Abbazia di Viboldone

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Abbazia di Viboldone
Abbazia di Viboldone
Piano inferiore al chiostro
Vi si accede tramite lo scalone costruito nel XVIII secolo dove aveva
sede il Calefactorium, che raccorda, in maniera diversa rispetto al
Medioevo, i vari livelli del monastero e il Loggiato chiamato anche
Balconata (ambiente aperto, edificato tra la fine del XVI e l'inizio del
XVII secolo secondo il modello dei palazzi signorili rinascimentali).
Scendendo sotto il chiostro del corpo orientale, si trova la prima
sala dei monaci, risalente al 1150,
uno degli ambienti tra i più suggestivi e completi oltre alla Chiesa abbaziale: è suddiviso da otto campate
con volte a crociera e ripartito in due
navate da colonne simili a quelle della
chiesa. Questo ambiente nel XIII
secolo ebbe la funzione di officina per
la tessitura. Procedendo, si scende
nelle cantine del corpo orientale, che
costituiscono il nucleo più antico del
monastero, attualmente in restauro.
Sala dei Monaci.
Attività religiose e culturali
Dal 1564 l'Abbazia è parrocchia e come tale, dopo la soppressione
della comunità cistercense del 1798, è giunta fino a noi. Per la sua
tradizione monastica e la suggestione del luogo, particolarmente
ricco di spiritualità, è punto di riferimento per pellegrinaggi, per
incontri sia diocesani che di piccoli gruppi, offrendo risposte nutrite
dalla semplicità e dalla carità degli antichi monaci. Nell'anno 2000
l'Abbazia è diventata chiesa giubilare. Qui si vive anche una particolare vocazione mariana che si coniuga con la spiritualità cistercense, per la quale Maria è considerata un ponte tra Dio e l'uomo.
In collaborazione con la Fondazione Abbatia Sancte Marie de
Morimundo si organizzano attività connesse: corsi, viaggi-studio,
mostre, giornate di ricostruzione storica, concerti, conferenze, la
pubblicazione di una rivista. Si svolgono regolarmente e su prenotazione visite guidate, condotte dalle guide della Fondazione, sia
nella chiesa che nella parte monastica.
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La Chiesa
La Chiesa abbaziale si distingue per una elegante struttura architettonica in cotto. La struttura riprende la tipologia delle chiese cistercensi, mentre la facciata trecentesca costituisce un esempio di "facciata a vento" appartenente allo stile del Gotico lombardo.
L'Abbazia
L'Abbazia nasce nel 1176 per gli Umiliati. Successivamente verso la
fine del Cinquecento vi subentrarono i Benedettini Olivetani.
La Casa del Priore
La Casa del Priore era l'antico monastero con ambienti affrescati di
grande pregio iconografico. Nel tempo ha subito diverse trasformazioni diventando la foresteria del Monastero.
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Il Monastero
Il Monastero è ora sede claustrale di una comunità benedettina
femminile voluta da Alfonso Schuster nel 1941, allora Cardinale di
Milano. L'edificio è stato ricostruito sul progetto dell'architetto Luigi
Caccia Dominioni.
Le origini
La nascita di Viboldone, documentata nel 1176, corrisponde a quella degli Umiliati. Dal XII secolo, ebbero, a partire dalla Lombardia,
una grande diffusione anche nei secoli successivi; si ispiravano alle
prime comunità cristiane ricordate dagli Atti degli Apostoli, vivendo
in modo povero, lavorando con le proprie mani, pregando e predicando l'Evangelo.
Vennero riconosciuti dalla Chiesa nel 1201 e divisi in tre ordini: i
laici (che restavano nelle proprie case), quelli che vivevano in
comune (il ramo monastico) e i sacerdoti che vivevano nelle canoniche.
Successivamente decaduti per varie cause ma rimasti titolari di
grandi ricchezze, vennero soppressi, nel ramo maschile, nel 1571.
A Viboldone vi subentrarono i Benedettini
Olivetani, anch'essi successivamente soppressi
dal governo austriaco e costretti ad abbandonare l'abbazia.
La facciata, con le caratteristiche bifore a
vento, è in cotto con inserti di marmo
bianco; datata 1348, fu voluta dal priore
Guglielmo Villa per completare magnificamente la chiesa iniziata nel 1176. Si tratta del periodo di maggior potenza
dell'Ordine, che di lì a poco sarebbe decaduto fino alla soppressione.
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Monastero del piano del chiostro
Costruito a partire dal 1135, fu trasformato in più riprese per adattarlo alle diverse esigenze dei monaci (soprattutto nel primo
Duecento e nel Seicento), senza che si perdessero la struttura e la
pianta del complesso. A differenza degli edifici cistercensi tradizionali (costruiti in piano), presenta complessivamente quattro piani.
Oltrepassando la porta si incontrano il locutorium (dove l'abate
impartiva gli ordini per i lavori della campagna), il corridoio, dove si
collegava l'antica scala (ora coperta da un cristallo trasparente), e
la sala dei monaci, dove lavoravano i coristi: originariamente questa era divisa in due navate da otto archi a tutto sesto, ma nel XIIXIII secolo fu ripartita in vari ambienti e a cavallo tra il XVII e il
XVIII secolo fu trasformata nella residenza dell'abate commendatario con la costruzione di un corridoio lungo il lato ovest e di una
grande sala. Procedendo ci si trova nello Scriptorium, il laboratorio
dove venivano trascritti e decorati i codici. Qui in un sott'arco si
individuano varie scritte e simboli databili intorno al 1160-70.
Sala dello scriptorium al piano del chiostro.
Galleria di accesso al Monastero.
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Il lato est rappresenta il disprezzo di sé: l'ambiente rammenta al
monaco di non confidare solo sulle proprie forze chiudendosi in sé.
Il lato sud che guarda alla notte ricorda al monaco il disprezzo del
mondo. Qui, dove il sole batte per molte ore al giorno, si trova
ancora il sedile sul quale i monaci sostavano per ascoltare la lettura spirituale prima dell'ultima preghiera della sera.
Il fianco ovest, dove sono situati i locali dei fratelli conversi, è rivolto al sole che sorge e ispira l'amore verso il prossimo.
Qui si opera la carità verso i pellegrini, i malati e i poveri. Il lato
nord è quello dove i monaci si attardavano nella preghiera fino
all'ultimo raggio di sole: ricorda al monaco l'amore di Dio.
La Sala Capitolare
Lo stile architettonico di questo ambiente differisce dalle caratteristiche generali del monastero. Ciò risulta evidente dalla presenza di
colonne slanciate in pietra (non in mattoni), e da una sensibilità che
sembra anticipare il primo gotico; ma anche qui, come in tutti i
locali dell'edificio, si riscontra una struttura semplice e lineare ma al
tempo stesso elegante: per il monaco ogni attività, non solo la preghiera, rappresenta una lode a Dio.
Per accedere alla sala Capitolare i monaci scendevano alcuni gradini in segno di umiltà; qui, infatti, i religiosi si autoaccusavano
davanti ai confratelli delle proprie mancanze nei confronti della
Regola e l'abate assegnava le punizioni.
Sulla parete occidentale si aprono, ai lati della porta, due trifore: a
queste si affacciavano i conversi per assistere alle riunioni, poiché
non avevano diritto di accesso alla sala e non potevano prendere
parte alle decisioni; proprio da questa consuetudine deriva il modo
di dire: "Non avere voce in Capitolo".
In questa sala i monaci
si riunivano ogni giorno
per la lettura di un capitolo della Regola di San
Benedetto o di un passo
della Sacra Scrittura (da
questo il nome di Sala
Capitolare) o per ascoltare i sermoni dell'abate, che stava al centro
della parete orientale.
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La comunità attuale
La comunità benedettina che vive attualmente nel complesso abbaziale si è insediata nell'antica Casa del Priore nel 1941, durante l'infuriare della guerra. Accolta nella diocesi dal Cardinale Schuster e
paternamente seguita nei suoi primi difficili anni, si è rapidamente
sviluppata al punto che il suo successore, il Cardinale Montini, ha
provveduto a promuovere la costruzione, sul fianco destro della
chiesa, di un monastero (su progetto dell'architetto Luigi Caccia
Dominioni), in cui le monache avessero gli spazi necessari per la
loro scelta di vita.
Il nuovo monastero è stato inaugurato nel 1964, e l'antica Casa del
Priore, opportunamente restaurata, è divenuta foresteria. Il complesso ha potuto così riprendere pienamente l'originaria funzione di
luogo basato sulla vita comunitaria, la preghiera e il lavoro, annunciando il vangelo della fraternità nell'accoglienza ospitale.
Veduta dall'alto del chiostro progettato
dall'architetto Luigi Caccia Dominioni.
L'altare è il simbolo della presenza centrale di Cristo nella vita del monastero, la
Pietra angolare dell'edificazione della
comunità. È costituito da una semplice
mensa di marmo di Candoglia (a sottolineare la comunione con la chiesa cattedrale) e poggia su quattro antiche colonne, reperti dei precedenti insediamenti
monastici. Anche l'ambone per la proclamazione della Parola è semplicissimo,
realizzato utilizzando un antico capitello posto su un tronco di colonna.
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La Chiesa: l'architettura
La prima Chiesa del 1176, dedicata a San
Pietro, comprendeva solo le absidi (piatte
come nell'architettura cistercense) e la prima
campata in stile romanico lombardo. Cresciuta
la comunità, venne ampliata nel corso del '200 con la navata "gotica" di colonne in cotto che sorreggono alte volte a crociera e completata nel 1348 con la facciata a capanna, caratteristica per le bifore aperte sul cielo. Altre caratteristiche dominanti sono: il grande
occhio, le decorazioni in cotto, le statue di San Pietro e San Paolo e
il portale marmoreo sovrastato dalla lunetta con la Madonna e il
Bambino e due santi (da attribuirsi a uno scultore lombardo allievo
di Giovanni di Balduccio). L'insieme è di una ricca presenza di colore dovuto al rosso dei mattoni, alla doppia apertura sul cielo e alla
policromia della scultura al centro.
Il fortificato campanile, completato da uno slanciato cono cestile,
venne innalzato sull'abside probabilmente all'inizio del '300.
tata all'originaria spiritualità nell'ambito di un grande progetto di
riforma per opera dei monaci fiorentini della Badia di Settimo, inviati nel 1490 da Giovanni de' Medici, abate commendatario. Tra essi
vi sono il monumentale coro alle spalle dell'altare maggiore (nella
navata centrale) eseguito in forme rinascimentali da Francesco
Giramo di Abbiategrasso nel 1522 (che presenta una rara lavorazione a intarsio sugli schienali), la decorazione rinascimentale in terracotta della porta della sacrestia e, nel transetto destro, l'affresco
strappato attribuito a Bernardino Luini, rappresentante la Madonna
col Bambino (1515) tra San Benedetto e Bernardo, che rispecchia
la devozione a Maria da parte dei
cistercensi come intermediaria tra la
vita di preghiera quella quotidiana.
Particolare del coro ligneo ricco di rappresentazioni simboliche e grottesche di
uccelli, pesci, frutta, sfingi e strumenti
scientifici.
II chiostro
Il chiostro di Morimondo si presenta nella sua pianta essenzialmente medievale. I tre porticati sono del primissimo '500 e i due palazzi (lato nord e ovest) della metà del '700. Nonostante siano mutati
nel tempo i criteri di costruzione, anche nell'architettura traspare la
semplicità propria dell'ordine. A est si trova la sala capitolare, preceduta dalla nicchia dell'armarium; seguono poi l'androne dove era
la scala al dormitorio, il locutorium e l'entrata al monastero. A sud
sono rimaste le tracce del calefactorium e gli ambienti della cucina
con il refettorio dei conversi.
Vista dall'abside della navata centrale.
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Il chiostro è cuore del monastero e centro
della vita dei monaci: qui si trovano prima
e dopo il lavoro, meditano, ascoltano la
lettura spirituale. La struttura dei locali
che si affacciano al chiostro è ancora quella medioevale-originaria, mentre la galleria è stata costruita dai monaci cistercensi di Settimo Fiorentino.
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La Chiesa
Particolare della facciata principale con rosone in
marmo bianco.
Costruita prevalentemente in cotto, materiale
tipicamente lombardo, fu eretta tra il 1182 e
il 1296. Fatta eccezione per la facciata, la
struttura ricalca le caratteristiche cistercensi:
a croce latina con tre navate, abside rettangolare orientata verso Est, transetto che contiene due cappelle per braccio e presenza della scala di connessione col dormitorio. In essa si riscontra la totale assenza di cappelle
laterali nella navata maggiore.
La distribuzione della luce a raggi da
finestre prive di decorazioni policrome, di
particolare suggestione, è tipicamente
cistercense e si distingue dalla luminosità
diffusa tipica delle cattedrali gotiche.
Il sistema portante, proveniente dalla Borgogna, risulta costituito
da larghe colonne al di sopra delle quali si ergono colonnette poggianti su capitelli scolpiti in pietra. Vi si nota un'influenza gotica nell'elevazione, nell'uso della volta a crociera e dell'arco a sesto acuto,
sebbene la presenza di archi a tutto sesto (navata laterale destra)
documenti il persistere del Romanico.
La totale assenza di decorazioni e la struttura architettonica riflettono la spiritualità e l'essenzialità che distinguono l'Ordine cistercense.
Il piano della zona absidale fu poi sopraelevato nel 1573 e ulteriormente decorato nel Settecento con il rifacimento dell'altare marmoreo.
L'interno della
Chiesa, nella semplicità delle sue colonne,
delle finestre dell'abside e delle volte,
rispecchia gli ideali di povertà e sobrietà
degli Umiliati, ma anche l'amore, la perizia
e il rapporto con l'architettura civile dei
costruttori. In età barocca vennero chiuse
molte finestre delle navate laterali per la
costruzione di altari votivi.
Gli affreschi: la Madonna e Santi del 1349
A metà del '300, subito dopo il completamento della facciata e sempre per iniziativa del priore Guglielmo Villa (di cui si conserva in
chiesa la lastra tombale, opera di uno scultore balduccesco), la
chiesa venne decorata con vari cicli di affreschi che sono fra i più
vasti e importanti rimasti in Lombardia. Vennero successivamente
ricoperti di intonaco (nel cinquecento o seicento) e riportati alla luce
nel corso del XIX secolo.
La Madonna, su un trono gotico "giottesco", sorregge il Bambino che benedice
un personaggio in ginocchio, forse il committente, presentato da San Michele.
Accanto al Bimbo notiamo San Giovanni
Battista che lo indica e sul lato opposto,
Sant'Ambrogio e San Bernardo. Ai piedi
della Madonna, la data 1349.
Pur nel suo aspetto essenziale, la Chiesa presenta alcune opere
d'arte degne di nota: all'entrata l'acquasantiera, formata dall'originario lavabo del chiostro, probabilmente del secolo XIII, è appoggiata a colonnette provenienti da antiche demolizioni.
Tutte le opere risalgono al periodo compreso tra la fine del
Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, quando Morimondo fu ripor-
Fronteggiante l'ingresso, sull'arco absidale, il grande affresco con la
Madonna e il Bambino porta la data del 1349 e segna probabilmente l'avvio della decorazione del tiburio e della navata. Di particolare
interesse sono: il Cristo Giudice circondato dai buoni e dai reprobi;
le Teorie dei Santi guidati dal Battista e le Sante Vergini guidate
dalle Verginea, opere del pittore toscano Giusto de' Menabuoi,
anch'essi risalenti al 1349.
L'immagine della Madonna appare anche nella prima campata (a
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Arredi della chiesa e sacrestia
sinistra e a destra) in una raffigurazione di fine '300 attribuita a
Michelino da Besozzo e nel ciclo delle vergini prudenti della seconda campata.
Gli affreschi: il Giudizio Universale
Collocato su tre pareti del tiburio, di fronte e a lato della Madonna
del 1349, l'affresco viene attribuito a Giusto de' Menabuoi, grande
pittore fiorentino trasferitosi a Padova, che riprese anche nei particolari il dipinto di Giotto della Cappella degli Scrovegni.
Nella lunetta centrale il Cristo in Mandorla con i segni della passione è attorniato da angeli e divide i beati alla sua destra dai dannati a sinistra, in una visione infernale di ispirazione dantesca. Sulle
pareti laterali la Vergine in preghiera e il Battista (sul lato opposto),
guidano personaggi dell'antico testamento; a lato gli apostoli e
sotto i dottori della chiesa. La severità dell'impostazione giottesca
viene temperata da toni, dettagli di natura e da una stesura di colore "dolcemente unito".
La storia
L'Abbazia di Morimondo ebbe una notevole espansione caratterizzata da vaste acquisizioni di terreni coltivati, marcite e allevamenti.
Tra il XII e il XIII secolo subì tuttavia numerosi saccheggi da parte
delle truppe imperiali.
Nel 1450 Morimondo divenne commenda; tra i primi abati commendatari ricordiamo il cardinale Giovanni de' Medici (futuro Papa Leone
X), che nel 1490 inviò sei monaci cistercensi, provenienti dall'abbazia di Settimo Fiorentino, a riportare la regolarità della vita monastica.
Nel 1561 San Carlo Borromeo nominò Morimondo parrocchia, attribuendo però tutti i suoi terreni all'Ospedale Maggiore di Milano.
Nel Settecento furono innalzati due lati del chiostro.
Il 31 maggio 1798 la comunità cistercense fu soppressa, ma la vita
parrocchiale non si spense mai, è ed tuttora attiva.
Veduta del tiburio: Cristo giudice mostra
piedi, mani e costato forati, a indicare l'unione di giustizia e misericordia; attorniato
dagli angeli che reggono i simboli della passione, è seduto sulla mandorla iridata
segno della pace fra Dio e l'umanità e si
volge verso i beati alla sua destra: al di
sotto i risorti che escono dalle tombe nel
giorno del giudizio.
Diorama di P. M. Loi rappresentante il cantiere di Morimondo. A motivo dei
saccheggi e di una disputa giurisdizionale con la vicina Pieve di Casorate
Primo, i lavori di costruzione della Chiesa Abbaziale iniziarono solo nel 1182
e terminarono nel 1296.
Particolare della quarta campata rappresentante le Storie di Cristo della seconda
metà del Trecento attribuite ad Anovelo da
Imbonate.
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Le origini
Il 4 ottobre 1134 i primi dodici monaci arrivarono dall'Abbazia di
Morimond, presso Langres (Francia del nord), una delle prime quattro filiazioni dell'Ordine cistercense, che deriva il nome (morire al
mondo per rinascere) dalla situazione paludosa del sito (marais
mont, cioè monte della palude). Dopo
un iniziale insediamento a Coronate,
forse con l'appoggio del Vescovo di
Pavia, i monaci si trasferirono nel
novembre 1136 nel luogo definitivo,
dove probabilmente erano già
costruiti i primi edifici per la vita quotidiana, e intrecciarono legami con la
città e i vescovi ambrosiani.
A Morimondo, la comunità fu subito
vivace e ricca di vocazioni, tanto che
furono fondate altre due abbazie:
Acquafredda (Como) nel 1143 e
Casalvolone (Novara) nel 1169. Il fiorire della comunità di Morimondo è
testimoniato anche dalla ricca biblioteca, una delle più vivaci dell'Ordine
cistercense nel XII-XIII secolo.
Facciata principale con tetto a capanna e protiro.
Territorio a terrazza intorno all'abbazia con vista su parte
del complesso trasformato nel Settecento.
I monaci acquisirono terreni coltivati soprattutto verso il Ticino per
un'estensione di 3.200 ettari.
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Gli affreschi: le storie di Cristo
Particolare del medaglione di Eva nell'arco trionfale
della quarta campata.
Le pareti della penultima campata della navata
centrale sono completamente affrescate con il
ciclo dell'Incarnazione, opera di artisti lombardi
della seconda metà del '300. Di fronte all'ingresso domina la grande e drammatica crocifissione, ricca di personaggi raffigurati in abiti dell'epoca, sotto la quale, da due tondi, Adamo ed
Eva indicano il Redentore.
Particolare dell'Arco Trionfale: attorno al
Cristo morto, gli angeli che ne raccolgono
il sangue, il gruppo delle donne che sorreggono la Vergine svenuta, la
Maddalena e Giovanni ai piedi della
croce, il centurione che indica ai sacerdoti il Cristo, l'ufficiale (Longino nella tradizione) che si toglie il copricapo e i soldati
con abiti e armi trecenteschi.
In alto, nelle volte, concluse nella chiave di volta con l'Agnello che
regge il vessillo della vittoria, il ciclo inizia con l'Annunciazione,
l'Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio e il Battesimo.
Sulla parete destra le scene dell'Ultima Cena, dell'orto degli ulivi,
della cattura, flagellazione e salita al Calvario di Gesù; sulla parete
di fronte una straordinaria deposizione con il Cristo adagiato sulle
ginocchia della Madre e al di sotto la Resurrezione, l'Ascensione e la
Pentecoste. Un insieme di grande bellezza e di ricchezza di contenuti ispirato da una profonda meditazione delle Scritture.
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La Casa del Priore
Abbazia di Morimondo
La costruzione, affiancata sul lato sinistro
dell'Abbazia, delinea di fronte alla facciata uno
spazio di grande suggestione, a custodirne il
silenzio e la pace. L'aspetto attuale è quello di
un palazzetto rinascimentale, risultante da successive ristrutturazioni a partire dal monastero
originario, fino a essere una residenza nobiliare, dimora dei priori e poi dell'abate commendatario.
Al suo interno
conserva soffitti a cassettone, fregi,
grottesche con stemmi e decorazioni
simboliche.
Ingresso della Foresteria.
Sala della Musica: raffigurati in colore
bruno-rossiccio, distribuiti entro dodici riquadri suddivisi da modanature
dipinte in monocromo come colonne, vi si ammirano tutti gli strumenti
musicali in uso nel Cinquecento, ordinati secondo la loro classificazione: a
corde, a fiato, a percussione.
Al piano nobile si trova la Sala della Musica, un ambiente con le
pareti interamente affrescate (con raffigurazioni di strumenti musicali), volute dal dotto preposito Ludovico Landriani e di grande interesse anche dal punto di vista dell'iconografia musicale rinascimentale.
È attualmente la foresteria del monastero, dove sono accolti singoli o gruppi che desiderano condividere con la comunità la preghiera, la celebrazione e l'ascolto della Parola.
L'Abbazia
L'Abbazia fondata nel 1134 è una filiazione dell'Abbazia cistercense
di Morimond, presso Langres nel nord della Francia. La scelta del
luogo fu strategica da un punto di vista spirituale, economico e politico.
La Chiesa
La struttura è tipicamente cistercense: a croce latina con tre navate, abside rettangolare orientata ad est e totale assenza delle cappelle laterali nella navata principale. Il transetto contiene due cappelle per braccio e si collega a sud con il dormitorio.
La facciata
La "facciata a vento" ricalca la tipologia delle chiese gotiche lombarde.
Il Chiostro e il Monastero
Il Monastero è costituito da vari piani edificati su un terreno terrazzato. Il Chiostro collega la Chiesa al Monastero in una continuità
architettonica stilistica a conferma della regola monastica ora et
labora di San Benedetto.
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Ambienti monastici
Un monastero alle porte della città
Il monastero di Chiaravalle conserva sostanzialmente l'impianto
medievale con alcuni degli edifici a esso pertinenti che gravitano
intorno al chiostro. La disposizione degli ambienti rispecchia fedelmente la pianta tipo cistercense. E' assai probabile che la costruzione del monastero sia stata avviata prima della costruzione della
chiesa. Si conservano, parzialmente riadattati, i locali utilizzati per
la cucina e per il refettorio dei conversi con elementi architettonici
simili a quelli della Chiesa. All'esterno, presso l'ingresso del monastero, si trovano l'antica foresteria e la Cappella delle Donne,
costruite nel 1412. In asse con il transetto nord è situato l'antico e
rarissimo cimitero dei monaci con decorazioni originarie del XIII
secolo.
La comunità delle monache benedettine ha restituito al complesso
abbaziale di Viboldone la sua destinazione originaria: rappresentare alle soglie di Milano un luogo appartato di silenzio e di ascolto
della Parola che Dio rivolge a ogni uomo. La vita che ha ripreso a
pulsare a Viboldone è la vita monastica secondo l'antica Regola di
San Benedetto: semplice, fraterna, ospitale e laboriosa, dove la
Liturgia delle Ore, che segue il naturale svolgersi del giorno, è l'espressione naturale della preghiera monastica. Al centro di tutto è
la Celebrazione Eucaristica, dove si compie il mistero della comunione tra Dio e gli uomini, di cui la comunità monastica vuole essere un segno e un annuncio. Le monache vivono del loro lavoro (un
laboratorio di restauro del libro antico e un laboratorio informatico
di impaginazione e archiviazione delle immagini) e nella foresteria
propongono e ospitano iniziative di approfondimento delle Sacre
Scritture e incontri, anche a livello ecumenico, in cui condividere la
ricerca di Dio.
Veduta di un lato del chiostro di ingresso
degli ambienti monastici.
Veduta dell'intorno del Monastero.
Affresco nel chiostro.
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Abbazia di Chiaravalle
Navata centrale della Chiesa.
Il transetto, aperto sui due lati, conduce verso nord al cimitero e verso
sud alla sagrestia; ospita sei cappelle
un tempo destinate alle messe private. Lo scalone lungo il transetto
immette al dormitorio dei monaci; al
suo culmine, su un piccolo pianerottolo, è possibile ammirare un affresco
raffigurante la Madonna col Bambino
realizzato da Bernardino Luini nel
1512.
Coro ligneo
Nel 1645 venne commissionata a Carlo Garavaglia la realizzazione
del nuovo coro. Gli stalli, in noce, sono disposti su due file: su ciascun lato il piano superiore ha ventidue scomparti, mentre quello
inferiore diciassette. I bassorilievi di maggior valore sono costituiti
dai quarantaquattro pannelli superiori che raffigurano gli episodi più
salienti della vita di San Bernardo.
L'Abbazia
L'Abbazia figlia di Clairvaux, una delle prime quattro filiazioni
dell'Ordine cistercense, fu fondata da San Bernardo, presente a
Milano nel 1135.
La torre
La torre nolare, dell'inizio del Trecento, è di straordinaria altezza,
decorata da colonnine e pinnacoli in stile gotico. La torre originaria,
costruita nel XII secolo, presentava dimensioni più contenute.
L'interno
L'interno della Chiesa presenta affreschi del Trecento, graffiti del
Quattrocento, dipinti del Cinque-Seicento e intagli lignei della metà
del Seicento. Tra le opere più importanti ricordiamo le Storie della
Vergine post mortem di Stefano Fiorentino, allievo di Giotto.
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Particolare degli stalli del coro: i pannelli
superiori raffigurano gli episodi più significativi della vita di San Bernardo.
Anticamente, era nascosto da una facciata con quattro mezze
colonne e due tondi di bronzo (ora sistemati sulle lesene dell'altare
maggiore), mentre sopra vi erano quattro statue di marmo raffiguranti i profeti. Al centro della facciata l'ingresso al coro era possibile attraverso una minuscola porta sopra cui campeggiava la statua
di marmo della "temperanza". Il tramezzo venne abbattuto dopo il
1798.
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Particolare della torre nolare detta affettuosamente dai
milanesi ciribiciaccola.
Sull'angolo nord-est campeggia la torre nolare
costruita all'inizio del XIV secolo su un'antica torre:
forse il maggior esempio di gotico nordicizzante in
Italia, simile al torrazzo di Cremona. Sulla parete a
nord-est sopra la porta di accesso alla chiesa, un
affresco opera di Callisto Piazza (1549), raffigura la
Madonna in trono col Bambino, adorata da monaci
cistercensi. A lato vi è affissa una lapide con lo
stemma dell'ordine rappresentato da una cicogna.
Il lato sud è invece interamente caratterizzato da
archi a tutto sesto. Tra gli elementi originari si notano la vistosa
colonna annodata, tipica dell'architettura claustrale cistercense e
simbolo di uno dei valori principali dell'Ordine: l'Unità.
Il chiostro
Il Chiostro, per quanto parzialmente ricostruito, è di grande suggestione e respiro claustrale.
Origini e Storia
Nel maggio 1135, Papa Innocenzo II, per risolvere la questione con
l'anti-papa Anacleto II, indisse un concilio a Pisa al quale invitò l'abate Bernardo di Clairvaux.
Con le sue parole travolgenti, Bernardo convinse tutti che il vero
Papa era Innocenzo II e il vero Imperatore Lotario III, mettendo
così fine allo scisma. I milanesi, come ringraziamento per questa
pace insperata offrirono, a Bernardo il terreno per costruire un
monastero. E fu così che nel 1135 venne fondata l'Abbazia.
Chiesa
La Chiesa di Santa Maria, costruita in direzione est-ovest, è costituita da tre navate attraversate dal transetto, non più romanico, ma
non ancora gotico. L'edificio mantiene caratteristiche di estrema
semplicità, infatti le pareti, sia all'interno che all'esterno, si presentavano nude, interrotte solo dalla presenza del rosone.
Particolare dell'affresco della controfacciata.
Veduta d'insieme del complesso abbaziale di Chiaravalle dal lato nord.
Poiché non erano ammesse sculture, il solo elemento decorativo era
costituito dalle colonne con capitelli a foglia.
Con il passare dei secoli il divieto si attenuò e nel 1614 la Chiesa
venne affrescata in molte parti dai fratelli Della Rovere, detti
Fiammenghini. La cupola originaria, assai modesta per dimensioni,
venne rialzata nel Trecento e trasformata a pianta ottagonale.
Tra il 1150 e il 1160 fu demolita la chiesa primitiva e si avviarono i
lavori di costruzione della chiesa attuale. I monaci, nonostante l'edificio non fosse ancora terminato, iniziarono la loro vita regolare il
23 novembre 1138 con l'abate Brunone, monaco di Clairvaux. Nel
1221 la chiesa venne consacrata e dedicata a Santa Maria.
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Sala Capitolare
Sul lato est del chiostro un portale ad arco
immette nel Capitolo, il luogo più sacro dopo la
Chiesa.
Qui si distribuiva il lavoro, si faceva la correzione fraterna, si vestivano i novizi, si svolgevano
le esequie dei monaci e si seppellivano gli abati.
Nella parete destra della quarta campata c'era l'accesso al pulpito
per la lettura durante i pasti dei monaci. All'epoca dell'ampliamento del refettorio vennero murate le finestre ad arco tondo e aperte
tra esse finestre rettangolari.
sopra la porta d'entrata del refettorio,
resti dell'affresco di Cristo seduto in
trono.
Alla fine del XV secolo venne ricostruita dal Bramante.
Sulle pareti si trovano tre famosi graffiti bramanteschi che rappresentano rispettivamente Santa Maria delle Grazie non ancora terminata, il Duomo in costruzione e il Castello Sforzesco. Il Bramante
prediligeva la decorazione a graffiti per le sue costruzioni poiché
non creava alterazioni della linea architettonica.
Veduta dei graffiti bramanteschi della
sala capitolare.
Refettorio
Sulla parete meridionale del chiostro si apre l'ingresso del refettorio, una grande sala di cinque campate, il cui soffitto con volte a
crociera e finestre ad arco tondo ha subito numerosi rifacimenti.
Sullo sfondo si osserva un grandioso affresco opera dei
Fiamminghini.
Sopra la porta d'entrata è raffigurato parte di un grande affresco
che rappresentava Cristo seduto in trono, sacrificato da un restauro nel rifacimento settecentesco di Carlo Federico Pietrasanta. Il
dipinto che la critica attribuisce a un maestro anonimo lombardo è
di altissima qualità, perfettamente aggiornato alle novità giottesche; l'autore, attivo tra Lodi e Varese, era noto come Maestro della
Tomba Fissiraga, dal nome della sua maggiore opera in San
Francesco a Lodi.
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Il refettorio: grande sala a cinque campate con soffitto con volte a crociera e
finestre ad arco tondo.
Chiostro e Torre Nolare
Lato nord del chiostro con campate tripartite con archetti e con la vistosa
colonna annodata.
Il chiostro collegava le diverse parti
dell'Abbazia e rappresentava l'arteria
della vita monastica.
Edificato nel XIII secolo e ricostruito
negli anni cinquanta anche con materiale di recupero, il lato addossato alla chiesa è l'unico sopravvissuto alla distruzione del secolo scorso. Si tratta di un quadriportico
aperto sui lati mediante archi sorretti da colonnine con capitelli scolpiti.
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