2014 - Paola Vidotto

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2014 - Paola Vidotto
Autori Vari
AUTORI VARI
LA PAROLA CHE CI PRENDE
LA PAROLA CHE CI PRENDE
Nota introduttiva di Paola Vidotto
ISTITUTO “NAUTICO SAN GIORGIO”
Istituto “Nautico S.Giorgio”
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INDICE
Mattia Calcagno, Perdita
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Nicolò Parodi, Politica
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David Guidobono, Possibilità
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Presentazione
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Francesco Ferrero, Rete
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Prefazione
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Andrea Pittamiglio, Saggezza
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Nota introduttiva di Paola Vidotto
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William Aruanno, Sessualità
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Matteo Piatto, Attesa
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Pietro Farina, Silenzio
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Nicola Onorato, Bellezza
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Andrea Calvi, Storia
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Mattia Vriellini, Casa
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Andrea Costa, Stupidità
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Simone Ghiglione, Comunicazione
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Eugenio Sciaccaluga, Tenerezza
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Enrico, Pibiri, Conflitto
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Marco Api, Tifoseria
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Fabio Rossi, Corruzione
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Davide Bruzzone, Tolleranza
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Gianluca Giorgianni, Fiducia
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Samuele Breda, Velocità
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Giorgio Lovati, Fine
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Simone Tassiano, Zero
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Rishad Warnakulasuriya, Futuro
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Simone Capurro, Infelicità
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Thomas Coppola, Limite
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Renè De Toledo, Malinconia
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Davide Asioli, Mare
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Giulia Scarafile, Merito
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Lorenzo Buson, Obiettivo
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Gianluca Moro, Onestà
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Luca Longino, Paura
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3
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Presentazione
Cercando le parole si trovano i pensieri.
Joseph Joubert,
Pensieri, 1838 (postumo)
Le parole sono come
pallottole
L.Wittngenstein
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Spesso ci interroghiamo su quale sia, oggi, il compito o, meglio,
la "mission" della scuola. Io sono convinta che sia quello di
"istruire", "educare" e "formare" per consentire lo sviluppo di
quell'importantissimo capitale umano che noi abbiamo: gli
studenti. Loro sono il nostro investimento, la nostra speranza, il
futuro. Per questo è necessario valorizzare, potenziare le loro
capacità e fornire tutti gli strumenti che possano aiutarli ad
inserirsi e a rimanere nel modo del lavoro. Usando il linguaggio
europeo dobbiamo far sì che acquisiscano le "competenze
chiave, quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e
lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale
e l’occupazione”.
Tra le otto competenze individuate dal Parlamento europeo
(Raccomandazione 2006/962/CE del 18 dicembre 2006), le
prime due sono legate alla comunicazione nella madre lingua e
nelle lingue straniere. Questo ci ha spinto realizzare nell'ambito
delle attività di alternanza scuola lavoro delle classi quinte un
corso di comunicazione strategica e di arte retorica. E' nato così
il Cantiere "La parola che ci prende", ideato e realizzato da
Paola Vidotto, esperta di processi formativi e comunicazione,
che da anni collabora con l'Istituto nell'ambito della
progettazione didattica per competenze.
Hanno partecipato al cantiere 70 studenti di quinta di Genova e
di Camogli che da gennaio a giugno si sono incontrati e si sono
cimentati nell'arte della comunicazione.
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E' stata un'esperienza altamente formativa, divertente e
arricchente per tutti, anche per me che ogni tanto mi introfulavo
nei gruppi e li osservavo.
Il "capolavoro" del cantiere è questo piccolo libro, scritto a più
mani, un vocabolario particolare dove ogni parola assume un
significato speciale legato alle emozioni e al vissuto
individuale.Un ringraziamento a tutti quelli che hanno
partecipato al cantiere e in particolare a Paola Vidotto per la
professionalità, la passione e l'entusiasmo che ha saputo
trasmettere ai ragazzi.
Angela Pastorino
Dirigente scolastico ITTL " Nautico S. Giorgio"
Giugno 2014
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Prefazione
Scrivere parole per un libro sulle parole: uno scherzo? No: un
regalo inatteso e graditissimo, da parte degli alunni di una scuola
che mi continua a stupire: ragazzi che potremmo immaginare
condannati al gergo (pardon, alla lingua) della marineria,
impegnati solo a scambiare frasi tecniche fra plancia di comando
e sala macchine oppure curvi sui disegni di chiglie e sentine, ora
e sempre. Ecco invece, fresco, profondo e sincero, un libro che
coraggiosamente esplora il senso della parola e delle parole, che
con piglio degno degli umanisti arriva alla filosofia con la
filologia, che, parola dopo parola, apre la riflessione con lo
spunto personale del singolo autore e spesso chiude con un
aforisma di valenza universale, secondo la prescrizione dei
classici. Alcuni aforismi mi hanno colpito e li riprendo:“un
uomo corrotto non è mai un uomo libero”, “il bello della vita è
che arriva un giorno alla volta”. Gli altri li scoprano i lettori.
Ma già, “classis” per i latini era la flotta, quindi chi meglio degli
allievi del Nautico S. Giorgio di Genova per un’impresa così
ardita nel procelloso mare magno della parola?
Mi ha solleticato anche questa auto definizione degli autori: si
presentano come “neomaggiorenni”, come dire: iniziati da poco
ai misteri dell’attesa, del limite, della sessualità e del silenzio,
dell’onestà e della corruzione…
Eredi del potere della parola per essere liberi di essere sé stessi,
appena incamminati in una modernità che sentono faticosa,
talvolta ostile, spesso più complessa da com-prendere
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(affrontare insieme) delle parole che hanno com-preso (capito
insieme). Mentre con un po’ di invidia per loro penso che nel
percorso di scuola e di progetto hanno avuto delle guide
veramente in gamba, voglio augurare agli autori di questo libro
un lungo e sereno viaggio nella vita, in buona compagnia: il
senso ed il valore delle parole che ci rendono capaci di vera e
completa umanità.
Alessandro Clavarino
Direttore Settore Sistema Scolastico Educativo Regionale del
Dipartimento Istruzione, Formazione e Lavoro Regione Liguria
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Nota introduttiva
In una realtà fatta di immagini rapide, di tempi televisivi, di
messaggi sincopati sui telefonini e sui social network, mentre la
comunicazione efficace sembra diventare strumento di potere,
ecco che i giovani risultano i primi ad essere deprivati della
ricchezza della parola. Hanno tante cose da dire ma spesso la
lingua si inceppa, la parola non si trova, l’eloquio si irrigidisce
in una sintassi da brivido. Certo forse leggono poco, hanno visto
tanti cartoni invece che ascoltare favole, scrivono solo sotto
costrizione ma hanno davvero tanta voglia di ritrovare “la parola
che li prende”, riconoscono il loro bisogno e sono consapevoli di
ciò che stanno perdendo. Di qui nasce questo piccolo libro, il
prodotto di un corso di comunicazione strategica e arte retorica
proposto ai ragazzi delle classi quinta dell’Istituto Tecnico dei
Trasporti e Logistica. Hanno aderito in molti ad una proposta
forse fuori moda e apparentemente fuori luogo e,
destreggiandosi sempre più abilmente fra tecniche di
comunicazione e i dettami di Cicerone e Quintiliano, sono
arrivati ad una importante conclusione: è la parola che espande
la coscienza. In questo libricino dunque emergono frammenti
delle loro idee e dei loro pensieri a comporre il puzzle della
morale e dell’etica dei neomaggiorenni. Prima sono stati forniti
strumenti, in differenti lezioni si sono affrontati, seguendo il
metodo della ricerca-azione e utilizzando il gioco come
strumento prioritario di apprendimento, i grandi temi: come si
comunica, cosa è una comunicazione efficace, come si
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costruisce un discorso, come si utilizzano le parole e come si
pronunciano. Poi a ciascun studente è stata assegnata una parola
da focalizzare, indagare, da cui farsi
interrogare e
suggestionare. Nell’universo giovanile le parole sembrano
essersi opacizzate, appiattite, svuotate, troppo spesso sono
sconosciute. Ma dopo questa esperienza come dice Cicerone,
dopo aver fatti belli gli esordi e splendidi gli approcci hanno
rafforzato le loro posizioni. Un esercizio di stile? No non solo.
Un’occasione per scoprirsi ricchi e, soprattutto, pensanti.
Paola Vidotto
Esperta di processi formativi e comunicazione
Giugno 2014
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Matteo Piatto
ATTESA
L’attesa può avere diverse forme, spesso però l’uomo associa
questa parola alla noia. Attesa si collega ad un evento noioso,
come per esempio la fila allo sportello o la coda in autostrada.
Ma l’attesa può ridursi a questo? Non può essere anche speranza
o un momento di crescita o di felicita? Mi vien da pensare ad
una madre che spetta la nascita del proprio figlio. Di cosa è
fatta la sua attesa? Di immaginazione, di calore, di felicità
incrinata solo dal timore che tutto vada bene. Dice Francois de
la Rochefoucauld: “ L’attesa attenua le passioni mediocri e
aumenta le grandi”. Ha proprio ragione. Per me, in questo
momento, la parola attesa si associa ad un periodo di
cambiamento drastico per la mia vita, quasi un confine in attesa
di essere superato. E’ l’attesa di un lavoro che mi permetta di
iniziare il mio percorso di vita e di crescita. Non pretenderei di
soddisfare subito il mio desiderio, l’attesa è anche un momento
che dà valore alle cose. Non credo però che questa attesa debba
trasformarsi in un tempo troppo prolungato, diventerebbe
frustrazione, incertezza e abbruttimento. I giovani non meritano
di essere gettati nel limbo.
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Nicola Onorato
Mattia Vriellini
BELLEZZA
CASA
La bellezza è ciò che rende la vita un'ispirazione perché siamo
attratti dal bello, da ciò che stimola il nostro piacere. Bellezza e
piacere sono strettamente connessi, ma a non tutte le persone
piacciono le stesse cose per cui non esiste un concetto oggettivo
di bellezza. Tuttavia da sempre ci si sforza di fissare dei canoni
di bellezza e ogni epoca ha sempre avuto il suo ideale per
guidare le persone a definire ciò che è bello.
Oggi il modo di pensare delle persone è cambiato, ognuno si
crede libero di poter identificare il bello con i propri gusti. In
realtà nuovi fattori influenzano e condizionano la nostra
concezione di bello primi fra tutti gli slogan pubblicitari, ormai
indispensabili per promuovere qualsiasi tipo di bene o servizio.
E così, ancora una volta, in modo più subdolo, nascono nuovi
canoni di bellezza che fanno da catalizzatore per masse di
persone. Si creano in tal modo mode e tendenze che risentono
delle innovazioni a cui va incontro la società.
Ma la bellezza non è solo esteriore, esiste anche la bellezza
interiore di una persona ed è molto più importante. Descrivere
la bellezza interiore però è difficile, perché non ci sono
parametri di riferimento universali e inoltre la bellezza interiore
dipende anche dalla qualità dello sguardo di chi osserva.
Insomma come recita l’aforisma : “La bellezza esteriore è una
fiamma accesa nel vento del tempo, la bellezza interiore è un
sole che riscalda in eterno.”
Dove si sta meglio se non nel nostro rifugio? La nostra casa è la
nostra rappresentazione fisica, come un artista avrà dei quadri o
degli strumenti, un meccanico dei modellini, ci rappresenta in
modo ottimale.
La casa è il nostro corpo più grande. Vive nel sole e si
addormenta nella quiete della notte ma non è senza sogni.
Inizialmente è semplicemente un’ abitazione ma nel momento in
cui la si arreda diventa il luogo che permette all’ abitante di
sentirsi al sicuro. Ma se questa sicurezza che la casa ci da
dovesse essere infranta? Ad esempio da un forte terremoto,
dove il nostro rifugio inizia cedere, il nostro pavimento viene a
mancare sotto i piedi, le nostre tende scelte con cura cadono a
terra e appena dietro ad esse le finestre si infrangono ed in una
manciata di secondi il luogo che si chiamava casa, o rifugio,
diventa il più pericoloso e si è costretti a doverlo abbandonare?
Per molti l’ideale di casa è un’ abitazione grande addobbata di
costose cianfrusaglie che vogliono dare un’idea di ricchezza.
Come dice Victor Hugo “Dalla conchiglia si può capire il
mollusco, dalla casa l'inquilino”. Per me casa vuol dire libertà;
dove sono libero di fare ciò che mi piace fare e con chi ho voglia
di farlo. Per me casa vuol dire serenità, un luogo dove c’è gente
che mi vuole bene.
Il mio ideale sarebbe una casa mobile, come un camper, che mi
permetta di spostarmi per ogni occasione e al suo interno o la
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ragazza che amo o i miei migliori amici. Con questo non voglio
dire che mi piace la vita da nomade ma avere la libertà di
spostarsi per un qualunque motivo mi dà serenità e tranquillità.
Simone Ghiglione
COMUNICAZIONE
La comunicazione è una delle prime cose che impariamo fin da
piccoli, eppure a volte troviamo difficoltà a esprimerci con una
persona e spesso mandiamo al nostro uditore messaggi
sbagliati, che non corrispondono affatto a quanto avremmo
voluto esprimere. Credo che questo problema nasca in primo
luogo dal modo in cui si comunica. Tendiamo a volte ad avere
una gestualità ed una postura sbagliate
che influiscono
enormemente sul discorso che stiamo portando avanti. Infatti,
anche il semplice modo di muovere le mani o i piedi, può
trasmettere un senso di agitazione a chi è di fronte mentre, se
siamo affossati su una sedia, rischiamo di annoiare il nostro
ascoltatore. Un altro elemento fondamentale è il tono della voce.
Per esperienza personale posso dire che per le persone insicure
il tono può essere una vera e propria rovina. Più di una volta mi
è capitato che, pur avendo studiato la lezione, sia stato valutato
con un voto minore perchè apparso insicuro e, di conseguenza,
poco preparato. D’altro canto, come dare torto al docente che ad
un esame si trova di fronte una persona che parla con voce
bassa e tono incerto e pensa che l’interrogato non abbia studiato
e che si stia inventando delle frasi per non fare brutta figura?
Anche io, se fossi un datore di lavoro , non esiterei fra due
candidati ad assumere quello che trasmette sicurezza.
Sicuramente noi giovani non siamo aiutati a comunicare bene
anche perchè travolti dai cellulari e dai social network che
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inducono a ridurre il discorso ai minimi termini ma, soprattutto,
ci disabituano ad avere la persona di fronte mentre
comunichiamo. Così paraverbale e non verbale scompaiono e
resta solo il contenuto, breve e sincopato. Dunque,
comunicazione efficace, addio! Eppure a comunicare si impara,
o almeno si dovrebbe, ma purtroppo, anche coloro che
dovrebbero insegnarci a comunicare, dai professori ai
giornalisti, molte volte sono i primi che ci portano sulla cattiva
strada. Quante volte ho conosciuto professori che non erano
proprio adatti per spiegare, non perché mancassero loro le
conoscenze ma perché non sapevano trasmettere i messaggi agli
alunni? Non voglio dare colpe, la comunicazione è biunivoca,
per cui anche l’alunno ha le sue responsabilità, però penso che
non si è bravi professori quando si danno voti alti agli alunni,
ma quando si passa loro la propria passione.
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Enrico Pibiri
CONFLITTO
I conflitti, secondo me, sono provocati dalla frustrazione che
ogni singolo individuo macera al proprio interno. La
frustrazione può nascere anche da futili motivi, ad esempio
quando si è in automobile e qualche altro automobilista ci fa un
affronto ci sentiamo in dovere di attaccarlo con insulti e
gestacci. Ma i conflitti sul nostro pianeta, come la storia ci
insegna, sono sempre esistiti; in una convivenza mondiale, come
la nostra, è praticamente impossibile non entrare in disaccordo
con qualcuno, poichè si punta sempre a un elevazione che, se ci
viene negata, ci si infuria e si cerca ogni via per raggiungere il
nostro obiettivo. Un esempio, attuale tutt’oggi, è il conflitto
religioso, come ci insegnano le Crociate, il conflitto religioso tra
paesi, nazioni e civiltà è inevitabile. Che fare? Forse per evitare
tutti questi conflitti e tutte queste disarmonie bisognerebbe
imparare a gestire le proprie emozioni, magari ascoltando le
altre idee e confrontandole con le nostre, forse basterebbe
ascoltare…
Esistono poi i conflitti in famiglia che sono dolorosi, faticosi e
spesso non voluti. Questi conflitti ci fanno più male di altri
perché coinvolgono in maniera totalizzante la sfera emotiva e
possono intaccare gli affetti.
Credo bisognerebbe prendere in considerazione l’affermazione
di Edward Morgan Forster: “La maggior parte dei conflitti
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sembrano inevitabili al momento; futili col senno di poi.”,
insomma sarebbe importante ridimensionare l’importanza del
conflitto.
Fabio Rossi
CORRUZIONE
Falsità, debolezza, immoralità sono molteplici i sinonimi a cui
questa parola fa capo e per questo le domande sorgono
spontanee. Perché dovremmo combattere la corruzione se il
mondo in cui siamo nati e cresciuti era già stato corrotto dai
nostri padri, dalle nostre madri e ancor prima dai loro genitori?
Forse anche noi dovremmo vivere nella corruzione? Davvero il
nostro successo deve dipendere dall’utilizzo della corruzione?
Potremmo porci infinite domande ma, se volete formarvi un
concetto probabilmente adeguato della corruttibilità di un uomo,
scrutate la qualità e la forza de' suoi desideri. Da sempre l’uomo
ha avuto il bisogno di corrompere per raggiungere vette
altrimenti ritenute da lui stesso irraggiungibili, per vivere o per
uccidere. La corruzione per molti è la protezione, è un posto al
sole ed è ciò che fa vincere, ma è la corruzione ha generato la
mafia in Italia,è la corruzione che imprigiona gli innocenti e
scagiona i colpevoli.
Corruzione: sentiamo ormai questo termine quotidianamente,
eppure viene spesso sottovalutato e, di conseguenza, anche la
parola giustizia perde d’importanza. La corruzione è una pratica
universalmente diffusa e affonda le sue radici nelle origini stesse
della storia dell’uomo, è cresciuta e si progressivamente
sviluppata insieme ad esso, all’interno di stati e nazioni,
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compresa la nostra Italia, percepita come un Paese corrotto, al
sessantanovesimo posto su 177 Paesi esaminati. La corruzione
porta a svicolare i problemi che vengono evitati o scaricati su
altre persone, è la paura del fallimento che incoraggia e
continuerà ad alimentare la corruzione. Pertini diceva che
bisogna avere onestà, moralità e forza di volontà
per
combatterla. La corruzione è come una crepa che si forma su
una diga,è facile che dopo l’inizio della venatura,la forza
dell’acqua travolga tutto, tra le vittime vi sono lealtà e sincerità.
Il potere corrompe e corromperà sempre, questo è certo, ma
ricordate che gli uomini incorruttibili sono come i biglietti di
banca da un milione, che è difficile cambiarli e sono più unici
che rari.
In conclusione vivete felici, non dimenticatevi mai chi siete, da
dove venite e cosa volete diventare perché un uomo corrotto non
è mai un uomo libero.
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Gianluca Giorgianni
FIDUCIA
La fiducia è un sentimento di sicurezza che riponiamo in una
persona, non alla cieca ma a seguito di varie azioni positive
che riescono a convincerci a riporre in loro il desiderio di
sicurezza. Quando viene tradita la fiducia ci si sente indifesi,
non si riesce più a fidarsi come prima, tuttavia, senza fiducia in
nessuno, è difficile stare al passo con gli altri. Perché si dice che
la fiducia è alla base del successo? Perché dal momento che si
intraprende una carriera lavorativa, la fiducia nel successo è la
premessa per ottenerlo! La fiducia la si può perdere ma la cosa
importante è riuscire a non perdere la fiducia in se stessi e
mantenere sempre focalizzato lo stesso obiettivo dentro di noi.
La fiducia degli altri la si ottiene compiendo azioni positive e
non con promesse o parole che sai già di non poter mantenere.
La fiducia a volte può essere una modalità di comportamento
pericolosa per se stessi: infatti una persona che non è capace a
mentire, ripone più facilmente la fiducia nelle persone perché
prende per vero tutto ciò che gli viene detto e quindi è più
soggetto alle prese in giro di chi è più restio a fidarsi. Ma la
caratteristica di non fidarsi tanto facilmente in una persona
cresce con l’esperienza. Ovviamente c’è chi la fiducia la ripone
in Dio e crede che solamente così i dubbi possano trasformarsi
in certezze (pensiero del Papa Francesco in uno dei suoi vari
Angelus). Anche Dio stesso dice “Chi crede in Me (e quindi
ripone la fiducia in Lui anche se non lo ha mai visto
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fisicamente) vivrà in eterno”. Qui vi lascerei con una
provocazione: se è stato detto che la fiducia non è una modalità
di comportamento da fare così alla cieca, perché in Dio la
riponiamo la nostra fiducia?
Giorgio Lovati
FINE
Tutto è bene quel che non finisce. La parola fine si può
interpretare in diversi modi, può essere la fine di qualcosa ,
come la conclusione di una relazione oppure il fine, cioè il modo
per raggiungere un obiettivo. Piano piano, ogni cosa arriva a
completare il suo percorso in bene e in male e può iniziare e
finire anche ciò di cui non ci saremo mai aspettato un inizio.
Le fini più dolorose sono quelle che lasciano un vuoto. Un’
amicizia che si chiude, un amore che finisce, una verità che
viene a galla: ognuna di queste esperienze porta dolore,
amarezza e rancori. Tuttavia, per accettare ed evitare di stare
male, bisogna guardare oltre, che è la cosa migliore da fare.
Basta avere una buona teoria alle spalle ovvero credere che per
ogni cosa che finisce c'è ne sarà sempre una nuova che inizia,
per ogni amico che se ne andrà c'è ne sarà sempre un altro in
arrivo,per ogni amore che si spegne c'è ne sarà sempre un altro a
rimpiazzarlo. In realtà, tutte le situazioni, sia belle che brutte,
finiscono prima o poi. Questo è lo schifo imperfetto della vita…
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Rishad Warnakulasuriya
FUTURO
Simone Capurro
INFELICITA’
Pensiamo sempre al nostro futuro ma il tempo passa così
velocemente che è difficile pianificare quello che vogliamo
esattamente. Non ci importa di quello che è successo nel nostro
passato. Se abbiamo sbagliato dobbiamo cercare di correggerci
migliorandoci e cambiando cosi il nostro futuro, dandoci
l’opportunità per sentirci bene ed essere felici. Il futuro sembra
sempre lontano ma avanza rapidamente: occorre prendersi il
tempo per vivere, per essere felici, prima che sia troppo tardi.
Mi immagino il passato e il futuro come due grandi big in
conflitto: il primo ripiegato su quello che è stato, il secondo
proteso verso un sogno. Si fronteggiano e, in mezzo schiacciato
e appiattito, resta il presente. Non pensare al passato perché
ormai è passato, non pensare al futuro, deve ancora venire. Ma
vivi nel presente e rendilo così bello che valga la pena essere
ricordato. Il bello della vita è che arriva un giorno alla volta.
L’infelicità è un senso di vuoto con se stesso legato a una
propria delusione per un desiderio mancato o per veder star male
un’ amico. Spesso l'infelicità dell'uomo è semplicemente quella
di non riuscire a starsene tranquilli in una stanza, ad entrare in
rapporto con se stessi. Allora si assumono molti impegni che
non servono a fare superare l'essenziale infelicità umana, ma
solo a distrarre senza cerca di sfuggire da se stessi.
La voglia di vivere produce nell'uomo bisogni che richiedono
soddisfazione, desideri, che sono reazione ad un senso di
mancanza, di sofferenza e che quindi originano dal dolore e,
insoddisfatti pienamente, causano sofferenza o noia.
Difficilmente infatti tutti i desideri si realizzano e la mancata
realizzazione di alcuni di essi causa un'ulteriore sofferenza. Ma,
anche quando un desiderio viene soddisfatto, il piacere che ne
deriva risulta essere solo di natura negativa, soltanto, cioè, un
alleviamento della sofferenza provocata da quel prepotente
bisogno iniziale, che subito riappare in altra forma.
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Thomas Coppola
LIMITE
Ognuno ne ha uno. C’è chi lo riconosce, c’è invece chi nega di
averlo. Eppure sono proprio loro che ci differenziano dal resto
del mondo. A volte ci vengono imposti, a volte ce li imponiamo
da soli.
Sarà che all’essere umano piace fare ciò che gli viene impedito,
fatto sta che tra i nostri desideri si cela anche quello di superare i
propri limiti, che possono essere fisici o mentali. Forse ciò è
dovuto al fatto che stiamo stretti dentro a questi limiti?
Dopotutto l’uomo da sempre fa la guerra per allargare i proprio
confini, indi, perché non dovrebbe dannarsi se non riesce a
superarli?
L’evoluzione ha fatto passi da gigante da quando personaggi
coraggiosi hanno scommesso su se stessi per dimostrare che le
loro capacità potevano sormontare muri invalicabili. Pensiamo
al genovese Cristoforo Colombo. Il suo limite era quello di poter
navigare solo all’interno del Mediterraneo, eppure con tenacia e
fiducia in se stesso, ha sfidato lo stretto di Gibilterra ed ha
affrontate il pericoloso Oceano Atlantico arrivando fino alle
Indie.. o quasi.
Sono abbastanza sicuro che le strade per superare i propri limiti
siano infinite e quest’ultima parola non è usata a caso. Infinito.
Quanto siamo infiniti noi? Quanto l’uomo in tutta la sua storia
ha creato e ricreato cose, pensieri, azioni, gesta? L’unico vero
limite dell’uomo è la pelle che separa il nostro “IO” interno con
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il resto del mondo. Quel sottile strato di pelle che ci protegge dal
resto del mondo.
Occorre oltrepassare la nostra “siepe” leopardiana che ci
impedisce di navigare in un mare di speranze infinite. Non
bisogna rimare ancorati al porto di partenza. Bisogna aver
coraggio di uscire dal nostro “Mediterraneo” e affrontare con il
cuore in mano il nostro “Oceano Atlantico”. Poi non sappiamo
se troveremo mai le nostre “Indie”. Ma sapremo con certezza
cosa c’è oltre il nostro “Stretto di Gibilterra” e, anche se non
avremo modo di raccontarlo, che importa? Le nostre bocche non
racconteranno mai abbastanza bene ciò che vedono i nostri occhi
e che ascoltano le nostre orecchie. Siamo spettatori di un mondo
che cambia scena di continuo. Quindi dobbiamo imparare a
goderci ciò che ci si presenta davanti e non temere delle
conseguenze.
Questo chiaramente è il discorso che può essere fatto da un
adolescente che le speranze continua ad averle. Probabilmente
un adulto che ha origliato oltre un proprio limite ti consiglierà
vivamente di rimanere con i piedi per terra. Ma allora ti
domandi: ma ne vale la pena crescere?
Eppure realizzi ad un mese dalla maturità che ora il tuo
traguardo è quello di superare il fatidico esame e dimostrare di
non essere più un ragazzino con la testa tra le nuvole ma un
uomo che comincia a capire come gira il mondo. Ed anche
questo sicuramente è un limite da superare: crescere.
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Renè De Toledo
MALINCONIA
Cos’è la malinconia? Sappiamo tutti descriverla come uno stato
d’ animo negativo paragonandola alla tristezza, ma cos’è
realmente? È qualcosa di più della tristezza è, a mio avviso, il
tempo in cui l’uomo viene assalito da pensieri e domande che
portano stanchezza interiore e, di conseguenza, del corpo. Il
malinconico assume questo stato in quasi ogni momento della
giornata. Egli non ha paura di non saper fare qualcosa, egli sa di
non saperla fare. Egli non ha paura di non essere amato, egli sa
di non essere amato. La malinconia porta quindi certezze,
certezze che uccidono internamente come lame piantate nel
cuore. Il malinconico ha un’espressione assente e quasi sempre
dolorante. Egli è lì, immobile, che aspetta qualcosa che sa che
non esiste, consapevole anche che nessuno potrà capirlo, né
salvarlo. Il malinconico si descrive come un disabile e riesce a
vedere gli altri ‘fortunati’ come uomini dai poteri sovrannaturali.
Egli pensa: “Forse, se fossi un po’ più intelligente, riuscirei ad
impersonare la maschera che vorrei indossare, ma non succederà
mai a causa della mia stupidità. E poi fingerei solo di essere
come gli altri.” Ma dove sono amici e parenti quando servono?
Beh, questa è un'altra colpa del malinconico, riesce ad
allontanare chi gli è più caro rinchiudendosi in se stesso e non
volendone sapere di uscire dal suo guscio. Ecco che continua a
farsi del male, con la consapevolezza di farne anche a chi cerca
di stagli vicino. La malinconia può anche essere il desiderio
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morboso di qualcosa che si aveva o si vorrebbe avere. I risultati
sono molto simili perché l’uomo si rintana in se stesso vivendo
con la sola idea di ottenere ciò che affligge i suoi pensieri. Egli è
quindi alla costante ricerca della felicità ma lo fa senza muovere
un dito. Il malinconico è comunque molto fantasioso in quanto
riesce a crearsi una realtà immaginaria. Non è un caso che una
buona parte dei pittori e poeti fossero malinconici. Possiamo
notarlo spesso in opere teatrali come Amleto di William
Sheakspeare, dipinti come Il Clown di Van Gogh. Anche Ulisse
è un malinconico e resta tale, attaccato dolorosamente alla sua
terra a ai suoi affetti, nonostante l’ offerta di immortalità di
Calipso.
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Davide Asioli
Giulia Scarafile
MARE
MERITO
Il mare: quale migliore metafora per esprimere libertà senza
vincoli e ostacoli, libero come il mare libero di muoversi da una
parte all' altra sollecitato da forze che allo stesso tempo ne
generano di nuove. Il mare, il colore più puro che vi sia in
natura, il blu azzurro e al contempo trasparente, una trasparenza
che permette di osservare la vita che brulica all’interno,
restando sconcertati dall’immensità!
Il mare permette che a volte di essere solcato e sorvolato grazie
alla sua immensità senza mai fermarsi, il mare la parte più
significativa del nostro globo capace anche di sostenerci e
consentirci di sopravvivere. Il mare capace di ampliare gli
orizzonti e al contempo delimitare i territori su cui l’ uomo
vive, capace di accoglierci e di farci paura quando, arrabbiato,
si riprende ciò che gli spetta e ci ricorda la sua potenza,
facendoci sentire una goccia nella sua vastità.
Senza credere che ci sia una forza sovrannaturale che potrebbe
distruggerci, pensiamo di poter resistere fino alla fine ma non è
così. Il mare ci insegna
che le cose
non custodite
adeguatamente ci possono essere tolte dalla natura, non siamo
indistruttibili. Il mare ce lo ricorda, per questo dobbiamo
portargli rispetto senza ostacolarlo e avvelenarlo. Purtroppo non
ne siamo capaci, a causa della nostra avarizia e indifferenza!
Se si dovesse sviluppare una discussione prendendo come
argomento principale la parola “merito”, sarebbero molte le
domande che sorgerebbero spontanee. Chi potrebbe essere
definito realmente “meritevole”? Esattamente quale dovrebbe
essere il premio adatto per colui che “merita”? Ma soprattutto,
su cosa ci si dovrebbe basare per poter affermare e riconoscere il
merito di qualcuno?
Il termine “merito” può essere analizzato da vari punti di vista;
politico, teologico, legislativo e per tal ragione può assumere
significati simili, ma allo stesso tempo eticamente contrapposti
tra loro. Un politico può essere ritenuto meritevole a seconda
della qualità delle leggi che propone, indifferentemente dal fatto
che queste leggi siano favorevoli per una cerchia ristretta di
persone e sfavorevoli per la maggior parte delle persone restanti;
l’importante è che la cerchia favorita sia costituita dalla “TOP”
della società. Un fedele può essere considerato meritevole in
base alle azioni che compie: elemosina, volontariato o
donazioni, ma la maggior parte delle volte non si approfondisce
la qualità o la quantità di tale operato. Infine nel campo del
diritto esistono vari termini contenenti la parola merito che,
però, si appropriano di significati discostanti da quello trattato
più comunemente nella vita di tutti i giorni.
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Ci si può meritare un voto alto, un bel lavoro con un buono
stipendio o l’amore di una donna. Ma come possiamo dire di
esserci “MERITATI” realmente tutto questo?
Alla base della realizzazione di un merito c’è la fatica, lo sforzo
di essersi impegnati nel completare un obiettivo che ci si era
predisposti e i sacrifici che conseguono da tali impegni.
Purtroppo, però, il titolo di “meritevole” non viene sempre
assegnato a coloro che conoscono per esperienza il reale
significato della benemerenza.
Esistono strade scorrette per giungere ai propri obiettivi, e molte
persone alle volte le sfruttano per non dover faticare o
semplicemente per non “perdere tempo”.
Ma il vero merito lo si conquista con il sudore, affrontando e
superando anche ciò che alle volte ci si oppone. Spesso ci si può
arrabbiare, soffrire o piangere ; ma la soddisfazione che nasce
dalla consapevolezza di avere merito è un premio che non può
essere sostituito da alcuna somma di denaro. Con il merito si
può conquistare la stima di coloro che ci circondano e bisogna
ricordare che la stima non la si compra con alcuna moneta ma
soprattutto molte persone dovrebbero rimembrare che non la si
conquista semplicemente con l’essere famosi.
Come disse François de La Rochefoucauld nelle “Massime”:
“Esiste merito senza successo, ma non esiste successo senza
qualche merito”.
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Lorenzo Buson
OBIETTIVO
Avete presente quando nella vita si parla di obiettivi? Penso che
sia uno degli argomenti più importanti da affrontare e l’unico
strumento per affrontare l’esistenza, attraverso la sua
realizzazione.
Quale è l’importanza di avere degli obiettivi nella vita? Secondo
l’idea comune inseguire obiettivi “dà la carica”, “stimola
all’azione”, “aiuta a superare gli ostacoli”, e garantisce un
“senso” speciale all’ordinario. In effetti quando li utilizziamo
per motivarci, gli obiettivi sprigionano una forza creativa in
grado di farci superare qualsiasi ostacolo sul nostro cammino.
Essi danno chiarezza, significato, direzione: ottimizzano i nostri
sforzi concentrando le nostre energie. Per liberare questo potere
però la visione del futuro deve essere specifica e ben definita,
come ben definiti devono essere i nostri obiettivi, mentre i
desideri sono spesso confusi, sfocati e sfuggenti. Tutte le cose
nascono prima nella nostra mente e successivamente vengono
trasformate in realtà attraverso le nostre azioni. Pensate a tutte le
invenzioni dell’essere umano, alle scoperte scientifiche, ai
successi delle multinazionali: erano, in primo luogo, semplici
pensieri nella testa di qualcuno che con il passare del tempo si
sono concretizzati in obiettivi e attraverso forti motivazioni
morali sono diventate realtà. Stabilire i propri obiettivi permette
di scegliere come vivere la propria vita. Per raggiungere alcuni
traguardi è necessaria una vita intera, mentre per altri è
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sufficiente un giorno. Stabilire e raggiungere i propri obiettivi
provoca sentimenti di soddisfazione e appagamento.
Gianluca Moro
ONESTA’
Credi davvero di essere una persona onesta? La maggior parte
delle persone che leggeranno questa domanda risponderanno “
Si ! Io sono onesto!” Pensando, probabilmente in buona fede, di
non avere mai rubato, tradito, di aver lavorato onestamente
.Queste “persone oneste”, però, rischiano di vivere in un guscio
e di trovarsi in parametri recintati attorno a loro, considerando
l’onestà sulla base di regole già scritte. Ma non è così! L’onestà
non deve essere qualcosa che è già stata scritta da qualcuno ma
devi essere tu a scriverla durante il corso della tua vita non
avendo paura di sbagliare o di fare brutta figura con i tuoi amici
o con la gente che ti sta attorno. Essere una persona onesta
significa essere in grado di prendersi le proprie responsabilità
affrontando i problemi, mettendoci la faccia e non avere paura di
dire, fare con la paura delle conseguenze che potranno portarti
certe azioni. Se pensi o senti qualcosa e non agisci di
conseguenza, non sei sincero con te stesso e/o con gli altri.
L’Onestà e' un dono spesso racchiuso nel cuore di ogni persona
ma che non tutti hanno il coraggio di scoprirla e questa, col
passare del tempo, sta scomparendo. Stiamo diventando un
mondo di persone disoneste, crudeli e prive di scrupoli che non
hanno rispetto per gli altri e neppure per se stessi. Le persone
oneste sono le persone che hanno poco, che non hanno niente da
dare oltre che essere sincere ed essere in pole position per
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prestare aiuto a un bisognoso o chi in difficoltà. L'onestà è un
lusso che i ricchi non posso permettersi.
Luca Longino
PAURA
Questa parola corrisponde, dal mio punto di vista, ad uno
stato emotivo. La paura è un senso di insicurezza, di
smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o, a volte,
anche immaginario. Nella vita comune la paura può essere un
modo di difendersi da cose o eventi che ci hanno procurato
terrore o stati d’animo destabilizzanti. La paura infatti può
derivare da esperienze di vita negative, pensiamo per esempio
ai danni psicologici dell’ eta’ infantile. Come non continuare ad
avere paura, per esempio, dopo una violenza sessuale? Come
non impedire alla paura di intervenire per difenderci? La paura
può avvertirti di un pericolo reale, per esempio di una macchina
che ti sta per investire. Ecco allora che quell’ avvenimento
improvviso trasforma il mio stato d’animo, fino ad allora
quieto, in un ribollire di batticuori spaventosi. Impari, in quel
momento, cosa vuol dire stare molto male. Ma come si
sconfigge la paura? Avendo in se stessi un minimo di coraggio e
autostima. Affrontare i problemi può distruggere questo senso
di malessere che la nostra vita di tutti i giorni ci fa subire.
Bisogna imparare ad inventare strategie di reazione, se la paura
non la affronti non si può che acuire e rendere più opprimente la
tua situazione.
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Mattia Calcagno
PERDITA
a livello personale. Tutti noi vorremmo vincere, perché fin da
sempre chi vince è il più forte, ma in pochi si chiedono: “perdere
serve a qualcosa?”. Ebbene si, perché dalle nostre sconfitte
bisogna uscirne più forti di prima!
La perdita di una persona cara è un'esperienza sconvolgente. Da
un momento all'altro ci troviamo in balia di sentimenti intensi,
contraddittori, inconfessabili, o in una spaventosa paralisi
emotiva. Vengono messi in discussione i nostri punti di
riferimento e le strutture su cui basavamo la nostra esistenza.
Noi essendo esseri umani siamo consapevoli fin dal momento
della ragione che durante il corso della nostra vita dobbiamo
fare fronte a delle perdite. Questo tutti noi vorremmo che non
succedesse, preferiremmo abbracciare sempre i nostri cari, e
poter trovare conforto per sempre nelle loro parole. Però questo
come sappiamo è inevitabile, perché la vita come un inizio deve
avere pure una fine. Dal mio punto di vista ci sono due tipi di
perdite, quella fisica e quella mentale. Per perdita fisica intendo
la mancanza di una persona, cioè non poterla più toccare e non
vederla più di fronte a noi. Ciò a mio parere non determina
sempre la morte di una persona, infatti sempre secondo me, se
noi viventi continuiamo a ricordare una persona per quello che
era e nei momenti di difficoltà ci rivolgiamo ad essa, in qualche
modo la persona ormai defunta continua a vivere dentro noi e a
differenza della perdita fisica la perdita normale non avviene.
Per perdita intendo anche una sconfitta, spesso a livello sportivo.
Questo tipo di perdita a differenza di quella precedente influisce
sicuramente meno sulla nostra vita privata e personale, ma
sicuramente anch’essa segna ci completa e ci insegna parecchio
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Nicolò Parodi
democrazia e l’antipolitica non aiuta, diventando la politica del
non fare. Così i giovani si sentono inutili e diventa difficile
vedere il cambiamento che, si dice, spettare a loro.
POLITICA
Molte persone sono convinte di essere contro la politica e si
ostinano ad andare contro i politici. “Rottamare”, “Roma
ladrona,” “Mandiamo a casa gli zombi” sono le espressioni che
sentiamo quotidianamente. Penso tuttavia che chi le pronuncia
non sia in realtà consapevole del vero significato della parola
politica che dovrebbe essere un sinonimo di partecipazione al
collettivo. Non si può negare comunque che la situazione
politica italiana stia alimentando un sentimento di antipolitica
che prende sempre più campo. Eppure non sono passati tanti
anni da quando la politica faceva parte della vita quotidiana e
coinvolgeva tutti, dai più piccoli ai più grandi, il recente film su
Berlinguer ne è un esempio. Erano però tempi in cui esistevano
idee politiche ben definite, spesso in contrasto netto tra di loro,
che rappresentavano quasi lo stile di vita della persona comune
che si sentiva parte attiva, pur non esercitando la professione del
politico. Ultimamente, invece, fare politica è considerato un
“lavoro sporco”, un’attività che sfrutta il potere legale per fare il
bene di una cerchia ristretta di persone tralasciando il bene
collettivo. In noi neomaggiorenni questa situazione crea
disorientamento, senso di perdita e sfocia, purtroppo, nel
disinteresse. Soffriamo la mancanza di idee ma ci sentiamo
incapaci di trovarne nuove e spesso preferiamo lasciar perdere
alimentando il menefreghismo. Tutto questo è velenoso per la
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David Guidobono
POSSIBILITA’
In quasi tutti i casi ne abbiamo avuta almeno una, e talvolta
accade che ce ne venga concessa una seconda. Cerchiamo in
tutti i modi di averla, ma come si sa, non sempre si riesce. Di
possibilità, tutti, chi di più e chi di meno, ne abbiamo avute.
Certo, c'è differenza tra un bambino che ha la possibilità di
andare alle giostre e quella di un adulto di ottenere un lavoro.
Eppure, davanti ad ognuna di loro, senza rendercene conto ci
troviamo ad un bivio: cosa faccio adesso? Accetto cambiando
strada o proseguo sulla mia? Ovviamente il bambino non se ne
starà certamente a casa, ma che farà l’adulto? La possibilità di
avere un lavoro non è poca cosa e la sola consapevolezza di
averne avuta una ci fa spesso andare in “crisi”. Ecco perché
possibilità non significa solo opportunità, ma anche
responsabilità. Forse non ce ne rendiamo conto, ma sono le
possibilità a rendere la nostra vita diversa da quella degli altri. Il
bello sta proprio nella possibilità di scegliere una via piuttosto
che un’altra. L’autore Andrea Borghini dice che il possibile
gioca un ruolo di primo piano, ma la maggior parte delle
situazioni possibili non si sono mai verificate. Mi sorge
spontanea una domanda: perché dire che queste situazioni non si
sono mai verificate? Sembra una sorta di ingiustizia: cerchiamo
disperatamente ogni giorno delle opportunità, e queste, anziché
avvicinarsi si allontanano. Forse ciò è un avvertimento per tutti
noi: ogni opportunità, restando entro certi limiti, dev’essere
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accettata: in tal caso potremo sempre ritornare sulla nostra
vecchia strada, ma rifiutandola sarà difficile ottenerla una
seconda volta. Una ragazza che si dichiara ad un ragazzo,
difficilmente riceverà una risposta negativa; probabilmente,
come accade a molti, bastano pochi giorni per pentirsi riguardo
una scelta fatta, ma pensandoci, è sempre meglio cambiare
strada. Chissà, magari è meno dissestata della nostra.
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Francesco Ferrero
Andrea Pittamiglio
RETE
SAGGEZZA
La rete è da sempre uno strumento usato dai marinai per
pescare, imballare oggetti. Con il passare degli anni e dei secoli
ha subito molte modifiche sia sulla composizione sia per il suo
utilizzo, si è passati da una rete formata da corde rudimentali
fatte di fibre naturali ad una fatta di cavi di acciaio
resistentissimi. Il suo utilizzo ora è anche profondamente più
esteso, oltre all’utilizzo marittimo è anche usata in molti sport
(calcio, pallavolo, pallanuoto ecc.), come protezione e in mille
altri modi. È incredibile l’evoluzione di questa semplice parola,
certo il suo significato non è cambiato molto ma ora con la
parola “rete” l’ultima cosa a cui pensiamo e una rete da pesca.
Oggi siamo cosi presi dalla “rete” virtuale di internet che quasi
non ci guardiamo più intorno, stiamo ore e ore con gli occhi fissi
su uno schermo pensando che la vita sia li dentro, ma invece no!
La vita non sta in uno schermo tramite il quale ci si può
connettere con chiunque e con qualunque cosa, la vita sta al di
fuori, tutt’ intorno allo schermo che costantemente guardiamo,
sta nei gesti di chi ci circonda, nei paesaggi che vediamo, nel
rumore del traffico e nell’odore sporco delle città.
E ormai non riusciamo più a uscirne, perché la rete è diventata
un mezzo indispensabile, costringendoci però ad essere come
pesci intrappolati.
Chi sono i saggi oggi? Spesso si considerano saggi i filosofi,
alcuni cantanti, come De Andrè, che hanno espresso situazioni e
sentimenti per i più difficili da esprimere. Una persona saggia, a
mio parere, può essere qualcosa di meno, semplicemente colui
che ha vissuto la propria vita al massimo facendo le proprie
scelte e, al momento di un errore, è stato capace di cambiare la
propria strada. La persona saggia non è la persona “perfetta”
quella che nel momento in cui parla o scrive non sbaglia mai.
Per capire cosa sia la vera saggezza basterebbe pensare a chi,
nel momento del bisogno, ha saputo aiutarci consigliandoci la
cosa giusta da fare. Tutti allora abbiamo qualcuno a cui pensare,
probabilmente sono persone a noi care come un nonno, un papà
o una mamma, sono uomini o donne che hanno vissuto la
propria vita facendo molte scelte e ora possono consigliare come
affrontare la vita indirizzandoci verso la strada giusta.
Saggezza non è sinonimo di perfezione, perché chi non sbaglia
mai e chi non torna indietro sulle proprie scelte, non può essere
definito saggio.
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William Aruanno
SESSUALITA’
Sessualità è relazione vitale di tutto il nostro essere con
l’universo. La relazione felice ci rende elastici e forti, la capacità
di esprimerla ci rende artisti…l’obiettivo è soddisfare e
soddisfarci! La sessualità è un aspetto fondamentale e
complesso del comportamento che riguarda sia la capacità di
riprodursi che la voglia di provare piacere, la natura ha voluto
però che provando quel piacere ci si riproduca per il progredire
della specie. Questa è una visione ottimale della sessualità , una
visione quasi idilliaca ma per un ragazzo di 18 anni, come posso
essere io, che scopre il suo orientamento sessuale , non è sempre
cosi! Tirare fuori se stessi , capire di cosa si ha bisogno vuol dire
mettersi in gioco, significa esporsi ad una società a cui piace
giudicare e questo , sfortunatamente , non è sempre facile,
soprattutto nel periodo dell’adolescenza . Il dubbio dello sbaglio
, il dilemma di non essere all’altezza per il ruolo che si sta per
ricoprire, la consapevolezza che essendo alle prime esperienze ci
si apre ad un mondo tutto nuovo e sconosciuto, ecco, tutte
queste emozioni, sentimenti e complessi rappresentano la
sessualità per un giovane. Come non bastasse entra in gioco
anche l’autostima, accade molto spesso che la parte maschile si
chieda quale possa essere il proprio valore , ci si valuta in base
all’approvazione degli altri quindi il maschio vuole fare
esperienza , il maschio vuole sbagliare per imparare. E’ forse
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anche per questo che l’uomo appare più interessato al sesso
rispetto alla donna? Gli antichi greci fanno dire
all'indovino Tiresia che se il piacere sessuale è fatto di dieci
parti, alla donna ne toccano nove e all'uomo uno, quindi cosa
rappresenta veramente il sesso per l’uomo? Speriamo di
scoprirlo!
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Pietro Farina
SILENZIO
Il silenzio, di per sè, è un concetto inesistente pertanto ideale.
Nella logica comune il silenzio, a volte definito come “silenzio
di tomba”, è il silenzio assoluto, utopistico, ma viene accettato e
classificato come tale anche il fruscio del vento sulle spighe del
grano e il cinguettare degli usignoli che cacciano i vermi per i
piccolini nel nido. Ma siamo noi che accettiamo questa
immagine solo perché, in un’atmosfera del genere, ci sentiamo
rilassati e quindi immersi nel silenzio, ma il silenzio è un
concetto Assolutamente relativo. Cosa voglio dire? Faccio un
esempio: un rumore od un suono a cui noi siamo ormai avvezzi,
abituati o che sentiamo quasi sempre alle stesse ore della
giornata, dopo un po’ sembra scomparire, non ci rendiamo più
conto di sentirlo e lo accettiamo. Certo non tendiamo a
classificare quell’istante in cui il suono si manifesta come una
situazione di quiete ma di certo non come fastidiosa. Basti
pensare a tutti coloro i quali che abitano a ridosso di strade
molto trafficate o ferrovie. Dopo qualche ora o un giorno il
rumore, anche caotico, non si sente piu’ . Un altro esempio? I
membri degli equipaggi dei mezzi da soccorso con una sirena
bitonale pneumatica o ad aria(cosa c’è di più fastidioso per un
comune ascoltatore?) non sono infastiditi da quel suono che per
loro può risultare paragonabile al cinguettio di uccellino di
campagna (non tutti riescono a creare questo paragone). Cosa
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voglio arrivare a dire? Il silenzio è soggettivo perché dipende
dal nostro udito, dal nostro database quotidiano dei suoni e dalle
situazioni. Non a caso compositori noti e meno noti hanno
intitolato alcune loro opere con la parola "silenzio" offrendo
una musica che induce al rilassamento, magari anche al sonno.
Tuttavia il silenzio, nel suo concetto assoluto, è il luogo dove
regna la morte già compiuta. Neanche durante il sonno profondo
possiamo dire di non udire nulla perchè il nostro cervello come
il resto del corpo continua a lavorare: il cuore pompa e batte,
producendo un suono, le sinapsi passano le informazioni con un
rumore per ni inudibile ma che esiste. Dunque il silenzio è un
concetto irraggiungibile per un essere vivente, ma puo' assumere
valori ideali da persona a persona e quindi soggettivi . Solo con
la morte potremo assaporare il dolce gusto del Silenzio assoluto.
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Storia è soprattutto conoscenza. Innanzitutto conoscenza di noi
stessi, noi stessi siamo e abbiamo una storia e, se non ce
l’avessimo, non saremmo noi. Possiamo ricordarci il tempo
della nostra infanzia, ci ha dato una identità, siamo come siamo
grazie alla nostra Storia, e spesso le persone lo dimenticano. Il
presente è effimero senza il nostro passato, considerando un
punto di vista ignorante della parola “storia”. Essa non narra
solo di grandi Re, di grandi leggende, di scontri e politica, la
Storia come dovrebbe essere conosciuta è la storia di ogni
singolo uomo, la costruiscono gli uomini. Quando viene studiata
in modo passivo, quando ci si focalizza su battaglie e grandi
personaggi, si dimenticano le parti essenziali del passato,
esattamente come succede a noi. Possiamo ricordarci un
bell’episodio della nostra vita, un particolare momento di gioia o
tristezza, o di improvvisa consapevolezza, dimenticando che
ogni giorno noi costruiamo un tassello di Storia, anche nei
momenti più insulsi, noi agiamo per un motivo, pensando ad
uno scopo, o per realizzare un progetto più grande che si trova
ancora al di là dell’orizzonte e che non possiamo vedere. In
passato, ci sono state tante vicende, e le persone le ricordano
solo come date, numeri, ogni tanto qualche nome. Non vi siete
mai soffermati a pensare al lungo fiume di pensieri che ha
caratterizzato tutte le generazioni prima di noi? Oppure non vi
siete mai soffermati a pensare che dietro all’arida, triste e noiosa
facciata della Storia classica, ci sono anche storie che vale la
pena raccontare e conoscere? La Storia porta idee, la Storia ci
permette di vivere, o almeno dovrebbe, con la consapevolezza
di allungare ancora quel lungo filo di pensieri che ha
caratterizzato tutti gli uomini prima di noi, come il susseguirsi
delle note su di un violino. In un futuro, le storie raccontate
saranno le nostre, ed esse potranno essere narrate solo se in
futuro ci saranno ancora persone di animo abbastanza nobile da
riportare alla luce quei frammenti di vita di ognuno di noi, senza
soffermarsi sui numeri, o sui luoghi. Tutti gli uomini, dall’inizio
dei tempi, han cercato di comunicare tra loro, per condividere,
per conoscere di più. Rivivere il passato inizia proprio da qui!
La Storia è come un viaggio ai nostri giorni: una persona si reca
in visita di un Paese, e si ferma ad osservare i luoghi e le
attrazioni turistiche classici, tipici di quel Paese e che vedono
tutti. Nessuno si è mai posto il problema di guardare cosa
troverà alla fine di quella strada, o dietro quell’angolo? Magari
qualcosa di più bello, romantico e suggestivo (come un bel
panorama o le rovine di una antica città in rovina quasi
sommersa dalla sabbia) attende l’ignaro turista, ma lui, se ha
fretta e non ha dentro di sé quella voglia di conoscere e non
fermarsi esclusivamente davanti alla facciata, non lo scoprirà
mai. E poi, mettendo in relazione la Storia con il viaggio, a
nessuno viene mai in mente di fermarsi in un museo, di visitare
antichi palazzi e castelli, perché? Perché è una perdita di tempo,
perché non ce ne frega niente (tanto sono cose successe tanto
tempo fa!), perché abbiamo fretta di concludere i nostri affari, o
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Andrea Calvi
STORIA
perché non reputiamo quel dato bene culturale in grado di farci
provare emozioni o di coinvolgerci. Ma, pensate ora alla vostra
Storia: ma come vi sentireste se qualche vostro ipotetico
interlocutore vi interrompesse, nel bel mezzo della narrazione di
un episodio, dicendovi che ormai sono cose passate, senza
valore, che non interessano a nessuno! Oppure qualcuno volesse
togliervi dei ricordi! Sarebbe una perdita inestimabile, e se non
raccontassimo, nessuno ci conoscerebbe. Coloro che siamo soliti
chiamare amici come ci conoscerebbero, se non condividessero
con noi una parte della nostra Storia e soprattutto non sapessero
nulla di noi? Non sarebbe giusto nei nostri confronti, e ci
sentiremmo traditi, e lo stesso lo penserebbe il nostro ipotetico
amico se noi non lo lasciassimo libero di condividere almeno un
pezzetto della sua vita con noi. E poi, la fretta, questa grande
nemica dei nostri tempi! Ormai si pensa solo a noi stessi, a cosa
dobbiamo fare, a sbrigarci che perdiamo un mezzo, o
un’occasione per le persone di oggi la Storia effettivamente non
ha senso, ma è un insulto alla stessa conoscenza della Storia, una
mancanza di rispetto nostra nei suoi confronti: tutti meritano del
tempo, in passato le persone ne avevano, i Greci ad esempio,
che nel loro mediterraneo ozio riuscirono ad elaborare teorie
stupende, e a far nascere grandi pensieri comuni, come la
democrazia. Oggi chi ci aiuta a sviluppare un pensiero coerente,
se già non riusciamo a pensare perché siamo troppo impegnati a
correre contro il tempo? La Storia merita di essere ricordata,
apprezzata, conosciuta e non dimentichiamoci che è nel nostro
interesse conoscerla, siccome la stiamo vivendo e costruendo
insieme anche in questo momento. Dobbiamo ricordarci di tutti
gli avvenimenti che abbiamo passato e soffermarci un momento
a meditare sulla memoria, su noi stessi, e imparare a metterci in
relazione con chi era come noi, non con grandi personaggi,
numeri, date, non serve a niente ricordare questi particolari, aridi
e privi di significato, perché in quel caso allora è vero, la Storia
non ci trasmetterebbe nessuna emozione. Ecco perché allora
vale la pena aprire e leggere ogni tanto le vecchie e ingiallite
pagine di quel monumentale libro chiamato “Storia”, senza
fermarci esclusivamente all’indice.
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Andrea Costa
Eugenio Sciaccaluga
STUPIDITA’
TENEREZZA
“Stupido è o stupido fa?” Questo è il problema…
Molto spesso ognuno di noi, nel corso della vita, ha apostrofato
almeno una volta qualcuno con la parola stupido. Ma come
facciamo a capire se una persona è davvero stupida?
Gustavo Acquaviva diceva:”Se uno stupido tace, vuol dire che
non è poi così stupido.” In parte è vero, credo che spesso sia
meglio il silenzio che la parola a vanvera ed inoltre non
possiamo dare dello stupido a qualcuno se non lo conosciamo
veramente. Ma come facciamo a sapere se uno è veramente
stupido o sta solamente facendo il suo gioco per fregarci?
In molti casi lo “stupido” fa lo stupido per convenienza, per
profitto, solamente per riuscire a raggiungere il suo scopo senza
preoccuparsi troppo ed arrivare alla vetta prima di tutti.
A questo punto mi sembra evidente chiederci se uno stupido
può essere furbo? Secondo mio giudizio sì e molte volte è
proprio lo stupido a scamparla.
In conclusione è azzardato dire a qualcuno “stupido”, bisogna
prima capire cosa pensa ma è comunque vero che la stupidità è
la categoria più infida e pericolosa che esista.
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Tenerezza per me è quando vedo un bambino intento a giocare,
quando persone provano ad imparare questioni mai affrontate
prima, quando una coppia è innamorata, quando si ascoltano le
memorie di una persona anziana, quando si viene chiamati con
un nomignolo, quando vedo la mia gatta alla ricerca del migliore
gioco.
Tenerezza in amore è quando ci si alza la mattina con la donna
che si ama fra le braccia, quando guardandola negli occhi il
battito cardiaco cambia, il cervello si infuoca e lo stomaco inizia
a vibrare. La tenerezza in amore non si insinua solo nei momenti
più piacevoli, essa è presente anche durante un litigio quando
giunti alla conclusione mancano le parole per poter ricominciare
un discorso.
Durante una relazione spesso si ha paura di mostrare la propria
tenerezza per paura di poter essere feriti o comunque giudicati
in senso negativo. La paura di volersi mostrare però non fa altro
che allontanarti dalla persona che ami. La nostra vita è
caratterizzata da forti momenti di tenerezza soprattutto quando
si è bambini, poi man mano che si cresce, essa sembra venire a
mancare, quasi mettesse in imbarazzo gli adulti che si
consentono di esprimerla solo in momenti molto privati e alla
presenza di chi, certamente, non esprimerà un giudizio. Credo
che questo sia sbagliato e dipenda dall’equivoco di equiparare la
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parola tenerezza ad infantilismo, stupidità o limitatezza. La
tenerezza oggi è considerata sinonimo di debolezza e le persone
tenere possono essere manipolate.
Io ritengo sia importante recuperare la nostra innata capacità di
essere teneri ma, per poterlo fare occorre mostrare il proprio
vero essere. Mostrarsi rende ogni cosa sincera e non ci costringe
ad indossare maschere per nasconderci da opinioni scomode. Se
la tenerezza non permeasse più le nostre vite, potete
immaginarvi come potremo vivere in un mondo che al posto
della tenerezza regnano severità, rigidità e rigore? Gli unici
occhi belli sono quelli che ci guardano con tenerezza.
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Marco Api
TIFOSERIA
Io sono un tifoso. Cosa vuol dire ? Significa il lunedì mattina
aspettare con ansia la domenica seguente , la domenica seguente
già a colazione stressare mia madre chiedendole con insistenza
dove ha messo la sciarpa e la maglietta, la domenica pomeriggio
incontrare gli amici e dare il via alle discussioni. Per me la
Sampdoria è uno stile di vita , una certezza che difenderò per
sempre ed una grande passione . Il bello di una partita di calcio
non è la partita in se stessa ma quello che si porta dietro : un
fiume di persone innamorate della propria squadra , le
coreografie iniziali che producono spettacolo , l’ adrenalina del
primo calcio d’angolo a favore. Io faccio parte di un gruppo
della tifoseria organizzata e ne sono soddisfatto perché questa
appartenenza dà ancora più senso alla mia passione . Senza le
tifoserie organizzate le partite di calcio sarebbero tristi . A
questo proposito la frase di Zeman mi trova pienamente
d’accordo : “ Non dovrebbero essere i tifosi a pagare il biglietto
ma bensì i calciatori “.Credo che sia necessario rompere un
pregiudizio : fra i tifosi ci sono molte persone per bene , e non
solo come si racconta , invasati o violenti , spesso si organizzano
raccolte di beneficienza a favore di chi ha bisogno. Purtroppo
devo però ammettere che sulla gradinata sono presenti anche
personaggi esaltati e prepotenti che in Italia troppo spesso sono
a capo della tifoseria. Al momento soluzione non c’è perché
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sicuramente, soprattutto i violenti, fanno spettacolo e lo
spettacolo produce denaro.
Davide Bruzzone
TOLLERANZA
Tolleranza è una parola largamente usata in questo periodo,
quasi possa essere un sinonimo di libertà. Se tutte le persone
fossero tolleranti verso gli altri non esisterebbero più guerre , ne
discriminazioni razziali e religiose? Vivremmo realmente nel
migliore dei mondi? La parola tolleranza è considerata da tutti
una bella parola ma, secondo me dietro questa patina di
perfezione,nasconde dei rischi. . Se una persona riuscisse ad
accettare tutto ciò che la circonda, non pensate che sarebbe una
persona vuota? Totalmente apatica? Che prende tutto ciò che
viene per come è senza mai pensare con la propria testa? Non
sarebbe neanche più considerabile umana bensì una macchina.
La completa tolleranza porterebbe al totale annullamento di
una persona, basti pensare al bello o al brutto, al bene o al
male, se io fossi tollerante verso tutto indiscriminatamente
accetterei qualsiasi cosa e per noi non esiterebbero più scelte
da fare, nè opinioni. Penso che in fondo l’ intolleranza non sia
del tutto un male, ma vada controllata ed addomesticata proprio
come si farebbe con una bestia feroce. Non vorrei essere
frainteso, alcuni leggendo le mie parole potrebbero pensare che
io sia una persona fortemente intollerante verso gli altri ma
questo non è vero, io rispetto il pensiero altrui in ogni forma,
ritengo però che l’ intolleranza sia necessaria in modo tale che
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ognuno conservi la propria personalità. Appena si pronuncia la
parola intolleranza tutti pensano a schiavitù, discriminazione
razziale e religiosa perdendo anche il reale valore che questo
stato d'animo può avere per noi.
Samuele Breda
VELOCITA’
Di poche cose sono sicuro al mondo: innanzitutto che prima o
poi smetterò di vivere; poi che due più due fa quattro, anche
questo è un dato di fatto; infine che la velocità della luce è una
barriera ancora insormontabile per l’uomo. Come disse Woody
Allen: “Oltre che impossibile, è anche indesiderabile viaggiare
più veloci della luce, visto che, a quella velocità, il cappello
continua a volare via.”
La velocità influisce su tutto il nostro universo, ad esempio dalla
velocità dei movimenti di una persona posso desumere il suo
stato d’animo, così come dalla velocità con cui un soggetto
respira e quindi parla. Anche un atleta è condizionato da questa
dimensione, basti pensare ad un giocatore di football americano,
se arriva troppo presto o troppo tardi su un pallone manca la
presa.
La velocità della luce poi rappresenta poi l’aspetto più
affascinante perché è la velocità massima raggiungibile nel
nostro universo, tutto il resto è relativo a questo inalienabile
dato.
Ma esiste veramente un limite? Un tetto?
Tutte le più grandi intuizioni sono state proprie di persone che
hanno saputo ribaltare le certezze dell’epoca in cui vivevano,
basti pensare a Galileo Galilei che scoprì che è la Terra a girare
intorno al Sole, mentre tutti sostenevano il contrario, ovvero che
fosse il Sole a girare intorno alla Terra. Oppure Einstein che si
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chiese a quale velocità viaggiasse la luce. Persone che hanno
saputo porsi domande su temi ritenuti ovvi, certezze. Genio e
velocità sono concetti collegati perche un genio, oltreché avere
fantasia e intuizione, deve anche essere veloce, nel pensare,
elaborare ed eseguire.
Visto che ad ogni cosa buona corrisponde un suo contrario, forse
in futuro con il progresso tecnologico perfino la velocità della
luce sarà messa in discussione e, poiché noi tutti viviamo
nell’era della velocità, tutte le teorie, le convinzioni, i nostri
modi di interagire verranno cambiati rigettandoci nel dubbio,
come fece Copernico quando scoprì che la Terra non era al
centro dell’universo. La velocità è vita, ma non esistono limiti.
Tutta va modificandosi in bene o in male.
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Simone Tassiano
ZERO
Lo zero è considerato soprattutto un oggetto della matematica, o
comunque si utilizza la parola senza pensare a quali sono le sue
origini o a quali possano essere gli altri significati, anche
simbolici lo zero può possedere.
Sono riuscito a trovarne l’origine leggendo una storia in cui si
narrava che gli antichi babilonesi iniziarono a utilizzare un
sistema di numerazione in cui impiegavano due cunei inclinati
per marcare uno spazio vuoto. Questo simbolo tuttavia non
aveva una vera e propria funzione se non quella di segnaposto. Il
simbolo originale dello zero è da ritrovare nell’antico alfabeto
greco, dove veniva indicato con la lettera omicron. Il nome per
esteso però era “ouden”, che significa NULLA.
Pensando al suo significato originale possiamo capire quanto
realmente sia nullo, anche solamente meditando sulla posizione
che ha tra i numeri negativi e positivi. Se lo guardi fisicamente
dal punto di vista dei numeri negativi assume un significato
completamente negativo; se invece lo guardiamo dal punto di
vista dei numeri positivi assume tutto un connotato
completamente positivo.
Il primo significato simbolico che si attribuisce allo zero è
appunto quello del nulla. Se la differenza tra il numero di oggetti
in due insiemi è zero, significa che i due insiemi contengono lo
stesso numero di elementi. Zero va però distinto da “assenza di
valore” poiché si tratta di due concetti diversi: ad esempio se la
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temperatura è zero l’acqua ghiaccia; se manca il dato della
temperatura, assenza di valore, nulla si può dire.
Esistono vari aforismi sul senso del nulla o il senso che l’uomo
vi attribuisce. Uno in particolare, di Nicolàs Gòmez Dàvila, mi
ha colpito e dice “Per evitare un virile confronto con il nulla,
l’uomo innalza altari al progresso” Questo evidenzia la paura
dell’uomo per il nulla: questa subentra dal punto di vista fisico
quando ci troviamo per esempio di fronte a un burrone o a un
grande vuoto. Dal punto di vista mentale subentra quando non
esistono per una persona delle situazioni che gli possono far
provare delle emozioni. Questa paura prende il nome di horror
vacui. In pratica l’uomo per qualche verso ha paura dello zero!
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