Il Parco Locale di Interesse Sovracomunale del basso corso del

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Il Parco Locale di Interesse Sovracomunale del basso corso del
Il Parco Locale di Interesse Sovracomunale del basso corso del
fiume Brembo, riconosciuto ufficialmente dalla Provincia di Bergamo
nel febbraio 2005, interessa una superficie di 974 ettari, distribuiti
lungo entrambe le sponde del fiume orobico, da Bonate Sotto a Filago e
da Dalmine a Boltiere. Oltre ai Comuni citati, fanno parte del Parco
anche Madone, Osio Sopra e Osio Sotto.
La valle planiziale del Brembo
Nel tratto interessato dal Parco, il fiume Brembo scorre
all'interno di un'ampia valle, definita da ben visibili scarpate laterali
che scendono ripide verso il fondovalle. Queste scarpate sono per
lunghi tratti interrotte da terrazzi morfologici, a testimonianza delle
antiche fasi alluvionali, successive al termine delle glaciazioni
quaternarie; la dinamica fluviale ha permesso in seguito al corso
d'acqua di abbassare sempre più il proprio letto fino alle attuali quote.
Una delle più suggestive vedute del fiume Brembo in prossimità della
passerella di Filago
L'energica azione erosiva del fiume ha quindi fatto emergere
sul fondo e sui lati della valle parte degli antichi depositi fluvioglaciali
ed alluvionali che costituiscono una successione potente alcune
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centinaia di metri. Le successioni alluvionali più antiche hanno quindi
subìto un processo di cementazione ad opera delle acque in esse
circolanti, dando origine ai depositi conglomeratici noti con il termine
di “ceppo”.
Pareti in ceppo
strapiombanti caratterizzano
la forra in prossimità di
Marne
Questi affioramenti conglomeratici hanno esercitato un ruolo
fondamentale nel provocare strettoie ad alta resistenza (forre di
Briolo-Ponte S. Pietro e di Marne-Brembate), dove il fiume per poter
defluire ha dovuto aprirsi varchi strettissimi che oggi osserviamo ed
ammiriamo come forre di grande suggestione ed interesse geologico.
Nei tratti compresi tra le forre, dove il ceppo non compare, il fiume
invece ha potuto esprimere la sua dinamica su aree più ampie e
l'attività erosiva si è svolta a scapito dei depositi alluvionali da esso
precedentemente abbandonati.
Canali intrecciati in alveo
ciottoloso, con affioramenti
sporadici di ceppo,
caratterizzano il letto del
Brembo nel comune di
Dalmine
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Nel tratto compreso tra Bonate Sopra e Treviolo la valle fluviale
raggiunge la massima ampiezza; il fiume Brembo è qui caratterizzato
da un alveo ciottoloso con morfologia a canali intrecciati, con isole e
barre fluviali strette ed allungate.
Molte sono le peculiarità
paesaggistiche che
caratterizzano il territorio
circostante il letto del
Brembo, come il terrazzo
fluviale a Bonate Sotto
Sempre con riferimento agli aspetti morfologici della valle
fluviale, si può notare che in sinistra idrografica è presente un lungo
terrazzo morfologico intermedio, di grande valenza paesaggistica e
naturale, che da Ponte S. Pietro arriva a chiudersi all'altezza di
Mariano, rilevato di circa 10 m rispetto all'alveo attuale e più basso di
circa 20 m rispetto al livello fondamentale della pianura. Sulla sponda
opposta si passa invece direttamente e più o meno bruscamente dalla
piana alluvionale recente al livello superiore della pianura
fluvioglaciale, senza la presenza di superfici alluvionali terrazzate
La spettacolare forra
scavata dal torrente Dordo a
Marne, in corrispondenza
dell’immissione in Brembo
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intermedie, probabilmente erose a causa della tendenza del fiume a
spostarsi progressivamente verso ovest.
La sponda occidentale appare più movimentata e complessa
anche per la presenza delle confluenze del torrente Lesina, a Bonate
Sotto, e del torrente Dordo, a Marne. Entrambi i corsi d'acqua,
secondari solo rispetto al fiume principale, ma di grande importanza
per la definizione dell'assetto storico e geografico del territorio da essi
attraversato, prendono origine dalle articolate pendici del Monte
Albenza (la Lesina) e delle colline di Pontida (il Dordo), percorrendo poi
Il Brembo a Brembate. Sono evidenti gli affioramenti di ceppo, su uno dei
quali è stato impostato il pilone centrale del ponte di S. Vittore, storica
testimonianza dell’attraversamento del fiume, che nasce da un sapiente
utilizzo delle risorse naturali
la piana fluvioglaciale del terrazzo orientale dell'Isola, passando tra
vari paesi, sino a confluire nel Brembo dopo aver profondamente inciso
la stessa superficie terrazzata, così da adeguare il proprio profilo con
quello del fiume principale.
La forra che da Marne si sviluppa, con andamento solo
lievemente sinuoso, fino a Brembate, costituisce un elemento di rilievo
assoluto per quanto riguarda gli aspetti geologici e morfologici. La
profonda valle è completamente scavata nel duro conglomerato
(ceppo) che l'azione combinata della dinamica gravitativa e
dell'erosione fluviale ha modellato in ripide pareti.
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Particolarmente suggestivi i tratti in cui all'interno dell'alveo
sono abbandonati i massi di maggiori dimensioni caduti dalle pareti
laterali, talmente grossi da non poter essere facilmente rimossi dalla
corrente, per quanto impetuosa. I massi più imponenti, o meglio
l'affiorare del substrato conglomeratico in alveo, hanno consentito
l'attraversamento del fiume con la costruzione di ponti fin dalla più
remota antichità, come testimoniano i ruderi del Ponte Corvo di Marne
e il Ponte di S. Vittore a Brembate.
All'uscita dalla forra di Marne-Brembate, la valle del Brembo si
amplia notevolmente a scapito dei terrazzi alluvionali intermedi che
Spettacolare veduta della valle fluviale del Brembo nei pressi di Filago. In
primo piano i ruderi del pilone centrale del Ponte Corvo
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qui, a differenza del settore più settentrionale, assumono
un'importanza e un'estensione decisamente maggiori, almeno a partire
da Boltiere sulla sponda sinistra. In questo tratto, la valle fluviale si
caratterizza per la presenza di una successione di terrazzi alluvionali
intermedi, separati da evidenti scarpate morfologiche, che conserva,
anche nell'andamento mosso della superficie topografica e, in qualche
tratto, nella vegetazione, una qualità ambientale di assoluto interesse.
Un breve accenno, infine, al reticolo idrografico artificiale, in
quanto complementare alla rete idrografica naturale, ma non meno
importante per i suoi effetti. La costruzione di rogge e canali si è resa
necessaria per lo sfruttamento delle acque del Brembo a scopo irriguo e
per il funzionamento di fabbriche ed opifici.
La costruzione di una rete idrografica artificiale dipende sia
dalla quantità di acqua disponibile naturalmente, sia dalla morfologia
e dalla topografia del territorio; infatti, se pure le portate del Brembo
consentono l'utilizzo di una certa quantità delle acque del fiume, senza
Prati polifiti e graziosi boschetti caratterizzano l’area circostante l’opificio
della Rasica a Osio Sopra
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Il Brembo alimenta una moltitudine di canali e rogge che caratterizzano
con la loro presenza il paesaggio del Parco.
Nell’immagine un canale in prossimità dell’insediamento della Rasica a Osio
Sopra
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eccessive oscillazioni giornaliere di portata, la profondità dell'alveo
per lungo tratto non consente di intercettarne le acque e convogliarle
in alvei artificiali, se non all'altezza di Brembate, al servizio del
territorio trevigliese. Le derivazioni dal fiume Brembo sono dunque
limitate alla Roggia Curnino Ceresino, alla Roggia Brembilla e alle
Rogge Trevigliesi, in sinistra idrografica, e alla Roggia Masnada in destra
idrografica.
Le cortine arboree (con prevalenza di robinia) lungo i canali, costituiscono
un tratto saliente del paesaggio, contribuendo alla ricchezza ecologica ed
ambientale del territorio.
Nella foto, la Roggia Masnada in un tratto tra Bonate Sopra e Bonate Sotto
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La vegetazione e i principali ambienti del Parco
Il Parco presenta una notevole varietà di paesaggi vegetali, i
principali tra i quali sono:
·
Le colture arative e i prati stabili. Le prime sono costituite
quasi esclusivamente da colture cerealicole mentre i prati
polifitici sono superfici di terreno ricoperte da erbe dallo
sviluppo contenuto, periodicamente soggette allo sfalcio per la
Presso Boltiere il paesaggio è caratterizzato da prati polifiti, campi coltivati
alternati da siepi arboree e arbustive
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·
produzione di foraggio. Sebbene si tratti di vegetazione
antropica, i prati costituiscono un consorzio vegetale di pregio
per la ricchezza floristica che li contraddistingue e per il
contributo che forniscono alla varietà dell'ecomosaico locale.
Le cortine arboree di corsi d'acqua minori naturali e artificiali.
Gli elementi del reticolo idrografico minore, sia naturale che
artificiale, sono accompagnati, per ampi tratti, da cortine e
filari arborei, che spesso costituiscono i corridoi verdi di
maggior pregio delle aree urbane e periurbane. La dotazione
vegetale è di valore soprattutto lungo i cavi delle rogge ancora
attive e di maggior rilievo, in quanto accoglie una florula
preziosa in senso sia quantitativo sia qualitativo. Le condizioni
Le cortine arboree rappresentano una costante del paesaggio del Parco
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·
di umidità e di freschezza determinate dallo scorrimento delle
acque favoriscono l'insediamento di specie nemorali, anche
microtermiche, tipiche dei consorzi boschivi mesofili dei
versanti vallivi; inoltre il piede costantemente umido delle
ripe accoglie i grossi carici, tipici delle zone palustri, che non
trovano idonei habitat nei ghiaieti del letto del Brembo.
Le boschine e le fasce boscate a dominanza di robinia. La
robinia è presente in modo più o meno marcato in tutti gli
ambiti boscati dell'area del Parco, ma in alcune plaghe,
interessate da interventi distruttivi della vegetazione
originaria o da continuo e forte disturbo, ha preso nettamente
il sopravvento diventando la specie dominante. Si concentra in
particolare sul terrazzo più basso al di sotto della scarpata
morfologica che si sviluppa tra gli abitati di Filago, Madone e
Bonate Sotto e il fiume Brembo, in destra idrografica. Lo strato
La robinia domina i terrazzi più bassi del fiume Brembo, monopolizzando il
paesaggio naturale
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·
arboreo nel robinieto è pertanto molto semplificato ed è
costituito, in genere, da piante di robinia coeve, fra cui
s'inseriscono sporadicamente specie autoctone, acero
campestre, farnie e carpini, testimoni di potenzialità vegetali
e di presenze pregresse di maggior pregio. Anche lo strato
arbustivo è molto povero e costituito per la quasi totalità da
sambuco o da nocciolo.
I magredi. Lungo l'asta del Brembo, nei territori di Bonate Sotto
e nell'ampio alveo del fiume, nel tratto caratterizzato da rami
intrecciati, sono presenti spazi aperti detti magredi, costituiti
da formazioni erbacee insediatesi su substrati ghiaiosi e
sabbiosi, molto permeabili e siccitosi. Questa situazione
ambientale ha selezionato nel corso del tempo una
La vegetazione termo-xerofila caratterizza gli estesi magredi dislocati lungo
il percorso del Brembo, creando piccoli climax di ragguardevole interesse
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Gli affioramenti di ceppo rappresentano terreno fertile per la formazione di
vegetazione rupicola di notevole bellezza
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vegetazione spiccatamente termo-xerofila, rara in pianura,
ricca di specie di interesse naturalistico, spesso tipiche dei
versanti collinari esposti a solatìo. La copertura erbacea è
costituita da specie steppiche, tipiche delle aride pianure esteuropee ed asiatiche, mediterranee, orofite a distribuzione
montana discese in pianura fluitate dalla corrente del Brembo
e qui insediate in tempi in cui il clima era più freddo. Alla
vegetazione erbacea (la specie dominante è la graminacea
forasacco eretto) si associa in alcune plaghe una vegetazione
arbustiva pioniera costituita da rosa selvatica comune, rovo e
dall'esotica buddleja. Importante sta divenendo anche la
presenza di un'altra esotica arborea molto rustica e
competitiva, l'ailanto.
Il bosco dell’Itala a Osio Sotto rappresenta la volontà da parte dell’uomo di
saper vivere in armonia con la natura
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Le cortine arboree interpoderali a dominanza di robinia. Il
plurisecolare lavoro di spietramento dei campi è uno dei
processi storici che hanno costituito il paesaggio agrario
dell'alta pianura bergamasca. I sassi raccolti nel terreno dopo
le arature, venivano accumulati ai margini dei coltivi dando
origine a rilevanti depositi di ghiaie, larghi alcuni metri e
lunghi diverse decine, creando a volte complessi e continui
disegni geometrici sul suolo. Su questi depositi si è instaurata
una vegetazione adatta a condizioni di aridità e termofilia,
creando lunghi e caratteristici corridoi vegetazionali. Queste
siepi, che un tempo venivano denominate “rovari” o “murari”,
Siepi caratterizzate da roveri disegnano ben definiti paesaggi secondo
logiche quasi geometriche
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a seconda che si mettesse in evidenza la composizione edafica
o vegetazionale, sono dominate, nello strato arboreo, da due
essenze esotiche, la robinia e l'ailanto. Tra le specie non
autoctone, introdotte per sostenere le prime attività
imprenditoriali, troviamo i gelsi (Morus nigra e Morus alba) e il
gelso da carta (Broussonetia papyrifera), coltivati in passato,
in gran numero, per l'allevamento del baco da seta, ma ormai
ridotti a pochi esemplari. Fra le specie alloctone dominanti si
rinvengono rare presenze di specie vegetali, tra cui rovere e
cerro, che costituiscono le ultime vestigia del manto forestale
che vegetava nella pianura prima dell'avvento delle attività
agricole.
La vegetazione delle scarpate morfologiche. L'acclività delle
scarpate e l'esposizione hanno favorito lo sviluppo di una
vegetazione termofila tipica di suoli tendenzialmente asciutti.
La copertura vegetale presenta uno strato arboreo ben
sviluppato, costituito da specie autctone fra cui domina il
carpino nero, accompagnato dal bagolaro, da alcune querce e
La vegetazione delle scarpate morfologiche risulta spesso rigogliosa e di
pregevole valore naturalistico
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dall'acero campestre. Anche il sottobosco rivela una elevata
presenza di specie autoctone nemorali, contribuendo a
determinare l'elevato valore naturalistico di questa tipologia
vegetale, che si raccorda ai consorzi di latifoglie eliofile dei
primi versanti collinari.
La vegetazione rupicola su ceppo in forra. Nel tratto compreso
tra Filago e Brembate il Brembo scorre in forra tra ripide pareti
colonizzate da una florula ricca di specie tipiche di orizzonti
vegetali montani, assai rare in ambito planiziale. Tra queste
entità si ricordano, a titolo d'esempio, Globularia cordifolia,
Phyteuma scheuchzeri, Sesleria varia, Erica carnea, Hinula
hirta, ecc. Di notevole importanza fitogeografica è la presenza
della campanula d'Insubria (Campanula elatinoides), specie
esclusiva delle Prealpi Lombarde, tipica delle rupi calcareodolomitiche del piano montano e montano superiore.
I querco-carpineti. La vegetazione potenziale naturale delle
aree planiziali dell'alta pianura bergamasca è costituita da
consorzi di querce con carpino bianco, detti querco-carpineti.
Sebbene querco-carpineti ben strutturati non siano presenti
nell'area del Parco, i consorzi che più ad essi si avvicinano sono
il bosco dell'Itala e le macchie boscate presenti nel parco del
Castello di Marne.
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Un territorio ricco di storia
L'ambito territoriale oggi appartenente ai Comuni del Parco è
di antichissimo insediamento. Le tracce lasciate dall'uomo sul
territorio e i ritrovamenti archeologici testimoniano infatti l'esistenza
di industrie litiche protostoriche a Brembate e Rodi (Filago) oltre alle
necropoli della prima età del Ferro sempre a Brembate e golasecchiana
a Osio Sopra.
Già questo primo sintetico flash consente di rilevare come
fossero già da lungo tempo antropizzate le fasce est e ovest lungo il
corso finale del fiume Brembo. A questo riguardo gli archeologi hanno
potuto ipotizzare un probabile tracciato viario protostorico, collegante
Bergamo con Milano attraverso le località citate e quelle sull'Adda di
Capriate San Gervasio e Trezzo.
Abbastanza fitta e diffusa si rivela soprattutto la presenza dei
Romani sul territorio come testimoniano preziosi ritrovamenti a Bonate
Sotto, Dalmine e Madone, le tombe di Brembate e i ponti, Corvo a
Marne e S. Vittore a Brembate. Un altro elemento significativo della
presenza romana è sicuramente la centuriazione, i cui segni, ricostruiti
dagli archeologi, sono particolarmente evidenziati dai cardi, e dai
relativi decumani sugli assi Brembate-Madone e Madone-Bonate Sotto.
L'epoca longobarda è archeologicamente documentata dalle
tombe rinvenute nel sec. XIX ad Osio Sopra; ma per questo periodo, e
per quelli successivi, gli archivi di Bergamo, con i loro ricchi fondi
pergamenacei, forniscono preziose notizie. Già dal più antico
documento è possibile ricostruire uno spaccato di un'area del territorio
Una veduta di Filago dal terrazzo fluviale di Osio Sopra, caratterizzata da
colture, insediamenti, presenze religiose e civili di notevole interesse
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bergamasco segnata da colture, insediamenti, presenze religiose e
civili di tutto rispetto. Si tratta del testamento del gasindio regio
Taidone del maggio 774. Questo documento, di straordinaria
importanza, ci segnala oltre al toponimo e ai beni di Bonate, anche,
nello stesso Bonate Sotto, la presenza di una chiesa dedicata a San
Giuliano amministrata dai suoi “custodibus”; ci fornisce per la prima
volta il toponimo Rodi di Filago (Raudus) e ci attesta anche la presenza
della Chiesa plebana di San Vittore di Terno, chiamata appunto
“ecclesia”, rispetto alle altre chiese o oratori normalmente definiti con
il termine “basilica”.
Dai documenti alto-medievali il rapporto dei luoghi con il fiume
Brembo emerge dapprima con vaghe segnalazioni toponomastiche,
come quelle degli anni 911 e 917 relative a Sforzatica di Oleno dove una
I resti dell'ex chiesa di S. Giuliano a Bonate Sotto, inglobati nel tessuto edilizio
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pezza di terra prativa vien detta “a Brembo, qui nominatur fossato”
oppure “Prata ad Brembo, ad fossato”; più eloquente è invece la carta
del novembre 975 dove si legge che esistono in ripa-fluvio Brembo
molendinas duas que pertinent de villa Marliano”, i mulini ricordati
anche in una pergamena redatta tre anni dopo nella quale si dice
ancora “molendinas duas que sunt edificatas in fluvio Brembo”.
Quanto ai mulini, proprio allo scadere del primo millennio,
esattamente nel maggio dell'anno 1000, una carta ci segnala l'esistenza
di un mulino anche a Dalmine. Lo stesso documento, infine, attesta
l'esistenza di due castelli, quelli di Mariano e di Guzzanica, con le
citazioni “tam infra castro quamque et foris”.
La basilica di S. Giulia a
Bonate Sotto, splendido
esempio di romanico
lombardo
Più difficile è il compito di tracciare un profilo delle nostre
comunità nei secoli immediatamente successivi all'anno Mille. Il XII
secolo in particolare, pure ricco di documentazione pergamenacea
purtroppo ancora inedita, è infatti il secolo che vede la nascita dei
comuni e la costituzione delle parrocchie, un fermento di vita civile e
religiosa che lascia ancora oggi le sue tracce materiali e spirituali nelle
nostre comunità.
Un primo prezioso documento di carattere religioso è una bolla
pontificia di Papa Adriano IV del 23 giugno 1155, con la quale prende
sotto la sua protezione la Pieve di S. Giovanni Evangelista di Pontirolo
con tutte le chiese ad essa sottomesse; in questo documento si può
riscontrare la prima denominazione delle parrocchie tuttora esistenti.
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Il castello di Marne. Un’emergenza simbolica per tutto il contesto locale, nel
comune di Filago, tra il Brembo e il Dordo
Con il secolo tredicesimo e con lo stabilizzarsi delle istituzioni civili
e religiose le notizie si fanno sempre più puntuali e circostanziate. Ad
esempio, relativamente alle presenze monastiche, una domus
humiliatorum è attestata nel 1313 a Boltiere, mentre nell'antica
“basilica” di S. Giuliano a Bonate Sotto è presente una comunità
benedettina femminile che nello stesso anno 1313 viene unita al
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La chiesa di S. Pantaleone a
Madone
monastero di S. Giorgio di Spino in Bergamo. Anche la “Domus de Osio”
inurbata nella “contrada de Osio”, sembra aver avuto origine, sulla fine
del XIII secolo in Osio Sopra.
In campo civile si sono ormai affermati i comuni sul finire dell’
XI e per tutto il XII secolo. Fu lo stesso Capoluogo, che aveva
giurisdizione su tutto il territorio, a spronare e a regolamentare anche
la costituzione dei comuni forensi, come testimonia il più antico
Statuto di Bergamo, quello all'incirca del 1240, che detta norme
precise, oltre che sul numero delle famiglie necessarie per costituire
un comune (almeno quattro), anche sulle modalità di elezione dei
consoli e degli ufficiali relativi, nonché sull'età dell'elettorato attivo e
passivo (18 anni). Lo statuto redatto nel 1331 ci presenta anche
l'organizzazione territoriale della Bergamasca, che è divisa in quattro
“factae” corrispondenti alle porte che nel medioevo davano accesso
alla città.
Oltre all'appartenenza alla facta o quadra, abbiamo così
documentato quali fossero i comuni in quel periodo; nella facta di S.
Alessandro che fa capo all'omonima porta troviamo i comuni di Rodi e di
Madone, mentre in quella di S. Stefano abbiamo i comuni di Boltiere,
Una veduta sul complesso
della Rasica. Costruito nella
seconda metà
dell’Ottocento, l’edificio
della filanda, inserendosi
armoniosamente nel
contesto, costituisce un
ottimo esempio di
archeologia industriale
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Osio Sopra e Osio Sotto, Mariano, Dalmine, Sforzatica, Sabbio,
Guzzanica, Bonate Sotto, Brembate, Grignano, Marne, Filago e
“Limania”.
La presenza veneziana a Bergamo (1428-1797) è
contrassegnata da una relativa stabilità politico-istituzionale, nel
rispetto delle autonomie locali, dei loro statuti e delle tradizioni
radicate. Il territorio è suddiviso in quadre; quelle che interessano la
nostra area sono la “Quadra dell'Isola” e la “Quadra di Mezzo”. Alla
prima appartenevano i comuni di Brembate, Grignano, Madone, Bonate
Sotto, Filago e Marne; alla seconda Sforzatica , Dalmine e Sabbio uniti
in un solo comune, Mariano, Osio Sopra, Osio Sotto, Boltiere.
Interessante per questo periodo è la “Descrizione di Bergamo”,
del 1596, che il capitano Giovanni Da Lezze ci ha lasciato e dalla quale
emergono aspetti territoriali, colturali e sociali eloquenti. La relazione
del Da Lezze fornisce anche notizie idrografiche: infatti, nella
descrizione del corso del fiume Brembo e dei suoi affluenti, si legge:
“Et oltra la terra di Santo Pietro da levante un torrente detto Quisa et
da ponente un altro chiamato Lesna de sotto a Bonate de Sotto et poi
passando sino a Marne vi entra uno torrente chiamato Tordo et poi
passando sotto il Ponte di Santo Vittore a Brembate di Sotto fa il suo
fine in Adda fiume del Ducato di Milano”.
La chiesa di S. Donato, alla
periferia di Osio Sotto
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Finita la dominazione veneziana a Bergamo, dopo il periodo
napoleonico, agli albori del Regno Lombardo-Veneto, le condizioni
politico-religiose e gli aspetti socio-economici sono ben documentati
negli anni 1819-20 da Giovanni Maironi da Ponte nel suo “Dizionario
odeporico”. A titolo di esempio si riporta la descrizione di Osio Sopra:
“… Questo villaggio fu tra i primi nella nostra provincia, in cui siasi
introdotta e praticata la piantagione dei gelsi, come una parte
importante, e per noi primaria d'agricoltura (…) Molte annose piante
S. Lorenzo Martire a
Mezzovate di Bonate Sotto
di gelsi, che vivono tuttavia sui fondi del beneficio parrocchiale ne
fanno una testimonianza sicura. Non è quindi meraviglia che Osio di
Sopra sia stato un tempo rinomato per la quantità de' Bozzoli, che sono
sempre stati, e sono tuttavia molto stimati. Il suo territorio è fertile
pure di grano, e produce anche del lino. Ma nullameno un tratto non
piccolo di terreno assai ghiaioso, una porzione del quale, che è di
ragione comunale, serve a solo uso di pascolo, ora però in parte si va
riducendo a campo (…) Osio di sopra ha disgiunte dal suo caseggiato
maggiore varie piccole contrade, o sia grossi cassinaggi sparsi parte sul
pascolo comunale, e parte sulla riva del Brembo, i maggiori de' quali
sono la Capra e la Rasiga, a mezzodì della quale vedesi tuttavia
qualche reliquia di un ponte, che con due archi attraversava il Brembo,
e che chiamasi da quegli abitanti Ponte di Pilone”.
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