Case Reports sulle Malattie Infiammatorie Croniche

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Case Reports sulle Malattie Infiammatorie Croniche
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ISSN 0392 - 4203
Vol. 78 - Quaderno 2 / 2007
PUBLISHED QUARTERLY BY MATTIOLI 1885
ACTA BIO MEDICA
Atenei parmensis
founded 1887
O F F I C I A L J O U R N A L O F T H E S O C I E T Y O F M E D I C I N E A N D N AT U R A L S C I E N C E S O F PA R M A
-
FINITO DI STAMPARE NEL MARZO 2007
QUADERNI
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (CONV IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB PARMA
11:14
Cod. 902933
7-03-2007
DEPOSITO AIFA: 06-03-2007
00-Cop. Quad. 2-2007
Gastroenterologia:
Case Reports sulle
Malattie Infiammatorie
Croniche Intestinali V parte
Now free on-line
www.actabiomedica.it
Listed in: Index Medicus / Medline, Excerpta Medica / Embase
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ACTA BIO MEDICA
Atenei parmensis
founded 1887
O F F I C I A L J O U R N A L O F T H E S O C I E T Y O F M E D I C I N E A N D N AT U R A L S C I E N C E S O F PA R M A
f r e e o n - l i n e : w w w. a c t a b i o m e d i c a . i t
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TREASURER
Luigi Roncoroni
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Giorgio Zanzucchi
Giorgio Cocconi
Angelo Franzè
Enrico Cabassi
Patrizia Santi
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I S T R
QUADERNI
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P E R
G L I
A U T O R I
A C TA B I O M E D I C A - G A S T R O E N T E R O L O G I A
U Z I O N I
DI
Acta Bio Medica è la rivista ufficiale della Società di Medicina e Scienze
Naturali di Parma.
I Quaderni di Acta Bio Medica dedicati alla Gastroenterologia pubblicano principalmente case-reports, saranno inserite occasionalmente reviews
e lavori originali dedicati a quest’area della Medicina.
I dattiloscritti devono essere accompagnati da una richiesta di pubblicazione e da una dichiarazione firmata degli autori che l’articolo non è stato
inviato ad alcuna altra rivista, né che è stato accettato altrove per la pubblicazione.
Tutti i lavori sono soggetti a revisione e si esortano gli autori ad essere concisi.
Il FRONTESPIZIO deve contenere:
• Un titolo informativo conciso
• Nome/i del/degli Autore/i
• Dipartimento o Istituto dove è stato condotto il lavoro
• Nome e indirizzo dell’autore a cui deve essere inviata la corrispondenza
relativa al manoscritto. Deve essere indicato inoltre numero di telefono,
fax ed indirizzo e-mail
• Un running title di non più di 40 caratteri
COME SCRIVERE UN CASE REPORT
La caratteristica chiave del case report è quella di aiutare il lettore a riconoscere e a trattare un problema simile, se mai dovesse ripresentarsi. Utilizzare un linguaggio chiaro e senza ambiguità, per presentare il materiale in
modo che il lettore abbia una chiara visione di:
-cosa è successo al paziente
-la cronologia di questi eventi
-perché il trattamento è stato eseguito in base a quei determinati concetti.
Cosa descrivere?
Osservare e pensare alla pratica clinica, vi sono molti casi rari o insoliti che
possono meritare una descrizione. La rarità non è però di per se stessa motivo sufficiente di pubblicazione, il caso deve essere speciale e avere un
“messaggio” per il lettore; può servire a fornire la consapevolezza della condizione in modo tale che la diagnosi possa essere più facile in futuro o come una linea di trattamento possa essere più adatta di un’altra.
Il ruolo dei case report è di stabilire un specie di “precedente giudiziario” per
malattie relativamente rare.
Un altro gruppo è quello dei casi associati a condizioni inusuali, anche sconosciute, che possono avere priorità diverse nel loro trattamento.
Come descrivere?
Titolo: Il titolo dovrebbe essere corto, descrittivo e capace di attirare l’attenzione. Se il titolo di un case report contiene troppi dati il lettore potrebbe avere la sensazione che esso abbia spiegato tutto quello che c’è da
sapere.
Introduzione: Solitamente si tende a scrivere una breve storia della malattia, ma questo materiale può essere inserito nella discussione. Il report può
cominciare semplicemente con la descrizione del caso.
Descrizione del caso: Il report deve essere cronologico e descrivere adeguatamente la presentazione, i risultati dell’esame clinico e quelli degli accertamenti prima di andare avanti e descrivere l’evoluzione del paziente.
La descrizione deve essere completa, accentuare le caratteristiche positive senza oscurarle in una massa di rilievi negativi. Considerare quali domande potrebbe fare un collega e assicurarsi che vi siano risposte chiare
all’interno del report. Le illustrazioni possono essere utili.
Discussione del caso: Lo scopo principale della discussione è di spiegare come e perché sono state prese le decisioni e quale insegnamento è stato recepito da questa esperienza. Possono essere necessari alcuni riferimenti bi-
bliografici ad altri casi, bisogna evitare tuttavia di produrre una review.
Lo scopo deve essere di definire e dettagliare il messaggio per il lettore.
Il case report renderà chiaro come un caso analogo dovrebbe essere trattato in futuro.
REVIEWS- LAVORI ORIGINALI
Articoli originali: comprendono lavori che offrono un contributo nuovo o
frutto di una consistente esperienza, anche se non del tutto originale, in un
determinato settore. Devono essere completi di Riassunto e suddivisi nelle seguenti parti: Introduzione, Obiettivi, Materiale e Metodi, Risultati,
Discussione e Conclusioni. Nella sezione Obiettivo deve essere sintetizzato con chiarezza l’obiettivo del lavoro, vale a dire l’ipotesi che si è inteso verificare; nei Metodi va riportato il contesto in cui si è svolto lo studio
(Ospedale, Centro Specialistico…), il numero e il tipo di soggetti analizzati, il disegno dello studio (randomizzato, in doppio cieco…), il tipo di
trattamento e il tipo di analisi statistica impiegata. Nella sezione Risultati
vanno riportati i risultati dello studio e dell’analisi statistica. Nella sezione
Conclusioni va riportato il significato dei risultati soprattutto in funzione
delle implicazioni cliniche.
Review: devono essere inerenti ad uno specifico argomento e permettere al
lettore uno sguardo approfondito sul tema, offrendo una panoramica nazionale ed internazionale delle ultime novità in merito. L’autore deve offrire un punto di vista personale basato su dati di letteratura ufficiali. Dovrà essere suddiviso in Introduzione, Discussione e Conclusione e completo di Riassunto. La bibliografia citata dovrà essere particolarmente ricca.
ILLUSTRAZIONI. È responsabilità dell’autore ottenere il permesso
(dall’autore e dal possessore dei diritti di copyright) di riprodurre illustrazioni, tabelle, ecc, da altre pubblicazioni. Stampe o radiografie devono essere chiare.
Le TABELLE dovranno essere numerate consecutivamente con numeri
romani contraddistinte da un titolo.
Le VOCI BIBLIOGRAFICHE dovranno essere numerate secondo l’ordine di citazione nel testo; quelle citate solamente nelle tabelle o nelle legende delle figure saranno numerate in accordo con la sequenza stabilita
dalla loro prima identificazione nel testo. La lista delle voci bibliografiche
deve riportare il cognome e l’iniziale del nome degli Autori (saranno indicati tutti gli autori se presenti 6 o meno; quando presenti 7 nomi o più, indicare solo i primi 3 e aggiungere “et al.”), il titolo del lavoro, il nome della rivista abbreviato in conformità dell’Index Medicus, l’anno di pubblicazione, il volume e la prima e l’ultima pagina dell’articolo, Esempio: Fraioli P., Montemurro L., Castrignano L., Rizzato G.: Retroperitoneal Involvement in Sarcoidosis. Sarcoidosis 1990; 7: 101-105. Nel caso di un libro, si indicheranno nel medesimo modo il nome degli Autori, il titolo, il numero
dell’edizione, il nome dell’Editore, il luogo di pubblicazione, il numero del
volume e la pagina. Nessun addebito verrà effettuato per foto in bianco e
nero. Comunicazioni personali non dovrebbero essere incluse in bibliografia ma possono essere citate nel testo tra parentesi.
COPYRIGHT
© 2007 ACTA BIO MEDICA SOCIETÀ DI MEDICINA E SCIENZE NATURALI
DI PARMA. La rivista è protetta da Copyright. I lavori pubblicati rimangono
di proprietà della Rivista e possono essere riprodotti solo previa autorizzazione dell’Editore citandone la fonte.
Direttore Responsabile: M. Vanelli
Registrazione del Tribunale di Parma n° 253 del 21/7/1955
Finito di stampare: Marzo 2007
La banca dati viene conservata presso l’editore, che ne è titolare. La rivista viene spedita in abbonamento; l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa o di altre pubblicazioni scientifiche. Ai
sensi dell’articolo 10, legge 675/96, è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggiornamento dei dati in nostro possesso.
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INDEX
Quaderno 2/2007
Gastroenterologia: Case reports sulle Malattie Infiammatorie
Croniche Intestinali – V parte
Mattioli 1885
spa - via Coduro 1/b
43036 Fidenza (Parma)
tel 0524/84547
fax 0524/84751
www.mattioli1885.com
4
5
DIREZIONE EDITORIALE
Direttore Scientifico
Federico Cioni
Editing Staff
Valeria Ceci
Natalie Cerioli
Cecilia Mutti
Anna Scotti
15
Articolo originale
F. Giangregorio, Alberto Bertone, Alberto Foco, Fabio Fornari
L’impiego delle curve intensità-tempo ottenute con l’ecografia con
mezzo di contrasto (CEUS) nella valutazione della malattia di
Crohn.
Case report
D. Pingitore, A. Destino, E. Mazzei, R. Molè, M.A. Molinaro
Trattamento topico della proctite acuta attinica con beclometasone
dipropionato e lidocaina cloridrato
18
C. Monti, G. Bassanini, M. Frascio, A. Marsico, G. Casella, A. Giacosa
Crohn e celiachia in un caso di malassorbimento grave
21
D. Ferrulli
Artralgie nel morbo di Crohn del colon
23
A. Longhini, F. Della Nave, M. Franzini, A.R. Kazemiam, G.
Munarini, G. Marcolli
Schwannoma del retto: descrizione di un caso clinico
26
M. Caimi
Una rara manifestazione extraintestinale di malattia di Crohn:
versamento pericardico asintomatico
29
M.M. Terpin
Adenocarcinoma del tenue in paziente affetto da malattia di
Crohn
MARKETING E PUBBLICITÀ
Direttore Marketing e Sviluppo
Massimo Enrico Radaelli
Marketing Manager
Luca Ranzato
Segreteria Marketing
Martine Brusini
Direttore Distribuzione
Massimiliano Franzoni
Responsabile Area ECM
Simone Agnello
Foreword
Inserto centrale staccabile “Il Punto...in breve”
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Pagina 4
ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno 2: 4
© Mattioli 1885
F
O R E W O R D
Le malattie infiammatorie
Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali
(IBD) costituiscono un capitolo sempre più importante della pratica clinica gastroenterologica.
Fortunatamente la letteratura è ricca di evidenze
sull’argomento e chiunque lo desideri non avrà
difficoltà a reperire fonti di aggiornamento attendibili
e validate sulle principali novità della ricerca e sulle linee guida diagnostico-terapeutiche oggi più largamente condivise.
Chi ha confidenza con i criteri della Evidence
Based Medicine, intesa come uso coscienzioso, esplicito e giudizioso della miglior evidenza possibile nel
prendere decisioni sulla gestione del singolo paziente,
sa però che per “evidenze disponibili” si intendono
non solo le fonti bibliografiche classiche, ma anche
quello che oggi si definisce il proprio data-bank personale, e che più prosaicamente io chiamerei la nostra
esperienza clinica. Esperienza che è fatta di solide basi teoriche, ma anche, e forse soprattutto, di quella interminabile teoria di situazioni e di quadri clinici singolari che abbiamo affrontato nella nostra professione.
Ecco allora che torna in auge la classica esperienza didattica della descrizione e discussione dei casi clinici che tutti abbiamo vissuto durante gli anni della
nostra formazione.
Esperienza tanto più preziosa oggi che il tempo
di affrontare e discutere nel dettaglio casi clinici reali,
nostri e dei nostri Colleghi, è sempre più ristretto, specie per chi si trovi a operare in strutture periferiche o
comunque in condizioni di emergenza per la sempre
crescente carenza di personale.
Questo Quaderno di aggiornamento della rivista
Acta Bio Medica, dedicato ad una selezioni di Casi Clinici di IBD, è il primo di una serie che ho accettato di coordinare, con l’obiettivo di presentare ogni
volta pochi ma significativi esempi di quanto possano
essere molteplici e di non facile soluzione le manifestazioni di questo gruppo di patologie gastroenterologiche.
La partenza di un progetto è sempre un momento di grande impegno e di entusiasmo: mi auguro che
la nostra iniziativa incontri il Vostro gradimento e
possa crescere grazie anche alla Vostra collaborazione
ed ai Vostri consigli, con l’obiettivo a medio termine di
diventare anche veicolo di formazione a distanza.
Il quinto Quaderno di aggiornamento della rivista Acta Bio
Medica, dedicato alla presentazione Case Report gastroenterologici, oltre ad una nuova selezione di Casi Clinici di IBD ed
un articolo originale, contiene un inserto centrale concepito per
focalizzare i Key points di uno o più lavori che la Redazione
ha ritenuto di particolare interesse.
Augurandoci che anche questo nuovo capitolo possa ottenere
il Vostro apprezzamento, Vi diamo fin da ora appuntamento alle prossime uscite previste in linea di massima per
la primavera e l’autunno prossimi.
Dr. Riccardo Ranzato
Primario Divisione Chirurgia
Azienda Ospedaliera
Chioggia, Venezia
Come sempre auguri tutti di buona lettura.
Dr. Riccardo Ranzato
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ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno 2: 5-14
© Mattioli 1885
A
R T I C O L O
O R I G I N A L E
L’impiego delle curve di intensità-tempo ottenute con
l’ecografia con mezzo di contrasto (CEUS) nella
valutazione della malattia di Crohn.
Correlazioni con gli indici di attività di malattia al momento dell’esame e nel
follow-up in 30 pazienti
Francesco Giangregorio, Alberto Bertone1, Alberto Foco1, Fabio Fornari
Unità Operativa di Gastroenterologia, Epatologia ed Endoscopia Digestiva, Ospedale “Guglielmo da Saliceto”, Piacenza
Unità Operativa di Gastroenterologia ed endoscopia Digestiva, Ospedale “San Giovanni Vecchio”, Torino
1
Introduzione
L’impiego dell’ecografia B-mode (1-3) come metodica semplice e non invasiva nella diagnosi (4), nella
valutazione della sede e dell’estensione, nel follow-up e
nella ricerca delle complicanze (5) è un dato consolidato in letteratura; la neovascolarizzazione intestinale è
associata a tale patologia, come dimostrato all’esame
anatomo-patologico (6) e dalla presenza di elevati valori sierici di fattori angiogenetici (7). L’impiego del color-(8) e del powerdoppler (9) ha consentito di apprezzare un maggior flusso ematico nei pazienti attivi; l’impiego del doppler pulsato (8,10,11) ha confermato tale
correlazione tra la vascolarizzazione arteriosa di parete e
l’intensità di malattia. Precedenti studi (12-16) avevano
dimostrato modificazioni dell’attività di malattia studiando il flusso doppler dell’arteria mesenterica superiore. Il limite di tale metodica, oltre alla variabilità interoperatore e a quella del paziente, è l’impossibilità di
studiare la microvascolarizzazione della parete (17).
Anche se sono pubblicate diverse esperienze (1822), non esiste una concordanza in letteratura sull’impiego dell’ecografia con mezzo di contrasto nella valutazione dell’attività di malattia. Infatti, nonostante sia
possibile valutare la microvascolarizzazione della parete intestinale con l’impiego dei mezzi di contrasto ecografici (CEUS) (studi di vascolarizzazione di parete-
SVP-), sia di prima (18) che di seconda generazione
(19-22), una recente review (5), riprendendo i dati di
tali lavori, afferma che esistono falsi positivi in almeno
il 30% dei casi, che rendono tale metodica non utilizzabile.
Obiettivi
Sulla base dell’interpretazione dei dati di letteratura disponibili abbiamo ipotizzato che l’infiammazione della parete intestinale non sia correlata al suo
grado di vascolarizzazione (SVP), ma alla quantità di
flusso all’interno della parete nelle varie fasi vascolari
(studi di intensità tempo-SIT-); in altri termini, per
poter valutare se la parete intestinale in un morbo di
Crohn è infiammata, non dobbiamo cercare la presenza di una vascolarizzazione, ma valutarne l’intensità e
la persistenza nelle differenti fasi vascolari (arteriosa,
portale e tardiva).
Lo scopo del nostro studio è stato di valutare l’attività della vascolarizzazione all’interno della parete utilizzando la CEUS per comprendere se gli studi della
vascolarizzazione di parete (CEUS-SVP) o quelli dell’intensità del flusso nel tempo (CEUS-SIT) erano correlati all’attività clinica al momento dell’esame o nel follow-up a breve termine (3-6 mesi dopo la CEUS).
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Materiali e metodi
Sono stati arruolati prospettivamente 30 pazienti
con diagnosi istologica di morbo di Crohn presso la
Gastroenterologia dell’Ospedale “San Giovanni Vecchio di Torino e dell’Ospedale “Guglielmo da Saliceto” di Piacenza; di questi 12 erano maschi e 18 femmine; l’età media era 41.9 anni (range 24-71). I pazienti non sono stati selezionati in base all’attività clinica, alla sede della malattia di Crohn (ileale, ileo-colica, solo colica). Le caratteristiche cliniche dei pazienti sono riassunte nella Tabella 1.
La diagnosi di malattia è stata eseguita in tutti i
pazienti con la colonscopia e l’istologia; tutti i pazienti hanno eseguito colonscopia di controllo entro un
mese dall’esame CEUS.
Nei giorni precedenti la CEUS i pazienti hanno
eseguito emocromo, VES, PCR; prima dell’esame i
pazienti hanno compilato un questionario, che comprendeva informazioni cliniche (dolore addominale, la
febbre, il numero di scariche giornaliere, la presenza di
sangue nelle feci). Sono quindi stati valutati, in base ai
dati anamnestici, obiettivi e bioumorali disponibili, il
CDAI (23,24) ed il DAI (25).
Attrezzatura ecografica
Prima di eseguire la CEUS il paziente è stato sottoposto ad ecografia convenzionale di tutto l’addome
impiegando il TECHNOS MPX (Esaote, Italia) con
sonda convex da 3.5 MHz e poi sono state studiate le
anse intestinali mediante l’impiego di sonda lineare da
7.5 MHz, con cui è stata anche eseguita la CEUS.
È stata studiata la porzione di ansa intestinale
(ileale o colica) scegliendo il tratto patologico o clinicamente considerato attivo in quel momento, valutando la sede del dolore e le caratteristiche ecografiche.
Nei pazienti clinicamente silenti, è stata studiato il
tratto di intestino sede della malattia o, nei casi di sedi multiple, il tratto con le pareti più ispessite. Scelta
la sede da studiare, sono state valutate in B-mode lo
spessore della parete, la presenza o l’assenza della tristratificazione di parete, l’eventuale presenza di raccolte liquide o saccate, la presenza di eventuali fistole; con
il powerdoppler è stata valutata la presenza di flusso
F. Giangregorio, A. Bertone, A. Foco, F. Fornari
arterioso all’interno della parete o nel mesentere circostante, utilizzando la scala semiquantitativa già descritta da Esteban (8) (0: assenza di flusso = malattia
inattiva; 1: segnale power poco presente = poca attività; 2: elevata intensità di segnale = malattia attiva); al
doppler pulsato è stato misurato l’indice di resistenza
(RI), ponendo come cut-off tra i pazienti attivi e gli
inattivi un RI pari a 0.65 (8).
Tabella 1. Caratteristiche cliniche generali dei pazienti
Tot
Maschi
Femmine
30
12
18
Età media
41,96
43
41,3
Range
24-71
28-71
24-69
Ileale
6
4
2
ileo-colica
19
6
13
Colica
5
1
4
Stenotica
8
6
2
Fistolizzante
11
5
6
Infiammatoria
11
6
5
CDAI < 150
22
10
12
CDAI >150
8
1
7
Remissione
20
9
11
attvità lieve
2
1
1
attività moderata
7
1
6
attività severa
1
0
1
NO
22
5
17
SI
8
6
2
5-ASA
8
4
4
Cortisone
13
2
11
Anti-TNF
7
4
3
Azatioprina
2
1
1
Sede della malattia
Tipo di malattia
Indice di attivita’ malattia
Dai
Pregressi interventi
Tipo di terapia
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Curve intensità-tempo e CEUS in malattia di Crohn
Mezzo di contrasto ecografico
L’angiosonografia perfusionale è stata eseguita utilizzando un mezzo di contrasto di II generazione (BR1,
SonoVue, Bracco, Italia) ed apparecchiatura ecografica
dedicata (Technos MPX, Esaote, Italia), con seconda armonica tissutale in scala di grigi, sviluppata appositamente per l’uso dei mezzi di contrasto di seconda generazione. Con questa tecnica, i segnali provenienti dalle
microbolle sono separati dagli echi provenienti dai tessuti operando nel processo di trasformazione del segnale
nel dominio della frequenza anziché in quello del tempo.
Questo significa che lo strumento, dopo l’emissione di un
piccolo segnale a banda larga filtra selettivamente i segnali armonici di ritorno ad una data frequenza e così
l’immagine è costituita solo dal segnale armonico del
mezzo di contrasto. Grazie all’abilità di questo sistema di
non rompere le bolle, la tecnica CnTI (Contrast Tuned
Imaging) permette l’identificazione di tutte le fasi vascolari perfusionali del mezzo di contrasto, che consistono in
una fase arteriosa (da 15 a 30 secondi dopo l’iniezione
del mezzo di contrasto), in una portale (30-60 secondi)
ed in una tardiva o parenchimale (60-180 secondi).
Questa tecnica è stata ribattezzata “angiosonografia perfusionale” per sottolineare che tale esame è dinamico,
consente la valutazione in real-time della perfusione di
un nodulo.
È stata impiegata, per tutti i pazienti, una dose
doppia (cioè 4.8 ml di Sonovue, equivalente ad una
fiala intera) rispetto a quella necessaria per le infusioni epatiche (26). Il motivo risiede nella necessità di
una perfusione prolungata e dell’impiego di una sonda
che lavora con indici meccanici più elevati, determinando una maggior eliminazione di microbolle
Patterns CEUS
Abbiamo utilizzato la suddivisione dei pattern
dell’ansa intestinale patologica, come già segnalato in
letteratura (27), in quattro patterns CEUS: il pattern
1 (detto monostratificato) corrispondente ad intenso
enhancement che interessa a tutto spessore la parete
intestinale; il pattern 2 (bistratificato), corrispondente
all’enhancement che interessa la mucosa e la sottomucosa ecografica, con risparmio dello strato esterno mu-
scolare; il pattern 3 (tristratificato), che corrisponde ad
assenza di enhancement a livello della mucosa ecografica, presenza di enhancement nella sottomucosa ed
assenza di enhancement nella muscolare. Infine, nel
pattern 4, evidenziato in pazienti con parete cicatriziale, l’ansa non mostra enhancement (Figura 1).
Curve di intensità-tempo
Dopo l’identificazione dell’ansa da studiare, la tecnica consiste nella scansione della regione di interesse per
un periodo di 150 secondi dopo l’iniezione del mezzo di
contrasto, e il tempo esatto trascorso dall’iniezione del
mezzo di contrasto è visualizzabile sullo schermo dell’apparecchio. Una registrazione video dell’esame è stata eseguita simultaneamente ed in modo digitale dall’ecografo.
Durante la registrazione dell’esame l’apparecchio
acquisiva anche i dati per l’elaborazione con la tecnica
delle curve di Intensità-tempo (28-31).
Per l’analisi delle curve di intensità per il tempo è
stato impiegato, offline, il software specifico presente all’interno dell’ecografo (IMAGE-LAB, Esaote, Italia).
Sono state impiegate regioni d’interesse (ROI) dello
stesso calibro. Le ROI hanno valutato tutta la parete intestinale. Le curve ottenute rappresentano la somma dei
segnale per ogni singolo pixel per tutta la durata dell’acquisizione del volume campione in base alla durata dell’acquisizione prestabilita.
L’intero esame poteva essere rivisto, punto per punto, lungo la curva e, allo stesso tempo, osservando la corrispondente immagine della CEUS. Questo ha fornito
simultaneamente una valutazione grafica e morfologica
del transito del mezzo di contrasto, istante per istante.
Sono stati misurati i seguenti parametri delle curve intensità-tempo: l’area totale sotto la curva (AUC), l’area
sotto la curva in fase diastolica (AUC diast), l’intensità
media dell’area sotto la curva (IMA); lo “slope” tra l’origine e il picco sistolico (slope sist) e lo slope tra il picco
sistolico e quello diastolico (slope diast).
Follow up
I pazienti hanno eseguito follow up trimestrali
che consistevano nell’esecuzione di una visita, di un’e-
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F. Giangregorio, A. Bertone, A. Foco, F. Fornari
Figura 1. 1A-D: esame di un Crohn attivo: A: in basale si apprezza una ricca vascolarizzazione di parete; B-D: alla CEUS-SVP si
apprezza in tutte le fasi una vascolarizzazione della parete intestinale; tale vascolarizzazione persiste anche in fase tardiva (D) (pattern CEUS 1). 2 A-D: Crohn attivo, ma con vascolarizzazione meno intensa al powerdoppler (2A) e pattern CEUS bistratificato
(pattern CEUS 2). 3 A-D: Crohn inattivo: al power (3-A) assenza di vascolarizzazione; alla CEUS (3-B-D) pattern tristratificato
(pattern 3). 4 A-D: Crohn inattivo: al powerd. (4-A) assenza di vascolarizzazione; alla CEUS (4 B-D) vascolarizzazione pressocchè assente. 1-4 E: la corrispondente curva alla CEUS-TIS
cografia convenzionale e i medesimi esami bioumorali eseguiti prima della CEUS. È stato valutato il follow-up a tre mesi (T3).
Analisi statistica
Sono state calcolate sensibilità, specificità, valore
predittivo positivo, valore predittivo negativo, accuratezza
diagnostica per i patterns CEUS e per le curve di timeintensity rispetto agli indici di attività clinica confrontandoli sia al momento dell’esecuzione dell’esame (T0) che
rispetto al follow-up a breve termine (T3). È stato calcolato il test T di Student. Per tutti i test, una p<0.05 è stata considerata una differenza statisticamente significativa.
È stato utilizzato un software di statistica (SPSS 13).
Risultati
Al momento dell’esame un CDAI inferiore a 150
era presente in 22 pazienti (DAI corrispondente: da 0
a 3 in 20 pazienti; da 4 a 6 in 2); un CDAI superiore
a 150 era presente in 8 pazienti (DAI corrispondente:
7-10 in 7 pazienti, 11-12: 1 paziente). In 19/30 pazienti (63,3%) la malattia era localizzata a livello ileocolico, in 6/30 (20%) a livello ileale e in 5/30 (16,7%)
a livello colico.
Le caratteristiche ecografiche dei pazienti, al momento dell’esame ecografico, confrontate con i due
principali indici di attività clinica sono riassunte nella
Tabella 2: all’ecografia convenzionale lo spessore medio della parete era maggiore nelle forme attive (8.1)
rispetto alle forme quiescenti (7.1). Si poteva apprezzare una tipica tristratificazione di parete in 20 pazienti, in 14 dei quali (70%) la malattia era quiescente; nei 10 pazienti con parete ipoecogena, solo 2 (20%)
presentavano segni clinici di attività di malattia. Nessun paziente presentava versamento libero in peritoneo; linfoadenopatie erano visualizzabili in 3 pazienti,
clinicamente attivi e con fistole interne, come già descritto in letteratura (32). Al powerdoppler erano presenti segnali vascolari in 23 pazienti, ma solo in 4 era
visualizzabile una ricca vascolarizzazione di parete.
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Curve intensità-tempo e CEUS in malattia di Crohn
Tabella 2. caratteristiche ecografiche dei pazienti confrontate con i due principali punteggi clinici di valutazione dell’attività di malattia: il CDAI(23,24) ed il DAI(25). $: in 10 pazienti non era misurabile un picco sistolico **: dato nullo perché il paziente non presentava un picco sistolico
ATTIVITA' DI MALATTIA (CDAI)
TOT
Remissione
Attivita'
(CDAI < 150)(CDAI > 150)
(0-3)
(4-6)
(7-10)
(11-12)
6
4
2
4
0
2
0
Colica
5
2
3
2
0
3
0
ileo-colica
19
16
3
14
2
2
1
Presente
20
14
6
12
2
5
1
Assente
10
8
2
8
0
2
0
7,4
7,1
8,1
7,2
6,5
8,2
7
Assente
7
7
0
6
1
0
0
Segnale modesto
19
13
6
12
1
5
1
Segnale intenso
4
2
2
2
0
2
0
Ri medio
0,8
0,72
0,52
0,72
0,72
0,53
0,56
Pattern 1
3
1
2
0
1
2
0
Studi di vascolarizz.
Pattern 2
12
6
6
6
0
5
1
Della parete (Svp)
Pattern 3
13
13
0
12
1
0
0
Pattern 4
2
2
0
2
0
0
0
Auc (media)
12,4
10,9
16,5
10,98
10,32
16,84
12,41
Studio curve
Auc diast (media) &
12,3
11,4
15
11,7
13.4
14,9
14,39
Intensita'-tempo (Sit)
Ima (media) &
8,5
7,6
11
7,7
6,67
11,2
9,65
Slope sist (media)&
11
10,8
11,6
11,14
6,7
11,6
0**
12,5
11,8
14,5
12,2
6,5
14,5
0**
Tristratificazione
B-MODE
Spessore medio parete
POWERD.
Vascolarizzazione
DOPPLER PULSATO
CEUS
Remisione Lieve Moderata Severa
Ileale
Sede
CEUS
ATTIVITA' DI MALATTIA
Slope diast (media) &
L’indice di resistenza era superiore a 0.65 in 13
pazienti con CDAI inferiore a 150, inferiore a 0.6 nei
pazienti clinicamente attivi ed in 6 pazienti clinicamente inattivi, ma con ripresa di attività nel follow-up.
Tale dato presentava una differenza statisticamente significativa (p< 0.05) nel differenziare la vascolarizzazione di un’ansa attiva rispetto a quella inattiva; alla
CEUS-SVP i patterns vascolari 1 e 2 (quelli che indicano maggior vascolarizzazione) erano presenti in tutti i pazienti clinicamente attivi al momento dell’esame
(8/8) ma anche in 7 pazienti con malattia inattiva; di
questi 7, solo 2 apparivano attivi nel follow-up; i patterns 3 e 4 (quelli indicanti una minor vascolarizzazione) erano presenti in 15 pazienti clinicamente inattivi
al momento dell’esame; nel follow-up 3/15 (20%) pazienti avevano avuto una riacutizzazione. Tale dato dimostra che i patterns della CEUS-SVP non riescono
a differenziare l’attività di malattia né al momento dell’esame né nel follow-up, anche se si apprezza un progressivo aumento dei patterns meno vascolarizzati nei
pazienti inattivi (p=ns).
La CEUS-SIT al momento dell’esame presentava un’AUC media nelle forme inattive di 10.9 (range:
2,9-19) e nelle forme attive un’AUC media di 16,5
(range: 10,4-23,5); inoltre l’intensità media dell’area
(IMA) aveva un valore medio di 7,2 (range: 1,610,81) nei pazienti inattivi ed un valore medio di 11
(range: 7-15,6) in quelle attive.
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Gli studi delle curve intensità-tempo (SIT) nel
follow-up hanno dimostrato la presenza di “valori soglia” che potevano far distinguere i pazienti attivi da
quelli inattivi: l’area sotto la curva (AUC) ha evidenziato un valore soglia pari a 15 (in un solo caso un valore lievemente inferiore a 15 aveva presentato un’attività clinica nel follow-up) (Figura 2); per l’intensità
media (IMA) un valore soglia pari a 10 (la stessa paziente aveva presentato un valore soglia lievemente inferiore a 10 con un’attività nel follow-up) (Figura 3).
Gli altri indicatori non sono poi stati considerati perché in un terzo (10/30) dei pazienti non si apprezzavano picchi sistolici che potessero consentire di calcolare i valori degli altri indici (AUC diast, slope sist e
slope diast).
Rivalutando la CEUS-SIT in base ai cut-off prestabili e suddividendo i pazienti sia in base al CDAI
F. Giangregorio, A. Bertone, A. Foco, F. Fornari
(Tabella 3) che al DAI (Tabella 4), al momento della
CEUS (T0), abbiamo osservato che nelle forme inattive l’AUC era inferiore a 15 (e l’IMA inferiore a 10)
rispettivamente nel 90% (18/20 in base al CDAI) o
nel 85% (17/20 in base al DAI); come nel caso della
CEUS-SVP, anche l’AUC superiore a 15 (ed il corrispondente IMA superiore a 10) era presente nel 75%
(6/8 in base al CDAI) o nel 85% (17/20 in base al
DAI) dei pazienti attivi, ma anche nel 22,2% (4/18 in
base al CDAI) o nel 17,6% (3/17 in base al DAI) di
quelli inattivi.
Nel follow-up dei tre mesi successivi 22 pazienti
presentavano una remissione clinica, mentre 11 pazienti
erano clinicamente attivi; di questi 5 (45%) al momento
della CEUS presentavano criteri clinici (CDAI e DAI)
di quiescenza clinica; all’ecografia tutti presentavano segnali al powerdoppler, ma con indici di resistenza supe-
Figura 2.È stato possibile osservare che i valori di AUC inferiori a 15 al momento della CEUS individuavano i pazienti che nel follow-up a breve termine sarebbero stati in remissione clinica, mentre valori superiori individuavano pazienti clinicamente attivi nel
follow-up. In un unico caso il valore di AUC lievemente inferiore a 15 apparteneva ad una paziente che nel follow-up aveva presentato una recidiva (caso segnato in chiaro)
Figura 3. è stato possibile osservare che i valori di IMA inferiori a 10 al momento della CEUS individuavano i pazienti che nel follow-up a breve termine sarebbero stati in remissione clinica, mentre valori superiori individuavano pazienti clinicamente attivi nel
follow-up. Nel medesimo caso della Figura 2 il valore di IMA lievemente inferiore a 10 apparteneva ad una paziente che nel follow-up aveva presentato una recidiva (caso segnato in chiaro)
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Curve intensità-tempo e CEUS in malattia di Crohn
riori a 0.65. Alla CEUS 2 presentavano segni di attività
(1 pattern 1 e 1 pattern 2) e 3 patterns di inattività (tipo
3); alla CEUS-SIT 4 pazienti presentavano un’AUC superiore a 15 ed una IMA superiore a 10. Solo in un caso i valori di AUC e di IMA erano solo lievemente inferiori al cut-off prestabilito. Negli altri 6 pazienti attivi
al momento dell’esame ecografico e nel follow-up all’ecografia convenzionale solo in 2 erano presenti segnali
doppler di vascolarizzazione, mentre solo in 3 erano presenti patterns CEUS di attività (pattern 1). In tutti alla
CEUS-SIT era presente un’AUC superiore a 15 ed un
IMA superiore a 10.
In base ai dati sopra riassunti, abbiamo potuto ottenere i valori di sensibilità, specificità, accuratezza
diagnostica, valori predittivo positivo e negativo della
CEUS-SVP e della CEUS-SIT (Tabella 5).
Sebbene la CEUS abbia una sensibilità del 100%
nella detection di forme attive, non è però in grado di
distinguerle da quelle inattive sia al T0 che nel followup (T3). Solo la CEUS-SIT ha dimostrato un’accuratezza diagnostica complessiva del 96,5% nella distinzione tra le forme inattive e quelle attive nel follow-up.
Discussione
Diversi lavori d’imaging (ecografia, TAC, RMN)
hanno correlato l’attività di malattia con una valutazione non invasiva del flusso ematico quale espressione “dell’attività di infiammazione” del morbo di
Crohn: tale necessità deriva dal fatto che non esistono
sistemi gold standard di riferimento per la valutazione
Tabella 3. Dati riassuntivi dei patterns della CEUS-SVP e della CEUS-SIT in base all’attività di malattia descritta dal CDAI
CEUS pattern
1
2
3
4
area
under the curve (AUC)
meno di 15
(intensità media < 10)
più di 15
(intensità media > 10)
CDAI
CDAI
T0
T3
remissione
1
6
13
2
attivo
2
6
0
0
remissione
attivo
18
2
4
6
CEUS pattern
1
2
3
4
area
under the curve
meno di 15
(intensità media < 10)
più di 15
(intensità media > 10)
remissione
0
7
10
2
attivo
3
5
3
0
remissione
attivo
19
1
0
10
Tabella 4. Dati riassuntivi dei patterns della CEUS-SVP e della CEUS-SIT in base all’attività di malattia descritta dal DAI
CEUS pattern
CDAI
CDAI
T0
T3
remisione
attività
lieve
attività
lieve
attività
severa
pattern
CEUS
attivo
inattivo
0
6
12
2
1
0
1
0
2
5
0
0
0
1
0
0
1
2
3
4
3
5
3
0
0
7
10
2
remissione
attività
lieve
attività
moderata
attività
severa
area under
the curve
remissione
attività
meno di 15
(intensità media < 10)
17
1
1
1
meno di 15
(intensità media < 10)
19
1
più di 15
(intensità media > 10)
3
1
6
0
più di 15
(intensità media > 10)
0
10
1
2
3
4
area under
the curve
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F. Giangregorio, A. Bertone, A. Foco, F. Fornari
Tabella 5. valori di sensibilità (SENS) specificità (SPEC), accuratezza diagnostica complessiva (ODA), valore predittivo positivo
(PPV) e negativo (NPV) della CEUS-SVP e della CEUS-SIT
CEUS (SVP)
attivo
inattivo
veri+
falsi+
falsi-
veri-
SENS
SPEC
ODA
PPV
NPV
CDAI-CEUS T0
8
22
8
7
0
15
100
68,2
69,5
53,3
100
DAI-CEUS T0
10
20
9
6
1
14
90
70
69,5
60
93,3
CDAI-CEUS T3
11
19
8
7
3
12
72,7
63,2
50
53,2
80
DAI-CEUS T3
11
19
10
0
1
19
90,9
100
95,5
100
95
SENS
SPEC
ODA
PPV
NPV
CEUS (SIT)
CDAI-CEUS T0
8
22
6
4
2
18
75
81,8
75
60
90
DAI-CEUS T0
10
20
7
3
3
17
70
85
75
70
85
CDAI-CEUS T3
11
19
10
0
1
19
90,9
100
96,55
90,9
100
DAI-CEUS T3
11
19
10
0
1
19
90,9
100
96,55
90,9
100
dell’attività di malattia: il più noto, il CDAI, è stato
ampiamente discusso ed è ancora oggetto di critiche,
sebbene in molti importanti trias clinici (33-39) sia
stato impiegato come sistema di riferimento. Altri sistemi a punteggio come il DAI sono stati impiegati.
Nessuno però è in grado di inquadrare al meglio questa malattia né tanto meno è in grado di predire l’outcome clinico. Con l’impiego dell’ecografia, metodica
non invasiva, è stata trovata una correlazione fra la l’attività infiammatoria della malattia e il grado di vascolarizzazione: tale dato è stato diversamente misurato:
attraverso la valutazione dell’indice di resistenza dell’arteria mesenterica superiore (12-16), attraverso lo
studio dell’indice di resistenza delle arterie all’interno
dell’ansa patologica (8-11,18), mediante l’impiego del
segnale power-doppler amplificato dai nuovi mezzi di
contrasto ecografici di prima e di seconda generazione. Tutti questi sistemi non erano però in grado di valutare la microvascolarizzazione, a differenza di TAC o
RMN.
Recentemente, l’introduzione dei mezzi di contrasto in ecografia, ha consentito finalmente anche all’ecografia di studiare la microvascolarizzazione della
parete intestinale, come possono eseguire TAC e
RMN. Ad oggi, tre studi che hanno valutato la correlazione tra mezzo di contrasto ecografico e attività di
malattia hanno dimostrato che nei pazienti con attività di malattia si apprezza un intenso contrast-enhancement di parete, ma tale reperto è presente anche nel
36,5% (19/52) (19), nel 38,6% (8/21) (20), nel 26,6%
(4/15) (22) dei pazienti inattivi. Anche nella nostra
esperienza, il 46,6% (7/15) dei pazienti clinicamente
inattivi, hanno presentato una vascolarizzazione di parete importante. Per la presenza di questo elemento
confondente, Maconi(5) considera di limitato valore
lo studio della parete dell’ansa patologica con CEUS.
Un’ulteriore conferma è giunta anche eseguendo uno
studio semiquantitativo del flusso di parete (20), che
non ha trovato alcuna correlazione tra il CDAI e la valutazione quantitativa della vascolarizzazione di parete. Questo dato emerge anche dalla nostra esperienza,
in cui il 30% (3/10) dei pazienti con un valore di curve di intensità-tempo che indica attività di malattia
(AUC≥15; IMA≥10) erano clinicamente silenti.
Dati analoghi erano inoltre stati presentati anche
da Heyne e coll (10), impiegando il colordoppler: l’autore aveva notato che mentre per i pazienti con rettocolite ulcerosa la presenza di flusso correlava con l’attività di malattia, nei pazienti con Crohn non esisteva
alcuna correlazione, cioè, nelle fasi attive di malattia, la
parete era sempre vascolarizzata, ma nelle fasi quiescenti si poteva notare ugualmente una vascolarizza-
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Curve intensità-tempo e CEUS in malattia di Crohn
zione. Inoltre, la correlazione fra la vascolarizzazione
locale dell’ansa patologica e l’attività di malattia valutata con CDAI rimane contraddittoria per tutte le tecniche d’immagine endoscopiche (40) e radiologiche
(TAC (41,42); RMN (43,44)).
Nella nostra esperienza preliminare abbiamo osservato che quel sottotipo di pazienti, clinicamente
inattivi, ma con una vascolarizzazione di parete tipica
da infiammazione, nell’arco medio di tre mesi circa,
presentavano una recidiva clinicamente importante;
tale dato è statisticamente significativo (p< 0.001) e
presenta un’accuratezza diagnostica pari al 96,5% (con
una sensibilità superiore al 90% ed una specificità del
100%). Un dato simile si evince da un altro lavoro italiano, dove De Pascale e coll.(22) hanno descritto un
subset di 4/15 pazienti, al momento della CEUS clinicamente inattivi, ma con vascolarizzazione presente
e con recidiva clinica nel follow-up dopo circa 3 mesi.
È stato inoltre descritto da questi autori un falso positivo. Nella nostra esperienza abbiamo invece osservato
solo un falso negativo, cioè una paziente clinicamente
silente e con valori, alla CEUS-SIT, di AUC e di IMA
solo lievemente inferiori al cut-off, ma con comparsa
di recidiva clincia nel follow-up. Non abbiamo al momento una spiegazione di tale dato.
Anche se preliminari, questi dati sono incoraggianti e potrebbero aprire una nuova applicazione della CEUS nella valutazione dell’attività di malattia, in
un modo clinicamente utile, cioè la possibilità di predire, a breve termine, una possibile ripresa di malattia.
Questo consentirebbe di ampliare l’utilizzo di tale metodica (semplice, relativamente poco costosa e ripetibile) nel follow-up dei pazienti con malattia di Crohn.
Conclusioni
Questo lavoro preliminare serve a valutare l’opportunità di impiegare l’ecografia con mezzo di contrasto in una valutazione oggettiva dell’attività vascolare della parete intestinale patologica nei pazienti affetti da morbo di Crohn, potendo prevedere una eventuale ripresa di malattia nei pazienti clinicamente
inattivi ma con segni CEUS di attività di malattia.
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Trattamento topico della proctite acuta attinica con
beclometasone dipropionato e lidocaina cloridrato
D. Pingitore, A. Destito, E. Mazzei, R. Molè, M.A. Molinaro
U.O Radiotherapy and Radiobiology A. O. pugliese-Ciaccio Catanzaro
Introduzione
L’impiego sempre più diffuso della Radioterapia
nel trattamento dei tumori a sede pelvica pone alcuni interrogativi riguardo al rischio di effetti collaterali acuti e
tardivi a carico della mucosa rettale in relazione ai volumi di trattamento. L’avvento delle tecniche conformazionali, che presuppongono una accurata valutazione dei
volumi irradiati, ha consentito di correlare l’incidenza di
tossicità rettale direttamente con la dose assorbita, valutata come dose media dell’organo o separatamente delle
sue pareti anteriore e posteriore, fino a creare degli algoritmi previsionali della tossicità in funzione della dose e
del volume (DVH) (1). L’ipotesi di base della terapia
conformazionale è che, minimizzando la differenza tra
vari volumi da trattare (GTV, CTV) il controllo di malattia può essere raggiunto somministrando dosi maggiori, con tossicità accettabili, per la esigua entità del volume dei tessuti sani viciniori che ricevono alti dosaggi.
Diversi studi riportano, a parità di dose, minore tossicità
e, a parità di tossicità, una più elevata dose al PTV(2).
Valuteremo ora la tossicità attinica rettale acuta
presentatasi in 3 casi clinici giunti alla nostra osservazione nel periodo aprile-ottobre 2005.
Casi Clinici
Caso clinico N° 1
Introduzione: Uomo di 68 anni, nulla di rilevante
in anamnesi patologica remota, nessuna patologia concomitante di rilievo.
Quadro clinico Da Dicembre 2004 il paziente presentava turbe dell’alvo (stipsi alternata a diarrea), astenia,
modesto calo ponderale e febbricola. Nel gennaio 2005
veniva sottoposto a routine ematochimica, coprocoltura
e rettosigmoidoscopia. Quest’ultimo esame evidenziava:
lesione vegetante sub-stenosante al passaggio della giunzione sigma-retto e l’esame bioptico ne confermava la
natura neoplastica (adenocarcinoma moderatamente
differenziato della giunzione sigma-retto).
Trattamento: Nel febbraio 2005 intervento chirurgico di resezione rettocolica anteriore (pT3N1M0) e
successivamente (aprile 2005) trattamento radioterapico
adiuvante (5040 cGy in 28 frazioni su pelvi; dose/frazione: 180cGy/die con fotoni da 18 MV). Dopo circa tre
settimane dall’inizio del trattamento il paziente riferisce
intenso bruciore anale e dolore, prima durante la defecazione, poi anche a riposo. Inizia terapia topica con beclometasone dipropionato clismi rettali da 3 mg premedicando la cannula con lidocaina cloridrato in modo da
ottenere un azione lubrificante e anestetica per facilitare
l’introduzione rettale del clisma. Dopo una settimana di
trattamento riferisce diminuzione del bruciore e del dolore. Con questa associazione di farmaci il paziente riesce a portare a termine il trattamento radiante con modesti disturbi.
Caso clinico N° 2
Introduzione: Uomo di 61 anni con anamnesi patologica remota negativa.
Quadro clinico: Aprile 2005 riscontro occasionale
in seguito ad esami di routine di valori elevati di PSA
(8.4 ng/ml): la biopsia prostatica risultava positiva per
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Adenocarcima prostatico Gleason 7 (4+3). Venivano
eseguiti scintigrafia ossea che non evidenziava secondarismi scheletrici e TC addome-pelvi risultata negativa.
Trattamento: Il paziente perveniva nel Luglio 2005
alla nostra osservazione per eseguire radioterapia esclusiva (72 Gy su loggia prostatica; frazionamento
180cGy/die; fotoni da 18 MV) in associazione ad ormonoterapia iniziata già da 1 mese. Dopo 4 settimane di
trattamento riferisce la comparsa di dolore e bruciore di
media entità e tenesmo rettale, si prescrive terapia topica con beclometasone dipropionato clismi rettali da 3
mg premedicando la cannula con lidocaina cloridrato in
modo da agevolarne l’introduzione rettale. Dopo una
settimana di trattamento il paziente riferisce la regressione completa dei sintomi, anche ad una successiva visita di controllo dopo 2 mesi dal termine della radioterapia non presenta alcun disturbo.
Caso Clinico N°3
Introduzione: Nel ottobre 2005 giunge alla nostra
osservazione una donna di 58 anni, in anamnesi nulla di
rilevante. Riferisce la comparsa metrorragia da qualche
mese.
Quadro clinico: Una biopsia endometriale risulta
positiva per adenocarcinoma. Esegue poi una TAC
preoperatoria dell’addome inferiore che evidenzia l’utero aumentato di volume e a pareti ispessite con evidenza di neoformazione che appare estendersi ad intressare
la cervice uteina.
Trattamento: Viene sottoposta ad isteroannessectomia con successiva radioterapia pelvica adiuvante
(50.4 Gy in 28 frazioni). Dopo 3 settimane di tratta-
mento la paziente riferisce intensi bruciori rettali ed
importante dolore durante la defecazione associato
emissione di feci liquide con muco. Si prescrivono beclometasone dipropionato clismi rettali da 3 mg + lidocaina cloridrato come premeditazione per inserimento cannula. Dopo circa una-due settimane di trattamento la paziente riferisce netto miglioramento della sintomatologia clinica, con attenuazione dei sintomi
e segni clinici.
Termina così trattamento radiante e si prescrive
continuazione della terapia fino alla prossima visita di
controllo.
Discussione
Il gruppo di lavoro RTOG/EORTC ha stabilito i
criteri per definire il punteggio relativo alla valutazione
della tossicità da radiazione, sia acuta che tardiva. Le
scale di tossicità sono state suggerite per valutare la risposta di tutti gli organi e tessuti individualmente inclusi nel volume target e come organi a rischio distinguendo una scala di valori dal grado 0 al grado 5. Per grado 0
si intende nessuno effetto e per grado 5 la morte legata
ad effetti radioindotti. Tutte le tossicità di grado 3 e 4
devono essere verificate dal responsabile del follow-up
(Tabella 1).
I criteri per la tossicità acuta sono validi dal primo
giorno, ovvero dall’inizio della radioterapia, fino al 90°
giorno. Da questo momento in poi devono essere utilizzati i criteri per gli effetti tardivi. È quindi necessaria una
stima accurata del livello di partenza prima di iniziare il
Tabella 1. RTOG/EORTC di valutazione della tossicità acuta e tardiva relativa alle mucose
Grado
Tossicità Acuta
Tossicità tardiva
0
Nessun effetto
Nessun effetto
1
Può essere presente un debole dolore che non richiede
l’uso di analgesici
Leggera atrofia e secchezza
2
Una mucosite a chiazze che può produrre una suppurazione
infiammatoria e siero sanguinante. Può essere presente un
dolore moderato che richiede l’uso di analgesici
Moderata atrofia e telangectasia;
poco muco
3
Mucosite confluente fibrinosa.
Può essere presente un forte dolore che richiede l’uso di narcotici
Atrofia rilevante con completa
secchezza
4
Ulcerazione, emorragia o necrosi
Ulcerazione
5
Morte direttamente legata
agli effetti delle radiazioni
Morte direttamente legata
agli effetti delle radiazioni
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Trattamento topico della proctite acuta attinica con beclometasone dipropionato e lidocaina cloridrato
trattamento (3,4).
L’entità e la persistenza della tossicità rettale condizionano la prosecuzione del trattamento radiante. Generalmente per tossicità G2 il presidio terapeutico iniziale
può essere limitato alla sola terapia medica topica. A
questo scopo è abitualmente utilizziamo il beclometasone dipropionato, che riduce lo stato infiammatorio attinico ed è in grado di controllare la sintomatologia. Tale
presidio si è dimostrato efficace in circa il nel 55 % dei
casi. Nella nostra esperienza è stato utile associare ai clismi di beclometasone dipropionato l’uso in premedicazione con lidocaina cloridrato in modo da ottenere un
azione lubrificante e anestetica per facilitare l’introduzione rettale del clisma. I pazienti hanno riscontrato una
più agevole somministrazione del farmaco. La lidocaina
generando un effetto anestetico locale di superficie ha
consentito la somministrazione del clisma anche nei casi di mucose danneggiate o sede di processi infiammatori, condizioni in cui per i pazienti è più difficile e doloroso eseguire qualsiasi tipo di terapia topica. La tollerabilità è risultata molto buona, con completa assenza di
17
effetti sistemici e locoregionali. I risultati ottenuti sono
eccellenti in quanto nell’insieme la terapia medica di associazione beclometasone dipropionato + lidocaina cloridrato è in grado di controllare la tossicità rettale G2 e
G3 rispettivamente nel 68% e nel 23% dei casi.
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Crohn e celiachia in un caso di malassorbimento grave
C. Monti, G. Bassanini, M. Frascio1, A. Marsico2, G. Casella3, A. Giacosa
Dipartimento di Gastroenterologia, Policlinico di Monza
Dipartimento di Discipline Chirurgiche Università degli Studi di Genova
1
Servizio di Anatomia Patologica Clinica S. Rita Vercelli – Gruppo Policlinico di Monza
2
Dipartimento di Medicina Interna Ospedale di Desio (MI)
3
Introduzione
La prima descrizione di associazione tra la malattia celiaca e malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) risale al 1964 ad opera di Shiner e Druy (4).
La prevalenza delle malattie infiammatorie intestinali è
maggiore nei pazienti affetti da celiachia con un rischio
di 5-10 volte superiore rispetto a quello della popolazione generale (1-3).
Caso clinico
Descriviamo il caso di un uomo di 41 anni giunto alla
nostra osservazione nel Novembre 2005 per importante
calo ponderale in sindrome da malassorbimento con
comparsa nei tre mesi precedenti il ricovero di edemi declivi di probabile natura discrasica e versamento ascitico.
Il paziente riferiva alvo regolare (due scariche/die di feci
semiformate senza muco né sangue) e ricorrenti episodi
di dolore addominale di tipo crampiforme.
In anamnesi :
a 18 aa. ricovero ospedaliero per alvo diarroico e deperimento organico in sospetta sindrome da malassorbimento non meglio precisata.
Nel Marzo 2005, ricovero per importante calo ponderale (BMI 16) in sindrome da malassorbimento; sottoposto ad EGDscopia con istologia della II porzione duodenale indicativa per atrofia grave della mucosa del tenue, con IEL > 40% (Marsch 3) (Figura 5). Negatività
sierologica per HIV, Ab anti endomisio (EMA) e Ab
anti transglutaminasi.
Veniva pertanto sottoposto a regime dietetico privo di
glutine con parziale miglioramento clinico.
Al ricovero (Novembre 2005):
Esami ematici: ipoproteinemia con albuminemia di 1.6
g/dl, lieve anemia macrocitica ed incremento degli indici di flogosi (in particolare della PCR); negativo il dosaggio dei markers neoplastici CEA e GICA.
TAC addome mdc: ispessimento dell’ultima ansa ileale
con dilatazione a monte e versamento ascitico in un quadro suggestivo per morbo di Crohn a localizzazione ileale; non raccolte ascessuali né tramiti fistolosi.
EGDscopia: non lesioni macroscopiche; all’istologia
della seconda porzione duodenale normale trofia dei villi.
Paracentesi esplorativa: esame colturale e ricerca CTM
negativi.
Trattamento
Considerato il quadro clinico, esclusa la presenza di patologie infettive e/o eteroformative si è ritenuto opportuno iniziare trattamento steroideo con prednisone alla
dose 1 mg/kg/die associato a metronidazolo 500 mg due
volte al dì.
Si è assistito a progressivo miglioramento delle condizioni generali, riduzione degli indici di flogosi e miglioramento della sintesi epatica.
Al tapering dello steroide, dopo 4 settimane dall’inizio
della terapia, peggioramento delle condizioni generali
con comparsa di addominalgie diffuse, distensione addominale e subocclusione.
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Crohn e celiachia in un caso di malassorbimento grave
All’Rx addome standard presenza di dilatazione delle
anse intestinali del tenue con livelli idro-aerei (Figura 1).
Dopo consulto chirurgico il pz. veniva sottoposto ad intervento laparotomico: resezione del segmento ileale patologico per circa 50 cm con conservazione della valvola
ileo-cecale (Figg. 2-4).
All’esame istologico: atrofia della tonaca mucosa, infiammazione cronica, transmurale con edema della sottomucosa. Presenza di ulcere “a fessura”. Si alternano
aree apparentemente indenni da lesioni infiammatorie.
Figure 3. Stenosi ultima ansa del tenue
Figure 1. Rx addome standard (dilatazione del tenue)
Figure 4. Stenosi ileale con dilatazione del tratto a monte
Figure 2. Dilatazione anse del tenue
Figure 5. Atrofia villi duodenali (Marsch 3)
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Successivo miglioramento del quadro clinico generale
con recupero ponderale e miglioramento dei parametri
ematochimici.
Discussione
Il caso descritto conferma la possibilità di associazione
tra malattia infiammatoria cronica intestinale e malattia
celiaca.
L’ipotesi eziopatogenetica più accreditata sembra essere
il trasporto endocolico di materiale antigenico sviluppatosi a livello del piccolo intestino in grado di promuovere lo sviluppo delle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) (5). In particolare, la UC e la MC presentano il medesimo infiltrato linfocitario intraepiteliale
composto da cellule T Cd45RO positive, che determinano un’aumentata espressione del recettore per l’IL-2
(6). L’aumentata espressione della IL-2 è determinata
dalla gliadina. Inoltre, le IgG1 sono prodotte in risposta
agli antigeni proteici solubili (ad es. la gliadina) ed hanno la proprietà di attivare il complemento (7).
Data l’assenza di osservazioni sistematiche in merito, e
data la frequenza epidemiologica della malattia celiaca
nel nostro paese (1/200) si pone in evidenza la necessità
di avviare uno studio sistematico della mucosa enterica
in tutti i pazienti affetti da Morbo di Crohn o R.C.U.
C. Monti, G. Bassanini, M. Frascio, A. Marsico, G. Casella, A. Giacosa
Tale implicazione assume carattere di rilievo sia nell’adulto che in età pediatrica stante l’importanza delle implicazioni nutrizionali nel paziente affatto da MICI.
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Artralgie nel morbo di Crohn del colon
Domenico Ferrulli
Servizio di Endoscopia Digestiva, Clinica “S. Rita”, CBH, Bari
Introduzione
La malattia di Crohn è una patologia infiammatoria cronica, che può interessare qualsiasi tratto del
tubo digerente, anche se comunemente si manifesta
come ileite (25-35%), ileocolite (30-50%) o colite (1525%); tipica è la localizzazione segmentaria.
L’aumento delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, reale o dovute alle migliorate possibilità di diagnosi ha condotto ad una più approfondita
conoscenza di molti aspetti di esse, ad una migliore
gestione clinica, ed a un più articolato ed adeguato approccio terapeutico, sebbene non sia attualmente ancora possibile la terapia eziologica. Difficilmente l’esordio è acuto, più frequentemente si ha un andamento lento, ricorrente e insidioso; per questo la data della diagnosi raramente coincide con la comparsa della
sintomatologia.
I segni clinici più frequenti sono rappresentati da
dolore addominale, calo ponderale e febbre. Possono
presentarsi singolarmente o in associazione, con modalità di presentazione anche variabili nel tempo, ma
sempre in relazione alla sede coinvolta, talvolta può
presentarsi con fistole anali, o manifestazioni sistemiche quali artrite, artralgie, irite ed uveite.
Note anamnestiche
Paziente di 27 anni di sesso femminile, operaia.
Anamnesi familiare: sorella affetta da poliartralgie e psoriasi.
Anamnesi fisiologica: saltuaria bevitrice di birra;
fuma 15 sigarette al di.
Anamnesi patologica remota: artralgie recidivanti a carico delle grosse articolazioni negli ultimi tre anni, giudicate aspecifiche e trattate con FANS dal medico di famiglia.
Appendicectomia a 18 anni.
Quadro clinico: da circa 2 mesi comparsa, dapprima saltuaria, poi più frequente, di diarrea muco-ematica (5-6 scariche/die), e negli ultimi 15 giorni anche
dolori addominali prevalentemente ai quadranti di sinistra, astenia e poliartralgie.
Il peso è kg 58, l’altezza cm 1,67.
Esami ematochimici: Hb 12,1 g/dl; Hct 41%;
GB 10200; VES 50/1h; PCR 15 mg/dl; Sideremia 32
µg /100 m/l; Glicoproteina acida 182 mg/dl; Plt
410000; ASCA/p-ANCA: pos/neg.
Esame chimico-fisico delle feci, parassitologico, e
coprocoltura (su 3 campioni): negativi.
Eco addome: ipoecogenicità e ispessimento parietale a carico del sigma (13 mm) con mantenimento
della stratificazione parietale con sottile falda liquida
pericolica, suggestivo per lesioni a carattere flogistico
in fase acuta.
Pancolonscopia: lesioni aftoidi multiple nell’ambito di mucosa normale al sigma, al colon discendente e
trasverso; ultima ansa ileale e restanti tratti colici esplorati indenni. Si effettuano biopsie multiple seriate.
Esame istologico: aumento dell’infiltrato della lamina propria, distorsione ghiandolare e presenza di alcuni granulomi nelle biopsie del sigma e del colon discendente.
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Conclusioni: quadro compatibile con Morbo di
Crohn a localizzazione colica in fase di attività.
Consulenza reumatologica: consiglia esami ematochimici, Rx bacino-articolazioni sacro-iliache; scintigrafia ossea total body.
Conclusioni: diagnosi di “Pelvispondilite” sieronegativa in paziente con Morbo di Crohn del colon.
Trattamento
Si intraprende un ciclo con metilprednisolone 1
mg/Kg per 12 settimane in dose scalare, più metronidazolo 15 mg/kg per 8 settimane. Dopo circa 8 settimane la paziente presenta un significativo miglioramento del quadro clinico, (CDAI 150) per cui il metronidazolo viene sostituito con 5-ASA 3,2 g/die come terapia di mantenimento della remissione.
In seguito alla ricomparsa di recidiva clinica si instaura una terapia con steroide a ridotto assorbimento
sistemico: beclometasone dipropionato 15 mg/die per
3 settimane, più mesalazina 3,2 g/die e successivamente beclometasone dipropionato 5 mg/die più mesalazina 1,6 g/die attualmente in corso, con persistente remissione clinica (CDAI < 150).
La colonscopia di controllo, gli indici bioumorali
di flogosi e di tossicità sistemica da steroidi, mostrano
un Morbo di Crohn in fase di quiescenza.
Discussione
Nel 10-15% dei casi, il morbo di Crohn esordisce
con patologia perianale o con manifestazioni extraintestinali come iriti, episcleriti o con la più comune rappresentata dall’artrite, la quale si presenta come un’artrite migrante che interessa le grosse articolazioni, sacroileiti o spondiliti anchilosanti. Queste manifestazioni possono essere presenti anche molto tempo prima della sintomatologia intestinale ed hanno un elevato valore di sospetto diagnostico per IBD (1, 2).
I test sierologici per IBD (ASCA/p-ANCA)
hanno una buona accuratezza diagnostica e la loro valutazione combinata, aumenta il valore predittivo per
D. Ferrulli
IBD: Morbo di Crohn (ASCA/ p-ANCA= pos/neg)
e RCU(ASCA/p-ANCA= neg/pos) (3, 4).
L’ecografia addominale rappresenta un valido
sussidio nell’approccio diagnostico al paziente con sospetto di MICI e nel monitaroggio non invasivo di tale malattia (5).
La mesalazina (5-ASA) utilizzata con successo
nella terapia della Rettocolite Ulcerosa, presenta risultati modesti nel mantenimento della remissione del
Morbo di Crohn ottenuta mediante steroidi (6, 7).
Benché l’aziatioprina e il metotrexate sono indicati nelle forme steroido-dipendenti, presentano un’elevata percentuale di effetti collaterali (8).
Il beclometasone dipropionato per os, grazie alla
sua efficacia a fronte di un ridotto assorbimento sistemico, risulta una valida opzione terapeutica, anche come terapia long-term, nel paziente affetto da Morbo
di Crohn (9).
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ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno 2: 23-25
© Mattioli 1885
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Schwannoma del retto: descrizione di un caso clinico
Alessandro Longhini, Francesco Della Nave, Marco Franzini, Amir Reza Kazemian,
Gianluca Munarini, Giuseppe Marcolli
Divisione di Chirurgia Generale, Struttura Ospedaliera di Sondrio, AOVV Sondrio
Introduzione
Caso clinico di una paziente sottoposta a colonscopia per proctorragia, con riscontro di neoformazione dell’ampolla rettale descritta come sottomucosa, risultata essere uno schwannoma benigno all’esame del
pezzo operatorio.
Note anamnestiche e quadro clinico
Esegue quindi eco-endoscopia che evidenzia
massa ipoecogena situata nella tonaca muscolare propria, diametro di 55 mm, contorni netti con conservazione della stratificazione della rimanente parete intestinale.
Sottoposta a resezione retto-colica anteriore bassa
con anastomosi colo-rettale TT meccanica per via transanale e ad asportazione del fibroma uterino; decorso
post-operatorio regolare, dimessa in 16^ giornata.
L’esame istologico del pezzo operatorio ha evidenziato tumore mesenchimale della parete rettale ri-
R.M., 60 anni, sesso femminile. Nulla di particolare all’anamnesi, salvo riscontro ecografico di fibromioma uterino. Un fratello affetto da neoplasia pancreatica.
Giunge alla nostra osservazione per ripetuti episodi di proctorragia, senza alterazioni dell’alvo, febbre
o dolori addominali. Obiettività addominale ed esplorazone rettale negativa.
Piano diagnostico e trattamento
Sottoposta a colonscopia con riscontro a 6 cm
dall’ano di grossa lesione protrudente della parete posteriore del retto, con mucosa sovrastante di aspetto
normale e sollevabile in pliche, con piccola ombelicatura centrale (Fig. 1). Le biopsie risultano negative.
Figura 1 - Lesione sottomucosa dell’ampolla rettale
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A. Longhini, F. Della Nave, M. Franzini, A.R. Kazemian, G. Munarini, G. Marcolli
feribile a schwannoma benigno delle dimensioni di 65
mm con iperplasia linfoide reattiva dei linfonodi regionali e leiomioma uterino del diametro di 40 mm.
Le indagini immunoistochimiche hanno dato i
seguenti risultati: proteina S-100 positiva, vimentina
positiva, CD 34 negativo, CD 117 negativo, actina
muscolo liscio negativo, indice di proliferazione Ki67
+ 5 %.
Discussione
Gli schwannomi del colon sono poco comuni,
specialmente a livello del retto, ed anche in letteratura
sono riportati solo un ridotto numero di casi (1-3).
Non hanno predilezione di sesso e l’età più frequente
è compresa tra 50 e 70 anni (1-2).
Le caratteristiche morfologiche ed immunoistochimiche dello schwannoma sono simili a quelle di altri tumori stromali gastrointestinali, da cui vanno differenziati. L’evoluzione degli studi ultrastrutturali al
microscopio elettronico e di quelli genetici e immunocitochimici hanno consentito di ipotizzare con ragionevole fondamento la derivazione delle neoplasie intraparietali gastrointestinali da diverse linee cellulari
muscolari e/o nervose, includendole, sulla base di una
comune origine mesenchimale, nella definizione di
GIMT (Gastrointestinal Mesenchymal Tumors). Le
possibili varianti fenotipiche possono essere suddivise
nei seguenti gruppi di neoplasie (4):
1. Tumori Mioidi (Smooth Muscle GIST), rappresentati da leiomiomi e leiomiosarcomi;
2. GANT (Gastrointestinal Autonomic Nerve Tumors);
3. GIST – ICC (Interstitial Cajal Cells) derivanti
dalle cellule di Cajal, cellule mioidi modificate con
possibilità di differenziazione sia mioide che neurale;
4. GIST – NOS (Not Otherwise Specified), tumori
stromali senza particolari caratteristiche differenziative;
5. Schwannomi e Tumori Maligni delle Guaine
Nervose, derivanti dalle cellule delle guaine nervose.
Tra questi il comportamento clinico dello
schwannoma è generalmente il più benigno (1, 2, 5, 6).
La diagnosi di questi tumori è anatomopatologica e risulta dall'integrazione di dati clinici, caratteristiche morfologiche, immunoistochimiche e, se necessario, tecniche di biologia molecolare.
I segni ed i sintomi causati dai tumori stromali
sono simili a quelli causati da altre neoplasie dell’apparato gastroenterico: dolore, emorragia digestiva da
erosione della mucosa, disturbi di transito e funzionali.
La più comune caratteristica istologica dello
Schwannoma è quella di avere cellule fusiformi
(spindle-cells), frequente fenotipo però anche nei GIST (70 % dei casi), ma a differenza dei GIST non ci
sono mai cellule epitelioidi. Costante è anche l’infiltrato periferico di cellule linfoidi.
Sono presenti atipie nucleari, ma sono rare le mitosi. Generalmente sono lesioni ben circoscritte, ma
non capsulate (1, 2, 3, 5).
Sono comunque le indagini immunoistochimiche, che aiutano maggiormente nella diagnosi differenziale. Gli schwannomi sono fortemente positivi per
la proteina S-100 e la vimentina, raramente per CD
34, mai per CD 117 (KIT), neurofilamenti proteici,
actina muscolo liscio e desmina (1, 2, 5). Particolare
importanza in termini di diagnosi differenziale ha il
CD117 (KIT), tipica della stragrande maggioranza
dei GIST (95 %), anche se esistono rari casi di GIST
CD117 negativi. I veri tumori del muscolo liscio sono
invece positivi caratteristicamente per actina e desmina, con CD117 negativo.
Un aiuto nella diagnosi differenziale dei tumori
stromali può arrivare anche dalle indagini strumentali: la constatazione di un processo espansivo esofitico e
spostamento endoluminale della mucosa senza interessamento di questa è altamente indicativo. Tali elementi possono essere forniti da esami come ecografia,
TC, RM, endoscopia e specialmente eco-endoscopia.
L’ecoendoscopia ha un ruolo sostanziale nella
diagnosi delle lesioni sottomucose, prima di tutto per
differenziare fra i veri tumori sottomucosi, cioè intramurali, e la compressione ab estrinseco. I tumori intramurali possono essere ulteriormente differenziati in
base alle strato d’origine, al pattern ecografico ed ai
margini presentati. I tumori mesenchimali si localizzano tipicamente negli strati ipoecogeni II° e IV° della parete intestinale, hanno prevalentemente un pat-
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Schwannoma del retto: descrizione di un caso clinico
tern ipoecogeno, sono più o meno omogenei e più o
meno ben demarcati.
L’ecoendoscopia stessa può già ipotizzare una differenziazione tra i vari tipi di neoplasia stromale: lo
schwannoma è una neoformazione intraparietale in
connessione con lo strato muscolare ad ecopattern
omogeneo e nettamente ipoecogeno, mentre il GIST
e soprattutto il leiomioma tendono ad essere più ecogenici. L’ecoendoscopia può quindi fornire un indizio
sulla natura della neoplasia intramurale, ma non è comunque in grado di differenziare chiaramente, anche
con l’aiuto dell’agoaspirato, tra natura benigna e maligna, specialmente in presenza di tumori miogenici.
L’escissione chirurgica radicale rappresenta quindi il
migliore approccio sia terapeutico che per una diagnosi istologica di certezza.
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Una rara manifestazione extraintestinale di malattia di
Crohn : versamento pericardico asintomatico
M. Caimi
UOC Medicina Interna, AO Vimercate PO Sesto San Giovanni
Introduzione
Il caso clinico decrive il riscontro occasionale di
versamento pleurico in corso di malattia di Crohn di
recente insorgenza e diagnosi.
In gennaio 2006 è giunta alla nostra osservazione
una donna di razza bianca di anni 60 per diarrea, malessere generale, calo ponderale ed astenia, presenti da
circa 4 settimane.
Note anamnestiche
In anamnesi veniva riferito trait beta talassemico,
ipertensione arteriosa in terapia con ace inibitori, appendicectomia e colecistectomia.
In dicembre 2005 comparsa improvvisa di diarrea, non accompagnata da febbre nè da dolori addominali, cartterizzata da 10 scariche di feci non formate sia diurne che notturne scarsamente responsive a
trattamenti sintomatici (loperamide). La paziente riferiva di aver mangiato pesce fresco non crudo, maionese e panna fresca nei giorni precedenti l’esordio dei
sintomi, ma gli altri commensali non avevano accusato alcun disturbo.
Quadro clinico
All’esordio l’anamnesi e l’insorgenza acuta della
sintomatologia aveva suggerito una diagnosi clinica di
gastroenterite acuta, percui era stata prescritta esecu-
zione di coprocoltura con ricerca di salmonella, shigella, yersinia, ricerca di uova e parassiti risultata ripetutamente negativa.
Agli esami ematici era presente anemia microcitica con sideropenia, ed aumento degli indici di flogosi, nella norma risultavano i tests di funzione epatica e
renale così come una ecografia addominale, una radiografia standard del torace ed un elettrocardiogramma.
La paziente si presentava astenica, pallida, normotesa (ma in corso trattamento con ace inibitori),
apirettica; peso Kg 50 per un’altezza di 150 cm.
Veniva quindi ricoverata e sottoposta ad indagini.
Alla colonscopia quadro compatibile con morbo
di Crohn colico con stenosi della valvola ileocecale.
L’esame istologico confermava tale diagnosi. L’obiettività del cavo orale e la valutazione endoscopica del
tratto digerente superiore (EGDS) escludeva localizzazioni in tali sedi.
Allo studio TC con studio a strato sottile, il piccolo intestino risultava indenne da lesioni di natura stenotica, tranne lieve stenosi del terzo distale dell’ultima ansa ileale; la valvola ileocecale risultava tumefatta con
presenza di ispessimento perivisceritico del cieco.
La paziente veniva quindi posta in terapia steroidea (1 mg/kg/die di metilprednisone) associata a terapia trasfusionale. Venivano inoltre somministrati oligoelementi e terapia marziale associata a Vitamina B
12 e Folati per via parenterale per migliorare la nutrizione.
Da segnalare breve trattamento con mesalazina
intrapreso tra l’esecuzione della colonscopia e l’esito
istologico e radiologico dello studio TC.
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Una rara manifestazione extraintestinale di malattia di Crohn
Si otteneva un rapido miglioramento clinico e la
paziente veniva dimessa dopo 10 giorni con indicazione a proseguire al domicilio terapia con metilprednisone 50 mg/die ed ace inibitore (enalapril 20 mg/die).
Ad una successiva visita ambulatoriale di controllo, a distanza di 6 settimane dall’inizio della terapia, la
paziente si presentava in buone condizioni generali,
asintomatica con aspetto cushingoide secondario alla
terapia steroidea. Gli indici di flogosi si erano normalizzati, l’emocromo risultava compatibile con anemia
microcitica da trait talassemico e l’assetto marziale indicava una completa risoluzione della sideropenia. Veniva pertanto organizzato nuovo controllo TC toracoaddominale che non evidenziava più le lesioni organiche intestinali prescritte precedentemente, ma segnalava la presenza di versamento pericardico, restante reperto toracico normale.
La paziente negava traumi toracici, dolori toracici o febbre.
L’elettrocardiograma risultava normale sovrapponibile al precedente.
Sono state pertanto eseguite indagini atte a valutare l’entità del versamento ed a studiarne l’eziologia.
All’ecocardiogramma non segni di tamponamento cardiaco, né di pericardite costrittiva ed in particolare risultavano nella norma la pressione diastolica
ventricolare, atriale, polmonare e la frazione d’eiezione. La quantità di liquido pleurico stimata ecocardiograficamente risultava di circa 20 ml e pertanto non si
eseguiva pericardiocentesi.
La sierologia per i comuni virus implicati nell’insorgenza della pericardite risultavano negativi.
Per escludere un’eziologia tubercolare è stato eseguita reazione di Mantoux con 5 U PPD, ricerca di
BK nelle feci e nelle urine tutti risultati negativi.
La ricerca di anticorpi anti ENA, ANA, DNA
nativo era negativa. Non vi era inoltre segno di consumo di complemento.
Alla luce dei dati clinici e strumentali in accordo
con colleghi cardiologi si è posta diagnosi di versamento pleurico nell’ambito di patologia autoimmune.
Trattamento
Alla luce degli esami ottenuti si è deciso di man-
tenere lo stesso dosaggio di steroide per altre 4 settimane associato a furosemide e di rivalutare il caso.
A 4 settimane non sono stati osservati eventi avversi, come unico effetto collaterale il già descritto
aspetto cushingoide ed in particolare non alterazioni
ellettrolitiche, pressorie o scompenso glucidico.
All’ecocardiogramma di controllo riduzione del
versamento pericardico che ha indotto a scalare il dosaggio di steroide di 5 mg a settimana sino ad una
completa sospensione a 12 settimane.
La paziente è stata rivista settimanalmente per
valutare eventuali effetti collaterali della terapia.
Obiettivamente non si sono mai osservati segni di
tamponamento cardiaco.
Un ecocardiogramma eseguito a distanza di altre
8 settimane non evidenziava più segni di versamento
pericardico.
Attualmente in assenza di qualsiasi terapia di
mantenimento la paziente si presenta asintomatica sia
dal punto di vista cardiologico che gastroenterologico,
gli esami non mostrano segni di ripresa di malattia infiammatoria intestinale né di versamento pericardico.
Discussione
La presenza di manifestazioni extraintestinali in
corso di malattie infiammatorie intestinali ed in particolar modo in corso di morbo di Crohn suggerisce l’ipotesi che il tratto gastrointestinale sia l’organo principalmente ma non esclusivamente interessato dal disordine immunologico alla base di tali patologie.
I precisi aspetti patogenetici che determinano le
manifestazioni extraintestinali non sono noti: in alcuni casi si tratta di aspetti secondari alla malnutrizione
associata al quadro infiammatorio intestinale in altri
casi probabilmente è ipotizzato un meccanismo immunitario associato ad altri cofattori genetici, ambientali, dietetici.
Malattie cardiache associate a Malattia di Crohn
sono rare. La letteratura riporta casi di pericardite acuta, versamento pleurico, miocardite, infarto miocardico acuto, endocarditi ed aritmia.
Le miocarditi possono essere dovute a tossicità da
farmaci o a deficit di micronutrienti da malassorbimento.
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Sono descritte sia miocarditi che pericarditi da
mesalazina che nel nostro caso era stata somministrata solo per un breve periodo (inferiore a 5 giorni).
L’eziologia tubercolare non poteva essere del tutto esclusa ma abitualmente nelle pericarditi da BK la
reazione di Mantoux risulta positiva; inoltre è una malattia che più tipicamente colpisce i pazienti immunodepressi e nel nostro caso la terapia steroidea non era
stata impostata da lungo tempo, la ricerca degli anticorpi anti HIV risultavano negativi e non vi erano altre manifestazioni ematologiche.
Sulla scorta di dati emersi in letteratura circa casi
di miocardite abbiamo preso in considerazione l’tilizzo anche di anti TNF, primo fra tutti infliximab seguito da etanercept, tuttavia la completa asintomaticità e la modesta quantità di liquido pleurico ci ha indotto a rimandare tali terapie nel caso in cui la situazione non si fosse risolta o si fosse complicata. Inoltre
la letteratura suggerisce che nel caso di versamento pe-
M. Caimi
ricardico di qualsiasi eziologia se questi cronicizza
senza dare complicanza maggiore e la quantità è modesta non vi è assoluta necessità di trattamento farmacologico o di pericardiocentesi evacuativa.
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a)
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Adenocarcinoma del tenue in paziente affetto da malattia di
Crohn
M.M. Terpin
U.O. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, A.O. Legnano - Milano
Introduzione
Le malattie infiammatorie intestinali presentano
un incremento sia di incidenza che di prevalenza negli
ultimi decenni in Europa come negli Stati Uniti. In
questo paese dati recenti riportano una prevalenza di
oltre 150 casi /100.000 abitanti (1).
Sempre più evidenti le correlazioni tra malattia
infiammatoria e neoplasie del piccolo e grosso intestino, innanzitutto fra colite ulcerosa e cancro del colonretto (2, 3).
Per quanto gli adenocarcinomi del piccolo intestino rappresentino solo una piccola percentuale della
neoplasie digestive, per le loro caratteristiche devono
essere presi in considerazione nella gestione del malato affetto da morbo di Crohn.
Caso clinico
Il caso clinico riguardo un paziente di sesso maschile, di 73 anni, pensionato, ex dirigente.
Familiarità negativa per neoplasie dell’apparato
digerente.
Ex fumatore, da oltre trent’anni.
Non dati anamnestici di rilievo, eccetto ipertensione arteriosa controllata con ACE-inibitore.
Nel 1980 diagnosi di spondilite anchilopoietica,
trattata con antinfiammatori non steroidei e steroide a
basse dosi.
Dal 1988 riferisce alvo alterno caratterizzato da
episodi dolorosi addominali accompagnati da stipsi
seguiti da diarrea non ematica. Non significativo calo
ponderale. Non indagini.
Crescendo per intensità e frequenza tali episodi,
nel 1997 il paziente si ricovera presso la nostra Unità
Operativa di Gastroenterologia.
All’ingresso il paziente si presentava in buone
condizioni generali, non anemia, notevole incremento
degli indici di flogosi.
La pancolonscopia rilevava un quadro suggestivo
per malattia di Crohn: erano evidenti ulcere serpiginose al sigma, deformazione della regione ciecale , impossibilità ad incannulare la valvola ileocecale per rigidità della stessa.
Esame istologico compatibile con malattia infiammatoria intestinale, con riscontro alle biopsie di
colon sinistro e cieco di granuloma.
Rx clisma del tenue e TC addome confermavano
riduzione di calibro dell’ultima ansa ileale in assenza
di fistole e raccolte asessuali.
Posta diagnosi di morbo di Croh ileocolico di
grado moderato, spondilite anchilopoietica, il paziente veniva posto in terapia steroidea con buona risposta
clinica e successivo mantenimento con mesalazina 1.5
g /die.
Benessere fino al 2000, quando in seguito a recidiva clinica, si effettua nuovo ciclo di steroide ed introduzione di azatioprina 2 mg/kg/die.
Il paziente, in buone condizioni generali, non si
presenta alle visite ambulatoriali presso l’Ambulatorio
per le Malattie Infiammatorie Intestinali, continuando ad assumere regolarmente immunosoppressore ed
automedicandosi con steroide a basse dosi.
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Nel luglio 2005 il paziente si ricovera ulteriormente presentandosi con dolore addominale, distensione e vomito. La radiografia seriata dell’intestino
con mdc idrosolubile dimostra dilatazione delle anse
ileali, pseudotumor in fossa iliaca destra. Sospesa l’alimentazione per os, il paziente viene posto in nutrizione parenterale totale attraverso catetere venoso
centrale, trattato steroide 50 mg per via parenterale,
ciprofloxacina 400 mg/die ev e metronidazolo 1
g/die ev.
Perdurando un quadro subocclusivo dopo circa 7
giorni il paziente viene sottoposto ad intervento chirurgico.
Viene effettuta emicolectomia destra comprendente un segmento di ileo della lunghezza di 70 cm e
cieco di 4 cm. La parete ileale presenta due aree stenotiche con ulcerazione della mucosa rispettivamente
a 32 e 21 cm dal margine ileale. La restante mucosa
presenta diffusa riduzione della plicatura con piccole
ulcerazioni mucose. La valvola ileociecale appare difficilmente riconoscibile.
L’esame istologico depone per malattia di Crohn
in fase attiva. Nell’area stenotica di lunghezza minore
(2 cm) è presente sovrapposto adenocarcinoma G2 del
piccolo intestino con focali aspetti mucinosi, infiltrante il tessuto adiposo sottosieroso. Indennni per neoplasia i margini di resezione, come anche i 12 linfonodi asportati.
Il paziente , visto lo stadio di malattia e l’età, non
viene sottoposto a terapia adiuvante e dimesso con
mesalazina 1.5 g/die.
Ad un anno di distanza buone condizioni generali, non segni di ripresa della malattia intestinale, pressoché completa rigidità articolare, ma completo controllo della sintomatologia dolorosa con solo paracetamolo.
Non segni di secondarietà alla TC toracoaddominale eseguita come follow up .
Discussione
È nota da tempo la correlazione fra malattie infiammatorie intestinali e neoplasia del piccolo e grosso intestino, in particolare adenocarcinoma.
M.M. Terpin
L’adenocarcinoma del tenue è un patologia rara,
rappresentando solo 1- 5% di tutte le neoplasie del tubo digerente (4).
La sua incidenza è comunque più elevata nei pazienti portatori di morbo di Crohn che presentano un
rischio fino a 60 volte superiore alla popolazione generale di sviluppare la malattia (5).
Dato l’esiguo numero di casi non sono disponibili studi su popolazione ma solo segnalazioni isolate
che non consentono di evidenziare fattori di rischio o
individuare strategie per una diagnosi precoce.
Dalla letteratura emerge comunque che la maggioranza dei carcinomi su Crohn siano insorti su aree
stenotiche e la diagnosi sia stata posta incidentalmente in corso di intervento chirurgico (6-7).
La natura occulta del carcinoma rappresenta pertanto una sfida diagnostica: la dimostrazione di lesioni a carico del piccolo intestino è resa difficoltosa dall’inesplorabilità di tale sede con le metodiche convenzionali. L’endoscopia non è in grado di raggiungere
tutti i segmenti intestinali, la cui completa esplorazione può essere garantita da enteroscopia a doppio pallone o enteroscopia intraoperatoria (8). Tali indagini
comunque, invasive e non sempre disponibili, vanno
eseguite per confermare un sospetto diagnostico sulla
base di indagini più accessibili. Al momento attuale la
Tomografia Assiale Computerizzata rappresenta la
l’esame di scelta (9), unitamente alla Rx clisma del tenue e la Risonanza Magnetica Addominale, che comunque danno segni indiretti e non di conferma.
Promettente in tal senso la videocapsula endoscopica , la cui efficacia nella diagnosi di morbo di Crohn
del piccolo intestino, è documentata da numerosi lavori scientifici che ne dimostrano la superiorità nel rilevare lesioni iniziali rispetto alle altre metodiche, rimane ancora la controindicazione all’indagine rappresentata dalle stenosi che, fino all’introduzione in commercio di nuovi dispositivi, portano il paziente a rischio di intervento chirurgico per mancata espulsione
della capsula (10, 11).
Per quanto riguarda i fattori di rischio, sicuramente una malattia attiva di lunga durata con stenosi
e/o fistole ne rappresenta il principale, mentre non sono confermabili le associazioni con il sesso maschile, il
fumo, l’insorgenza fra i 30 e 50 anni, suggerite da alcuni autori (11).
11-Terpin
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Adenocarcinoma del tenue in paziente affetto da malattia di Crohn
In particolare l’intervento di bypass chirurgico,
ormai in disuso, veniva considerato a rischio per la
creazione di lunghi tratti intestinali inaccessibili; per
le stesse ragioni compaiono in letteratura segnalazioni di neoplasia in aree ileali sottoposte a stricturoplastica (12).
Non è stato mai evidenziata un’associazione con
spondilite anchilopoietica, al contrario ad esempio
della colangite sclerosante, manifestazione extraintestinale con incrementato rischio di sviluppo di neoplasia del colon in colite ulcerosa (13).
Le terapie protratta con azatioprina, steroide e
anti TNF sono state prese in considerazione quali
cofattori nell’insorgenza di neoplasie nel morbo di
Crohn: i dati appaiono controversi. Studi più corposi sono stati pubblicati per l’associazione con linfomi,
meno probanti per adenocarcinomi (14, 15).
La prognosi è sfavorevole, la mortalità ad unodue anni varia dal 30 al 60%, sulla base dello stadio
di malattia all’esordio (16). Appaiono elementi sfavorevoli la positività dei margini e dei linfonodi, la
scarsa differenziazione, la profondità d’ invasione e la
diffusione extraintestinale all’esordio (17).
Conclusioni
Il caso preso in esame presenta le caratteristiche
esaminate sinora.
La malattia era presente da molti anni prima
della diagnosi, pur decorrendo paucisintomatica, con
la manifestazione extraintestinale che ha preceduto la
sintomatologia tipica.
Non è stato possibile, né in fase diagnostica, né
in corso di follow up visualizzare l’ultima ansa ileale
per eseguire biopsie.
Stante l’elevate percentuale di pazienti con malattie ileale non esplorabile e le caratteristiche della
degenerazione neoplastica in tali sedi, sarebbe auspicabile la disponibilità a breve di metodiche di imaging che ci consentano una diagnosi precoce nei soggetti a rischio.
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in breve
Trattamento topico della proctite
acuta attinica con beclometasone
diproponato e lidocaina cloridrato
D. Pingitore, A. Destito, E. Mazzei, R. Molè, M.A. Molinaro
Artralgie nel morbo di
Crohn del colon
D. Ferrulli
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Trattamento topico della proctite
acuta attinica con beclometasone
diproponato e lidocaina cloridrato
L’impiego sempre più diffuso della
Radioterapia nel trattamento dei tumori
a sede pelvica pone alcuni interrogativi
riguardo al rischio di effetti collaterali
acuti e tardivi a carico della mucosa rettale in relazione ai volumi di trattamento.
Le tecniche conformazionali
hanno consentito di correlare
l’incidenza di tossicità rettale
direttamente con la dose
assorbita fino a creare degli
algoritmi previsionali della
tossicità in funzione della
dose e del volume (DVH).
I risultati ottenuti sono eccellenti in
quanto nell’insieme la terapia medica di
associazione beclometasone dipropionato
+ lidocaina cloridrato è in grado di controllare la tossicità rettale G2 e G3
rispettivamente nel 68% e nel 23% dei
casi.
CASO CLINICO
Uomo 61 anni con adenoma prostatico Gleason 7 (4+3)
TERAPIA
• radioterapia esclusiva (72 Gy su loggia prostatica,
frazionamento 180cGy/die; fotoni 18 MV)
• ormonoterapia
DOPO 4 SETTIMANE DI TERAPIA
Dolore e bruciore media entità
+ tenesmo rettale (proctite acuta attinica)
TERAPIA
• applicazione topica di Beclometasone dipropionato
clismi rettali 3mg con lidocaina cloridrato
DOPO 1 SETTIMANE DI TERAPIA
Completa remissione dei sintomi
RTOG/EORTC di valutazione della tossicità acuta e tardiva relativa alle mucose
Grado
Tossicità Acuta
Tossicità tardiva
0
Nessun effetto
Nessun effetto
1
Può essere presente un debole dolore che non richiede
l’uso di analgesici
Leggera atrofia e secchezza
2
Una mucosite a chiazze che può produrre una suppurazione
infiammatoria e siero sanguinante. Può essere presente un
dolore moderato che richiede l’uso di analgesici
Moderata atrofia e telangectasia;
poco muco
3
Mucosite confluente fibrinosa.
Può essere presente un forte dolore che richiede l’uso di narcotici
Atrofia rilevante con completa
secchezza
4
Ulcerazione, emorragia o necrosi
Ulcerazione
5
Morte direttamente legata
agli effetti delle radiazioni
Morte direttamente legata
agli effetti delle radiazioni
Risultati della terapia medica in diversi livelli di tossicità da radiazione
Grado di tossicità
Terapia
Controllo tossicità rettale
G2
Beclometasone dipropionato + lidocaina cloridrato
68% dei casi
G3
Beclometasone dipropionato + lidocaina cloridrato
23% dei casi
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Artralgie nel morbo di Crohn
del colon
La malattia di Crohn è una patologia
infiammatoria cronica, che può interessare
qualsiasi tratto del tubo digerente, anche se
comunemente si manifesta come ileite
(25-35%), ileocolite (30-50%) o colite
(15-25%); tipica è la localizzazione segmentaria.
La mesalazina (5-ASA)
utilizzata con successo nella
terapia della Rettocolite
Ulcerosa, presenta risultati
modesti nel mantenimento
della remissione del Morbo di
Crohn ottenuta mediante
steroidi
L’aumento delle Malattie Infiammatorie
Croniche Intestinali, reale o dovute alle
migliorate possibilità di diagnosi ha condotto ad una più approfondita conoscenza
di molti aspetti di esse, ad una migliore
gestione clinica, ed a un più articolato ed
adeguato approccio terapeutico, sebbene
non sia attualmente ancora possibile la
terapia eziologica.
Difficilmente l’esordio è acuto, più frequentemente si ha un andamento lento,
ricorrente e insidioso; per questo la data
della diagnosi raramente coincide con la
comparsa della sintomatologia.
Benché l’aziatioprina e il metotrexate
sono indicati nelle forme steroidodipendenti, presentano un’elevata percentuale di effetti collaterali.
Il beclometasone
dipropionato per os, grazie
alla sua efficacia a fronte di
un ridotto assorbimento
sistemico, risulta una valida
opzione terapeutica, anche
come terapia long-term, nel
paziente affetto da Morbo di
Crohn
MORBO DI CROHN
Cos’è:
patologia infiammatoria cronica intestinale
Localizzazione:
può interessare qualsiasi tratto del tubo digerente,
tipica è la localizzazione segmentaria
Segni clinici:
+ frequenti: dolore addominale, calo ponderale, febbre
+ rari:
fistole anali, manifestazioni sistemiche
(artrite, artralgie, uveiti)
CASO CLINICO
QUADRO CLINICO
Diarrea muco-ematica (5-6 scariche/die), dolori addominali
ai quadranti di sx, astenia e poliartralgie
INDAGINI CLINICHE
• Eco addome: ipoecogenicità, ispessimento parietale del sigma (13
mm), sottile falda liquida pericolica, lesioni flogistiche in fase acuta
• Pancolonscopia: lesioni aftoidi multiple nella mucosa del sigma
• Esame istologico: aumento infiltrato lamina propria, distorsione
ghiandolare, granulomi nel sigma e colon discendente
• Consulenza reumatologica: pelvispondilite sieronegativa
TERAPIA
Metilprednisolone 1mg/Kg in dose scalare x 12 settimane
+ metronidazolo 15mg/Kg x 8 settimane
TERAPIA MANTENIMENTO
Mesalazina 3,2 g/die
REMISSIONE
Beclometasone dipropionato
15 mg/die + mesalazina 3,2 g/die
x 3 settimane
REMISSIONE
RECIDIVA
TERAPIA MANTENIMENTO
Beclometasone dipropionato 5 mg/die +
Mesalazina 1,6 g/die
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BIBLIOGRAFIA
Trattamento topico della proctite acuta attinica
con beclometasone diproponato e lidocaina
cloridrato
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ƒ
“Le tecniche conformazionali hanno
consentito di correlare l’incidenza di
tossicità rettale direttamente con la dose
assorbita, fino a creare degli algoritmi
previsionali della tossicità in funzione
della dose e del volume (DVH).”
ƒ
“Diversi studi riportano, a parità di
dose, minore tossicità e, a parità di
tossicità, una più elevata dose al PTV.”
ƒ
“Queste manifestazioni possono
essere presenti anche molto tempo
prima nella sintomatologia intestinale
ed hanno un elevato valore di sospetto
diagnostico per IBD.”
ƒ
“I test sierologici per IBD (ASCA/pANCA) hanno una buona accuratezza
diagnostica e la loro valutazione
combinata, aumenta il valore predittivo
per IBD.”
ƒ
“Il beclometasone dipropionato per os,
grazie alla sua efficacia a fronte di un
ridotto assorbimento sistemico, risulta
una valida opzione terapeutica, anche
come terapia long-term, nel paziente
affetto da Morbo di Crohn.”