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Esperienze innovative
Spin-off universitari
Teoria e prassi degli spin-off universitari
Giuseppe Grossi
Professore associato in Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche, Dipartimento di Studi aziendali e
sociali, Facoltà di Economia “R.M. Goodwin”, Università degli Studi di Siena
Pasquale Ruggiero
Dottore di ricerca in Economia delle Aziende e delle amministrazioni pubbliche, Dipartimento di Studi aziendali e
sociali, Facoltà di Economia “R.M. Goodwin”, Università degli Studi di Siena
SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. Gli spin-off accademici: questioni teoriche e prassi operative. 3. La situazione in Italia:
caratteristiche e problemi. 4. Il caso dell’Ateneo senese. 5. Alcune riflessioni: una possibile strategia di sviluppo dei
processi di spin-off universitari.
Il passaggio da un’economia basata sulla produzione industriale ad un’economia orientata all’informazione e alla conoscenza (knowledge economy) ha contribuito ad intensificare i legami tra
scienza, ricerca e mondo produttivo. Soprattutto nelle aree più dinamiche e in quelle soggette a
processi di riconversione industriale, i rapporti tra il mondo della ricerca e le realtà produttive
manifatturiere e di servizi si sono consolidati, favorendo il processo di trasferimento tecnologico e
lo sfruttamento commerciale dei risultati della ricerca. Il suddetto legame va sempre più consolidandosi attraverso la realizzazione di spin-off accademici.
The transformation from an economy based on the industrial production to an economy oriented to
information and knowledge (knowledge economy) has contributed to intensify the links between
science, research and world of business. Particularly in the most dynamic business sector and those
ones interested by a reorganization processes, the relationships between the world of research and
industrial and services sectors are strengthened, fostering the process of technological transfer and
exploitation of the research process results. The aforesaid link goes more and more consolidating
by the implementation of academic spin-offs.
Pur essendo il presente articolo frutto del lavoro congiunto dei due autori, è possibile attribuire i §§ 1, 2 e 3 a G. Grossi
e i §§ 4 e 5 a P. Ruggiero
Parole chiave: spin-off accademici – imprenditorialità – trasferimento delle conoscenze
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1. Introduzione
La trasformazione sociale ed economica avviata nel corso dell’ultimo decennio, caratterizzata dal passaggio da un’economia basata sulla produzione industriale ad un’economia orientata all’informazione e alla conoscenza (knowledge economy), ha contribuito ad intensificare i legami tra
scienza e tecnologia e tra queste ed il mondo produttivo (Gorz, 2003;
Butera, 1998; Davenport, Prusak, 1998). Soprattutto nelle aree più dinamiche e in quelle soggette a processi di riconversione industriale, i rapporti
tra il mondo della ricerca e le realtà produttive manifatturiere e di servizi si
sono consolidati, favorendo il processo di trasferimento tecnologico e lo
sfruttamento commerciale dei risultati della ricerca (Chiesa, Piccaluga, 1998).
La crescita dei settori ad elevato contenuto tecnologico è determinata, oltre
che dall’espansione e dal consolidamento di grandi gruppi industriali, anche
dalla nascita di nuove aziende di piccole e medie dimensioni caratterizzate da
un’elevata capacità di innovare. Una particolare modalità di nascita di nuove
aziende è quella dello spin-off. Questa prevede che un certo numero di risorse
umane si distacchino da una determinata organizzazione dando vita ad una
nuova realtà aziendale; in altre parole, si crea un nuovo spin-off ogni volta che
soggetti, impegnati in contesti organizzativi accademici od istituzionali danno
vita ad un’iniziativa imprenditoriale, valorizzando le esperienze professionali
ed il know how maturati. In genere, la nuova unità economica assume la forma
di entità separata o comunque largamente autonoma dall’organizzazione
“madre” (spin-off esterno), anche se è possibile che la nuova unità sia gestita in
forma strettamente collegata all’azienda “generatrice” (spin-off interno).
L’elemento fondamentale che contraddistingue questa definizione dello
spin-off è la componente di auto-imprenditorialità: infatti, la nascita di una
nuova azienda è subordinata all’uscita di uno o più elementi da un’entità
preesistente, uscita che precede la formazione di un’unità produttiva autonoma, in cui l’organizzazione di origine può eventualmente avere una partecipazione, ma non il controllo (Ruisi,1999).
Tale fenomeno assume particolare rilievo nell’ambito dei settori hightech, nei quali la nascita di nuove aziende si accompagna alla
commercializzazione di innovazioni o all’introduzione di nuove tecnologie. In tali casi, la costituzione di aziende spin-off potrebbe essere considerata come una modifica della struttura industriale esistente e, quindi, valido
indicatore del livello tecnologico degli insediamenti aziendali di una specifica area territoriale.
2. Gli spin-off accademici: questioni teoriche e prassi operative
Il contesto di riferimento dell’imprenditorialità universitaria
Il fenomeno affonda le sue radici nel secolo scorso e numerosi sono gli
esempi di spin-off accademici il cui sviluppo successivo ha dato luogo alla
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nascita di famosi gruppi industriali di grandi dimensioni. Lo stesso sviluppo
della Silicon Valley può essere attribuito alle azioni di scienziati che hanno
lasciato i loro laboratori industriali o universitari.
Le aziende che nascono da ambienti della ricerca si basano su conoscenze tecnologiche specifiche, apprese dall’imprenditore dalla fonte d’incubazione (ossia il laboratorio universitario, il centro di ricerca ecc.). Tali
aziende rappresentano un anello di congiunzione fondamentale che consente il passaggio delle conoscenze e dei risultati del mondo della ricerca
alla società; è il luogo in cui il sapere scientifico, sviluppato all’interno dei
laboratori, si trasforma in conoscenze utili per la creazione di prodotti e
servizi competitivi (Colombo, 1988).
In letteratura è possibile rintracciare una suddivisione in tre categorie delle
aziende spin-off della ricerca, in base alla provenienza e al ruolo svolto dai
neo-imprenditori all’interno dell’istituzione accademica. In dettaglio:
• aziende formate da personale accademico (professori, ricercatori ecc.);
• aziende costituite da studenti e/o neo-laureati;
• aziende formate da esterni per lo sfruttamento commerciale della ricerca
universitaria (Pirnay, Surlemont, Nlemvo, 2003).
Lo spin-off da ricerca rappresenta uno dei modi più efficaci e duraturi di
trasferimento di conoscenze. Il punto di forza che si riscontra all’interno di
tali aziende rispetto alle altre è l’elevata propensione all’innovazione e al
mantenimento dei rapporti con il sistema del mondo accademico, che permette di modernizzare il mondo industriale attraverso l’introduzione dei
risultati ottenuti nella ricerca. Tali spin-off contribuiscono, inoltre, ad incrementare le relazioni tra centri di ricerca, università e mondo imprenditoriale, favorendo e accelerando in tal modo il trasferimento di saperi e tecnologie, permettendo di aumentare il grado di competitività delle aziende.
L’idea alla base degli spin-off accademici è che gli eventuali utili derivanti dall’attività aziendale siano poi reinvestiti in ricerca universitaria, creando una sorta di circolo virtuoso di ricerca, innovazione, positivi risultati
economici e risorse per la ricerca stessa, oltre, logicamente, a creare una
maggiore interazione tra il mondo universitario e quello strettamente economico al fine di una più capillare ed efficace diffusione di cultura imprenditoriale e manageriale.
Lo spin-off accademico è ormai da diversi anni diffuso con successo
negli Stati Uniti; nell’ambiente scientifico anglosassone copiosa è la letteratura in tema di spin-off, anche se concentrata nel settore industriale (Brett,
Gibson, Smilor, 1991).
Recentemente nel nostro Paese le università hanno compreso il ruolo
strategico che laboratori e centri di ricerca possono assumere grazie alle
loro abilità nel creare e diffondere conoscenze, infatti, anche in Italia stanno sorgendo numerosi esempi di spin-off accademici; tali aziende sono
prevalentemente indirizzate allo sfruttamento delle innovazioni nei campi
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delle alte tecnologie o delle scoperte in campo medico, farmacologico e
biologico (Chiesa, Piccaluga, 2000).
In Italia, tuttavia, non esiste una letteratura specifica sul tema ed anche
le informazioni statistiche reperibili sono assai lacunose, in quanto manca
un organo speciale di coordinamento e monitoraggio che abbia il compito
specifico di “seguire” le evoluzioni di questo particolare ambiente e le aziende attivate dai vari atenei. Questi ultimi, da parte loro, hanno sfruttato
appieno l’autonomia che la normativa nazionale concede in materia di
spin-off accademici, con il risultato che ogni singolo ateneo ha emanato un
suo regolamento interno per la costituzione e gestione di tali aziende. Questa vivacità e rapidità nella costituzione di nuove aziende sembra aver
colto di sorpresa lo stesso Miur, presso il quale è possibile, soltanto recentemente, reperire dati sia aggregati che singoli a livello nazionale sul fenomeno in questione.
Infatti, le università pubbliche hanno manifestato, solo negli ultimi anni,
una crescente attenzione al diretto sfruttamento economico dell’attività di
ricerca scientifica. In passato era piuttosto scontato che la ricerca universitaria dovesse generare sul sistema economico ricadute solo indirette, in
particolare attraverso l’esercizio dell’attività di formazione e la diffusione
dei risultati della ricerca, attraverso pubblicazioni e convegni. Solo a partire dalla metà dello scorso decennio si sta prestando, anche nel nostro Paese, una maggiore attenzione a forme dirette di valorizzazione e sfruttamento della ricerca accademica. A fronte di questa tendenza il dibattito si è
incentrato sulla questione delle conseguenze della “privatizzazione” dei
risultati della ricerca. Questione di ampia discussione è se la “privatizzazione” dei risultati della ricerca scientifica possa avere come conseguenza
una minore diffusione dei risultati stessi o se, al contrario, mediante tale
processo gli obiettivi di massima diffusione e di massimo sfruttamento possano essere addirittura agevolati.
La tematica dello sfruttamento dei risultati della ricerca è dall’inizio degli anni ’80 sempre più al centro dell’attenzione. L’attivazione diretta da
parte delle università di iniziative economiche sulla base dei frutti della
ricerca accademica ha fatto sorgere una serie di problematiche connesse:
• agli effetti dell’ottica di mercato sull’attività di ricerca ed in particolare su
quella di base;
• agli effetti che possono derivare dallo sfruttamento economico della ricerca di base sulla qualità delle pubblicazioni e quindi sulla produzione scientifica dei docenti universitari;
• alle possibili ricadute che potrebbero derivare da un’interazione più forte
tra i cosiddetti “problem holders” e “problem solvers”.
Riguardo a quest’ultima problematica, è da considerare che i principali
fattori che hanno fatto propendere verso una maggiore interazione tra ricerca scientifica e mercato sono:
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1) la costante diminuzione del peso delle risorse pubbliche destinate al
finanziamento dell’attività di ricerca in generale e quella universitaria in
particolare;
2) le maggiori pressioni “politiche” sul mondo universitario affinché esso
non sia soltanto più efficiente nella formazione e nella produzione scientifica, ma anche più direttamente coinvolto nella diffusione e nello sfruttamento economico dei risultati della ricerca e nello sviluppo economico e sociale
del territorio in cui è insito ed opera.
Oltre ai motivi che hanno determinato un aumento dell’intensità delle azioni per lo sfruttamento dei risultati della ricerca accademica, esistono anche
problematiche che sembrano causarne un rallentamento.
In primo luogo, un’attenzione molto marcata verso lo sfruttamento dei
risultati della ricerca potrebbe avere ricadute negative sulla ricerca di base.
Allo stesso modo, alcuni ricercatori possono essere disincentivati allo
sfruttamento economico dei risultati della loro ricerca poiché spendere un
elevato ammontare di energie, sia finanziarie che di tempo, su progetti con
obiettivi commerciali e non scientifici potrebbe impedire loro di impegnarsi
per lavorare su ricerche i cui risultati potrebbero essere pubblicati su riviste
scientifiche, privandoli, dal punto di vista accademico, di una fonte di riconoscimento, prestigio e carriera – il cosiddetto problema del publish or
perish (Pérez, Martínez, 2002).
La politica di incentivazione dei processi di spin-off e della sottostante
attività di ricerca all’interno dei singoli atenei, inoltre, potrebbe far emergere o meglio far percepire la sensazione dell’esistenza di una disparità all’interno delle università fra quei dipartimenti/ricercatori la cui attività è in
grado di produrre risultati che possono essere venduti e quelli che non
possono ottenerli.
Infine, l’attività di spin-off all’interno delle università può far sorgere problemi di natura etica. Infatti, dato che ogni cittadino attraverso il pagamento dei tributi contribuisce indirettamente anche al finanziamento delle attività di ricerca svolte all’interno delle università, questo può chiedersi se sia
giusto che una singola azienda, di proprietà di un singolo o ristretto gruppo
di persone, diventi proprietaria esclusiva dei risultati della ricerca accademica. Bisogna considerare, infine, quale ostacolo alla diffusione di una
mentalità imprenditoriale dei ricercatori operanti all’interno delle università
anche l’assenza, o meglio la scarsa presenza, all’interno degli atenei, di
competenze e strutture specifiche per la commercializzazione dei risultati
della ricerca. Lo sfruttamento commerciale delle conoscenze è un’attività
che spesso le università non sono in grado o non possono effettuare, e per
la quale inoltre non desiderano di solito impiegare i propri fondi per imparare a farlo. Le tradizionali strutture organizzative delle università non sono
state progettate per favorire il trasferimento tecnologico all’industria, ma
per scopi di ricerca e/o di formazione. Conseguentemente l’attività di trasferimento è spesso ostacolata da vincoli organizzativi e burocratici. Per
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questa ragione non esistono ancora soluzioni organizzative, gestionali e
strategiche consolidate attuate dalle singole università. Queste ultime, come
gli enti pubblici di ricerca, soffrono spesso di un vincolo organizzativo al
trasferimento tecnologico e alla valorizzazione dei risultati. In particolare, i
problemi al trasferimento tecnologico possono essere raggruppati in due
categorie.
La prima riguarda l’approccio culturale. Affinché le strutture di trasferimento tecnologico possano adottare almeno in parte una cultura imprenditoriale è necessario un forte commitment per i direttori delle strutture, che
devono ben identificarne la mission e poi saperla tradurre in azioni concrete. Allo stesso tempo è necessario un forte sistema di incentivi per tutta
l’organizzazione, dal manager, ai singoli ricercatori (Ndozuau, Pirnay,
Surlemont, 2002).
La seconda è inerente i problemi di management. Le strutture di trasferimento devono essere gestite da manager specializzati, ovvero soggetti che
sappiano coniugare le conoscenze tecnologiche con quelle economicomanageriali. Infatti, da un lato devono saper cogliere le evoluzioni tecnologiche in atto e dall’altro tradurle in obiettivi di mercato, anche adattando
l’offerta tecnologica alle mutevoli condizioni della domanda. Devono poi
saper gestire le relazioni con i partner industriali e cercare nuovi clienti
potenziali (1).
Per questi motivi il sistema universitario e il suo processo di cambiamento sono stati oggetto di speciale attenzione da parte del legislatore negli
ultimi anni. In particolare, molti atenei hanno costituito, al proprio interno,
specifici uffici, denominati industrial liaison office (ILO) per il trasferimento e
l’utilizzo della ricerca accademica. All’interno di tali strutture organizzative
sono seguiti anche i processi di spin-off accademico.
L’università ed i suoi effetti sul territorio
Gli effetti della presenza dell’università sul territorio si possono suddividere
in effetti a breve termine ed effetti a lungo termine. I primi sono determinati
dall’occupazione diretta (professori, personale amministrativo ecc.), dall’offerta di formazione, dalla conduzione di attività di ricerca e dai consumi
derivanti dal funzionamento della struttura; a questi si affiancano tutte le
forme di nuovo reddito ed occupazione generate dalla presenza di studenti
e personale accademico nell’area in cui l’ateneo è localizzato (settore delle
costruzioni, affitti, bar, ristoranti ecc.).
1 Il maggior ricorso da parte delle università ai fondi privati per finanziare la ricerca può
generare l’ulteriore problematica inerente la determinazione del prezzo di vendita dei risultati
della stessa. Infatti, la mancanza di adeguate professionalità manageriali potrebbe indurre gli
atenei a cedere sul mercato i risultati della ricerca al loro costo marginale non recuperando
quindi i costi di struttura che comunque dovrebbero essere considerati per la corretta determinazione del costo complessivamente sostenuto per l’espletamento dell’attività di ricerca.
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Gli effetti a lungo termine, che ci consentono di identificare il reale grado di radicamento dell’università nel tessuto produttivo locale, sono determinati, invece, dal flusso di conoscenze e trasferimento tecnologico da tale
organizzazione verso le aziende e la società in generale.
Negli Stati Uniti ed in alcune Nazioni nord-europee si è posta già da
qualche tempo maggiore enfasi sul ruolo che l’università può svolgere nei
processi di sviluppo del territorio, sostenendo la creazione di un ambiente
favorevole per incentivare l’ampio utilizzo e la commercializzazione dei
risultati della ricerca.
È stato osservato che una maggiore integrazione tra il mondo accademico e quello industriale non lede quelle che sono le attività di ricerca e
formazione che normalmente si svolgono all’interno dell’università e contribuisce, invece:
• ad aumentare il flusso di trasferimento di conoscenze in ambito scientifico
e tecnologico;
• alla creazione di nuova occupazione e nuove forme di lavoro;
• ad aumentare gli ambiti e le forme di finanziamento della ricerca universitaria.
Sulla base delle esperienze, soprattutto internazionali, maturate sino ad
ora è emerso come molte università che intrattengono rapporti con le aziende hanno simultaneamente mantenuto un alto livello di qualità della formazione e della ricerca ed, allo stesso tempo, hanno incrementato lo sviluppo
dell’università stessa e della regione in cui essa è situata. Da tale punto di
vista, molto importante e riconosciuta a livello internazionale è l’esperienza
del MIT e dell’area della British Columbia (Simon Fraser University, 2001).
Tramite le relazioni con il tessuto produttivo, l’università gode, infatti, di
fondi aggiuntivi per la ricerca, di fonti informative e di saperi provenienti
dall’industria. Le aziende traggono benefici da questo rapporto attraverso:
1) l’accesso privilegiato a conoscenze che consentono loro di migliorare
processi, prodotti e servizi;
2) l’utilizzo di strumenti che altrimenti non avrebbero a disposizione;
3) la disponibilità di forza lavoro qualificata e di gateway (accesso) privilegiato ai risultati della ricerca scientifica e tecnologica a livello internazionale.
3. La situazione in Italia: caratteristiche e problemi
A partire dagli anni ‘80, nella maggior parte dei Paesi europei, così come
negli Stati Uniti, le università e gli altri enti di ricerca hanno dato sempre
maggiore rilievo a meccanismi di trasferimento tecnologico per creare una
cooperazione tra il mondo universitario della ricerca e quello aziendale.
Queste alleanze, molto diverse in quanto a metodi e scopi, si sono spesso
rivelate un successo sia per l’industria, che guadagna in competitività e
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avanzamento tecnologico, sia per l’università, che ha la possibilità di utilizzare la ricchissima proprietà intellettuale di cui dispone per finanziare la
propria ricerca e di formare i propri studenti rendendoli più competitivi e
preparati nei confronti del mondo del lavoro.
Se in Europa i programmi di supporto alla creazione d’azienda ad alto
contenuto tecnologico derivante da ambiti della ricerca sono adottati da un
numero crescente di centri di ricerca e università, lo stesso non si verifica in
Italia, rimasta almeno fino a qualche tempo fa quasi completamente estranea all’istituzione di tali programmi all’interno delle università (Commissione europea, 1994).
L’università italiana è per la maggior parte dei casi ancora ancorata
all’offerta tipica di servizi che consistono nella didattica e nella ricerca di
base. I motivi che ne hanno impedito una partecipazione maggiormente
attiva ai processi di sviluppo del territorio sono molteplici. Da un lato, si
registra la mancanza di azioni specifiche per favorire il trasferimento tecnologico nelle sue diverse forme; dall’altro, si riscontrano una serie di ostacoli
presenti all’interno del mondo accademico, quali l’assenza di una strategia
per favorire la valorizzazione e la commercializzazione dei risultati della
ricerca e la conseguente mancanza di risorse specifiche atte a svolgere
attività di trasferimento tecnologico. A questo si affiancano una serie di
impedimenti oggettivi, come ad esempio il fatto che il personale accademico è principalmente impegnato nell’attività di didattica e ricerca pura, per
cui ha poco tempo ed anche poco interesse rispetto agli aspetti legati allo
sfruttamento economico dei risultati dell’attività di ricerca (Barnabè, 2003;
Capano, 2000).
Nonostante la presenza di ostacoli alla nascita e vincoli alla crescita, le
iniziative di spin-off hanno vissuto uno sviluppo positivo negli ultimi anni.
Un ruolo importante in questa lenta, ma promettente crescita, va sicuramente assegnato al nuovo sistema nazionale della ricerca, introdotto nel nostro
ordinamento giuridico con il decreto legislativo 297/1999 ed il decreto
ministeriale 593/2000.
Più precisamente si tratta del “Riordino della disciplina e snellimento
delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per
la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori”. Una delle
novità di maggior rilievo introdotta da questa riforma, al fine di incentivare
la mobilità del personale di ricerca dal mondo pubblico al mondo privato,
è rappresentata dalla possibilità, per i docenti ed i ricercatori universitari,
di ottenere agevolazioni al capitale di rischio delle aziende create mediante processi di spin-off accademici. Ecco i punti salienti di questo intervento
legislativo:
• i possibili soggetti fondatori: docenti, ricercatori universitari; titolari di
assegni di ricerca, di borse di studio post-laurea e post-dottorato, di borse
di studio universitarie; studenti dei corsi di studio, laureandi, allievi dei
corsi di specializzazione e di dottorato; laureati, specializzati, dottori di
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ricerca da non più di 18 mesi; dipendenti dell’università appartenenti al
personale tecnico-amministrativo;
• il sostegno ministeriale riguarda le attività di ricerca industriale, eventualmente estese a non preponderanti attività di sviluppo competitivo;
• tutti gli interventi disciplinati dal decreto gravano sul Fondo per le
agevolazioni della ricerca;
• gli interventi sono regolati secondo tre tipologie procedurali (valutativa,
negoziale e automatica); le domande di finanziamento per la costituzione
di spin-off accademici rientrano nella prima tipologia, che prevede una
fase di valutazione, sia economica che scientifica, condotta dagli organi
ministeriali prima della concessione delle agevolazioni;
• i soggetti proponenti devono presentare una documentazione prescritta e
l’approvazione prevede quattro diverse fasi (presentazione richiesta, istruttoria tecnico-scientifica, parere e decreto Miur);
• le università devono adottare appositi regolamenti che disciplinino la
procedura autorizzativa ed il collocamento in aspettativa ovvero il mantenimento in servizio dei professori e ricercatori coinvolti nella nuova società e
che definiscano le questioni relative ai diritti di proprietà intellettuale sui
risultati della ricerca svolta all’interno dell’impresa spin-off.
Le risorse rese disponibili grazie alle previsioni del suddetto intervento legislativo sono sicuramente limitate, ma hanno lo stesso contribuito alla creazione di spin-off all’interno di alcune delle migliori università italiane. Volendo fare un breve elenco delle caratteristiche comuni alla maggior parte
delle aziende spin-off italiane, si può dire che:
• le dimensioni sono solitamente ridotte;
• i campi di maggiore interesse sono la medicina, la salute e le life sciences;
• il livello di istruzione delle persone impiegate nell’attività è abbastanza
elevato;
• i profitti sono generalmente bassi o addirittura assenti;
• solo in pochi casi c’è una stretta collaborazione tra industria e università
nella creazione di spin-off;
• una delle maggiori motivazioni alla base dell’iniziativa di spin-off è l’identificazione di nuove opportunità di mercato;
• le imprese spin-off si muovono per lo più in campo internazionale;
• il livello di rischio è basso.
Il modello italiano di aziende spin-off risulta essere molto differente da quello statunitense (o anglosassone). In questi Paesi il fenomeno si è diffuso da
molto tempo e ha raggiunto ad oggi un importante livello di impatto diretto
sullo sviluppo industriale ed occupazionale del territorio.
In Italia ci sono attualmente 193 aziende spin-off nate nel mondo universitario, di cui il 69% è localizzato al Nord, il 19% al Centro ed il 12% al
Sud. I livelli di crescita del fatturato e dell’occupazione sono ridotti ed il
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tasso di fallimento è basso; prevale l’utilizzo di risorse finanziarie proprie
nella fase iniziale. Questo è quanto emerge da un articolo de “Il Sole-24
Ore” (Il Sole-24 Ore n. 70, 11 marzo 2004, p. 10). Con riferimento allo
stesso articolo si può fare un confronto diretto con gli Stati Uniti, dove le
imprese fondate da laureati del MIT (non necessariamente spin-off) sono
4.000. L’impatto macro-economico è elevato, come risulta essere elevata la
capacità di generare stabili e significative ricadute occupazionali; per il
reperimento delle risorse finanziarie viene fatto riferimento ad una pluralità
di soggetti di mercato e si può parlare di un effetto di traino combinato
università/distretto industriale.
Non è difficile intuire che questo tipo di sistema è molto utile all’economia territoriale e che nel suo insieme riesce a dare un contributo importante alla crescita economica. Purtroppo è poco probabile che nel
nostro Paese si riesca a raggiungere un modello così sviluppato di aziende
spin-off. Il principale motivo è sicuramente il grande divario che intercorre tra Italia e Stati Uniti a livello di sistema educativo; il sistema universitario statunitense è basato su principi privatistici che implicano una stretta collaborazione con l’industria. Partendo da presupposti completamente
diversi, le università italiane trovano molte difficoltà nell’avviare con
successo progetti di spin-off che abbiano un certo impatto sull’ambiente
circostante.
Nonostante le evidenti difficoltà sopra esplicate, guardando ai segnali
positivi degli ultimi anni, si possono intuire margini di miglioramento molto
soddisfacenti che, però, necessitano di specifici interventi sia privati che
pubblici.
4. Il caso dell’Ateneo senese
Il ruolo dell’ILO
L’analisi empirica ha ad oggetto la realtà dell’Ateneo senese. Tale scelta è
derivata dal forte interesse che l’Ateneo negli ultimi anni ha dimostrato allo
sviluppo delle relazioni delle strutture accademiche con il sistema economico locale. L’ILO dell’Università degli Studi di Siena (www.unisi.it/liaison/) è
stato costituito nel maggio del 1998, infatti, con il duplice scopo di agevolare la diffusione dei risultati dell’attività di ricerca condotta all’interno dei
dipartimenti universitari e di sostenere la competitività del tessuto di piccole
e medie imprese con particolare riferimento al territorio della provincia di
Siena. L’impulso alla creazione di tale ufficio presso l’Ateneo senese è stato
frutto diretto dell’impegno di un docente strutturato presso lo stesso. Inizialmente, l’attività dell’ILO è stata interamente finanziata con fondi dell’Università di Siena da cui dipende e da cui nel prossimo futuro si separerà per
trasformarsi in centro di ricerca. Attualmente l’ILO, a causa delle scarse
risorse messe a disposizione dall’Ateneo, autofinanzia la sua attività con
fondi derivanti dai progetti di ricerca direttamente conclusi.
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Dall’anno di costituzione ad oggi, l’ILO di Siena ha provveduto ad avviare una serie di studi sullo stato di avanzamento della ricerca scientifica e
tecnologica, per individuare le attività di ricerca nelle quali il sistema italiano gode di vantaggi o svantaggi competitivi; inoltre, ha messo a punto una
serie di servizi promozionali, informativi e consulenziali rivolti sia ai ricercatori dell’ateneo che alle aziende ed alle istituzioni del territorio, il tutto nel
quadro di una costante interazione con i centri di ricerca universitari volta
alla strutturazione di progetti comuni università-impresa.
L’Università di Siena ha affiancato al Liaison Office altre tre unità tra
loro complementari, destinate a svolgere un ruolo essenziale nella comunicazione con il sistema delle imprese, tenendo conto della varietà delle funzioni che devono essere svolte, al fine di assicurare un’adeguata interazione
tra domanda e offerta di conoscenze trasferibili:
• un ufficio di comunicazione interno assicura la raccolta e la diffusione di
informazioni sull’attività di ricerca dei nuclei di ricerca dell’Ateneo presso il
sistema industriale;
• un centro interuniversitario di ricerche sui temi dell’economia e della gestione dei sistemi di ricerca scientifica e tecnologica, Custom, assicura la
disponibilità e il costante aggiornamento di conoscenze specialistiche e di
capacità di valutazione tecnico-economica delle tecnologie, qualificandosi
come centro di analisi di fattibilità economica delle iniziative di trasferimento tecnologico e, allo stesso tempo, come unità di erogazione di servizi di
informazione tecnologica al sistema industriale e al sistema finanziario;
• una società consortile per azioni, Etruria Innovazione, assolve, infine, la
funzione di raccordo operativo tra domanda e offerta di ricerca e di
erogazione di servizi tecnologici.
L’ILO dell’Università di Siena ha, quindi, adottato una struttura organizzativa
a rete con una conseguente divisione di ruoli nella gestione dei diversi
aspetti del trasferimento tecnologico.
L’ILO si propone di far conoscere la sua attività al di fuori del territorio
toscano e a tale scopo ha sviluppato specifiche politiche di comunicazione
al fine di raggiungere principalmente due obiettivi:
1) informare le aziende e le istituzioni della presenza dell’ufficio sul territorio;
2) promuovere il trasferimento tecnologico e la nascita di nuovi servizi implementati dal Liaison Office.
Per pubblicizzare la sua attività, l’ILO si serve di:
– un sito internet aggiornato e completo;
– seminari, incontri ed eventi;
– partecipazione a saloni e fiere;
– brochures inviate direttamente alle aziende;
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– pubblicazione periodica di “Le News di Liaison”, una newsletter informativa sulle attività e i servizi del Liaison Office, rivolta sia ad un pubblico
interno (docenti e comunità di ricercatori) che al sistema imprenditoriale ed
istituzionale.
Molte delle aziende che si sono messe in contatto con l’ILO di Siena, hanno
chiesto di stabilire rapporti sistematici per il trasferimento di risorse umane
qualificate dall’università presso le proprie strutture. La pratica dello stage o
l’offerta di lavoro hanno trovato un loro sbocco naturale nell’organizzazione.
Altra attività svolta dall’ILO di Siena è la funzione di servizio di Informazione tecnologica che consente alle imprese di monitorare soluzioni tecnologiche innovative, sviluppate da centri di ricerche nazionali ed internazionali nei propri settori di attività, tramite banche dati prodotte direttamente
dall’ILO.
L’ILO pone attenzione alla consulenza brevettuale ed in particolare alle
ricerche svolte all’interno dell’Università degli Studi di Siena. A ciò è rivolta
la decisione presa dall’Ateneo di redigere un regolamento per la proprietà
intellettuale e di istituire una Commissione brevetti per la valutazione delle
richieste pervenute dai ricercatori. L’ILO organizza e velocizza le procedure di richiesta e le fasi di valutazione da parte della Commissione stessa.
L’ILO svolge, inoltre, anche la funzione di consulenza per l’attivazione
di aziende spin-off. Tale struttura, rappresentando un importante strumento
di trasferimento tecnologico, ha reso possibile la diffusione sul mercato locale delle conoscenze specifiche sviluppate nelle strutture di ricerca
dell’Ateneo senese. Nell’ambito di questa funzione, l’ILO ha creato una
forma di collaborazione con l’ILO “UETP Alma Mater” di Bologna per la
creazione di un regolamento rivolto ad uniformare la disciplina delle aziende spin-off.
Infine, le attività di stage e di formazione permettono in maggior misura
il perseguimento della missione principale dell’ILO: il raccordo tra il mondo
accademico e mondo imprenditoriale, creando opportunità formative sul
campo per i laureati/laureandi dell’Università degli Studi di Siena (cfr. Relazione sulle attività del Liaison Office di Ateneo per l’anno 2001).
Al momento della costituzione, l’ILO si è occupata del marketing
dell’Ateneo oggi, come precedentemente visto, ha diversificato la sua attività, prestando non solo servizi alle aziende, ma anche ai professori universitari ed è attualmente impegnato nella promozione di stage in imprese
locali e nel monitoraggio brevettuale al fine di creare l’offerta di ricerca
dall’università.
Attualmente l’ILO può contare sulla collaborazione di quattro persone
che si impegnano a valorizzare l’attività della struttura e dell’università e ad
incentivare una più profonda collaborazione tra l’università e le imprese
localizzate nelle aree di Siena, Arezzo e Grosseto (in queste ultime due
città sono presenti sedi distaccate dell’Università degli Studi di Siena). Per il
prossimo futuro, l’ILO di Siena si propone di potenziare il trasferimento
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Spin-off universitari
tecnologico, di incentivare la creazione di spin-off ed infatti è in programma la creazione di un parco scientifico e tecnologico in materia di
biotecnologie.
Infine, l’ILO di Siena è stato proposto quale esempio per la progettazione e la realizzazione di un’analoga struttura nella realtà del Mezzogiorno
d’Italia per le Università di Campobasso, Potenza e Lecce.
Gli spin-off accademici senesi
L’ILO dell’Università di Siena, pur essendo di recente costituzione, ha contribuito alla nascita di sette aziende spin-off. La struttura a rete di cui si è
dotato l’ufficio ha permesso di svolgere e sostenere l’attività di costituzione
delle nuove aziende. Tuttavia, l’esiguità del numero di persone operanti in
tale ufficio ha reso necessario, a seconda delle necessità dei proponenti le
nuove idee imprenditoriali, rivolgersi a consulenti esterni dotati delle professionalità adeguate a sostenere il processo di costituzione e lancio delle
costituende aziende.
Per una maggiore comprensione delle difficoltà incontrate dai soggetti
proponenti nel trasformare i risultati della propria ricerca prima in idea
imprenditoriale e poi in azienda operante, sono stati somministrati, in forma anonima ed attraverso il Liaison Office, degli appositi questionari alle
aziende spin-off costituite. Il questionario si compone di tre parti. La prima
ha avuto l’obiettivo di raccogliere informazioni di carattere generale sull’azienda indagata. In particolare, sono stati oggetto di domanda il settore
economico di appartenenza, l’anno di costituzione, il tempo trascorso tra il
momento del concepimento dell’idea aziendale e l’effettiva costituzione della
nuova azienda, la forma giuridica assunta, ecc.
Nell’ateneo senese, pur essendo stato costituito nel 1998 uno specifico
ILO, i processi di spin-off sono iniziati molto più di recente, cioè nel 2001
con la costituzione della prima azienda nel settore della consulenza ambientale. Di particolare interesse è, però, notare che il periodo di gestazione dell’idea aziendale in media ha avuto una durata massima inferiore
all’anno. La rapidità con la quale i soggetti impegnati nel processo di spinoff sono riusciti a concludere tale delicata fase è riconducibile principalmente a due ordini di motivazioni:
1) la dimensione dei costituendi organismi aziendali. Infatti, questi, all’atto
della loro costituzione, possedevano un capitale di costituzione in media
leggermente superiore ai diecimila euro;
2) l’iniziale semplicità dei loro rapporti commerciali. Infatti, le aziende che
si sono costituite nella maggior parte dei casi, almeno durante il periodo
iniziale della loro attività hanno avuto l’Università di Siena come loro principale cliente. Una situazione di tal genere sicuramente permette di affrontare con maggiore “leggerezza” tutte le problematiche insite nella fase di
gestazione dell’idea imprenditoriale.
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Spin-off universitari
Oltre alla relativa brevità della fase di gestazione, altrettanto interessante è
notare la forma giuridica scelta per le costituende aziende spin-off. Nella
totalità dei casi l’ente aziendale è stato costituito sotto forma di società a
responsabilità limitata. Tale scelta ha permesso principalmente di limitare il
rischio imprenditoriale in capo ai soggetti proponenti derivante dall’esercizio della nuova attività economica ed inoltre non ha richiesto l’iniziale impiego di ingenti risorse finanziarie. Infatti, il capitale di costituzione delle
aziende spin-off è stato nella maggior parte dei casi pari al minimo previsto
dal nostro ordinamento legislativo e cioè diecimila euro. La piccola dimensione dei nuovi organismi aziendali è rilevabile oltre che per l’ammontare
del capitale di costituzione anche per il numero di dipendenti delle stesse
che in media non supera le tre unità.
L’idea imprenditoriale e la successiva implementazione ha sempre coinvolto in tutti i casi di spin-off una pluralità di soggetti e mai un singolo
individuo. In particolare, i soggetti impegnati nello sviluppo dell’idea imprenditoriale sono stati in media sei, caratterizzati dal possesso sia di un
diverso bagaglio culturale che di una diversa esperienza lavorativa. Infatti,
nell’implementazione dell’idea imprenditoriale sono stati coinvolti non solo
professori e ricercatori universitari ma anche professionisti del settore di
riferimento della costituenda azienda. In quest’ultimo caso, il coinvolgimento
di soggetti esterni ha comunque riguardato professionisti (giornalisti) già
impegnati in rapporti di collaborazione con la struttura universitaria proponente dello spin-off. La presenza di questi soggetti ha permesso, probabilmente, un contatto diretto con il sistema economico locale e quindi una
maggiore conoscenza dei bisogni presenti all’interno dello stesso.
Per quanto attiene al concepimento dell’idea imprenditoriale è stata riscontrata, all’interno dell’Ateneo senese, un’equa distribuzione tra personale docente strutturato, personale tecnico-amministrativo e ricercatori non
strutturati. La varietà delle “fonti” delle nuove idee imprenditoriali può essere oggetto di una duplice interpretazione. Da un lato, tale situazione lascia
intravedere l’esistenza di una cultura economico-imprenditoriale diffusa all’interno dell’intero Ateneo; dall’altro, invece, tale dispersione potrebbe essere interpretata come punto di debolezza dell’intero processo di spin-off,
poiché i soggetti istituzionalmente impegnati nell’attività di ricerca risultano
essere produttivi, in termini di nuove idee imprenditoriali, nella stessa misura delle altre categorie di soggetti operanti all’interno delle università. Infatti, è riscontrabile dall’analisi dei dati dell’indagine condotta uno scarso
“impegno”, in termini relativi, del corpo docente strutturato alla produzione
ed allo sfruttamento imprenditoriale dei frutti della ricerca, laddove tali soggetti dovrebbero essere, dal punto di vista razionale ed economico, gli
attori protagonisti dei processi di spin-off accademico. La scarsa propensione allo sfruttamento commerciale dei risultati dell’attività di ricerca da parte
del personale accademico dell’Università è da attribuire principalmente all’elevato livello di sicurezza lavorativa e all’elevato prestigio sociale di cui
gode la posizione accademica ricoperta.
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Spin-off universitari
Passando dalla fase del concepimento a quella di implementazione
dell’idea imprenditoriale è possibile riscontrare ancora una volta lo scarso
impegno del corpo docente. Infatti, l’analisi degli spin-off realizzati all’interno dell’Ateneo senese ha permesso di rilevare il coinvolgimento, nello sviluppo della nuova idea aziendale, di un solo ricercatore strutturato (professore ordinario). Nella maggior parte dei casi la realizzazione dell’idea
imprenditoriale è avvenuta ad opera di neo-laureati, assegnisti di ricerca e
dottorandi; in un solo caso sono stati coinvolti nel processo di spin-off anche
professionisti esterni (nella fattispecie giornalisti) al fine di sopperire alla
insufficiente conoscenza del settore economico di riferimento della costituenda
azienda. Tale situazione fornisce ulteriore sostegno alla nostra idea e cioè
l’esistenza di una struttura universitaria scarsamente incentivante alla
commercializzazione dei risultati della ricerca.
La mancanza di un idoneo sistema incentivante è ulteriormente confermata dall’analisi delle risposte fornite alla domanda riguardante i “fattori”
che hanno portato alla costituzione dell’azienda spin-off. La principale
motivazione individuata dagli intervistati è stata il maggior riconoscimento
sociale derivante dalla nuova attività imprenditoriale svolta. Le motivazioni
di carattere monetario, seppur ritenute importanti da due dei cinque soggetti intervistati, hanno sicuramente ricevuto minore attenzione. Fattori di natura non monetaria, quali soddisfazione personale e maggiore riconoscimento sociale, costituiscono quindi i principali incentivi allo sfruttamento economico dei risultati della ricerca; entrambi i suddetti obiettivi, però, sono,
nella maggior parte dei casi, già stati raggiunti dai ricercatori che occupano posizioni di elevato livello all’interno delle strutture accademiche e quindi risultano essere scarsamente incentivanti nei loro confronti.
Il processo di implementazione della nuova idea imprenditoriale costituisce una delle fasi più delicate della vita di un’azienda poiché le decisioni
e le risposte date ai problemi incontrati in tale periodo hanno delle forti
influenze sulle condizioni di esistenza e le future manifestazioni di vita del
nuovo organismo economico. Sia durante la fase di gestazione dell’idea
aziendale che dopo la costituzione del nuovo organismo economico, l’indagine ha permesso di evidenziare nelle questioni di carattere commerciale e di carattere manageriale le principali problematiche da affrontare.
A fronte delle suddette problematiche è importante evidenziare il limitato contributo/aiuto fornito dall’ILO dell’Ateneo senese. Infatti quest’ultimo
nella totalità dei casi si è adoperato solo per risolvere questioni di carattere
burocratico-amministrativo. Il limitato contributo fornito da tale ufficio è riconducibile principalmente a due ordini di motivazioni: la mancanza all’interno dello stesso di adeguate professionalità per risolvere le problematiche
evidenziate e la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili ed impiegabili
per il ricorso ad adeguate professionalità esterne.
Le nuove aziende nate mediante il processo di spin-off accademico, per
superare le suddette difficoltà e contemporaneamente reperire le necessarie competenze professionali per un’efficace ed efficiente conduzione della
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Spin-off universitari
gestione, hanno coinvolto nella maggior parte dei casi altri soggetti non
solo in qualità di manager dell’organismo economico ma anche in qualità
di soci della nuova iniziativa imprenditoriale.
Di particolare interesse è notare, inoltre, la stabilità e la permanenza
dei soci fondatori all’interno della compagine societaria anche nelle aziende per prime costituite. Questi soggetti svolgono all’interno della compagine societaria sia funzioni amministrative che tecnico-produttive, anzi nella
maggior parte dei casi gli stessi soggetti svolgono entrambe le funzioni. La
continua e costante partecipazione dei soci fondatori alla vita del nuovo
organismo economico costituisce sicuramente un importante fattore di forza
nei termini in cui tale situazione permette di salvaguardare i principi ed i
valori esistenti all’interno dell’azienda, evitando quindi il possibile sorgere
di conflitti di natura culturale destinati ad indebolire l’intero organismo economico. Infatti, nelle aziende “le persone risultano legate dalla motivazione
specifica di realizzare un processo di creazione di valore che le porta ad
interagire tra di loro più che con i membri di altre collettività, rapportandosi
in modo unitario alla realtà esterna, tanto da aprire un aggregato sociale
caratterizzato da una profonda unità dei componenti, la cui unitaria realtà
e la comune motivazione non viene scalfita dagli interessi individuali” (Catturi, 2003, pp. 155). La permanenza nella compagine aziendale dei soci
fondatori ed in particolare dei soggetti che hanno concepito la nuova idea
imprenditoriale, oltre a garantire la costanza dell’identità culturale del nuovo organismo economico, rende più semplice il necessario adeguamento
dell’iniziale idea imprenditoriale alle possibili diverse condizioni ambientali che la nuova azienda deve necessariamente affrontare.
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Tabella 1 – Le aziende spin-off costituite presso l’Università di Siena (*)
Azienda A
L’azienda opera nel settore dell’e-business e del web marketing, attività che si basano su progetti di
ricerca e di trasferimento tecnologico svolti nell’ultimo anno attraverso il Servizio di Informazione Commerciale, erogato alle imprese del territorio grazie alla collaborazione tra il CUSTOM (Centro
Interuniversitario di ricerca nel campo dell’economia e del management dell’innovazione tecnologica)
ed il Laboratorio multimediale di ateneo.
Azienda B
L’azienda offre consulenza nel settore ambientale alle imprese e agli enti pubblici. L’attività d’impresa si
basa su un network di competenze sia economiche che tecnico-scientifiche sviluppate nell’ambito di
quelle strutture di ricerca dell’Ateneo di Siena che hanno posto maggiore attenzione alla gestione delle
problematiche legate ad un corretto impiego delle risorse ambientali in modo da utilizzarne proficuamente le professionalità sviluppate.
Azienda C
L’azienda eroga servizi per la comunicazione, l’editoria ed i nuovi media. Realizzazione di progetti
editoriali, pubblicazioni a carattere locale e nazionale, uffici stampa, notiziari, servizi giornalistici,
anche radio televisivi, in outsourcing ed in proprio. Realizzazione di siti internet e testi per ogni tipologia
di utilizzo.
Azienda D
L’azienda offre servizi consulenziali per rispondere alle necessità legislative e qualitative nel settore
agro-alimentare. In particolare l’azienda si occupa di:
Analisi qualitativa e quantitativa Ogm;
Caratterizzazione varietale di specie di interesse agrario (olivo e vite);
Ottimizzazione delle filiere di produzione alimentare.
Azienda E
L’Azienda si occupa di progettazione e sviluppo di prodotti e servizi telematici, mediante l’utilizzo di
tecnologie SW e HW innovative (reti wireless di ultima generazione, Location Services, ecc.) e strumenti
per la realizzazione di architetture sicure (Smart Card e protocolli sicuri: IPSEC, HTTPS).
Azienda F
L’azienda nasce da un’iniziativa del gruppo di elettromagnetismo del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Siena. Le sue attività riguardano lo sviluppo e la realizzazione di codici di
simulazione per la predizione della radiazione e propagazione delle onde elettromagnetiche in scenari
realistici, la progettazione e prototipazione di sistemi di antenne e la misura di campi elettromagnetici.
Azienda G
Strutturazione di prodotti multimediali per l’ambito biologico, medico, farmacologico e diagnostico,
con lo scopo di spiegare e diffondere concetti di alto livello scientifico alla risoluzione molecolare.
L’azienda inoltre effettua consulenza per la grafica molecolare applicata alla ricerca biologica molecolare
e strutturale.
(*) Per ragioni di tutela della privacy nell’elenco delle aziende spin off costituite presso l’Università di Siena
è stato preferito sostituire i nomi reali delle aziende con nomi di “comodo”.
5. Alcune riflessioni: una possibile strategia di sviluppo dei
processi di spin-off universitari
Gli spin-off accademici sono, nel nostro Paese, un fenomeno ancora poco
diffuso, ma in costante crescita soprattutto a seguito dell’impulso ricevuto
direttamente dal Miur e delle forti ristrettezze finanziarie in cui versa il
sistema universitario italiano e la pubblica amministrazione in generale.
Numerosi sono gli ostacoli e le difficoltà da affrontare per riuscire a
sfruttare in termini imprenditoriali i risultati della ricerca universitaria. Le
difficoltà evidenziate dalla letteratura sono nella maggior parte dei casi di
natura tecnico-operativa (in particolare di natura commerciale e manageriale) mentre l’analisi condotta all’interno dell’Ateneo senese evidenzia l’esistenza di forti ostacoli anche di natura culturale. Infatti, dall’elaborazione
dei dati forniti dall’indagine è stato possibile rilevare la partecipazione di
un solo accademico ai processi di spin-off finora realizzati. Nella quasi
totalità dei casi sia le nuove idee imprenditoriali che l’implementazione
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Spin-off universitari
delle stesse è avvenuta ad opera di neo laureati o ricercatori legati all’università da un rapporto di lavoro a termine (dottorandi, assegni di ricerca).
Per superare le difficoltà evidenziate sia dalla letteratura che dall’analisi
dell’esperienza senese è possibile suggerire una serie di iniziative tendenti a
creare una cultura ed un clima maggiormente favorevole allo sfruttamento
imprenditoriale dei risultati della ricerca accademica. In particolare occorre:
A. – finanziare in maniera strategica la ricerca pubblica
Come indicato da alcuni recenti rapporti (ad esempio il Libro Verde sull’Innovazione) in Europa vi sono ridotte capacità di combinare tecnologie esistenti e risultati della ricerca pubblica per generare nuovi prodotti da immettere sul mercato. L’università deve, quindi, profondamente migliorare la
capacità di utilizzare le proprie risorse e di cercare sul mercato quelle
finanziarie necessarie, favorendo in questo modo un “avvicinamento” tra
mondo accademico e mondo imprenditoriale e favorire conseguentemente
la realizzazione di processi di spin-off universitari.
B. – offrire alle nascenti aziende spin-off l’opportunità di supportare le capacità tecniche con competenze di mercato
Le aziende che nascono presso le università operano in una logica tecnologypush, ciò significa che tentano di portare sul mercato finale prodotti e servizi innovativi basati su competenze maturate nell’ambito della ricerca. Queste unità economiche rappresentano attori fondamentali del processo innovativo, ma il loro tasso di mortalità è elevatissimo. Per ridurre la mortalità di
tali aziende, è necessario che l’attività imprenditoriale si avvalga di competenze gestionali sin dall’avvio (servizi di marketing, assistenza tecnica, sviluppo business plan) e non si basi solo sull’”euforia tecnologica” e l’entusiasmo che caratterizza le fasi di avvio.
C. – offrire a livello universitario formazione a carattere imprenditoriale
L’università attuale non dedica molto tempo (tranne che in rare eccezioni)
ad insegnare ai propri laureandi in materie scientifiche e tecnologiche come
si costituisce e gestisce un nuovo organismo economico. Offrire agli studenti nelle discipline scientifiche elementi di base in materie di natura economico-aziendale appare sempre più un’integrazione formativa indispensabile.
L’ampliamento dell’offerta formativa con materie economico-aziendali favorirebbe all’interno dell’intero Ateneo la formazione di una cultura imprenditoriale non solo dei neo-laureati ma anche del futuro corpo accademico.
D. – ampliare le opportunità di finanziamento
Negli Stati Uniti le società di venture capital finanziano le piccole aziende
non tanto in funzione della loro innovatività, ma soprattutto in funzione
della capacità di generare profitti nel breve periodo; non rappresenta un
fattore discriminante che il business sia ad elevato contenuto tecnologico o
meno. Questa capacità è senza dubbio favorita da fattori direttamente
afferenti la sfera tecnologica, come nel caso di un nuovo protocollo per le
telecomunicazioni su internet (Netscape) o dei progressi nello sviluppo di
un farmaco anticancro (British Biotech).
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Le quattro iniziative su riportate richiedono però un profondo cambiamento
anche delle strutture specificatamente preposte, all’interno dei vari atenei, ad
incentivare e sostenere le nuove realtà imprenditoriali nascenti dallo sfruttamento commerciale dei risultati della ricerca condotta presso le varie strutture
accademiche. In particolare, gli ILO presenti presso le varie università possiedono ancora scarse professionalità, scarse risorse e scarsa autonomia
gestionale per poter sviluppare un’efficace ed efficiente strategia di crescita
dei processi di spin-off e gestire quindi i vari rischi ed ostacoli che è possibile
incontrare lungo il processo di sviluppo delle nuove idee. In tal caso, anche la
presenza di numerose idee, potenzialmente sfruttabili dal punto di vista commerciale, all’interno delle strutture accademiche potrebbe non “arrivare” ad
affacciarsi materialmente sul mercato.
Figura 1 – Collegamento Università – Ambiente economico
Università
Idee
aziendali
Rischi ed ostacoli:
- rischi finanziari;
- mancanza di adeguate conoscenze
manageriali;
- rischi commerciali/di mercato
Ambiente
economico
A tal fine può sembrare utile sviluppare delle nuove strutture che, pur essendo diretta emanazione del mondo accademico, assumano il ruolo e la funzione sia di collegamento tra mondo universitario e mondo economicoimprenditoriale che di pre-incubatore delle nuove iniziative aziendali
(Grimaldi, Grandi, 2001).
Il principale punto di forza del modello di pre-incubatore universitario
consiste nella possibilità per gli accademici di testare la propria idea commerciale senza però essere proprietari di una nuova unità aziendale. Infatti, a differenza degli incubatori, i pre-incubatori sostengono delle nuove
idee aziendali e non delle nuove aziende. In tal caso la nuova idea imprenditoriale inizia ad operare sotto forma di centro della più ampia struttura
del pre-incubatore ed attraverso la stipula di un contratto tra il corpo di
ricerca accademico e la struttura ospitante viene concessa la possibilità al
primo di effettuare delle vere e proprie transazioni di mercato in nome della
seconda. Una tale forma organizzativa permette, inoltre, di ridurre il rischio imprenditoriale legato alla nuova iniziativa grazie alle forme di controllo che il management del pre-incubatore esercita sull’attività dei singoli
centri presenti al suo interno. L’effettiva nascita del nuovo soggetto econo73
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mico avviene solo dopo che il gruppo di ricerca, cioè i potenziali imprenditori, ha accumulato un sufficiente bagaglio di nuove conoscenze e capacità
per poter gestire autonomamente il nuovo soggetto economico.
Figura 2 – Sviluppo del collegamento Università – Ambiente economico
Pre
incubatore
universitario
Università
Idee
aziendali
Centri di
profitto
Ambiente
economico
Nuove
aziende
All’interno del nostro ordinamento è regolata una nuova forma aziendale
che potrebbe essere utilizzata al fine da noi proposto: la fondazione universitaria. Infatti, l’art. 2 del d.P.R. 24 maggio 2001, n. 254 ( Regolamento
recante criteri e modalità per la costituzione di fondazioni universitarie di
diritto privato) prevede che “le fondazioni possono svolgere, a favore e per
conto degli enti di riferimento (le università fondatrici) attività di promozione e attuazione di iniziative a sostegno del trasferimento dei risultati della
ricerca, della creazione di nuove imprenditorialità originate dalla ricerca”.
Inoltre, le fondazioni universitarie, in base a quanto previsto dallo stesso
articolo 2 del d.P.R., possono:
• promuovere la raccolta di fondi privati e pubblici e la richiesta di contributi pubblici e privati locali, nazionali, europei e internazionali da destinare agli scopi della fondazione;
• stipulare contratti, convenzioni, accordi o intese con soggetti pubblici o
privati;
• amministrare e gestire i beni di cui abbiano la proprietà o il possesso,
nonché le strutture universitarie delle quali sia stata affidata loro la gestione.
La normativa sembra accogliere ed incentivare l’assunzione di un ruolo
maggiormente attivo da parte delle università nel processo di sviluppo economico e sociale di un determinato territorio e fornisce a tale scopo un
nuovo strumento, la fondazione, che godendo di un ampio margine di autonomia ed indipendenza può svolgere il necessario ruolo di collegamento
tra mondo accademico ed imprenditoriale.
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