Lingue pro drop vs. non pro drop

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Lingue pro drop vs. non pro drop
La “famiglia” delle lingue indo-pacifiche (papuane): la morfologia verbale
Verbi dipendenti vs. indipendenti
I verbi possono essere classificati, nella maggior parte delle lingue in questione,
in dipendenti ed indipendenti. Questi ultimi esibiscono una piena capacità di
combinarsi con tutte le principali categorie flessive (tempo, modo ecc.) e non hanno
vincoli distribuzionali rilevanti. I primi, invece, hanno di norma limitate possibilità di
flessione (con alcune differenze da lingua a lingua) e devono sempre essere seguiti
da un verbo indipendente.
marɨmp-ɨn
fiume-OBL
awŋkwi-mp-i
scendere in acqua-SEQ-DIP
antɨ-nan
fondo-OBL
yampara-mp-i
stare-SEQ-DIP
ama-tɨpaŋ-ɨt
1SING-fare il bagno-PERFETTIVO
‘sono sceso nel fiume, ho toccato il fondo e ho fatto il bagno’
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I verbi awŋkwimpi e yamparampi sono glossati come sequenziali (SEQ) e dipendenti
(DIP). Essi si caratterizzano per la presenza di due suffissi:
-mp, che indica la relazione temporale con il verbo seguente (una relazione che di
fatto può essere desunta anche dal contesto: la sequenza dei verbi rispetta la logica
successione temporale delle azioni che esprimono)
-i, che li marca, appunto, come dipendenti.
Le principali categorie flessive (in questo caso la persona e il tempo/aspetto) vengono
realizzate solo sul verbo principale (amati-paŋi-t) ed estese by default ai verbi
dipendenti.
I verbi dipendenti conservano la loro valenza
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Verbi seriali
Nei verbi seriali i complementi ed i circostanziali sono da considerarsi legati
all’intero predicato complesso:
kalam
yad am-mon-pk-d-ap-ay-p-yn
io andare-legna-colpire-tenere-tornare-mettere-COMPL-1SING
‘ho raccolto legna da ardere’;
Il morfema mon ‘legna’ può essere considerato – pur con accezioni
leggermente diverse – il complemento di tutti i verbi collocati in sequenza. Il
senso della frase è dunque qualcosa del tipo ‘sono andato [nella foresta], ho
tagliato [la legna], ho preso [la legna], sono tornato [con la legna], ho messo [la
legna]’.
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yimas
marɨmp-ɨn ama-awŋkwi-tɨpaŋ-ɨt
fiume-OBL 1SING-scendere in acqua-fare il bagno-PERFETTIVO
‘ho fatto il bagno nel fiume’.
Il costituente mari-mpi-n ‘nel fi ume’ è legato ai due verbi che confluiscono nella
forma amaawŋkwiti-paŋi-t, la cui traduzione letterale può essere ‘sono sceso [nel
fiume] e ho fatto il bagno [nel fiume]’. In sostanza, l’espressione finalizzata alla
resa di un’azione complessa viene scissa nei suoi costituenti semantici minimi,
quasi “atomici”, che vengono collocati “in serie”.
Questa tendenza è sicuramente favorita dal carattere agglutinante della lingua,
cioè dalla predilezione per il ricorso a morfemi dotati di un solo significato, sia
esso lessicale o grammaticale.
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Dependent verbs may select their own peripheral nominals, serial verbs may not.
Dependent verbs form the centre of individual but dependently linked clauses:
serial verbs form a single complex centre of one clause.
FOLEY W. A. (1986), The Papuan Languages of New Guinea, Cambridge,
Cambridge University Press.
Predicati complessi
Prevedono una sorta di incorporazione dell’oggetto diretto:
kuman
kai erelacrime fare
‘piangere’.
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kalam
wdn nŋocchio percepire
‘vedere’;
tmwd nŋorecchio percepire
‘ascoltare, udire’;
gos nŋpensiero percepire
‘pensare’;
bwk nŋ
libro percepire
‘leggere’.
Tutte le forme costruite in questo modo sono iponime della base verbale; il nome
“incorporato” (o, meglio, agglutinato al verbo) concorre dunque a specificare
maggiormente il significato di quest’ultima.
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Categorie flessive del verbo
Le categorie grammaticali di norma caratterizzate da una serie di terminazioni
specificamente dedicate sono il tempo/aspetto, il modo, la persona ed il numero
(oltre alla classe cui afferiscono gli argomenti).
Numero
La peculiarità indubbiamente più interessante delle lingue papuane è l’alternanza
tra due tipi di radicale in base alla variazione di numero degli argomenti (di norma
singolare vs. plurale). L’aspetto davvero curioso della questione è che la
distribuzione di questi radicali avviene in base ad una morfologia di tipo ergativo,
sebbene nessuna lingua della famiglia disponga di un sistema di casi di matrice
ergativo-assolutiva. Uno stesso morfema si combina cioè ad un radicale verbale
se quest’ultimo è usato in combinazione con un oggetto diretto o con un soggetto
intransitivo
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kiwai
agiwai
dare OD SING
vs.
agome
vs.
affogare S SING
i-agiwai
OD PL-dare;
i-agome
S PL-affogare.
La variante della radice “semplice” si usa in accordo con l’oggetto diretto
singolare (se il verbo è transitivo) o con il soggetto singolare (se il verbo è
intransitivo). La variante della radice prefissata da i-, invece, si usa in accordo
con l’oggetto diretto plurale (se il verbo è transitivo) o con il soggetto plurale (se il
verbo è intransitivo). Per marcare l’accordo del radicale verbale con il soggetto
transitivo si ricorre ad altri morfemi
I valori della categoria grammaticale in questione non sono limitati a singolare
e plurale: estremamente frequente è infatti il duale (ad esempio in gahuku);
meno diffusi, ma comunque attestati il paucale (ad esempio in yimas) e il triale
(ad esempio in kiwai).
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Tempo e aspetto
I valori tempo-aspettuali sono di difficile discriminazione.
In genere, tra i tre valori di riferimento, ‘presente’, ‘passato’ e ‘futuro’, si colloca
una serie più o meno varia di valori intermedi:
korafe
-e presente;
-are futuro;
-ete passato immediato (nell’arco della giornata);
-imuta passato prossimo (nel giorno precedente);
-a passato recente (nei giorni immediatamente precedenti);
-ise passato remoto;
-erae abituale.
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La distinzione tra diversi tipi di passato in base alla collocazione temporale
dell’evento/azione descritto rispetto al momento dell’atto comunicativo è costante
tra le lingue papuane. Altrettanto diffusa è la differenziazione tra due forme di
futuro: una che indica eventi o azioni probabili e una che designa eventi o azioni la
cui effettiva realizzazione è auspicata, ma giudicata obiettivamente non verosimile.
Questa distinzione in base al grado di probabilità in alcune lingue è di competenza
appunto del futuro; in altre è invece ascritta alla modalità (con un sistema di
terminazioni specifiche per il modo reale vs. modo irreale).
Alcune lingue distinguono tra tempo e aspetto e ricorrono a costruzioni seriali per
esprimere quest’ultimo:
barai
na ime va
io lavorare continuare
‘sto lavorando’;
na i furi
io mangiare finire
‘ho mangiato’.
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Una strategia alternativa piuttosto diffusa è quella che prevede paradigmi più
complessi e basati sull’alternanza tra radicali differenti proprio in base alla
caratterizzazione aspettuale dell’evento/azione (a); talvolta, invece, uno dei due
radicali deriva dall’altro attraverso un processo di formazione di parola del tutto
trasparente (b)
aspetto puntuale
aspetto durativo
bókòlfúkùnól-
bákàm- (‘dire’);
fúkún- (‘pensare’);
etebai
ateriai
etebe (‘piegare’);
ateri (‘camminare’).
a) telefol
b) kiwai
A questi radicali possono poi aggiungersi ulteriori affissi per più sottili distinzioni
aspettuali (ad esempio in kiwai: -ti valore iterativo, -wado valore abituale ecc.).
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Verbi di movimento
Una categoria fl essiva verbale piuttosto interessante nelle lingue indopacifiche,
seppur limitata ai verbi di moto, è quella che specifica la direzione e l’orientamento
del movimento, secondo uno schema a volte molto complesso e sofisticato. Il
verbo, in sostanza, deve poter indicare anche se il movimento avviene in direzione
del parlante o di un altro punto di riferimento (spesso il villaggio) o in
allontanamento da esso:
yimas
na-wi-impu-pu-t
3SING-su-risalire il fiume-via-PERFETTIVO
‘egli risalì il fiume’ (allontanandosi dal parlante/dal villaggio);
na-il-ŋka-pra-t
3SING-giù-andare-verso-PERFETTIVO
‘egli andò in discesa’ (verso il parlante/il villaggio).
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Anche in questo caso non sono infrequenti paradigmi verbali con più radicali (non
necessariamente legati sul piano formale, dunque anche in un rapporto di
suppletivismo) per indicare proprio questa distinzione:
barai
ajia va
vs.
‘andarsene’ (dal parlante)
aru ro
‘avvicinarsi’ (al parlante).
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Sintassi
Con il ricorso alle costruzioni seriali e ai summenzionati verbi dipendenti,
le lingue papuane ridimensionano sensibilmente il novero di compiti ascritti alla
sintassi, che dunque ha una funzione spesso limitata all’ambito pragmatico. In
effetti, si può asserire che le lingue in esame hanno nella morfologia il vero
nucleo della loro struttura e invece relegano la sintassi ad un ruolo appunto più
marginale:
«the dominance of morphology over syntax as the basic organizing parameter
of the grammar is true of Papuan languages as a whole»
Foley, 1986, The Papuan Languages of New Guinea, Cambridge, Cambridge
University Press, p. 171.
Anche la realizzazione formale di relazioni – solitamente sintattiche – di base
come coordinazione e subordinazione è sovente delegata alla morfologia,
attraverso la costruzione di predicati complessi, con verbi dipendenti o seriali
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Ordine dei costituenti
Prevalentemente SOV:*
barai
fu mave kana-e
egli maiale colpire-PASS
‘egli ha colpito il maiale’;
wahgi
na moine no-tang-ind
io cibo mangiare-ABITUALE-1SING
‘mangio spesso (il cibo)’;
Ma è rigido solo in assenza di un sistema di classi nominali ampiamente sviluppato
o quando gli argomenti del verbo appartengono alla medesima classe.
* Ad eccezione delle lingue del gruppo torricelli, in prevalenza SVO, forse per influsso delle lingue
austronesiane
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Coerente col parametro complementi-testa è la struttura del sintagma adposizionale
che si basa, dunque, sulla presenza di posposizioni
Il sintagma nominale pare invece modellarsi sulla matrice opposta
(testa-complementi/modificatori):
yimas
payum yuwam
uomini buoni.
Parametro pro-drop
Le lingue papuane sono, con pochissime eccezioni, pro-drop:
kewa
ada-para pá-lua
casa-LOC andare-1SING FUT
‘andrò a casa’.
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Parametro prodrop / ‘soggetto nullo’ )
Le lingue pro-drop sono lingue che tollerano l’omissione del pronome personale in
posizione di soggetto nella frase dichiarativa:
it.
Essi/loro mangiano una mela
Mangiano una mela
vs.
ing.
fr.
They eat an apple
*Eat an apple
Ils mangent une pomme
*Mangent une pomme
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1a sing.
2a sing.
3a sing.
1a pl.
2a pl.
3a pl.
italiano
(io) mangio
(tu) mangi
(egli) mangia
(noi) mangiamo
(voi) mangiate
(essi) mangiano
(je) mange
(tu) manges
(il) mange
(nous) mangeons
(vous) mangez
(ils) mangent
inglese
I eat
you eat
he/she/it eats
we eat
you eat
they eat
francese
je mange
tu manges
il mange
nous mangeons
vous mangez
ils mangent
['mÔZ]
['mÔZ]
['mÔZ]
[mÔ'ZØ]
[mÔ'Ze]
['mÔZ]
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In un’ampia prospettiva interlinguistica, la vera peculiarità delle lingue papuane,
rispetto a questo tratto, risiede nella possibilità di omettere anche il pronome
oggetto.
Cfr. una frase che non ha alcun elemento implicito e risponde all’ordine SOV:
yimas
m-um
m-ɨn
PRO-3PL
PRO-3SINGF
‘loro l’hanno vista’.
na-mpu-tay
3SING-3PL-vedere
Vs.
Una frase che non ha né il pronome soggetto né il pronome oggetto, ma è
pienamente grammaticale e sinonima rispetto alla precedente:
yimas
na-mpu-tay
3SING-3PL-vedere
‘loro l’hanno vista’.
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In questo caso, è l’ordine dei due prefissi associati al morfema verbale a conferire
alla frase la sua piena grammaticalità.
prefisso più esterno = paziente (oggetto)
prefisso più interno = agente (soggetto).
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