VARIANTE SPECIFICA
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VARIANTE SPECIFICA
VARIANTE SPECIFICA MODIFICA PUNTUALE DELLA PERIMETRAZIONE DELLE ZONE DI PROTEZIONE DELLE ACQUE SOTTERRANEE NEL TERRITORIO PEDECOLLINARE E DI PIANURA (TAV 2B) ALLEGATO III QUADRO CONOSCITIVO: Relazione geologica ed idrogeologica VARIANTE AL PTCP AI SENSI DELL’ART. 27 BIS DELLA LR 20/2000 E S.M.I. Stesura approvata con Delibera di Consiglio Provinciale n. 36 del 24/06/2013 INDICE 1. PREMESSA............................................................................................................... 3 2. DATI DI RIFERIMENTO............................................................................................. 4 2.1 Cartografia geologica della Regione Emilia-Romagna .................................. 4 2.2 PTCP di Bologna: Tavola 2b “Tutela delle acque superficiali e sotterranee” ...................................................................................................... 6 2.3 PSC dei Comuni dell'Area Bazzanese: tavola AB.B2.03a “Carta Idrogeologica” .................................................................................................. 8 2.4 Documentazione sull'attività estrattiva denominata “cavaMalvezza” ........ 10 3. RISULTATI DELLE INDAGINI ESEGUITE NELL'AREA DI INTERESSE ............... 12 3.1 Sondaggi a carotaggio continuo e piezometri ............................................. 12 3.2 Indagini geofisiche: profili geoelettrici ......................................................... 16 3.3 Indagini geofisiche: registrazioni del microtremore con tecnica HVSR..... 19 3.4 Rilievo dei pozzi freatici locali e monitoraggio piezometrico...................... 25 1. PREMESSA Il contenuto del presente Allegato è interamente tratto dalla “Relazione geologica ed idrogeologica” elaborata dal dott. Geol. Samuel Sangiorgi su commissione del Comune di Bazzano. Studi svolti in sede di elaborazione del Quadro Conoscitivo del Piano Strutturale dei Comuni associati di Bazzano, Castello di Serravalle, Crespellano, Monte San Pietro, Monteveglio, Savigno e Zola Predosa, unitamente ai risultati di successive indagini geognostiche e geofisiche effettuate dallo Studio “Samuel Sangiorgi”1 su commissione del Comune di Bazzano, hanno fatto emergere elementi conoscitivi tali da rendere opportuna una modifica puntuale al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Bologna. Tale modifica è relativa alle Zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio pedecollinare e di pianura (“Tavola 2b”), in territorio del Comune di Bazzano, località Malvezza di Sotto – San Vincenzo (sud-est del capoluogo). In considerazione degli elementi presentati già in sede di Conferenza di Pianificazione, la Provincia di Bologna ha assunto come condivisibile la proposta di variante al PTCP vigente formalizzata dall’associazione concludendo che “per la fascia di terrazzo più esterna rispetto al Samoggia ci possano essere condizioni per modificare la perimetrazione delle zone di tipo D a zone di tipo A purchè si conducano ulteriori indagini esplorative (sondaggi, piezometrici e tomografia elettrica) che confermino gli indizi di non connessione delle acque sotterranee di quell'area rispetto alle acque superficiali [...]”2 e inoltre che “le ulteriori indagini dovranno essere estese ad un areale sufficientemente rappresentativo di tutta l'area interessata dalla variante”. 3 In seguito, si sono tenuti due ulteriori incontri tecnici fra Provincia di Bologna, Regione Emilia-Romagna e Associazione Area bazzanese, per la presentazione dei risultati parziali delle indagini effettuate e per la definizione di eventuali ulteriori approfondimenti conoscitivi necessari a supporto della variante al PTCP. Il primo tavolo tecnico del 21/07/2011 ha concluso la necessità di ulteriori approfondimenti per dimostrare che la zona del terrazzo in variante non è in connessione con il fiume, inoltre che la modifica proposta non risulti peggiorativa della sostenibilità del piano: gli acquiferi presenti nelle zone di protezione di tipo D ricevono e restituiscono acqua dal fiume e proprio tale scambio ne migliora la qualità. In quella sede si sono valutati i successivi approfondimenti da prevedere: • ulteriori informazioni derivanti da pozzi esistenti ed indagini condotte nelle attigue urbanizzazioni; • ulteriori sondaggi a carotaggio continuo e posizionamento di piezometri; 1 Presentate nel corso della Conferenza di Pianificazione di approvazione del PSC (seconda seduta, del 21/04/2011 e quarta seduta del 20/06/2011) 2 Verbale conclusivo della Conferenza di Pianificazione 3 Ibidem 3 • una tomografia elettrica a sud e una tomografia elettrica a nord dell’area d’interesse; Alla luce degli esiti delle successive indagini geofisiche e idrogeologiche, la Provincia ha convocato il secondo tavolo tecnico del 30/03/2012, per valutare lo stato di avanzamento delle analisi e per decidere l'esecuzione e posizionamento di ulteriori sondaggi a carotaggio continuo (profondi fino al substrato e con posizionamento di piezometri), preliminarmente valutati da realizzare. In tale sede, il dott. Geol. Samuel Sangiorgi ha evidenziato cartograficamente la presenza di un'ampia area estrattiva, localizzata tra l'alveo attuale del Samoggia e l'area di terrazzo oggetto della proposta di variante. Si tratta di una cava autorizzata negli anni '70 del secolo scorso, già escavata e ripristinata. Ciò ha fatto emergere la necessità di un ulteriore e specifico approfondimento sulle caratteristiche di questa area estrattiva sistemata (geometria; tipologia del materiale escavato; modalità di ripristino; ecc.), necessario per valutare l'entità degli effetti idrogeologici sulla funzionalità di scambio falda/fiume indotti dall'attività estrattiva dismessa. Il presente Quadro Conoscitivo riassume gli esiti presentati ai tavoli tecnici del 21/07/11 e del 30/03/12, e illustra le ulteriori informazioni sull'area estrattiva adiacente l'area di interesse, sulla base della documentazione autorizzativa disponibile presso l'archivio dell'Ufficio Tecnico del Comune di Bazzano. 2. DATI DI RIFERIMENTO 2.1 Cartografia geologica della Regione Emilia-Romagna La cartografia geologica regionale, elaborata alla scala 1:50.000 e 1:10.000, è consultabile liberamente dal sito www.ambiente.regione.emilia-romagna.it 4. 4 http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/cartografia/webgis-banchedati/webgis 4 Figura 2.1: Stralcio delle cartografie geologiche RER (scala 1:50.000 – sopra – 1:10.000 – sotto). L'area di interesse è compresa nel cerchiato rosso. La piana intravalliva a sud di Bazzano è costituita da depositi affioranti di terrazzo alluvionale attribuiti al subsintema di Ravenna (AES8) e organizzati in ordini. In particolare la cartografia geologica regionale (figura 2.1) distingue sia in sinistra del Torrente Samoggia, sia in destra, l'Unità di Modena (AES8a) che comprende gli ordini di terrazzo più bassi del Subsintema di Ravenna e che risulta spesso caratterizzata da ghiaie direttamente affioranti o poco profonde e presenti esclusivamente nelle zone limitrofe all'alveo attuale; più estesamente, affiorano invece depositi caratterizzati da tessiture più fini (sabbie; limi; argille) di argine, rotta e piana inondabile. Sottostante la copertura alluvionale, è rilevato il bedrock marino, costituito dall'unità litostratigrafica delle “Sabbie di Imola” (età: Pleistocene medio), in particolare nel 5 fondovalle a sud di Bazzano la cartografia indica la presenza di depositi attribuibili al membro più pelitico e di facies continentale (sigla IMO2). Questa sotto unità, risulta localmente in rapporti di eteropia con il membro IMO3 e in sovrapposizione stratigrafica con il membro IMO1 entrambi prevalentemente sabbioso-ghiaiosi e di facies deposizionale di spiaggia e di delta conoide. Il membro IMO2 è costituito prevalentemente da peliti di piana alluvionale o di piana deltizia e composta da limi e argille di colore grigio scuro e bluastro, con subordinate intercalazioni lenticolari sabbioso ghiaiose di canale. 2.2 PTCP di Bologna: Tavola 2b “Tutela delle acque superficiali e sotterranee” La cartografia, in scala 1:50.000, elaborata come variante al PTCP5 in recepimento dei contenuti del PTA, delimita a una scala di maggior dettaglio le zone di tutela già previste dalla pianificazione regionale. L'area in questione ricade completamente all'interno della zona di tutela D (figura 2.2) che comprende le “fasce adiacenti agli alvei fluviali con prevalente alimentazione laterale”. Confrontando la tavola di tutela idrogeologica del PTCP con la cartografia geologica regionale (§ 2.1) si evince chiaramente come, in destra idrografica, il limite tra le superfici terrazzate alluvionali “AES8” e “AES8a” è stato assunto come limite della zona di tutela idrogeologica D (che comprende, infatti, solamente l’unità alluvionale AES8a). In sinistra del Samoggia, invece, pur con una delimitazione tra i due differenti ordini di terrazzo, la tavola 2b del PTCP amplia la zona di tutela D a tutto il fondovalle, accorpando entrambi i terrazzi AES8a e AES8. Si tratta del principale ampliamento della zona D di tutto il territorio provinciale (circa 35 ettari, ovvero 0,35 kmq), oltre il limite esterno dei depositi alluvionali classificati come AES8a. 5 Stesura approvata con Delibera del Consiglio Provinciale n. 15 del 4 aprile 2011 6 Figura 2.2 – Stralcio della Tavola 2b nord del PTCP – Tutela delle acque superficiali e sotterranee(scala 1:25.000) e della relativa legenda. L'area di interesse è compresa nel cerchiato in rosso. La zona D rappresenta, come definito dallo stesso PTA, la fascia del terrazzo di pertinenza degli alvei fluviali compresi nelle zone A o B in cui l'alimentazione (laterale e di subalveo) degli stessi corsi d'acqua, abbondante e di buona qualità, rappresenta un elemento di elevata positività per il mantenimento delle buona qualità idrochimica delle acque sotterranee. Infatti, l'apporto di acque dai fiumi favorisce il ricambio e il “lavaggio” 7 degli acquiferi meno profondi del fondovalle, con effetti di diluizione delle sostanze inquinanti nella falda ospitata. Per questo motivo, le aree direttamente connesse dal punto di vista idrogeologico con i corsi d'acqua devono essere oggetto di particolare tutela. La zona D cartografata nella tavola 2b del PTCP è stata completamente ridefinita rispetto alla precedente perimetrazione del PTA: i limiti del piano regionale sono puramente geometrici (fasce di larghezza pari a 250 metri intorno ai corsi d'acqua interessati, nel loro percorso già compreso alle zone A o B), mentre per l'elaborazione della cartografia adottata dal PTCP si è considerato un approccio più propriamente geologico6, che ha giustamente valutato come zone maggiormente da tutelare le “aree limitrofe ai corsi d'acqua in cui fossero presenti ghiaie affioranti, considerandole che esse siano connesse con gli acquiferi sottostanti” e le zone in cui il deflusso delle acque sotterranee “risulti parallelo al fiume e recapitato verso la pianura”. Per questo motivo, la tavola 2b ha generalmente incluso nell'area di protezione i depositi alluvionali intravallivi più recenti (AES8a), adiacenti al fiume. In questo senso si rammenta che, mentre la delimitazione cartografica dei terrazzi alluvionali intravallivi ha raggiunto un ottimo livello di dettaglio (§ 2.1), la ricostruzione delle strutture ghiaiose sepolte e il rilievo del campo di moto sotterraneo rimangono spesso le incognite principali per la carenza di dati geognostici e di informazioni idrogeologiche necessarie a definire le dinamiche piezometriche stagionali. 2.3 PSC dei Comuni dell'Area Bazzanese: tavola AB.B2.03a “Carta Idrogeologica” La tavola AB.B2.03a, elaborata in scala 1:25.000, costituisce un elaborato conoscitivo del Documento Preliminare del PSC dei Comuni dell'Area Bazzanese (Allegato B – Sistema Naturale e Ambientale). La cartografia ricostruisce il campo di moto della falda meno profonda del territorio di pianura e dei principali fondovalle dell'Area Bazzanese, sulla base del rilievo di oltre 280 pozzi effettuato tra l'8/06/09 e il 09/07/09 e sull'analisi morfologica locale desunta dalla Carta Tecnica Regionale. 6 Allegato 8 della Variante in recepimento del PTA regionale - Relazione tecnica a corredo della cartografia prodotta, a cura di P. Severi e L. Bonzi del Servizio Geologico Sismico e dei Suoli della RER 8 Figura 2.3 – Stralcio della Carta Idrogeologica (scala 1:25.000) allegata al Documento Preliminare del PSC dell'Area Bazzanese. L'area di interesse è compresa nel cerchiato rosso Si tratta di una interpretazione del campo di moto sotterraneo che “fotografa” una condizione piezometrica sostanzialmente di morbida (stagione estiva). Nell'area di interesse, a sud di Bazzano, la cartografia (figura 2.3) evidenzia il “fronte di ricarica” dal versante ovest, valutato sulla base delle caratteristiche morfologiche e litologiche (depositi alluvionali “AES6” sovrastanti il bedrock permeabile delle Sabbie di Imola) e per la maggiore densità di pozzi situati al suo margine, anche nell'insediato urbano. Per quanto riguarda la ricostruzione della tavola d'acqua meno profonda nella porzione intravalliva studiata, la cartografia risalta il controllo morfologico sull'andamento delle isopieze e in particolare per la presenza del versante a ovest e per l'azione drenante dell'alveo del Samoggia a est. Il corso d'acqua risulta incassato nelle sue alluvioni recenti mediamente di circa 6 metri. In conclusione, nonostante la carenza di dati sulle geometrie degli alvei sepolti ghiaiosi (profondità; spessori) lo studio idrogeologico elaborato per il PSC divide il fondovalle nei due seguenti contesti: 1. terrazzo con funzionalità di connessione idrogeologica → comprende, cautelativamente, l'ampia fascia a ridosso del Samoggia (indicato nellatavola con colore verde chiaro pieno), con un deflusso sotterraneo pressochè parallelo al Samoggia, dunque in buona coerenza con la successiva zonizzazione di tutela elaborata per il PTCP; 9 2. zona con prevalente funzionalità di ricarica → comprende la fascia più esterna del terrazzo a ridosso del versante ovest (indicato con colore azzurro pieno), caratterizzato da gradienti piezometrici più marcati e da un deflusso sotterraneo pressoché ortogonale al Samoggia. 2.4 Documentazione sull'attività estrattiva denominata “cavaMalvezza” Come già accennato in premessa, la presenza di un'ampia area di cava, situata tra l'alveo del Samoggia e l'area oggetto di proposta di variante, ha fatto emergere nella discussione al tavolo tecnico del 30/03/12 la necessità di un ulteriore e specifico approfondimento sulle caratteristiche di questa area estrattiva dismessa: geometria; tipologia del materiale escavato; modalità di ripristino; ecc. Queste ulteriori informazioni consentono di valutare anche l'entità degli eventuali effetti idrogeologici irreversibili sulla funzionalità di scambio falda/fiume causati dall'attività estrattiva dismessa. Per questo motivo, l'Amministrazione comunale di Bazzano ha fornito allo studio “Samuel Sangiorgi” tutta la documentazione tecnica e autorizzativa ancora reperibile negli archivi dell'Ufficio Tecnico. Pur con le evidenti difficoltà di reperimento di informazioni, anche legate alla vetustà (come vedremo) del procedimento autorizzativo, si è riusciti a recuperare i dati necessari, tra cui la Relazione Illustrativa e Geologica, e la convenzione. La cava in questione, è denominata “Malvezza”, e ha interessato un'area di circa 70.000 mq. Nella documentazione si ritrova qualche scarna planimetria dell'effettiva perimetrazione che, ad ogni modo, coincide con il limite riportato nella figura 2.4, ricostruito con software GIS mediante la sovrapposizione della Carta Tecnica Regionale con le foto aeree7. L'attività estrattiva è stata avviata a partire dalla fine degli anni '70 del secolo scorso e non risultava ancora rilevabile nella CTR. La Relazione Illustrativa descrive una profondità media prevista dell'escavazione pari a circa 7 m. Il materiale coltivato era trasportato all'impianto di trattamento situato frontalmente, in destra del Samoggia. È interessante evidenziare come la Relazione Geologica di fattibilità (a cura del dr. ing. Dioscoride Vitali) stimi una potenza della copertura alluvionale pari a circa 10 metri (con ghiaie a partire da -2 m dal pc), sovrastante sedimenti “marnoso-argillosi” (ndr: l'unità litostratigrafica pelitica IMO2 8?), inoltre esamina il contesto idrogeologico locale citando la presenza di pozzi per uso irriguo, poco profondi (cioè immorsati nel materasso alluvionale) e pressoché asciutti così come i pozzi dell'allora già dismesso acquedotto comunale. 7 Fonte: AGEA (2008) 8 Si rimanda al paragrafo 2.1 10 Figura 2.4 – Localizzazione dell'area estrattiva “Malvezza” sulla CTR e sulla foto aerea (fonte:AGEA 2008) Lo studio geologico analizza anche la connessione idrogeologica delle alluvioni con il torrente Samoggia, asserendo che il fondovalle in sinistra idrografica è suddivisibile “in due settori completamente separati aventi però caratteristiche analoghe” e cioè: • un'ampia porzione di fondovalle, con deflusso sotterraneo condizionato dall'azione drenante del Samoggia, incassato nei suoi sedimenti ghiaiosi; • una più stretta fascia di fondovalle distale al corso d'acqua, caratterizzata (citando) da pozzi di “buona produttività posti al margine fra il ripiano alluvionale e il rilievo formato dal quaternario marino. All'alimentazione della falda in esame quindi è pensabile che debbano dare il maggior contributo le acque sotterranee fluenti da quest'ultima formazione”. Lo studio geologico conclude che “in sinistra del Samoggia tutto il flusso si dirige dal bordo collinare al torrente; in destra, data la maggior ampiezza del piano, l'azione drenante del fiume potrebbe manifestarsi forse più attenuata”. Non è nota con certezza la data di autorizzazione iniziale dell'attività estrattiva. La convenzione recuperata presso gli archivi comunali (reg. del 18/07/1978), stilata tra Amministrazione comunale e la società di escavazione scrive che l'attività estrattiva era 11 già stata avviata precedentemente e che le escavazioni risultavano più profonde rispetto a quelle previste dal citato documento (-7 m dal “caposaldo” come definito); la convenzione recuperata definisce gli interventi di sistemazione finale con “..distesa di ml 2,00 di terreno vegetale sul fondo, sulle scarpate e sulle aree dei franchi..” e “..reintegro dell'attività agricola […] sul fondo cava9 e sui bordi dell'invaso”. Due ulteriori documenti10 del 1981 evidenziano una serie di infrazioni relative a irregolarità fatte durante l'escavazione e il ritombamento. In particolare, il primo verbale notifica profondità massime di scavo raggiunte da -9,5 m a -8,5 metri. Il verbale riporta una stima del materiale escavato oltre la profondità di -7 m pari a circa 140.000 mc. Il calcolo ha tenuto evidentemente conto di una profondità media raggiunta dallo scavo di circa -9 metri. Il secondo verbale, riporta un'ulteriore notifica di infrazione per l'escavazione di ghiaia esternamente alla zona autorizzata: lo scavo, citando, “presenta una superficie di circa mq 900 per una profondità di ml 10,5 per un totale di mc 9.450”. Il ripristino finale della cava dismessa è stato più volte modificato rispetto a quanto previsto dalla prima convenzione. L'area escavata è stata utilizzata come bacino di decantazione delle “terre” di lavaggio (limi e argille) provenienti dal limitrofo impianto di trasformazione. Nel 2007, l'ultima convenzione11 stipulata tra l'Amministrazione comunale di Bazzano e la proprietà ha ridefinito l'attuale destinazione: in sintesi, l'ex cava è stata suddivisa in due aree, rispettivamente destinate a “zona umida” e a zona ancora utilizzata come bacino di decantazione. 3. RISULTATI DELLE INDAGINI ESEGUITE NELL'AREA DI INTERESSE La figura 3.1 localizza tutte le indagini geognostiche e geofisiche e i punti di controllo piezometrici che si sono resi indispensabili per l'analisi complessiva. 3.1 Sondaggi a carotaggio continuo e piezometri La prima fase di studio12 ha richiesto l'esecuzione di tre sondaggi a carotaggio continuo che sono stati spinti rispettivamente fino a 15 metri (sondaggio S1) e 11 metri (S2) e 10 m (S3). Il sondaggio è stato realizzato con carotiere semplice di diametro pari a 101 mm. I fori sono stati allestiti con piezometro tipo “Norton” da 2’ per consentire un periodico controllo delle quote d’acqua. Di seguito si riassumono gli esiti delle terebrazioni (in giallo, sono evidenziate le alluvioni ghiaiosociottolose, che costituiscono gli intervalli di principale rilevanza idrogeologica per la loro maggiore conducibilità idraulica), mentre la figura 3.2 mostra la testimonianza fotografica del recupero. 9 Quota di imposta a -5,00 metri dal caposaldo definito in convenzione 10 Due verbali di accertamento infrazioni del 12/06/1981 (prot. n.2427/1981 e n.3426/1981) 11 Protocollo generale n. 162772/2007 12 Gli esiti sono stati presentati già in sede di Conferenza di Pianificazione delPSC associato (II e IV seduta) 12 SONDAGGIO S1 da p.c. a 1,0 m → suolo (limi e argille debolmente sabbiose) da 1,0 a 4,6 m → limi e argille nerastre (con elevato contenuto organico) da 4,6 a 5,1 m → limi debolmente sabbiosi da 5,1 a 6,5 m → argille screziate grigio azzurre e nocciola da 6,5 a 11,9 m → argille grigio azzurre da 11,9 a 13,5 m → ghiaie con abbondante matrice fine (recupero 100%) da 13,5 a 15,0 m → argille grigio azzurre SONDAGGIO S2 da p.c. a 1,0 m → suolo (limi e argille debolmente sabbiose) da 1,0 a 2,0 m → limi con sottili livelli di sabbie da 2,0 a 4,2 m → limi e argille con inclusi ghiaiosi e materiale organico da 4,2 a 7,0 m → ghiaie e ciottoli con abbondante matrice fine (recupero 100%) da 7,0 a 9,8 m → ghiaie e ciottoli con sabbie (recupero <40%) da 9,8 a 11,0 m → ghiaie e ciottoli con abbondante matrice fine (recupero 100%) SONDAGGIO S3 da p.c. a 1,0 m → suolo (limi e argille debolmente sabbiose) da 1,0 a 2,6 m → limi con sottili livelli di sabbie da 2,6 a 5,4 m → limi e argille con inclusi ghiaiosi e materiale organico da 5,4 a 6,3 m → limi con livelli sabbiosi da 6,3 a 7,7 m → ghiaie e ciottoli con abbondante matrice fine (recupero 100%) da 7,7 a 8,6 m → ghiaie e ciottoli con sabbie (recupero <50%) da 8,6 a 10,0 m → ghiaie e ciottoli con abbondante matrice fine (recupero 100%) 13 Figura 3.1 – Localizzazione delle indagini geognostiche, geofisiche e dei punti di controllo piezometrico 14 Figura 3.2 15 3.2 Indagini geofisiche: profili geoelettrici Sono stati realizzati, complessivamente, quattro profili geoelettrici di resistività, trasversali al fondovalle. Il primo stendimento (profilo 1) ha un’estensione lineare di 189 m, mentre il secondo stendimento (profilo 2) ha una lunghezza pari a 237 metri. Gli ulteriori due profili hanno invece una lunghezza 138 m (profilo 3) e di 90 m (profilo 4). Si è utilizzata strumentazione a 32 elettrodi, con interdistanza di 1,5 metri e con avanzamenti secondo modalità “roll-along”. Questa configurazione ha consentito una profondità massima investigata di circa 16 metri per tutti i profili. L’indagine geoelettrica consente l’individuazione delle strutture sepolte granulari (acquiferi), fornendo una modellazione del sottosuolo in termini di distribuzione della resistività elettrica. L’uso di questo metodo è giustificato dal punto di vista litologico poiché variazioni di resistività elettrica nel sottosuolo evidenziano con buona affidabilità i limiti dei diversi corpi sedimentari con differenti caratteristiche tessiturali (limi, argille, sabbie e ghiaie). La tomografia elettrica di resistività permette di acquisire informazioni in simultanea dipendenza sia della profondità che della distanza orizzontale. Questa metodologia di misura costituisce l’evoluzione attuale della nota prospezione geoelettrica, attraverso l'elaborazione di calcolo automatico sul campo per un'interpretazione dei dati in termini bi/tri-dimensionali. Sfruttando infatti la possibilità di poter utilizzare personal computer direttamente sul campo, essa permette di disporre sull’area da investigare un elevato numero di elettrodi (32, 64 o più), con distanza reciproca dipendente dalla risoluzione e dalla profondità d’indagine richieste, sui quali è alternativamente mandata la corrente o misurata la differenza di potenziale, in una sequenza pre-programmata ed interamente automatica. I dati ottenuti sono rappresentati da un grafico (figure 3.3 e 3.4) nel quale tutti i punti di eguale resistività apparente vengono collegati da una curva detta isoresistiva e le aree interposte tra queste colorate da un’opportuna scala cromatica. Questo quadro deve essere “interpretato” in modo cioè da poter sostituire alle resistività apparenti la reale geometria della distribuzione ed i valori della resistività reale. Si pone pertanto il problema di definirne l’informazione geologica contenuta: la resistività elettrica infatti è una proprietà fisica che dipende da più fattori, in particolare dalla composizione mineralogica del sottosuolo indagato, dalla sua tessitura, dalla porosità, dal contenuto d’acqua e dalla salinità di questa. Per questo motivo, gli esiti degli stendimenti sono stati confrontati con le tessiture direttamente ricavate dai sondaggi a carotaggio continuo (S1, S2, S3). 16 Figura 3.3 – Esiti di resistività e interpretazione tessiturale relativi ai profili 1 e 2 Figura 3.4 – Esiti di resistività e interpretazione tessiturale relativi ai profili 3 e 4 17 Figura 3.5 – Le sezioni geoelettriche rappresentate sulla Carta Tecnica Regionale. L'asterisco localizza le terebrazioni dirette di confronto (S1, S2, S3 da sinistra verso destra) I profili di resistività ricavati dalle prove geoelettriche consentono un ulteriore approfondimento delle conoscenze stratigrafiche del sottosuolo. Dal confronto con gli esiti geognostici dei sondaggi si evince più chiaramente lo spessore differenziato della coltre alluvionale sul bedrock marino: circa 6,5 metri nella più stretta fascia adiacente il versante e oltre 10 metri a ridosso del Samoggia14. In conclusione, lungo i profili si riscontrano tre principali situazioni deposizionali: 1. sedimenti fini (limi e argille) prevalenti, riscontrabili fino alla massima profondità investigata (vedi ERT1; ERT2; ERT4) e senza evidenziare strutture sepolte a tessiture granulari in grado di ospitare falda significativa; 2. sedimenti fini (limi e argille) con intercalati corpi a tessiture granulari (sabbie limose; ghiaie sabbiose) di modesta continuità laterale, riscontrabili fino aprofondità massima di circa -6,5 metri (ERT 3); 3. spessori di ghiaie anche ciottolose, riscontrabili a profondità variabili da -3 metri a oltre – 10 metri. Si tratta delle ghiaie sub affioranti e più recenti del Samoggia, limitrofe all'alveo attuale e di elevata conducibilità idraulica. 18 3.3 Indagini geofisiche: registrazioni del microtremore con tecnica HVSR Le informazioni di sottosuolo ricavate dalle indagini geognostiche dirette (sondaggi a carotaggio continuo) e dai profili geoelettrici, sono state ulteriormente confrontate con gli esiti di 27 registrazioni passive del rumore sismico ambientale (microtremore) con tecnica HVSR. La tecnica HVSR (Horizontal to Vertical Spectral Ratios) è basata sulla misura dei rapporti medi fra le ampiezze spettrali delle componenti orizzontali e verticale del rumore sismico ambientale. Le frequenze di risonanza corrispondono ai massimi della funzione che rappresenta rapporti spettrali medi in funzione della frequenza (funzione H/V). L’ampiezza di questi massimi è proporzionale (anche se non linearmente) all’entità del contrasto di impedenza sismica esistente alla base della copertura. Figura 3.6 – Schema esemplificativo generale delle analisi sismiche con tecnica H/V a stazione singola Per le registrazioni si è utilizzato il Tromino, uno strumento portatile a stazione singola passiva corredato di tre canali di acquisizione connessi a tre velocimetri elettrodinamici ad alta risoluzione, in grado di misurare le componenti di moto (velocità) del microtremore di ogni strato lungo le direzioni N-S; E-W; Up-Down. Come già scritto, l’elaborazione del microtremore misurato fornisce i rapporti spettrali HVSR o H/V (Nogoshi & Igarashi, 1970) e consente: • la misura delle frequenze di risonanza dei suoli; 19 • gli “effetti di sito” e microzonazione sismica (curve H/V, metodo di Nakamura) • la stratigrafia sismica passiva Nel nostro caso, l'indagine è stata intentata per una finalità esclusivamente stratigrafica (es. in figura 3.6). Lo strumento è infatti un misuratore di frequenze di risonanza dei terreni e nei sistemi semplici (monostrato + bedrock), la formula che lega la frequenza di risonanza f allo spessore h dello strato che risuona dipende dalla Vs (velocità delle onde di taglio del mezzo) nel modo seguente: f = Vs / (4 h). Pertanto, la prova consente valutazioni puntuali e speditive sulla profondità delle discontinuità stratigrafiche mediante l’analisi delle curve spettrali H/V, avendo a disposizione opportuni punti di controllo diretti (sondaggi; penetrometrie; ecc.). Si è così proceduto a una prima serie di registrazioni (TR1; TR6; TR7) di controllo, eseguite in adiacenza ai sondaggi S1, S2, S3. Figura 3.7 – Confronto delle tracce tromografiche di verifica eseguite in adiacenza i sondaggi a carotaggio continuo Gli esiti, riportati in figura 3.7 sono ben correlabili alle situazioni stratigrafiche riscontrate direttamente con le terebrazioni. In particolare le tracce TR5 e TR7 sono dominate dall'ampio e netto picco (10,5÷13 Hz) in corrispondenza del tetto del potente spessore ghiaioso ciottoloso, attraversato dai sondaggi S2 e S3: tale limite risulta un riflettore sismico significativo. La traccia TR1 risulta invece priva di picchi (se escludiamo le alte frequenze, dove l'amplificazione è da ricondursi alsoprastante suolo) a dimostrazione dell'assenza di riflettori sismici (cioè strati significativamente più rigidi) in profondità. Un secondo controllo è stato eseguito lungo lo stendimento geoelettrico ERT3, con quattro registrazioni (TR2; TR3; TR4; TR5). La figura 3.8 riporta il confronto di queste tracce insieme alle tre acquisizioni eseguite anche nord e a ovest del toponimo “Malvezza di Sopra” (TR8; TR13; TR28). Questa ulteriore verifica comprova anche per la traccia TR5 (simile a TR5 e TR7) la presenza del riflettore sismico indotto dal tetto delle ghiaie ciottolose (picco a circa 13 Hz) coerentemente con gli esiti della sezione geoelettrica. Le tracce TR2, TR3 e TR4 evidenziano amplificazioni ben marcate a frequenze più elevate, comprese tra 18÷20 Hz e 22 Hz. Confrontando l'esito tromografico con l'esito dello stendimento geoelettrico queste amplificazioni sono facilmente interpretabili come amplificazioni del rumore sismico al tetto degli strati granulari, meno profondi, meno potenti e sismicamente meno rigidi, costituiti da sabbie limose e/o ghiaiose, sui sovrastanti 20 sedimenti fini. Questi picchi sono enfatizzati a causa della minore profondità del riflettore sismico. Le tracce TR2, TR3 e TR4, non rilevano sottostanti picchi del segnale H/V riconducibili al tetto delle ghiaie ciottolose più profonde e sismicamente più rigide: di fatto, ne escludono la presenza, coerentemente con gli esiti della tomografia geoelettrica che non le rileva. Infine, la traccie TR8, TR13 e TR28 non evidenziano amplificazioni, pertanto chiaramente ascrivibili al contesto descritto per la traccia di riferimento TR1 (assenza di ghiaie). Figura 3.8 – Confronto delle tracce tromografiche eseguite lungo lo stendimento geoelettrico ERT3 (prove TR2; TR3; TR4; TR5) e delle tracce TR8; TR13; TR28 Le ulteriori registrazioni ampliano l'area di indagine sia a nord che a sud del toponimo “Malvezza di Sopra” e gli esiti possono essere così riassunti (figura 3.9): • tracce TR18, TR19, TR20, TR21 → non rilevano amplificazioni nello spettro di segnale H/V, pertanto equiparabili alla traccia TR1 (sondaggio S1): sedimenti alluvionali fini (limi e argille) prevalenti; 21 Figura 3.9 22 • • • tracce TR14, TR15, TR16, TR17 → rilevano picchi di amplificazione solamente a frequenze maggiori di 18 Hz (minori profondità), pertanto equiparabili alle tracce TR2; TR3; TR4; TR5. Non si evidenziano picchi del segnale correlabili alle ghiaie ciottolose più profonde e sismicamente più rigide; tracce TR9, TR10, TR11, TR12 → una prova (TR12) rileva un picco di amplificazione ben marcato a circa 13 Hz correlabile al tetto di ghiaie ciottolose e un ulteriore picco a frequenze maggiori (18÷27 Hz). Le altre prove risultano equiparabili alle tracce TR2; TR3; TR4; TR5; tracce TR22, TR23, TR24, TR25, TR26, TR27 → come si evince dal grafico degli spettri H/V, rilevano amplificazioni del segnale anche a frequenze di circa 13 Hz (tranne la TR23), dimostrando la presenza di ghiaie ciottolose più profonde. In conclusione, gli esiti delle acquisizioni tromografiche sono ben correlabili con lo schema geologico di sottosuolo meno profondo desunto dalle indagini dirette (sondaggi) e dalle prove geoelettriche già parziamente descritto nel paragrafo 3.2 (pagina 17). In questo senso, le prove tromografiche consentono di estrapolare alla porzione di fondovalle studiata la seguente zonizzazione lito-stratigrafica della coltre alluvionale (figura 3.10): • • • ZONA I → costituita da sedimenti prevalentemente fini (limi e argille) fino a circa 6,5 m; non si riscontrano strutture sepolte granulari significative (sabbie e/o ghiaie) in termini puramente geometrici (spessori; continuità laterale). La coltre alluvionale è in grado di ospitare solamente falde di scarse caratteristiche idrogeologiche. Il sottostante bedrock marino alterato è rappresentato dalle Sabbie di Imola, in particolare dalla sua sotto unità più pelitica IMO2 come evidenziato dagli esiti del sondaggio S1; ZONA II → costituita da sedimenti fini (limi e argille) con intercalati corpi a tessiture granulari (da sabbie limose a ghiaie sabbiose) di modesto spessore e continuità laterale. Queste strutture granulari sono riscontrabili fino al letto del materasso alluvionale e cioè fino a una profondità massima di circa -6,5 metri dal p.c. Le profondità massime dei depositi saggiosi e ghiaiosi sono comparabili con le quote l'alveo attuale del Samoggia, dimostrando una possibile, seppur labile, connessione idrogeologica con il corso d'acqua. Il sottostante bedrock marino alterato è rappresentato dalle Sabbie di Imola, con probabilità la sua sotto unità più pelitica IMO2; ZONA III → include corpi per lo più amalgamati di ghiaie e ghiaie ciottolose, riscontrabili a profondità variabili da -3 m a oltre -10 metri circa dal p.c. Si tratta delle ghiaie sub affioranti e più recenti del Samoggia, presenti esclusivamente nelle zone limitrofe all'alveo attuale e che possono costituire sede di falda acquifera con buone caratteristiche idrogeologiche (trasmissività; conducibilità idraulica). La potenza e la profondità di questi spessori ghiaiosi confermano l'importante funzionalità di connessione idrogeologica con il Samoggia, nonostante il progressivo inforramento del suo alveo. 23 Figura 3.10 – Zonizzazione litostratigrafia della coltre alluvionale 24 3.4 Rilievo dei pozzi freatici locali e monitoraggio piezometrico Per l'analisi della piezometria locale, nei fori dei sondaggi S1, S2 e S3 sono stati messi in opera tre piezometri a tubo aperto tipo “Norton”, realizzati a raso terreno e dotati di pozzetto di ispezione prefabbricato carrabile per consentire il normale prosieguo dei lavori agricoli e nello stesso tempo avere possibilità di accesso e di misurazione per un periodo di tempo prolungato. Oltre alle misure espletate nei tre piezometri, si sono misurate le quote d'acqua nei pozzi freatici (a “largo diametro”, per intenderci) rilevati nell'area intravalliva di interesse. In questo senso, sono stati complessivamente individuati e controllati 7 pozzi di cui 3 non rilevati in occasione dello studio idrogeologico del PSC (giugno e luglio 2009). Ciò ha permesso di ottenere due “fronti” di controllo della piezometria locale, rispettivamente a nord e a sud dell'area di possibile previsione edificatoria. I pozzi misurati sono disposti a monte e a valle dell'area estrattiva ormai dismessa (paragrafo 2.4). Tutto il periodo di monitoraggio della piezometria (da giugno 2011 a fine marzo 2012), è stato caratterizzato da scarse precipitazioni, ad esclusione dell'abbondante neve caduta nella seconda decade di febbraio 2012. Per questa particolare condizione meteorologica, i controlli piezometrici effettuati a fine gennaio 2012 hanno riscontrato gli esiti più alti di soggiacenza della falda, di poco superiori anche a quelli rilevati nel periodo tardo estivo! D'altronde, le precipitazioni nevose abbondanti e prolungate hanno permesso di monitorare una parziale situazione di ricarica della falda nel successivo periodo, compreso tra fine febbraio e inizio marzo 2012. I dati piezometrici sono stati elaborati per ricostruire il campo di moto sotterraneo nelle condizioni estreme rilevate e cioè di “magra” (fine gennaio 2012) e di “ricarica” (marzo 2012), come rappresentato nelle figure 3.11 e 3.12. La ricostruzione piezometrica ha tenuto conto delle quote d'alveo del Samoggia (stimate da CTR). Le figure riportano anche il perimetro dell'area estrattiva. 25 Figura 3.11 – Ricostruzione della tavola d’acqua di magra (gennaio 2012) 26 Figura 3.12– Ricostruzione della tavola d’acqua di ricarica (fine febbraio2012) 27 Il monitoraggio delle quote piezometriche rimarca il contesto idrogeologico locale descritto nel paragrafo 2.3 e risulta ben correlabile alla zonizzazione litostratigrafica proposta nel precedente paragrafo 3.3. In particolare si evince che: 1. per l'area di possibile interesse edificatorio (tra i toponimi “Malvezza di sotto” e “Malvezza di sopra” e tra la SP Samoggia e l'area di ex cava), la direzione del deflusso sotterraneo è pressoché ortogonale al Samoggia, sia in condizione stagionale di ricarica che di “magra” della falda. L'alimentazione della falda è da attribuirsi alle acque sotterranee che fluiscono dal soprastante terrazzo, i cui sedimenti costituiscono un sistema di riserva d'acqua per la falda meno profonda anche nel periodo di magra. Il panneggio piezometrico di questa porzione di versante (falda “cilindrica con spaziatura in aumento) evidenzia la brusca diminuzione del gradiente piezometrico verso il corso d'acqua in funzione: del maggior carico piezometrico della falda nella fascia adiacente il versante; del rapido incremento di trasmissività dell'acquifero per aumento della conducibilità e dello spessore dell'acquifero poroso alluvionale, come evidenziato dai sondaggi e dai profili geoelettrici (passaggio da “ZONA I” a “ZONA II/III”, vedi paragrafo 3.3); 2. la porzione intermedia di fondovalle è interessata dell'ampia area di cava, riempita con limi e argille. Il terrazzo naturale residuo costituisce dunque la più ristretta area di fondovalle a ridosso della Strada Provinciale. Occorre evidenziare che il volume tombato costituisce una forte anomalia (irreversibile) al normale campo di moto sotterraneo, limitando drasticamente ogni possibile scambio laterale tra falda e fiume per un tratto di fondovalle lungo circa 320 metri. Per questo motivo, il perimetro dell'area estrattiva tombata diviene un evidente limite alla ricostruzione piezometrica naturale riprodotta nelle citate figure 3.11 e 3.12. In questa ristretta porzione di terrazzo naturale, più distante dal Samoggia, il deflusso sotterraneo, condizionato dalla presenza della cava e del versante, risulta ancora pressoché ortogonale al Samoggia. Il contributo del versante alla ricarica della falda locale è ulteriormente confermato dalla presenza di alcune piccole sorgenti al piede della scarpata che, regimate, alimentano un piccolo bacino (riportato nelle figure 3.11 e 3.12) e spiegano la presenza di acqua corrente nel fossato oltre la Strada Provinciale e verso il Samoggia. La connessione idrogeologica tra falda e alveo del Samoggia, appare dunque fortemente limitata, se non assente, per la modesta profondità e continuità delle strutture più granulari (“ZONA II”, paragrafo 3.3) e per la presenza della stessa cava tombata; Nei periodi di ricarica, il tombamento limoso argilloso della cava può anche costituire una sorta di “barriera” idrogeologica, favorendo condizioni di alto piezometrico a monte del deflusso naturale e il prosieguo delle condizioni di depressione della falda a valle. Un ulteriore monitoraggio piezometrico nella porzione del fondovalle a lato dell'area di ex cava può dunque portare a risultati controversi sulla dinamica del naturale deflusso sotterraneo e, pertanto, si ritiene scarsamente utile realizzare nuovi piezometri in questa porzione di terrazzo, considerati i due “fronti di monitoraggio” già esistenti (pozzi freatici e piezometri), a nord e a sud della ex cava; 3. nella porzione intravalliva più meridionale, verso la località Formica, la distribuzione e l'orientamento delle isopieze evidenziano un contesto idrogeologico differente. Infatti, sebbene anche qui sia evidente la condizione di drenaggio della falda da parte dell'alveo del Samoggia inforrato e il contributo all'alimentazione sotterranea 28 da parte dei depositi della piccola conoide del rio Marzadore, gli spessori complessivi di queste ghiaie alluvionali più profonde dell'alveo e estese lateralmente a tutto il fondovalle e le buone caratteristiche idrogeologiche intrinseche (trasmissività; conducibilità idraulica) favoriscono ancora una importante funzionalità di connessione idrogeologica con il corso d'acqua principale (“ZONA III”, paragrafo 3.3). In conclusione la successiva figura 3.13 propone la sovrapposizione delle piezometrie di magra e di ricarica con i limiti della zonizzazione litostratigrafia della coltre alluvionale (paragrafo 3.3 e figura 3.10). 29 Figura 3.13 – Sovrapposizione delle isopieze di magra e di ricarica con la zonizzazione litostratigrafia della coltre alluvionale di fondovalle. 30