PRIMA con capitello (Page 1)

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PRIMA con capitello (Page 1)
IL FOGLIO
Redazione e Amministrazione: L.go Corsia Dei Servi 3 - 20122 Milano. Tel 02/771295.1
“La mafia della Locride non aveva
mai travalicato i confini nazionali”
“Ora ci saranno contraccolpi”
“Germania fronte strategico”
Roma. “Quello che è successo a Duisburg
è inedito per la violenza criminale calabrese. Sotto questo aspetto la mafia della Locride non aveva mai travalicato i confini nazionali. Anzi, i regolamenti di conti si sono sempre registrati nell’ambito regionale”. Così
l’ex prefetto di Reggio Calabria Luigi De Sena (da pochi giorni vicecapo della polizia) ha
commentato la strage di Duisburg. La notte
del 15 agosto sei giovani calabresi uscivano
dal ristorante “Da Bruno” nella città tedesca di Duisburg quando, appena saliti in auto, sono stati raggiunti da 70 colpi di arma da
fuoco e poi finiti ciascuno con un proiettile
di pistola in testa da due uomini che si sono
dileguati subito dopo la sparatoria. Una scena che potrebbe appartenere alla trama di
un nuovo capitolo della saga de “Il Padrino”, come hanno detto i giornali tedeschi, in
quanto è ormai certo che la strage è solo l’ultimo atto di una faida tra cosche del paese di
San Luca in Calabria iniziata nel 1991.
Luigi De Sena ha seguito come prefetto
del capoluogo calabrese
molte vicende legate alla
’ndrangheta, e non ha dubbi nel dire al Foglio che la
strage di due giorni fa in
Germania “significa che la
faida di San Luca non ha
soluzioni di continuità. Gli
equilibri criminali della
mafia calabrese da quel 25
dicembre 2006 si devono LUIGI DE SENA
nuovamente registrare”.
Risale infatti allo scorso Natale uno degli
episodi più sanginosi di questa guerra tra il
clan delle famiglie Pelle, Vottari e Romeo
e quello degli Strangio e Nirta, quando Maria Strangio fu trucidata sulla porta di casa a San Luca. Dopo Natale, Ferragosto.
Per la prima volta fuori dall’Italia. Il viceministro dell’Interno, Marco Minniti, parla
di “salto di qualità”. Per De Sena è vero:
“Siamo di fronte a qualcosa di inedito. Dal
mio punto di osservazione, che risale a
quando ho lasciato l’incarico di prefetto,
questa strage è collegabile per ora solo ai
fatti del 25 dicembre scorso. Bisogna però
valutare gli elementi che verranno in evidenza con le investigazioni, ci sono già funzionari italiani sul posto”. Si tratta solo di
un regolamento di conti? “Indubbiamente
ci dev’essere qualcosa di molto più importante per gli equilibri criminali mafiosi”.
Ma perché in Germania? Per De Sena la
strage è nata da “un fatto occasionale ma
ben studiato, da quanto ho potuto capire.
Non bisogna dimenticare che gli interessi
della mafia calabrese sono ormai di carattere internazionale”.
(segue a pagina quattro)
La Giornata
* * *
In Italia
* * *
Nel mondo
IL MIBTEL CEDE 3,45 PUNTI, PERDITE PER TUTTE LE BORSE MONDIALI.
In Europa sono stati persi 304 miliardi di
euro. Milano chiude toccando i nuovi minimi del 2007. Si fanno sentire le difficoltà
del mercato e il timore che la crisi dei
mutui negli Stati Uniti abbia un impatto
negativo sulla finanza globale. L’euro ha
chiuso a 1,33 dollari.
Il viceministro Vincenzo Visco: “Incrociamo le dita e auguriamoci che non ci siano contagi”. Renato Brunetta (FI): “Si tratta di una bolla limitata, le preoccupazioni
sono totalmente rientrate”.
IL TERREMOTO IN PERU’ UCCIDE 500
PERSONE. ROMA INVIA UNA SQUADRA
di soccorsi. Nella notte tra mercoledì e giovedì il Perù è stato colpito da un terremoto
di magnitudo 8 della scala Richter. L’epicentro del sisma è stato localizzato in mare,
a 160 chilometri a sud di Lima. Il presidente, Alan Garcia, si è recato a Pisco, la città
più colpita. Il bilancio provvisorio è di 500
morti e oltre mille feriti. Secondo la Farnesina, non ci sarebbero connazionali. L’Italia
si è offerta di inviare aiuti nelle zone colpite, dove manca sia la luce sia l’acqua, e la
Protezione civile ha dato la disponibilità a
inviare una missione con squadre di soccorritori e materiale medico e logistico.
L’Istituto penitenziario nazionale peruviano (Inpe) ha comunicato che 680 prigionieri sono evasi dal carcere di China, dopo
il crollo di un muro che ha aperto una breccia nella struttura. Soltanto 29 detenuti sono rimasti nella prigione.
* * *
Umberto Bossi rilancia lo sciopero fiscale.
Il leader del Carroccio ha proposto di pagare le tasse “alle Regioni anziché allo stato”.
Per il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione, “è una follia”. Anche Alleanza nazionale ha preso le distanze, mentre Forza Italia,
con alcune precisazioni, potrebbe considerare l’ipotesi. Daniele Capezzone (Rnp) è
disposto a parlarne, “il problema non è
Bossi ma Visco”.
Il viceministro alle Finanze Visco critica
Tg5 e Tg1 per aver mandato in onda l’autoidifesa di Valentino Rossi. Il Tg1 replica in diretta: “Giusto sentire l’altra campana”.
* * *
Arrivati 195 clandestini a Lampedusa sulle motovedette della Guardia costiera. I migranti sono stati soccorsi a 28 miglia a sud
dell’isola siciliana. Nell’ultima settimana
ne sono sbarcati oltre 400.
* * *
Allerta in Calabria dopo la strage di Duisburg, in Germania. La morte di sei persone causata presumibilmente da una faida
tra le famiglie Nirta-Strangio e Pelle-Vottari. Nella provincia di Reggio Calabria si intensificano i controlli delle forze dell’ordine. Monitorata soprattutto la zona di San
Luca per prevenire possibili reazioni.
Il premier Prodi: “Faccio appello alle
giovani generazioni del Mezzogiorno perché
ci aiutino a fare questo cambiamento”.
* * *
Prosegue l’inchiesta Uefa sulla Lazio. Il fascicolo è stato aperto dopo gli incidenti di
martedì scorso nella gara con la Dinamo
Bucarest, a causa dei presunti cori razzisti
intonati da una parte della tifoseria laziale.
Il presidente Lotito attende “con fiducia”
la valutazione dell’Uefa.
William Gaillard, portavoce dell’Uefa:
“E’ arrivato il rapporto, ma non voglio sbilanciarmi. Anche se il club biancoceleste è
diffidato e rischia di piu”.
* * *
Vince un esordiente al palio di Siena. La
contrada Leocorno, rappresentata da Jonathan Bartoletti, l’unico fantino esordiente, detto “Scompiglio”, si è aggiudicata la
gara di piazza del Campo. Tra gli spettatori c’era il premier francese François Fillon
e l’attore Daniel Craig che al cinema interpreta James Bond.
* * *
In Iraq oltre 400 yazidi morti negli attentati
di martedì sera a nord di Mosul. Il presidente, Jalal Talabani, e il premier, Nouri al
Maliki, hanno annunciato a Baghdad una
nuova alleanza politica fra curdi e sciiti.
I pasdaran e i loro protetti di
Hamas finiscono nelle liste nere
Secondo il quotidiano americano
New York Times, il capo della diplomazia americana, Condoleezza Rice,
potrebbe annunciare entro la fine del
mese l’inserimento dei pasdaran iraniani nella lista delle organizzazioni
terroristiche del Dipartimento di stato. Per la prima volta, un’unità di un
esercito regolare, le Guardie della rivoluzione islamica agli ordini del regime di Teheran, potrebbe essere equiparata a un gruppo come al Qaida. I
pasdaran sono responsabili di una
campagna permanente di infiltrazioni,
sostegno, addestramento e armamento
delle fazioni estremiste della guerriglia in Iraq e anche della fornitura di
armi e della creazione di nuovi gruppi
armati in Afghanistan. L’inserimento
nella lista potrebbe avere conseguenze pesanti per i loro affari con il gas
iraniano, con il programma nucleare e
con il commercio di armi. Allo stesso
tempo, a Ramallah, il rais Abu Mazen
mette fuori legge le milizie di Hamas
(finanziate proprio dai pasdaran). Intanto il presidente, Mahmoud Ahamadinejad, al summit dell’organizzazione
di Shanghai cerca l’allenza con Pechino e con la Russia in chiave antiamericana (articolo ed editoriale a pagina 3)
* * *
Abu Mazen bandisce le forze di Hamas. Il
presidente palestinese, Abu Mazen, con un
decreto ha dichiarato fuorilegge, illegali e
non autorizzate le Forze esecutive di Hamas. “Coloro che si uniscono alle milizie di
Hamas – dice il decreto – subiranno una
condanna da 3 a 7 anni di carcere”. E’ stato rilasciato Ahmed Mughami, procuratore
generale dei Territori esponente di Fatah,
arrestato a Gaza da Hamas.
Editoriale a pagina tre
* * *
Videogioco di Hezbollah contro Israele
ispirato alla guerra dell’anno scorso contro
Israele. Protagonista è un mujaheddin; il suo
obiettivo è accumulare punteggio uccidendo
il maggior numero di soldati israeliani.
* * *
In Turchia respinta la lista di Erdogan. Ieri il presidente turco, Ahmet Necdet Sezer,
non ha approvato la lista dei ministri presentata dal premier, Recep Tayyip Erdogan,
per la formazione del nuovo governo. La decisione sarà presa dal suo successore.
* * *
In Iran altre due impiccagioni pubbliche.
Sono almeno 161 le pene capitali eseguite
dall’inizio dell’anno.
* * *
La figlia di Bush sposa lo stagista di Rove,
l’ex vicecapo dello staff della Casa Bianca.
* * *
José Padilla condannato per cospirazione
e detenzione di materiale terroristico.
* * *
Elezioni legislative anticipate in Grecia.
Si terranno il prossimo 16 settembre.
Questo numero è stato chiuso in redazione alle 21
Davanti a San Luca
La rupture di Sarkozy in Borsa
Qui restano i macchinoni e i ricordi
di Alvaro. Ormai l’organizzazione
criminale è una multinazionale
L’inquilino dell’Eliseo scrive a Merkel perché i leader del G7 affrontino
la crisi dei mutui. Auspica il ritorno in campo della politica, dopo le scelte
discutibili delle agenzie di rating e della Bce. Si muove pure la Commissione
Scilla. Li aspettano a San Luca. Pensano
che escano fuori da uno di quei vicoli aggrappati all’Aspromonte, a franapoggio sulla Fiumara Bonamico. Forse sperano di ritrovarseli davanti con le pistole puntate sulla via Massarotti. Niente di più inverosimile. Le vecchie case di pietra di San Luca, comune di 4.106 abitanti, 1.242 famiglie e 1.650
case, annunciano solo ruderi, su vecchie
pietre malmesse, finestre divelte, piante
che crescono fra i solai abbandonati dietro
gli infissi corrosi dal vento. E francamente,
a giudicare dall’eco della strage di Duisburg che si respira qui in Calabria, con tutto il rispetto per il ministro dell’Interno e
gli inquirenti che lavorano sul caso, fa un
po’ sorridere lo stupore con cui i responsabili dell’ordine pubblico reagiscono alla vicenda e l’apprensione con cui paventano
una sua possibile irradiazione fra le strade
di San Luca. Trattasi di una novità, dice il
procuratore Pietro Grasso. “E certo – commenta il calabrese amaro – gli hanno fatto
la gentilezza di ammazzarli in Germania”. Il
prossimo agguato, dunque, farebbero meglio a depistarlo a Mosca, a Rostock, magari
persino a Dresda, e perché no a Kiev o a Sarajevo. Si dice, infatti, e il si dice in una regione martoriata dall’omertà e dalle malevoci come questa, è una vox populi col sapore della verità, che i criminali ndranghetisti
siano diventati una multinazionale, detentori di una holding internazionale con diramazioni spaventose. Si dice che la produzione e lo smercio di droga, gestite direttamente e in proprio col cartello di Medellin dalle cosche più intraprendenti, dia un gettito
annuo equivalente a una Finanziaria, circa
35 miliardi di euro. E anche gli scemi capiscono che questo fiume di denaro sporco genera riciclaggio e dunque investimenti
spregiudicati, e c’è chi racconta di certi voli per Mosca a forte densità di passeggeri
dai nomi calabri, e chi è pronto a scommettere che alcuni mammasantissima siedano
già nel cda di Gazprom. A San Luca invece
solo case sdarrupate.
(segue a pagina quattro)
Bruxelles. Nicolas Sarkozy ha usato il
Ferragosto a Walfeboro per invitare i leader delle economie più industrializzate a
far fronte alla crisi dei mercati finanziari. In una lettera alla cancelliera tedesca
Angela Merkel, presidente di turno del
G7, il presidente francese dice che “questi movimenti di mercato non riusciranno
a intaccare durevolmente la crescita delle nostre economie, che è robusta”. Ma è
“responsabilità” dei capi di stato e di governo di “tirare le dovute conseguenze e
imparare la lezione”. Quale? Occorre migliorare la “trasparenza del funzionamento del mercato”, vigilare “sull’efficacia dei nostri sistemi di allerta e sulla diffusione corretta della liquidità all’insieme degli attori economici”. Tradotto,
Sarkozy individua i grandi responsabili
della propagazione del panico sui “subprime” americani: le agenzie internazionali di rating che non hanno visto arrivare la crisi e la Banca centrale europea
che, nonostante le iniezioni di liquidità,
con il suo comportamento ha contribuito
alla tempesta. Vista l’inefficacia delle
istituzioni indipendenti, secondo Sarkozy
– che ha richiamato dalle vacanze la sua
ministra dell’Economia, Christine Lagarde – la parola deve tornare alla politica: i
ministri delle Finanze del G7 preparino
“proposte da valutare alla prossima riunione di ottobre a Washington”.
Contro le agenzie di rating è intervenuta la Commissione europea, annunciando
un’indagine in settembre. “Vi sono molte
cose da chiarire – spiega una portavoce –
a partire dalla lentezza che le agenzie
hanno mostrato nel reagire all’evidente
deterioramento del mercato che si è verificato dalla seconda metà del 2006”. Secondo Bruxelles – che intende vigilare anche sugli hedge fund – “il mercato dei mutui a rischio non avrebbe preso una tale
ampiezza senza i punteggi favorevoli fissati da alcune agenzie”. Sulla Bce, per correttezza inter-istituzionale la Commissio-
ne non si esprime. Ma sul suo presidente,
Jean-Claude Trichet, sono piovute critiche
da molte parti. Tra le righe della lettera di
Sarkozy si intuisce l’irritazione per l’incapacità di Francoforte nel prevenire lo
choc: l’opacità è al cuore della crisi attuale e la Bce non ha saputo indicare precisamente la massa globale dei “subprime” né
fornire la lista degli istituti finanziari
esposti. Certo, “le banche centrali sono intervenute per immettere liquidità laddove
si è reso necessaria”, riconosce Sarkozy.
Ma l’iniezione massiccia – più del 12 settembre 2001 – ha avuto effetti controproducenti perché, pur facendo respirare il sistema bancario, ha aumentato l’inquietudine degli investitori per un’operazione
che è sembrata dettata dal panico.
E’ stato l’annuncio di giovedì 9 agosto –
la Bce è pronta a coprire al 100 per cento
le richieste di liquidità delle istituzioni finanziarie – ad aver stupito di più, perché
gli speculatori hanno così la certezza che,
in caso di crisi grave, Francoforte correrà
in loro soccorso. Come a dire che la francese Bnp-Paribas e la tedesca IKB non pagheranno l’errore di aver investito nei
“subprime”. Inoltre – spiegano gli economisti – Trichet ha contraddetto la politica
di vigilanza sull’inflazione: il rialzo dei
tassi annunciato per settembre era stato
motivato, tra l’altro, dalla crescita troppo
rapida della massa monetaria, che però le
iniezioni di liquidità hanno ulteriormente gonfiato. “Come il piromane che cerca
di spegnere il suo incendio”, ha scritto Le
Monde. Per la Federal Reserve, la Banca
del Giappone e la Banca d’Inghilterra
questo è il momento dello status quo sul
costo del denaro al fine di non aggravare
la crisi e innescare la fine del ciclo positivo della crescita. Ma la Bce – accusa l’ex
ministro dell’Economia francese, Thierry
Breton – è “prigioniera della sua strategia
di rialzo dei tassi” e le critiche – dicono
gli analisti – intestardiranno Trichet su
questa strada pericolosa.
Estate inestetica
OGGI NEL FOGLIO QUOTIDIANO
Oltre 400 morti in Iraq
La pulizia etnica di al Qaida
contro gli antichi yazidi
Il presidente Talabani: “E’ genocidio”.
La comunità accusata di apostasia
Roma. A marzo uccisero 150 sciiti a Tal
Afar, ad aprile altri 200 nel mercato di Sadr City, a luglio 140 turcomanni di Amerli.
Martedì al Qaida ha portato la morte in luoghi dai nomi evocativi come Qataniyah, Adnaniyah, al Jazeera e Tal Uzair, quattro villaggi presso Mosul. Stando alle ultime cifre
fornite dal ministero dell’Interno iracheno,
sono oltre 400 i morti. Il necrologio è destinato a salire. E’ l’attentato più terribile dall’inizio della guerra. “E’ un atto di pulizia
etnica, un genocidio” ha detto il comandante delle truppe statunitensi nel nord dell’Iraq, il generale Benjamin Mixon.
Tutte le vittime sono membri della comunità Yazida, accusata di blasfemia, politeismo e apostasia dai fanatici islamisti, un
culto antichissimo in cui
confluiscono elementi cristiani, ebraici, gnostici e
islamici. Quattro attentatori suicidi a bordo di autocisterne si sono fatti saltare
in aria a pochi secondi l’uno dall’altro. La scena rivaleggia con la ferocia delle
armate assire scolpita nei
bassorilievi di Mosul, im- JALAL TALABANI
magini di mucchi di corpi
fatti a pezzi e città a ferro e fuoco. A Qataniyah si scava a mani nude sotto le macerie
di palazzi e abitazioni, intere zone sono state completamente rase al suolo. All’ospedale di Dahuk, le vittime sono riversate nei pavimenti, i letti non bastano ad accoglierli.
L’esercito americano ha allestito un ospedale da campo. “Ognuno ha avuto almeno un
morto” dice lo yazidi Sulman Salim. “Ci
hanno distrutto”. Secondo il Washington Post, l’organizzazione qaidista “Stato islamico
dell’Iraq” pochi giorni fa aveva minacciato
la comunità in quanto “non islamica”. L’ambasciatore americano Ryan Crocker e il generale David Petraeus dicono che “questa
violenza crudele rafforza la nostra determinazione a proseguire la nostra missione
contro i terroristi che infestano l’Iraq”.
Mosul “l’imprendibile”
Il presidente iracheno Jalal Talabani ha
parlato degli attacchi ai fratelli curdi come
di “una guerra genocida”. “La città di
Qahataniyah era il rifugio di 35 mila yazidi
cacciati da Saddam Hussein nel 1975 per
equilibrare il nord del paese con l’arrivo in
massa di arabi sunniti” dice Waad Hamad
Mattu, capo dello Yazidi movement for
reform and progress. Le città gravitano nell’area di Mosul “l’imprendibile”, la città
trasformata dai qaidisti in officina del terrorismo islamista e un tempo orgoglio dei
cristiani caldei. “La città è in mano al fondamentalismo sunnita più rigido, che mira
allo stato islamico”, scrive Asia News.
Lo stragismo “takfir”, che ha messo in
ginocchio gli yazidi, aveva toccato a Mosul
il suo apice con il massacro del sacerdote
Ragheed Ganni, e dei suoi tre suddiaconi
lo scorso 3 giugno subito dopo la messa. I
terroristi minarono il cadavere per provocare una strage fra i soccorritori. Sei mesi
prima padre Munthir, settantenne reverendo della chiesa presbiteriana di Mosul,
fu trovato con un proiettile nel cranio. Nell’agosto 2005 una studentessa dell’università di Mosul, Anita Tyadors, fu “giustiziata” in quanto cristiana e vestita all’occidentale. A settembre fu ritrovato il corpo
senza testa del sacerdote siriaco Amer
Iskander. Per il rilascio, al Qaida ordinò al
ministro curdo Sarkis Ghajan di bloccare
la costruzione di case per i cristiani in arrivo da Mosul. La strage è un’implicita risposta all’accoglienza degli yazidi verso i
cristiani.
(segue a pagina due)
Livello minimo della decenza
sospeso per ferie, dai pettorali
di Putin al girocollo del Cav.
I
l degrado estetico fa parte del pacchetto estivo: vacanze, mare, caldo
(tranne quest’anno in cui ha fatto un
fresco pazzesco), ciabatte, costume, relax, e sensazione di leggera follia. D’estate si va in giro vestiti assurdamente,
ma con un’aria beata e fiera, perché in
agosto tutto è permesso, perché il riposo è allegramente cafone. Ci sono quelli che volano alle Maldive per camminare scalzi tutto il tempo e indossare
le canottiere del villaggio turistico (alla Walter Veltroni, alla Gianfranco Fini) e quelli che si fanno fotografare, sereni, con i sandali neri di plastica, come Romano e Flavia Prodi l’anno scorso al mare. L’orrore riguarda tutti, nessuno si senta escluso, l’orrore è uno
stato d’animo estivo, che accoglie con
entusiasmo gli occhiali a goccia e a
specchio di Nicolas Sarkozy e gli zoccoli di plastica colorata (i mostruosi
Croc’s) di George W Bush, portati con i
calzini di spugna. Tutto sarà perdonato in autunno (anche i pantaloni con la
coulisse sotto il ginocchio di Massimo D’Alema,
forse), perché
tutto rientra
nell’imbarbarimento da vacanza. Poi si tornerà grigi e incazzati (e
con abbronzature aranciate che scoloreranno a chiazze sotto l’aria condizionata) a una parvenza di civiltà, con
qualche braccialetto ricordo sotto i
polsini della camicia.
Però Vladimir Putin che pesca i pesciolini in Siberia vestito da Rambo è
un’altra cosa: è un universo estetico a
parte, irraggiungibile, fuori dal tempo.
Prima con la maglietta mimetica, poi,
di slancio, a torso nudo per mostrare i
muscoli e le piastrine militari appese
al collo, ma con i pantaloni ascellari
per tenere dentro la pancia (il principe Alberto di Monaco pescava accanto a lui, nello stesso gommone, e saggiamente non si è spogliato). Poi gli occhiali da sole fumé, gli anfibi, il cappello, i pettorali e la faccia orgogliosa
da combattimento vinto mentre tiene
in mano un pescetto molto feroce lungo circa sette centimetri e mezzo.
Collane da uomini veri
L’imbarbarimento d’agosto non risparmia nessuno (ancor meno quelli
che vanno in vacanza nei posti chic e
allora in spiaggia si mettono dei caftani da uomo per sembrare adeguatamente chic), e ora si dice che anche il
Cavaliere abbia trovato un look estivo. Niente bandana (ogni nuova estate richiede, per le star, un dettaglio
nuovissimo), niente golfino sulle spalle, niente eterna camicia azzurra,
bensì un magnifico ciondolo di cuoio
tempestato di smeraldi. Una collana
da uomo, insomma. Fino a ieri non
c’erano foto che mostrassero il collier
di cuoio, ma è chiaro che un sacco di
gente non può già più vivere senza
ciondolo al collo. E giacca bianca con
camicia blu notte, come gli abiti che
Silvio Berlusconi l’altra sera a cena
in Sardegna ha abbinato al laccio con
smeraldi (anche se Gianfranco Fini
ne aveva già sfoggiato uno tempo fa,
comprato alle Maldive, senza smeraldi). Il Cav. e tutti gli altri rinsaviranno
entro settembre, ma finché dura l’estate ci si può scatenare: il livello
estetico minimo è sospeso per ferie.
Per sentirsi ancora giovani, ancora
forti, ancora adatti a un falò sulla
spiaggia con la chitarra.
Un Italian Tabloid
sui lati oscuri della nostra storia,
tra Ellroy e Tarantino
oeditori.it
Il prefetto De Sena
ci spiega il volto inedito
della ’ndrangheta
VENERDÌ 17 AGOSTO 2007 - € 1
DIRETTORE GIULIANO FERRARA
www.marsili
Dopo la strage di Duisburg
Poste Italiane Sped. in Abbonamento Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO
Marsilio
ANNO XII NUMERO 193
quotidiano
Bindi attacca da sinistra
L’autunno caldo di Rosy
contro il riflusso anni 80
del Partito democratico
Letta li rivaluta, ma per il ministro la
marcia dei 40 mila “pose fine alla
grande stagione delle lotte sindacali”
La guerra delle liste regionali
Roma. Rosy Bindi sceglie il giorno di ferragosto per rispondere compiutamente alla
riabilitazione degli anni Ottanta avanzata
da Enrico Letta ormai diverse settimane fa.
Una risposta ben più articolata di quella
fornita sul momento, quasi un manifesto.
Dalla battaglia sulla composizione delle liste, nel Partito democratico, si passa dunque alla battaglia ideologica in campo aperto. Ed emerge con chiarezza quello che fino
a ieri era al più un divertente paradosso:
nel confronto tra i tre principali candidati
alle primarie, non è l’ex comunista Veltroni, ma la cattolica Bindi a rappresentare la
sinistra. La sinistra radicale, per essere
precisi, mentre Enrico Letta ricopre il ruolo del riformista modernizzatore, che gioca
la carta degli anni Ottanta per togliersi
quell’aria da grigio e noioso tecnocrate, per
parlare ai giovani, per addolcire un po’ la
sua iconografia tutta Arel, Astrid e Aspen
Institute, con
un tocco di
Drive In. Ma
gli anni Ottanta – come non
ha mancato di
notare subito la pugnace compagna Rosy da Sinalunga – sono innanzi tutto, nell’immaginario politico collettivo, gli
anni della Milano da bere. Ma che cosa ci si
poteva aspettare di buono da quegli anni,
scrive il ministro per la Famiglia sul suo
blog, da quegli anni che si aprirono con la
strage di Bologna che “annichilì il paese” e
con la marcia dei quarantamila quadri Fiat
a Torino “che pose fine alla grande stagione delle lotte sindacali?”. Scavalcando a sinistra, così, persino Piero Fassino. La lotta
per l’egemonia si conduce a tutto campo. E
così, se Letta parla della sua generazione
come più equilibrata di quella che ha attraversato gli “ideologici” anni Settanta, perché “non essendoci mai illusi, non abbiamo
vissuto la fase della disillusione”, per Rosy
Bindi è come dire: “Non avendo mai sperato, non conosciamo il sogno e il risveglio;
non avendo mai immaginato un futuro migliore, ignoriamo la lotta e la sconfitta; non
essendoci mai battuti per le nostre idee, abbiamo evitato l’esperienza del conflitto e la
pena del fallimento”. E qui però non basta
notare l’autentico ardore rivoluzionario,
perché bisogna saper leggere tra le righe,
perché è sul terreno delle ideologie – come
diceva qualcuno – che gli uomini prendono
coscienza dei conflitti di struttura. E il conflitto di struttura tra Bindi e Letta è fin
troppo chiaramente indicato dalle parole
del ministro: Letta ignorerebbe la lotta e il
conflitto, mirando semplicemente a posizionarsi, a coltivare una rendita da mettere a
frutto in futuro, senza attriti che sarebbero
anzi controproducenti. Rosy Bindi, al contrario, cerca la battaglia, la lotta delle idee,
il conflitto. Per questo non cessa, lei sola,
d’incalzare Veltroni su tutte le questioni
più spinose: cosa ne pensa Veltroni dell’idea lanciata dal “manifesto dei coraggiosi”
di sostituire all’alleanza con Rifondazione
comunista quella con l’Udc? Perché non
vuole accettare il confronto con gli altri
candidati? E’ d’accordo con Beppe Fioroni
che definisce il Pd un partito moderato o
con Vincenzo Vita che gli dà del “passatista”, visto che entrambi lo sostengono? E
via così, incurante di chi l’accusa di “avvelenare” la competizione. E a Pierluigi Bersani – che pure era stato tra i pochi a condividere le sue critiche sul “verticismo” – ciononostante, il 10 agosto, dice: “Se restituiamo lo scettro al popolo dopo il 14 ottobre, il
popolo ce lo tira, lo scettro. Bisogna darglielo prima”. Perché Rosy Bindi non punta, come fa invece Enrico Letta, a una lunga marcia dentro il veltronismo. Non per nulla è
sostenuta da tanti prodiani, perché il suo
motto altro non è che il buon vecchio “competition is competition”. Rosy Bindi gioca
dunque a tutto campo, sempre all’attacco,
anche a livello locale.
Veltroni e gli apparentamenti locali
L’accendersi della competizione, naturalmente, si riflette anche sulla difficile opera
di composizione delle liste, ancora lontanissima dalla conclusione. Una partita ulteriormente complicata, e incarognita, dal gioco degli apparentamenti e delle candidature annunciate o minacciate nelle diverse regioni da tanti dirigenti, leader e aspiranti
leader locali. E siccome in amore e in guerra tutto è permesso, e qui siamo lontanissimi dall’amore, il primo effetto di una simile
dinamica è che le liste veltroniane si chiuderanno solo all’ultimo minuto, per evitare
che i dirigenti abbandonati lungo la strada
abbiano il tempo di risposarsi con i rivali.
Ma questi sono dettagli. Il problema di fondo è che il gioco delle primarie sembra avere decisamente preso la mano ai giocatori, a
tutti i livelli, e nessuno sembra più avere il
pieno controllo delle truppe di cui si era
forse troppo presto autonominato generale.
Dal punto di vista di Veltroni, tutto questo
rappresenta certo un grosso rischio per il
voto del 14 ottobre, ma anche una straordinaria occasione, per dopo.