LA PALLAVOLO - Istituto Comprensivo di Noale
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LA PALLAVOLO - Istituto Comprensivo di Noale
LA PALLAVOLO PREMESSA. Il testo che segue (predisposto per gli alunni della S.M.S. “Pascoli” di Noale, oggi I.C.“Elisabetta ‘Betty’ Pierazzo”) è frutto di un lavoro di ricerca, di analisi e di confronto delle informazioni disponibili sulla pallavolo, soprattutto per quanto riguarda la fase pioneristica (dalla nascita alla costituzione della F.I.V.B.- Fédération Internationale de Volley Ball). Infatti nel web si trovano molte informazioni contraddittorie o storpiature e svarioni tipici della trasmissione per “copia e incolla”, per “passa-parola” e “per sentito dire”. Pertanto ho attinto le informazioni da fonti cartacee autorevoli e da siti web istituzionali (la F.I.V.B. in primis). L’elenco delle fonti consultate si trova a fine lavoro. Sarò comunque grato a chi mi segnalasse di aver rilevato informazioni discutibili o ritenesse opportune delle integrazioni. Prof. Andrea Levorato (dicembre 2015) PRESENTAZIONE La pallavolo è uno sport (gioco sportivo codificato) giocato con una palla da due squadre che si fronteggiano su un campo rettangolare (di 18 x 9 m) diviso a metà da una rete. Lo scopo del gioco – nel rispetto le regole, applicando varie strategie e in ogni caso facendo passare la palla sopra la rete – è quello di far ca dere la palla stessa nel campo avversario o di mettere in difficoltà gli avversari al punto che questi commettano de gli errori. La pallavolo è uno degli sport più praticati sia a livello scolastico che a livello agonistico: nel settore femminile è lo sport agonistico più praticato in Italia. Il nome internazionale della pallavolo è “volleyball” (esattamente come fu battezzata subito dopo le sue prime apparizioni), ma spesso viene abbreviato in “volley”. L’organismo istituzionale della pallavolo in Italia è la FIPAV (Federazione Italiana Palla A Volo); fondata nel 1946 la FIPAV è stata riconosciuta dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) nell’anno successivo, ma ne diventa membro effettivo solo nel 1955. L’organismo istituzionale internazionale del volley è la FIVB (Federation Internationale de VolleyBall) fondata a Parigi nel 1947. Il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) - che aveva accolto la pallavolo già nelle Olimpiadi del 1924 a Parigi, ma solo come disciplina dimostrativa la inserì ufficialmente nel programma olimpico nel 1957, ma le prime Olimpiadi nelle quali la pallavolo fu presente sono state quelle del 1964 in Giappone. Oltre alla pallavolo propriamente detta, si sono sperimentate delle varianti che – pur condividendo gran parte delle forme e delle regole con il gioco originario – nel corso del tempo si sono differenziate evolvendo - almeno in un caso - verso lo status di disciplina vera e propria e caratterizzandosi soprattutto per la particolarità degli ambienti in cui si attua: il caso è quello del “beach volley”, praticato sulla sabbia, in spiaggia o anche in altri spazi (aperti o chiusi), ma sempre su fondo sabbioso. QUALE PALLAVOLO? La pallavolo che si pratica oggi ha regole e strategie di gioco un po’ diverse da quelle di 20 anni fa e molto diverse da quelle delle origini; l’identità di fondo però si è mantenuta perché non sono cambiati lo scopo del gioco, le forme generali e la natura di gioco di squadra. Qualche esempio – di seguito - sui cambiamenti riguardanti il servizio (battuta). a- Secondo le regole originarie di William Morgan (ideatore della pallavolo, nel 1896) il giocatore al servizio aveva due tentativi a disposizione per inviare la palla nell’altro campo (come avviene ancora oggi nel tennis); inoltre nel servizio - e così pure durante il gioco – la palla non poteva toccare la rete. Oggi invece i tentativi di servizio sono unici e la battuta è valida anche se la palla tocca la rete, purché riesca a passare nel campo avverso. b- Dal 1994 la zona di servizio è estesa per tutti i 9 m oltre la linea di fondo; prima si batteva da una zona di 3 metri sul lato destro di ciascuna metà campo. Ma prima ancora la battuta veniva effettuata dall'interno di un apposito riquadro (vedi foto). Nell’immagine la palla è stata ridisegnata perché altrimenti invisibile sullo sfondo scuro c- Verso la fine degli anni ’70 i Russi applicarono il muro (ideato nel 1938 dai Cecoslovacchi) al servizio avversario, incaricando il giocatore centrale di intercettarlo. Ma nel 1984 la FIVB (Federation Internationale de Volley-Ball) lo vietò definendolo un gesto antisportivo, poiché impediva l’inizio del gioco. Si deve sapere poi che agli albori della sua storia - tra il 1896 e la prima metà del XX secolo, allorché si diffondeva a macchia di leopardo – la pallavolo veniva giocata in modo diverso nelle diverse zone del mondo, esattamente come da sempre accade con i giochi popolari (“palla-guerra”, “pallaprigioniera”, “bandiera”, ecc). Infatti in questi giochi, pur conservandosi l’idea di fondo, le regole vengono adattate, modulate, di comune accordo dai giocatori stessi a seconda degli spazi disponibili, del tipo e del numero di persone che vogliono giocare, degli attrezzi/strumenti di cui si dispone; perché lo scopo è quello di riuscire a giocare e di divertirsi insieme agli altri. Un gioco, solo quando raggiunge una grande diffusione e comincia ad assumere delle forme agonistiche (gare, campionati) tra praticanti anche di zone lontane tra loro, evidenzia la necessità di concordare regole rigide che valgano per i giocatori di tutte le provenienze e per tutte le organizzazioni nel mondo, altrimenti non sarebbero possibili gli incontri di carattere nazionale, continentale o mondiale. E infatti la pallavolo è arrivata ad avere una definizione precisa e riconosciuta in tutti i continenti solo nel 1947 con la costituzione a Parigi della FIBV (Federation internationale de Volley Ball) e con il primo Congresso Mondiale in cui vennero unificate le regole europee e quelle americane. Ciò permise di organizzare nel 1948 i primi Campionati Europei e nel 1949 il primo Campionato Mondiale. E tuttavia le nazioni asiatiche pallavolisticamente più importanti (Giappone e Filippine) aderirono alla FIBV solo nel 1951 e comunque continuando a manifestare perplessità sul sistema di gioco a 6 giocatori adottato dalla FIBV, visto che in Asia si era affermata la formula a 9. In quel periodo di “transizione” il Giappone giocava nel resto del mondo con sei giocatori, mentre a casa propria mantenne il sistema a nove fino al 1955, quando anche ai primi Giochi Asiatici affiancò al torneo ufficiale a 6 giocatori (vinto dall’India) un torneo parallelo a 9 (vinto appunto dal Giappone). Da allora – ma ora contemporaneamente per tutte le federazioni nazionali - le regole hanno continuato a cambiare, come è naturale che sia nell’evoluzione tecnica di un gioco, in conseguenza cioè del fatto che giocatori e allenatori cercano sempre nuove soluzioni e nuove strategie per superare gli avversari. Gli ultimi importanti cambiamenti sono stati quelli intervenuti dal 1998, con lo scopo di rendere il gioco più spettacolare e più definito nella durata delle partite, per adattarsi meglio ai tempi e alle caratteristiche della televisione; televisione, mezzo irrinunciabile per la promozione dello sport e per ottenere le sempre più indispensabili sponsorizzazioni. Quindi c’è da chiedersi: nel prossimo futuro quale pallavolo vedremo e giocheremo? PRIMA DELLA PALLAVOLO La pallavolo, come è accaduto per molti altri sport, non è stata inventata “da zero”, ma rappresenta l’evoluzione di giochi più o meno simili praticati fin dall’antichità e con mille varianti. - Nell'antico Egitto i giochi con la palla rinviata da una squadra all’altra – seppur praticati anche dai bambini – avevano per gli adulti e nelle grandi occasioni uno sfondo e un rituale religioso; così pure nel Centro-America pre-colombiano dove tali riti erano spesso accompagnati da sacrifici umani. - I Romani e i Greci invece praticavano i giochi con la palla come passatempo o come competizione, anche in forme professionistiche. I Romani praticavano vari giochi con la palla sia in un ambiente chiuso (sferisterio) situato all’interno delle terme, sia nelle ville private: quelli che sembrano avvicinarsi di più all’idea della pallavolo era il “follis” (e “folliculus”, piccola palla), nel quale si usava una palla fatta di pelle conciata che conteneva una vescica d’animale riempita d’aria, e la “pila paganica” (palla campestre, giocata appunto in campagna) in cui la palla era riempita di piume. Non sono giunte a noi le descrizioni delle regole, ma da varie raffigurazioni si deduce che la palla veniva colpita con le braccia e con le mani aperte a palmo rivolto verso l'alto. Ci sono poi notizie di un altro gioco chiamato “trigon” che nelle forme rappresentate ricorda quello che oggi – nell’ambito della pallavolo – viene chiamato “schiacciasette”. Claudio Galeno da Pergamo (importante figura della medicina greca e romana, nonché medico degli imperatori Marco Aurelio e Commodo) consigliava ai ragazzi il gioco della “piccola palla”, perché semplice e allenante il corpo intero senza affaticarlo, diversamente da altri giochi più duri e portatori di infortuni (come l’”harpastum”=palla strappata, una sorta di rugby). - Nel 1555 il monaco Antonio Scaino scrisse e pubblicò a Venezia il "Trattato del giuoco della palla", nel quale descrisse i gioAffresco tombale a Roma: chi con la palla esistenti in Italia a quell'epoca e spiegandoli ne 1° secolo d.C. fece una prima regolamentazione. Nelle pagine di questo importante documento (conservato con due originali nel museo di Wimbledon-Londra e nel Museo Calcio Antico di Firenze), diversi giochi e sport attuali ritrovano i propri antenati. La nostra pallavolo trova una parentela nella “pallacorda”: il nome deriva dal fatto che origina-riamente la palla - lanciata con una mano nel campo avversario - doveva superare una corda tesa a metà campo a mo’ di rete. Praticato in Italia fin dal XIII secolo (forse come evoluzione del “follis” latino) e in Francia (con il nome di “jeu de paume”=gioco del palmo della mano) la pallacorda si diffuse in tutta Europa, diventando oggetto di tornei seguiti da gran pubblico e consentendo a molti giocatori di diventare professionisti. Nel corso del tempo il gioco assunse localmente regole e forme diverse: in Italia si trasformò nel "giuoco del ballon" che spopolò dal ‘500 fino alla fine dell’Ottocento. Questi giochi poi persero gradualmente interesse e praticanti (o li mantennero localmente, ma comunque trasformandosi), fino ad essere rimpiazzati dalle prime forme degli sport moderni provenienti dall’area anglosassone (calcio e rugby soprattutto, ma poi anche pallacanestro e, appunto, la pallavolo). Nel “giuoco del ballon" 3 o 4 giocatori si affrontavano in un campo lungo fino a 90 x 20 m, diviso a metà; il pallone, pesante anche un chilo, veniva battuto e ribattuto dai giocatori per farlo rimbalzare due volte sul ter reno degli avversari o per indurre questi a sbagliare la ribattuta. Nel corso del tempo – nelle corti e nelle zone cittadine, allo scopo di proteggersi dall’impatto con la palla – si diffuse l’uso di un bracciale fatto di legno (munito anche di tante piccole punte per dare effetti rotatori alla palla); il gioco così modificò forme e nome (“pallone col bracciale”). Nelle zone rurali invece continuò la tradizione del gioco a mani nude. Questo gioco come già detto fu diffusissimo e prese forme e nomi leggermente diversi nelle diverse zone d’Europa (Pelota in Spagna, Faustball in Germania, ecc.) e in alcuni casi la palla veniva rilanciata con attrezzi anziché a mani nude o col bracciale, portando allo sviluppo di giochi e sport che oggi conosciamo come tennis, baseball, ecc. “Giuoco del ballon” Affresco del XVI secolo sito nel Castello - In Francia nel seicento si erano diffuse varie forme del “giuoco del ballon”. Tra i nobili degli Estensi a Ferrara alla corte del Re Sole e tra la borghesia ne veniva praticata una probabilmente più vicina al “follis” dei Romani: il gioco, il cui scopo era quello di non fare cadere la palla a terra, era chiamato “minonette” (da minon = micio) perché caratterizzato da movimenti rapidi e coordinati, come quelli dei gatti rizzati su due zampe per afferrare qualcosa. E’ a questo gioco che si ispirò William Morgan nell’ideazione della pallavolo. STORIA DELLA PALLAVOLO (dalle origini alla costituzione della F.I.V.B.) La pallavolo nasce ufficialmente il 6 febbraio 1896 con il nome di “minonette” ad opera di William Morgan, insegnante e “responsabile” di Educazione Fisica nel college dell'YMCA (Young Men's Christian Association; vedi sotto la scheda di approfondimento) di Holyoke, nel Massachusetts. In quella data infatti Morgan presentò il nuovo gioco ad un convegno di tutti i Responsabili di Ed. Fisica degli istituti YMCA americani, che si tenne presso il college (allora si chiamava Training School) YMCA di Springfield (città a 12 km da Holyoke. Puoi vedere le due località attuali con Google Earth). Fu il dott. Luther Hasley Gulick, responsabile del corso di formazione in educazione fisica all’YMCA di Springfield (ma anche Direttore Esecutivo del Comitato Internazionale della YMCA per l’educazione fisica) ad invitare Morgan a presentare la sua “creatura”; lo stesso dott. Gulick che qualche anno prima, aveva incaricato il prof. James Naismith - del college di Springfield - di ideare un nuovo gioco per gli studenti, da svolgere al chiuso nei lunghi mesi invernali. E Naismith aveva inventato, nel 1891, il basket. Morgan aveva conosciuto Naismith – nel 1892 da studente - proprio a Springfield. Nato nel 1870 a Lockport Diverse fonti (testi e anche articoli/schede reperibili nel web) indicano date diverse per la (Stato di New York) e morto nascita della pallavolo: per alcuni l’anno è il 1894, per altri la data è il 6 (o anche il 9) febbraio a Lockport nel 1942. Una scuola elementare a 1895 o 1896; c’é anche una versione 7 luglio 1896. In ogni caso la realtà documentata è che: Holyoke, la “William Morgan a- dopo la laurea a Springfield e un periodo di lavoro in un istituto Ymca del Maine, Morgan School”, porta il suo nome si trasferì al Ymca di Holyoke (Massachusetts) durante l'estate del 1895. (puoi trovarla con Google b-A seguito della prima dimostrazione pubblica – al convegno Ymca di Springfield fu costituita Earth e vederla con la una commissione per aggiustare alcuni aspetti del gioco e per sviluppare un progetto di diffufunzione “Street View”). sione del gioco in tutti gli istituti dell’YMCA; questa commissione dopo la pubblicazione (già nel 1896) di un primo sintetico regolamento nella rivista "Phisical Education", giunse nell’anno seguente (1897) una più precisa definizione del gioco nel "Manuale Ufficiale della YMCA (Young Men's Christian Association) Lega Atletica delle Associazioni Cristiane dei Giovani del Nord America". In quest’ultimo La YMCA fu fondata a Londra nel 1844, come associaziodocumento viene chiaramente indicato come ne di tutela e di carattere educativo da George Williams e altri undici giovani, ispirati dai valori della religiosità e molto preoccupati momento di ideazione del gioco l’inverno tra il per la mancanza in città di attività e di occasioni salutari (sia dal punto di vista fisico 1895 e il 1896 (vedi allegato 1) che spirituale) per i tanti giovani che arrivavano dalle campagne in seguito alle trasformazioni indotte dalla Rivoluzione Industriale; quei giovani infatti venivano sfruttati sul lavoro e poi finivano per passare il tempo libero prevalentemente nei bordelli o nel le bettole dei sobborghi. La YMCA si adoperò per fornire loro supporto morale, istruzione ai valori spirituali e tante occasioni di attività fisica più o meno organizzata. L’attività dell’associazione si espanse e pochi anni dopo furono fondate nuove sedi YMCA in Australia (1850), in America del Nord (1851) e in Italia (1851 in Piemonte); alla fine del secolo la YMCA aveva sedi anche in America Centrale e Meridionale, e in seguito anche in Asia (soprattutto Filippine e Giappone). Nel corso del tempo l’YMCA articolò ulteriormente la propria attività passando, da ente genericamente educativo e caritatevole, a organizzazione impegnata anche nell’istruzione e nella formazione professionale (pur sempre ispirate ad una educazione cristiana), costituendo le basi di alcune attuali blasonate università private. Le varie sedi sparse per il mondo operavano secondo modalità e strategie condivise, concordate attraverso i frequenti convegni tra direttori, docenti e istruttori delle diverse sedi. Nei centri YMCA l’educazione fisica e lo sport avevano un ruolo importantissimo per incanalare le energie dei giovani e per educare ai valori importanti nella vita. La diffusione nel mondo della pallavolo e della pallacanestro (ideati da docenti YMCA) è avvenuta inizialmente grazie alla stretta rete di rapporti, di questa organizzazione educativa. Nel 1946 L’YMCA è stata insignita del premio Nobel per la Pace per i programmi di assistenza ai prigionieri e ai rifugiati attuati durante le due Guerre Mondiati. Oggi in molti casi le sedi YMCA sono quasi solo una comunità di centri sportivi, senza più evidenti legami con l’ispirazione religiosa delle origini. La confusione sulle date di nascita della pallavolo è dovuta anche al fatto che Morgan stava lavorando da circa due anni al progetto di un nuovo gioco da proporre agli studenti, sia per arricchire e diversificare il programma didattico, sia per mantenere la loro prepa razione fisica al chiuso nella stagio ne invernale, lunga e rigida in tutto il New England. Come già detto, partendo dalle stesse necessità di Morgan, pochi anni prima (1891) proprio nella Trai ning School YMCA di Springfield, il prof. James Naismith aveva inventato il basket. E lo stesso Morgan – dopo aver scartato il tennis, per l’eccesso di attrezzatura/spazi richiesti rispetto al ridotto numero di giovani che poteva impegnare contempora- neamente – aveva provato ad utilizzare per i propri scopi il neonato basket. L’esperimento però non aveva soddisfatto né lui né i suoi allievi: secondo la loro opinione c’erano troppe regole e troppo diverse erano le interpretazioni nella loro applicazione. Ma soprattutto agli occhi di Morgan il basket appariva un gioco troppo duro e rude per i suoi studenti, che erano più avanti degli altri con gli anni e da trattare con un certo riguardo in quanto avviati alla car riera di uomini d’affari: per loro era opportuno ideare un’attività fisica certamente dinamica, ma comunque con basso contatto fisico. Il prof. Naismith con una palla ed un primo rudimentale canestro Così si arrivò a quel 6 febbraio 1896 in cui Morgan presentò ai colleghi la sua “minonette”, definendola “un gioco progettato per palestre o sale da esercizio fisico, ma che potrebbe anche essere giocato all'aperto. Un numero illimitato di giocatori possono partecipare, l'obiettivo del gioco è quello di tenere la palla in movimento sopra una alta rete (inviandola) da una parte all'altra”. 1895, Holyoke YMCA William Morgan - primo a sinistra, nella seconda fila – con una squadra di suoi studenti Morgan raccontava ai colleghi: "Alla ricerca di un gioco che facesse al caso mio, mi venne in mente il tennis, ma questo richiede racchette, palline, l’impianto per la rete ecc, quindi è stato eliminato; ma l'idea di una rete sembrava un buon compromesso. Noi l’abbiamo portata ad un'altezza di circa 6 piedi e 6 pollici da terra (1,98 metri), appena sopra la testa di un uomo medio. Avevamo bisogno di una palla e tra quelle che abbiamo provato c’è stata la vescica (camera d’aria) del pallone da basket, ma questa era troppo leggera e troppo lenta. Abbiamo quindi provato con il pallone da basket, che si dimostrò troppo grande e troppo pesante ". Cosicché Morgan si era rivolto alla ditta AG Spalding & Bros, con sede vicino a Springfield, che realizzò la palla richiesta. Il risultato fu soddisfacente: la palla, con una camera d’aria interna, era rivestita in pelle; aveva la circonferenza intorno ai 65-67 cm e il peso in torno ai 280 g. La Spalding cominciò a produrre la palla ufficiale da pallavolo un po’ più tardi, nel 1900, quando il gioco cominciò a diffondersi, ma già quella prima palla era molto simile a quelle attuali. La ditta A.G. Spalding & Bros a cui si rivolse Morgan è la stessa Spalding che esiste oggi e che ai tempi di Morgan sperimentatore del volley - era già azienda leader nella produzione di attrezzature e abbigliamento per il baseball, e aveva già dei propri “Shop Spalding” nelle città più importanti del Nord America. Ma lo spirito imprenditoriale di Albert Goodwill Spalding fondatore della ditta oltre che atleta di vertice del baseball statunitense - si era diretto a ricercare l’eccellenza tecnica e l’innovazione anche nell’equipaggiamento di altri sport: tra il 1880 e il 1898 la Spalding Company crea i primi esemplari di palla da tennis, da football e da golf negli Stati Uniti, e firma la prima palla da basket in assoluto nel mondo. Con la richiesta di Morgan, era infine il turno della prima palla da pallavolo. Immagini dall’archivio storico della AG Spalding & Bros: si riferiscono a prodotti di inizio XX secolo La “Minonette” (da “minon”, micio) era un gioco con la palla, spinta con le mani, praticato da nobili e dame due secoli prima in Francia, a cui Morgan si ispi rò ma che ora egli presentava con alcune innovazioni (vedi la descrizione completa del gioco nell’allegato 1) rispetto al gioco d’origine (prima fra tutte il fatto che la palla doveva essere respinta “al volo”, senza alcun rimbalzo al suolo), e con marcate differenze rispetto ai giochi più praticati all’epoca nei college (il baseball, il rugby e il football): soprattutto non prevedeva il contatto fisico tra i partecipanti e privilegiava la prontezza dei riflessi e l'agilità, la capacità di concentrazione e la destrezza, piuttosto che l’irruenza e la forza. La “minonette” perciò apparve da subito adatta a giovani agili, con una buona elevazione e una buona coordinazione, piuttosto che a quelli massicci e pesanti maggiormente presenti tra gli studenti sportivi dei college statunitensi. La presentazione suscitò poco entusiasmo negli astanti e anche qualche perplessità, sia per le modeste capacità comunicative di Morgan, sia per la scar- rispondenza fisica dei giocatori utilizzati nella dimostrazione alle caratteristiche del gioco (erano rugbisti e lottatori). Non ultimo, il nome “minonette” fu ritenuto poco accattivante, troppo femminile: un collega di Morgan docente a Springfield, il prof Alfred Halstead, osservando che il gioco era ba sato sulla respinta della palla al volo, senza rimbalzo - analogamente all’azione di “volée” del tennis - gli propose, e ottenne il consenso, di modificare il nome in “volley-ball” (=palla colpita al volo). Comunque – come già detto poco più su - venne formata una commissione con il compito di studiare meglio la formula del gioco e le regole, e di redigere un progetto per la diffusione del gioco ne gli altri istituti Ymca. La commissione arrivò nello stesso 1896 a redigere una precisa definizione del regolamento e a pubblicarla nel 1897 nel "Manuale Ufficiale della Lega Atletica delle Associazioni Cristiane dei Giovani del Nord America" (vedi l’allegato 1). Questo documento sancì l’inizio dello sviluppo della pallavolo distintamente dalla figura del suo ideatore, che non si dimostrò mai geloso della sua creatura e lavorò ancora (insieme ad altri) all’affinamento del gioco e alle regole. Morgan, dopo alcuni anni di insegnamento presso vari college dell’ YMCA in Nord America, nel 1910 tornò a Lockport, lasciando l’insegnamento e lavorando nel settore commerciale per grosse imprese di tecnologie e servizi come la General Electric. Da questo momento iniziò per la pallavolo un lungo percorso di graduale diffusione che l’ha portata ad essere – oggi – uno degli sport più praticati al mondo. Un percorso che però in principio fu difficoltoso per la scarsa accoglienza ricevuta nel Paese d’origine, e anche per l’evoluzione non sempre lineare - nei diversi Paesi - della tecnica e dei regolamenti di gioco. Circostanza – quest’ultima – che però alla lunga ha giovato alla pallavolo. Infatti – soprattutto nel periodo pionieristico – la pallavolo fu proposta all’interno della rete di istituti YMCA distribuiti nel mondo intero e promossa da diverse figure di docenti e “direttori” di educazione fisica: queste figure da un lato hanno dovuto/voluto adattare il gioco (regole, strategie) alle caratteristiche dei contesti in cui operavano, dall’altro hanno saputo recepire e valorizzare le differenti soluzioni/innovazioni prodottesi spontaneamente nei campi di gioco sparsi nel mondo, arricchendo sempre più il gioco stesso; soluzioni/innovazioni che - confluendo nel tempo in un sistema di regole e strategie sempre più condiviso (fino alla costituzione della FIVB) - hanno contribuito a rendere il gioco sempre più tecnico e spettacolare. Dicevo degli esordi difficoltosi. Negli Stati Uniti, dove era nata, la pallavolo stentava a diffondersi (sia dentro che fuori dai centri Ymca) perché tra i giovani prevaleva l’interesse e la passione per gli sport di contatto fisico (virili e combattivi) e per il baseball; il volley attecchiva più facilmente a livello femminile nei meno numerosi centri YWCA riservati alle ragazze. L’azione promotrice di Alfred Halstead, e del suo college di Springfield, riuscì a diffondere gradualmente la pallavolo nel Massachussets, poi in tutto il New England e di lì in Canada (siamo nel 1900). Ma nel resto degli Stati Uniti il gioco non “prendeva”. N.B. La palla è stata evidenziata rispetto allo sfondo scuro Paradossalmente la pallavolo si diffuse più facilmente in altre parti del mondo, sempre a partire dai centri YMCA che di norma si istituivano in quelle zone seguendo l’espansione politica, commerciale e militare degli Stati Uniti: a- Il nuovo gioco arrivò presto in America Centrale e Meridionale (prima a Cuba – protettorato americano dopo la guerra ispano-americana del 1898 - e PortoRico, poi in Messico, Perù, Brasile, Uruguay, Argentina) dove trovò un terreno fertilissimo, uscì dagli istituti Ymca per diffondersi anche tra i giovani delle città circostanti: si ebbe un fiorire di iniziative con l’allestimento di numerosi campi da gioco, con la costituzione di squadre e con l’organizzazione di piccoli campionati locali. b- Allo stesso modo il gioco si diffuse in Estremo Oriente: approdò in Cina nel 1906 grazie all’ope ra degli insegnanti di ed. fisica Ymca (Exner e Crockner); in Giappone arrivò nel 1908 grazie a Franklin Brown, mentre nelle Filippine fu introdotta nel 1910 da Elwood Brown all'Ymca di Manila. Elwood Brown fu una figura cardine per lo sviluppo del gioco in Oriente, favorendo modi e regole “locali” che poi influenzarono fortemente il corso successivo di tutta la pallavolo. In quell’area geografica il successo fu da subito notevole perché le caratteristiche fisiche degli asiatici (rapidi e agili) erano particolarmente adatte alle qualità tecnico-atletiche esaltate dal volley (coordinazione, destrezza, rapidità esecutiva ed “esplosività”). Prese forma così in Estremo Oriente una pallavolo veloce ed acrobatica, nella quale apparve per la prima volta il gesto della “schiacciata” (ideata appunto nelle Filippine) e giocata “secondo le regole di Brown” (o “all’orientale”), diverse talvolta da quelle codificate nel documento YMCA del 1897 e praticate in America (ad esempio, Brown aveva stabilito in 3 il numero massimo tocchi concessi ad una squadra per respingere la palla oltre la rete, mentre in America inizialmente il numero di tocchi concessi era illimitato, e in seguito variò da 4 a 6, a seconda delle località: in America l’adeguamento ai 3 tocchi avverrà solo nel 1922. Brown inoltre fissò a 16 il numero di giocatori per squadra per favorire la più ampia partecipazione e ovviamente adeguando proporzionalmente le misure del campo. Nelle Filippine Elwood Brown utilizzò la pallavo lo anche come strumento di integrazione tra la gioSoldati americani in una base nelle Filippine ventù locale e i soldati statunitensi di stanza nelle ba si militari, incoraggiando la sostituzione delle abituali sfide di football americano con partite di volley, nelle quali finalmente gli asiatici poterono ottenere la rivincita sui robusti soldati americani. La “consacrazione” della pallavolo fu la sua inclusione nel programma dei “Giochi dell’EstremoOriente” organizzati a Manila nel 1913. La presenza militare americana nell’arcipelago filippino iniziò nel 1898 subentrando alla dominazione spagnola. La Spagna infatti – a partire dal primo sbarco di Ferdinando Magellano sull’isola di Cebu nel 1521 – aveva gradualmente annesso ai propri domini quasi tutto l’arcipelago, al quale attribui il nome di “Filippine” in onore di Filippo II, re di Spagna. Verso la fine del XIX secolo il dominio spagnolo sulle Filippine era compromesso già da tempo e ora le forti rivenicazioni di indipendenza di parte della popolazione locale erano sfociate nella rivoluzione (1896). Ma soprattutto, la Spagna entrò in guerra nel 1898 contro gli Stati Uniti che avevano forti interessi su Cuba (anche questa colonia spagnola) e che sostenevano apertamente le richieste di indipendenza dei dissidenti cubani. La guerra - durata pochi mesi - vide la sconfitta della Spagna che dovette concedere l’indipendenza a Cuba con la presenza di un protettorato americano e – questo interessa a noi - concesse anche l’occupazione americana di Manila, capitale e cuore commerciale delle Filippine. Non solo: alla fine del 1898 – con il trattato di Parigi – gli americani ottennero addirittura il controllo su tutto l’arcipelago. I Filippini, che intanto ( giugno 1898 ) avevano proclamato l’indipendenza e costituito la Repubblica, non riconobbero quel trattato e considerando gli americani invasori dichiararono loro guerra. La guerra si concluse ufficialmente nel 1902, con l’ammissione della sconfitta da parte dei principali leader filippini, ma gli scontri continuarono fino al 1913. La dominazione americana pose forti limiti al governo locale: solo intorno al 1935 concesse la promulgazione di una prima costituzione e l’elezione di un primo presidente della repubblica. L’indipendenza reale arrivò però solo il 4 luglio 1946 con la rinuncia formale degli Stati Uniti alla sovranità sulle Filippine. Torniamo agli Stati Uniti: nei primi anni del ‘900 la pallavolo si diffondeva e cresceva ancora lentamente, ma nel 1916 ci fu una svolta decisiva: l’Ymca raggiunse un’intesa con il potente organismo sportivo universitario NCAA (National Collegiate Athletic Association) per propagandare la conoscenza del gioco tra gli studenti di tutte le università (non solo Ymca). Maryland 1911: Dipendenti YMCA prendono confidenza con il nuovo gioco. Così sul n° 364 dello “Spalding's Athletic Library” (vedi pagina successiva) vennero pubblicati alcuni articoli sulla pallavolo e le nuove regole di gioco, a cura del Dr. George J.Fisher, responsabile militare per i Centri YMCA). In uno degli articoli di questa pubblicazione (a firma di Robert Cubbon), l’autore scriveva che il numero di praticanti aveva raggiunto un totale di 200.000 persone, delle quali: 70.000 ragazzi, giovani e adulti conteggiati negli istituti YMCA, 50.000 ragazze e donne negli istituti femminili YWCA, 35.000 ragazzi, ragazze e giovani nelle altre scuole. Oltre alle scuole la diffusione cominciava anche tra le forze armate: infatti lo stesso George J.Fisher propose e ottenne l’inseri mento della pallavolo nei programmi di addestramento fisico e ricreativi dell'armata statunitense in partenza per l’Europa (Prima Guerra Mondiale); inoltre l’Ymca inviò al seguito dei soldati in Europa 300 preparatori fisici e ottenne dalla Spalding & Brothers la fornitura di ben 16.000 palloni da volley. Le regole di Fisher - il campo di gioco prende le misure di m 18,30x10,57* (prima era di 15,24 x 7,62 m e comunque con la possibilità di modificarle in funzione degli spazi disponibili e del numero di giocatori); - la rete è posta ad un'altezza di 2,40 m dal suolo (inizialmente Morgan l’aveva posta a m 1,98; nel 1900 era posta a 2,13 m, nel 1912 era salita a 2,28 m) - le squadre sono composte da 6 giocatori con possibilità di sostituzioni; - è introdotto il termine "ordine di servizio"; poi denominato "rotazione" dei giocatori in campo; - ogni set si svolge al limite dei 15 punti (nei primissimi anni la durata di ogni set dipendeva dal numero dei servizi che corrispondevano al numero dei giocatori; dal 1900 la fine del set era stata fissata al 21° punto); - le gare si giocano al meglio dei 2 set su 3; - sorteggio iniziale per la scelta del servizio o del campo; - il primo servizio nei set successivi al primo, è eseguito dalla squadra perdente il set precedente; - l'unico arbitro svolge anche le funzioni di segnapunti; - due giudici di linea, oltre a segnalare la palla fuori o dentro, controllano l'ordine di rotazione *la presenza dei decimali dipende dall’equivalenza con le unità di misura americane (piedi) 1916- n° 364 dello “Spalding's Athletic Library” dedicato al volley a cura dell’YMCA d’intesa con la NCAA (nuovo regolamento unificato). Come si vede, non si parla del numero massimo di tocchi per squadra, che verrà portato a 3 (come in oriente) solo nel 1922 e persiste (come prima) la conquista del punto solo quando si è in turno di battuta: regola che rimarrà in vigore in tutto il mondo fino al 1998. Il nuovo regolamento del 1916 consisteva in una rivisitazione e semplificazione delle regole pre cedenti: in alcuni casi si trattava di vere e proprie innovazioni, in altri si ufficializzavano come valide per tutti alcune modalità sperimentate da tempo in località diverse. Le nuove regole, seppur valide solo per gli americani - visto che in altre parti del mondo permanevano differenze - rappresentavano però già un notevole passo avanti verso una maggiore uniformità nel gioco. E infatti con queste regole si giunse nel 1922 (a Brooklyn – New York) a poter disputare il primo campionato nazionale YMCA con la presenza di 27 squadre in rappresentanza di 11 stati dell’Unione. Ma soprattutto si giunse nel 1928 alla costituzione di un organismo nazionale, la USVBA (United States Volleyball Association, oggi “USA Volleyball”) che andava finalmente a rappresentare tutte le realtà della pallavolo statunitense, superando l’organizzazione YMCA che finora era stata madre, culla e svezzatrice del gioco. E in quello stesso anno infatti si svolse il primo “U.S. Open” con la partecipazione di squadre YMCA insieme a squadre non-YMCA. Comunque, in tutto il periodo tra le due guerre mondiali (e anche dopo), negli USA la pallavolo veniva ancora considerata uno sport adatto più alle donne che ai maschi, per il minore dinamismo e per la mancanza del contatto fisico. Come oggi – oltre al baseball - negli USA primeggiavano sport come il football americano, la boxe e il basket per lo spirito di combattimento e di virilità. Si pensi che nel 1933 negli USA venne pubblicato il primo libro interamente dedicato alla pallavolo: il suo titolo “Volleyball: a man’s game” evidenzia una certa vis polemica e fa intuire quale doveva essere la considerazione sulla pallavolo da parte dell’opinione pubblica e del mondo sportivo in generale. Gli americani non amarono mai fino in fondo il volley fino a quando, negli an ni ’80, la nazionale USA giunse finalmente a grandi vittorie in campo internazio nale (Olimpiadi di Los Angeles 1984 e Seoul 1988 e i Campionati Mondiali del 1986). Tutto ciò grazie al contributo determinante di alcuni grandi giocatori (Stark, Timmons e soprattutto Karch Kiraly) divenuti veri e propri “miti”, non solo per la pallavolo, ma anche per tutto lo sport americano. Anche oggi gli USA sono tra le nazioni più forti al mondo, sia nel settore maschile che in quello femminile. E IN EUROPA? Per quanto riguarda l’Europa, la pallavolo compare per la prima volta nel 1914 in Inghilterra (notizia fornita da Benito Montesi - importante tecnico e dirigente della FIPAV – senza peraltro aggiungere nessun dettaglio; è comunque plausibile che i frequenti contatti e scambi tra USA e Inghilterra abbiano riguardato, nell’ambito dello sport, anche la pallavolo). Ciò che è sicuro è che nel Vecchio Continente il volley arriva durante la Prima Guerra Mon diale, portata dai soldati americani, insieme ad altri giochi, alle loro canzoni, alla loro cultura. Va ricordato che le attività sportive e agonistiche facevano parte della preparazione dei militari americani, tanto in patria che in missione esterna, e che durante la Prima Guerra Mondiale l’annuale incontro di football tra la squadra della Marina e quella dell’Esercito superò per interesse quello classico tra le università di Hale e Harvard. Per quanto riguarda la pallavolo, si deve anche ricordare la fornitura da parte della Spalding di 16.000 palloni per l’Esercito impegnato in Europa. Le prime reti da gioco furono quindi appese lungo le coste della Bretagna e della Normandia dopo lo sbarco in Francia, e l’avanzata degli americani in altre aree europee - con le dimostrazioni del gioco nelle partite svolte nei periodi di pausa lontani dal fronte – gettò i semi per una ampia diffusione. Anche l’inclusione nelle Olimpiadi del 1924 di Parigi – seppure solamente a titolo dimostrativo, insieme agli altri sport americani – contribuì allo scopo. Così nel periodo tra le due guerre mondiali, nel contesto sportivo europeo dominato per popolarità dal calcio e dal ciclismo, la pallavolo cominciò a mettere radici in ogni nazione, ma in particolar modo nei paesi dell’Europa Orientale, anche a causa del clima rigido che favoriva la pratica degli sport al chiuso. Così, mentre in gran parte dell’Europa Occidentale il modo di giocare si attestò – dal punto di vista tecnico – su modalità definibili puramente “ricreative/oratoriali”, in Cecoslovacchia, Bulgaria, Polonia, Romania e soprattutto in Russia, l’approccio fu invece di tipo “tecnico-scientifico”, cosa che avrebbe portato queste nazioni ai massimi livelli agonistici internazionali nel giro di pochi anni. Sono infatti queste nazioni a svolgere per prime I campionati nazionali (1922 in Cecoslovacchia, 1929 in Polonia, 1932 in Unione Sovietica) e soprattutto nasceranno qui le cosidette “scuole”, che raggiunsero i massimi risultati negli anni del 2° dopoguerra: a- La “scuola cecoslovacca”, basata sulla forza dei suoi schiacciatori e su uno studio biomeccanico del movimento applicato alla pallavolo, porterà notevoli innovazioni tecniche: a Praga e dintorni infatti nasceranno il “muro” nel 1938 e poi il “bagher” (lett. “scavatrice”) nel 1958, che è tuttora considerato forse la più grande innovazione tecnica nella storia di questo sport, in quanto cambiò completamente i metodi di ricezione del servizio e di difesa in genere. b- La scuola russa si sviluppò e si affermò basandosi invece sull’elevata preparazione tecnica in tutti i gesti fondamentali, cosa che consentiva di sfruttare al meglio le varie e grandi qualità fisiche presenti nelle diverse razze presenti sul territorio sovietico, dalle quali provenivano i diversi giocatori. 1938 La Cecoslovacchia adotta il fondamentale del "muro" per contrastare le azioni d'attacco avversarie. Resta, comunque, il divieto di toccare la palla che si trova nello spazio opposto. Questo approccio tecnico-metodologico permise a Russia e Cecoslovacchia di primeggiare per molti anni a livello internazionale, a partire dalle primissime edizioni dei campionati mondiali (1949 per i maschi, 1952 per le femmine), trainando nelle posizioni immediatamente succes sive anche le altre nazionali dell’Est Europa (Polonia, Roma nia, Bulgaria). Da ricordare che contemporaneamente a queste due scuole europee, esisteva - dall’altra parte del mondo - la “scuola giapponese”, che in Asia perpetuava – sviluppandola - la tradizione della pallavolo veloce, acrobatica e spettacolare inaugurata ai tempi di Elwood Brown. Quando – nel secondo dopoguerra - si giunse agli eventi pallavolistici di carattere mondiale (come già detto, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso), il pubblico di tutto il mondo conobbe e apprezzò molto queste caratteristiche di gioco, che permisero alle nazionali maschile e femminile del Giappone di posizionarsi tra le migliori al mondo negli anni compresi tra il 1960 e il 1980 ( Durante le Olimpiadi del 1972 di Monaco – poi vinte – il pubblico tributò 12 min. di applausi agli strepitori giocatori giapponesi vincitori della semifinale con la Bulgaria) Verso una pallavolo unica e universalmente condivisa. Va ricordato che tra le due guerre mondiali: - nonostante il crescere di attività pallavolistica nelle varie nazioni e la nascita di molte Federazioni Nazionali; - nonostante i sempre più frequenti incontri internazionali (seppure tra nazioni limitrofe per la geografia e per le regole di gioco); - nonostante i progressivi passi verso una maggiore uniformità nelle modalità e nelle regole, permangono ancora importanti differenze di gioco nel mondo. Delle specificità dell’Estremo Oriente si è già detto e qui basta ricordare che, se gli USA avevano accolto e fatta propria nel 1922 la regola “orientale” dei 3 tocchi, il Giappone (motore della pallavolo orientale) non si uniformò alla regola americana del numero di giocatori in campo fino al 1955 (dai 16 giocatori dei tempi di Brown, era passato ai 12 nel 1921 e poi ai 9 – ma senza rotazione delle posizioni – nel 1924). Anche l’Europa - che aveva ricevuto la pallavolo dagli USA e quindi con il corpus di regole americane – dal momento in cui cominciò a sviluppare un gioco tecnicamente più evoluto, con nuovi gesti e nuove strategie, creò nuovi scenari regolamentari differenti da quelli americani. Solo con la costituzione della Fédération Internationale de Volley Ball (FIVB) nel 1947 e l’adesione ad essa da parte di quasi tutte le federazioni nazionali si ebbe un avanzamento decisivo verso una definizione condivisa e universale del gioco della pallavolo e del suo corpus di regole: nel 1947 infatti vennero unificate le regole europee e americane. L’ulteriore passo definitivo si ebbe nel 1951 con l’adesione alla FIVB da parte del Giappone e delle Filippine (seppure queste nazioni mantennero in patria fino 1955 le proprie vecchie regole sul numero di giocatori in campo). Successivamente la pallavolo e le sue regole cambiarono ancora, ma - da quel momento – cambiarono per tutti i contesti e per tutte le nazioni, manifestando un’identità unica e condivisa. E IN ITALIA? In Italia, i primi contatti con la pallavolo – come per il resto dell’Europa – sono legati ai tragici eventi della 1a Guerra Mondiale e all’arrivo dei soldati americani. In particolare, la prima apparizione sulla scena italiana è dovuta ai piloti di stanza nella base di idrovolanti del porto-canale (Porto Corsini) di Ra venna; piloti che, nei momenti di pausa si impegnano in partite tra di loro, dando così dimostrazione del gioco. I soldati italiani incontrano la pallavolo anche in altri contatti con i militari americani, che in Francia e su altri fronti sono comunque impegnati nei programmi di attività fisico-sportive e ricreative della propria armata. Un’opera divulgativa iniziale - in ambito militare e non – in Italia - va poi attribuita a Guido Graziani (vedi scheda alla pagina seguente), un nostro connazionale laureatosi in educazione fisica all’Ymca di Springfield nel 1922. Graziani durante la guerra – da studente – tornò in Italia prodigandosi per la diffusione degli sport americani da lui conosciuti e praticati (seppure con una documentata maggiore intensità d’azione a favore del baseball e del basket). In ambito militare, durante il conflitto, Graziani fu incaricato di insegnare “sport” nelle Forze Armate, dove profuse la sua conoscenza di quegli sport (pallavolo compresa), mentre per quanto riguarda l’ambito civile – agendo all’interno del centro YMCA di Roma (che contribuì a fondare nel 1919) - operò da divulgatore, allenatore e organizzatore di eventi con l’intento di portare alla ribalta le novità sportive americane. Ripartito per gli Stati Uniti e conseguita la laurea a Springfield, tornò definitivamente in Italia nel 1923 continuando - come uomo YMCA - la sua missione al servizio dello sport americano e dei giovani dell’associazione lasciando tracce nel basket e soprattutto nel baseball. Guido Graziani Sono diverse le fonti autorevoli che parlano di Guido Graziani a proposito del suo impegno diffuso per far conoscere in italia gli sport americani, dei quali egli aveva un’esperienza diretta (vedi qui sotto il manifesto della Giornata di Giochi Americani organizzata con l’YMCA di Roma il 13 giugno 1919).; i suoi sforzi particolari sono tuttavia ricordati ovunque a favore della diffusione del baseballsoftball e del basket, dei quali è considerato uno dei pionieri in Italia. Infatti dalla FIBS è riconosciuto co-fondatore (con Mario Ottini ri battezzato Max Ott) del baseball italiano ed è inserito nella “Hall of Fame” di questo sport. Invece, stranamente, non è citato in nessun documento ufficiale della FIP pur essendo documentati i suoi sforzi a favore del basket: riscrisse (per le attività di addestramento fisico delle forze armate italiane) i regolamenti già tradotti da Ida Nomi Pesciolini - maestra di sport presso la “Mens sana in corpore sano” di Siena - la quale però non aveva mai visto giocare lo sport ideato Il prof. Guido Graziani da Naismith; poi ha contribuito a realizzare la prima partita italiana (Roma 1896- Roma 1986) di basket (Milano 8 giugno 1919); inoltre ha organizzato nel 1923 i in una foto del 1945 (foto tratta dal Museo primi corsi per arbitri e allenatori e fu egli stesso allenatore di basket. Virtuale della FIBS) Fu dirigente accompagnatore alle Olimpiadi dimostrative di Parigi 1924 della squadra di basket YMCA di Torino, classificatasi al 2° po sto a pari merito con la squadra YMCA di Londra; rivestì anche il ruolo di allenatore della nazionale italiana alle Olimpiadi di Berlino nel 1936 e nel 1944 (durante il 2° conflitto mondiale fu nominato dal CONI “reggente” della FIP. Allo stesso modo della FIP, Graziani non è nominato in alcun documento storico della FIPAV, sebbene sia noto il suo impegno almeno “generico” per la diffusione iniziale della pallavolo e il suo ruolo di organizzatore (con il collega YMCA Louis Schroeder) del torneo dimostrativo di pallavolo alle Olimpiadi di Parigi del 1924. Appare perciò corretto riconoscere a Graziani un certo contributo iniziale alla diffusione del volley in Italia senza però eccedere, come fa il sito web della “Poli sportiva Consolini – Volley maschile” (di S.Giovanni in Marignano – Rimini) sito che - citando il testo "La Pallavolo" di Andrea Giani e Oscar Eleni (ediz. "Sperling & Kupfer", 1996) - assegna “ufficialmente” alla figura di Guido Graziani il ruolo di “primo entusiasta divulgatore della pallavolo in Italia”. A destra: 1919 – Squadra di basebaIl organizzata dall’YMCA di Roma. Il futuro prof Graziani è al centro con la corazza da ricevitore (foto tratta dal Museo Virtuale della Federazione Italiana Baseball e Softball) Dopo questi contatti iniziali avvenuti nel contesto bellico e nell’immediato dopoguerra, il periodo compreso tra le due guerre vide la “palla a volo” (così ribattezzata dall’autarchia fascista che imponeva l’italianizzazione di tutti i termini esteri) diffondersi in Italia seppure in modo non uniforme attraverso l’apporto di diver si fattori, anche a sviluppo locale, e di varie circostanze (anche intrecciate tra loro), che si descrivono di seguito. a- L’apporto del mondo militare. Furono i nostri soldati, tornati dalla guerra, i primi occasionali e spontanei divulgatori della pallavolo nella società civile. Ma fu tra i militari in attività che il volley trovò ampia cittadinanza attraverso la modifica dei programmi di addestramento fisico, sulla scorta della negativa valutazione data dai Comandi militari alla preparazione dei nostri soldati in guerra (valutazione espressa fin dalla disfatta di Caporetto nell’ottobre del 1917), mentre brillante ed efficace appariva la preparazione dell’armata americana. Così la precedente “rigida e meccanica” ginnastica di stampo ottocentesco venne gradatamente sostituita dal dinamismo degli sport atletici e dei giochi di squadra americani. Nel 1922 venne pubblicato dalle tipografie statali un volumetto titolato “I grandi giuochi collettivi (calcio, pallacanestro, pallavolo)” – curato da due militari della Scuola Centrale Militare di Ed. Fisica - che descriveva e spiegava regole e strategie di questi giochi e che dette un forte impulso alla pratica del volley negli ambienti militari e poi anche scolastici. In pieno periodo fascista, all’interno dei programmi sportivi militari, salirono agli onori della cronaca (“opportunamente” amplificate dal regime) le gesta pallavolistiche della squadra militare G.S. “Regia Ma rina”, fondata negli anni Trenta dal vercellese Nino Piacco (quando era soldato di Marina in servizio a Roma), da lui stesso capitanata e condotta a costruirsi la fama di squadra imbattibile. Un’immagine della squadra militare “Regia Marina” capitanata da Nino Piacco b- L’apporto del mondo cattolico (attraverso gli oratòri). Individuando in questo nuovo gioco un elemento di stimolo e di aggregazione per i giovani, nel 1925 il sacerdote Don Zolati iniziò a promuovere la pallavolo nel ravennate dove operava: i risultati furono sorprendenti, tanto che in una decina di anni – intorno a Ravenna - il volley giunse a essere stabilmente praticato in tredici centri cattolici (oratòri parrocchiali, ricreatòri arcivescovili) e sette centri “dopolavoristici” (laici). Tutto ciò in una città, tutto sommato, di modeste dimensioni se paragonata alle già "metropoli" Roma e Torino (dove operavano centri YMCA). Questo fatto – unitamente alla prima apparizione del gioco in quel di Porto Corsini - spiega perché Ravenna è considerata la “culla della pallavolo italiana”. c- L’apporto dell’organizzazione statale-fascista. Il fascismo - con la propria organizzazione si sovrappose (generalmente soffocandole o inglobandole) a tutte le forme organizzative espresse dallo stato liberale (associazionismo sportivo, organizzazioni cattoliche educative e del tempo libero, scouts, scuola ed educazione fisica) e orientò il tutto agli scopi del controllo sociale, della propaganda e del consenso (interno ed esterno). Vedi la scheda che segue. L'Opera Nazionale Dopolavoro, l'ente di gestione del tempo libero della popolazione adulta, si proponeva il fine di nazionalizza re e standardizzare la vita associativa. Le attività sportive o simili promosse dall'Ond erano quelle popolari, tipo il tiro alla fune o il tamburello, o anche la pallavolo. Preferibilmente doveva trattarsi di giochi a squadre o, se individuali, di esibizioni in cui, più che la competizione diretta tra i partecipanti, si doveva stimolare la volontà di eseguire bene la propria prova, alla quale sarebbero seguite quelle degli altri. Al termine di ogni gara venivano assegnati dei brevetti che, inizialmente, rispondevano a un criterio di selezione, sia pure generoso, e successivamente obbedirono all'imperativo di tenere alto l'entusiasmo facendo in modo che nessuno avesse la sensazione di tornare a casa a mani vuote. L'Opera Nazionale Balilla si rivolgeva ai ragazzi dagli otto ai diciotto anni e doveva curare l'educazione fisica finalizzata all'addestramento militare. L'Onb aveva il compito istituzionale di curare l'educazione fisica e morale degli italiani e di infondere nei giovani il sentimento della disciplina e dell'educazione militare. Rispetto alla scuola aveva una funzione di complementarità e sostegno ma anche di alternativa: se da un lato, infatti, all'Onb competeva la formazione del programma scolastico di educazione fisica, dall'al tro l'ente gestiva in prima persona il tempo libero dell'infanzia e dell'adolescenza. E soprattutto, dal punto di vista pedagogico, si poneva come superamento della scuola liberale, alla quale opponeva un nuovo imperativo: “non è importante istruire bensì ‘educare’”. La metodologia di insegnamento dell'esercizio fisico che l'Onb imponeva alle scuole costituiva un arretramento rispetto alle idee che, sia pure molto faticosamente, cominciavano a circolare sull’attività fisica, e per lo più si manifestava con un mediocre addestra mento agli aspetti più formalistici della preparazione militare (schieramenti, parate, coreografie che esaltavano l’organizzazione). Il Coni (infine) esisteva già prima del fascismo ma limitava la sua funzione alla preparazione delle Olimpiadi, così come negli al tri Paesi. Il regime ne fece, nel 1927, la federazione delle federazioni, assegnandogli il ruolo di organo direttivo di tutte le attività ago nistiche. La politica del Coni fu quindi decisamente di vertice, volta a curare e “gestire” i campioni delle specialità, ai quali si richiede va di mantenere alto il prestigio della nazione nelle grandi competizioni internazionali: si voleva che quegli atleti inorgoglissero la gente comune e che per questa fungessero anche da modelli di comportamento fascista. Inoltre con i successi degli atleti nei Mondiali e nelle Olimpiadi, debitamente trionfalizzati dalla stampa che ne sottolineava la valenza fascista oltre che nazionale, si fomenta va un nazionalismo non disgiungibile dall'appartenenza fascista. (da: R. Bassetti, Storia e storie dello sport in Italia, Marsilio, 1999). Senza volersi addentrare troppo, in questa sede, nelle caratteristiche ideologiche, politiche e organizzative del regime fascista, come pure nella valutazione morale delle stesse, si può riconoscere che gli interventi di omogeneizzazione e di standardizzazione della preparazione fisica dei giovani e della popolazione lavorativa diedero comunque impulso alla diffusione della pratica motoria, nelle scuole come negli ambienti ricreativi del dopolavoro. E anche la pallavolo (anzi, la “Palla a Volo”) si avvantaggiò da questa situazione, ottenendo una diffusione più capillare, soprattutto al Centro e al Nord. Va anche detto che nella scuola la pallavolo veniva proposta in modo assolutamente ricreativo, con movimenti piuttosto limitati e con regole molto approssimative, creando così un concetto errato circa il valore motorio e agonistico del gioco. Invece negli ambienti militari (come già detto) e nelle associazioni sportive del dopolavoro l’aspetto agonistico era più sviluppato. Alcune di queste associazioni sportive si riunirono l’1 dicembre 1929 per costituire la “Federazione Italiana Palla a Volo”, organismo che in realtà andava a rappresentare solo poche regioni e di fatto veniva supplito nelle proprie funzioni dall’OND. Negli anni Trenta l’OND si adoperò per organizzare momenti divulgativi, gare e tornei (anche femminili), favorenAltra immagine di una squadra militare italiana do la diffusione della pallavolo anche al Sud (Salerno, Pa lermo), sostenendo l’istituzione dei primi campionati regionali, fino all’organizzazione di quello che chiamò “Primo Campionato Nazionale di palla al volo” all’interno dei Giochi Dopolavoristici (Bolzano , 8-9 agosto 1936) e che però vero campionato nazionale non dovette essere, se poi nel 1943 di nuovo indisse il Primo Campionato Italiano (a Genova per i maschi e a Desenzano sul Garda per le donne). In ogni caso, nel 1935 erano circa 10.000 i dopolavoristi che praticavano il volley. A cavallo degli anni Quaranta le squadre che emergevano erano – nel settore maschile – la Borsalino Alessandria e la Lanerossi Schio, e – nel settore femminile – Vicenza e la Corridoni Genova. Non si devono comunque dimenticare le realtà già citate di Ravenna e di Vercelli (in quest’ultima città era tornato da Roma Nino Piacco, rifondando nel 1943 la “Pro Vercelli” in “Lega Navale” che nel dopoguerra mutò il nome in “Olimpia Vercelli” per affermarsi – insieme a Ravenna – come una delle più forti realtà pallavolistiche italiane). L’OND (come già anticipato) indisse (di nuovo) nel 1943 il Primo Campionato Italiano (a Genova per i maschi e a Desenzano sul Garda per le donne). A causa però degli sviluppi politico-militari lo svolgimento fu difficoltoso (probabilmente incompleto; si sa solo che l’edizione femminile fu vinta dalla squadra della ditta “Corozite” di Bergamo) e così si rinviò il progetto complessivo alla fine del conflitto. Finito il 2° Conflitto Mondiale e scomparsa l’OND, in uno scenario di distruzione ma anche di speranza – mentre ancora una volta le parrocchie e gli oratori offrivano ai giovani anche attraverso il volley un’occasione di svago, di aggregazione e di educazione - la pallavolo agonistica fu presa in mano dai giocatori e dai dirigenti che si erano formati nell’epoca precedente: ventisette rappresentanti delle associazioni sportive del Nord Italia (più Firenze) si riunirono il 31 marzo 1946 a Bologna e ri-fondarono la F.I.P.A.V. (Federazione Italiana Pallavolo, anche se l’acronimo mantiene la separazione delle parole utilizzata nel ventennio fascista) che sostituiva l’organismo precedente dell’epoca fascista e stabiliva una nuova partenza del volley nell’Italia libera. Tra questi rappresentanti figuravano nomi in parte già citati in questo testo (Nino Piacco, Angelo Costa, Orfeo Montanari) considerati i padri fondatori del movimento pallavolistico italiano; il primo presidente eletto fu Arnaldo Eynard (imprenditore proprietario della ditta Corozite Bergamo e grande appassionato di pallavolo) Vennero indetti e disputati a Genova nell’agosto dello stesso anno i Primi (veri) Campionati Italiani (maschile e femminile): vinsero nel maschile la “Robur Ravenna” (fondata e condotta da Costa e Montanari ed espressione agonistica del movimento pallavolistico oratoriale iniziato con don Zolati) e nel femminile la “Amatori Bergamo” (nella quale era confluita la ex “Corozite” del presidente Eynard). Nel gennaio 1947 la FIPAV ottenne il riconoscimento di federazione aderente al CONI, mentre ne divenne membro effettivo solo nel 1955. Sempre nel 1947 (18–20 aprile) la FIPAV partecipò a Parigi al congresso costituente della FIVB (Fédération Internationale de Vol leyball) insieme con altre 13 federazioni nazionali di tutti i continenti (Belgio, Brasile, Cecoslovacchia, Egitto, Francia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Ungheria, Uruguay, Usa e Jugoslavia). Un momento del Congresso di Parigi costitutivo della F.I.V.B. Come già detto in precedenza, con questo evento si ebbe un avan zamento decisivo verso una definizione condivisa e universale del gioco della pallavolo e del suo corpus di regole: in quella sede infat ti vennero unificate le regole europee e americane. Rapidamente aderirono alla FIVB altre federazioni nazionali. L’ulteriore passo definitivo si ebbe nel 1951 con l’adesione alla FIVB da parte del Giappone e delle Filippine (seppure queste nazioni mantennero in patria fino 1955 le proprie vecchie regole sul numero di giocatori in campo). Nell’anno successivo alla fondazione della FIVB (1948), l’Italia ebbe l’onore di organizzare a Roma la prima edizio ne dei Campionati Europei maschili. Parteciparono sei squadre nazionali e si impose la Cecoslovacchia, con la conquista del terzo posto da parte dell’Italia. Nel successivo 1949 si ebbe invece il Primo Campiona to Mondiale maschile nell’attuale Cechia (il primo campionato femminile si disputò a Mosca nel 1952): sui campi di terra rossa di Praga si fronteggiarono – in realtà – dieci squadre solo eu ropee. Questa fu l’occasione per la prima uscita internazio nale dell’Unione Sovietica, che sbaragliò il campo, seguita poi nelle posizioni di classifica da altre cinque nazionali dell’Est Europa. Come già anticipato l’evoluzione tecnica a cui era giunto il gioco in Europa orientale avrebbe assicurato a quelle nazionali un dominio incontrastato per parecchi anni, ma – attraverso il confronto - anche una graduale crescita del livello di gioco in tutte le altre realtà mon diali. Si era così imboccata la strada della pallavolo moderna, caratterizzata da cambiamenti tecnico-strategici e di conse guenza regolamentari, ma da allora condivisi a livello globale e perciò validi per tutti. Seguono: - l’allegato 1 - la bibliografia Praga 1949 – muro a 3 dei cecoslovacchi ALLEGATO 1 Tratto da “Federvolley.IT-flash” (n.65 del 3 maggio 2000) realizzato dalla Federazione Italiana Pallavolo (la scheda è stata parzialmente elaborata/semplificata dal sottoscritto a scopo didattico) “Piccolo Volley antico” Le regole della pallavolo nella loro prima stesura ad opera della commissione di docenti e direttori di educazione fisica YMCA pubblicata nel "Manuale Ufficiale della Lega Atletica delle Associazioni Cristiane dei giovani del Nord America" del 1897. "Nell’inverno tra il 1895 e il 1896, il Signor W. G. Morgan, di Holyoke, Massachusetts, inventò nella sua palestra un gioco chiamato “volleyball” “Venne presentato ad una Conferenza per Istruttori Fisici. L’impressione generale fu subito quella di un gioco che potesse colmare le mancanze di tutti gli altri sport. Deve essere giocato in luoghi al coperto, da coloro i quali non desiderano giocare uno sport rude come può essere il basketball, ma che tuttavia richiede lo stesso grado di attività. Quella che segue è la descrizione completa riportata dal Signor Morgan alla conferenza: “La Pallavolo è un nuovo gioco che sarebbe indicato per luoghi chiusi quali la palestra o la sala per gli esercizi fisici, ma che può anche essere giocato in luoghi all’aperto. Il numero di giocatori è illimitato. Il gioco consiste nel tenere una palla in movimento al di sopra di una alta rete, da un lato all’altro, di conseguenza prende spunto dalle caratteristiche di altri giochi come il tennis. Il gioco inizia con un giocatore di una delle due parti che serve la palla al di sopra della rete verso il campo avversario. A quel punto gli avversari, senza permettere alla palla di cadere a terra, la rimandano indietro, e così via, avanti e indietro, finché una delle due squadre sbagli nel rinviarla o la lasci cadere a terra. Questo è il “punto” a favore di una squadra, o un “servizio fuori” per quella in battuta. Il gioco è composto da 9 inning, e in ognuno di questi ogni squadra ha a disposizione un certo numero di servizi, secondo quanto previsto dalle regole. REGOLE. 1. IL GIOCO Il gioco è composto da 9 inning. 2. GLI INNING Le regole dell’inning mutano a seconda del numero dei giocatori in campo. Quando in ogni campo vi è una sola persona che gioca, vi è un servizio per ogni squadra; quando vi sono due persone che giocano, vi sono due servizi per squadra; quando vi sono tre persone o più che giocano, vi sono tre servizi per squadra. Il giocatore al servizio continua a servire finché la sua squadra non sbaglia il rinvio della palla all’altro campo. A turno devono servire tutti gli uomini. 3. IL CAMPO Il campo o il terreno di gioco deve essere di 25 piedi (1 piede: 30,48 cm; 30,48x25= 7,62 m) di larghezza e 50 (30,48x50= 15,24 m) di lunghezza, divisi dalla rete in due campi quadrati di 25 x 25 piedi (7,62 m x 7,62 m). In entrambi i lati, a 4 piedi (circa 1,22 m) dalla rete e parallelamente ad essa deve essere presente una linea che attraversi il campo da una parte all’altra, la “Dribbling Line” (Seconda Linea). I confini del campo devono essere chiaramente marcati da linee, affinché siano visibili da qualsiasi punto del terreno da gioco. NOTA: Le dimensioni del campo possono essere cambiate per venire incontro alle caratteristiche del luogo dove si svolge la partita. 4. LA RETE La rete deve essere almeno di 2 piedi di larghezza (60,96 cm, perché 1 piede = 30,48 cm) e 27 piedi di lunghezza (8,23 m), e deve essere appesa su un’asta perpendicolarmente posta almeno un piede fuori delle linee laterali. Il bordo superiore della rete deve essere a 6 piedi e 6 pollici da terra (198,12 cm perché 1 piede = 30,48 cm e 1 pollice = 2,54 cm) 5. LA PALLA La palla deve essere una camera d’aria di gomma coperta con pelle o tela. Deve misurare non meno di 25 e non più di 27 pollici di circonferenza (63,5-68,58 cm), e deve pesare non meno di 9 e non più di 12 once (1 oncia= 31,1035 g quindi tra 279,9315g e373,242g) 6. UOMO IN BATTUTA E SERVIZIO L’uomo in battuta deve tenere un piede sulla linea di fondo. La palla deve essere battuta con una mano. Ha a sua disposizione due servizi o due tentativi di servizio per inviare la palla all’interno del campo degli avversari (come avviene nel tennis). La palla battuta al servizio può colpire un punto qualsiasi del terreno di gioco avversario. Deve inoltre venir battuta almeno a 10 piedi (3,048m) in altezza, e non è permesso il palleggio. Se un servizio colpisse la rete, ma dopo essere stato colpito da un altro giocatore della stessa squadra, verrà ritenuto valido se va nel campo avversario, ma al contrario, se va fuori campo, l’uomo in battuta non avrà più a disposizione un secondo tentativo. 7. IL PUNTO Ogni servizio valido non rinviato o ogni palla in gioco che non venga rinviata dal lato ricevente conta come un punto per la squadra a servizio. Una squadra può ottenere un punto solo quando è al servizio e se sbaglia nel rinviare la palla nell’altro campo chi è al servizio viene messo fuori. 8. NET BALL (Palla a rete) Fatta esclusione del primo tentativo di servizio, se durante il gioco il pallone tocca la rete, viene chiamato “Net ball”, ed è equivalente al mancato rinvio, pertanto è a favore della squadra avversaria. La palla che tocca la rete al primo tentativo di servizio deve essere chiamata “dead” (morta), e vale come un tentativo. 9. PALLA DI LINEA/LINE BALL E’ una palla che colpisce la linea di delimitazione del campo. E’ equivalente a una palla “fuori”, e pertanto vale allo stesso modo. 10. IL GIOCO E I GIOCATORI Può giocare il numero di giocatori più consono allo spazio del campo da gioco. Un giocatore deve essere in grado di coprire intorno ai 10 piedi quadrati (10*10 piedi; 3,048 m2). Se durante il gioco uno qualsiasi dei giocatori dovesse toccare la rete, afferrare o trattenere per un istante la palla, si ferma il gioco e conta un punto per gli avversari. Se la palla dovesse toccare un oggetto differente dal suolo e dovesse rimbalzare di nuovo nel campo da gioco, è ancora in gioco. Il palleggio serve per far rimanere la palla in gioco tutto il tempo possibile facendola rimbalzare (n.d.L. rimbalzare sulle dita?). Quando si fa rimbalzare la palla nessun giocatore deve oltrepassare la Seconda Linea, poiché questo metterebbe la palla fuori gioco e conterebbe un punto contro la sua squadra (?). Qualsiasi giocatore che, a parte il capitano, si rivolge all’arbitro o denigra lui o altri giocatori della squadra opposta, può venire squalificato, e la sua squadra dovrà pertanto giocare senza di lui o un sostituto, o dare forfait. SUGGERIMENTI E AIUTI PER GIOCARE Colpire la palla con entrambe le mani. Cercare punti lasciati scoperti dalla difesa avversaria. Fare gioco di squadra; coprire il proprio spazio. Passarsi la palla tra i propri compagni di squadra quando possibile. Seguire costantemente il gioco, specialmente quello della squadra opposta”. Fonti consultate: 1- Raffaele Bernabeo “L’educazione fisica – evoluzione di una disciplina”, Patron Editore 1979. 2- “Il mondo dei media (capitolo: Il Baseball, gli sport americani e l’Italia”” nella collana “ItaliAmerica” a cura di Emanuela Scarpellini e Jeffrey T. Shnapp – Il Saggiatore, 2012 3- R. Bassetti, Storia e storie dello sport in Italia, Venezia, Marsilio, 1999 4- Scheda sulla storia dell’YMCA nel sito ufficiale della Federazione Italiana YMCA 5- “Storia della pallavolo”: scheda redatta da FIVB (Federation Internationale de Volleyball) nel proprio sito web ufficiale. 6- “Dalla palla alla pallavolo” schede a cura della del “PGS Bellaria – Bologna, Pallavolo” nel proprio sito web ufficiale 7- Giovanni Volpicella “Il manuale della pallavolo” - ed. Idealibri, 1994. 8- Benito Montesi “Storia della Pallavolo nel Mondo” nel sito “www.pallavolotech.altervista.org” 9- Scheda “La Pallavolo: storia, curiosità, notizie sullo sport più bello del mondo” di Nazzareno Mi dei – CSI Roma 10- Scheda “Storia della pallavolo” in www.sportmedicina.it 11- Sandro Milli “L'evoluzione del Giuoco della Minonette” edito dall’autore (15-7-2010) nella collana www.ilmiolibro.it 12- Scheda “Piccolo Volley antico”: tratta da Federvolley.IT-flash (n.65 del 03 maggio 2000) realiz zato dalla Federazione Italiana Pallavolo 13- Scheda del Museo Calcio Antico – Firenze “Trattato del giuoco della palla” di Messer Antonio Scaino, a cura di A.C. Galluzzo, M. Vichi, L. Cungi, D. Bini (2 Ottobre 2010) 14- Intervento di Benito Montesi “Regole per il volley spettacolo – la filosofia del tocco di palla” su Hi-tech Volleyball