PRIMA con capitello (Page 1)
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PRIMA con capitello (Page 1)
IL FOGLIO Redazione e Amministrazione: L.go Corsia Dei Servi 3 - 20122 Milano. Tel 02/771295.1 “La mafia della Locride non aveva mai travalicato i confini nazionali” “Ora ci saranno contraccolpi” “Germania fronte strategico” Roma. “Quello che è successo a Duisburg è inedito per la violenza criminale calabrese. Sotto questo aspetto la mafia della Locride non aveva mai travalicato i confini nazionali. Anzi, i regolamenti di conti si sono sempre registrati nell’ambito regionale”. Così l’ex prefetto di Reggio Calabria Luigi De Sena (da pochi giorni vicecapo della polizia) ha commentato la strage di Duisburg. La notte del 15 agosto sei giovani calabresi uscivano dal ristorante “Da Bruno” nella città tedesca di Duisburg quando, appena saliti in auto, sono stati raggiunti da 70 colpi di arma da fuoco e poi finiti ciascuno con un proiettile di pistola in testa da due uomini che si sono dileguati subito dopo la sparatoria. Una scena che potrebbe appartenere alla trama di un nuovo capitolo della saga de “Il Padrino”, come hanno detto i giornali tedeschi, in quanto è ormai certo che la strage è solo l’ultimo atto di una faida tra cosche del paese di San Luca in Calabria iniziata nel 1991. Luigi De Sena ha seguito come prefetto del capoluogo calabrese molte vicende legate alla ’ndrangheta, e non ha dubbi nel dire al Foglio che la strage di due giorni fa in Germania “significa che la faida di San Luca non ha soluzioni di continuità. Gli equilibri criminali della mafia calabrese da quel 25 dicembre 2006 si devono LUIGI DE SENA nuovamente registrare”. Risale infatti allo scorso Natale uno degli episodi più sanginosi di questa guerra tra il clan delle famiglie Pelle, Vottari e Romeo e quello degli Strangio e Nirta, quando Maria Strangio fu trucidata sulla porta di casa a San Luca. Dopo Natale, Ferragosto. Per la prima volta fuori dall’Italia. Il viceministro dell’Interno, Marco Minniti, parla di “salto di qualità”. Per De Sena è vero: “Siamo di fronte a qualcosa di inedito. Dal mio punto di osservazione, che risale a quando ho lasciato l’incarico di prefetto, questa strage è collegabile per ora solo ai fatti del 25 dicembre scorso. Bisogna però valutare gli elementi che verranno in evidenza con le investigazioni, ci sono già funzionari italiani sul posto”. Si tratta solo di un regolamento di conti? “Indubbiamente ci dev’essere qualcosa di molto più importante per gli equilibri criminali mafiosi”. Ma perché in Germania? Per De Sena la strage è nata da “un fatto occasionale ma ben studiato, da quanto ho potuto capire. Non bisogna dimenticare che gli interessi della mafia calabrese sono ormai di carattere internazionale”. (segue a pagina quattro) La Giornata * * * In Italia * * * Nel mondo IL MIBTEL CEDE 3,45 PUNTI, PERDITE PER TUTTE LE BORSE MONDIALI. In Europa sono stati persi 304 miliardi di euro. Milano chiude toccando i nuovi minimi del 2007. Si fanno sentire le difficoltà del mercato e il timore che la crisi dei mutui negli Stati Uniti abbia un impatto negativo sulla finanza globale. L’euro ha chiuso a 1,33 dollari. Il viceministro Vincenzo Visco: “Incrociamo le dita e auguriamoci che non ci siano contagi”. Renato Brunetta (FI): “Si tratta di una bolla limitata, le preoccupazioni sono totalmente rientrate”. IL TERREMOTO IN PERU’ UCCIDE 500 PERSONE. ROMA INVIA UNA SQUADRA di soccorsi. Nella notte tra mercoledì e giovedì il Perù è stato colpito da un terremoto di magnitudo 8 della scala Richter. L’epicentro del sisma è stato localizzato in mare, a 160 chilometri a sud di Lima. Il presidente, Alan Garcia, si è recato a Pisco, la città più colpita. Il bilancio provvisorio è di 500 morti e oltre mille feriti. Secondo la Farnesina, non ci sarebbero connazionali. L’Italia si è offerta di inviare aiuti nelle zone colpite, dove manca sia la luce sia l’acqua, e la Protezione civile ha dato la disponibilità a inviare una missione con squadre di soccorritori e materiale medico e logistico. L’Istituto penitenziario nazionale peruviano (Inpe) ha comunicato che 680 prigionieri sono evasi dal carcere di China, dopo il crollo di un muro che ha aperto una breccia nella struttura. Soltanto 29 detenuti sono rimasti nella prigione. * * * Umberto Bossi rilancia lo sciopero fiscale. Il leader del Carroccio ha proposto di pagare le tasse “alle Regioni anziché allo stato”. Per il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione, “è una follia”. Anche Alleanza nazionale ha preso le distanze, mentre Forza Italia, con alcune precisazioni, potrebbe considerare l’ipotesi. Daniele Capezzone (Rnp) è disposto a parlarne, “il problema non è Bossi ma Visco”. Il viceministro alle Finanze Visco critica Tg5 e Tg1 per aver mandato in onda l’autoidifesa di Valentino Rossi. Il Tg1 replica in diretta: “Giusto sentire l’altra campana”. * * * Arrivati 195 clandestini a Lampedusa sulle motovedette della Guardia costiera. I migranti sono stati soccorsi a 28 miglia a sud dell’isola siciliana. Nell’ultima settimana ne sono sbarcati oltre 400. * * * Allerta in Calabria dopo la strage di Duisburg, in Germania. La morte di sei persone causata presumibilmente da una faida tra le famiglie Nirta-Strangio e Pelle-Vottari. Nella provincia di Reggio Calabria si intensificano i controlli delle forze dell’ordine. Monitorata soprattutto la zona di San Luca per prevenire possibili reazioni. Il premier Prodi: “Faccio appello alle giovani generazioni del Mezzogiorno perché ci aiutino a fare questo cambiamento”. * * * Prosegue l’inchiesta Uefa sulla Lazio. Il fascicolo è stato aperto dopo gli incidenti di martedì scorso nella gara con la Dinamo Bucarest, a causa dei presunti cori razzisti intonati da una parte della tifoseria laziale. Il presidente Lotito attende “con fiducia” la valutazione dell’Uefa. William Gaillard, portavoce dell’Uefa: “E’ arrivato il rapporto, ma non voglio sbilanciarmi. Anche se il club biancoceleste è diffidato e rischia di piu”. * * * Vince un esordiente al palio di Siena. La contrada Leocorno, rappresentata da Jonathan Bartoletti, l’unico fantino esordiente, detto “Scompiglio”, si è aggiudicata la gara di piazza del Campo. Tra gli spettatori c’era il premier francese François Fillon e l’attore Daniel Craig che al cinema interpreta James Bond. * * * In Iraq oltre 400 yazidi morti negli attentati di martedì sera a nord di Mosul. Il presidente, Jalal Talabani, e il premier, Nouri al Maliki, hanno annunciato a Baghdad una nuova alleanza politica fra curdi e sciiti. I pasdaran e i loro protetti di Hamas finiscono nelle liste nere Secondo il quotidiano americano New York Times, il capo della diplomazia americana, Condoleezza Rice, potrebbe annunciare entro la fine del mese l’inserimento dei pasdaran iraniani nella lista delle organizzazioni terroristiche del Dipartimento di stato. Per la prima volta, un’unità di un esercito regolare, le Guardie della rivoluzione islamica agli ordini del regime di Teheran, potrebbe essere equiparata a un gruppo come al Qaida. I pasdaran sono responsabili di una campagna permanente di infiltrazioni, sostegno, addestramento e armamento delle fazioni estremiste della guerriglia in Iraq e anche della fornitura di armi e della creazione di nuovi gruppi armati in Afghanistan. L’inserimento nella lista potrebbe avere conseguenze pesanti per i loro affari con il gas iraniano, con il programma nucleare e con il commercio di armi. Allo stesso tempo, a Ramallah, il rais Abu Mazen mette fuori legge le milizie di Hamas (finanziate proprio dai pasdaran). Intanto il presidente, Mahmoud Ahamadinejad, al summit dell’organizzazione di Shanghai cerca l’allenza con Pechino e con la Russia in chiave antiamericana (articolo ed editoriale a pagina 3) * * * Abu Mazen bandisce le forze di Hamas. Il presidente palestinese, Abu Mazen, con un decreto ha dichiarato fuorilegge, illegali e non autorizzate le Forze esecutive di Hamas. “Coloro che si uniscono alle milizie di Hamas – dice il decreto – subiranno una condanna da 3 a 7 anni di carcere”. E’ stato rilasciato Ahmed Mughami, procuratore generale dei Territori esponente di Fatah, arrestato a Gaza da Hamas. Editoriale a pagina tre * * * Videogioco di Hezbollah contro Israele ispirato alla guerra dell’anno scorso contro Israele. Protagonista è un mujaheddin; il suo obiettivo è accumulare punteggio uccidendo il maggior numero di soldati israeliani. * * * In Turchia respinta la lista di Erdogan. Ieri il presidente turco, Ahmet Necdet Sezer, non ha approvato la lista dei ministri presentata dal premier, Recep Tayyip Erdogan, per la formazione del nuovo governo. La decisione sarà presa dal suo successore. * * * In Iran altre due impiccagioni pubbliche. Sono almeno 161 le pene capitali eseguite dall’inizio dell’anno. * * * La figlia di Bush sposa lo stagista di Rove, l’ex vicecapo dello staff della Casa Bianca. * * * José Padilla condannato per cospirazione e detenzione di materiale terroristico. * * * Elezioni legislative anticipate in Grecia. Si terranno il prossimo 16 settembre. Questo numero è stato chiuso in redazione alle 21 Davanti a San Luca La rupture di Sarkozy in Borsa Qui restano i macchinoni e i ricordi di Alvaro. Ormai l’organizzazione criminale è una multinazionale L’inquilino dell’Eliseo scrive a Merkel perché i leader del G7 affrontino la crisi dei mutui. Auspica il ritorno in campo della politica, dopo le scelte discutibili delle agenzie di rating e della Bce. Si muove pure la Commissione Scilla. Li aspettano a San Luca. Pensano che escano fuori da uno di quei vicoli aggrappati all’Aspromonte, a franapoggio sulla Fiumara Bonamico. Forse sperano di ritrovarseli davanti con le pistole puntate sulla via Massarotti. Niente di più inverosimile. Le vecchie case di pietra di San Luca, comune di 4.106 abitanti, 1.242 famiglie e 1.650 case, annunciano solo ruderi, su vecchie pietre malmesse, finestre divelte, piante che crescono fra i solai abbandonati dietro gli infissi corrosi dal vento. E francamente, a giudicare dall’eco della strage di Duisburg che si respira qui in Calabria, con tutto il rispetto per il ministro dell’Interno e gli inquirenti che lavorano sul caso, fa un po’ sorridere lo stupore con cui i responsabili dell’ordine pubblico reagiscono alla vicenda e l’apprensione con cui paventano una sua possibile irradiazione fra le strade di San Luca. Trattasi di una novità, dice il procuratore Pietro Grasso. “E certo – commenta il calabrese amaro – gli hanno fatto la gentilezza di ammazzarli in Germania”. Il prossimo agguato, dunque, farebbero meglio a depistarlo a Mosca, a Rostock, magari persino a Dresda, e perché no a Kiev o a Sarajevo. Si dice, infatti, e il si dice in una regione martoriata dall’omertà e dalle malevoci come questa, è una vox populi col sapore della verità, che i criminali ndranghetisti siano diventati una multinazionale, detentori di una holding internazionale con diramazioni spaventose. Si dice che la produzione e lo smercio di droga, gestite direttamente e in proprio col cartello di Medellin dalle cosche più intraprendenti, dia un gettito annuo equivalente a una Finanziaria, circa 35 miliardi di euro. E anche gli scemi capiscono che questo fiume di denaro sporco genera riciclaggio e dunque investimenti spregiudicati, e c’è chi racconta di certi voli per Mosca a forte densità di passeggeri dai nomi calabri, e chi è pronto a scommettere che alcuni mammasantissima siedano già nel cda di Gazprom. A San Luca invece solo case sdarrupate. (segue a pagina quattro) Bruxelles. Nicolas Sarkozy ha usato il Ferragosto a Walfeboro per invitare i leader delle economie più industrializzate a far fronte alla crisi dei mercati finanziari. In una lettera alla cancelliera tedesca Angela Merkel, presidente di turno del G7, il presidente francese dice che “questi movimenti di mercato non riusciranno a intaccare durevolmente la crescita delle nostre economie, che è robusta”. Ma è “responsabilità” dei capi di stato e di governo di “tirare le dovute conseguenze e imparare la lezione”. Quale? Occorre migliorare la “trasparenza del funzionamento del mercato”, vigilare “sull’efficacia dei nostri sistemi di allerta e sulla diffusione corretta della liquidità all’insieme degli attori economici”. Tradotto, Sarkozy individua i grandi responsabili della propagazione del panico sui “subprime” americani: le agenzie internazionali di rating che non hanno visto arrivare la crisi e la Banca centrale europea che, nonostante le iniezioni di liquidità, con il suo comportamento ha contribuito alla tempesta. Vista l’inefficacia delle istituzioni indipendenti, secondo Sarkozy – che ha richiamato dalle vacanze la sua ministra dell’Economia, Christine Lagarde – la parola deve tornare alla politica: i ministri delle Finanze del G7 preparino “proposte da valutare alla prossima riunione di ottobre a Washington”. Contro le agenzie di rating è intervenuta la Commissione europea, annunciando un’indagine in settembre. “Vi sono molte cose da chiarire – spiega una portavoce – a partire dalla lentezza che le agenzie hanno mostrato nel reagire all’evidente deterioramento del mercato che si è verificato dalla seconda metà del 2006”. Secondo Bruxelles – che intende vigilare anche sugli hedge fund – “il mercato dei mutui a rischio non avrebbe preso una tale ampiezza senza i punteggi favorevoli fissati da alcune agenzie”. Sulla Bce, per correttezza inter-istituzionale la Commissio- ne non si esprime. Ma sul suo presidente, Jean-Claude Trichet, sono piovute critiche da molte parti. Tra le righe della lettera di Sarkozy si intuisce l’irritazione per l’incapacità di Francoforte nel prevenire lo choc: l’opacità è al cuore della crisi attuale e la Bce non ha saputo indicare precisamente la massa globale dei “subprime” né fornire la lista degli istituti finanziari esposti. Certo, “le banche centrali sono intervenute per immettere liquidità laddove si è reso necessaria”, riconosce Sarkozy. Ma l’iniezione massiccia – più del 12 settembre 2001 – ha avuto effetti controproducenti perché, pur facendo respirare il sistema bancario, ha aumentato l’inquietudine degli investitori per un’operazione che è sembrata dettata dal panico. E’ stato l’annuncio di giovedì 9 agosto – la Bce è pronta a coprire al 100 per cento le richieste di liquidità delle istituzioni finanziarie – ad aver stupito di più, perché gli speculatori hanno così la certezza che, in caso di crisi grave, Francoforte correrà in loro soccorso. Come a dire che la francese Bnp-Paribas e la tedesca IKB non pagheranno l’errore di aver investito nei “subprime”. Inoltre – spiegano gli economisti – Trichet ha contraddetto la politica di vigilanza sull’inflazione: il rialzo dei tassi annunciato per settembre era stato motivato, tra l’altro, dalla crescita troppo rapida della massa monetaria, che però le iniezioni di liquidità hanno ulteriormente gonfiato. “Come il piromane che cerca di spegnere il suo incendio”, ha scritto Le Monde. Per la Federal Reserve, la Banca del Giappone e la Banca d’Inghilterra questo è il momento dello status quo sul costo del denaro al fine di non aggravare la crisi e innescare la fine del ciclo positivo della crescita. Ma la Bce – accusa l’ex ministro dell’Economia francese, Thierry Breton – è “prigioniera della sua strategia di rialzo dei tassi” e le critiche – dicono gli analisti – intestardiranno Trichet su questa strada pericolosa. Estate inestetica OGGI NEL FOGLIO QUOTIDIANO Oltre 400 morti in Iraq La pulizia etnica di al Qaida contro gli antichi yazidi Il presidente Talabani: “E’ genocidio”. La comunità accusata di apostasia Roma. A marzo uccisero 150 sciiti a Tal Afar, ad aprile altri 200 nel mercato di Sadr City, a luglio 140 turcomanni di Amerli. Martedì al Qaida ha portato la morte in luoghi dai nomi evocativi come Qataniyah, Adnaniyah, al Jazeera e Tal Uzair, quattro villaggi presso Mosul. Stando alle ultime cifre fornite dal ministero dell’Interno iracheno, sono oltre 400 i morti. Il necrologio è destinato a salire. E’ l’attentato più terribile dall’inizio della guerra. “E’ un atto di pulizia etnica, un genocidio” ha detto il comandante delle truppe statunitensi nel nord dell’Iraq, il generale Benjamin Mixon. Tutte le vittime sono membri della comunità Yazida, accusata di blasfemia, politeismo e apostasia dai fanatici islamisti, un culto antichissimo in cui confluiscono elementi cristiani, ebraici, gnostici e islamici. Quattro attentatori suicidi a bordo di autocisterne si sono fatti saltare in aria a pochi secondi l’uno dall’altro. La scena rivaleggia con la ferocia delle armate assire scolpita nei bassorilievi di Mosul, im- JALAL TALABANI magini di mucchi di corpi fatti a pezzi e città a ferro e fuoco. A Qataniyah si scava a mani nude sotto le macerie di palazzi e abitazioni, intere zone sono state completamente rase al suolo. All’ospedale di Dahuk, le vittime sono riversate nei pavimenti, i letti non bastano ad accoglierli. L’esercito americano ha allestito un ospedale da campo. “Ognuno ha avuto almeno un morto” dice lo yazidi Sulman Salim. “Ci hanno distrutto”. Secondo il Washington Post, l’organizzazione qaidista “Stato islamico dell’Iraq” pochi giorni fa aveva minacciato la comunità in quanto “non islamica”. L’ambasciatore americano Ryan Crocker e il generale David Petraeus dicono che “questa violenza crudele rafforza la nostra determinazione a proseguire la nostra missione contro i terroristi che infestano l’Iraq”. Mosul “l’imprendibile” Il presidente iracheno Jalal Talabani ha parlato degli attacchi ai fratelli curdi come di “una guerra genocida”. “La città di Qahataniyah era il rifugio di 35 mila yazidi cacciati da Saddam Hussein nel 1975 per equilibrare il nord del paese con l’arrivo in massa di arabi sunniti” dice Waad Hamad Mattu, capo dello Yazidi movement for reform and progress. Le città gravitano nell’area di Mosul “l’imprendibile”, la città trasformata dai qaidisti in officina del terrorismo islamista e un tempo orgoglio dei cristiani caldei. “La città è in mano al fondamentalismo sunnita più rigido, che mira allo stato islamico”, scrive Asia News. Lo stragismo “takfir”, che ha messo in ginocchio gli yazidi, aveva toccato a Mosul il suo apice con il massacro del sacerdote Ragheed Ganni, e dei suoi tre suddiaconi lo scorso 3 giugno subito dopo la messa. I terroristi minarono il cadavere per provocare una strage fra i soccorritori. Sei mesi prima padre Munthir, settantenne reverendo della chiesa presbiteriana di Mosul, fu trovato con un proiettile nel cranio. Nell’agosto 2005 una studentessa dell’università di Mosul, Anita Tyadors, fu “giustiziata” in quanto cristiana e vestita all’occidentale. A settembre fu ritrovato il corpo senza testa del sacerdote siriaco Amer Iskander. Per il rilascio, al Qaida ordinò al ministro curdo Sarkis Ghajan di bloccare la costruzione di case per i cristiani in arrivo da Mosul. La strage è un’implicita risposta all’accoglienza degli yazidi verso i cristiani. (segue a pagina due) Livello minimo della decenza sospeso per ferie, dai pettorali di Putin al girocollo del Cav. I l degrado estetico fa parte del pacchetto estivo: vacanze, mare, caldo (tranne quest’anno in cui ha fatto un fresco pazzesco), ciabatte, costume, relax, e sensazione di leggera follia. D’estate si va in giro vestiti assurdamente, ma con un’aria beata e fiera, perché in agosto tutto è permesso, perché il riposo è allegramente cafone. Ci sono quelli che volano alle Maldive per camminare scalzi tutto il tempo e indossare le canottiere del villaggio turistico (alla Walter Veltroni, alla Gianfranco Fini) e quelli che si fanno fotografare, sereni, con i sandali neri di plastica, come Romano e Flavia Prodi l’anno scorso al mare. L’orrore riguarda tutti, nessuno si senta escluso, l’orrore è uno stato d’animo estivo, che accoglie con entusiasmo gli occhiali a goccia e a specchio di Nicolas Sarkozy e gli zoccoli di plastica colorata (i mostruosi Croc’s) di George W Bush, portati con i calzini di spugna. Tutto sarà perdonato in autunno (anche i pantaloni con la coulisse sotto il ginocchio di Massimo D’Alema, forse), perché tutto rientra nell’imbarbarimento da vacanza. Poi si tornerà grigi e incazzati (e con abbronzature aranciate che scoloreranno a chiazze sotto l’aria condizionata) a una parvenza di civiltà, con qualche braccialetto ricordo sotto i polsini della camicia. Però Vladimir Putin che pesca i pesciolini in Siberia vestito da Rambo è un’altra cosa: è un universo estetico a parte, irraggiungibile, fuori dal tempo. Prima con la maglietta mimetica, poi, di slancio, a torso nudo per mostrare i muscoli e le piastrine militari appese al collo, ma con i pantaloni ascellari per tenere dentro la pancia (il principe Alberto di Monaco pescava accanto a lui, nello stesso gommone, e saggiamente non si è spogliato). Poi gli occhiali da sole fumé, gli anfibi, il cappello, i pettorali e la faccia orgogliosa da combattimento vinto mentre tiene in mano un pescetto molto feroce lungo circa sette centimetri e mezzo. Collane da uomini veri L’imbarbarimento d’agosto non risparmia nessuno (ancor meno quelli che vanno in vacanza nei posti chic e allora in spiaggia si mettono dei caftani da uomo per sembrare adeguatamente chic), e ora si dice che anche il Cavaliere abbia trovato un look estivo. Niente bandana (ogni nuova estate richiede, per le star, un dettaglio nuovissimo), niente golfino sulle spalle, niente eterna camicia azzurra, bensì un magnifico ciondolo di cuoio tempestato di smeraldi. Una collana da uomo, insomma. Fino a ieri non c’erano foto che mostrassero il collier di cuoio, ma è chiaro che un sacco di gente non può già più vivere senza ciondolo al collo. E giacca bianca con camicia blu notte, come gli abiti che Silvio Berlusconi l’altra sera a cena in Sardegna ha abbinato al laccio con smeraldi (anche se Gianfranco Fini ne aveva già sfoggiato uno tempo fa, comprato alle Maldive, senza smeraldi). Il Cav. e tutti gli altri rinsaviranno entro settembre, ma finché dura l’estate ci si può scatenare: il livello estetico minimo è sospeso per ferie. Per sentirsi ancora giovani, ancora forti, ancora adatti a un falò sulla spiaggia con la chitarra. Un Italian Tabloid sui lati oscuri della nostra storia, tra Ellroy e Tarantino oeditori.it Il prefetto De Sena ci spiega il volto inedito della ’ndrangheta VENERDÌ 17 AGOSTO 2007 - € 1 DIRETTORE GIULIANO FERRARA www.marsili Dopo la strage di Duisburg Poste Italiane Sped. in Abbonamento Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO Marsilio ANNO XII NUMERO 193 quotidiano Bindi attacca da sinistra L’autunno caldo di Rosy contro il riflusso anni 80 del Partito democratico Letta li rivaluta, ma per il ministro la marcia dei 40 mila “pose fine alla grande stagione delle lotte sindacali” La guerra delle liste regionali Roma. Rosy Bindi sceglie il giorno di ferragosto per rispondere compiutamente alla riabilitazione degli anni Ottanta avanzata da Enrico Letta ormai diverse settimane fa. Una risposta ben più articolata di quella fornita sul momento, quasi un manifesto. Dalla battaglia sulla composizione delle liste, nel Partito democratico, si passa dunque alla battaglia ideologica in campo aperto. Ed emerge con chiarezza quello che fino a ieri era al più un divertente paradosso: nel confronto tra i tre principali candidati alle primarie, non è l’ex comunista Veltroni, ma la cattolica Bindi a rappresentare la sinistra. La sinistra radicale, per essere precisi, mentre Enrico Letta ricopre il ruolo del riformista modernizzatore, che gioca la carta degli anni Ottanta per togliersi quell’aria da grigio e noioso tecnocrate, per parlare ai giovani, per addolcire un po’ la sua iconografia tutta Arel, Astrid e Aspen Institute, con un tocco di Drive In. Ma gli anni Ottanta – come non ha mancato di notare subito la pugnace compagna Rosy da Sinalunga – sono innanzi tutto, nell’immaginario politico collettivo, gli anni della Milano da bere. Ma che cosa ci si poteva aspettare di buono da quegli anni, scrive il ministro per la Famiglia sul suo blog, da quegli anni che si aprirono con la strage di Bologna che “annichilì il paese” e con la marcia dei quarantamila quadri Fiat a Torino “che pose fine alla grande stagione delle lotte sindacali?”. Scavalcando a sinistra, così, persino Piero Fassino. La lotta per l’egemonia si conduce a tutto campo. E così, se Letta parla della sua generazione come più equilibrata di quella che ha attraversato gli “ideologici” anni Settanta, perché “non essendoci mai illusi, non abbiamo vissuto la fase della disillusione”, per Rosy Bindi è come dire: “Non avendo mai sperato, non conosciamo il sogno e il risveglio; non avendo mai immaginato un futuro migliore, ignoriamo la lotta e la sconfitta; non essendoci mai battuti per le nostre idee, abbiamo evitato l’esperienza del conflitto e la pena del fallimento”. E qui però non basta notare l’autentico ardore rivoluzionario, perché bisogna saper leggere tra le righe, perché è sul terreno delle ideologie – come diceva qualcuno – che gli uomini prendono coscienza dei conflitti di struttura. E il conflitto di struttura tra Bindi e Letta è fin troppo chiaramente indicato dalle parole del ministro: Letta ignorerebbe la lotta e il conflitto, mirando semplicemente a posizionarsi, a coltivare una rendita da mettere a frutto in futuro, senza attriti che sarebbero anzi controproducenti. Rosy Bindi, al contrario, cerca la battaglia, la lotta delle idee, il conflitto. Per questo non cessa, lei sola, d’incalzare Veltroni su tutte le questioni più spinose: cosa ne pensa Veltroni dell’idea lanciata dal “manifesto dei coraggiosi” di sostituire all’alleanza con Rifondazione comunista quella con l’Udc? Perché non vuole accettare il confronto con gli altri candidati? E’ d’accordo con Beppe Fioroni che definisce il Pd un partito moderato o con Vincenzo Vita che gli dà del “passatista”, visto che entrambi lo sostengono? E via così, incurante di chi l’accusa di “avvelenare” la competizione. E a Pierluigi Bersani – che pure era stato tra i pochi a condividere le sue critiche sul “verticismo” – ciononostante, il 10 agosto, dice: “Se restituiamo lo scettro al popolo dopo il 14 ottobre, il popolo ce lo tira, lo scettro. Bisogna darglielo prima”. Perché Rosy Bindi non punta, come fa invece Enrico Letta, a una lunga marcia dentro il veltronismo. Non per nulla è sostenuta da tanti prodiani, perché il suo motto altro non è che il buon vecchio “competition is competition”. Rosy Bindi gioca dunque a tutto campo, sempre all’attacco, anche a livello locale. Veltroni e gli apparentamenti locali L’accendersi della competizione, naturalmente, si riflette anche sulla difficile opera di composizione delle liste, ancora lontanissima dalla conclusione. Una partita ulteriormente complicata, e incarognita, dal gioco degli apparentamenti e delle candidature annunciate o minacciate nelle diverse regioni da tanti dirigenti, leader e aspiranti leader locali. E siccome in amore e in guerra tutto è permesso, e qui siamo lontanissimi dall’amore, il primo effetto di una simile dinamica è che le liste veltroniane si chiuderanno solo all’ultimo minuto, per evitare che i dirigenti abbandonati lungo la strada abbiano il tempo di risposarsi con i rivali. Ma questi sono dettagli. Il problema di fondo è che il gioco delle primarie sembra avere decisamente preso la mano ai giocatori, a tutti i livelli, e nessuno sembra più avere il pieno controllo delle truppe di cui si era forse troppo presto autonominato generale. Dal punto di vista di Veltroni, tutto questo rappresenta certo un grosso rischio per il voto del 14 ottobre, ma anche una straordinaria occasione, per dopo.