Il Parco Locale di Interesse Sovracomunale del basso corso del
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Il Parco Locale di Interesse Sovracomunale del basso corso del
Il Parco Locale di Interesse Sovracomunale del basso corso del fiume Brembo, riconosciuto ufficialmente dalla Provincia di Bergamo nel febbraio 2005, interessa una superficie di 974 ettari, distribuiti lungo entrambe le sponde del fiume orobico, da Bonate Sotto a Filago e da Dalmine a Boltiere. Oltre ai Comuni citati, fanno parte del Parco anche Madone, Osio Sopra e Osio Sotto. La valle planiziale del Brembo Nel tratto interessato dal Parco, il fiume Brembo scorre all'interno di un'ampia valle, definita da ben visibili scarpate laterali che scendono ripide verso il fondovalle. Queste scarpate sono per lunghi tratti interrotte da terrazzi morfologici, a testimonianza delle antiche fasi alluvionali, successive al termine delle glaciazioni quaternarie; la dinamica fluviale ha permesso in seguito al corso d'acqua di abbassare sempre più il proprio letto fino alle attuali quote. Una delle più suggestive vedute del fiume Brembo in prossimità della passerella di Filago L'energica azione erosiva del fiume ha quindi fatto emergere sul fondo e sui lati della valle parte degli antichi depositi fluvioglaciali ed alluvionali che costituiscono una successione potente alcune 11 centinaia di metri. Le successioni alluvionali più antiche hanno quindi subìto un processo di cementazione ad opera delle acque in esse circolanti, dando origine ai depositi conglomeratici noti con il termine di “ceppo”. Pareti in ceppo strapiombanti caratterizzano la forra in prossimità di Marne Questi affioramenti conglomeratici hanno esercitato un ruolo fondamentale nel provocare strettoie ad alta resistenza (forre di Briolo-Ponte S. Pietro e di Marne-Brembate), dove il fiume per poter defluire ha dovuto aprirsi varchi strettissimi che oggi osserviamo ed ammiriamo come forre di grande suggestione ed interesse geologico. Nei tratti compresi tra le forre, dove il ceppo non compare, il fiume invece ha potuto esprimere la sua dinamica su aree più ampie e l'attività erosiva si è svolta a scapito dei depositi alluvionali da esso precedentemente abbandonati. Canali intrecciati in alveo ciottoloso, con affioramenti sporadici di ceppo, caratterizzano il letto del Brembo nel comune di Dalmine 12 Nel tratto compreso tra Bonate Sopra e Treviolo la valle fluviale raggiunge la massima ampiezza; il fiume Brembo è qui caratterizzato da un alveo ciottoloso con morfologia a canali intrecciati, con isole e barre fluviali strette ed allungate. Molte sono le peculiarità paesaggistiche che caratterizzano il territorio circostante il letto del Brembo, come il terrazzo fluviale a Bonate Sotto Sempre con riferimento agli aspetti morfologici della valle fluviale, si può notare che in sinistra idrografica è presente un lungo terrazzo morfologico intermedio, di grande valenza paesaggistica e naturale, che da Ponte S. Pietro arriva a chiudersi all'altezza di Mariano, rilevato di circa 10 m rispetto all'alveo attuale e più basso di circa 20 m rispetto al livello fondamentale della pianura. Sulla sponda opposta si passa invece direttamente e più o meno bruscamente dalla piana alluvionale recente al livello superiore della pianura fluvioglaciale, senza la presenza di superfici alluvionali terrazzate La spettacolare forra scavata dal torrente Dordo a Marne, in corrispondenza dell’immissione in Brembo 13 intermedie, probabilmente erose a causa della tendenza del fiume a spostarsi progressivamente verso ovest. La sponda occidentale appare più movimentata e complessa anche per la presenza delle confluenze del torrente Lesina, a Bonate Sotto, e del torrente Dordo, a Marne. Entrambi i corsi d'acqua, secondari solo rispetto al fiume principale, ma di grande importanza per la definizione dell'assetto storico e geografico del territorio da essi attraversato, prendono origine dalle articolate pendici del Monte Albenza (la Lesina) e delle colline di Pontida (il Dordo), percorrendo poi Il Brembo a Brembate. Sono evidenti gli affioramenti di ceppo, su uno dei quali è stato impostato il pilone centrale del ponte di S. Vittore, storica testimonianza dell’attraversamento del fiume, che nasce da un sapiente utilizzo delle risorse naturali la piana fluvioglaciale del terrazzo orientale dell'Isola, passando tra vari paesi, sino a confluire nel Brembo dopo aver profondamente inciso la stessa superficie terrazzata, così da adeguare il proprio profilo con quello del fiume principale. La forra che da Marne si sviluppa, con andamento solo lievemente sinuoso, fino a Brembate, costituisce un elemento di rilievo assoluto per quanto riguarda gli aspetti geologici e morfologici. La profonda valle è completamente scavata nel duro conglomerato (ceppo) che l'azione combinata della dinamica gravitativa e dell'erosione fluviale ha modellato in ripide pareti. 14 Particolarmente suggestivi i tratti in cui all'interno dell'alveo sono abbandonati i massi di maggiori dimensioni caduti dalle pareti laterali, talmente grossi da non poter essere facilmente rimossi dalla corrente, per quanto impetuosa. I massi più imponenti, o meglio l'affiorare del substrato conglomeratico in alveo, hanno consentito l'attraversamento del fiume con la costruzione di ponti fin dalla più remota antichità, come testimoniano i ruderi del Ponte Corvo di Marne e il Ponte di S. Vittore a Brembate. All'uscita dalla forra di Marne-Brembate, la valle del Brembo si amplia notevolmente a scapito dei terrazzi alluvionali intermedi che Spettacolare veduta della valle fluviale del Brembo nei pressi di Filago. In primo piano i ruderi del pilone centrale del Ponte Corvo 15 qui, a differenza del settore più settentrionale, assumono un'importanza e un'estensione decisamente maggiori, almeno a partire da Boltiere sulla sponda sinistra. In questo tratto, la valle fluviale si caratterizza per la presenza di una successione di terrazzi alluvionali intermedi, separati da evidenti scarpate morfologiche, che conserva, anche nell'andamento mosso della superficie topografica e, in qualche tratto, nella vegetazione, una qualità ambientale di assoluto interesse. Un breve accenno, infine, al reticolo idrografico artificiale, in quanto complementare alla rete idrografica naturale, ma non meno importante per i suoi effetti. La costruzione di rogge e canali si è resa necessaria per lo sfruttamento delle acque del Brembo a scopo irriguo e per il funzionamento di fabbriche ed opifici. La costruzione di una rete idrografica artificiale dipende sia dalla quantità di acqua disponibile naturalmente, sia dalla morfologia e dalla topografia del territorio; infatti, se pure le portate del Brembo consentono l'utilizzo di una certa quantità delle acque del fiume, senza Prati polifiti e graziosi boschetti caratterizzano l’area circostante l’opificio della Rasica a Osio Sopra 16 Il Brembo alimenta una moltitudine di canali e rogge che caratterizzano con la loro presenza il paesaggio del Parco. Nell’immagine un canale in prossimità dell’insediamento della Rasica a Osio Sopra 17 eccessive oscillazioni giornaliere di portata, la profondità dell'alveo per lungo tratto non consente di intercettarne le acque e convogliarle in alvei artificiali, se non all'altezza di Brembate, al servizio del territorio trevigliese. Le derivazioni dal fiume Brembo sono dunque limitate alla Roggia Curnino Ceresino, alla Roggia Brembilla e alle Rogge Trevigliesi, in sinistra idrografica, e alla Roggia Masnada in destra idrografica. Le cortine arboree (con prevalenza di robinia) lungo i canali, costituiscono un tratto saliente del paesaggio, contribuendo alla ricchezza ecologica ed ambientale del territorio. Nella foto, la Roggia Masnada in un tratto tra Bonate Sopra e Bonate Sotto 18 La vegetazione e i principali ambienti del Parco Il Parco presenta una notevole varietà di paesaggi vegetali, i principali tra i quali sono: · Le colture arative e i prati stabili. Le prime sono costituite quasi esclusivamente da colture cerealicole mentre i prati polifitici sono superfici di terreno ricoperte da erbe dallo sviluppo contenuto, periodicamente soggette allo sfalcio per la Presso Boltiere il paesaggio è caratterizzato da prati polifiti, campi coltivati alternati da siepi arboree e arbustive 19 · produzione di foraggio. Sebbene si tratti di vegetazione antropica, i prati costituiscono un consorzio vegetale di pregio per la ricchezza floristica che li contraddistingue e per il contributo che forniscono alla varietà dell'ecomosaico locale. Le cortine arboree di corsi d'acqua minori naturali e artificiali. Gli elementi del reticolo idrografico minore, sia naturale che artificiale, sono accompagnati, per ampi tratti, da cortine e filari arborei, che spesso costituiscono i corridoi verdi di maggior pregio delle aree urbane e periurbane. La dotazione vegetale è di valore soprattutto lungo i cavi delle rogge ancora attive e di maggior rilievo, in quanto accoglie una florula preziosa in senso sia quantitativo sia qualitativo. Le condizioni Le cortine arboree rappresentano una costante del paesaggio del Parco 20 · di umidità e di freschezza determinate dallo scorrimento delle acque favoriscono l'insediamento di specie nemorali, anche microtermiche, tipiche dei consorzi boschivi mesofili dei versanti vallivi; inoltre il piede costantemente umido delle ripe accoglie i grossi carici, tipici delle zone palustri, che non trovano idonei habitat nei ghiaieti del letto del Brembo. Le boschine e le fasce boscate a dominanza di robinia. La robinia è presente in modo più o meno marcato in tutti gli ambiti boscati dell'area del Parco, ma in alcune plaghe, interessate da interventi distruttivi della vegetazione originaria o da continuo e forte disturbo, ha preso nettamente il sopravvento diventando la specie dominante. Si concentra in particolare sul terrazzo più basso al di sotto della scarpata morfologica che si sviluppa tra gli abitati di Filago, Madone e Bonate Sotto e il fiume Brembo, in destra idrografica. Lo strato La robinia domina i terrazzi più bassi del fiume Brembo, monopolizzando il paesaggio naturale 21 · arboreo nel robinieto è pertanto molto semplificato ed è costituito, in genere, da piante di robinia coeve, fra cui s'inseriscono sporadicamente specie autoctone, acero campestre, farnie e carpini, testimoni di potenzialità vegetali e di presenze pregresse di maggior pregio. Anche lo strato arbustivo è molto povero e costituito per la quasi totalità da sambuco o da nocciolo. I magredi. Lungo l'asta del Brembo, nei territori di Bonate Sotto e nell'ampio alveo del fiume, nel tratto caratterizzato da rami intrecciati, sono presenti spazi aperti detti magredi, costituiti da formazioni erbacee insediatesi su substrati ghiaiosi e sabbiosi, molto permeabili e siccitosi. Questa situazione ambientale ha selezionato nel corso del tempo una La vegetazione termo-xerofila caratterizza gli estesi magredi dislocati lungo il percorso del Brembo, creando piccoli climax di ragguardevole interesse 22 Gli affioramenti di ceppo rappresentano terreno fertile per la formazione di vegetazione rupicola di notevole bellezza 23 vegetazione spiccatamente termo-xerofila, rara in pianura, ricca di specie di interesse naturalistico, spesso tipiche dei versanti collinari esposti a solatìo. La copertura erbacea è costituita da specie steppiche, tipiche delle aride pianure esteuropee ed asiatiche, mediterranee, orofite a distribuzione montana discese in pianura fluitate dalla corrente del Brembo e qui insediate in tempi in cui il clima era più freddo. Alla vegetazione erbacea (la specie dominante è la graminacea forasacco eretto) si associa in alcune plaghe una vegetazione arbustiva pioniera costituita da rosa selvatica comune, rovo e dall'esotica buddleja. Importante sta divenendo anche la presenza di un'altra esotica arborea molto rustica e competitiva, l'ailanto. Il bosco dell’Itala a Osio Sotto rappresenta la volontà da parte dell’uomo di saper vivere in armonia con la natura 24 · Le cortine arboree interpoderali a dominanza di robinia. Il plurisecolare lavoro di spietramento dei campi è uno dei processi storici che hanno costituito il paesaggio agrario dell'alta pianura bergamasca. I sassi raccolti nel terreno dopo le arature, venivano accumulati ai margini dei coltivi dando origine a rilevanti depositi di ghiaie, larghi alcuni metri e lunghi diverse decine, creando a volte complessi e continui disegni geometrici sul suolo. Su questi depositi si è instaurata una vegetazione adatta a condizioni di aridità e termofilia, creando lunghi e caratteristici corridoi vegetazionali. Queste siepi, che un tempo venivano denominate “rovari” o “murari”, Siepi caratterizzate da roveri disegnano ben definiti paesaggi secondo logiche quasi geometriche 25 · a seconda che si mettesse in evidenza la composizione edafica o vegetazionale, sono dominate, nello strato arboreo, da due essenze esotiche, la robinia e l'ailanto. Tra le specie non autoctone, introdotte per sostenere le prime attività imprenditoriali, troviamo i gelsi (Morus nigra e Morus alba) e il gelso da carta (Broussonetia papyrifera), coltivati in passato, in gran numero, per l'allevamento del baco da seta, ma ormai ridotti a pochi esemplari. Fra le specie alloctone dominanti si rinvengono rare presenze di specie vegetali, tra cui rovere e cerro, che costituiscono le ultime vestigia del manto forestale che vegetava nella pianura prima dell'avvento delle attività agricole. La vegetazione delle scarpate morfologiche. L'acclività delle scarpate e l'esposizione hanno favorito lo sviluppo di una vegetazione termofila tipica di suoli tendenzialmente asciutti. La copertura vegetale presenta uno strato arboreo ben sviluppato, costituito da specie autctone fra cui domina il carpino nero, accompagnato dal bagolaro, da alcune querce e La vegetazione delle scarpate morfologiche risulta spesso rigogliosa e di pregevole valore naturalistico 26 · · dall'acero campestre. Anche il sottobosco rivela una elevata presenza di specie autoctone nemorali, contribuendo a determinare l'elevato valore naturalistico di questa tipologia vegetale, che si raccorda ai consorzi di latifoglie eliofile dei primi versanti collinari. La vegetazione rupicola su ceppo in forra. Nel tratto compreso tra Filago e Brembate il Brembo scorre in forra tra ripide pareti colonizzate da una florula ricca di specie tipiche di orizzonti vegetali montani, assai rare in ambito planiziale. Tra queste entità si ricordano, a titolo d'esempio, Globularia cordifolia, Phyteuma scheuchzeri, Sesleria varia, Erica carnea, Hinula hirta, ecc. Di notevole importanza fitogeografica è la presenza della campanula d'Insubria (Campanula elatinoides), specie esclusiva delle Prealpi Lombarde, tipica delle rupi calcareodolomitiche del piano montano e montano superiore. I querco-carpineti. La vegetazione potenziale naturale delle aree planiziali dell'alta pianura bergamasca è costituita da consorzi di querce con carpino bianco, detti querco-carpineti. Sebbene querco-carpineti ben strutturati non siano presenti nell'area del Parco, i consorzi che più ad essi si avvicinano sono il bosco dell'Itala e le macchie boscate presenti nel parco del Castello di Marne. 27 Un territorio ricco di storia L'ambito territoriale oggi appartenente ai Comuni del Parco è di antichissimo insediamento. Le tracce lasciate dall'uomo sul territorio e i ritrovamenti archeologici testimoniano infatti l'esistenza di industrie litiche protostoriche a Brembate e Rodi (Filago) oltre alle necropoli della prima età del Ferro sempre a Brembate e golasecchiana a Osio Sopra. Già questo primo sintetico flash consente di rilevare come fossero già da lungo tempo antropizzate le fasce est e ovest lungo il corso finale del fiume Brembo. A questo riguardo gli archeologi hanno potuto ipotizzare un probabile tracciato viario protostorico, collegante Bergamo con Milano attraverso le località citate e quelle sull'Adda di Capriate San Gervasio e Trezzo. Abbastanza fitta e diffusa si rivela soprattutto la presenza dei Romani sul territorio come testimoniano preziosi ritrovamenti a Bonate Sotto, Dalmine e Madone, le tombe di Brembate e i ponti, Corvo a Marne e S. Vittore a Brembate. Un altro elemento significativo della presenza romana è sicuramente la centuriazione, i cui segni, ricostruiti dagli archeologi, sono particolarmente evidenziati dai cardi, e dai relativi decumani sugli assi Brembate-Madone e Madone-Bonate Sotto. L'epoca longobarda è archeologicamente documentata dalle tombe rinvenute nel sec. XIX ad Osio Sopra; ma per questo periodo, e per quelli successivi, gli archivi di Bergamo, con i loro ricchi fondi pergamenacei, forniscono preziose notizie. Già dal più antico documento è possibile ricostruire uno spaccato di un'area del territorio Una veduta di Filago dal terrazzo fluviale di Osio Sopra, caratterizzata da colture, insediamenti, presenze religiose e civili di notevole interesse 28 bergamasco segnata da colture, insediamenti, presenze religiose e civili di tutto rispetto. Si tratta del testamento del gasindio regio Taidone del maggio 774. Questo documento, di straordinaria importanza, ci segnala oltre al toponimo e ai beni di Bonate, anche, nello stesso Bonate Sotto, la presenza di una chiesa dedicata a San Giuliano amministrata dai suoi “custodibus”; ci fornisce per la prima volta il toponimo Rodi di Filago (Raudus) e ci attesta anche la presenza della Chiesa plebana di San Vittore di Terno, chiamata appunto “ecclesia”, rispetto alle altre chiese o oratori normalmente definiti con il termine “basilica”. Dai documenti alto-medievali il rapporto dei luoghi con il fiume Brembo emerge dapprima con vaghe segnalazioni toponomastiche, come quelle degli anni 911 e 917 relative a Sforzatica di Oleno dove una I resti dell'ex chiesa di S. Giuliano a Bonate Sotto, inglobati nel tessuto edilizio 29 pezza di terra prativa vien detta “a Brembo, qui nominatur fossato” oppure “Prata ad Brembo, ad fossato”; più eloquente è invece la carta del novembre 975 dove si legge che esistono in ripa-fluvio Brembo molendinas duas que pertinent de villa Marliano”, i mulini ricordati anche in una pergamena redatta tre anni dopo nella quale si dice ancora “molendinas duas que sunt edificatas in fluvio Brembo”. Quanto ai mulini, proprio allo scadere del primo millennio, esattamente nel maggio dell'anno 1000, una carta ci segnala l'esistenza di un mulino anche a Dalmine. Lo stesso documento, infine, attesta l'esistenza di due castelli, quelli di Mariano e di Guzzanica, con le citazioni “tam infra castro quamque et foris”. La basilica di S. Giulia a Bonate Sotto, splendido esempio di romanico lombardo Più difficile è il compito di tracciare un profilo delle nostre comunità nei secoli immediatamente successivi all'anno Mille. Il XII secolo in particolare, pure ricco di documentazione pergamenacea purtroppo ancora inedita, è infatti il secolo che vede la nascita dei comuni e la costituzione delle parrocchie, un fermento di vita civile e religiosa che lascia ancora oggi le sue tracce materiali e spirituali nelle nostre comunità. Un primo prezioso documento di carattere religioso è una bolla pontificia di Papa Adriano IV del 23 giugno 1155, con la quale prende sotto la sua protezione la Pieve di S. Giovanni Evangelista di Pontirolo con tutte le chiese ad essa sottomesse; in questo documento si può riscontrare la prima denominazione delle parrocchie tuttora esistenti. 30 Il castello di Marne. Un’emergenza simbolica per tutto il contesto locale, nel comune di Filago, tra il Brembo e il Dordo Con il secolo tredicesimo e con lo stabilizzarsi delle istituzioni civili e religiose le notizie si fanno sempre più puntuali e circostanziate. Ad esempio, relativamente alle presenze monastiche, una domus humiliatorum è attestata nel 1313 a Boltiere, mentre nell'antica “basilica” di S. Giuliano a Bonate Sotto è presente una comunità benedettina femminile che nello stesso anno 1313 viene unita al 31 La chiesa di S. Pantaleone a Madone monastero di S. Giorgio di Spino in Bergamo. Anche la “Domus de Osio” inurbata nella “contrada de Osio”, sembra aver avuto origine, sulla fine del XIII secolo in Osio Sopra. In campo civile si sono ormai affermati i comuni sul finire dell’ XI e per tutto il XII secolo. Fu lo stesso Capoluogo, che aveva giurisdizione su tutto il territorio, a spronare e a regolamentare anche la costituzione dei comuni forensi, come testimonia il più antico Statuto di Bergamo, quello all'incirca del 1240, che detta norme precise, oltre che sul numero delle famiglie necessarie per costituire un comune (almeno quattro), anche sulle modalità di elezione dei consoli e degli ufficiali relativi, nonché sull'età dell'elettorato attivo e passivo (18 anni). Lo statuto redatto nel 1331 ci presenta anche l'organizzazione territoriale della Bergamasca, che è divisa in quattro “factae” corrispondenti alle porte che nel medioevo davano accesso alla città. Oltre all'appartenenza alla facta o quadra, abbiamo così documentato quali fossero i comuni in quel periodo; nella facta di S. Alessandro che fa capo all'omonima porta troviamo i comuni di Rodi e di Madone, mentre in quella di S. Stefano abbiamo i comuni di Boltiere, Una veduta sul complesso della Rasica. Costruito nella seconda metà dell’Ottocento, l’edificio della filanda, inserendosi armoniosamente nel contesto, costituisce un ottimo esempio di archeologia industriale 32 Osio Sopra e Osio Sotto, Mariano, Dalmine, Sforzatica, Sabbio, Guzzanica, Bonate Sotto, Brembate, Grignano, Marne, Filago e “Limania”. La presenza veneziana a Bergamo (1428-1797) è contrassegnata da una relativa stabilità politico-istituzionale, nel rispetto delle autonomie locali, dei loro statuti e delle tradizioni radicate. Il territorio è suddiviso in quadre; quelle che interessano la nostra area sono la “Quadra dell'Isola” e la “Quadra di Mezzo”. Alla prima appartenevano i comuni di Brembate, Grignano, Madone, Bonate Sotto, Filago e Marne; alla seconda Sforzatica , Dalmine e Sabbio uniti in un solo comune, Mariano, Osio Sopra, Osio Sotto, Boltiere. Interessante per questo periodo è la “Descrizione di Bergamo”, del 1596, che il capitano Giovanni Da Lezze ci ha lasciato e dalla quale emergono aspetti territoriali, colturali e sociali eloquenti. La relazione del Da Lezze fornisce anche notizie idrografiche: infatti, nella descrizione del corso del fiume Brembo e dei suoi affluenti, si legge: “Et oltra la terra di Santo Pietro da levante un torrente detto Quisa et da ponente un altro chiamato Lesna de sotto a Bonate de Sotto et poi passando sino a Marne vi entra uno torrente chiamato Tordo et poi passando sotto il Ponte di Santo Vittore a Brembate di Sotto fa il suo fine in Adda fiume del Ducato di Milano”. La chiesa di S. Donato, alla periferia di Osio Sotto 33 Finita la dominazione veneziana a Bergamo, dopo il periodo napoleonico, agli albori del Regno Lombardo-Veneto, le condizioni politico-religiose e gli aspetti socio-economici sono ben documentati negli anni 1819-20 da Giovanni Maironi da Ponte nel suo “Dizionario odeporico”. A titolo di esempio si riporta la descrizione di Osio Sopra: “… Questo villaggio fu tra i primi nella nostra provincia, in cui siasi introdotta e praticata la piantagione dei gelsi, come una parte importante, e per noi primaria d'agricoltura (…) Molte annose piante S. Lorenzo Martire a Mezzovate di Bonate Sotto di gelsi, che vivono tuttavia sui fondi del beneficio parrocchiale ne fanno una testimonianza sicura. Non è quindi meraviglia che Osio di Sopra sia stato un tempo rinomato per la quantità de' Bozzoli, che sono sempre stati, e sono tuttavia molto stimati. Il suo territorio è fertile pure di grano, e produce anche del lino. Ma nullameno un tratto non piccolo di terreno assai ghiaioso, una porzione del quale, che è di ragione comunale, serve a solo uso di pascolo, ora però in parte si va riducendo a campo (…) Osio di sopra ha disgiunte dal suo caseggiato maggiore varie piccole contrade, o sia grossi cassinaggi sparsi parte sul pascolo comunale, e parte sulla riva del Brembo, i maggiori de' quali sono la Capra e la Rasiga, a mezzodì della quale vedesi tuttavia qualche reliquia di un ponte, che con due archi attraversava il Brembo, e che chiamasi da quegli abitanti Ponte di Pilone”. 34