La struttura del discorso segnato

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La struttura del discorso segnato
La struttura del discorso segnato: dati sulla LIS,
l’ASL e la LSF, e nuove prospettive nel quadro
di una grammatica dell’iconicità
di Elena Antinoro Pizzuto, Paolo Rossini, Marie-Anne Sallandre,
Erin Wilkinson
1. Introduzione
In questo lavoro esaminiamo la struttura del discorso segnato analizzando brevi racconti in tre diverse Lingue dei Segni: quella italiana (LIS), americana (ASL), e francese (LSF). Focalizziamo l’attenzione su strutture linguistiche universali che garantiscono la coesione testuale, e che vengono
abitualmente descritte come “deittico-anaforiche” (v. in particolare Lyons,
1977). Nelle Lingue dei Segni (LS) come nelle lingue vocali (LV), queste
strutture permettono di introdurre per la prima volta nel discorso i referenti
(le persone, oggetti, eventi) di cui si parla (riferimento deittico) e, successivamente, di re-introdurre o parlare di nuovo degli stessi referenti (riferimento anaforico).
I segni illustrati in fig. 1 forniscono un esempio “standard” di queste
strutture in LIS1. In (1a) il segnante produce il segno “una settimana fa” con
lo sguardo verso il suo interlocutore, e quindi introduce per la prima volta
nel discorso (riferimento deittico) il referente “collega” con il segno standard “collega” (1b), marcando il segno con uno spostamento del luogo di
articolazione (alla sua destra) e dello sguardo, diretto verso lo stesso punto
nello spazio. Più avanti nel discorso, il segnante re-introduce anaforicamente lo stesso referente (“lui, il collega...”), usando un segno di indicazione (1c) verso lo stesso punto che aveva prima marcato nello spazio
(v. 1b), e il segno “collega” (1d) che però questa volta è prodotto nello spazio neutro.
Questo modo di produrre il riferimento deittico-anaforico è stato descritto estesamente nella letteratura sulle LS, e molti autori hanno sottolineato
somiglianze tipologiche molto rilevanti fra Lingue dei Segni diverse, spes1
Dal racconto “Il furto della collana”, tratto da un corpus raccolto da Fabbretti (1997).
41
so anche geograficamente molto distanti (v. fra gli altri Pizzuto, 2007). In
molte LS (probabilmente in tutte) per introdurre (riferimento deittico) e reintrodurre (riferimento anaforico) referenti nel discorso (persone, oggetti o
eventi di cui si parla), i segni per questi referenti vengono simbolicamente
‘posizionati’ nello spazio segnico indicando ‘luoghi’ nello spazio (o ‘loci’
come chiamati da alcuni autori, v. Liddell, 2003) tramite: – lo sguardo; –
modifiche del luogo di articolazione (v. 1b); – un segno di indicazione manuale (v. 1c).
Fig. 1 – “Una settimana fa, un collega” [...] “lui, il collega...”
[…]
1a
1b
1c
1d
Le LS possono però usare anche un altro modo per riferirsi a persone,
oggetti, eventi. Si possono produrre unità segniche complesse molto diverse da quelle illustrate sopra in 1a-1b, che tipicamente: – non sono elencabili come “segni standard”, non corrispondono cioè a segni elencati nei
dizionari; – sono “marcate” a un livello metalinguistico da un uso particolare dello sguardo; – mostrano caratteristiche fortemente iconiche, e per
questa ragione (e altre che qui non discutiamo), adottando il modello proposto da Cuxac (2000) possono essere caratterizzate come “Strutture di
Grande Iconicità” (SGI). Illustriamo schematicamente qui di seguito il
modello proposto da Cuxac, un modello che a nostro avviso è di grande
interesse per esaminare da nuove e promettenti prospettive la struttura delle
LS, e in particolare del discorso segnato.
2. Segni standard e Strutture di Grande Iconicità: una descrizione
schematica
Secondo la proposta formulata da Cuxac (2000; v. anche Cuxac e Sallandre, 2007), tutte le LS sono radicate in un processo di iconizzazione (o
iconicizzazione) dell’esperienza percettivo-pratica dei segnanti. Le LS, secondo Cuxac, possiedono una dimensione semiotica in più rispetto alle LV:
nelle LS (ma non nelle LV) ci sono due modi per significare: – “dire e mo42
strare”, usando SGI o “Trasferimenti”; – “dire” (senza mostrare), usando il
lessico standard e segni di indicazione.
Questi due modi di significare rispecchiano due diverse intenzioni comunicative e semiotiche che si alternano nel discorso segnato: un’intenzione illustrativa (dire e mostrare), e una non illustrativa (dire senza mostrare).
Un punto nodale, nel modello proposto da Cuxac, è la considerazione piena
dello sguardo del segnante: lo sguardo svolge un ruolo cruciale per distinguere le due diverse intenzioni semiotiche e, di conseguenza, i segni standard (e i segni di indicazione ad essi connessi), dalle SGI. Molto schematicamente, nel produrre segni “standard” lo sguardo del segnante è diretto
verso l’interlocutore (o verso punti marcati nello spazio connessi alla produzione di segni standard, v. sopra 1a e 1b), mentre nel produrre SGI lo
sguardo è diretto sulle mani, o rappresenta lo sguardo di entità simbolizzate,
come illustreremo fra breve.
Nel quadro proposto da Cuxac si distinguono tre tipi principali di SGI,
ciascuna caratterizzata da uno specifico uso (linguistico e metalinguistico)
dello sguardo:
• Trasferimenti di Taglia e di Forma (TF) – descrivono forme e/o anche
dimensioni dei referenti rappresentati, senza che vi sia un processo, lo
sguardo del segnante è tipicamente rivolto sulla mano o sulle mani impegnate a produrre la forma rappresentata, l’espressione facciale è congruente con la forma descritta;
• Trasferimenti di Situazione (TS) – viene mostrata una situazione come
“vedendo la scena da lontano”, si rappresenta sia un agente che un processo, lo sguardo è diretto prima verso la mano dominante (che rappresenta un agente e un processo), poi verso la mano non-dominante (che
rappresenta un punto di riferimento o “locativo”), l’espressione facciale
è congruente con il processo rappresentato;
• Trasferimenti di Persona (TP) – l’intero corpo del segnante riproduce
una o più azioni fatte o subite da uno (o più) agenti/esperienti, il narratore “diventa” la persona di cui parla, assumendo lo sguardo dell’entità
rappresentata, e un’espressione facciale, postura del corpo, forma delle
mani iconicamente congruenti con l’azione/stato dell’entità rappresentata. Consideriamo alcuni esempi tratti dai racconti LIS, ASL e LSF che
abbiamo analizzato. In 2a un segnante LSF si riferisce a un “albero” con
un segno standard, prodotto con lo sguardo verso l’interlocutore. In
2b/2c (le figure mostrano la parte iniziale e finale del segno) il segnante
usa per lo stesso referente “albero” un TF (“la forma di un albero”), con
lo sguardo rivolto sulle mani.
Le figure 3a-3c mostrano tre esempi di riferimento anaforico tramite TS.
I due esempi LIS (3a) e ASL (3b) trasmettono lo stesso significato: “il cane
43
Fig. 2a – LSF – ALBERO (standard) Fig. 2b/2c – LSF – “forma di albero” (TF)
Fig. 3a – LIS (TS) Fig. 3b: ASL (TS) Fig. 3c: LSF (TS)
cade dal davanzale”. L’esempio LSF simbolizza un “cavallo che salta il
recinto”2.
Le figure 4a-4b mostrano esempi di TP con funzione anaforica in LIS e
ASL. In 4a, il segnante produce un “doppio TP”, riferendosi simultaneamente
a un bambino, un cane e le azioni che essi fanno (“il bambino tiene in braccio
il cane mentre il cane lo lecca sulla guancia”). In 4b, il segnante si riferisce
anaforicamente a un “cane con la testa bloccata dentro un barattolo”.
Sia i TS sia i TP evidenziano un’altra caratteristica altamente specifica
delle LS: la possibilità di riferirsi simultaneamente a due o anche più referenti (ad es. “il cane/il davanzale”, “il cavallo/il recinto” nei TS in 3a-3c, “il
bambino/il cane/la guancia del bambino” e “il cane/la sua testa/il barattolo”
nei TP in 4a-4b).
Le strutture appena illustrate sono note a tutti i segnanti e ampiamente
discusse ma con altri termini e da altre prospettive. Il termine più frequentemente usato per le componenti manuali dei TF e TS e in parte dei TP, è
quello di “classificatore” (e altri termini che qui non discutiamo per limiti
2
Non è possibile illustrare con immagini prive di movimento gli spostamenti rapidi di
direzione dello sguardo dalla mano dominante alla mano non dominante che caratterizzano i
TS, e che si possono individuare nell’analisi dei filmati da cui sono tratti i videoclip.
44
Fig. 4a – LIS (TP)
Fig. 4b – ASL (TP)
di spazio). Cuxac denomina invece questi elementi manuali “proforme”. I
TP sono più comunemente descritti come “impersonamento” (per discussioni più appropriate v. Cuxac e Sallandre, 2007; Emmorey, 2003; Pizzuto,
2007; Pizzuto et al., 2005; Russo Cardona e Volterra, 2007).
La differenza fra la terminologia proposta da Cuxac (e nel presente lavoro), e quella usata più frequentemente in letteratura non è superficiale ma
sostanziale. La diversa terminologia proposta da Cuxac si basa infatti su un
modello linguistico che attribuisce all’iconicità un ruolo formale cruciale
nella struttura del discorso e della grammatica delle LS (Cuxac, 2000), in
cui lo sguardo è considerato un parametro fondamentale dell’attività segnica. È la diversa direzione dello sguardo l’elemento chiave per distinguere
segni standard e SGI.
3. Studi precedenti su LSF e LIS: risultati e domande aperte
Molti studi sul discorso e la grammatica della LSF (ad es. Cuxac, 1996;
2000; Sallandre, 2003), basati su corpora che, per gli studi sulle LS, possono essere considerati molto ampi3, hanno documentato con grande chiarezza che le SGI sono molto importanti nell’articolare l’informazione nel discorso segnato, e sono anche molto frequenti: ad es. costituiscono mediamente fino al 70% dei segni prodotti in testi narrativi, intorno al 30% dei
segni in testi definiti “prescrittivi” come le “ricette di cucina” (Sallandre,
2003). Studi recenti sulla LIS forniscono la stessa indicazione, anche se in
3
Ci sembra importante sottolineare, anche se non possiamo discuterne qui come sarebbe necessario, che in termini quantitativi, c’è una grossa discrepanza fra i corpora disponibili e analizzati nello studio delle LV (di solito corrispondenti a molte ore di parlato), e quelli
relativi alle LS, dove un corpus di 15-30’ di segnato può essere già considerato molto ampio.
45
alcuni casi quelle che qui chiamiamo SGI vengono descritte con altri termini (cfr. ad es. Russo, 2004; Pizzuto et al., 2005; 2006; Pizzuto, 2007; i contributi di Di Renzo e di Lucioli, Lamano e Gianfreda in questo volume).
Per quanto ci risulti, nessuno studio precedente (ad eccezione di osservazioni riportate in Pizzuto, 2007 e in Antinoro Pizzuto et al., 2007), ha cercato di accertare come e quanto le SGI vengono usate per effettuare il riferimento deittico-anaforico, cioè come strumenti per la coesione testuale. Lo
studio che riportiamo qui di seguito cerca di rispondere alle seguenti
domande:
• nel riferimento deittico-anaforico, le SGI sono più o meno frequenti dei
segni standard e dei segni di indicazione?
• le SGI sono ugualmente frequenti nel riferimento deittico e in quello
anaforico, o ci sono differenze rilevanti?
• quanto spesso le SGI sono usate per riferirsi a più referenti, realizzando
cioè quella caratteristica altamente specifica delle LS che abbiamo definito “Riferimento Multiplo” (RM)?
4. Risposte e nuove informazioni dall’esame comparativo di dati LIS,
ASL e LSF
Per rispondere alle domande formulate sopra abbiamo analizzato brevi
racconti (comparabili per durata e complessità) prodotti in LIS, ASL e LSF.
In ciascuna LS abbiamo analizzato 1’ di segnato prodotto da tre segnanti
nativi di età e esperienza linguistica comparabile. Per la LIS e l’ASL i racconti sono stati elicitati con una stessa storia illustrata molto nota, la “Storia
della Rana” (Mayer, 1969), che narra le avventure di un bambino, del suo
cane e di una rana che il bambino trova e mette in un barattolo. Successivamente la rana scappa e il bambino e il cane iniziano a cercarla dappertutto. I dati analizzati contengono lo stesso numero di episodi della parte iniziale della storia. Per la LSF abbiamo usato una storia illustrata molto breve
(composta da 5 figure) nota come “Il cavallo”, che parla di un cavallo, una
mucca e un uccellino, e delle azioni e interazioni di e fra i protagonisti di
questa storia (per maggiori dettagli v. Antinoro Pizzuto et al., 2007).
Per quanto riguarda la scelta delle lingue esaminate va osservato quanto
segue. È noto che ASL e LSF sono storicamente connesse: la LSF ha influenzato l’ASL tramite la straordinaria esperienza umana e educativa che
ha portato l’educatore sordo francese Laurent Clerc, segnante LSF, a trasferirsi negli Stati Uniti, e a creare insieme a Thomas Gallaudet la prima scuola per sordi negli Stati Uniti in cui la Lingua dei Segni veniva usata per comunicare ed educare (Russo Cardona e Volterra, 2007). Non abbiamo inve46
ce notizie certe su parentele storiche fra LIS e ASL/LSF. Anche se non possiamo escludere che ci siano stati contatti fra sordi italiani, americani e francesi, non abbiamo documenti scritti che attestino una relazione storica LIS
– ASL/LSF (sull’importanza della scrittura per la storia delle LS v.
Pennacchi, in questo volume). In sostanza, allo stato attuale delle conoscenze, possiamo dire che le LS che abbiamo scelto di esaminare ci permettono di esplorare, sia pure in parte, se le eventuali somiglianze/differenze fra
le tre LS sono/non sono influenzate dalle relazioni storiche fra di loro.
Esaminiamo adesso i risultati principali del nostro studio. Per limiti di
spazio, riassumiamo qui solo i dati più rilevanti, raggruppando in un’unica
categoria le SGI che abbiamo esaminato (v. Antinoro Pizzuto et al. [2007]
per una descrizione più dettagliata).
In ciascun testo esaminato, abbiamo individuato un numero totale di occorrenze di riferimenti deittico-anaforici variabile fra 46 e 71 (nei tre testi
LSF, indicati qui di seguito come LSF-1, LSF-2 e LSF-3), e 102-146 (nei
sei testi LIS e ASL, indicati qui di seguito, rispettivamente, come LIS-1,
LIS-2, LIS-3 e ASL-1, ASL2-ASL3).
La figura 5 mostra le regolarità individuate nel riferimento deittico, paragonando la proporzione (in percentuale) delle SGI con quella dei segni
standard e dei segni di indicazione (raggruppati insieme in unica categoria
STD).
Fig. 5 – SGI vs. segni standard e segni di indicazione nel riferimento deittico
100
STD
90
SGI
80
mix
70
%
60
50
40
30
20
10
0
LIS-1 LIS-2 LIS-3 ASL-1 ASL-2 ASL-3 LSF-1 LSF-2 LSF-3
È evidente che per parlare per la prima volta di una persona (o oggetto o
evento) tutti i segnanti meno uno usano molto più spesso segni standard
(50%-83%, per la maggior parte segni lessicali, raramente segni di indica47
zione), Le SGI sono meno frequenti, ma costituiscono in ogni caso una proporzione non trascurabile (dal 17% al 40%). Le strutture miste (‘mix’ nel
grafico, composte per lo più da TF e segni di indicazione) rappresentano una
proporzione marginale (8% -10%), e sono prodotte solo dai segnanti LIS-3
e LSF-3. Il segnante LSF-1 costituisce un’eccezione a questo andamento:
nell’83% dei casi usa SGI.
La figura 6 mostra le regolarità individuate nel riferimento anaforico. In
questo caso, le proporzioni si invertono: in tutte e tre le LS predominano largamente le SGI, in proporzioni comprese fra l’80% (ASL-2) e il 95% (LSF3). I segni STD costituiscono una proporzione decisamente limitata (dal 5%
al 20%), soprattutto rispetto a quanto riscontrato nel riferimento deittico.
Fig. 6 – SGI vs. segni standard e segni di indicazione nel riferimento anaforico
100
STD
90
SGI
80
70
60
%
50
40
30
20
10
0
LIS-1 LIS-2 LIS-3 ASL-1 ASL-2 ASL-3 LSF-1 LSF-2 LSF-3
Riportiamo infine la proporzione di casi di Riferimento Multiplo (RM,
v. sez 2 e illustrazioni 3a-4b), cioè dei casi in cui le SGI da sole, o in qualche caso accompagnate da un segno standard e/o da un segno di indicazione, si riferivano simultaneamente a due o più referenti. Questa proporzione
è stata calcolata dividendo il numero di occorrenze di RM per il totale di
occorrenze di riferimento deittico e anaforico. Mediamente, il RM si è verificato nel 40% dei casi.
5. Conclusioni e indicazioni per ricerche future
I dati che abbiamo descritto avvalorano, ed estendono a nuovi aspetti
della struttura linguistica delle LS, le indicazioni di studi precedenti su LSF
48
e LIS. Le SGI costituiscono indiscutibilmente un fenomeno estremamente
rilevante nelle tre LS esaminate, e sono le strutture più frequenti con cui si
realizza il riferimento anaforico. Il “filo del discorso” nei racconti esaminati si regge primariamente sulle SGI. Contrariamente a quanto si potrebbe
pensare da molte ricerche (soprattutto ma non solo in descrizioni dell’ASL),
i nostri dati mostrano che nel riferimento anaforico l’uso di segni standard
e/o di segni di indicazione diretti verso specifici “loci” (v. sez. 1) è un fenomeno decisamente marginale. In una proporzione importante di casi, le
SGI consentono inoltre possibilità di RM che costituiscono un’ulteriore caratteristica altamente specifica delle LS. In accordo con studi precedenti
sulle SGI, i nostri dati suggeriscono che le strutture discorsive e sintattiche
del segnato possiedono caratteristiche peculiari, molto diverse da quelle
considerate “standard”, illustrate nell’esempio (1) di questo lavoro.
Le somiglianze interlinguistiche rilevate sembrano molto più legate alla
modalità visivo-gestuale che a relazioni storiche fra le LS esaminate.
Troviamo infatti regolarità simili non solo in ASL e LSF, che hanno legami
storici accertati, ma anche in LIS, una lingua che, per quanto ne sappiamo
oggi, non ha legami storici diretti con le altre due. Va ricordato inoltre che
strutture tipologicamente molto simili nel realizzare il riferimento deitticoanaforico sono state descritte in molte LS anche geograficamente distanti, e
dunque è plausibile ipotizzare che costituiscano tratti molto generali, verisimilmente universali delle LS (Pizzuto, 2007).
I dati discussi vanno certamente vagliati ulteriormente, effettuando ricerche più ampie, su corpora più estesi (e su diverse varietà discorsive), e su
un campione più vasto di LS geograficamente (e storicamente) distanti.
La presenza massiccia di SGI nei nostri dati fornisce tuttavia indicazioni molto chiare a favore di modelli formali delle LS che cercano di delineare una “grammatica dell’iconicità”, come quello proposto da Cuxac (2000)
e, da prospettive un po’ diverse, da Russo (2004)4. Come osservano alcuni
autori (Pizzuto et al., 2007), gran parte della ricerca passata e attuale sulle
LS è stata guidata da una prospettiva “assimilazionista”. Si è cercato di
mostrare e “provare” che le LS sono lingue “a tutti gli effetti”, paragonabili come efficacia espressiva e funzioni alle lingue vocali, e quindi possiedono strutture molto simili nella sostanza a quelle già note e descritte per le
lingue vocali. Questo compito è stato già in larga misura assolto, e sembra
giunto il tempo di guardare più lontano e più in profondità, esplorando le LS
4
Vogliamo qui dichiarare il nostro profondo debito di gratitudine per Tommaso Russo
Car-dona, amico e studioso di grandissimo valore prematuramente scomparso nel settembre
2007. Gli studi pioneristici di Tommaso su iconicità e metafora nella LIS e nelle lingue vocali sono stati fondamentali per sviluppare molte idee e progetti strettamente connessi alle
linee di lavoro esemplificate nel presente contributo.
49
da una prospettiva “non assimilazionista”, che valorizzi pienamente non
solo tutto ciò che le LS hanno in comune con le lingue vocali, ma anche
tutto ciò che hanno di diverso.
Se si rispettano e valorizzano pienamente le particolari caratteristiche
delle LS come lingue altamente iconiche, con possibilità espressive peculiari della modalità visivo-gestuale, e con una strutturazione multilineare
dell’informazione che non ha pari nelle lingue acustico-vocali, rimane a nostro avviso ancora molto da scoprire e imparare sulle somiglianze e differenze fra discorso segnato e parlato.
Per sviluppare nuove e appropriate ricerche in questa direzione occorrerà non sottrarsi all’esigenza di sviluppare nuovi strumenti teoricometodologici, e fra questi certamente, a nostro parere, anche tecniche e metodologie più rigorose per costituire ampi corpora di LS, rappresentarli in
forma scritta, e analizzarli con procedure computerizzate paragonabili a
quelle che da alcuni decenni ormai si usano nell’analisi del parlato. Allo
stato attuale, le risorse di cui si dispone per le LS in questo settore sono incomparabilmente più limitate di quelle disponibili per lo studio delle lingue
vocali, e ciò ostacola seriamente la ricerca (Pizzuto, Rossini e Russo, 2006).
Da un punto di vista più generale, occorre inoltre adeguare e ampliare gli
strumenti teorici e metodologici della linguistica. Questi strumenti hanno
ovvi limiti, perché sono stati sviluppati per secoli sulla base di conoscenze
parziali, relative per lo più alle forme scritte delle lingue vocali. Occorre a
nostro avviso una prospettiva semiotica di più ampio respiro che ci consenta di definire modelli più generali, più appropriati per descrivere sia le
Lingue dei Segni sia le lingue vocali senza “costringere” le une o le altre
entro schemi riduttivi validi solo per l’una o per l’altra delle tue tipologie di
lingue. Crediamo che un’attenzione maggiore alle caratteristiche specifiche
del segnato e del parlato possa fornire nuove, preziose indicazioni sui tratti
veramente universali del linguaggio.
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