nuovi arrivi - Corriere della Sera

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NUOVI ARRIVI
Luke Chapman stava giocando la migliore
partita della sua vita. Aveva appena segnato
due bellissimi gol, e nessuno gli avrebbe impedito di infilare una tripletta.
«Forza, Luke, puoi farcela!» strillò il suo
allampanato amico Max, che giocava in porta nella squadra di Luke.
«Ecco la mia occasione» borbottò Luke,
quando un attaccante dell’altra squadra salì
palla al piede verso di lui. Luke si lanciò verso il pallone, velocissimo, e con un tackle
perfetto lo tolse al suo avversario; si rialzò in
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un lampo. Recuperò il pallone in scioltezza,
scartò un difensore, e marciò verso la porta.
«Vai!» gridò Oliver, un altro suo amico,
quando Luke calciò forte. Il pallone finì diritto in rete.
«Sìììì» ruggì Luke, non appena arrivò il fischio finale.
«Ce l’abbiamo fatta» esultò Max. Intonò
un canto di vittoria: «Tre-a-zero! Tre-a-zero! Tre-a-zero!»
Luke, con un gran sorriso, si avviò agli spogliatoi insieme ai suoi amici. Era alla David
Beckham Academy da appena un paio di giorni, ma si era già fatto due nuovi amici e stava
giocando meglio di quanto avesse mai fatto.
«Sei stato grande» disse Oliver, dando a
Luke una pacca sulla spalla.
«Grazie» disse Luke. «Credo di essere
stato fortunato.»
«Fortunato?» ripeté Oliver. «Il tuo è puro
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talento, per come la vedo io. Vorrei essere
bravo anche solo la metà di te!»
«Giochi benissimo anche tu, Olly» disse
Luke con un sorriso.
«Può darsi, ma scommetto che sarai tu
quello che fra pochi anni giocherà da professionista.»
«Già, be’…» disse lui, stringendosi nelle
spalle.
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Imbarazzato, Luke si passò una mano tra i
capelli corti, castani. Gli capitava spesso di
essere il miglior giocatore in campo, ma
non andava mai in giro a vantarsene.
«Comunque, hai appena fatto un paio di
tackle mondiali» disse Luke. «E sei un mago
della tattica.»
«Oh, la tattica è solo roba da banchi di
scuola» disse Oliver, con una smorfia.
«Quello che conta è ciò che uno fa in campo.»
«E non aiuta avere gambe corte e grassottelle, vero?» disse Max alle loro spalle, cercando per scherzo di fare lo sgambetto a
Oliver.
«Ehi, smettila» scattò lui. «Non mi sembra di averti visto fare grandi cose là fuori…»
«Cosa vuoi dire?» chiese Max, sorpreso.
«Be’, ogni volta che uno degli attaccanti
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arrivava dalle tue parti, Luke gli si precipitava addosso e gli toglieva il pallone!»
«Forse sì» ribatté Max, aggrottando le sopracciglia. «Ma bisogna avere un talento per
fare il portiere, sai?»
«E quale? Quello di starsene lì in piedi e
cercare di non addormentarsi?» lo prese in
giro Oliver.
«Non volevo dire questo» replicò Max.
«Essere alto e smilzo allora?» ridacchiò
Oliver. «Nemmeno quello è talento, sai?»
«Ehi! Ho fatto delle belle parate in questa
partita!» protestò Max.
Luke rise. Quei due proprio non riuscivano a non punzecchiarsi a vicenda.
Più tardi, negli spogliatoi, i ragazzi avevano
appena finito di cambiarsi quando sentirono
una voce possente rimbombare per tutta la
sala.
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«Posso avere la vostra attenzione, per favore? Devo fare un annuncio molto importante!»
Era la voce di Frank Evans, capo allenatore dell’accademia. Frank aveva i capelli
brizzolati, un bel paio di baffoni grigi e in
quel momento le sopracciglia aggrottate
come se fosse irritato. D’improvviso tutti
smisero di chiacchierare e drizzarono le
orecchie.
«Chissà cos’è» bisbigliò Oliver. «Magari
sta arrivando David Beckham.»
«Shhhh» sibilò Max.
Il signor Evans scoccò a Max e Oliver
un’occhiata severa, poi si schiarì la voce con
aria pomposa.
«Ora, come sapete tutti, alla Coppa del
Mondo mancano solo pochi mesi, e per celebrare questo avvenimento parteciperemo
a un progetto speciale di scambio-giocatori.
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Per il resto della settimana una squadra
francese verrà a stare qui con voi. Non capita spesso, per cui spero che diate loro un caloroso benvenuto.»
Max alzò la mano e iniziò a sventolarla.
«Sì, Max, cosa c’è?» disse Frank.
«Vuole che li stracciamo?»
Tutti ridacchiarono e Frank si schiarì di
nuovo la voce.
«Mi aspetto che facciate del vostro meglio, ovviamente» disse. «Ma la cosa più
importante è dimostrare loro ciò che c’è
di buono nel calcio inglese. Voglio vedere
gioco di squadra, dedizione e grande sportività.»
Bisbigli di eccitazione corsero lungo la sala, e Oliver si voltò verso Luke con un mezzo ghigno. «Dimostreremo loro ciò che c’è
di buono nel calcio inglese, sicuro» disse.
«Li farai a pezzi!»
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Uno dopo l’altro, i giocatori francesi entrarono negli spogliatoi, con aria un po’ nervosa.
«D’accordo» riprese Frank. «Ora mettetevi in fila e stringete la mano ai nostri ospiti per dar loro il benvenuto.»
Le due squadre sfilarono l’una davanti all’altra e i ragazzi, sorridendo, si scambiarono strette di mano.
«Ciao, sono Luke» disse Luke quando si
ritrovò davanti il ragazzo che chiudeva la
fila.
«Louis» ribatté il ragazzo. Era più alto di
lui, e aveva i capelli lunghi e neri. Era molto robusto.
«Si sta proprio bene, qui» aggiunse Luke.
«Vi divertirete un sacco.» Gli porse la mano
e Louis la strinse in silenzio, poi si voltò di
scatto e uscì insieme ai suoi compagni di
squadra.
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Luke rimase lì, un po’ confuso. «Uhmm»
disse tra sé. «Ho detto qualcosa che non
andava?»
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