ora che il suo cavaliere era in mani sicure. In casa era tutto un vie vai di persone che si davano da fare a dar almeno da bere a tutti quanto, per il caldo e i tanti problemi capitati che facevano aumentare la temperatura spropositamente. Mentre Lorenzo con un forte sedativo si era addormentato e Carolina non lo lasciava neanche un secondo. Erano ormai le cinque di pomeriggio e decisero di mangiare qualcosa di quel che il conte aveva fatto preparare per gli ospiti di riguardo. Chiedendo poi ai fratelli DeVega di fermarsi lì a riposare. Ma avevano del lavoro a casa e sul tardi avrebbero ripresero la marci del ritorno. La zia e lo zio con Rosita si sarebbero fermati quella notte, da dare un controllo al ferito, se veramente fosse il caso di peggioramento doverlo portare in ospedale. Alla fine a notte tarda il conte aveva già fatto preparare delle stanze per gli ospiti da riposare in tutto quel trambusto capitato. Mentre il conte si scusava ancora con tutto, nel dire: < Mi scuso ancora con tutti voi, per la mia sbadataggine a tentare di lasciar perdere il male provocato dalla tanta avidità accumulata. So di aver sbagliato un sacco di cose nella mia vita passata. Spero amici miei che comprendiate la mia stupidità, ma non l'ho fatto con cattiveria, speravo di far del bene, ma era sordità latente. Grazie amici cari! > 80 Capitolo Quindicesimo In mattinata il dottore riferiva al conte l'andamento buono del paziente. Spiegando: < Dovrà restare un po' di giorni a letto e se la febbre non sale vorrà dire che ha superato il guaio. > < Grazie Eugenio per l'assistenza a mio figlio! > mentre Rosita gli tirava la manica della camicia, nel chiedere: < Sènor Pedro, posso prendere un po' di fiori dal suo bel giardino? > guardandolo dal basso. E il conte si accucciò nel rispondere:< Dai piccina, vieni con me che ti porto in mezzo al giardino a raccogliere i fiori che preferisci. Andiamo piccola Rosita! > Al primo pomeriggio gli zii rientravano alla loro casa, il dottore doveva aprire l'ambulatorio a Montealegre del Castillo. Il ferito progrediva molto bene da sembrare che i pallini di piombo non potevano sconfiggerlo, nel ringraziare gli zii premuroso: < Grazie di tutto cuore! Ho trovato dei parenti magnifici... Vorrà dire che in settimana prepareremo le nostre nozze e non dovete mancare. Non voglio aspettare ancora. Amo troppo la mia futura sposa che si sta prodigando a tenermi il morale alto e la voglio 81 far felice, senza troppe complicazioni. Ma con fermezza la voglio far diventare mia moglie. > espose Lorenzo deciso davanti a tutti i presenti. < Grazie ragazzo mio per la tua richiesta a chiedermi in sposa e alla svelta. Sono anch'io ansiosa di par parte delle tua vita, anzi nostra amore! Troppe cose storte ci sono state nel passato e spero che d'ora in avanti ci sia un po' di pace per tutti noi... Mi pare che assomigliamo ad una bella famiglia allargata e per una volta si è tutti d'accordo. Voglio sposare il mio ragazzo e veder crescere i nostri figli appena verranno. Nel poter dare un po' d'incombenza a tutti nell'aiutarci a far crescere dei figli buoni ed educati. Grazie di avermi ascoltata! In verità parlo sempre troppo... Ma sono tanto felice ed innamorata del mio bel Guardiacaccia! > < Figliola cara! > commentò il conte orgoglioso di una nuora dolce ma decisa: < Sei la ben venuta nella nostra, vostra casa, figli miei. Spero che accettiate un vecchio brontolone che non vedo l'ora di vedervi uniti nella nostra cappella di famiglia, dove ventitré anni fa mi sposavo sua madre, la mia adorata sposa e sarei orgoglioso di vedere il mio adorato figlio prenderti in sposa... Auguri figlioli! > < Don Pedro! > domandò Lorenzo dal letto: < Ti voglio bene pa'! > < L'ho sempre saputo che nel tuo cuore non serbi rancore. Hai lo stesso carattere buono della tua povera madre. Che l'ho amata tanto... > Prontamente Carolina interveniva a dire: < Papà Pedro, Sono orgogliosa di poter far parte della vostra famiglia. Ma vogliamo affrettarci con i preparativi, io per carattere sono impaziente. Perciò rimbocchiamoci le maniche e dimentichiamo il passato e tutte le cose storte. Domenica che ricorre la festività di san Lorenzo e ho intravvisto nella cappella di casa che avete un bel affresco del santo patrono della finca. Pertanto penso sia di buon auspicio... Giusto? > espose Carolina sorridendo felice. Perciò si misero un po' tutti in movimento a creare una bella festa di matrimonio senza troppi fronzoli ma con tanto amore da parte di tutta la comunità del Rancho. Tutti quanti si diedero da fare in quella settimana a preparare il meglio di ognuno loro, cose mai pensate prima ma che al momento erano migliori. Nel grande salone di casa da tempo dimenticato veniva per bene rimesso in ordine, preparando un bel banchetto nuziale e dalle cucina si davano da fare in qui pochi giorni rimasti a preparare delle specialità di dolci prelibati oltre i preparare e tirare fuori le tante ricette un po' accantonate per un evento da ricordare nei prossimi anni a raccontare poi ai figli che verranno. 82 Era tutto un fermento e nelle cucine di casa non c'erano dei luoghi appartati, ma tutti assieme a collaborare, poi nel provare il vestito della sposa e vederla sorridere di gioia per la complicità di ogni persona che partecipava con affetto e devozione. Sembrava che le rogne e battibecchi fossero state accantonate, ho magari andate via con l'arresto della perfida Maddalena e sembrava proprio che tutti avevano tirato un grosso respiro. Lorenzo dal canto suo si stava rimettendo per bene e incominciava a fare due passi fuori nell'aia. E subito veniva avvicinato dai due puledri che affiatati e innamorati non si lasciavano mai. Poi essendo liberi di scorrazzare a loro piacere nei prati attorno si sentivano anch'essi felici e vedendo poi il loro cavaliere un po' rimesso, li faceva nitriti di felicità sfregandosi il muso contro al giovane conte Lorenzo, che li accarezzava nel parlare amorevolmente: < Mi raccomando Bello! Abbi cura di Licia e non essere troppo irruente. Sai che l'amore è bello ma non bisogna esagerare? > e sembrava che Bello capisca dal modo che baciava la sua Licia e scuoteva la testa affermativamente. < Bravi! Ora andate a correre, ma non allontanatevi dalla finca. Poi dovete ubbidire a Santino che vi da la biada da mangiare... Andate ora a divertitevi e appena mi rimetterò faremo una bella cavalcata assieme. Grazie Bello per avermi salvato dal cacciatore! > Bello nitrì più forte aveva compreso il significato del suo gesto fatto. Mentre correvano via contenti nel grande spazio verde che li attendeva. I tanti contadini affaccendati nelle proprie mansioni passavano a salutarlo nel fare gli augura di una presto guarigione e complimentarsi per il suo rientro alla finca e ristabilire la giusta gerarchia dovuta. Poi domenica mattina messi tutti in ordine ben vestiti a festa, dove il conte aveva voluto che tutti possano partecipare all'evento di quelle nozze 83 tanto attese e finalmente, ringraziando il Signore, che tutto vada bene. I parenti erano arrivati al completo e Enrico come figlio maggiore accompagnava la sposa all'altare da consegnarla allo sposo fremente di gioia e felicità nel fare quel grande passo tanto atteso in quei giorni di burrasca. Ma sembrava che quel Santo protettore sistemato nel grande mosaico sopra l'altare vegli su di loro e li benedica. Nell'iniziare una nuova strada assieme nel lungo percorso della loro giovani vite. Lorenzo abbastanza emozionato stava dicendo alla sua sposa dopo il rituali sì di forma e avergli messo al dito l'anello del loro matrimonio d'amore: < Con questo anello accetti di diventare mia sposa Carolina? > < Certa che lo voglio e sono onorata di appartenerti amore! > < Anch'io ti amo immensamente o mia amata sposa! > < Non te lo immagini nemmeno, quanto anche io ti amo o mio bel esposo, el guardiacaccia! > 84 Mentre se la stringeva amorevolmente contro e la baciava un po' timidamente, ma tanto felici in quel sublime momento..... Un grosso scroscio di battiti di mani a il lancio del riso a completare finalmente il congiungimento di tue persone tanto innamorate.... Fine della favola 85 Luoghi, personaggi e fatti e avvenimenti succeduti, sono puramente casuali 86 Romanzi inseriti sul Web Romanzi d'amore e d'avventura sono disponibili sul mio SitoWeb gratuitamente in formato - PDF - ebook 1968 - Sahadja - Hilde 1970 - Un amore diverso 1974 - Viaggio al Sud 1980 - Rincorrere il rischio 1983 - Per colpa di uno stupro 1990 - Il dolore fatuo della riviviscenza 1996 - Far West - La mappa scomparsa 1997 - Anche i clown si spogliano 1999 - L’identità perduta 2006 - L’ardua risorsa 2007 - Memorie confuse del passato 2009 - Un fluttuare di un fico nella notte 2009 - La ragazza del lago Maggiore 2010 - Venti anni e un giorno per vivere 2010 - Futili pensieri a Wadi-Rum 2010 - La vita è come un grande gioco 2010 - Viaggio inaspettato 2011 - Le vie del Signore sono infinite 2011 - Pura fatalità 2011 - Una fermata di troppo 2011 - Un legame difficile 2011 - Oltre il riflesso l'inganno 2012 - Perché l'hai fatto? 2012 - Stagioni da ricordare 2012 - Valida soluzione 2012 - Il fuoco non perdona 2012 - Il verde profondo della foresta 2012 - L'ereditiera scomoda 2012 - L'attesa primavera 87 febbraio 2013 - Viaggio a Lourdes 2013 - Tutto da rifare 2013 - Merorie confuse e un po' contorte 2013 - Camille 2013 - Sotto un cielo stellato 2013 - Karim il vichingo 2013 - Tutto è possibile 2013 - Sole rovente 2013 - Insidie pericolose 2013 - Bersaglio mobile 2013 - Racconti del passato 2014 - Fuga complicata 2014 - Senza destino 2014 - Vacanza complicata 2014 - Complice il ritratto 2014 - Ritorno alla vita 2014 - Lo scrigno conteso 2014 - Las leyenda misteriosa an Machu Picchu 2014 - Qualcosa di sbagliato 2014 - Quella panchina vuota 2014 - Una particolare situazione 2014 - La lotta per la pagnotta 2015 - Quei fiori sulla scogliera 2015 - La custode del faro 2015 - Una questione di classe 2015 - La cosa più bella che ho di te 2015 - Se fosse Vero? dicembre gennaio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre gennaio marzo aprile giugno luglio SitoWeb: Pierantonio Marone http://erosmenkhotep.altervista.org/ 88 Pierantonio Marone 89 90